Fondi pensioneTesta a testa con i Btp
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Fondi pensioneTesta a testa con i Btp
CORRIERECONOMIA LUNEDÌ 28 OTTOBRE 2013 25 Progettare il futuro Investimenti Il bilancio del secondo pilastro Classifiche La previdenza integrativa batte il Tfr rimasto in azienda che in nove mesi si è rivalutato dell’1,4% Analisi Fondi pensione Testa a testa con i Btp L’incognita d’Oriente sui listini Da gennaio le casse di categoria hanno offerto in media il 3,7% netto. Un rendimento analogo a quello dei titoli decennali. Ma le iscrizioni latitano, mentre crescono quelle ai Piani individuali DI ROBERTO E. BAGNOLI M entre i mercati azionari americani ed europei cercano nuovi temi per mantenere i guadagni degli ultimi mesi, in Oriente lentamente sugli indici si sta riaffacciando il trend rialzista. Dopo un trimestre d’incertezze con forti storni su gran parte delle Piazze asiatiche, dal mese di luglio, trainati dal rialzo del mercato giapponese (+38% il Nikkei), si sono ripresi anche l’indice Sensex (+6,9%) di Mumbai tornato ai massimi, quello russo Rtx (meno 2%) che ha quasi azzerato le perdite dopo il crollo di giugno riportandosi in area neutra. Anche il Bovespa (Brasile) ha quasi recuperato la perdita estiva dovuta alle tensioni socio-politiche e si trova a pochi punti dal ritorno alla positività tecnica, anche in vista della grande kermesse calcistica dei mondiali di calcio del 2014 che potrebbe fare da volano alla ripresa economica. Ma buoni recuperi hanno messo a segno recentemente anche gli indici cinesi, in particolare l’Hang Seng (+1.5%) di Hong Kong che ha sfruttato la forza del renminbi contro il dollaro e l’indice Ssec di Shanghai (-2%), che si riporta ai livelli di inizio anno dopo il positivo da- Nove mesi in attivo L a pensione di scorta è in azione: la previdenza integrativa allunga il passo grazie alla rivincita delle linee più rischiose. Nei primi nove mesi del 2013 è stato pari al 3,7% il rendimento medio netto offerto dai fondi pensione chiusi, aziendali o di categoria. Un rendimento assimilabile a quello del Btp decennale. Il Tfr nello stesso periodo ha reso invece l’1,4%, al netto dell’aliquota dell’11%. La liquidazione mantenuta in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione. Anche nel medio termine la previdenza integrativa batte il Tfr: fra il primo gennaio 2000 e il 30 giugno scorso, infatti, tutti i tre fondi maggiori esistenti all’inizio del periodo considerato hanno battuto il 45,8% della liquidazione. Il migliore è stato Fondenergia (energia e petrolio) con il 53,6%, seguito da Cometa (industria metalmeccanica e orafa) con il 48,6% e da Fonchim (chimica e farmaceutica) con il 48,2%. Mentre i contributi ai fondi pensione cominciano a maturare rendimenti sin dal momento del versamento, la rivalutazione del Tfr in azienda riguarda solo l’importo maturato al 31 dicembre dell’anno precedente. Questo meccanismo determina una differenza di circa lo 0,2% a sfavore del Tfr. Sistema «Il sistema anche in un periodo di forte crisi è riuscito a ottenere rendimenti positivi e molto superiori a quelli del Tfr — sottolinea Rino Tarelli, commissario della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) —. E questo malgrado la minore libertà d’azione dovuta al rigoroso controllo degli investimenti, in linea con la loro finalità previdenziale: si tratta infatti di gestire il Tfr, cioè un salario differito dei lavoratori». Nei primi nove mesi dell’anno spiccano i rendimenti a due cifre di due linee di Fondaereo (piloti e assistenti di volo), l’azionaria con l’11,6% e il profilo d’investimento Crescita con il 10,6%, seguite con il 9,1% dalle linee azionaria di Fopen (dipendenti gruppo Enel) e bilanciata-azionaria di Telemaco (telecomunicazioni). Hanno chiuso in positivo tutti i comparti, compresi i garantiti che in determinati casi assicurano un rendimento minimo annuo, o quantomeno la restituzione dei contributi versati. Risultati positivi sono stati ottenuti anche dai fondi maggiori: da Cometa a Fonte (commercio, turismo e servizi), da Fonchim a Solidarietà Veneto, destinato ai lavoratori delle aziende industriali e artigiane e ai lavoratori atipici della regione. A parte le performance, comunque, due fattori giocano a favore dei fondi pensione, rispetto alla decisione di mantenere il Tfr in azienda. Sono il contributo aziendale, pari in media all’1,2-1,5% della retribuzione lorda, cui ha diritto solo chi aderisce, e il trattamento fiscale sulle prestazioni finali, notevolmente più favorevole di quello che si applica al Tfr. Campagna Eppure, malgrado questi vantaggi, sul piano delle adesioni i fondi Il bilancio dei pionieri sono in difficoltà, tanto che al 30 giugno erano stati superati (sia pure di pochissimo) dai Pip, i Piani previdenziali individuali di tipo assicurativo, che in media costano nettamente di più. «Il fatto che le adesioni ai Pip siano aumentate conferma che il problema della cre- scita non è dovuto solo alla crisi economica — sostiene Tarelli — sarebbe utile una campagna informativa istituzionale, ma anche i fondi negoziali devono fare la propria parte e sviluppare la promozione nei luoghi di lavoro». Lo scenario, del resto, è mutato. «Rispetto a vent’anni fa, quando è nata, il ruolo della previdenza complementare è cambiato — sottolinea Tarelli — in linea con la situazione e le prospettive del sistema obbligatorio: allora era un’opzione, oggi una necessità per evitare al dipendente un ridimensionamento del tenore di vita quando smetterà di lavorare». «Bisogna riprendere una campagna informativa sui vantaggi dei fondi pensione, l’unico settore in cui è stato mantenuto un regime fiscale favorevole —, sottolinea dal canto suo Domenico Proietti, segretario confederale Uil e componente del Consiglio direttivo di Assofondipensione —. Alle istituzioni e alla politica chiediamo però di mettere fine ai segnali d’incertezza: per funzionare bene, infatti, anche i fondi pensione hanno bisogno di stabilità e certezze normative». www.iomiassicuro.it © RIPRODUZIONE RISERVATA to del Pil cinese salito del 7,8% nel terzo trimestre. Il recupero delle materie prime ha ridato slancio anche ai listini di Nuova Zelanda (+13%) e Australia (+13%), favoriti nella prima parte dell’anno anche da una svalutazione della loro valuta sul dollaro Usa. Si sta ripetendo una situazione molto simile a quella osservata lo scorso anno, quando i mercati europei erano stati trainati dal listino giapponese sulla scia della svalutazione dello yen, a cui da agosto si aggiunge, dopo anni di debolezza una prima reazione sulle materie prime accompagnata dal risveglio del dollaro australiano tornato a 0,97 contro quello americano (dai minimi di 0,88). Per i mercati europei un fallimento della ripresa asiatica osservata questa estate rappresenterebbe un serio campanello d’allarme. Se a New York il mercato evidenzia quindi eccessi che chiedono una riflessione sulla sostenibilità del trend e in Europa si cerca di difendere i primi segnali di risveglio, a oriente tra le onde del Pacifico sembrano comparire i primi raggi della nuova crescita. MARCO ZULBERTI © RIPRODUZIONE RISERVATA