Il Prg funziona mancano le sfide

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Il Prg funziona mancano le sfide
La Repubblica Light - Il giornale in edicola
3-09-2003 16:36
L´INTERVISTA!
Cagnardi soddisfatto: "Giusto aprire un dibattito"!
"Il Prg funziona mancano le sfide"!
"Purtroppo non si lavora sempre per il bene comune. Bisognerebbe chiedere di più da
ogni intervento e avere un maggiore slancio"!
"Questa è l´unica metropoli che si è dotata in anni recenti di un piano regolatore
accettando la scommessa della trasformazione"!
MARINA PAGLIERI!
«Torino è l´unica città in Italia a essersi dotata in anni recenti di un piano regolatore. Ed è
anche l´unica in cui è in corso una profonda trasformazione. Purtroppo, però, al grande
sforzo iniziale non hanno fatto seguito risultati architettonici di qualità». Non usa mezzi
termini Augusto Cagnardi, progettista e urbanista, padre con Vittorio Gregotti del Prg
varato nel ´93 dalla giunta Castellani. Sottoscrive le critiche, ma riconosce i meriti di una
città che continua ad essergli cara nonostante i sempre più frequenti viaggi in Cina, dove
sta lavorando a Shanghai e Pechino.
Architetto Cagnardi, che cosa non le piace della nuova architettura di Torino?
«Intanto premetto che sono molto contento che vengano espresse valutazioni anche
negative, che si apra un dibattito. Che cosa non mi piace? Non mi esaltano, a dire il vero
le trovo indegne, le nuove costruzioni lungo la Spina, penso in particolare a quelle nei
pressi del raddoppio del Politecnico, in un´area che avrà un futuro importante. Diciamo
che quelle costruzioni non sono all´altezza di Torino e della sua storia architettonica».
E le opere per le Olimpiadi?
«Queste sono state aggiudicate tramite concorsi. Il Palahockey di Isozaki mi sembra
rimanga nella media dei suoi progetti, le altre non spiccano certo in quanto pezzi di
architettura pubblica rilevante. Va detto che uno degli elementi che ha contribuito
all´assegnazione delle Olimpiadi a Torino è stato proprio il Piano regolatore già pronto,
che rendeva più agevole l´inserimento di nuove opere».
E allora, che cosa non ha funzionato?
«Proprio l´attuazione del Piano ha fatto emergere la questione della mancanza di
un´architettura di qualità. Ma non si tratta di un fenomeno torinese, bensì italiano. Qui è
più evidente perché, lo ripeto, Torino è l´unica città che ha accettato la sfida della
trasformazione. Però poi anche qui manca una concezione civile dell´architettura, né
esiste la convinzione da parte degli imprenditori che sia meglio vivere in case belle. Il
problema è generale: in Italia in questo momento manca una cultura architettonica, non
si lavora per il bene comune, né si pensa di poter costruire qualcosa che sia meglio di
quello che c´era prima, lasciando un segno per chi verrà dopo di noi. Manca, insomma,
uno slancio verso il futuro».
Pensa che ci siano responsabilità da parte dei politici?
«Certo il mondo politico non incoraggia questa volontà di pensare al futuro. A Torino in
realtà sono stati fatti dei tentativi per salvaguardare la qualità dell´architettura: mi
riferisco in particolare all´incarico di "city architect" affidato a Carlo Olmo. Credo che il
suo ruolo di "controllo" sia ingrato, perché chi costruisce nomina i suoi architetti, dunque
si ha a che fare con tante individualità, con impresari che ragionano per lo più in termini
di profitto».
Insomma, Torino rischia di perdere la sua grande occasione?
«No, la città ha ancora una carta in più da giocare: deve però pretendere un contributo
civile da ogni intervento architettonico. E´ una questione che Olmo conosce bene: gli
faccio molti auguri».!
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