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MEDITAZIONE SUL VANGELO
DELLA II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
4 dicembre 2016
Mt 3,1-12
Coloro che non cambiano mai le proprie opinioni
si amano più di quanto amano la verità.
J. Joubert
Ogni vero inizio richiede un cambiamento. Iniziare un cammino, un viaggio, una
relazione, vuol dire scomodarsi, tagliare, rischiare. Forse è per questo che i nostri inizi
sono spesso finzioni. Sono inizi immaginari. Il viaggio che desideriamo intraprendere
rimane una fantasia o, al più, una buona intenzione.
Iniziare vuol dire cominciare a cambiare. E la concretezza dei segni ci aiuta a
riconoscere questo cambiamento in noi. Ignazio di Loyola, per esempio, comincia la sua
esperienza di conversione cambiando il suo vestito. Da cavaliere si fa pellegrino. In una
singolare veglia d’armi, nel santuario di Monserrat, Ignazio depone le sue vesti di uomo di
corte scambiandole con quelle di un mendicante. L’abito dice chi sono. Ignazio non vuole
più restare chiuso nella torre della sua fortezza interiore, ma desidera partire da se stesso
per essere compagno di qualcun altro.
Anche la prima parola di Gesù nel Vangelo è un invito al cambiamento: metanoeite
ovvero cambiate modo di pensare. Abbiamo tradotto in genere questa parola con
convertitevi e abbiamo dato a essa un’accezione morale: eppure Gesù intende dire che i
cambiamenti morali sono vani e inefficaci se non presuppongono un cambiamento nel
modo di pensare. Rischiamo di essere ridicoli: facciamo finta di essere mendicanti, ma
continuiamo a indossare l’abito del cavaliere.
Cambiate modo di pensare perché Dio (il Regno dei cieli) è vicino: finora hai pensato di
doverti sforzare, migliorare, fortificare la volontà per raggiungere la perfezione di Dio.
Cambia questo modo di pensare perché in verità è Dio che ti viene incontro. Abbi l’umiltà
di lasciarti raggiungere, abbi la disponibilità di fargli spazio, abbi l’onestà di riconoscere
che è lui che costruisce una casa per te e non tu per lui.
Giovanni Battista è il primo a vivere quel cambiamento che serve per iniziare: prende
le distanze.
Abbandona i luoghi del potere, dell’istituzione e del sacro. Figlio del sacerdote Zaccaria,
Giovanni abbandona le vesti sacerdotali della sua stirpe. Giovanni ha intuito che occorre
ripartire in modo nuovo.
Come in un gioco dell’oca, Giovanni si riposiziona nel punto di partenza. Torna nel
deserto, vicino al Giordano. Il deserto infatti è il luogo in cui è iniziata la relazione di Dio
con il suo popolo: è il luogo dell’intimità, del dono della Legge, della paura e della
scoperta. Nel suo cammino verso la terra promessa, il popolo si fermò proprio davanti al
Giordano. Quello è il punto in cui ci fu un nuovo inizio: Mosè salutò il popolo per
consegnarlo a Giosuè.
Per ripartire in una relazione, in una vocazione, in un percorso di vita, occorre tornare
all’inizio, occorre rifare l’origine in modo nuovo.
Ricominciare, soprattutto quando le relazioni si spezzano, non è mai un automatismo. A
volte per ricominciare occorre avere il coraggio di ascoltare la parola dura che ci rimanda
nella casella numero 1. [1]
La parola di Giovanni è una parola dura perché vuole scuotere dall’illusione di voler
ricominciare senza un vero cambiamento. È la parola dura che Giovanni rivolge ai Farisei
e ai Sadducei, ovvero a coloro che sono identificati come l’insieme di coloro che si
oppongono alla novità di Gesù.
Farisei e Sadducei siamo noi quando ci opponiamo al cambiamento che Cristo viene a
suggerire alla nostra vita. E spesso è la rigidità che ci impedisce di cambiare,
l’attaccamento ai rituali, la volontà di preservare la comodità o i privilegi. Si è fatto sempre
così! È il rigido rituale che spegne sul nascere il desiderio di Cristo di scuoterci dal nostro
torpore. Come direbbe Jung, «ciò a cui opponi resistenza persiste. Ciò che accetti può
essere cambiato».
Un nuovo inizio è sempre una sfida, un rischio, una sorpresa. Neppure Giovanni sa
esattamente dove porta la strada che invita a spianare. Nel seguito del Vangelo lui stesso
resterà sorpreso dalla novità di Gesù. Si è aperto al cambiamento, ora occorre lasciarsi
sorprendere.
Se davvero vogliamo partire, allora prepariamo la strada. La volontà di cambiare è
reale se ci diamo da fare concretamente per preparare il terreno dove mettere i piedi.
Spesso il desiderio di riconciliazione in una relazione resta una parola o un pensiero senza
nessun segno di concretezza. Se vogliamo veramente fare un viaggio, allora ci diamo da
fare per renderlo possibile.
Il battesimo segna un inizio, una volontà di camminare, perciò non può essere ricevuto
se non si ha alcuna reale intenzione di cambiare. Come Ignazio e come lo stesso Giovanni
Battista, nel battesimo abbandoniamo l’abito dell’uomo vecchio per prendere un vestito
nuovo.
La madre non può conservare in sé il bambino e l’albero non può impedire al seme di
germogliare. La vita ci chiede continuamente di cambiare. Le stagioni ci ripropongono
continuamente un nuovo inizio: la scure torna a essere posta alla radice dell’albero e il
grano prima o poi dovrà essere vagliato. La vita ci chiede di generare, di portare frutto, ci
chiede di cambiare. Se non siamo disposti a ricominciare, siamo già morti.
Leggersi dentro
–
Quali sentimenti suscita in te l’idea del cambiamento?
–
Ci sono situazioni della tua vita in questo momento che chiedono un nuovo inizio?
[1] Nel gioco dell’oca, la casella 58 (“scheletro”), posizionata poco prima dell’arrivo
(casella 63), rimanda il giocatore alla casella 1.