rassegna stampa - Federazione Intesa

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rassegna stampa - Federazione Intesa
RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
l’aggiornamento per quadri sindacali
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CRONACHE
IL MESSAGGERO VENERDÌ 1 LUGLIO 2005
IN BREVE
Pisanu a Napoli: Più uomini e computer
NAPOLI - Qualche decina di uomini in più ogni giorno per il controllo del territorio a Napoli e provincia,
computer e lettori digitali, più investigatori e meno compiti amministrativi, come le notifiche per la polizia
giudiziaria. E anche interventi sul piano urbanistico, come il potenziamento dell'illuminazione pubblica nelle
strade a rischio.Queste le principali misure scaturite dalla due giorni del ministro Pisanu a Napoli.
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ECONOMIA
IL MESSAGGERO VENERDÌ 1 LUGLIO 2005
I prezzi alla produzione dei prodotti industriali aumentano del 3,1% rispetto a maggio 2004
Il calo dei consumi frena l’inflazione
Il carovita a giugno scende all’1,8%, il livello minimo da settembre ‘99
I consumatori: il raffreddamento del costo della vita conferma il crollo della spesa da parte
delle famiglie
di GUGLIELMO QUAGLIAROTTI
ROMA - La discesa dei consumi continua ad agire da freno sull’inflazione che a giugno è scesa all'1,8%,
contro l'1,9% di maggio. I prezzi su base mensile sono rimasti invariati. A renderlo noto è l'Istat in base alla
stima provvisoria, aggiungendo che il dato tendenziale è il più basso dal settembre '99 quando fu sempre all'
1,8%. Se per sindacati e consumatori l’inflazione che rallenta «è la spia del crollo della spesa da parte delle
famiglie», Telefono Blu saluta con favore le stime dell’Istat, considerando che «erano sei anni che il tasso
d’inflazione non si attestava su un valore dell’1,8%». Per il ministro del Welfare, Maroni, è invece «la terza
buona notizia in pochi giorni, dopo i dati sulla disoccupazione, e dopo la decisione della Commissione
Europea sui conti pubblici dell’Italia». Sul raffreddamento del costo della vita, «ha pesato in modo
consistente - spiega Donato Berardi del Ref - il calo dei consumi. Quando l'inflazione scende, vuol dire che si
è verificato o un calo dei costi o un problema di domanda. In questa fase ci sembra più importante la
seconda ragione, perchè sappiamo che i prezzi alla produzione viaggiano con aumenti ben superiori al 4%.
Questo vuol dire - precisa - che a monte del consumo i prezzi crescono a ritmi importanti, ma che le imprese
non possono riversarli al dettaglio a causa del calo della domanda». In realtà, sempre in base all’Istat, i
prezzi alla produzione dei prodotti industriali a maggio sono scesi dello 0,4% rispetto ad aprile e aumentati
del 3,1% su maggio 2004. Il calo congiunturale dello 0,4% (primo segno meno da dicembre scorso e
diminuzione più ampia dall'aprile 2003, quando si registrò un calo dello 0,6%) spiegano i ricercatori
dell’Istituto di statistica, si deve per l'80% alla diminuzione dei prodotti petroliferi e per il 20% a quello dei
metalli. Sull'aumento tendenziale del 3,1%, viceversa, pesa per il 26% il rincaro dei prodotti petroliferi e per
un altro 26% quello dell'energia. L'indice calcolato al netto dei prodotti petroliferi raffinati e dell'energia
elettrica, gas e acqua, infatti, registra una variazione congiunturale pari a -0,1%, mentre quella tendenziale è
stata pari a +1,8%.
Sempre sul fronte dell’inflazione, l’indice armonizzato, quello usato in sede europea e che viene
calcolato considerando anche i prezzi che presentano riduzioni temporanee (sconti, saldi e vendite
promozionali), a giugno è sceso invece al 2,1% contro il 2,3% di maggio, con prezzi invariati su base
mensile. Da un punto di vista generale i prezzi dei beni scendono dello 0,1% su base mensile e salgono
dell'1,1% su base annua; quelli dei servizi, invece, registrano rispettivamente un aumento dello 0,2% e del
2,6%. Analizzando i vari capitoli, si vede che gli aumenti congiunturali più significativi si sono verificati in
quelli relativi ad abbigliamento e calzature, abitazione, trasporti, ristoranti, bar ed alberghi e altri beni e
servizi (tutti +0,2%); variazioni nulle si registrano invece nei capitoli prodotti alimentari, in bevande alcoliche
e tabacchi, servizi sanitari, ricreazione e istruzione; l'unica variazione negativa appartiene infine al capitolo
comunicazioni (-0,5%). Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati invece nei capitoli bevande
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alcoliche e tabacchi (+5,3%), abitazione (+4,6%), trasporti (+4,2%) e istruzione (+3,4%). Variazioni
tendenziali negative si evidenziano invece nelle comunicazioni (-4,4%), nei servizi sanitari (-1,5%) e nei
prodotti alimentari (-0,2%). L’Istat diffonderà gli indici definitivi il prossimo 14 luglio.
Acque agitate alla Camera, Corsetto attacca il ministero dell’Economia. Tempi più lunghi per il Dpef
Competitività, scontro nella maggioranza: si dimette il relatore
Oggi il governo esamina le linee-guida del documento Parti sociali convocate per l’8 luglio
ROMA - Acque agitate nella maggioranza sul disegno di legge sulla competitività. L’esame del testo, che
contiene le misure che non entrarono nel decreto di qualche settimane fa, slitta alla settimana prossima, e il
relatore Crosetto (Forza Italia) si è dimesso in polemica con il ministero dell’Economia. E intanto si allungano
i tempi per la presentazione del Documento di programmazione economica e finanziaria: il confronto con le
parti sociali non si svolgerà prima di venerdì della prossima settimana.
La decisione di Guido Crosetto scaturisce dall’impossibilità di formalizzare gli emendamenti già
concordati, tra cui figura quello sull'indotto Fiat. Una proposta, questa, presentata da Crosetto a cui il Tesoro
non ha dato ancora l'attesa copertura. «Sono passate due settimane - ha spiegato l’esponente di Forza Italia
- e la copertura, nonostante sia stata cambiata sei volte, non andava comunque bene. Ad oggi - ha fatto
sapere - il ministero dell'Economia non ci ha dato una copertura per gli emendamenti, anzi ha escluso anche
quella concordata. Preso atto dell'impossibilità di formalizzare gli emendamenti e visto che di fatto il
provvedimento è praticamente concluso ho formalizzato le mie dimissioni da relatore».
Gli emendamenti cui si riferisce il relatore azzurro sono quelli che prevedono incentivi per Gpl e
metano per autotrazione, che stanziano risorse per le imprese in crisi dell'indotto automobilisitco e del
settore elettrodomestico ed infine che introducono agevolazioni per i Comuni che ospiteranno le Olimpiadi
invernali del 2006.
L’iter del disegno di legge è stato particolarmente travagliato. Ieri il governo è stato nuovamente
battuto, su un proprio emedamento. Nella giornata di mercoledì, l’esecutivo era andato sotto per ben cinque
volte. A questo punto, mentre alla Camera si avvicina la pausa estiva, non è chiaro quale sarà il destino del
provvedimento.
Un po’ d’incertezza c’è anche sul percorso del Dpef. Ieri sono state diramate le convocazioni alle
parti sociali: la consultazione deve avvenire prima dell’approvazione definitiva del documento.
L’appuntamento è per venerdì prossimo, 8 luglio, alle ore 11 (il giorno prima saranno sentiti gli enti locali,
Regioni, Comuni e Provincie). Si tratta di un piccolo slittamento dei tempi. In precedenza infatti il ministro
dell’Economia Siniscalco aveva detto che il documento (il cui termine di presentazione scade teoricamente
oggi) sarebbe stato pronto per lunedì, in modo da essere approvato nei giorni successivi dopo il confronto
con le parti sociali.
Ora invece il calendario cambia. Oggi stesso il Consiglio dei ministri farà una prima ricognizione
delle linee guida. Ma poi bisognerà attendere almeno una settimana prima di mettere intorno al tavolo
imprenditori e sindacati. O forse anche di più, visto che la Cisl ha chiesto a Palazzo Chigi un rinvio: nella
giornata di venerdì infatti la confederazione di Pezzotta è ancora impegnata nel suo Congresso nazionale .
L’approvazione del Dpef da parte del governo potrebbe quindi avvenire in prossimità di metà mese, mentre
lo sbarco in Parlamento è previsto per il 25 luglio.
Nel merito del provvedimento, ieri è intervenuto Stefano Caldoro, ministro per l’Attuazione del
programma, che ha solecitato un forte contenimento della spesa corrente degli enti locali.
R.e.f.
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ECONOMIA
IL MESSAGGERO VENERDÌ 1 LUGLIO 2005
La sperimentazione è partita per 16 mila impiegati. E in futuro nascerà un sito dedicato agli stipendi
Agli statali busta paga per e-mail
Primi cedolini on line in due ministeri. Entro dicembre agli altri
Un problema per il Tesoro: scoprire gli indirizzi dei dipendenti
di PIETRO PIOVANI
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ROMA – Questo mese circa 16 mila ministeriali hanno ricevuto la busta paga per e-mail. Sono i primi
dipendenti pubblici a sperimentare il nuovo sistema che, in tempi abbastanza brevi, dovrebbe essere esteso
a (quasi) tutti gli altri statali italiani. Per il momento il cedolino on line si affianca a quello di carta senza
sostituirlo: i dipendenti li riceveranno tutti e due fino al termine di un lungo periodo di transizione, che durerà
due anni.
■ Che cos’è la busta paga on line . Da molti anni ormai la stragrande maggioranza dei lavoratori
dipendenti italiani, sia pubblici che privati, ricevono lo stipendio per via telematica, nel senso che viene
accreditato direttamente sul loro conto corrente. A fine mese dunque non si ritira più una vera busta-paga,
ma solo la busta senza paga: il pezzo di carta che specifica le singole voci dello stipendio e le varie
trattenute. La trasformazione di questo cedolino in un documento telematico non produce alcun
cambiamento sostanziale per il lavoratore: il file si può comunque stampare con la propria stampante ed
equivale in tutto al cedolino tradizionale (che sempre da una stampante era uscito).
■ Chi riceve la busta elettronica . Per il momento l’innovazione ha riguardato solo il personale del
ministero dell’Economia e quello degli Esteri. A dicembre o a gennaio dovrebbe allargarsi anche agli altri
ministeri, alle agenzie fiscali, alla Presidenza del Consiglio, agli enti previdenziali e alla scuola. Ma non a tutti
i lavoratori: per evidenti motivi la trasmissione e-mail è possibile soltanto per chi possiede un indirizzo e-mail.
La percentuale di statali digitalizzati è molto alta (si legga l’articolo in basso) ma resta comunque una buona
fetta di persone che non ha la sua casella postale elettronica. Solo al ministero dell’Economia, per esempio,
sono quasi ottocento. A parte i non informatizzati, inoltre, sono esclusi dall’operazione i lavoratori delle
amministrazioni decentrate: comuni, province, regioni, asl, università, enti di ricerca. L’informatizzazione
infatti è un’iniziativa del dipartimento Affari generali del Tesoro, che compila le buste paga delle sole
amministrazioni centrali. Non è escluso però che singole amministrazioni decentrate adottino per il loro
personale un sistema analogo (qualcuna anzi potrebbe averlo già fatto).
■ L’anagrafe delle e-mail . Una delle maggiori difficoltà che il Tesoro sta incontrando è quella di conoscere
gli indirizzi e-mail dei dipendenti. Esiste un’anagrafe delle caselle postali pubbliche custodita dal Cnipa (la
struttura tecnica alle dipendenze del ministro dell’Innovazione Lucio Stanca). Ma questa anagrafe non è
aggiornata e non riesce ancora a raccogliere tutti gli indirizzi esistenti. Il ministero dell’Innovazione e quello
dell’Economia hanno preparato un decreto che impone alle amministrazioni di comunicare al Cnipa le e-mail
dei loro dipendenti. Il provvedimento è pronto da un paio di mesi ma non riesce ad arrivare all’esame del
Consiglio dei ministri. Si spera di avere un elenco di indirizzi abbastanza completo entro la fine dell’anno.
■ Nel 2007 un sito per gli stipendi . Il pro getto del Tesoro e dell’Innovazione prevede che, entro il 2007, i
cedolini non vengano più spediti per e-mail. Per leggere ed eventualmente stampare la busta paga ci si
dovrà collegare a un sito internet e aprire la propria pagina personale digitando una password. Questo
sistema viene considerato più sicuro e consente di comunicare al dipendente anche altre informazioni; per
esempio la sua posizione pensionistica.
Qualche funzionario si lamenta: i miei messaggi li legge la segretaria, ora saprà quanto guadagno
Ma chi non ha la posta elettronica resta tagliato fuori
ROMA – La grandissima maggioranza di quelli che hanno ricevuto la prima busta paga telematica non ha
avuto niente da ridire. Gli unici a lamentarsi sono stati, pare, alcuni dirigenti e funzionari che hanno poca
dimestichezza con il computer. L’indirizzo di posta elettronica ce l’hanno, ma non sanno usarlo; sono abituati
a farsi scaricare i messaggi dalla segretaria, che glieli stampa e glieli lascia sulla scrivania. «Adesso la
segretaria può vedere il mio stipendio!»
A parte queste rare eccezioni, tutti gli altri sono più che altro curiosi della novità. Il problema vero
riguarda quelli che non hanno un’e-mail. Parliamo dell’e-mail di servizio, ovviamente, non degli eventuali
account privati che un dipendente pubblico può avere aperto per il proprio piacere. Secondo il ministro
Stanca «oltre l’80% del personale “informatizzabile” dispone di posta elettronica». Esiste però una fetta
consistente di dipendenti non “informatizzabili”, nel senso che le loro mansioni non prevedono l’utilizzo di un
computer.
In teoria da dicembre dovrebbe ricevere il cedolino on line tutto il personale dello Stato centrale,
cioè circa un milione e mezzo di lavoratori. In pratica al Tesoro sanno già che all’inizio gli interessati saranno
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molti meno. Per esempio la scuola: su un milione e 100 mila dipendenti, solo 300 mila sono dotati di una
casella postale elettronica. Gli esclusi non sono soltanto bidelli e portinai: solo una minoranza di docenti ha
richiesto un indirizzo personale al ministero dell’Istruzione.
Resta il fatto che la digitalizzazione del personale può produrre notevoli risparmi. Se la busta paga
elettronica arrivasse anche solo alla metà degli statali ci sarebbero 750 mila cedolini in meno da stampare
ogni mese e altrettante buste di carta chimica risparmiate. In generale, la posta telematica elimina il grande
traffico di commessi, fattorini, “camminatori”, motoristi, che trasportano le carte da un ufficio all’altro: 19 mila
dipendenti, secondo le stime dell’Innovazione, che potrebbero essere destinati ad altri compiti. Una forza
lavoro che quasi equivale il personale dell’intera Fiat.
Pie. P.
ECOFLASH
INPS, INAIL E INPDAP
Tar Lazio, via libera alla vendita degli immobili
Respinti i ricorsi per l'annullamento dei decreti che hanno disposto il trasferimento al Fondo Immobili Pubblici
di fabbricati dell’Inps, Inail e Inpdap. L'ha deciso il Tar del Lazio. Con i decreti il Governo ha previsto la
vendita di 43 immobili dell'Inps (per 668 milioni), di 22 immobili dell'Inail (per 241 milioni) e otto dell’Inpdap
per 120 milioni. Secondo i Consigli di Indirizzo e Vigilanza (Civ) di Inps, Inail e Inpdap, il Governo aveva
previsto un valore di vendita di circa 1.870 euro al metro quadro, cifra questa molto al di sotto del valore
reale degli immobili considerati.
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CRONACA DI ROMA
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SOLO CONTANTI
Buoni pasto, la protesta va al supermercato
«Commissioni alte e ritardi nei pagamenti»: baristi e ristoratori continueranno a non
accettare i ticket
Nella grande distribuzione l’agitazione terminerà oggi, ma non ha coinvolto tutte le società
Un’insalata o un piatto freddo, ma solo in contanti. Continua la protesta dei titolari di centinaia di bar e
ristoranti che a Roma, come nel resto d'Italia, da una settimana non accettano i buoni pasto per contestare i
disagi collegati a questo sistema di pagamento. E, solo per la giornata di ieri, all'agitazione si è aggiunta
Federdistribuzione, che coordina centinaia di supermercati e ipermercati in tutta Italia. Ma per il futuro si
intravede qualche spiraglio.
Molti locali romani continuano, gentilmente, a richiedere il pagamento esclusivamente in contanti.
«La protesta continua - spiega Rossano Asciolla, segretario di Fipe-Confcommercio Roma - e sono molto
numerosi i responsabili di bar e ristoranti che hanno aderito. All'agitazione si è unita Federalimentari e, ieri,
anche i supermercati. I locali che non accettano i buoni pasto sono diffusi in tutta la città e, in particolare,
nelle zone ad elevata concentrazione di uffici, come Eur e Prati. Alta l'adesione nel centro storico e nell'area
dell'Esquilino e di Termini». Qualcosa, comunque, potrebbe cambiare. «Negli ultimi giorni - continua Asciolla
- si è aperto qualche spiraglio e speriamo che la situazione possa essere risolta al più presto».
In tutta la città, intanto, la pausa pranzo vede quasi sempre il ricorso ai contanti. «Fino a quando sostiene Mauro Talarico, titolare di una tavola calda all'Esquilino - non cambierà concretamente qualcosa,
saranno modificate le commissioni e accorciati i tempi dei pagamenti, ora di almeno 60 giorni, proseguirò
nella protesta». L'opinione è condivisa da molti colleghi. «Con i ticket - aggiunge Raffaella Nerini, ristoratrice
in Prati - oltre ai problemi già noti, finiamo con il guadagnare meno, a causa delle alte percentuali raggiunte
dalle commissioni». Ancora rari i cartelli informativi e comunque più frequenti nei ristoranti che nei bar.
«Spieghiamo a voce la situazione ai clienti - dice Valeria Gatto, dell'omonima tavola calda in zona Termini. Finora abbiamo riscontrato comprensione».
Gli utenti, in effetti, stanno prendendo la situazione con filosofia. «Lo sciopero finirà presto - ritiene
Renato Menarini, bancario. - In questi giorni ho pagato in contanti, senza problemi». «Ne ho approfittato per
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fare un po' di dieta - gli fa eco il collega Dario Gentiletti. - Con il ticket non ci rende sempre conto della
spesa, mentre con i contanti sì: e allora ho deciso di rinunciare, per pranzo, ad almeno una portata: non è la
fine del mondo».
Situazione analoga, ma solo ieri, in decine di mercati e supermercati: Federdistribuzione, che
controlla e rappresenta grandi marchi, tra cui Pam, Esselunga, Carrefour e Metro, ha deciso per un giorno di
protestare. «Oggi non accettiamo i buoni - spiegavano, ad esempio, alle casse di Gs e Dì per dì all'Aurelio e
in Prati - ma la protesta durerà solo un giorno». Stessa situazione in altre catene, anche di discount. «Sono
sempre più numerosi - conclude Federica Brogini, cassiera al discount Ecco, sulla Tuscolana - i clienti che
preferiscono utilizzare i ticket per la spesa e non per pagare il pasto. Di conseguenza, i disagi denunciati da
baristi e ristoratori stanno coinvolgendo sempre di più anche la nostra categoria ed è giusto unirci
all'agitazione, anche se solo per un giorno». Non tutti hanno aderito alla protesta, tra questi alcuni punti
vendita della catena Pim.
L. Bru.
«All’inizio ho detto di no ai tagliandi
ma il danno economico è stato grave»
«Protesta giusta, ma economicamente svantaggiosa». Tra i baristi romani, c'è anche chi ha preferito
sospendere l'agitazione. «Avevo aderito fin da mercoledì della scorsa settimana, primo giorno di sciopero assicura Tiziano Mondini, barista in via Aurelia, a poca distanza da via Boccea - e ancora adesso condivido
pienamente le motivazioni dell'agitazione, ma alla fine, nei quattro giorni in cui ho rifiutato di accettare i buoni
pasto, la perdita del numero dei clienti superava i disagi provocati dai ticket e così, da lunedì scorso, li
accetto nuovamente». A determinare la scelta è spesso il contesto circostante in cui si opera. «In questi casi
- aggiunge Mondini - si può proseguire nella protesta solo se tutti, compresi i locali vicini, vi partecipano,
altrimenti ci si rimette economicamente, in quanto i clienti, tranne quelli “fidellizati”, non ci pensano due volte
a cambiare locale».
IL MESSAGGERO
PRIMA PAGINA
SABATO 2 LUGLIO 2005
Il governo vara il decreto per trasferire ai fondi pensione il Trattamento di fine rapporto. Tasse ridotte
per chi aderirà
Via libera alla riforma delle liquidazioni
Migliorano le entrate fiscali: più 5% rispetto a un anno fa. Tra 15 giorni le linee guida della
Finanziaria
Maroni: da gennaio i lavoratori dovranno scegliere. Sindacati all’attacco
ROMA – Primo via libera del governo alla riforma del Tfr che sarà utilizzato per i fondi previdenziali. Da
gennaio 2006 i lavoratori avranno sei mesi di tempo per scegliere se destinare la liquidazione che maturerà
a un Fondo pensione o lasciarla presso la propria azienda. Previste agevolazioni per le imprese che
sbloccheranno le liquidazioni. Maroni aprirà il confronto con le parti sociali il 12 luglio. I sindacati, però, sono
già sul piede di guerra.Intanto, in attesa del varo del Dpef, arrivano notizie parzialmente positive sul fronte
dei conti pubblici: nel mese di giugno le entrate fiscali hanno fatto registrare un aumento del 5%.
CIFONI, COSTANTINI, PIRONE ALLE PAGG. 8 E 17
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PRIMO PIANO
IL MESSAGGERO SABATO 2 LUGLIO 2005
UN FUNZIONARIO CIA
«E’ ovvio che Roma neghi, è previsto dalle regole»
Il New York Times: questo caso mostra come le misure antiterrorismo creino difficoltà agli
alleati
NEW YORK «Ovvio che gli italiani neghino, nessuno li contraddirà pubblicamente». Con questa parole un ex
alto funzionario della Cia, a conoscenza del sequestro dell'imam Abu Omar nel febbraio 2003 a Milano, ha
confermato la versione del ”Washington Post” secondo cui il capo della stessa Cia a Roma informò la sua
controparte italiana dei piani di azione. «La teoria che sia stata una operazione indipendente della Cia è
assurda», ha detto al Los Angeles Times, smentendo così le affermazioni fatte in Parlamento dal ministro
Carlo Giovanardi. Il funzionario ha aggiunto che le smentite italiane «sono prevedibili» dal momento che le
regole di ingaggio per operazioni del genere richiedono a entrambe le parti di negare il coinvolgimento se
l'operazione diventa pubblica: «Nessuno andrà a contraddirli pubblicamente», ha aggiunto.
La ricostruzione del ”Washington Post” di un passaggio di informazioni tra servizi segreti è stata
confermata anche al ”New York Times”. Il quotidiano americano cita quattro ex funzionari dell'intelligence
americana, che hanno accettato di parlarne, rispondendo alle domande poste dal giornale nei giorni scorsi. I
quattro hanno parlato a condizione di non essere identificati «a causa della delicatezza della questione e
perché l'agenzia non ne vuole discutere pubblicamente».
«Si ha un'approvazione o una strizzatina d'occhio», spiega al quotidiano un ex funzionario
dell'intelligence, riferendosi alla consuetudine nelle operazioni di questo tipo, solitamente condotte dalla
branca paramilitare dell'agenzia di Langley. In ogni caso, sottolinea il quotidiano, il caso mostra in maniera
«imbarazzante» come negli Stati Uniti le misure contro il terrorismo siano diventate «più aggressive» dopo
gli attentati dell'11 settembre, in particolar modo «le pratiche supersegrete di sequestrare e trasferire
all'estero i sospetti, che pongono difficoltà ai Paesi alleati». A Washington, funzionari dell'amministrazione
dicono che Abu Omar fosse motivo di preoccupazione per la Cia a causa del suo presunto coinvolgimento
nei piani per un attentato contro l'ambasciata americana a Roma. Una preoccupazione «condivisa dalle
autorità italiane, che però non erano pronte ad arrestare immediatamente l'imam».
IL RETROSCENA
Tutto è nato da un’inchiesta sulla Centrale unica di intercettazione telefonica
Gli agenti Cia traditi da “Amanda”
Il pm Spataro sulle tracce di uomini dei servizi segreti italiani che potrebbero aver aiutato e
coperto i colleghi americani
di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - Dovrebbe essere la regola numero uno per ogni 007 che si rispetti: parlare poco con telefono,
parlare per niente con il telefonino. Invece la pista utilizzata dal pm milanese Armando Spataro per
inchiodare i tredici agenti della Cia che hanno sequestrato Abu Omar in una strada di Milano, è proprio
quella delle comunicazioni via cellulare. Una pista che si è aperta all’improvviso nei mesi scorsi. Che adesso
potrebbe portare i pm a individuare gli agenti dei nostri servizi segreti che collaborarono all’operazione; gli
stessi dei quali due giorni fa, il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Giovanardi, ha negato l’esistenza
dinanzi al Parlamento.
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E’ una storia complessa; e occorre andare con ordine. A cominciare dal gennaio di quest’anno,
quando il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, si accorge che esiste una megacentrale di
ascolto e di intercettazione telefonica che sta per diventare l’unica referente delle Procure italiane. Si chiama
tecnicamente ”Centrale unica di intercettazione - Centro nazionale autorità giudiziaria”, ma in gergo,
amichevolmente, i tecnici la chiamano ”Amanda”. L’ha costruita la Telecom; e l’ha proposta al ministero della
Giustizia magnificandone le possibilità infinite e i costi ridotti: Amanda può intercettare diecimila linee al
giorno e può far risparmiare al ministero una bella fetta dei duecento milioni di euro che vengono pagati per
le intercettazioni delle varie procure. Spataro lamenta la pericolosità di affidare ad un’unica società privata la
possibilità di maneggiare i dati telefonici di tutti gli italiani. Poi apre un’inchiesta su un circuito di
intercettazioni parallele, fatte cioè non ad uso delle Procure ma di altre entità. Tra le altre cose scopre che
anche alcuni pm della sua procura vengono intercettati illegalmente. Nell’indagine resta invischiato
l’inventore di Amanda nonché responsabile della sicurezza di Telecom, Giuliano Tavaroli, 47 anni, ex
maresciallo dei Carabinieri in forza al Nucleo antiterrorismo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
L’indagine su Amanda ha un primo effetto immediato: il pm Spataro ottiene per incanto - dopo una
lunghissima attesa - i tabulati dei diciassette telefoni usati il 17 febbraio 2003, il giorno in cui gli agenti della
Cia sequestrarono Abu Omar in via Guerzoni a Milano. Il sospetto degli inquirenti è che qualcuno, prima
delle indagini su Amanda, abbia bloccato l’accesso dei magistrati a quei tabulati, che si rivelano la prova
principale contro gli 007 della Cia.
Intanto dal fascicolo su Tavaroli vengono fuori alcune informazioni che catturano l’interesse degli
inquirenti. Una di queste è che Giuliano Tavaroli è molto amico di un uomo che per la Cia è una bandiera. Si
tratta di John Paul Spinelli, per anni in forza alla stazione Cia di Milano, poi costretto ad abbandonare la
Central Intelligence Agency nel ’93 dopo una sparatoria a Mogadiscio, in Somalia, dove viene ferito
gravemente insieme al locale capo stazione dell’intelligence Usa. La sua storia viene resa celebre dal
kolossal ”Black Hawk Down” che racconta la storia vera dell’abbattimento di elicottero Usa in Somalia e
dedica una lunga sequenza al ferimento di Spinelli. I contatti tra Tavaroli e Spinelli sono recentissimi, perché
il capo della sicurezza di Telecom utilizza le conoscenze di Spinelli e della sua agenzia internazionale di
investigazione - la Global Security Service - nel settore del controspionaggio industriale e in altri vicende dai
contorni opachi, come l’affare Telekom Serbia e l’inchiesta su Telecom Brasil.
Ma non è tutto, perché Giuliano Tavaroli ha rapporti privilegiati anche nell’intelligence di casa nostra.
In particolare con un funzionario di alto livello, che si occupa di controspionaggio, controterrorismo e
contrasto alla criminalità organizzata transnazionale. Che è esattamente il settore che nel febbraio 2003
teneva sotto osservazione a Milano l’imam Abu Omar e non si accorse che veniva rapito dalla Cia. I rapporti
tra Tavaroli e il nostro 007 sono di vecchia data, risalgono ai tempi di Dalla Chiesa, quando entrambi erano
carabinieri e davano la caccia ai killer che avevano ucciso Walter Tobagi e il giudice Emilio Alessandrini.
Fin qui, i fatti. Poi ci sono le indiscrezioni, che raccontano di questo 007 che, solo poche settimane
fa, aveva rassicurato il suo direttore sugli esiti dell’inchiesta di Milano. «Non andranno da nessuna parte»,
avrebbe detto. Senza sapere che le richieste di arresto per i tredici agenti Cia erano già pronte, nel computer
del pm Spataro. Bisognava solo stamparle e firmarle.
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PRIMO PIANO
IL MESSAGGERO SABATO 2 LUGLIO 2005
ECCO COME PUO’ DECIDERE IL LAVORATORE
■ CON UNA LETTERA
si comunica alla propria azienda
fra gennaio e giugno 2006
■ CON IL SILENZIO ASSENSO
se non si comunica nulla
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SI’
DI DESTINARE IL TFR
FUTURO AD UN FONDO
1
L’AZIENDA TRASFERISCE
IL TFR FUTURO AD UN
FONDO DI CATEGORIA
2
SE L’AZIENDA HA ADERITO
A PIU’ FONDI
IL TFR VA AL FONDO
CONCORDATO
CON I SINDACATI
OPPURE
NO
DI MANTENERE IL TFR
FUTURO PRESSO
L’AZIENDA CON LA
POSSIBILITA’ DI CAMBIARE
IDEA
3
SE NON C’E’ ACCORDO IL
TFR VA AL FONDO CHE HA
PIU’ ISCRITTI FRA I
DIPENDENTI
DELL’AZIENDA
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IN CASO DI DISACCORDO
E DI MANCANZA
DI UN FONDO PENSIONE DI
CATEGORIA IL TFR ANDRA’
AD UN FONDO DELL’INPS
Il Consiglio dei ministri approva la bozza di decreto sul Trattamento di fine rapporto. La riforma
scatterà a gennaio
Tfr nei Fondi, arriva il primo via libera
Maroni: il varo a settembre. Ma con i sindacati è subito braccio di ferro
di LUCIANO COSTANTINI
IL GLOSSARIO
TFR
E’ la liquidazione che spetta al
lavoratore alla fine del rapporto di
lavoro. E’ pari a quasi il 7% della
retribuzione. Per legge rende il 75%
dell’inflazione più l’1%. Nel 2004 ha
reso il 2,5%
FONDI CHIUSI
Soni i fondi pensione previsti dai
contratti di lavoro. Quindi sono
promossi (ma non gestiti) da aziende
e sindacati. Si chiamano anche Fondi
di categoria o negoziali. Potendo
basarsi su canali di adesione molto
semplici (le aziende raccolgono i soldi
direttamente dalla busta paga) hanno
il pregio di avere costi di funzionamento molto bassi a tutto vantaggio
dei rendimenti.
FONDI APERTI
Sono quelli promossi da banche e
assicurazioni. Ad essi possono aderire
tutti i lavoratori che lo desiderano.
ROMA – C’è il via libera del Consiglio dei ministri, ma
verosimilmente la strada che porterà al varo dei fondi pensioni
sarà ancora lunga e tortuosa. Il ministro Roberto Maroni, sponsor
della riforma del Tfr, non si nasconde e non ha nascosto le
difficoltà del cammino anche se, al termine della riunione di
palazzo Chigi, ne ha schedulato le tappe: già lunedì la bozza sarà
inviata alle Camere; per il 12 luglio è previsto un primo incontro
con le parti sociali; a fine estate (probabilmente a settembre) il
governo darà il semaforo verde definitivo; a gennaio i fondi
potranno partire insieme al periodo di sei mesi di silenzio-assenso
entro il quale il lavoratore deciderà se mantenere la liquidazione o
versarla su un fondo.
Sentiero difficile al quale però il titolare ha voluto già porre
dei paletti: con i sindacati c’è la disponibilità a tener conto di
eventuali interventi migliorativi che però non potranno superare i
principi della delega; le assicurazioni potranno predisporre prodotti
che considerano previdenziali, ma quelli che movimentano il Tfr
dovranno essere garantiti dalla Covip; per le imprese sarà prevista
una misura di compensazione sul differenziale tra il costo annuale
del Tfr e il costo dei finanziamenti sostitutivi dello stesso erogati da
istituti di credito. Ha anche assicurato, Maroni, che la Covip sarà
l’unico organo di vigilanza. Uno scoglio contro il quale nelle scorse
settimane la riforma aveva rischiato di naufragare per le divisioni
che si erano manifestate all’interno dell’esecutivo. «La questione ha invece tagliato corto Maroni - è chiusa da mesi e nel governo
non c’è stato nessun contrasto, i fondi previdenziali che verranno
finanziati con il Tfr sono solo quelli che saranno controllati dalla
Covip».
8
RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
l’aggiornamento per quadri sindacali
«Ania ed Abi - ha precisato il ministro - hanno manifestato il loro interesse al testo e a definire con il
governo gli interventi migliori per compensare nel modo migliore le imprese dallo smobilizzo del Tfr. Quanto
ai sindacati, ho trovato le loro polemiche fuori luogo». E i sindacati hanno immediatamente replicato: «Ora
vedremo se il ministro manterrà davvero l’impegno di confrontarsi con noi. Certo non è accettabile che la
libertà di scelta del lavoratore si possa esprimere al momento dell’adesione o meno al sistema. Qualora il
testo restasse quello letto nelle anticipazioni, il nostro giudizio sarebbe profondamente negativo». Dubbi sul
testo di riforma ha espresso anche il numero due della Uil, Adriano Musi: «Sorprende la rapidità
dell’approvazione di un provvedimento di 83 pagine, speriamo che sia fondato sulla conoscenza dei
contenuti e speriamo ancora che questo medoto da ”uovo di Pasqua” non ci riservi amare sorprese». «Ci
auguriamo - ha sottolineato il vice segretario dell’Ugl, Renata Polverini - di poter valutare attentamente il
testo prima dell’incontro del 12». «Abbiamo poco tempo per confrontarci - ha avvertito il cislino Pier Paolo
Baretta - mi aspetto una trattativa in salita».
La riforma, che a regime porterà ai fondi circa 10 miliardi all’anno, al momento non riguarda i
dipendenti dello Stato. La questione sarà affrontata successivamente attraverso un confronto con i sindacati,
LE CIFRE
75%
5.164 €
2,8 milioni
Così come avviene per il Tfr in
caso di esigenze importanti (salute, prima casa) sarà possibile
ottenere un anticipo fino al 75% del
maturato
Ogni anno si deducono dalle
tasse fino a 5.164 euro versati ai
Fondi. Quindi ogni 1.000 €
versati si pagano da 230 a 430 €
di tasse in meno
Ad oggi già 2,8 milioni di
lavoratori aderiscono ai Fondi
pensionistici complementari
Si tratta di circa il 12% della
forza lavoro
15%
13 miliardi
Sulla pensione che sarà pagata dai Ogni anno le aziende italiane
Fondi si pagheranno imposte accantonano Tfr per circa 13
leggere: da un massimo del 15% miliardi In futuro i Fondi pensione
(oggi l’Irpef più bassa è 23%) al 9%
assorbiranno circa 10 miliardi
le Regioni e le autonomie locali. Riforma che prevede, ovviamente , compensazioni per le aziende che
dovranno rinunciare al Tfr: esse potranno dedurre dal reddito un importo pari al 4% dell’ammontare dello
stesso Tfr annualmente destinato ai fondi. La percentuale sale al 6% per le imprese con meno di 50
dipendenti. Il testo della delega spiega che il lavoratore possa destinare la sua liquidazione non soltanto ai
fondi chiusi (quelli contrattuali) e a quelli aperti, ma anche a polizze individuali purchè questi contratti di
assicurazione siano corredati da un regolamento redatto in base alle direttive Covip. La bozza, varata ieri
pomeriggio, prevede ancora che, decorsi due anni dalla data di affiliazione al fondo, il lavoratore possa
trasferire l’intera posizione individuale a un’altra forma pensionistica.
VANTAGGI & SVANTAGGI
La carta vincente del Fondo pensione: fa pagare meno tasse
Fino a 430 € in meno ogni mille versati e Irpef al 15% sulla rendita futura. La liquidazione?
E’ sicura ma rende pochissimo
di DIODATO PIRONE
ROMA – Niente fretta. C’è ancora praticamente un anno per decidere cosa fare della cara vecchia
liquidazione.
Per cominciare ad orientarsi va chiarito un punto essenziale: la riforma riguarda la liquidazione che
maturerà. Dunque il gruzzolo accumulato finora presso la propria azienda può continuare a dormire fra due
guanciali. E mai metafora fu più calzante visto che il Tfr garantisce una confortevole sicurezza ma sulla base
di rendimenti veramente sonnacchiosi. L’anno scorso, ad esempio, questo capitale che ogni lavoratore
(addirittura dal 1923) presta alla propria azienda ha reso solo il 2,5% lordo. La legge, infatti, stabilisce che il
Tfr deve essere pari al 75% dell’inflazione sommato ad uno striminzito 1%. Nel 2004 l’inflazione media fu del
2% e quindi il 75% di questa cifra è pari all’1,5%. Che sommato all’1% fa, appunto, 2,5%.
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RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
l’aggiornamento per quadri sindacali
In sintesi, la liquidazione darà sempre qualche briciolina più dell’inflazione (se bassa) mentre i Fondi
pensione - se ben gestiti - possono viaggiare su cifre più soddisfacenti. Il nocciolo della questione sta proprio
in queste parole: ”se ben gestiti”.
Già, perché aderire ai Fondi richiede una svolta culturale: chi consegna loro i propri soldi accetta un
rischio più alto di quello del Tfr. Ecco perché iscriversi ai Fondi conviene più ai giovani (hanno tempo per
ammortizzare i rischi) che ai meno giovani. Ecco perché sui Fondi vigila un’Autorità ad hoc che si chiama
Covip.
Ed ecco perché sindacati e aziende hanno dato vita a Fondi di categoria (Cometa per i
metalmeccanici, Fonchim per i chimici etc.) con l’obiettivo di comprimere i costi di dispendiose gestioni
finanziarie.
In compenso, i Fondi pensione offrono un grande vantaggio: fortissimi sconti fiscali. Si comincia dai
soldi versati che possono essere dedotti - cioè sottratti - dalle tasse fino a 5.164 euro annui ( questo significa
che ogni mille euro versati se ne risparmiano fra 230 e 430). E si finisce con la pensione versata dal Fondo
sulla quale graveranno tasse fra il 9 e il 15%. Pochissimo, se si pensa che l’aliquota Irpef più bassa oggi è al
23%.
I RENDIMENTI DEL TRF E DEI FONDI PENSIONE
Nome
del fondo
Destinatari
Netto
2004
Netto
2003
Netto
2002
Iscritti
(31/12/2004)
ALIFOND
INDUSTRIA ALIMENTARE
4,7
2,2
-
33.487
COMETA
INDUSTRIA METALMECCANICA
3,9
4,0
-2,2
320.950
COOPERLAVORO
COOPERATIVE PRODUZ. E LAVORO
FONCER
INDUSTRIA PIASTRELLE
6,0
7,1
4,9
5,8
0,5
2,6
14.950
9.277
FONCHIM
CHIMICA E FARMACEUTICA
2,1
4,7
7,6
2,8
7,3
8,8
2,6
-
5.804
106.786
3.482
2
6,4
10,5
2,8
0,3
6,6
2,3
n.d.
5,9
-
1.757
26.729
705
20.035
2,3
4,3
5,8
6,7
5,2
5,3
5,3
4,4
3,2
2,1
4,5
4,2
5,4
7,8
9,7
6,8
2,6
2,3
4,4
8,0
1,60
-
6.536
32.645
3.061
1.501
20.730
39.145
2.631
50.660
3.278
1.600
Linea monetaria
Linea bilanciata
Linea bilanciata-azionaria
FONDENERGIA
ENERGIA (prevalentemente gruppo Eni)
Linea monetaria
Linea bilanciata
Linea bilanciata-azionaria
FONTE
DIPENDENTI COMMERCIO
FOPEN
DIPENDENTI GRUPPO ENEL
Linea monetaria
Linea bilanciata-obbligazionaria
Linea bilanciata
Linea azionaria
PEGASO
GAS, ACQUA, ELETTRICITA’
PREVIMODA
IND. TESS. ABBIGL. CALZATURE
TELEMACO
TELECOMUNICAZIONI
Linea obbligazionaria
Linea bilanciata-obbligazionaria
Linea bilanciata
Linea bilanciata-azionaria
MEDIA FONDI CHIUSI
-
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RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
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RIVALUTAZIONE NETTA TFR
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ECONOMIA
2,5
3,2
-
IL MESSAGGERO SABATO 2 LUGLIO 2005
Accordo azienda-sindacati: i “comandanti” lavoreranno venti giorni in meno
Alitalia: per i piloti tre basi al Nord, ma stop alla mobilità
ROMA – Un’intesa che permette di salvaguardare gli organici in cambio della creazione di tre basi al Nord e
una riduzione di venti giornate lavorative (per tutto il personale navigante) che andranno a beneficio degli
accordi di solidarietà. Alitalia e i piloti hanno firmato ieri il protocollo che rientra nella gamma di interventi del
piano di salvataggio della compagnia e che, a regime (2005-2006) e complessivamente, dovrebbe garantire
risparmi per 290 milioni di euro. Nella sola area ”comandanti” il contenimento delle spese dovrebbe aggirarsi
sui 60 milioni.
L’azienda si impegna a chiudere le procedure di mobilità attraverso quello che viene definito «un
programma attuativo decisamente flessibile, che consente la collocazione del personale navigante nei
periodi di bassa operatività ma anche sulle giornate di riserva inutilizzate». Vengono istituite tre nuove sedi
multibase a Milano Malpensa, Linate e Venezia che accoglieranno una parte dei piloti, molti dei quali già
residenti nell’Italia del Nord. Dei 2.314 piloti attualmente in organico più di 800 saranno ridistribuiti sulle tre
basi.
Oltre un centinaio saranno impiegati sul medio raggio, altri 600/700 sul lungo raggio. I risparmi per
la compagnia dovrebbero essere consistenti e deriveranno soprattutto dalla possibilità di tagliare il
pagamento delle indennità. E il ”trasferimento” di personale dovrebbe anche contribuire ad ottimizzare
l’operativo.
L’intesa segue quella raggiunta nel febbraio scorso con gli assistenti di volo e conferma, un
comunicato aziendale, consentirà di realizzare «obiettivi importanti sia sul fronte del contenimento del costo
del lavoro e della gestione delle eccedenze, che sul fronte dell’efficienza rendendo più coerente le modalità
di impiego dei piloti con le esigenze commerciali del network».
Con l’accordo sono stati anche definiti e concordati i dettagli relativi alle modalità e ai tempi di
trasferimento a Milano di persnale residente, anticipando il programma previsto con un iniziale trasferimento
temporaneo.
17
ECONOMIA
IL MESSAGGERO SABATO 2 LUGLIO 2005
Allo studio un disegno di legge
Statali, le proposte di Baccini:
assunzione per 7 mila precari,
trasferimenti vietati ai neoassunti
Il ministro ipotizza l’obbligo di restare 5 anni nella prima sede di assegnazione Per i
“contrattisti” concorsi riservati
ROMA – I dipendenti pubblici precari sono tantissimi: almeno 300 mila, ma forse anche di più, sommando i
contratti a termine, quelli di formazione, i co.co.co, i lavoratori socialmente utili. I sindacati e il ministro della
Funzione pubblica Mario Baccini da qualche tempo insistono su questo tema. Ieri Baccini lo ha riproposto in
Consiglio dei ministri, presentando una sua informativa e avanzando una serie di proposte. L’idea di Baccini
sarebbe: voltiamo pagina, limitiamo da oggi in poi il ricorso al precariato ai soli casi strettamente necessari,
ma per il passato prevediamo una «progressiva stabilizzazione» per 7 mila persone. La sanatoria
riguarderebbe quei “contrattisti” statali di lunga durata, perlopiù ministeriali: circa 2 mila e 300 ai Beni
culturali, mille e 800 alla Giustizia, mille e 500 all’Agenzia del Territorio, 450 all’Istat più qualcun altro ancora
11
RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
l’aggiornamento per quadri sindacali
al ministero della Salute e negli enti previdenziali. Molti di loro lavorano con contratti a termine da parecchi
anni; ai Beni culturali per esempio ci sono i “giubilari”, reclutati in vista dell’anno santo.
Per regolarizzare tutta questa gente bisogna indire regolari concorsi pubblici, perché così ordina la
Costituzione, riservando ai precari una certa quota di posti. Il costo per lo Stato sarebbe quasi inesistente,
visto che i beneficiati dalla sanatoria ricevono già oggi uno stipendio.
Sulla materia la Funzione pubblica ha in animo di presentare, pare, un disegno di legge, ma le
misure potrebbero anche finire nella prossima Finanziaria. E nella Finanziaria potrebbero essere inserite
altre norme dedicate alla mobilità. Il governo vuole rendere più facili i trasferimenti di personale da un ufficio
all’altro. Tuttavia fra i provvedimenti che si sta pensando di prendere il più concreto va proprio nella direzione
opposta: l’obbligo di restare per 5 anni nella prima sede di assegnazione. L’intenzione è evidentemente
quella di combattere un fenomeno vecchio quanto la pubblica amministrazione: spesso i cittadini del Sud
partecipano ai concorsi per entrare negli uffici del Nord e poi chiedono di tornare a casa.
Pie. P.
37
CRONACA DI ROMA
IL MESSAGGERO SABATO 2 LUGLIO 2005
Protocollo d’intesa tra Ministero e Comune per la “cintura” di Roma
Polizia in moto sul Gra. Come in Usa
Sessanta agenti della Stradale pattuglieranno il Raccordo 24 ore su 24
Gli uomini del Rips in sella a 180 chilometri l’ora “armati” di miniestintori, radio e torce di
segnalazione
di DAVIDE DESARIO
Ore 7. Grande Raccordo Anulare. Le speciali pattuglie di motociclisti della polizia stradale fanno il loro
esordio. In sella a fiammanti Bmw 850 hanno iniziato la vigilanza costante dell’autostrada che circonda la
Capitale. Sorveglieranno 24 ore su 24 i 58 chilometri d’asfalto più trafficati di Roma: 150.000 veicoli al
giorno, 33 svincoli, 1.900 incidenti rilevati dalla Polstrada nel 2004.
Roma, dunque, come la Los Angeles dei telefilm americani. Al posto dei Chips (California Highway
Patrol), resi famosi negli anni Ottanta dagli agenti del piccolo schermo Francis 'Ponch' Poncherello e Jonh
Baker, la Capitale può ora vantare i suoi Rips (Reparto Intervento Polizia Stradale). Sono sessanta, hanno
frequentato un lungo corso presso il centro di addestramento di Cesena e, in via sperimentale, sono utilizzati
su uno dei tratti autostradali più impegnativi della Penisola. Se l’esperimento andrà bene, verranno utilizzati
anche in altre città a partire da Milano.
E’ il risultato del protocollo di intesa siglato tra il Comune di Roma e la polizia stradale per garantire
una maggiore vigilanza sul Gra. «Garante» del protocollo, il prefetto Achille Serra, che, ieri mattina ha
presieduto la firma, alla presenza del comandante della polizia municipale, Aldo Zanetti, del direttore del
servizio polizia stradale del ministero dell'Interno, Antonio Giannella, del questore di Roma, Marcello Fulvi, e
dell'assessore capitolino alla Sicurezza, Liliana Ferraro.
Il Raccordo è stato suddiviso in 4 quadranti, ognuno lungo circa 15 chilometri: mediamente saranno
4 le pattuglie per quadrante ad ogni turno. «In questo modo vogliamo rappresentare anche un deterrente per
gli automobilisti e i motociclisti - ha spiegato Giannella - I Rips, grazie alla suddivisione in quadranti,
potranno intervenire rapidamente».
Le loro Bmw possono sfiorano i 200 chilometri orari. Insomma, vita dura per gli automobilisti
indisciplinati ma soprattutto per quelle bande di rapinatori che, soprattutto negli ultimi tempi, hanno fatto il
bello e cattivo tempo sul Gra e nelle aree di servizio, rapinando autogrill e benzinai.
«Siamo una squadra di primo intervento - spiega il comandante dei Rips, Ivano Cardellini - Con le
moto possiamo arrivare prima sugli incidenti, dove ci ingorghi, e dovunque è necessario e fornire subito
assistenza».
Sulle loro moto le “sentinelle del Gra” oltre alla radio per essere costantemente in contatto con le
centrali operative, hanno miniestintori, torce per segnalare la notte situazioni di pericolo. I Rips, però, sono
stati «esonerati» da ogni tipo di lavoro burocratico, proprio per permettere una loro costante presenza su
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RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
l’aggiornamento per quadri sindacali
strada. Verbali, rapporti, interrogatori verranno redatti dai colleghi delle pattuglie automontate che
continueranno a operare sul Raccordo (circa 3 pattuglie per turno).
L'accordo Comune-Ministero prevede una maggiore collaborazione tra Stradale e Municipale: le
rispettive centrali operative sono state collegate.
Il protocollo prevede «una sorveglianza sull'interno anello viario, nelle aree di sosta, nelle stazioni di
servizio, presso gli svincoli dell'autostrada, ponendo particolare attenzione ai tratti maggiormente
congestionati ed alle fasce orarie a più intenso volume di traffico automobilistico».
IL SOLE – 24 ORE
PRIMA PAGINA
Sabato 2 Luglio 2005
Via al decreto Maroni sulla previdenza complementare - Il 12 la trattativa
Tfr ai fondi, primo sì
Il silenzio-assenso scatterà da gennaio
Avviato il confronto sul Dpef - Conti migliori a giugno: avanzo di 6,8 miliardi
ROMA ■ Il decreto legislativo sulla riforma previdenziale ha ottenuto un primo via libera dal Consiglio dei
ministri. «Contiamo di approvarlo definitivamente a settembre», ha detto il ministro del Welfare Roberto
Maroni. Il 12 luglio partirà il negoziato con le parti sociali e il testo potrà essere modificato. Ma i sindacati
parlano di «confronto in salita». La riforma entrerà in vigore il 1° gennaio 2006 e a regime dovrebbe portare
ai fondi 10 miliardi all’anno. I lavoratori sceglieranno se lasciare il trattamento di fine rapporto (Tfr) in azienda
oppure conferirlo ai fondi pensione. Il silenzio sarà interpretato come volontà di investire il Tfr nella
previdenza complementare. Il viceministro Mario Baldassarri in un’intervista al Sole-24 Ore lancia però
l’allarme: «la copertura non c’è».
Al consiglio dei ministri di ieri è stata avviata anche la discussione del Dpef che sarà discusso con le
parti sociali venerdì prossimo e sarà centrato sulle politiche «per la crescita, l’occupazione e l’innovazione».
Intanto nei primi sei mesi il fabbisogno è aumentato da 41 a 43,4 miliardi di euro; in giugno avanzo di 6,8
miliardi contro gli 8 del 2004. Emerge peraltro un miglioramento depurando i dati dalle misure una tantum.
SERVIZI A PAG. 2, 3 e 4 IL TESTO DEL DECRETO A PAG. 27-29
UNA RINUNCIA PER TUTTI
DI ELSA FORNERO
Un primo passo è stato compiuto sulla strada dello “sblocco” del Tfr a favore della previdenza integrativa. La
cautela è d’obbligo perché il percorso si sta rivelando molto più difficile del previsto. Tre sono le innovazioni
sulle quali sembra essere stato raggiunto l’accordo. Anzitutto, di fronte all’inerzia dei lavoratori – che
sembrano preferire uno status quo magari modesto ma conosciuto (la liquidazione) alle più allettanti
promesse di rendimento dei mercati finanziari, benché più rischiose – il Governo ha deciso di giocare
d’attacco, rovesciando il criterio di scelta. E ha così decretato il passaggio dalla richiesta di esplicita
manifestazione della volontà di conferimento del Tfr all’interpretazione del silenzio come forma di assenso.
In secondo luogo, e dal lato delle imprese, al fine di vincerne la riluttanza a rinunciare a una fonte di
finanziamento significativa e decisamente meno onerosa di un prestito bancario, il Governo ha stabilito il
principio della “compensazione”.
CONTINUA A PAG. 14
PAGINA 2 – Sabato 2 Luglio 2005 - N. 179
IN PRIMO PIANO
IL SOLE-24 ORE
LA RIFORMA DELLE PENSIONI
COSA CAMBIERÀ IN CONCRETO
Varate in prima lettura le misure attuative previste dalla riforma dell’agosto scorso
13
RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
l’aggiornamento per quadri sindacali
Riunificate in un solo provvedimento tutte le disposizioni della «complementare»
Decollo cercasi, dai primi anni Novanta
I PRIMI PASSI NEL ‘93
L’origine. La prima, vera
disciplina della previdenza
complementare si è avuta
con il Governo Amato (nella
foto Giuliano Amato) del '93
e con la pubblicazione del
decreto legislativo 124 del
21 aprile 1993, (emanato in
attuazione della delega
contenuta nell'articolo 3,
comma 1 della legge
421/92)
I primi destinatari. Il
Governo Amato individuò
nei lavoratori dipendenti,
negli autonomi e nei liberi
professionisti i destinatari
della previdenza integrativa
I fondi. In base a quel
primo provvedimento i fondi
pensione dovevano scaturire dalla contrattazione tra
LE CORREZIONI DEL ’95 SENZA SUCCESSO
sindacati e datori di lavoro
oppure potevano essere
costituiti tramite sottoscrizione di accordi unilaterali
tra lavoratori, predisposti
dai sindacati in ambito
almeno regionale
Il
finanziamento.
Gli
accantonamenti nei fondi
non potevano superare il
10%
della
retribuzione
assunta come base per il
Tfr. E poi, per i. lavoratori
gia occupati, i fondi sarebbero stati alimentati dal
contributo dei lavoratori, dei
datori di lavoro e con l'utilizzo di una quota del Tfr.
Per i nuovi assunti, invece,
gli accantonamenti dovevano derivare dall'utilizzo
integrale del Tfr
La prime modifiche. Dopo
il decreto legislativo 124 del
1993, tutto il sistema
pensionistico, sia obbligatorio sia complementare, è
stato riformato dalla legge
335 dell’8 agosto 1995
(riforma Dini, nella foto).
Per il secondo pilastro, in
particolare, quella riforma
ha puntato — senza successo — sulla leva fiscale
La gestione dei Fondi. Da
allora si è avuta una
successione di interventi.
Sulla gestione delle risorse
dei fondi sono intervenuti in
particolare i decreti del
Tesoro
673
del
‘96
(gestione da parte delle
società di gestione di fondi
comuni di investimento
mobiliare aperti) e 703 del
‘96 (limiti agli investimenti)
Gli statuti. Successivamente, con il decreto del
ministro del Lavoro 211 del
'
97, sono state dettate
norme
sugli
elementi
essenziali statutari e sui
requisiti di onorabilità e
professionalità dei componenti degli organi dei fondi
nonché sulle procedure da
seguire per l'autorizzazione
all'esercizio dell'attività
La leva del Tfr. Dopo vari
interventi in più Finanziarie
e diversi tentativi per il
decollo dell'integrativa nel
pubblico impiego, con la
legge 144 del ‘99 è stato
per
la
prima
volta
disciplinato l'uso del Tfr
quale
strumento
di
finanziamento, mentre con
il decreto legislativo 299 del
‘99 sono state introdotte
disposizioni
sulla
trasformazione in titoli del
Tfr. Ancora, il decreto
legislativo 47 del 2000 ha
ridisciplinato
le
regole
fiscali
e
le
forme
pensionistiche individuali.
Sino ad arrivare alla legge
di riforma 243/04 e alla
bozza di decreto legislativo
varato ieri
Al bivio tra fondi e aziende
Sei mesi per scegliere la destinazione dei versamenti
Il silenzio del lavoratore vale come un’adesione
Inizia il conto alla rovescia per la nuova disciplina sul Tfr, che dovrebbe contribuire ad alimentare la
previdenza complementare. Con lo schema di decreto legislativo previsto dalla legge 243/2004 e adottato
ieri dal Consiglio dei ministri (ma passibile di correzioni prima dell'approvazione definitiva prevista per l'inizio
di ottobre), i lavoratori si troveranno di fronte a un bivio: lasciare il Tfr in azienda oppure conferirlo ai fondi
pensione. La riforma entrerà in vigore — secondo il ruolino di marcia del ministro del Lavoro, Roberto Maroni
— il 1° gennaio 2006. Ci saranno dunque alcuni mesi di tempo per informare i lavoratori sulle caratteristiche
dei fondi e sulle misure fiscali collegate all'investimento previdenziale. I lavoratori avranno sei mesi per
decidere se conferire o meno il futuro Tfr (il trattamento di fine rapporto, che finora è rimasto in gran parte
depositato presso i datori di lavoro) ai fondi di previdenza.
Il silenzio, in base al meccanismo individuato dalla legge delega 243/04, corrisponde a una volontà,
sia pure inespressa, di investire nella previdenza complementare (meccanismo cosiddetto del «silenzio
assenso»). Vediamo in sintesi le previsioni dello schema di decreto legislativo per la scelta dei lavoratori.
I nuovi e i "vecchi" assunti. Entro sei mesi dalla data di prima assunzione (o entro fine giugno
2006 per i già assunti) il lavoratore potrà conferire l'intero importo del Tfr maturando a una forma di
14
RASSEGNA STAMPA
di lunedì 11 luglio 2005
Selezione dei ritagli stampa per
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previdenza complementare da lui scelta. Il lavoratore potrà anche decidere di mantenere il Tfr maturando
presso il proprio datore di lavoro. Questa opzione, comunque, potrà essere successivamente revocata,
individuando la forma pensionistica complementare. Il silenzio del lavoratore equivale, come detto, a una
scelta tacita. Dunque, nel caso in cui il lavoratore non formalizzi una volontà nei sei mesi a sua disposizione,
dal mese successivo deve agire il datore di lavoro. E gli scenari sono diversi per quanto riguarda il fondo di
destinazione del Tfr:
„ il datore di lavoro trasferisce il Tfr ancora da maturare alla forma pensionistica collettiva prevista dagli
accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale tra le parti
che destini il Tfr a una forma collettiva. L'accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in
modo diretto e personale;
„ nel caso in cui l'azienda abbia aderito a più forme pensionistiche, il Tfr ancora da maturare è trasferito a
una di esse, individuata in accordo tra le parti. Se manca l'accordo, il Tfr è conferito a quella scelta dal
maggior numero di lavoratori dell'azienda;
„ in caso di mancato accordo tra le parti e in assenza di una forma pensionistica complementare collettiva
prevista da accordi o contratti collettivi, il datore di lavoro trasferisce il Tfr maturando alla forma pensionistica
complementare istituita presso l'Inps.
Lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993. Occorre distinguere tra dipendenti iscritti, alla data di
entrata in vigore del nuovo decreto legislativo, a forme pensionistiche complementari, oppure no. Nel primo
caso è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, se mantenere il
residuo Tfr maturando presso il datore di lavoro, ovvero conferirlo (e ciò vale anche nel caso in cui non si
esprima alcuna volontà), alla forma complementare collettiva alla quale i lavoratori abbiano già aderito.
Nel secondo caso (cioè la non iscrizione a forme pensionistiche complementari alla data di entrata
in vigore del decreto legislativo) si può scegliere, entro sei mesi, se mantenere il Tfr maturando presso il
datore di lavoro o se conferirlo in misura non inferiore al 50% a una forma pensionistica complementare. In
questa ipotesi resta aperta la strada a incrementi successivi. Se il lavoratore non dovesse esprimere alcuna
volontà, il silenzio equivale a un' adesione tacita. Va, inoltre, evidenziato che gli statuti e i regolamenti delle
forme pensionistiche prevedono, in caso di conferimento tacito del Tfr, l'investimento nella linea a contenuto
più prudenziale.
GIUSEPPE RODÀ
DA PAGINA 27 Lo schema di decreto legislativo
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l’aggiornamento per quadri sindacali
Sconti poco attraenti se lontani nel tempo
La chiave di volta nel regime fiscale
La bozza del «testo unico» conferma le regole sulla deducibilità per i versamenti effettuati
da chi aderirà negli anni futuri
Il regime fiscale della previdenza complementare è un elemento non trascurabile per l'adesione al «secondo
pilastro». Il regime fiscale penalizzante fu all'origine del fallimento del decreto legislativo 124/93. E il decreto
legislativo 168/01 stabilisce la regola elementare della correlazione tra contribuzioni dedotte e prestazioni
tassate, con il relativo corollario che eventuali contribuzioni non dedotte daranno luogo a prestazioni non
tassate.
I tre momenti della fiscalità. La valutazione fiscale dei sistemi di previdenza complementare deve
esaminare congiuntamente le regole tributarie nei tre momenti di operatività (per semplicità useremo il
termine di «fondo pensione» anche per le forme aventi analogo contenuto, come le polizze previdenziali):
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■ la contribuzione e le regole di deducibilità dall'imponibile;
■ la gestione delle risorse del fondo e le regole di tassazione dei redditi ottenuti con i contributi accumulati,
cioè dei rendimenti;
■ la prestazione e le regole di tassazione delle rendite complementari o dei capitali corrisposti ai beneficiari.
La sequenza degli aspetti fiscali della previdenza complementare è riconosciuta a livello europeo,
ove la Commissione sta facendo un'indagine per i non pochi casi — essenziali nell'ambito della mobilità e
della libertà di stabilimento — dei lavoratori che contribuiscono ai fondi pensione in uno o più Paesi e
beneficeranno delle prestazioni nel luogo di residenza al termine dell'attività lavorativa. Nel sito Internet della
Commissione europea troviamo le sigle EET (esenzione nelle prime due fasi, cioè deducibilità dei contributi
e nessuna tassazione dei rendimenti; tassazione delle prestazioni) e ETT (deduzione dei contributi,
tassazione dei rendimenti e delle prestazioni). Ebbene solo Danimarca, Italia e Svezia seguono il secondo
sistema, cioè tassano i rendimenti del fondo, per evidenti motivi di cassa del bilancio pubblico. Infatti
sull'arco dell'adesione al fondo e della prestazione, non tassare i rendimenti della gestione significa avere più
pensioni da tassare con aliquote maggiori di quelle previste per i redditi di capitale.
Le proposte dello schema. Vediamo come incidono le innovazioni normative sui tre aspetti della
fiscalità dei fondi pensione, che opportunamente viene inserita nello schema di decreto legislativo varato ieri
dal Consiglio dei ministri.
Sulla deducibilità dei contributi, viene confermato il limite dei "vecchi" 10 milioni di lire, pari a
5.164,57 senza nemmeno lo sforzo di un arrotondamento. Viene però abolito l'ulteriore massimale, già
fissato nel 12% del reddito complessivo, cioè di quello lordo. È una rilevante semplificazione, in quanto dava
luogo a discutibili interpretazioni nel caso di contribuzione scomputata nel conguaglio di fine anno.
Il testo attualmente reso noto non parla di deduzione per i contributi diversi da quelli relativi al
rapporto di lavoro subordinato o alla committenza del lavoro autonomo; ma si dovrebbe trattare di un refuso.
È confermata la possibilità di dedurre — nel tetto sopra indicato — contribuzioni a familiari
fiscalmente a carico, come è confermata l'esclusione da tassazione delle prestazioni correlate a contributi
non dedotti, spostando dal 30 settembre al 31 dicembre dell'anno successivo la relativa comunicazione al
fondo pensione.
Nessuna novità in merito alla tassazione dei rendimenti delle risorse del fondo: l'imposta sostitutiva
continua a essere nella misura dell'11 % annuo.
Gli aspetti più innovativi riguardano le modifiche al sistema di tassazione delle prestazioni, anche se
sarà scarsa l'attrattiva per motivare nuove significative adesioni, in quanto il beneficio è differito nel tempo, e
potrebbe essere ulteriormente modificato da successive disposizioni.
Obiettivo principale della previdenza complementare è l'erogazione di una pensione aggiuntiva a
quella del sistema pubblico (primo pilastro). La natura aggiuntiva ne comporterebbe la tassazione ad
aliquota marginale progressiva, in quanto le varie no tax area risulterebbero assorbite dalla prima pensione.
La nuova norma dispone invece che le prestazioni di rendita complementare subiranno una tassazione
definitiva, con una aliquota del 15%, cioè inferiore a quella del primo scaglione Irpef. E questa aliquota può
scendere addirittura al 9% in quanto si prevede un abbuono dello 0,30% per ogni anno eccedente il
quindicesimo di iscrizione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di sei
punti percentuali.
RAFFAELE RIZZARDI
SISTEMA TRIPOLARE
█ Sistema complesso. L'architettura del sistema pensionistico poggia su tre pilastri:
„ quello pubblico per la tutela di base (a contribuzione obbligatoria, presso gli istituti pubblici o le Casse di
previdenza dei professionisti);
„ il pilastro della previdenza complementare collettiva (fondi chiusi o aperti) per garantire livelli adeguati di
copertura previdenziale);
„ il pilastro individuale, con l'adesione a piani individuali di previdenza eccetera
█ Il decreto del '93. La norma che ha aperto la strada della previdenza complementare è il decreto
legislativo 124/93; in precedenza esistevano alcuni fondi diretti a lavoratori di particolari categorie. Il decreto
approvato ieri dai Consiglio del ministri, sulla base della legge 243/04, costituisce un Testo unico sulla
previdenza complementare
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█ L’unione fa la forza. I fondi pensione complementari si basano sull’investimento collettivodel risparmio
previdenziale e sulla capitalizzazione di quanto versato. Ciascun iscritto è titolare di un conto, su cui si
accumulano i versamenti effettuati dall’azienda e dallo stesso lavoratore e i rendimenti prodotti dalla
gestione finanziaria. Al termine dell’attività lavorativa ogni lavoratore avrà accumulato un capitale che sarà
convertito in una rendita vitalizia (pensione complementare)
█ Più certezza nei versamenti. In base alla riforma 243/04 il fondo può anche ricorrere alla riscossione
coattiva per i contributi non versati
I TIPI DI FONDI
█ I fondi pensione «chiusi» o «negoziali». Sono istituiti per singola azienda o per gruppi di aziende; per
categorie di lavoratori o comparto di riferimento o anche per raggruppamenti territoriali Sono costituiti
attraverso un contratto collettivo nazionale, un accordo o un regolamento aziendale, un accordo tra
lavoratori promosso dai sindacati o associazioni rappresentative di categoria. I fondi non gestiscono
direttamente i versamenti dei contributi ma lo fanno attraverso società di gestione del risparmio, compagnie
di assicurazione, banche e Sim
█ I fondi aperti. Sono istituiti e gestiti direttamente da banche, società di assicurazioni, società di gestione
del risparmio, società di intermediazione mobiliare
█ I Pip. I contratti di assicurazione sulla vita con finalità pensionistica (Pip) possono essere stipulati con
imprese di assicurazione
█ Contribuzione definita. Per i lavoratori dipendenti la forma di previdenza complementare è solo a
«contribuzione definita», cioè l'importo dei contributi da versare viene stabilito nel momento in cui il
lavoratore si iscrive al fondo pensione. L'ammontare della pensione dipende poi da quanto l'interessato avrà
versato, aumentato del rendimento ottenuto via via dall'investimento
█ Prestazione definita. Per i lavoratori autonomi e per i professionisti è anche ammessa l'adesione a forme
di previdenza complementare a prestazione definita, in cui l’importo della pensione è predeterminato in
relazione al reddito conseguito o alla pensione di base
I VERSAMENTI
█ I contributi dei dipendenti. Per i lavoratori dipendenti, il finanziamento delle forme pensionistiche
complementari è attuato mediante contribuzione a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del
committente e tramite il conferimento del Tfr
█ Il parametro per gli autonomi. Per i lavoratori autonomi e liberi professionisti la contribuzione è stabilita
in misura percentuale rispetto al reddito d'impresa o di lavoro professionale che viene dichiarato ai fini Irpef
█ Libertà di scelta per le forme individuali. L'ammontare del contributo è determinato liberamente
dall'aderente. Può essere stabilito anche in cifra fissa
█ La deduzione. I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro sono deducibili fino a 5.164 euro
█ Versamenti anche oltre l'età del lavoro. La contribuzione alle forme pensionistiche potrà essere
continuata per sette anni oltre il raggiungimento dell'età pensionabile a condizione che l’iscritto possa far
valere, alla data del pensionamento, almeno tre anni di contribuzione. In tal caso è in facoltà dell'aderente
decidere il momento di fruizione delle prestazioni
█ II regime fiscale sui rendimenti. Viene confermata per tutte le forme pensionistiche la tassazione
dell’11% dei risultati netti maturati per ciascun periodo di imposta
IL RISULTATO
█ Le prestazioni. Sono individuate due tipologie di prestazioni:
— quelle finali;
— quelle erogabili nel periodo di contribuzione.
Le prestazioni pensionistiche finali, sotto forma di rendita o di capitale, possono essere richieste a partire dal
momento della maturazione del diritto alla richiesta delle prestazioni pensionistiche obbligatorie (vecchiaia o
anzianità) con un minimo di cinque anni di partecipazione ai fondi
█ La tassazione. Sul reddito imponibile delle prestazioni è operata una ritenuta a titolo di imposta con
l'aliquota del 15 per cento. Questo prelievo è ridotto di 0,30 punti percentuali per ogni anno di iscrizione che
supera il quindicesimo. La riduzione può arrivare fino a 6 punti percentuali
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█ Le garanzie. Il lavoratore che ha conferito il Tfr ha diritto a ottenere un anticipo della posizione individuale
maturata:
„ per spese sanitarie per sé, il coniuge o i figli, in qualsiasi momento fino al 75 per cento;
„ per l’acquisto della prima casa di abitazione, decorsi otto anni di iscrizione e fino al 50 per cento;
„ per altre esigenze di carattere personale, decorsi otto anni di iscrizione e fino al 30 per cento
█ Come si calcola l'anzianità. Per determinare l’anzianità necessaria per l'anticipo sono considerati tutti i
periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari
I CONTROLLI
█ La vigilanza della Covip. Tutte le forme pensionistiche complementari individuali, anche di natura
assicurativa, dovranno ottenere l'autorizzazione dalla Covip per garantire il rispetto dei principi della
comparabilità dei costi, della trasparenza e della portabilità. La Covip approva statuti e regolamenti
█ Rischio calcolato. La Covip verifica anche il rispetto dei criteri per la ripartizione del rischio. Con decreto
del ministero dell'Economia, sentita la Covip, saranno individuate le attivata nelle quali i fondi pensione
possono investire le disponibilità, con i limiti massimi di investimento, puntanto anche sul finanziamento delle
piccole e medie imprese. Inoltre, saranno finiti i criteri di inestimento nelle varie categorie di valori mobilieri e
le regole per evitare i conflitti di interesse. Inoltre, i fondi non potranno concedere prestiti né acquistare
azioni con diritto di voto, emesse da una stessa società, per un valore nominale superiore al 5% del totale
delle quote emesse dalla stessa società
█ Contratti trasparenti Tocca alla Covip disciplinare i "contenuti" dei contratti così che siano trasparenti.
Inoltre deve discipiinare i rendiconti annuali e le comunicazioni agli iscritti da parte dei fondi
█ Gestione sotto la lente. La Covip esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e
contabile delle forme pensionistiche complementari
PAGINA 3 – Sabato 2 Luglio 2005 - N. 179
IN PRIMO PIANO
IL SOLE-24 ORE
LA RIFORMA DELLE PENSIONI
IL «PACCHETTO» APPROVATO
Le nuove regole in vigore dal 1° gennaio 2006, il prelievo sui trattamenti sarà del 15%
Il premier non partecipa alla discussione in Consiglio per evitare il conflitto d’interessi
Adesioni con il contagocce
Anche nel 2004 la previdenza «di scorta» ha avuto una crescita limitata
La previdenza complementare in Italia stenta a decollare. Lo ha recentemente certificato la Covip nel
rapporto 2004: solo il 12% degli occupati aderisce ai Fondi; solo 40 miliardi sono le risorse destinate alle
prestazioni; nel primo trimestre 2005 gli aderenti sono cresciuti in maniera definita «molto modesta» (attorno
all’1%)
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40 MILIARDI DI QUOTE
I fondi pensione esistenti, gli iscritti e le risorse per le pensioni
(in milioni di euro)
N. fondi
Lavoratori iscritti
Risorse
per le pensioni
Fondi chiusi
42
1.062.907
5.881
Fondi aperti
92
382.149
2.230
Fondi preesistenti
494
658.078
30.546
Polizze individuali
pensionistiche
-----
684.892
2.150
TOTALE
628
2.788.026
40.807
Tipologia
Fonte. Covip
La fotografia. A fine 2004 gli
iscritti ai fondi pensione
negoziali e aperti erano circa
1.450.000, in crescita del 3%
rispetto al 2003. L’attivo netto
destinato alle prestazioni ha
superato gli 8 miliardi di euro,
per un incremento del 30 per
cento. I fondi, nel complesso,
erano 134, di cui 42 di origine
negoziale (stabili rispetto al
2003) e 92 aperti (96 l’anno
prima)
Il
confronto.
Il
buon
andamento
dei
mercati
finanziari
nel
2004
ha
influenzato positivamente i
rendimenti
dei
Fondi
pensione: quelli chiusi hanno
registrato il 4,5%, quelli aperti
il 4,3 per cento
Via al Tfr, ora il confronto con le parti
Dal Governo primo sì al decreto Maroni - In autunno l’ok definitivo
Il ministro: il testo non è blindato, a regime 10 miliardi ai fondi Tra le questioni aperte la
tassazione sulle prestazioni
ROMA „ La nuova previdenza integrativa è meno lontana. Il Consiglio dei ministri ha dato ieri il primo via
libera al decreto Maroni sulla riforma del Tfr, apportando solo piccole correzioni al "pacchetto" preparato dal
ministero del Welfare. Le nuove regole entreranno in vigore il 1° gennaio 2006 e da quel momento il
lavoratore avrà a disposizione sei mesi di tempo prima del "silenzio-assenso". Tutti i poteri di controllo sulle
forme integrative saranno attribuiti alla Covip. La tassazione sulle prestazioni sarà del 15% (9% con più di 35
anni di versamenti). Il testo sarà ora inviato alle Camere per il parere e da lunedì sarà sul tavolo delle parti
sociali. Il confronto ripartirà il 12 luglio, ha detto il ministro Roberto Maroni visibilmente soddisfatto, definendo
«fuori luogo le polemiche di questi giorni da parte del sindacato». Anche perché il testo potrà essere
modificato «di qui alla fine di settembre», termine ultimo entro cui Governo conta di approvare
definitivamente il decreto.
Apparentemente, dunque, tutto è filato liscio come l'olio. Durante il Consiglio dei ministri, del resto,
non sono arrivate particolari contestazioni al testo preparato da Maroni. Silvio Berlusconi ha preferito
allontanarsi al momento della discussione per evitare problemi con il conflitto di interessi. Ma la partita non è.
affatto chiusa. E la conferma indiretta arriva dallo stesso ministro del Welfare che parla di un testo «non
blindato»: margini di manovra rimangono soprattutto sul trattamento fiscale, sul ruolo delle parti sociali e
sulle compensazioni da garantire alle imprese.
La richiesta di correzioni potrebbe arrivare non solo dalle parti sociali ma anche dalla stessa
maggioranza. Sul tappeto ci sono almeno tre grandi questioni ancora aperte: la copertura finanziaria da
assicurare per i prossimi anni all'operazione "previdenza integrativa"; il tipo di tassazione da far scattare
sulle prestazioni; i meccanismi da attivare per garantire le compensazioni alle imprese soprattutto in termini
di accesso agevolato al credito. Meno complessa rispetto alle scorse settimane appare invece la vicenda dei
poteri di controllo della Covip: «I fondi previdenziali che vengono finanziati con il Tfr — ha affermato Maroni
— sono solo quelli che vengono controllati dalla Covip». E in proposito non ci sarebbero contrasti nella Cdl e
con il mondo assicurativo e finanziario.
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In ogni caso Maroni ha vinto il primo round all'interno della maggioranza. E quanto ai problemi che
vengono paventati replica fornendo rassicurazioni. Anzitutto alle imprese alle quali il ministro ha garantito
che lo smobilizzo del Tfr «non comporterà alcun costo aggiuntivo». «È fondamentale — ha sottolineato —
che soprattutto le piccole e medie imprese abbiano la percezione che non si tratta di un costo». Per questo
motivo — ha aggiunto — con «Abi e Ania abbiamo definito interventi migliori per l'utilizzo del Tfr».
Maroni si è poi soffermato sulle potenzialità delle nuove regole: «A regime la riforma porterà ai fondi
pensione 10 miliardi l'anno». E per i lavoratori — ha proseguito — c'è un ulteriore vantaggio rispetto alla
situazione attuale per l'uso anticipato di fette di liquidazione: ad oggi «il lavoratore, dopo 8 anni, può
richiedere un anticipo del 50% del suo Tfr se gli serve per spese mediche o per l'acquisto della prima casa.
Noi abbiamo abolito il limite degli 8 anni e introdotto una terza causale, quella che offre al lavoratore la
possibilità di chiedere un anticipo del 30% per altre necessità».
Il ministro ha ribadito la sua disponibilità verso eventuali correzioni: «Prenderemo in considerazione
con grande interesse interventi migliorativi, con l'unico limite che si basino sui principi contenuti nella legge
delega». In particolare, sul nodo fiscale, Maroni ha affermato che «la ritenuta giusta è quella del 15%»
ricordando che c'è chi pone il problema dei lavoratori con il beneficio della no-tax area che dovrebbero
sopportare questo peso tributario. «Anche oggi è così — ha detto Maroni — con la differenza che
attualmente la tassazione separata sul Tfr è del 23%, quindi noi comunque abbassiamo il carico fiscale. Ma
siamo pronti a valutare altre proposte».
Platea in crescita lenta. A fine 2004 i
lavoratori che possono aderire a un fondo
chiuso sono diventati 12,8 milioni, con un
incremento del 5,9% rispetto all’anno
precedente. Considerando il dato delle
iscrizioni (così come emerge dal rapporto
Covip 2004), questo significa che è iscritto
ai Fondi negoziali circa l’8,3% dei
potenziali aderenti
Le scelte. I 382mila iscritti hanno scelto:
per il 31% fondi gestiti da società di
gestione del risparmio; per il 28% quelli
gestiti da società di intermediazione
mobiliare; per il 21% fondi gestiti dalle
banche; per il restante 20% fondi delle
compagnie di assicurazione
I contenuti della riforma
Punto per punto come il Tfr passa ai fondi
CONFERIMENTO DEL TFR MATURANDO
█ A partire dal 1° gennaio 2006 i lavoratori del settore privato potranno decidere di trasferire il Tfr maturando
(non quindi quello già maturato) alle forme pensionistiche complementari previste dal decreto, ovvero di
mantenerlo in azienda
█ Entro sei mesi dalla data di prima assunzione il lavoratore può conferire l’intero importo del Tfr maturando
a una forma di previdenza complementare dallo stesso prescelta.
- Qualora il lavoratore decida di mantenere il Tfr presso il proprio datore di lavoro, tale scelta può essere
successivamente revocata.
█ Nel caso in cui il lavoratore entro sei mesi dalla prima assunzione non esprima alcuna volontà, il
passaggio del Tfr avviene a decorrere dal mese successivo.
- Il datore di lavoro trasferisce il Tfr maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva
prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo
aziendale tra le parti.
- In caso di presenza di più forme pensionistiche alle quali l’azienda abbia aderito, il Tfr maturando è
trasferito a una di esse, individuata in accordo tra te parti; in caso di mancato accordo il Tfr maturando è
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.conferito a quella delle predette forme pensionistiche alla quale l'azienda abbia aderii con il maggior numero
di lavoratori.
I TEMPI
█ La riforma entrerà in vigore il 1° gennaio 2006. Nel frattempo la Covip dovrà dare le difettive ai fondi per il
rispetto e la corretta applicazione delle nuove regole. I fondi avranno quindi tre mesi di tempo per adeguarsi,
ma dovranno essere pronti ad accettare le nuove nuove eventuali iscrizioni. Dal 1° gennaio 2006, infatti, i
lavoratori potranno iniziare a comunicare la scelta di destinare alla previdenza complementare il Tfr
maturando
IL NUOVO FONDO INPS
█ L'attuate testo della riforma prevede anche che presso l'Inps sia istituito un fondo pensione a contribuzione
definita che accoglie il Trattamento di fine rapporto maturando dei lavoratori. Il fondo ha natura residuale e
riceverà il Tf r nel solo caso in cui nessuna delle modalità di conferimento previste dal decreto abbiano
potuto trovare applicazione.
LE PRESTAZIONI
█ Le prestazioni pensionistiche finali, in forma di rendita o di capitale, possono essere richieste a partire dal
momento della maturazione del diritto alla richiesta delle prestazioni pensionistiche obbligatorie con un
minimo di 5 anni di partecipazione alle forme. Sull’importo imponibile delle prestazioni è operata una ritenuta
a titolo di imposta con aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni
anno eccedente il 15° anno di partecipazione, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Per
esigenze specifiche sono possibili anticipazioni.
I VECCHI FONDI
█ Anche le forme pensionistiche complementari, istituite fino al 23 ottobre 1992 dovranno adeguarsi alle
nuove regole. Per questo sarà approvato uno o più decreti entro sei mesi dall'entrata in vigore della
riforma.Anche nei riguardi dei vecchi fondi l’attività di vigilanza è svolta dalla Covip
MISURE COMPENSATIVE PER LE IMPRESE
█ È prevista una misura di compensazione sul differenziale tra il costo annuale del Tfr e il costo dei
finanziamenti sostitutivi dello stesso erogati da istituti di credito, mediante la deducibilità di un importo pari al
4 per cento dell'ammontare totale del Tfr conferito nel fondo pensione per le imprese con oltre 50 addetti; e
del 6% per quelle con meno di 50.
█ Viene eliminato il contributo di garanzia sul Tfr a carico delle imprese.
█ È prevista l’istituzione di un Fondo pubblico di garanzia per facilitare l’accesso al credito, in particolare per
le Pmi.
Baldassarri: resta il problema della copertura
«La partita non è ancora chiusa: quando discuteremo la Finanziaria bisognerà trovare
500-600 milioni per compensare le imprese»
ROMA „ «Il decreto Maroni è un atto importante per lo sviluppo della previdenza integrativa. Ma esiste un
problema di compensazioni da garantire alle imprese. E, di conseguenza, esiste un problema di copertura
da risolvere già a partire dal 2006». Il viceministro dell'Economia, Mario Baldassarri, non ha dubbi ed è certo
che la questione emergerà in tutta la sua evidenza al più tardi a settembre al momento della stesura della
Finanziaria, a meno che non venga affrontata prima nel corso del confronto tra Governo e parti sociali. Per
risolverla il viceministro rilancia la sua proposta di cessione del credito: «La possibilità di accedere alla
previdenza integrativa senza toccare il Tfr. a disposizione dell'azienda dove si lavora, ma cedendo al fondo
pensione quel credito».
Con il varo del decreto Maroni la partita nel Governo sulla previdenza integrativa può
davvero considerarsi chiusa?
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Il decreto varato dal Consiglio dei ministri è un provvedimento importante per
favorire il decollo della previdenza integrativa. Ma restano almeno due questioni ancora da risolvere.
Quali?
L'estensione delle nuove regole al pubblico impiego e, soprattutto, le compensazioni da garantire
alle imprese in termini di agevolazioni al credito. Lo spostamento del Tfr dalle aziende ai fondi presenterebbe
più di un aspetto critico per quel che riguarda la copertura della differenza tra tasso di mercato e tasso
agevolato.
Sta dicendo che esiste un problema di copertura finanziaria della riforma...
Considerando che il flusso del Tfr del prossimo anno è stimabile in 13 miliardi, per coprire la
distanza tra tasso di mercato e tasso agevolato già nel 2006 serviranno 500-600 milioni, che poi
cresceranno progressivamente negli anni successivi a meno che le banche non se ne facciano carico.
Il ministro Siniscalco ne è consapevole?
Ne è consapevole tutto il ministero dell'Economia. Purtroppo è la dura realtà delle cifre.
E la questione è stata ufficialmente posta nel corso del Consiglio dei ministri?
La questione si porrà inevitabilmente a settembre in sede di definizione della legge Finanziaria, che
sarà chiamata a garantire le coperture per il prossimo anno, ma potrebbe emergere già nelle prossime
settimane alla ripresa del confronto con le parti sociali, che è la sede più adatta per sciogliere questi nodi.
Altrettanto importante è confronto con il sistema finanziario.
C'è una via d'uscita?
A mio parere la strada da percorrere resta quella della cessione del credito. Sarebbero diversi i
vantaggi per lavoratori e aziende e casse dello Stato, visto che il Tfr rimarrebbe nelle imprese risolvendo
così anche il problema delle compensazioni. Ad avvantaggiarsene sarebbero anche banche e assicurazioni.
Basterebbe affiancare questa proposta al decreto Maroni aprendo in tempi rapidi un tavolo tecnico.
PAGINA 14 – Sabato 2 Luglio 2005 - N. 179
TECNOLOGI & SCIENZE
IL SOLE-24 ORE
DALLA PRIMA PAGINA
I fondi pensione e il Tfr: una rinuncia per tutti
I dubbi di sindacati, imprese e banche Le condizioni per realizzare la svolta
Questo principio è stato accompagnato dalla costituzione di un fondo pubblico a garanzia dei finanziamenti,
soprattutto a favore delle imprese piccole e medie, le quali sperimentano maggiori difficoltà nell'accesso al
credito. Infine, un ulteriore progresso sarebbe rappresentato (anche in questo caso il condizionale è
d'obbligo) dalla attribuzione alla sola Covip della vigilanza su tutto il risparmio previdenziale, con il
superamento della distinzione tra forme collettive e forme individuali e la rinuncia al ruolo dell'Isvap nella
supervisione di queste ultime.
Al di là dei tecnicismi, la strada da compiere per completare il processo normativo entro la data di
settembre, indicata dal ministro del Welfare come termine per predisporre il decreto e renderlo operativo a
partire dal prossimo anno, i nodi da sciogliere, di natura eminentemente politica, sono ancora numerosi. In
primo luogo, c’è da vincere la resistenza dei sindacati, diffidenti nei confronti della possibilità che il Tfr possa
finire non soltanto nei fondi pensione occupazionali (o in quelli territoriali), nei quali essi hanno (o ritengano
di avere) voce in capitolo, ma anche nelle forme individuali “più di mercato", nei confronti delle quali la loro
influenza è nulla. La sfiducia dei sindacati non è del tutto immotivata (le forme individuali più diffuse sul
mercato hanno infatti costi difficilmente giustificabili) e avrebbe richiesto, fin dall'inizio, un ben maggiore
coinvolgimento, in modo da guadagnare il chiaro e convinto favore da parte loro al progetto di costruzione
della previdenza integrativa Il tempo a disposizione non è certo abbondante anche se l'attribuzione della
vigilanza alla Covip dovrebbe costituire un elemento a favore.
Problemi non minori si manifestano anche sul fronte d imprese: Nel loro caso, la richiesta di una
compensazione per la rinuncia a Tfr chiama in causa il funzionamento delle banche e, più in generale del
mercato finanziario, e i meccanismi con i quali si decide l'allocazione del credito nel nostro Paese. La
simmetria tra imprese grandi e imprese medie e piccole non è una "leggenda metropolitana”, ma appartiene
ai fatti empiricamente riscontrabili. E tuttavia un fondo pubblico a garanzia del finanziamento forse non è la
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migliore delle soluzioni giacché il credito garantito (e a spese del bilancio pubblico, cioè dei contibuenti) non
aiuta a compiere scelte imprenditoriali all'insegna dell'efficienza e della competitività.
In definitiva quella del Tfr e della costruzione di un mercato previdenziale è una. partita nella quale
tutti dovrebbero cedere qualcosa, per un obiettivo che travalica l'interesse di una specifica categoria o parte
sociale. I lavoratori, facilitati dalla nuova interpretazione del loro silenzio, dovrebbero rinunciare alla liquidità
e al rendimento (parzialmente) garantito del Tfr per un'accumulazione più direttamente finalizzata alla
costituzione di una pensione privata che integri la più magra pensione pubblica del futuro. I sindacati
dovrebbero aiutarli a comprendere che senza la rinuncia al Tfr queste pensioni integrative resteranno una
chimera. Le imprese dovrebbero mettere in gioco la loro capacità di ottenere credito con progetti gestionali e
di investimento capaci di meritare il credito in sè, anziché averlo in modo garantito, e comprendere a loro
volta che la modernizzazione passa anche attraverso innovazioni come queste; le banche a loro volta
dovrebbero cercare di aumentare la loro efficienza per ridurre gli spread tra interessi attivi e interessi passivi
e le influenze dei "salotti" nella locazione del credito. Al Governo non resterebbe che il compito di una buona
regolamentazione e supervisione del tutto. Troppo bello per essere vero?
ELSA FORNERO
PAGINA 20 – Sabato 2 Luglio 2005 - N. 179
ECONOMIA ITALIANA
IL SOLE-24 ORE
La Cisl sul patto «costituzionale» apre alle imprese
Alla vigilia del congresso il sindacato raccoglie la proposta di Confindustria e ammette:
«Ricostruire le relazioni industriali è inevitabile»
ROMA „ «Ricostituire le relazioni industriali? È oggettivamente inevitabile». Pierpaolo Baretta, segretario
confederale della Cisl si prepara al congresso del suo sindacato e risponde all'invito del vicepresidente di
Confindustria Bombassei. «L'Italia ha bisogno di un nuovo "patto costituzionale" fra le parti sociali in grado di
affrontare tutti gli aspetti essenziali delle regole di relazioni industriali», aveva detto giovedì scorso
Bombassei intervendendo all’assemblea di Federmeccanica e chiarendo che «si tratta di trovare meccanismi
capaci di rivedere tutti gli aspetti che influiscono sul normale svolgimento del rapporto in azienda: dalle
regole per lo sciopero alle clausole di tregua sindacale, dalla capacità dei rappresentanti nazionali di far
rispettare nel territorio i contenuti dei contratti collettivi all'introduzione di idonee procedure di conciliazione
ed arbitrato che, assistite da specifiche sanzioni, diano la possibilità di intervenire in caso di mancato rispetto
degli accordi» .
In questo scenario, il punto centrale è anche la riforma dei modelli contrattuali perché, ha spiegato
Bombassei «se i sindacati hanno ragione a voler mantenere la centralità del contratto a tutela di tutti i
lavoratori, anche le imprese vogliono che in quella sede si negozino dosi sufficienti di flessibilità non
necessariamente rinegoziabili, poi, in azienda». E, sulla struttura salariale l'idea di Confindustria è di
«rivedere la struttura della retribuzione per creare un collegamento più stretto tra quote di salario ed
indicatori che tengano maggiormente conto del raggiungimento degli obiettivi concordati, del riconoscimento
del merito individuale».
La Cgil, a caldo, ha già risposto con distacco. «Non capisco esattamente cosa intenda Bombassei
con questo termine inusuale, ma non importa. Confindustria — ha detto Carla Cantone della Cgil — sa bene
quello che noi chiediamo: sviluppo, occupazione e una nuova politica industriale, dobbiamo incalzare il
Governo». Cisl e Uil — invece — non eludono i temi. Anzi. «La Cgil può solo ritardare un negoziato che
dovrà essere fatto perché i temi, le questioni, sono oggettivamente sul tavolo. E sono urgenti», dice
Pierpaolo Baretta. E Adriano Musi, numero due della Uil, ritiene addirittura «obbligatorio» procedere a una
discussione sulla riforma dei modelli contrattuali. «È nelle cose perché l'accordo del '93 non c'è più. E —
dice Musi — se si intende per patto costituzionale il voler affrontare i temi costituzionali delle relazioni
industriali, allora si deve discutere anche di partecipazione dei lavoratori all'azienda e di democrazia
economica».
Già, perché, la "ricostituzione" delle relazioni industriali è dettata dai fatti. «Dal fatto che abbiamo
superato la visione antagonista nei rapporti tra le parti sociali. Nello stesso tempo non abbiamo maturato
alcun modello alternativo, come è appunto quello della partecipazione», spiega Adriano Musi. D'accordo,
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l’aggiornamento per quadri sindacali
naturalmente, la Cisl che ha nella sua tradizione culturale e storica il tema della partecipazione. «Ne
parleremo anche al congresso. Così come — dice Baretta — risponderemo anche a Confindustria su questo
punto. Ma è vero che ormai siamo a metà del guado: abbiamo abbandonato gli antagonismi del passato
senza traghettarci verso il modello partecipativo».
Il contratto dei metalmeccanici che ruolo ha in questo dibattito? «Siamo già oltre. Voglio dire che il
tema della ricostituzione delle relazioni industriali è maturo da tempo. Siamo solo in ritardo. Dunque, i
metalmeccanici fanno parte di questo scenario ma non sono l'elemento dirompente», dice Baretta. Eppure, il
rinnovo del contratto — a oggi — sembra piuttosto complicato. «Direi — conclude Musi — che i due fronti
sono paralleli. Il patto non può essere usato come pretesto per fare il contratto delle tute blu e viceversa».
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CRONACHE
L’INCHIESTA
IL MESSAGGERO DOMENICA 1 LUGLIO 2005
Una città malata/ Tutti d’accordo: non si risolvono i problemi finché si tollera
l’illegalità
L’antropologo Niola: «Bisogna far capire che questo cumulo di furbizie individuali
costituisce una montagna di idiozia»
«Napoli, il pericolo è la rassegnazione»
Il filosofo Masullo: qui solo fare il proprio dovere è già un atto di eroismo
dal nostro inviato MARCO GUIDI
NAPOLI - La vecchietta sta attraversando sulle strisce, ma l’automobile è come non la vedesse, all’ultimo
momento la evita di un soffio e se ne va. «Ma che fai, stai attento, disgraziato!», grida un signore. Ma a
prendere le difese del quasi-pirata è proprio la vittima, la vecchietta. «Che vulite signò, chillo là doveva pure
passare».
Il signore che era intervenuto e ci racconta la storia è Aldo Masullo, filosofo, docente universitario,
politico indipendente, una delle coscienze laiche di Napoli. «Vede, a difendere i violatori delle norme sono
spesso proprio le vittime. Ma è naturale, a Napoli la cultura popolare collettiva viene da una lunga abitudine
al servaggio, alla sottomissione. Una abitudine cui, al massimo, si poneva e si pone rimedio con l’astuzia
non con la rivolta. E in quanto alle classi alte diciamolo subito, non ci sono, Napoli ha dei borghesi, ma non
ha mai avuto una borghesia. E i ricchi? I ricchi come massimo aspirano a essere gente che vive di rendita
non imprenditori. Qui la rendita prevale sempre sul profitto».
Dopo quella del rettore Tamburini anche l’analisi di Masullo è scoraggiante.
«Il fatto è che il tempo lavora contro di noi. Si sono lasciati ingigantire i problemi di Napoli fino a
trovarsi di fronte a un groviglio inestricabile. Quando il magistrato Lepore chiede un maggior controllo nel
concedere i benefici di legge io osservo: solo adesso ve ne accorgete? E quando a Scampia per rimuovere i
cancelli messi dai camorristi per delimitare il territorio ci devono andare i pompieri protetti da settanta
poliziotti, a loro volta protetti da altrettanti agenti, faccio la stessa osservazione: solo adesso ve ne
accorgete? E le municipalizzate napoletane, bocciate da Mediobanca come le peggiori d’Italia e in crescente
passivo e qualcuno si scandalizza magari sui giornali, io continuo a chiedere anche di questo solo ora vi
accorgete?».
E prosegue con un’altra collana di esempi, dallo statuto regionale alla raccolta dei rifiuti. Una raffica
di cose cui apparentemente non esiste rimedio.
«Il rimedio, già. È esistito un momento in cui si poteva fare molto. Risaliamo agli anni 75-80 alla
giunta Valenzi, quando si riuscì a sistemare la viabilità, a limitare gli scippi a interrompere in parte la catena
che dalla illegalità arriva alla criminalità. Poi però arrivò il terremoto con i suoi crolli e i rimborsi peggiori dei
crolli, dati a tanti, compresi coloro che non ne avevano alcun diritto. Poi la criminalità fece il salto di qualità,
fu Raffaele Cutolo a dare la tranquillità ai camorristi, anche se erano in prigione, la Nuova camorra
organizzata garantiva alle famiglie di che vivere. E poi ecco la droga e le estorsioni e la microcriminalità
sempre più diffusa».
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Va indietro nei secoli Masullo. L’urbanistica stessa di Napoli parla, con i suoi palazzi con i nobili al
primo piano e le plebi nei bassi, di una simbiosi tra alto e basso, una simbiosi che non ha mai permesso un
vero sviluppo, la nascita di una cultura del diritto».
E allora la domanda resta sempre una e una sola: che fare?
Anche Masullo pensa a una unione di tutte le forze: istituzionali, politiche, i giudici ma anche i
sindacati, gli insegnanti.
«A Scampia, in una scuola, hanno creato un’orchestra di giovanissimi che ha vinto un concorso
nazionale. Mi sono commosso a sentirli suonare e ho avuto la riconferma che è dalla scuola che deve partire
una task-force per cercare di cambiare le cose. Senza fare nulla di straordinario, perché qui a Napoli già
espletare la propria funzione ordinaria è un atto di eroismo». Insomma rovesciamo il noto detto di Brecht:
beato quel paese che ha bisogno di eroi. Eroi del quotidiano, insegnanti, impiegati, cittadini, politici, medici.
Per interrompere quel circolo vizioso che si chiama cultura ed economia dell’illegalità. Insomma anche per
Masullo se ne esce solo «avendo il coraggio di mettersi tutti insieme, andando alla riconquista del territorio,
progettando molti piani di intervento e ricordando che abbiamo poco tempo».
Già il tempo, anche il tempo a Napoli è diverso. «Qui a 12-13 anni uno non è più un bambino, è un
adolescente, soprattutto se è cresciuto in certe zone. Bisogna aver il coraggio di abbassare i limiti di età
imputabile. Bisogna, mi rincresce dirlo, saper colpire duro, reprimere». Marino Niola è un antropologo, uno
che ha scritto quel delizioso libretto che si chiama “Totem e ragù”, una lettura dello spirito campano. Anche
lui ora parla di una città rassegnata da una parte e di un misto esplosivo di illegalità e crimine dall’altra.
Davvero pare che la salvezza parta da un lato dalla riconquista del territorio (ben lontana da essere appena
solo iniziata malgrado i proclami quotidiani) e da una lotta senza quartiere all’illegalità. «Bisogna far capire
che questo cumulo di furbizie individuali, messo tutto insieme costituisce una sola cosa, una montagna di
idiozia», conclude Niola.
(2 continua)
MALAVITA SCATENATA
Sparatoria nel centro della città:
si torna a invocare l’invio dell’Esercito
NAPOLI - Un’altra sparatoria fra la gente nel centro di Napoli. Un pregiudicato è stato ferito gravemente a
piazza Santa Maria degli Angeli, alle spalle di piazza del Plebiscito. Salvatore Puglia, 45 anni, si trovava
davanti ad un bar quando è stato avvicinato da due persone che gli hanno sparato due colpi di pistola: uno
lo ha ferito alla testa, l'altro a un braccio. I killer sono fuggiti in moto mentre Puglia è stato portato
all'ospedale Vecchio Pellegrini, dove è ricoverato nel reparto di rianimazione. L'agguato, sul quale indaga la
Squadra mobile, ha provocato panico tra la folla. Ai colpi di pistola, la gente ha cercato riparo dietro le auto
in sosta o nei negozi. Nel pomeriggio intanto un altro episodio di criminalità nella vicina via Egiziaca, forse
collegato al primo. Il titolare di una rivendita di fiori, Ciro Grimaldi, 36 anni, è stato ferito a coltellate ed è ora
ricoverato all'ospedale Loreto Mare. L'agguato di piazza Santa Maria degli Angeli ripropone la questione
dell'emergenza criminalità a Napoli al centro di un vertice con il ministro dell'Interno Pisanu svoltosi
mercoledì e giovedì. E c'è chi di fronte al dilagare della delinquenza propone di inviare a Napoli l'Esercito
con compiti di polizia: la proposta è del presidente della Circoscrizione Chiaia, Fabio Chiosi. «Nessuna zona
della città - dice Chiosi - è più sicura. Se i criminali agiscono a pochi metri dal Reparto mobile della Polizia di
Stato, allora significa che il senso di impunità è assoluto. E ciò che è ancor più grave è che la piazza, a
quell'ora, è sempre affollata di persone, soprattutto bambini».
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ECONOMIA
IL MESSAGGERO DOMENICA 3 LUGLIO 2005
Conti pubblici
Dpef, domani la prima sintesi
delle proposte dei ministeri
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ROMA - Il Dpef, nella sua stesura definitiva, arriverà giovedì prossimo al primo confronto previsto con i
governatori delle regioni. Il giorno successivo il ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco, avvierà invece
il confronto con le parti sociali. E proprio in quella sede il ministro dovrebbe esporre le previsioni macro e la
strategia di politica economica soprattutto per il rientro dal deficit dopo l'accordo raggiunto nei giorni scorsi
con Bruxelles. Domani - ha confermato il ministro del Welfare, Roberto Maroni - Siniscalco dovrebbe inviare
ai ministri la ”sintesi” delle diverse proposte avanzate dai dicasteri.
Le riunioni con le parti potrebbero quindi essere precedute - secondo quanto lasciano intendere fonti
vicine ai dicasteri interessati - da incontri ministeriali per tirare le fila sulle varie richieste. In vista di un
documento che dovrà comunque «far propria - come ha precisato Palazzo Chigi - la prossima
raccomandazione dell'Ue». Ovvero una correzione dello 0,8% del deficit nei prossimi due anni. Per un
intervento che il premier Berlusconi ha già indicato in una manovra da 10 miliardi di euro l'anno, sia per il
2006 sia per il 2007, al netto dell'intervento sull'Irap.
Il varo definitivo potrebbe così arrivare nella settimana successiva alla prossima, come ricordato ieri
anche da alcuni rappresentanti del governo: forse venerdì 15 luglio considerando che la prossima settimana
dovrebbe saltare la riunione del Governo per impegni internazionali.
Per quanto riguarda le previsioni macroeconomiche, quella che preoccupa di più è quella relativa
alla crescita dell'anno in corso: il Pil 2005 dovrebbe infatti rimanere fermo a zero creando non poche
difficoltà anche nella tenuta dei conti pubblici. Il deficit sarebbe infatti, secondo la Commissione Ue, al 4%.
La richiesta è dunque quella di un intervento di correzione, che potrebbe essere indicato nel Dpef, pari allo
0,8% del Pil sia nel 2006, sia nel 2007.
R.e.f.
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ECONOMIA
IL MESSAGGERO DOMENICA 3 LUGLIO 2005
Intervista al leader della Uil/ «Il decreto dovrebbe privilegiare gli istituti chiusi su quelli aperti»
«Senza di noi i fondi non partono»
Angeletti: «L’accordo con i sindacati essenziale per la riforma del Tfr»
«Se il lavoratore non decide, la liquidazione dovrà andare all’Inps o ai fondi collettivi»
di LUCIANO COSTANTINI
ROMA – Fifty fifty. Diciamo che la riforma del Tfr con l’avvio dei fondi pensione piace per metà a Luigi
Angeletti. Chiede due correzioni nette, il leader della Uil: «I fondi collettivi dovrebbero essere privilegiati
rispetto ai fondi individuali».
Cioè maggiori vantaggi per i fondi chiusi rispetto a quelli aperti?
«E’ così. Seconda correzione. Nel caso in cui il lavoratore non esprima nessuna opzione, al termine del
semestre di silenzio-assenso, il Tfr dovrà andare o ai fondi collettivi o all’Inps. Non potrà certamente essere
l’impresa a decidere».
Cosa le piace della riforma?
«Be’ il meccanismo del silenzio-assenso. Bisognerà poi capire bene se il sistema di tassazione si tradurrà in
un vantaggio o meno. Mi spiego: l’aliquota del 15% è mediamente più bassa di quella applicata alla
liquidazione, ma esistono anche livelli di tassazione più bassi e quindi bisognerebbe salvaguardare chi si
trova in quella situazione».
Lei crede che ci siano i presupposti perchè possa partire una trattativa seria con il governo?
«Ecco, va bene la sua definizione: serve una trattativa seria»:
Non teme qualche colpo di mano?
«Mica possiamo vivere perennemente nella paura. La pensione integrativa ormai è diventata una priorità per
la nostra popolazione attiva ed ogni anno di ritardo vuol dire un danno in più».
A voler comporre lo schieramento sindacale, si direbbe che la Cisl, come la Uil del resto,
vorrebbe andare a vedere le carte di Maroni mentre la Cgil ha parlato sostanzialmente di partita
truccata.
«Per quanto riguarda la Cgil si tratta di un giudizio che non capisco. C’è da augurarsi, ovviamente, che ci sia
una disponibilità a discutere nel merito, ma non credo che ci saranno grossi problemi».
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Il ministro Maroni e gli ex ministri Visco e Bersani dicono che senza un accordo con il
sindacato la riforma non potrà decollare.
«Certamente un lavoratore che vuole affidare il proprio Tfr ad un fondo deve avere la massima sicurezza
nell’operazione. Ecco perchè noi abbiamo sempre sostenuto che ci doveva essere un sistema di controllo
dei fondi come la Covip, esterna e diversa da banche e assicurazioni. Perchè banche e assicurazioni non
hanno sempre gli stessi interessi dei clienti».
Quindi Maroni ha fatto bene a pretendere la Covip come unico organo di vigilanza?
«E’ ovvio. Ricordo a tutti che i soldi destinati a pagare le pensioni non sono capitale di rischio che può
essere gestito con una certa spregiudicatezza o, quanto meno, con un basso livello di prudenza».
Comunque senza un accordo con i sindacati i fondi non partono?
«Non partono perchè la gente pretende giustamente garanzie sul futuro dei fondi stessi. Oddio i fondi
possono anche partire, bisognerà vedere quanti anni, gli altri, impiegheranno a convincere i lavoratori. Dove
i fondi hanno funzionato è stato perchè imprese e sindacati concordemente li hanno sostenuti».
Che idea si è fatto del Dpef?
Secondo me è necessario fare una costa molto semplice e il Patto raggiunto in sede europea mi pare che
vada in questa direzione. Bisogna smetterla cioè di essere ossessionati dall’idea che dobbiamo stare sotto il
3%. Il problema vero è, invece, la scarsa crescita. E per crescere servono soldi per gli investimenti e per
sostenere solo le imprese che sono più soggette alla competizione, come l’industria del turismo e quella
manifatturiera».
Maroni: troveremo rapidamente un’intesa
E sui costi nessun problema di copertura
ROMA – Il ministro Maroni è sicuro: «Il problema di copertura per la riforma del Tfr non c’è, siamo totalmente
tranquilli. E con il sindacato il consenso ci sarà anche perchè esso è necessario e utile. Questa riforma
mette al centro le parti sociali e certamente il sindacato giocherà un ruolo fondamentale».
Replica così il titolare del Welfare alle critiche che gli sono piovute addosso dopo il primo via libera
alla bozza di decreto sui fondi integrativi. Lo stesso vice ministro dell’Economia Baldassarri ha espresso
riserve sulla copertura delle compensazioni dovute alle imprese che smobilizzano il Tfr. Durissima la Cgil
che ancora ieri con il suo leader Epifani è tornata a bocciare la riforma: «Un errore mettere sullo stesso
piano la previdenza contrattuale con quella individuale». Secondo gli ex ministri del centro-sinistra Bersani e
Visco, senza l’accordo con i sindacati, è difficile che la previdenza integrativa possa decollare. Controreplica
di Maroni: «Visco e Bersani sono esperti di fallimenti nella previdenza complementare. E la riforma
disegnata dal centro-sinistra si è rivelata un fallimento, noi non vogliamo prendere lezioni da chi ha tentato e
fallito. La nostra riforma avrà certamente successo».
Miseria & Nobiltà
di Enrico Cisnetto
Caro Pezzotta, quando dopodomani si aprirà il XV congresso della Cisl vorrei tanto essere nei suoi panni.
Non è presunzione, la mia, ma un atto di sincera comprensione per quello che so essere il suo stato
d'animo. Lei è uno dei pochi, pochissimi esponenti della classe dirigente di questo Paese che ha capito, e
non da oggi, la condizione di declino strutturale in cui viviamo, e che ha ben compreso di quale rivoluzione
copernicana abbiamo bisogno per uscirne. Lei sa anche che - pur al netto di una certa retorica liberista - tra
le tante cose da fare, ce ne sono alcune che comportano prezzi da pagare per i lavoratori ma soprattutto
molte che richiedono un deciso cambio di mentalità da parte del sindacato. In lei la preoccupazione per le
sorti di un'Italia che si è persa per strada il futuro, non ha nulla di strumentale (come è in altri casi) ma
discende dalla consapevolezza che viviamo al di sopra delle nostre possibilità e che spesso i diritti hanno
sovrastato i doveri e il merito. Lo sa così bene, tutto questo, che si è battuto - prima di tutto dentro il suo
mondo - per fare scelte conseguenti. Per esempio, quando nel 2001 ha vinto il centro-destra, la Cisl (con la
Uil) ha avvalorato la rivendicata autonomia evitando la pregiudiziale anti-berlusconiana (ma lo stesso aveva
fatto con il centro-sinistra), anzi si è scontrata con la Cgil (e la Fiom) per l'uso di quell'arma impropria che è il
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diritto di veto. Basti pensare che subito dopo lo sciagurato intestardimento del governo (e della Confindustria
di D'Amato) sull'articolo 18, fu firmato il Patto per l'Italia, che non poco è costato a Pezzotta e a tutta la Cisl
essendosi assunta la responsabilità di rompere il tabù dell'unità sindacale.
Ma per tutta risposta, Pezzotta è stato lasciato solo, col cerino in mano, da quello stesso Berlusconi
che aveva voluto spaccare il sindacato. Per mesi ha cercato di riannodare il filo spezzato, poi si è stufato e si
è messo a fare gli scioperi. Suo malgrado, perchè si rende conto che così non si va da nessuna parte, e
soprattutto che pur con uno spartito diverso, anche con il centro-sinistra la musica è stata la stessa. E hai
voglia di trattare con la Confindustria "ragionevole" di Montezemolo, se poi ti manca la terza gamba del
tavolo della concertazione. Qui il problema è il sistema politico, che non funziona e non produce classe
dirigente all'altezza della dimensione epocale delle scelte da compiere.
E' per questo, caro Pezzotta, che alla vigilia del congresso le mando un caloroso incitamento:
prenda il coraggio a due mani e ponga il problema del bipolarismo malato, unitamente a quello del declino.
Spieghi che i grandi interessi organizzati sono costretti ad essere corporativi anche quando non lo vogliono,
e che per di più - tra recessione, conti pubblici allo sfascio e mancanza di luoghi e strumenti di mediazione
delle diverse istanze - portano a casa briciole. Dica che gli imprenditori sono nelle stesse vostre condizioni, e
chieda alla Cisl di "sporcarsi le mani" occupandosi della politica che non funziona. Buon congresso.
(www.enricocisnetto.it)
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