1969.03.09 - Comunità dell`Isolotto

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1969.03.09 - Comunità dell`Isolotto
09.03.69
Piazza Isolotto e incontro Casella
BA018
(Interventi di: Aldo De Santi, Enzo Mazzi, Paolo Bencivenni, Giampaolo Pazzi, Sergio Gomiti,
altre voci non identificate)
Aldo D.S.: [La registrazione comincia a intervento iniziato]… Questa parabola si addice molto alla nostra
situazione. Noi abbiamo sofferto e soffriamo. Siamo stati umiliati e continuiamo ad esserlo. Così il
germoglio nato dal chicco marcito, da questo annientamento ha preso l'avvio non solo per un
movimento di solidarietà nei nostri confronti ma di attiva partecipazione alla nostra esperienza.
Ormai il nostro discorso non è più chiuso all'Isolotto ma si allarga sempre più e si collega con la
ricerca di tanti gruppi e persone che cercano sinceramente un vero rinnovamento nella Chiesa e
nella Società. Un momento importante di questo allargamento è stato l'incontro di mercoledì scorso
con un gruppo di sacerdoti fiorentini. Per coloro che non c'erano dobbiamo dire che si è trattato di
un incontro veramente sincero. Si è stabilito un rapporto immediato e si è capito che pur non
essendoci conosciuti in precedenza avevamo fatto lo stesso cammino che ci ha portato
immancabilmente a questo punto d'incontro. Abbiamo avuto anche la sensazione che non si è
trattato semplicemente di un punto di arrivo ma soprattutto di un punto di partenza. Don Fabio
Masi, infatti, ha chiarito questo concetto quando ha detto che l'incontro di mercoledì e il documento
dei preti non poteva assolutamente bastare. Don Masi ha detto che occorre incontrarsi e unirsi con
tutti, sacerdoti e laici, di Firenze e di fuori Firenze, che hanno la stessa nostra esigenza e che
soffrono come noi a causa dell'ingiustizia e dell'impostazione autoritaria della Società e della
Chiesa. Durante l'incontro uno dei sacerdoti ha letto il documento che tutti conoscete. Copia di
questo documento lo potete aver lì a quel tavolo; ce ne è abbastanza a sufficienza per tutti. Inoltre vi
voglio ricordare che anche oggi si raccolgono le firme di corresponsabilità con quelli che sono stati
denunciati. E ai tavoli, ai lati, c'è il foglio e chi vuole può firmare.
Voce femminile: Dal Vangelo secondo Luca. "Uno dei commensali, udite queste parole esclamò:
beato chi mangia il pane nel regno di Dio".[viene letto il brano di Luca 14, 15-24 ]
Enzo M.: Ancora una volta noi ci rendiamo conto come la lettura del Vangelo sia un fatto che si
cala nella nostra realtà in maniera precisa. Anche ora noi abbiamo visto come durante tutti questi
anni della nostra esperienza noi abbiamo cercato di mettere veramente in pratica il Vangelo.
Abbiamo fatto questo invito all'unione, perché questa cena di cui parla in Vangelo, secondo me, è
l'unione di tutti gli uomini, l'unione specialmente, come dice il Vangelo, dei poveri, dei ciechi, degli
zoppi, degli storpi, cioè di coloro che sono rifiutati normalmente dalla società. Abbiamo fatto
questo invito a tutti e si è riempita questa sala che è una sala simbolica, che è la nostra unione, la
nostra fraternità. Si è riempita e noi vediamo come questo Vangelo è costantemente tradito da
coloro che dovrebbero invece servire di esempio per metterlo in pratica. Perché proprio nel
momento in cui questa sala era gremita dalla persone che questa fraternità - dico - era gremita dalle
persone che secondo il Vangelo più avevano diritto di parteciparvi questa sala è stata chiusa. Questo
significa che si è tradito il Vangelo. E noi dobbiamo continuare, penso, a lottare perché questo
tradimento venga cessato al più presto, perché è un tradimento verso gli uomini ed è un tradimento
verso Dio, è un qualche cosa che ferisce profondamente tutti. Un altro segno di questa fraternità, di
questa sala piena di tutti coloro che la società rifiuta si è avuto nell'incontro con i gruppi dei
disoccupati dell'Amiata. Domenica scorsa vennero qui davanti alla nostra chiesa a portare la loro
solidarietà e ad esporci i loro problemi. E ci chiesero di contraccambiarli. Noi abbiamo accolto
questo invito, questo invito alla fraternità, all'unione, questo invito che è legato a quello del
Vangelo che si è letto oggi, che è invito ad essere uniti, a partecipare tutti insieme a questo
banchetto dell'unione, della fraternità da tutte le persone del popolo e specialmente, come dice il
Vangelo, ciechi, storpi, zoppi e poveri. Allora siamo andati martedì un piccolo gruppo. Eravamo
una ventina di persone e siamo andati a Piancastagnaio dove c'era uno sciopero generale e una
manifestazione. Piancastagnaio è un paesino dell'Amiata dove la disoccupazione è più forte che
negli altri paesi. Lì ci hanno accolti veramente con entusiasmo addirittura son venuti a prenderci
con molte macchine prima che arrivassimo a Piancastagnaio; poi là abbiamo partecipato ad una
assemblea: una sala molto grande piena zeppa di gente. C'era tutto il paese. Saranno state più di
mille persone e (c'è stata) una assemblea che assomigliava molto alle nostre assemblee. Si trattava
delle gente del popolo, di tutta la gente del popolo al di là delle normali organizzazioni politiche e
sindacali. Era tutto un popolo che era insorto, che si era unito, per arrivare ad avere un po' di
giustizia, un po' di dignità, un briciolo di quella ricchezza enorme che hanno nel loro monte, nel
loro Monte Amiata che è un Monte veramente ricco. Siamo venuti via con la promessa che sabato
saremmo tornati. Infatti ieri un pullman con molte macchine è andato a Siena. Molti di voi forse
c'erano. A Siena abbiamo partecipato ad una assemblea in Piazza della Lizza dove ha parlato uno
del Monte Amiata, un montanaro che ha fatto un discorso così significativo, così incisivo, così
chiaro e così toccante che nemmeno un avvocato avrebbe saputo fare. Siamo rimasti stupiti che un
montanaro sapesse parlare così bene, ma alla montanara. Però parlava molto bene, veramente. Ci ha
colpiti e ci ha messo in chiaro perfettamente il loro problema. Sono venti anni che lottano e hanno
ricevuto promesse da tutti, ma da nessuna parte, nessuno ha messo mano a fare qualcosa per loro.
Abbiamo parlato anche noi dell'Isolotto, abbiamo portato la nostra solidarietà. Eravamo più di cento
e poi abbiamo partecipato ad un corteo per le strade di Siena, un corteo con i cartelli di solidarietà
che avevamo portato anche noi ed è stata una manifestazione che penso sia ben riuscita. C'erano
molte persone anziane anche fra noi le quali forse non avevano mai partecipato ad una
manifestazione così. Si gridava anche un pochino, si gridava "lavoro", si gridava "potere al popolo",
si gridava queste cose qui e "lavoro si, miseria no". Dico che effettivamente (è stata una)
manifestazione (nella quale) qualche persona anziana può essere rimasta non dico sconcertata ma
certo un po' meravigliata perché era la prima volta che forse partecipava. Io ho fatto questa
considerazione, una considerazione sui cartelli anzitutto che dicevano "lavoro", eccetera, una
considerazione di questo genere, una considerazione che feci anche a monsignor Benelli quando
andai a parlarci, al segretario del papa. E lui mi diceva che il popolo dell'Isolotto non era un popolo
maturo perché portava per la strada i cartelli. Allora io gli risposi, e questa considerazione la feci
anche ieri sera, che i cartelli che portiamo noi in fondo sono cartelli innocui, sono cartelli fatti di
semplici parole. E io gli dissi che sono molto peggiori, molto più offensivi i cartelli che portano in
mano i ricchi, i potenti perché monsignor Benelli mi ricevette in una stanza tutta tappezzata dello
stesso velluto delle poltrone e le porte tappezzate dello stesso velluto delle poltrone. "Questo - gli
dissi - è un cartello che offende profondamente la gente che lotta per il pane, che non ha da dar da
mangiare ai suoi figlioli. E questi palazzi e queste ricchezze sono un cartello di fronte a tutto il
mondo estremamente offensivo di fronte alla gente che muore di fame". Questi sono i cartelli
veramente offensivi. Questi sono i cartelli che dimostrano veramente immaturità, non i cartelli che
porta in alto la gente. E così per le grida. Io feci alcune considerazioni sulle grida che noi facevamo
perché le grida del popolo che chiede lavoro nel 1969, che deve andare ancora per le strade a
chiedere un po' di lavoro, quando si arriva con i razzi sulla luna, dico chiedere lavoro e gridare
"lavoro" non è un fatto di immaturità. Altre grida sono un segno di immaturità, altre grida sono
molto più offensive di quelle che si fanno noi: le grida per esempio delle fuori serie che
strombazzano dietro alle "500" perché vanno troppo piano. Quelle sono grida veramente offensive.
E tanti altri tipi di grida che provengono da coloro che si considerano i padroni del mondo. Allora io
pensai che veramente quei cartelli, quelle grida che chiedevano lavoro erano la coscienza del
mondo e non l'immaturità del mondo. Erano la spinta del mondo verso la fraternità, verso
l'uguaglianza, verso la giustizia, verso la pace, la spinta, il sostegno e la coscienza del mondo.
Mentre le altre grida, quelle della ricchezza, della potenza, le grida dello sfruttamento, le grida
dell'oppressione, le grida delle bombe che sibilando calano sui popoli che sono alla fame, quelle
grida lì, le grida degli aeroplani, le grida dei carri armati, le grida che riempiono il mondo di
violenza, quelle grida lì, le grida della polizia, le grida delle bastonate, quelle grida lì sono invece il
freno del mondo, quelle grida lì sono la rovina del mondo, quelle grida lì sono grida paurose che ci
fanno pensare che se non si cerca tutti insieme di camminare, di lottare per la giustizia e per la pace
con i disoccupati, con i sottoccupati, con tutti coloro che soffrono a causa dell'ingiustizia, con gli
operai che sono ridotti a macchine nelle fabbriche, se non si va avanti insieme veramente con forza
e con energia, tutti uniti, si finisce tutti in un grande rogo. Queste sono le considerazione che feci
durante la manifestazione di ieri. E queste sono le considerazioni che ho presentato a voi questa
mattina, mi sembra, a commento oltretutto del Vangelo che abbiamo letto. E ora continuiamo a
leggerlo dal Vangelo di Luca.
[La lettura del Vangelo o non è stata fatta o non è stata registrata].
Paolo B.: Leggiamo ora alcune testimonianze di solidarietà venute dal di fuori d'Italia. Sono
pervenute, si può dire, da tutte le parti del mondo e la nostra esigenza di rinnovamento cristiano e
quindi di giustizia ha colpito tutta questa gente. Quelle che vi leggerò adesso sono delle lettere che
una comunità olandese "Gruppo pace e giustizia" delle Fiandre olandesi, Olanda, ha mandato a noi,
al nostro Vescovo e al papa.
" A sua eminenza cardinal Florit. Onorato fratello. Per mezzo della televisione olandese siamo
venuti a conoscenza della lotta per la giustizia impegnata dal curato dell'Isolotto don Enzo Mazzi.
Per questa fede di giustizia ammiriamo altamente don Mazzi come uomo e come cristiano e
approviamo i suoi sforzi e quelli della sua comunità. Siamo addolorati e scandalizzati dal suo
atteggiamento verso don Mazzi. Lei ha ingiunto a questo degno sacerdote di ricredersi e di cambiare
atteggiamento ed ha minacciato di allontanarlo dalla sua parrocchia cosa che nel frattempo è
avvenuta come ci risulta dalla stampa. Noi protestiamo in nome della nostra fede e convinzione
cristiana. Lei non agisce come fratello. La sua reazione verso don Mazzi è ingiusta. Crede lei che
Cristo avrebbe agito così? Con la massima stima, 'Gruppo azione pace e giustizia', Fiandre
olandesi".
"A sua santità Paolo VI, Città del Vaticano. Servo di Dio, per mezzo della televisione olandese
siamo venuti a conoscenza della lotta per la giustizia impegnata dal curato dell'Isolotto don Enzo
Mazzi e dai suoi parrocchiani. L'attività di questo sacerdote ci colpisce profondamente e ci rallegra.
Vediamo in lui un amico dell'umanità e un vero cristiano. Siamo rattristati e scandalizzati
dall'atteggiamento del suo Vescovo il cardinale Florit, che secondo quanto ci risulta dalla
televisione e dalla stampa ha ingiunto a don Mazzi e alla sua Comunità di ritirare le sue parole e di
cambiare mentalità. Anzi ci risulta dalla stampa che nel frattempo il cardinale Florit ha licenziato
don Mazzi dalla sua carica di parroco. Noi 'Gruppo d'azione per la pace e la giustizia' composto da
cattolici, protestanti e umanisti le chiediamo di intervenire, Santo Padre, come fratello e primo
servo dell'umanità, e di appoggiare don Mazzi e la sua Comunità che lottano per aiutare il loro
prossimo nel bisogno e nello spirito del Vangelo. Con la massima stima".
E infine hanno scritto una lettera a noi.
"Al reverendo curato don Enzo Mazzi, Isolotto, Firenze. Caro amico, abbiamo seguito alla
televisione olandese un servizio su la lotta per la giustizia impegnata da lei e dalla sua Comunità.
Siamo profondamente colpiti ed ammirati di scoprire in lei la vera umanità e il vero cristianesimo
che affratella tutti gli uomini. I sottoscritti cattolici, protestanti e umanisti sono spinti dalla loro
coscienza e convinzione a comunicarle la loro approvazione e calda simpatia. Apprendiamo dalla
stampa che il suo Vescovo non ha solo minacciato ma l'ha licenziato. La preghiamo perciò di farci
sapere se possiamo fare qualcosa per aiutarla. Coraggio nella lotta per la giustizia e possa la sua
fede e convinzione cristiana vincere. Con stima e amicizia il 'Gruppo di azione pace e giustizia'".
Voce femminile: Come ha già detto Paolo c'è arrivata da Torino una lettera da tre sacerdoti per
solidarietà.
"Cari amici abbiamo seguito con molto interesse sulla stampa di vario colore le vicende della vostra
Comunità. Ne abbiamo sentito dir bene e dir male. Per noi qui lontano è molto difficile conoscere
bene la verità delle cose. Tuttavia ci è parso di cogliere al di sotto della cresta dell'onda alcune idee
direttive, alcune scelte di fondo con le quali concordiamo pienamente. Con questo nostro scritto
desideriamo semplicemente esprimere la nostra cordiale simpatia, l'appoggio morale e
l'incoraggiamento a proseguire per la strada della ricerca umile e libera e l'autenticità del vero
rispetto dell'uomo su la quale soltanto si può costruire la vera comunità della Chiesa e dare una
testimonianza efficace in questo mondo ecclesiastico fatto in gran parte di formalismo e fariseismo
aggiornato. Sappiate che molti sacerdoti e laici sono con voi e vi stimano. Vi diciamo questo perché
è vero e perché possiamo prevedere che sarete e forse lo siete già oggetto di persecuzioni e di
pressioni varie tutte in nome Cristo e della sua santa Chiesa perché ha detto bene Congar, mi pare la
gerarchia è arrivata al punto di dover condannare coloro che prendono troppo sul serio il Concilio,
cioè il Vangelo. Noi siamo tre preti addetti a questa parrocchia e cerchiamo con molta tribolazione
anche noi di liberarci dal sistema burocratico clericale per attuare la nostra vita personale e la vita
della comunità nella fedeltà a noi stessi e al Cristo. Vi siamo vicini nelle sofferenze e per gli ideali
che ci sono comuni. Vi auguriamo di perseverare anche perché il vostro esempio servirà a sostenere
molti altri. Cordiali saluti".
I tre preti si chiamano: Ballesio Giovanni, Ferrero Adolfo, Renzo Grande.
Enzo M.: Qui da noi c'è un nostro fratello venuto dalla Germania il quale vorrebbe dirci alcune
parole.
Voce maschile: sono venuto dalla Germania e non ho voluto perdere l'occasione di visitarvi anche
per la calda simpatia col vostro vicario e tutta la vostra azione. Non posso parlare bene italiano ma
spero che voi tutti potete sentire e capire che don Mazzi è ben conosciuto in Germania per la sua
lotta per la giustizia e la carità fra gli uomini. E spero che la sua attività avrà molto frutto per noi
tutti, per la Chiesa e per tutto il mondo. prego per voi e per don Mazzi: una forte forza, pazienza e
anche molto successo nella sua lotta".
Giampaolo P.: Ora sappiamo che tutti dobbiamo andare alla Casella. Io sono uno della Casella e
molti di voi mi conoscono. Credo che non sia il caso di dire molte parole. Quella della Casella è più
che una solidarietà: è l'aver vissuto da anni una esperienza comune e l'aver vissuto
drammaticamente in questi ultimi mesi le stesse sofferenze e l'aver cercato di portare avanti sempre
una linea nuova nella Chiesa, una linea di rinnovamento, una linea che ormai si respira, un'aria
nuova che ormai si sta respirando in tutta la Chiesa. Già alcuni di voi sono stati in questi ultimi
tempi a qualche riunione a qualche assemblea alla Casella. Quella di oggi vuole essere la
partecipazione di tutto il popolo della Casella e di tutto il popolo dell'Isolotto a uno scambio
reciproco, a una partecipazione, a verificare ancor più concretamente questa nostra perfetta
comunanza di linea. Per cui muoviamoci immediatamente perché gli altri già ci stanno aspettando.
[Il resto della prima parte della bobina è di musica antecedente alla registrazione. Si passa alla seconda parte della bobina nella quale all'inizio si
riporta metà dell'intervento del signore venuto dalla Germania e l'intervento di Giampaolo Pazzi fatto in piazza dell'Isolotto e qui sopra riportato.]
Sergio G.: [La registrazione comincia a intervento già iniziato.] …d’altra parte farla più grande per
la domenica sola non meritava. Però anche il duomo lo hanno fatto tanto grande ma non è mai
pieno. Qualcuno ha detto : “eh, mamma mia!” Invece per noi era una cosa molto importante che la
chiesa fosse in questo modo così. Anzi, prima ancora che fosse in questo modo noi per chiesa ci
s’aveva lì nella piazza una baracca di legno come quella dove si fanno le assemblee il mercoledì
sera lì all’Isolotto. Quando io venni alla Casella mi disse il cardinale: “Allora tu vai alla Casella e tu
fai la chiesa”. Si, dissi io, si fa la chiesa. Io gli dissi di si, ma poi ci si ritrovò insieme e si cominciò
dire: che chiesa ci si deve fare qui dentro? La prima Chiesa è quella che si deve essere noi. Quindi
prima facciamo la Chiesa che è quella viva e poi si vedrà cosa verrà fuori. E per tre anni siamo stati
in quella baracca di legno e la domenica mattina, quando pioveva, a seconda da quale parte veniva
l’acqua, ci si spostava di qua e di là. E poi si decise di fare questo prefabbricato. Noi si vuole
positivamente che fosse un prefabbricato come si era voluto che per tre anni rimanesse quella
baracca. Perché? Proprio per quella linea che noi si è sempre portato avanti, per la quale si diceva
che noi volevamo che la Chiesa fosse una Chiesa povera e quindi non mancasse di rispetto verso
coloro che la casa non ce l’avevano. E a parte che qui alla Casella la situazione delle case non era
poi un gran che. Sono case minime di due o tre stanze e quindi immaginatelo voi! Ma a parte questo
che poteva essere veramente uno schiaffo dato alla gente qui alla Casella che sta in queste case
ridotte proprio al minimo, che non sono per niente sufficienti perché in tre stanze, cucina e altri due
vani ci stanno otto, dieci persone e anche in qualcuna di due: cucina e camera. Quindi voi capite:
fare una chiesa qui sarebbe stato schiaffeggiare la gente, mettere da parte veramente i problemi
della gente. Quindi questo noi non lo volevamo fare assolutamente. Prima le case per la gente e poi
eventualmente anche la chiesa e il giorno che si sarebbe fatto la chiesa doveva essere una chiesa
povera, una chiesa semplice decorosa ma senza che si spendessero tanti milioni proprio per non
offendere i poveri e perché fosse una Chiesa capace di fare proprio il discorso dei poveri nella
maniera più vera. E veramente, da parte nostra, proprio per questa situazione, è stato possibile fare
un discorso serio, non quindi un discorso campato in aria, non un discorso che dice e che non fa, ma
un discorso reale, un discorso serio. E anche quando si è scritto al cardinale gli si è detto: “Guardi
che noi si è adoperato una baracca di legno per tre anni, mezza sfasciata e ora ci s’ha un
prefabbricato in lamiera. E’ per questi motivi qui che noi, anche oggi, possiamo dire che la Chiesa
deve smettere di essere una Chiesa ricca e deve farsi veramente povera. Abbiamo il diritto di dirlo
perché noi l’abbiamo anche fatto. Quindi dovete decidervi a far sì che la Chiesa diventi ancora più
povera”. Per questo motivo (c’è) la prefabbricata. Qualcuno dice: “Mamma mia che chiesa!”
Invece noi pensiamo che è già troppo la prefabbricata quando c’è gente che non ha nemmeno quella
per dormire la notte. Se è vero che la Chiesa deve accogliere soprattutto gli ultimi, prima tireremo
su quelli che sono proprio gli ultimi, e ce n’è tanti oggi nel mondo di ultimi, e poi forse sarà il caso
di parlare di chiese, di parlare di soldi per costruire chiese. Questo a noi ci sembrava molto
importante. Il fatto che voi dell’Isolotto e noi della Casella stamani ci ritroviamo qui è importante
perché è una verifica che il discorso che si è portato avanti non era un discorso fatto di parole ma è
un discorso fatto di cose, è un discorso vero tanto che dà noia. Voi sapete che le parole non danno
noia a nessuno. Le parole, se sono parole e basta, non danno noia. Sono le cose vere che danno noia.
Il verificare quello che per Chiesa si intende noi, vedersi praticamente qui come Chiesa è molto
importante perché anche a noi ci fa prendere coscienza che il nostro discorso che si è fatto insieme
sia all’Isolotto che qui non era un discorso vacuo, di parole dette tanto per dire, un discorso
intellettuale. Era un discorso che partiva prima di tutto facendo le cose e poi dopo avere il coraggio
di dirlo anche agli altri.
Giampaolo P.: Penso che per questa comunanza che abbiamo più volte detto sia opportuno dire
brevemente qualche parola su quella che è stata la nostra esperienza in questi ultimi anni. O meglio,
forse conviene un po’ rifarsi a come è nata la nostra parrocchia. Prima di tre ani fa la Casella non
era ancora parrocchia ma era abbinata a una parrocchia vicina. Il parroco anziano veniva così
soltanto la domenica per la messa e non ce la faceva, data la sua età, altro che a dire la messa, venire
per i funerali e poco altro per cui i laici del quartiere si sono trovati subito di fronte a dover
condurre, a dover tirare avanti proprio il discorso della Chiesa. Cioè abbiamo potuto sperimentare,
rendere vivo il discorso che da altre parti si faceva a parole mentre noi avevamo l’opportunità ,
perché ci era capitata, di portarlo avanti cominciando dalla conduzione economica della chiesa al
catechismo. Cioè l’impegno dei laici era un impegno al di fuori di quelle che sono tutte le strutture
normali, le strutture ufficiali con le quali una parrocchia si presenta. E non avevamo neppure da
combattere con qualcosa che già esisteva. Praticamente nascevano daccapo, nascevano da niente e
quindi potevamo iniziare in piena tranquillità il nostro discorso. Il nostro impegno è sempre stato
quello di una Chiesa che fosse immedesimata completamente con la situazione del quartiere, una
Chiesa che si facesse interprete delle esigenze più profonde della popolazione, della gente del
quartiere e non abbiamo creato le solite organizzazioni parrocchiali, le solite associazioni che,
purtroppo, tutti ne abbiamo esperienza, si sa cosa producono specie in un ambiente dove ci
conosciamo tutti: producono la divisione tra quelli che sono i praticanti e quelli che non sono
praticanti, tra quelli cosiddetti che sono del giro del prete e quelli che sono di altri giri. Questo
voleva dire creare fratture, non portare avanti un discorsi di Popolo di Dio ma portare avanti un
discorso di divisione. Per questo i vari impegni dal doposcuola all’insistere presso le autorità perché
provvedessero a quelle che erano le esigenze fondamentali del quartiere tipo le persiane alle casa, la
sistemazione dei giardini, cose che solo dopo tanti anni sono state fatte, realizzate dal Comune. Per
noi è stato questo un impegno costante, un impegno di immedesimazione completa nel quartiere,
nelle esigenze senza nessuna discriminazione, senza chiusure nei confronti di nessuno. E
un’apertura non solo ai problemi del quartiere ma una apertura ai problemi che man mano si sono
presentati all’orizzonte nella città, nel mondo con un impegno per cercare di portare avanti tutto
quello che era movimento di rinnovamento, un movimento che partisse dal popolo ovunque questo
si verificasse. Praticamente i fatti accaduti a Parma per i quali dei giovani furono picchiati, quello
che è stato praticamente l’inizio delle nostre vicende ci ha trovati pronti anche noi a sottoscrivere
questa lettera di solidarietà dopodiché le nostre esperienze si sono più avvicinate, le nostre
esperienze sono andate avanti non solo parallelamente ma addirittura congiuntamente fino a
trovarci tutt’oggi senza parroco l’Isolotto, senza parroco la Casella. La differenza è che ancora noi
possiamo disporre della chiesa. La Curia ha cercato, sta cercando di chiudere anche questa però per
ora non è riuscita proprio perché qui veramente proprio da un punto di vista giuridico la chiesa non
è completamente di proprietà della Curia ma appartiene realmente al popolo. Il popolo ha
partecipato alla sua realizzazione e praticamente la Curia non può accampare il diritto completo di
proprietà. Vedremo un po’ per quanto riusciremo a reggere anche noi con la chiesa e se la Curia
avrà il coraggio di sprangare anche la nostra porta. Comunque noi siamo sempre disposti a portare
avanti questo discorso e questa riunione. Questa assemblea di oggi della Casella e dell’Isolotto
insieme manifesta che siamo l’uno per l’altro. Addirittura in una delle ultime assemblee del venerdì
c’è stato Pino, uno di noi, che ha detto noi non siamo due comunità, siamo una Comunità sola.
Enzo M.: Io ho già parlato dianzi e non avrei nemmeno parlato. Io sono molto soddisfatto di questa
riunione che si è fatto qui alla Casella. E’ una cosa che mi riempie di commozione e di gioia. Noi
alla Casella ci siamo sempre stati anche se fisicamente non c’eravamo. Siamo veramente una sola
Comunità. Il fatto stesso che don Sergio sia alla Casella non è un fatto così di normale
amministrazione. Non è stato mandato alla Casella don Gomiti così come vengono mandati i preti
nelle parrocchie. Don Gomiti ha scelto, ha chiesto di venire alla Casella. C’è venuto perché c’è
voluto venire lui perché alla Casella non ci pensavano. Don Sergio lo volevano mandare in una
parrocchia fuori Firenze, in una parrocchia molto cattolica in cui ci sarebbe stato come un papa,
curato e servito da tutti. C’era anche un ordine di suore lì. Questo mi disse il cardinale quando mi
disse che doveva andare in questa parrocchia: ci sono tante suore che possono accudirlo, servirlo,
eccetera. Don Sergio ha preferito invece alle suore e a questi cattolici ferventi e praticanti ha
preferito i cattolici veri, ha preferito i cristiani veri, ha preferito i cristiani della Casella dove sono
cristiani anche quelli che non vanno in chiesa perché sono gente semplice, perché sono gente del
popolo, perché sono gente che il Vangelo ce l'anno nell'anima. Io non voglio fare il monumento a
quelli della Casella oggi, ma siccome li conosco so che le cose stanno così: hanno il Vangelo dentro
l’anima. Allora Sergio ha preferito venire con loro. Non per fare nemmeno il monumento a Sergio.
Dico che il nostro incontro qui non è un incontro strano, casuale. Non è un incontro momentaneo
ma è un incontro che si è maturato in tanti anni di vicinanza, di comuni ideali, di esperienze,
eccetera. E poi volevo dire un’altra cosa: noi siamo venuti qui, siamo andati al Vingone, siamo
andati a San Giusto a Signano, siamo andati a Siena. Noi siamo una Comunità in cammino. Si
comprerà un treno. Però a me questo sembra un fatto molto genuino perché ci si ritrova un po’ ai
tempi del Signore. Gesù e i suoi apostoli erano una Comunità in cammino per tutta la Palestina,
girando in tutti i paesi a annunziare il Vangelo a tutti. E questo mi sembra che sia dunque un fatto
da rilevare perché è stato il momento in cui hanno costruito le basiliche che i cristiani si sono messi
a sedere, che i cristiani sono diventati una Chiesa potente e ricca, lontana dal popolo. Per questo
motivo: perché il popolo, la gente semplice, umile e povera è sempre una comunità in cammino. Il
popolo, quando veramente è un popolo, quando veramente è fatto di persone che si ritrovano nella
genuinità delle loro esperienza di popolo, quando è un popolo di persone che si sentono
profondamente libere, è un popolo che cerca, è un popolo che vuole che il mondo sia diverso, è un
popolo che non ha nulla da perdere nel cambiare le cose, nell’andare avanti. Ecco perché
effettivamente ci ritroviamo in questo momento nel Vangelo. Noi viviamo il Vangelo. Viviamo
quello che ha vissuto Gesù e gli apostoli: questo cammino per annunziare il Vangelo. E questo ci è
stato imposto dall’alto: è vero. E’ perché ci hanno chiuso la chiesa altrimenti forse non saremmo qui
probabilmente. Però come vi dicevo a proposito della povertà , noi si è chiesto di essere una Chiesa
povera e ci siamo trovati ad essere più poveri di quello che ci si poteva immaginare, privati di tutto,
anche della chiesa. Così oggi si realizza uno dei nostri ideali: essere una Comunità in cammino,
come quella del Signore. Anche questo imposto dall’alto però che corrisponde a delle nostre
esigenze profonde. Perciò ringraziamo Florit che ci ha permesso di essere più vicini al Vangelo.
Ringraziamo l’autorità che ci ha permesso di essere così vicini al Vangelo. Guai a loro. Perché il
Vangelo dice i famosi “guai”: guai a loro perché effettivamente loro ce l’hanno imposto in maniera
autoritaria e pesante, però di fatto, dal nostro punto di vista, dobbiamo essere a loro grati. Questo io
volevo dirvi. Io ringrazio a nome di tutti la Comunità della Casella che ci ha accolti. E dico anche
una terza cosa. Volevo dire che noi dell’Isolotto rispetto alla Casella, nelle circostanze in cui ci
troviamo siamo, in un certo senso, più avvantaggiati. Perché? Perché noi abbiamo la risonanza nella
stampa, abbiamo le persone che vengono a trovarci da fuori, che ci portano solidarietà. Qui alla
Casella la situazione e di svantaggio perché sono un po’ troppo soli, sono un po’ trascurati. Allora
io voglio dire a quelli della Casella che noi siamo qui oggi fisicamente, ma anche se non siamo
fisicamente qui siamo sempre una cosa sola, siamo sempre molto uniti. E dico a quelli della Casella
che devono continuare ad andare avanti anche se qualche volta sembra loro di essere soli. Perché
verrà il momento in cui anche la Casella avrà un peso determinante in tutta questa vicenda perché
dovranno prendere in considerazione il problema della Casella come dovranno prendere in
considerazione quello dell’Isolotto. Quindi andiamo avanti uniti sempre anche se fisicamente non
siamo sempre qui. Ma andiamo avanti uniti perché il nostro cammino e come il cammino del
Signore, è come il cammino di tutti gli uomini di buona volontà. E’ il cammino verso la giustizia,
verso la pace, verso l’unione di tutti gli uomini. E’ un cammino che vale la pena di essere percorso
perché è un cammino serio, è un cammino vero, un cammino che ci libera profondamente e ci fa più
uomini.
Ora ci vorrebbe un panino e mangiare tutti insieme.
Sergio G.: Si dice il Padre nostro [Viene recitato coralmente e poi viene intonato il canto “Noi ce la
faremo”].
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