diego cannizzaro - Padis

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diego cannizzaro - Padis
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
DOTTORATO DI RICERCA IN
STORIA ED ANALISI DELLE CULTURE MUSICALI
XVII CICLO
DIEGO CANNIZZARO
La musica per organo e clavicembalo
nei regni di Napoli e di Sicilia
tra XVI e XVII secolo
Volume primo
Tutori:
Prof. Paolo Emilio Carapezza
Prof. Renato Di Benedetto
Coordinatore:
Prof. Pierluigi Petrobelli
2004
INDICE VOLUME PRIMO
Introduzione
1. La musica per organo e clavicembalo nel regno di Napoli nel XVI
secolo.
1.1
Napoli e Spagna
1.2
Rocco Rodio
1.2.1. Ricercate a quattro voci (1575)
1.2.2. Regole di musica (rist. 1609)
1.3
Antonio Valente
1.3.1 Intavolatura de cimbalo (1576)
1.3.2. Versi Spirituali (1580)
Pag. 1
1
5
7
10
13
13
21
2. La musica strumentale in Sicilia nel XVI secolo
2.1
Pietro Vinci (1560) - Antonio Il Verso (1596) –
Giovan Battista Calì (1605)
2.2
Sebastian Raval (1596)
2.3
Achille Falcone (1603)
24
3. Il trentennio d’oro a Napoli (1586/1618)
3.1
Giovanni De Macque
3.2
Il manoscritto “Rossi”
3.3
Ascanio Mayone
3.3.1. Primo libro di diversi capricci per sonare (1603)
3.3.2. Primo libro di ricercari a tre voci (1606)
3.3.3. Secondo libro di diversi capricci per sonare (1609)
3.3.4.Esempi musicali pubblicati in “La Sambuca Lincea”
(1618)
3.4
Giovanni Maria Trabaci
3.4.1. Ricercate […], primo libro (1603)
3.4.2. Ricercate […], secondo libro (1615)
43
51
64
72
73
77
78
4. La musica per organo e clavicembalo in Sicilia nel XVII secolo
4.1
Gioan Pietro Del Buono (1641)
4.2
Giovan Battista Fasolo (1645)
4.3
Bernardo Storace (1664)
110
112
123
137
5. La conclusione di un ciclo
5.1
Giovanni Salvatore
5.1.1 Ricercari a quattro voci […] (1641)
5.1.2. Pezzi presenti nel manoscritto “Cimino”.
5.2
Il manoscritto “Cimino”
5.3
Gregorio Strozzi
5.3.1 Elementorum musicae praxis (1683)
5.3.2. Capricci da sonar cembali et organi (1687)
145
146
147
154
156
167
167
177
Fonti
Bibliografia
189
193
27
32
40
83
85
87
99
INTRODUZIONE
La prima stampa di musica italiana per strumenti a tastiera è il volume Frottole
intabulate da sonare organi / Libro primo uscito a Roma il 13 gennaio 1518 ad opera
del chierico Andrea Antico da Montona. Gli originali vocali vengono adattati al nuovo
mezzo fonico con l’introduzione di fioriture; anche la distribuzione della parte viene
occasionalmente modificata. Le Frottole Intabulate assumono, così, una leggerezza
nuova e si affrancano dagli originali vocali. La pubblicazione dell’Antico non sembra,
però, destinata esclusivamente all’organo ed è emblematica la xilografia del frontespizio
che raffigura un giovane seduto al clavicembalo e non all’organo.
Le frottole di Andrea Antico presentano, quindi, due fondamentali caratteristiche
della musica organistica cinquecentesca: la derivazione da modelli vocali e
l’ambivalenza d’impiego tra organi e gli altri strumenti a tastiera.
Nel 1523, cinque anni dopo le Frottole Intabulate di Antico, Marco Antonio
Cavazzoni pubblicherà, per i tipi di Bernardo da Vercelli, i Ricercari, Motetti, Canzoni /
Libro Primo. Altri organisti e compositori attivi nell’Italia settentrionale pubblicheranno
nella prima metà del Cinquecento opere per organo: Gerolamo Cavazzoni, Jacopo
Fogliano, Girolamo Parabosco, Annibale Padovano.
Nei regni di Napoli e di Sicilia la pubblicazione di opere per organo o
clavicembalo inizierà nella seconda metà del XVI secolo con il Libro di ricercate a
quattro voci di Rocco Rodio, pubblicato nel 1575 e l’Intavolatura de cimbalo del
napoletano Antonio Valente pubblicata nel 1576. Nel XVI secolo i compositori siciliani
pubblicano musica strumentale in libri-parte eseguibile sia da un gruppo strumentale
che con un strumento da tasto. Bisognerà aspettare il 1641 per vedere pubblicate a
Palermo le Quattordici sonate per clavicembalo di Gioampietro Del Buono.
I cinque capitoli del presente lavoro sono stati organizzati distinguendo le opere
prodotte nel regno di Napoli da quelle nel regno di Sicilia: nel XVI secolo la Sicilia
appare ricca di forze locali mentre la cultura musicale napoletana è influenzata
maggiormente da musicisti spagnoli. Negli anni compresi tra il 1586 e il 1618 l’attività
musicale napoletana vive un periodo di grande fervore: operano nella città partenopea
Carlo Gesualdo principe di Venosa, Giovanni de Macque, Ascanio Mayone e Giovanni
Maria Trabaci; è un “trentennio d’oro” in cui Napoli diventa la capitale meridionale
della musica organistica e cembalistica. La Sicilia non vive un analogo periodo di
fervore ed in tutto il XVII secolo vengono pubblicate solo tre opere significative per
organo e clavicembalo, composte da autori con cittadinanza siciliana acquisita:
Gioampietro Del Buono, Giovan Battista Fasolo e Bernardo Storace. A Napoli,
l’impulso del trentennio d’oro si esaurirà con la pubblicazione nel 1687 dei Capricci da
sonar cembali et organi di Gregorio Strozzi.
Le opere esaminate in questo studio furono quasi tutte pubblicate a stampa; fanno
eccezione due importanti manoscritti napoletani: il “Manoscritto Rossi” (Cap. 3.2.) ed il
“Manoscritto Cimino” (Cap. 5.2.). La maggior parte delle musiche esaminate nel
presente studio sono accessibili in edizioni anastatiche o in trascrizioni in notazione
moderna; fanno eccezione i 17 ricercari di Sebastian Raval pubblicati a Palermo nel
1596 e le Fantasie sopra “Iste Confessor” e “Ave Maris Stella” di Rocco Rodio,
pubblicate a Napoli nel 1575 nel Libro di Ricercate a quattro voci. Di queste musiche
si presenta la trascrizione in notazione moderna nel secondo volume della tesi.
1. LA MUSICA STRUMENTALE NEL REGNO DI NAPOLI NEL XVI
SECOLO
1.1 NAPOLI E SPAGNA.
Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, il regno di Napoli fu teatro di guerre
di conquista. La contesa tra i D’Angiò e gli Aragonesi si risolse nel 1504 col trattato di
Lione che confermò l’appartenenza del regno di Napoli alla corona aragonese; con essa
entrò poi, dal 1516, nel patrimonio del ramo principale della Casa d’Asburgo, che allora
divenne sia sovrana di Castiglia che di Aragona. Sia il regno di Napoli che quello di
Sicilia, quest’ultimo fedele alla corona aragonese dal 1282, seguirono gli orientamenti
politici ed economici di Carlo V (1500-1558) e, successivamente, di Filippo II (15271598), Filippo III (1598-1621) e Filippo IV (1621-1665) attraverso la mediazione dei
viceré. I viceré determinavano l’indirizzo politico, a volte in conflitto con i
predecessori, col rischio di adottare politiche che non rispondessero agli interessi
dell’imperatore in nome del quale esercitavano il governo1.
I contatti tra i musicisti spagnoli ed italiani erano frequenti: sia nel regno di Napoli
che di Sicilia avevano soggiornato musicisti spagnoli al seguito dei loro sovrani.
Durante le spedizioni in Sicilia e nell’Italia meridionale tra il 1420 e il 1432, Alfonso I
il Magnanimo ebbe al proprio seguito un gruppo di cantori e sonatori. Quando divenne
re di Napoli, nel 1443, si preoccupò di allestire una cappella musicale di altissimo
rango, costituita per lo più, da musici e cantori spagnoli2 .
Ma la migrazione era reciproca:
Si veda, tra l’altro, l’esempio dei “seys ytalianos con sus biguelas de arco” che il Duca di
Medina Sidonia condusse seco ai festeggiamenti organizzati nel 1543 per le nozze del
principe Filippo con la principessa Maria di Portogallo, festeggiamenti che si svolsero in
vari luoghi siti tra Badajos e Salamanca, ai quali collaborò anche Cabezon esibendosi
come suonatore e cantante […] gli scambi di rapporti musicali tra le due penisole furono
svariatissimi; è un andirivieni costante, un fluire e rifluire incessante di idee e concetti, un
intreccio artistico continuo3.
A Napoli convergono molti musicisti spagnoli, fiamminghi, veneziani, borgognoni
e francesi invitati dai nobili napoletani: Costanzo Festa, Orlando di Lasso, Giaches de
Wert, Philippe de Monte4.
I maestri della cappella reale di Napoli5 furono spesso stranieri: Diego Ortiz
(1555-70) e Francisco Martinez de Loscos (1570-83) spagnoli, Bartolomeo Lo Roy
(1583-98) borgognone e Giovanni de Macque6 (1599- 1614) fiammingo. Toccherà a
Giovanni Maria Trabaci, allievo e successore di Macque, l’onore di diventare il primo
napoletano maestro della Real Cappella.
1
Cochrane 1989, 37.
Anglés 1961, 81-142.
3
Kastner 1960, 52
4
Larson 1983, 72
5
Prota-Giurleo 1960, 186.
6
Vedi Cap. 3.1
2
1
La figura di Diego Ortiz, nato a Toledo intorno al 1510 e morto probabilmente a
Napoli intorno al 15707 è tra le più importanti di tutto il XVI il secolo. Nel 1553, due
anni prima di assumere l’incarico di maestro della Real Cappella di Napoli, pubblica
presso Valerio e Luigi Dorico, in Roma, il Trattado de glosas8: esso apparve in lingua
spagnola ma, nello stesso anno, seguì una versione in italiano. Solo i paragrafi
introduttivi vennero tradotti in italiano mentre tutte le pagine con gli esempi musicali
vennero lasciate in spagnolo, segno di un lavoro svolto abbastanza in fretta; anche la
traduzione italiana, forse dello stesso Ortiz9, non è molto elegante.
Il trattato rende merito al valore raggiunto dalla musica strumentale ed Ortiz stesso
così esordisce nell’introduzione:
Pensando il prefato auttore quanto la Musica a questi nostri tempi sia in fiore non sola/mente quella la quale consiste de armonia de voce ma anchora quella che consiste de
instrumenti,/ vedendo anchora ch’in tutte lhoro (sic) diversità si ritrovano trattati sopra li
quali li curiosi di essa Mu-/sica si possono prevalere studiando li precetti & ordini per
sonare tali instrumenti, donolli gran-/de ammiration’ la Viola de arco la qual per esser’ un
instrumento tanto principale e che tanto è / in uso, che non sia alchuno de tanti huomini
sufficienti & in tal in strumento esercitati ch’anchora habino da-/to principio di modo che
li studiosi scorgessero alcuna via o maniera de essercitarsi in essa..10
Ortiz esamina, poi, varie maniere di diminuire con esempi musicali per la viola da
gamba, ma assai utili per qualsiasi altro strumento: le “glose” di Ortiz sono un criterio
generale per creare pezzi strumentali originali e per elaborare preesistenti brani vocali.
Nel secondo libro Ortiz affronta le maniere che s’han da sonare col Violone, e col
Cimbalo insieme; vi sono considerate tre possibilità: la “fantasia”, improvvisazione
libera, che non si può mostrare, che ciascun buon sonatore la suona di sua testa e di
suo studio & uso11, i contrappunti sul canto piano ed i passeggi.
Sei recercadas sono composte sopra il tenore di bassadanza del XV secolo detto
La Spagna. Ecco la una breve spiegazione che le precede:
Desta manera de taner pongo aqui 6. Reçercadas sobre este canto llano quese sigue,
elqual se ha da poner en el Cymbalo por donde esta apuntado por contrabaxo,
acompanandole con consonançias y algun contrapunto …12
Ortiz offre pure esempi di ricercate derivate da brani vocali: quattro sono elaborate
sul madrigale di Jacob Arcadelt “O felici occhi miei”13 ed altre quattro sulla canzone
“Dolce memoire” di Pierre Sandrin14.
Chiude il trattato il gruppo di otto ricercate sobre estos Cantos llanos que en Italia
comunmente llaman Tenores15: la prima e la quinta sopra il Passamezzo antico, la
seconda e la terza sopra il Passamezzo moderno, la quarta e l’ottava sopra la Follia, la
sesta e la settima sopra la Romanesca. La qualità musicale di queste ricercate è altissima
ed il loro linguaggio sarà il punto di riferimento per tanti compositori napoletani.
Antonio Valente attingerà a piene mani da Ortiz quando nel 1576 pubblicherà
l’Intavolatura de’ cimbalo, prima opera napoletana per clavicembalo. L’impostazione
7
Stevenson 1980, 762.
Dedicato a Pedro de Urries, barone di Riesi (Sicilia).
9
Di Pasquale 1984, 1.
10
Ortiz 1553, 3r.
11
Ortiz 1553, 26f.
12
Ibidem, 30v.
13
Madrigale pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro (Arcadelt 1539)
14
Stevenson 1980, 763.
15
Ortiz 1553, 47r.
8
2
teorica di Ortiz, con poche regole teoriche ben illustrate da esempi musicali, verrà
mantenuta anche nel trattato Regole di musica di Rocco Rodio, giuntoci grazie ad una
ristampa del 160916.
Un altro grande musicista spagnolo che visse a lungo in Italia fu Francisco
Salinas. Nato a Burgos in una data compresa tra il 1513 e il 151817, si trasferì in Italia
nel 1538, dapprima a Roma e nel 1553 a Napoli. Lo ritroviamo in Spagna nel 1563,
organista della cattedrale di Leon ed infine, nel 1567, titolare della cattedra di musica
presso l’Università di Salamanca, dove morì nel 1590. Francisco Salinas è passato alla
storia per il suo monumentale trattato diviso in sette libri, di cui si riporta il titolo per
esteso:
Francisci Salinas Burgensis abbatis Sancti Pancratii de Rocca Scalegna in Regno
Neapolitano, & in Accademia Salamanticensi Musicae Professoris, DE MUSICA Libri
septem, in quibus eius doctrinae veritas tam quae ad Harmoniam, quam quae ad
Rhythmum pertinet, iuxta sensus ac rationis iudicium ostenditur, & demonstratur. Cum
duplici Indice Capitum et Rerum. Salamanticae Excudebat Mathias Gastius.
M.D.LXXVII
Il primo libro è dedicato all’aritmetica, principio e fondamento di qualsiasi
argomentazione teorica sulla musica; dei sei restanti libri, tre (II, III, IV) sono dedicati
alla scienza armonica con un sistematico studio dei rapporti intervallari che regolano le
consonanze e le dissonanze, gli altri tre (V, VI, VII) alla ritmica con un’attenta analisi
della metrica classica. Benché l’opera abbia visto la luce a Salamanca, sono presenti nel
trattato di Salinas esperienze e cognizioni risalenti al periodo in cui visse in Italia: per
esempio, vi è la descrizione dell’organo di Santa Maria Novella in Firenze (Lib. IV, 32),
sono riferiti la notevole capacità dei cantori napoletani ad intonare intervalli difficili
(Lib. II, 8) e l’uso dei cantori greci risiedenti a Napoli di intonare anche i quarti di tono
(Lib. II, 9).
Nel III libro Salinas affronta il problema dell’accordatura degli strumenti
descrivendo il temperamento degli organi (ed altri strumenti ad accordatura fissa) e
degli strumenti a corde (lira, vihuela, liuto): per i primi propone tre forme differenti del
“tono medio” con toni uguali e semitoni differenti, per i secondi descrive un
temperamento con semitoni uguali che è simile al moderno temperamento equabile; al
tempo stesso stigmatizza la teoria di Vicentino18 con la divisione dell’ottava in 31 parti
perché non rispettosa, a suo dire, delle giuste proporzioni intervallari. Le problematiche
di Salinas saranno affrontate e studiate dai compositori napoletani del XVII secolo:
Stella, Mayone, Trabaci, Del Buono si confronteranno con i cembali cromatici e con gli
archicembali ma, alla fine, prevarrà la divisione in semitoni uguali. Le musiche di
Giovanni Salvatore e di Gregorio Strozzi, composte a metà del XVII, sembrano più
appropriate a strumenti accordati col temperamento a semitoni uguali, del quale anche
Frescobaldi sembra essere stato tra gli assertori.
[…] Ci sembra sintomatico che la prima esplicita presa di posizione d’un teorico veda la
luce a Napoli: il calabrese Domenico Scorpione, nelle sue Riflessioni armoniche
pubblicate a Napoli nel 1701, afferma infatti che la pratica dell’accordatura degli
strumenti a tastiera non corrisponde alla teoria in vigore; secondo quest’ultima i semitoni
risulterebbero ineguali, mentre nella pratica “sempre si trovano i semitoni uguali” o,
16
Vedi Cap 1.2.
De la Cuesta 1974, 5-18.
18
Nicola Vicentino (Vicenza 1511, Milano c 1576) descrisse l’archicembalo di sua invenzione nel quinto
libro nella sua pubblicazione L’antica musica ridotta alla moderna pratica (Roma, 1555).
17
3
comunque, “tal differenza, che dicono trovarsi tra essi semitoni è di tanta picciola
quantità, che appena si discerne dall’udito”19
Domenico Scorpione rivela una pratica da molto tempo in voga: nel 1567 il napoletano
padre Francesco Orso aveva preso in considerazione la suddivisione equabile del tono
per due madrigali cromatici da lui pubblicati nello stesso anno20:
[…] mi è parso necessario, accioch’io sia inteso in questi ultimi Madrigali fatti da me nel
genere cromatico […] ho segnato un semitonio solo […] mi son risoluto usar questo
segno # il quale facesse l’istesso ufficio nell’alzar la voce, che fa il bemolle
nell’abassarla: ciò è, che dove si trovasse questo segno, s’intendesse esser’ il mezo
accidentale, che può cadere tra l’uno, e l’altro estremo intervallo.21
Anche Antonio Valente, nell’Intavolatura de cimbalo del 1576, impiegherà il diesis (#)
come unico segno d’alterazione.22
Se è dimostrabile il flusso di musicisti spagnoli che operarono nei regni di Napoli
e di Sicilia è più difficile stabilire fino a che punto le rispettive scuole musicali si siano
reciprocamente influenzate. La tecnica della variazione impiegata dai maestri napoletani
potrebbe essere frutto dell’influsso spagnolo o, per lo meno, di uno stimolo proveniente
dal trattato di Diego Ortiz; quest’ultimo, di contro, appare molto italianizzato se
paragonato alle coeve pubblicazioni nella penisola iberica di Juan Bermudo23 o Tomas
de Sancta Maria24. L’Intavolatura de’ cimbalo di Antonio Valente (1576) si ispira
indubbiamente all’intavolatura numerica degli organisti spagnoli, ma risulterà un caso
isolato in Italia: lo stesso Valente adotterà la più convenzionale partitura a quattro
pentagrammi per i suoi Versi spirituali (1580).
Ma la scuola napoletana spicca assai più per la sua indipendenza e originalità che per gli
accennati – sicuri o ipotetici – legami. Basti accennare allo scarso interesse degli organari
e organisti partenopei per i “registri spezzati” che sulla fine del Cinquecento sono ormai
di prammatica in Ispagna e cominciano a diffondersi dell’Italia settentrionale e centrale;
di conseguenza resta estranea ai napoletani una delle forme più tipiche dell’arte
organistica spagnola secentesca: il tiento de medio registro (o de registro partido). Per
converso, la Spagna sembra essere rimasta piuttosto impermeabile al fermento che agisce
nell’arte cembalo-organistica napoletana all’inizio del nuovo secolo, soprattutto ad opera
di Jean de Macque e dei suoi discepoli Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci;
alludo in particolare a quello stile toccatistico “affettuoso” che sfocerà nell’arte
frescobaldiana e troverà terreno fecondo nella stessa Napoli durante il XVII secolo.25
19
Tagliavini 1983b, 144.
Orso 1567.
21
Pubblicato in Vogel 1892, 33-34.
22
Vedi Cap. 1.2.
23
Juan Bermudo: De arte Tripharia, Ossuna 1549; Desclaracion de instrumentos musicales, Ossuna
1555.
24
Tomas de Sancta Maria: Arte de taner Fantasia…, Valladolid 1565.
25
Tagliavini 1983b, 141-142.
20
4
1.2 ROCCO RODIO
L’opera di Rocco Rodio è stata oggetto di studio a partire dal Settecento: le sue
messe e le Regole di musica vennero studiate e celebrate da padre Martini. Rodio è
quindi considerato tra i fondatori della tradizione musicale napoletana dell’età spagnola.
Fino a tempi recenti non era stata messa in discussione l’origine calabrese di Rocco
Rodio, uno dei più importanti musicisti attivi a Napoli nell’età di Carlo Gesualdo principe
di Venosa. Riportata genericamente da tutti i biografi ottocenteschi, dal Villarosa, al Fétis
al Florimo, e più di recente in alcuni studi locali calabresi, sembra assai probabile
l’origine in Calabria della famiglia Rodio, che nella regione ha tuttora discendenti: forse
per un trasferimento momentaneo in Puglia dei suoi genitori, Rocco Rodio ebbe la
ventura di nascere in provincia di Bari nell’epoca di maggiore fervore politico e artistico
del ducato di Bona Sforza, attorno al 1540.26
In realtà il luogo della nascita venne correttamente indicato già nelle stampe musicali
cinquecentesche27; nel 1562 Giovanni Camillo Maffei stampa una raccolta di lettere tra
cui una indirizzata a “M. Rocco Rodio”, testimonianza di fama e reputazione acquistata
dal musicista a Napoli28 definitivamente sancita nel 1601 da Scipione Cerreto che
inserisce Rodio, per antichità napoletano, tra i compositori eccellenti della Città di
Napoli che oggi vivono29.
Il rapporto con i principali musicisti aristocratici napoletani della generazione precedente
quella di Gesualdo è testimoniato dalla importante raccolta di Aeri del 157730, che
rappresenta il primo contributo all’affermazione della monodia accompagnata, con largo
anticipo sugli esperimenti fiorentini, com’è stato ben rilevato di recente da Howard
Mayer Brown31. I nomi che compaiono in questa antologia sono quelli di Fabrizio
Dentice, Scipione Stella, Pietro d’Isis, Scipione delle Palle, Francesco Menta, Tarquinio
del Pezzo. Anche i musicisti che erano compresi in un’altra antologia curata da Rodio nel
158932, oggi scomparsa, erano tutti collegati alla nobiltà napoletana: Antonio Bove, Lelio
Gozzuto, Giovanni Francesco delle Castelle e Francesco Antonio Villano.33
Non abbiamo notizia di coinvolgimento di Rodio nella cerchia di Carlo Gesualdo di
Venosa, né di incarichi presso istituzioni napoletane: forse, la grande stima che si
procurò a Napoli derivò dall’attività di insegnante privato.
Rodio non recise mai i contatti con la città natia: intorno al 1574 tornò
probabilmente a Bari34 ma
Nel 1598 Rocco Rodio sicuramente non risiedeva a Bari, ma in questa città possedeva
ancora una casa (“Quae fuit quondam Rocchi de Rodio in vicinio Spiritus Santi”)
26
Fabris 1994, ix.
Nel 1562, presso lo stampatore romano Dorico, vengono pubblicate le Missarum Decem Liber Primis
Rocchi Rodij Civitatis Barensis, Cum quatuor, quinque, et sex vocibus; l’edizione originale di questa
stampa che si conservava a Padova non è più reperibile, ma esiste una copia manoscritta settecentesca
presso il Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, coll. U 122.
28
Fabris 1994, ix.
29
Cerreto 1601, 156.
30
Aeri raccolti insieme con altri bellissimi aggionti… di diversi [3-4 v.], rist. G. Cacchio dall’Aquila,
Napoli, 1577.
31
Brown 1981, 147-168 e 1991, 16-50.
32
Cfr. Larson-Pompilio 1983, 115.
33
Fabris 1994, x.
34
A Bari nacque il suo figlio “Vincenzo de Rocco de rodio”; cfr. Fabris 1994, x.
27
5
ricordata in un inventario della basilica di San Nicola di Bari del 1618, quando il musico
era già morto. La sua fine deve essere avvenuta non molto tempo prima, fra il 1615 e il
1618, anche se già nella prima ristampa del 1609 delle sue Regole di musica il curatore ed
allievo Giovan Battista Olifante parla del suo maestro al passato, lasciando intendere che,
se non scomparso, Rodio avesse ormai cessato ogni attività35.
Due pubblicazioni di Rodio rivestono un ruolo importante nell’evoluzione della musica
per strumenti a tastiera nell’Italia meridionale: il Libro delle ricercate a quattro voci
(1575) ed il trattato teorico Regole di musica che ci è giunto grazie alla ristampa curata
dal suo discepolo Olifante nel 1609.
35
Fabris 1994, xi.
6
1.2.1 LIBRO DELLE RICERCATE A QUATTRO VOCI (1575)
Il Libro di Ricercate a quattro voci è l’unica pubblicazione esclusivamente
strumentale di Rocco Rodio36; lo stampatore, Giuseppe Cacchio Dall’Aquila,
fu il primo a Napoli a mostrare una sorta di specializzazione editoriale, poiché nei due
anni successivi portò alla luce rispettivamente la Intavolatura de cimbalo di Antonio
Valente e una antologia di Aeri raccolti insieme con altri bellissimi aggiunti, curata
quest’ultima sempre da Rocco Rodio; […] E’ probabile che Rodio, all’epoca già
rinomato in città come organista e didatta, avesse in qualche modo un ruolo di consulente
stabile per questo stampatore, ruolo fors’anche collegato ad un tentativo di “camerata
musicale”, ovvero di accademia, che vide coinvolto il musicista a Napoli in quei
decenni.37
Ecco il frontespizio :
LIBRO
DI RICERCATE
A
QUATTRO VOCI DI ROCCO RODIO
CON ALCUNE FANTASIE SOPRA
VARII CANTI FERMI NOVAMENTE
POSTI IN LUCE
[Stemma]
IN NAPOLI, Con Privilegio, Appresso Gioseppe Cacchio
Dall’Aquila. M D L X X V.
A differenza di quanto farà l’anno successivo Antonio Valente nella sua Intavolatura de
cimbalo, Rodio non specifica strumenti: l’estensione e la distribuzione delle parti è,
comunque, compatibile con l’esecuzione tastieristica. La disposizione in partitura con
quattro pentagrammi, inoltre, sarà sempre usata dai maestri napoletani fino ad oltre la
metà del XVII secolo, per le opere destinate all’organo o al clavicembalo.
36
Nel 1573 Rodio aveva pubblicato presso l’editore napoletano Mattia Cancer i Salmi per i Vespri. Vedi
Fabris 1994.
37
Ibidem, viii.
7
Ecco la dedica :
MOLTO MAGNIFICO SIGNOR IL SIGNOR GIO
Battista Turbolo da Napoli.
Sogliono l’opere dei mortali mag.[nifico] e generosissimo sig. mio, quando fuo-/ra
del’ordinario, e solito corso si scorgono, cagionare ammirattione a/ chi ben le considera.
Ma quando si vedono ad ottimo, & onorato fi-/ne drizzate aggiungono allegrezza à chi
ama, & utilità à chi l’es-/sercita; chi dunque non ammirarà il camino alla virtù che V.S.
per/ proprio fine s’ha preso? Poiché in tanta abondanza de’ beni di fortu-/na, non
com’altri forse farebbe, alle delizie, o ad altre opre poco degne/ ha posto il suo saggio
pensiero; ma alle lettere, alla musi-/ca, & al altri nobili esercitij, servendosi delle doti
della fortuna ad abbellir ogni giorno/ più l’ingegno suo atto ad ogni onorata impresa;
onde stupore al mondo, a se sodisfatio-/ne, & allegrezza grande porge a chi l’ama; tal che
tutti i virtuosi si debbono ingegnar/ d’amarvi, & onorarvi, poiché tanto fautore, & amator
loro vi dimostrate. Et io in/ segno de la mia divotione li dono queste picciole fatiche
accompagnate da molta affet-/tione, e dal gran debito c’ho a le sue rare parti. Accettale
dunque con quell’affetto d’/animo ch’io ce li porgo, e [,]con cio fo fine[,] umilmente me
li ricomando.
D. V .S. Perpetuo servo.
Rocco Rodio.
I ricercari e le fantasie sono in tempo imperfetto (C) ad eccezione della quarta ricercata
che ha una sezione in tempo ternario .
Prima ricercata. E’ un ricercare politematico38 con tre soggetti:
1. batt. 1-45: esposizione ed elaborazione del primo soggetto;
2. batt. 46-69: elaborazione del secondo soggetto;
3. batt. 70-77: terzo soggetto;
4. batt. 78-82: coda virtuosistica basata sulla diminuzione del terzo soggetto.
I soggetti non vengono diminuiti né aumentati, si riscontrano solo alcune variazioni
ritmiche dei soggetti, in particolar modo nell’incipit, viene usata con regolarità la
tecnica dello stretto. La scarsa elaborazione tematica viene compensata dal differente
carattere dei soggetti: il primo, infatti, è severo, il secondo ed il terzo sono
progressivamente più movimentati. La coda finale è originalissima: il terzo soggetto, in
semiminime, è diminuito in semicrome e rimbalza continuamente fra tutte le voci con
un movimento turbinoso finché non giunge all’accordo finale. Queste ultime quattro
battute sono stilisticamente affini alla Fantasia improvvisativa39. La ricercata è nel
settimo tono naturale40.
Seconda ricercata. E’ monotematica: il soggetto appare nell’esposizione all’Alto,
al Canto, al Tenore ed al Basso; il controsoggetto, articolato e vivace, viene ampiamente
sfruttato nello sviluppo del pezzo. Il soggetto viene proposto in aumentazione e
diminuzione. La cadenza finale è condotta sul soggetto aumentato al Basso. La ricercata
è nell’undicesimo tono finto con Si bemolle in chiave.
Terza ricercata. E’ politematica con quattro soggetti:
1. batt. 1-33: esposizione ed elaborazione del primo soggetto;
2. batt. 34-43: elaborazione del secondo soggetto;
3. batt. 44-63: terzo soggetto;
4. batt. 64-92: quarto soggetto.
38
Nel ricercare politematico i soggetti vengono esposti e sviluppati in sezioni separate a differenza del
ricercare multitematico in cui i soggetti vengono esposti e sviluppati contemporaneamente. Vedi volume
II, tavola n.°2..
39
Cfr la Fantasia di Antonio Valente, Cap. 1.3.1., 17-18.
40
L’autore non specifica nella stampa il tono delle ricercate.
8
Rodio impiega gli artifici presenti nelle due precedenti ricercate: intensificazione
progressiva dei soggetti (il terzo soggetto è l’unione di un gruppetto con un trillo) ed
elaborazione tematica. Da sottolineare come l’apice ritmico viene raggiunto col terzo
soggetto; il quarto soggetto, invece, è più quieto e regolare.
Fig. 2.1.1: Terza ricercata, terzo soggetto (batt. 44).
La ricercata è nell’undicesimo tono finto con Si bemolle in chiave.
Quarta ricercata. E’ multitematica con due soggetti che entrano subito in stretto:
Fig. 2.1.2.: Quarta ricercata, batt. 1-4.
I due soggetti hanno la coda (inciso “a”) in comune. La ricercata è divisa in due sezioni:
1. batt. 1- 55, tempo imperfetto;
2. batt. 56-77, tempo 3/2.
La sezione ternaria non presenta un soggetto ben definito ma amplia e sviluppa l’inciso
“a” comune ai due soggetti. La ricercata è nel terzo tono naturale.
Quinta ricercata. E’ multitematica col secondo soggetto che appare come
controsoggetto del primo (duplex thema). I due soggetti sono ben differenziati
ritmicamente: il primo è calmo e severo, il secondo è articolato e brillante. Il primo
soggetto viene proposto diverse volte in aumentazione mentre lo sviluppo è affidato agli
incisi del secondo soggetto variati. La ricercata è nel primo tono finto con Si bemolle in
chiave.
Alle cinque ricercate fanno seguito quattro fantasie su canti dati: Iste confessor,
Ave maris stella, Salve regina41 e La mi re fa mi re42.
Utilizzando il termine Fantasia, Rodio differenzia questi pezzi su canto fermo dalle
ricercate: queste si svolgono secondo un ordinato piano tematico, le fantasie, invece,
presentano continuamente temi nuovi in imitazione. Nelle fantasie è quasi del tutto
assente lo sviluppo tematico poiché l’autore preferisce variare il flusso sonoro con
l’inserimento di nuovi temi: a volte, comunque, i nuovi temi riprendono, variandoli,
elementi già uditi in precedenza. Il canto fermo è fissato sempre in brevi al tenore:
x Iste confessor: 48 battute di brevi.
x Ave maris stella: 40 battute di brevi.
x Salve regina: 32 battute di brevi.
41
La Salve Regina di Rodio venne pubblicata anche nell’Intavolatura de cimbalo di Antonio Valente.
E’ il canto fermo altrove definito “La Spagna”, “Bassa Castiglia” e “Canto fermo di Costantio Festa”.
Vedi volume II, tavola 3.
42
9
x
La mi re fa mi re: 37 battute di brevi.
La conduzione delle parti nelle Fantasie porta spesso ad incroci molto scomodi da
eseguirsi ovvero a parti molto late: l’esecutore alla tastiera è costretto a lasciare
anzitempo la nota del canto fermo e se ciò non comporta problema alcuno al
clavicembalo, all’organo l’effetto sonoro non è felice. Le ricercate, di contro, non
presentano di questi problemi.
1.2.2 REGOLE DI MUSICA (rist. 1609)
Non ci è pervenuta alcuna copia della prima pubblicazione del trattato di Rodio; il
suo allievo Giovan Battista Olifante curò nel 1609 una nuova edizione cui aggiunse, in
appendice, un Trattato di Proporzioni necessario à detto Libro.
Ecco il frontespizio della edizione curata da Olifante:
REGOLE
DI
MUSICA
DI ROCCO RODIO
SOTTO BREVISSIME RISPOSTE AD ALCUNI
dubij propostigli da un Cavaliero, intorno alle varie opinioni
de Contrapontisti
CON LA DIMOSTRATIONE DE TUTTI I CANONI
sopra il Canto Fermo, con li Contraponti doppij, e rivoltati,
e le loro Regole.
AGGIONTAVI UN’ALTRA BREVE DIMOSTRATIONE
de dodici Tuoni Regolari, Finti e Trasportati.
ET DI NUOVO DA DON GIO. BATTISTA OLIFANTE AGGIONTOVI UN
Trattato di Proporzioni necessario à detto Libro, e ristampato.
[Stemma]
IN NAPOLI, Per Gio. Giacomo Carlino, e Costantino Vitale. M.D.CVIIII
Rodio esordisce con un illuminante Trattato di varie opinioni di musici sopra il
contrappunto, scritto in forma di risposta ad alcuni dubij propostigli da un Cavaliero,
che si riporta in parte:
Havendo io più volte con V.S. ragionato di tante varie opinioni, e capricci, che ne i
Musici sopra il Contrappunto si trovano; in alcuni per impor nuove leggi, in altri per
mostrar nuove invenzioni, in altri per non voler, che nell’incominciar detto Contrapunto,
s’incomincia con consonanza imperfetta: In altri negando cominciar con perfetta
10
consonanza, e chi volendo che nella position della battuta non si dia ottava, altri che non
si vada dall’ottava alla quinta, & dalla quinta all’ottava, non ostante che siano in contrarij
modi. Altri che non si vada dall’ottava alla quintadecima, ne dalla quintadecima
all’ottava. Altri negando poter venirsi dalla duodecima alla quinta, altri non volendo, che
per dentro si conchiudino cadenze. Altri affermando potersi ciò fare. Altri prohibendo i
passaggi di crome. Altri concedendoli. Altri non volendo che la quarta si leghi, ancor che
presso si segua la terza. Altri (e questi sono i moderni) vogliono ch’l passaggio non passi
quattro note, e mill’altri de simili pareri. Altri intendendo l’osservation d’una maniera, &
altri d’un’altra; mi fu da lei imposto che sopra queste confusioni, & contrarietà de’
Contrappuntisti (che certo ingombrano la mente di poveri principianti curiosi di veder
tante varietà di leggi, & d’opinioni) gli dicessi il parer mio. Dunque il parer mio è, che
osservatione non è altro che facendosi contrapunti per lo soprano, si deve con le maggiori
consonanze salire, & con le minori scendere, & per lo basso, è da osservarsi tutto il
contrario, salir con le minori, & discendere con le maggiori; e si deveno ligar quelle
dissonanze, le quali sono salvate da consonanze imperfette, così per il Soprano, come per
il basso. […] Oltra ciò direi che tutta volta ch’l Contrappuntista attende ad essere vago, e
far buon effetto, non è obligato à tanti varij capricci de gli altri: per ciò che alle volte il
contrapunto astretto da tanti obblighi di regole, & osservazioni non può far vago, e dolce
effetto, opponendosi à questo molti inconvenienti, che da tali osservazioni nascono. Non
perciò resta ch’io non lodi l’osservatione; ma semo tuttavia più obligati al vago, e dolce
concento, ch’à tante sorti di leggi. Il che chiaramente si conferma dall’autorità di coloro,
c’hanno atteso alla vaghezza più che all’osservatione. Perciò altra cosa è il dire, & altro il
fare. Ma quando senza impedimento di qualche obligo si potesse osservar lo loderei.
Rodio si rende conto delle tante e troppe opinioni che esistono in merito alle regole
del ben comporre che non aiutano certo i principianti; egli si propone, quindi, di fissare
poche e precise regole generali che consentano di mantenere alto l’interesse poiché le
regole non devono soffocare la musica. Il trattato esamina, così, gli aspetti della
composizione ritenuti da Rodio essenziali per la formazione del compositore attraverso
esempi musicali . La materia è così suddivisa:
1. canoni in tutti gli intervalli sopra il canto fermo La Spagna;
2. contrappunti rivoltati;
3. teoria dei dodici toni con esempi musicali;
4. contrappunti sopra l’Ave Maris Stella.
Per il nostro studio risultano particolarmente interessanti gli esempi al punto 3. poiché
sono dei brevi brani in partitura a quattro pentagrammi perfettamente eseguibili
all’organo, scritti nello stile dei versetti:
11
Fig. 2.1.3: Regole di Musica, Dimostrazione del Primo tuono naturale, pag. 59.
La dimostrazione del Primo tuono naturale è scritta nello stile delle “durezze e ligature”
che troveremo in Giovanni de Macque. Le Dimostratione de’ dodici tuoni naturali, et
regolari con li finti, et trasportati possono essere eseguite all’organo come intonazioni
per le scholae cantorum.
12
1.3 ANTONIO VALENTE
Apprendiamo gli avvenimenti della vita di Antonio Valente da quattro fonti: i
frontespizi delle due sue pubblicazioni, il trattato di Scipione Cerreto43 ed i registri della
chiesa di Sant’Angelo a Nilo in Napoli dove Valente tenne l’incarico di organista per
diversi anni. Il frontespizio dell’ Intavolatura de Cimbalo, la prima opera stampata a
Napoli per strumento a tastiera, dichiara la cecità di Antonio Valente, il frontespizio dei
Versi Spirituali ci rivela che Antonio Valente fu attivo a Napoli almeno fino al 10
settembre del 1580, Scipione Cerreto, nel 1601, cita Antonio Valente tra i Sonatori
eccellenti d’Organo della città di Napoli, che oggi non vivono44 e lo definisce per
antichità Napoletano45, definizione usata per indicare tutti i musicisti non nati a Napoli
e successivamente naturalizzati; è evidente così che Valente nel 1601 era già morto.
Joseph Albert Burns46 ha studiato gli archivi della chiesa di Sant’Angelo a Nilo (o a
Nido) e rivela che Antonio Valente fu organista tra il novembre 1565 e il maggio 1580;
suo predecessore fu Fabio Vescovo e Donato Martuccio il suo successore. Valente
ricevette aumenti di salario nel 1566, nel 1569 e nel 1577 raddoppiando all’incirca la
paga con cui aveva iniziato il servizio.
1.3.1.INTAVOLATURA DE CIMBALO (1576)
Il frontespizio:
INTAVOLATURA DE CIMBALO
RECERCATE
FANTASIE ET CANZONI
FRANCESE DESMINUITE
CON ALCUNI TENORI BALLI ET VARIE
SORTE
DE
CONTRAPONTI
LIBRO
PRIMO
De M. Antonio Valente Cieco, Organista della Venerabile Chiesa
Di Sant’Angelo à Nido, di Napoli
DA LUI COMPOSTE, INTAVOLATE, ET POSTE IN LUCE
[Stemma]
Con licenza, & Privilegio, per Anni diece
IN NAPOLI
43
Cerreto 1601.
Ibidem, 159.
45
Ibidem, 159.
46
Burns 1953, 4-5.
44
13
La dedica:
ALL’ILLUSTRE
S.OR
MIO
ET
PADRONE
OSSERVANDISSIMO IL SIGNOR
G I O.
GERONIMO
CAPECE
Quanto io deggia à Vost. Sig. Illust. e quanta/ sia la mia servitù appresso lei, ne
sono argomento i mol-/ ti favori da lei ricevuti, e le singolari virtù, che sono / in essa:
quando che quelli li son proprij come di Cava-/ liere generoso, e queste native, come di
spirito pellegri-/ no. Onde quelli mi le han cagionato infiniti oblighi,/ e queste perpetua
affettione, tal che a gl’oblighi aggiun-/ ti i meriti, di tanto carco mi trovo oppresso, di
quanto meno al suo alto grado/ corrisponde il mio poco valore, onde s’à quelli con opre, e
à questi con l’ani-/ mo sodisfar volessi, ne à quelli le forze, ne à questi il desire sariano
bastevoli./ Pur se manco di forza, per non perder almeno di voglia, e in questo non rice-/
va accusa, se in quello non manco disculpa, ho voluto se non disobligarmi, alme-/no
scusarmi & con qualche segno di servitù mostrarle quanto mi le conosca/ debitore. E
come ch’ella è d’infinite virtù ripiena, & tra l’altre havendo gran/ parte nella musica di
cui tanto si serve nelle scienze Mathematiche, che l’ar-/monia dalle proportioni cavando,
le proportioni da i numeri, e da i numeri/ le misure, & dalle misure a l’armonia
trapassando, coi numeri l’arithmentica/ con l’armonia la Musica, con le misure
l’Architettura, e con le proportione la/ Pittura, e la Scultura (di che ella è tanto vaga) di
continuo va conferendo, / e con le proprietà da l’una teoricamente quella de l’altre
riprovando. Et per-/che la musica con l’armonia fa esperienza de’ numeri proportionati,
delle pro-/portioni misurate, & delle misure armonizate. Per tanto intorno à quella co-/me
regola, e dimostratione delle proportioni, in che l’altre si fondano, mi hò/ industriato
aggradirla. Hò voluto dedicarle la presente operetta di/ compositione sopra il Cimbalo
non gia per disciogliermi da gli oblighi anzi per/ più confessarmile obligato, e come che
da molta affettione ha origine V. S. non/ si degnerà di benignamente accettarla se non per
la valor del opra (sic), almeno/ per l’effetto del intentione, la quale farà l’opra meritevole
di gratie appresso lei, e di favore appresso il mondo, quando ch’ella non pur come sangue
illustre,/ ma come chiusa nelle scienze, e nelle liberal facoltà può col suo nome difen/derla, & assicurarla da maligni.
De V. S. Servitor affettionato.
Antonio Valente.
Infine, un importante avvertimento:
FRAT’ALBERTO MAZZA DE NAPOLI DEL OR
DINE DI SAN DOMINICO AI LETTORI:
Si come per la comodità ch’hoggi havemo de le stampe non è huomo (se non fusse alcuno
privo della/ libertà, & del tutto infelice) che con ragione possa scusarsi, di non esser
letterato, cosi d’hoggi avanti/ non serà chi havendo desiderio di essere musico possa
allegare legittima scusa di non potervi giunge-/re. Poiche a’ giorni nostri per opra, &
ingegno del Eccellente musico Antonio Valente si è ritrova-/to questo speditissimo, &
facilissimo modo, co’l quale ciascuno quantunque ignorante a fatto d’o-/gni fondamento
14
di musica potrà da se stesso senz’aiuto di maestro imparare a sonar il Cimbalo; inven/tione con effetto divina ne d’altri mai più usata degna di esser pregiata non meno per la
utilità ch’apporta quanto di/ assere admirata per esser l’autore di essa Cieco da i soi teneri
anni della pueritia, che pur con tutto il difetto della natu-/ra mai si stanca gia giovare
altrui. Hora insegnando, hora dittando a scrivere cose bellissime in questa facultà, &
acciò/ che non pasano cose da non credersi non è molto ch’in certi giovani rozi, et che
non conoscevano né note né tasti, si è vista/ una rara esperienza ch’appena con essercitio
di dui mesi di pratica sopra quest’intavolatura, al improviso sonano/ qual si voglia
Canzone ch’intavolata in questo modo lor si proponga, Onde l’Autore cosi bel secreto
non era incont’al’cu-/no (sic) per pubblicare ma come diceva, lo riserbava a’ cari amici,
& discepoli, ma poi vedendo che altri cercavano farsine/ inventori, & haver lode delle sue
fatiche, s’è risoluto a comune utilità delli studiosi dare questi per hora, fra tanto at-/
tenderà ad complire l’intavolatura delle messe, & gl’altri divini officij insieme con alcuni
scelti madrigali, mottetti e/ fantasie bellissime ch’appresso si stamperanno, quando che
l’Autore intenderà che queste vi siano state Care.
L’intavolatura numerica è presentata come un’invenzione di Valente per facilitare
l’approccio alla musica a coloro che non sappiano leggere le note; tale sistema
consentirebbe anche ad autodidatti di imparare a suonare il clavicembalo in appena due
mesi. Valente è lodato come un benefattore che non si stanca mai di far del bene con
l’insegnamento e, soprattutto, senza curarsi della propria gloria; avrebbe pubblicato la
sua Intavolatura con la notazione numerica costretto dal rischio di plagio. Si annunzia,
inoltre, la prossima pubblicazione in intavolatura numerica di messe, versi per gl’altri
divini officij, madrigali, mottetti e fantasie; questo programma non venne rispettato e
videro la luce solo i Versi Spirituali nella più comune partitura a quattro pentagrammi.
L’intavolatura numerica era già stata messa a punto ventuno anni prima dallo
spagnolo Juan Bermudo47, nel 1555; tra il sistema dello spagnolo e quello del
napoletano esistono delle importanti differenze: Bermudo indica i tasti, sia diatonici che
cromatici, con i numeri da 1 a 42 (Do1 – La 4 con prima ottava corta); i numeri
vengono disposti sopra linee che rappresentano le voci e le linee possono variare da due
a sei. Sempre ad opera di Bermudo troviamo un sistema un po’ semplificato con
l’indicazione numerica riferita solo ai tasti diatonici mentre gli altri recano un segno di
alterazione. Un simile sistema di notazione viene utilizzato due anni dopo la
pubblicazione di Bermudo da Luis Venegas de Henestrosa48, sempre in terra spagnola: i
numeri vengono disposti su di un sistema di quattro linee, corrispondenti alle quattro
voci, i numeri sono ridotti a sette e, per differenziare le ottave, vengono aggiunti segni
diacritici ai numeri. All’inizio di ciascun brano vi è l’indicazione del tempo fuori rigo e
viene anche indicato il bemolle per la trasposizione del tono. Questo sistema di
notazione verrà poi impiegato da Antonio de’ Cabezòn49 e Francisco Correa de
Arauxo50.
Il tipo di intavolatura impiegato da Antonio Valente si ispira al tipo spagnolo per
l’impiego dei numeri. E’ Valente stesso, nella prefazione all’”Intavolatura”, che ci
dichiara i suoi intenti:
Prima per maggior facilità, & comodità di quelli, quali vogliono imparare di sonare
al cimbalo hò voluto fare questa nuova intavolatura in abaco, poi che la musica in altro
non è composta, se non in detto abaco, è che ciò sia il vero, non si può accordare sorte di
consonanza niuna, se prima non si sa la lontananza da una voce ad un'altra.51
47
Bermudo 1555
Venegas de Henestrosa 1557.
49
Cabezon 1578.
50
Correa de Arauxo 1626.
51
Valente 1576, fol iiiv.
48
15
Si dovrà quindi numerare i tasti bianchi dello strumento:
Quando dunque s’haveranno a toccare i tasti del cimbalo si toccheranno quelli che
vi mostra la intavolatura con li numeri. I numeri vengono divisi da una linea, quelli di
sopra sono segnati nel principio con D. che denota esser toccati con la man dritta, e quelli
di sotto son segnati con l’M. che denota doversi toccare con la manca52.
Le alterazioni sono indicate con una croce, la pausa viene espressa dal “sospiro”
il quale appare, per la verità, molto raramente. Quando i numeri vengono scritti gli uni
sopra gli altri, si dovranno suonare contemporaneamente i tasti corrispondenti; la durata
viene stabilita con “bastoni” e “bandiere” che corrispondono alle comuni figure
musicali:
Fig. 1.3.1: figure musicali impiegate da Valente (fol. ivr)
Alla fine della sua prefazione Valente aggiunge una “Dichiarazione breve per
quelli che non sanno Musica intorno alla Misura”:
Quando troverete un bastone in questo modo [simbolo della semibreve] tutti
quelli numeri andaranno tardi, e quando ci sarà una bandiera così [simbolo della minima]
andara la mita più presto, e quando saranno due bandiere così [simbolo della
semiminima] andera la mita più presto e questo è l’andar di seguito, e quando seranno tre
bandiere così [simbolo della croma] andera la mita più presto, e quando ritroverete
quattro bandiere così [simbolo della semicroma] vada la mita più veloce e quanto più se
può53.
Mentre nelle intavolature numeriche spagnole la condotta polifonica delle parti
viene resa con grande chiarezza, la notazione di Valente traduce meglio il movimento
delle dita sulla tastiera e la divisione delle note tra le due mani. Merita un cenno la
raffigurazione di uno strumento a tastiera nell’introduzione all’”Intavolatura”,
strumento che assomiglia più ad un clavicordo che ad un clavicembalo. Probabilmente è
un disegno ornamentale senza alcuna pretesa di riprodurre fedelmente i dettagli degli
strumenti usati al tempo di Valente: non si spiegherebbe diversamente la lunghezza
identica di tutte le corde e lo strano rapporto tra il numero delle corde visibili,
quattordici, e le più numerose chiavette per l’accordatura. E’ verosimile, invece,
l’estensione della tastiera, 45 tasti (Do 1 – Do5) con prima ottava corta.
52
53
Ibidem, fol iiiv.
Ibidem, ivr.
16
Fig. 1.3.2.: clavicordo stilizzato (fol. iiiv)
L’Intavolatura de Cimbalo può essere considerata come opera omnia collecta54 in
quanto racchiude le forme strumentali in quel tempo in voga: elaborazioni su canto
fermo, intavolature di brani polifonici vocali, danze stilizzate e pezzi astratti.
1. i pezzi astratti sono rappresentati da una fantasia e sei ricercari;
2. la Salve Regina è l’unica elaborazione su canto fermo;
3. ci sono quattro intavolature di chansons più o meno “diminuite”;
4. le danze stilizzate appartengono a due categorie, le variazioni su tenori italiani
(Zefiro, Passo e mezzo, Lo Ballo dell’Intorcia, Tenore Grande alla Napoletana,
Romanesca e Gagliarda napoletana) ed i balli (Bascia Flammignia, Gagliarda
Napoletana e Ballo Lombardo).
I PEZZI ASTRATTI
Il brano d’apertura è la Fantasia: per tutto il XVI secolo i termini “ricercare” e
“fantasia” sono sinonimi. La differenza non va cercata nel tipo di scrittura, in entrambi
i casi contrappuntistica, quanto nella diversa concezione delle due forme, la fantasia,
frutto di una capacità improvvisativa, il ricercare, dedicato ad una “ricerca” di tutte le
elaborazioni possibili di uno o più temi: la fantasia e il ricercare sarebbero, quindi, due
facce della stessa medaglia. Prima di Antonio Valente, la letteratura organistica
possedeva pochi esempi di fantasie:
1. JOHANNES KOTTER, Fantasia in Do, 1515;
2. LEONHARD KEBER, Fantasia in Re, 1520 e Fantasia in Fa, 1524;
3. GIULIANO TIBURTINO, Fantasie e Ricercari, 1549;
4. A fansye of master Newman, 1550;
5. ADRIAN WILLAERT ed altri autori, Fantasie Recercari Contrapunti, 1551;
6. ROCCO RODIO, Fantasie sopra varii canti fermi, 1575;
7. EUSTACHE DU CAURROY (1549-1609), Fantaisie à l’imitation de « Salve
Regina »
L’esordio della Fantasia di Valente è in stile toccatistico con lunghi accordi
accompagnati da rapide figurazioni; nel prosieguo del brano la scrittura diventa
gradatamente più rigorosa, somigliando più ai ricercari con una chiara conduzione di
quattro voci cui mancano, però, le regolari entrate tematiche. La forma è, quindi,
bipartita alla maniera di un preludio e fuga, struttura peraltro presente nella Fantasia in
Do di Kotter del 1515.
54
Apel 1938, 419-437; Apel sostiene che il carattere compilativo delle pubblicazioni della scuola
cembalistica napoletana dei secoli XVI e XVII sia un aspetto dell’influenza spagnola.
17
I sei Ricercari vengono solitamente ripartiti in due o tre sezioni a loro volta
suddivisi in due o tre sottosezioni. Le cadenze principali sono alla tonica, quelle
secondarie possono anche essere diverse con frequenti cadenze plagali. Solo il Secondo
Ricercare è monotematico, tutti gli altri impiegano il “duplex thema”: il secondo tema,
con note rapide, entra come controsoggetto del primo, normalmente in note di valore
largo. I sei ricercari presentano un’apprezzabile varietà stilistica: il primo e il quarto
sono costruiti secondo un ferrea regola canonica, altri hanno figurazioni di tipo
toccatistico che si applica a frasi anche molto lunghe e che procede con estrema
regolarità fino alla fine.
La Recercata del primo tono à cinque con la quinta parte in canone al
unisono del tenore è un sfoggio di virtuosismo compositivo col canone condotto
rigorosamente fino alla fine senza, per questo, compromettere la qualità musicale55; la
Recercata del primo tono inizia quietamente ma ben presto, grazie alle costanti
diminuzioni, muta progressivamente la scrittura fino a diventare prossima allo stile
libero della toccata; nella Recercata del terzo tono Valente enfatizza il contrasto tra
soggetto a valori larghi e controsoggetto a valori stretti; la Recercata del sesto tono à
quattro voce con lo basso in canone a l’ottava del contralto è un po’ più sintetica
nello sviluppo rispetto alla prima ma non è inferiore nell’ordito contrappuntistico; la
Recercata del septimo tono , caratterizzata da una tessitura che tende spesso a rarefarsi
giungendo a volte anche al bicinium, ha il terzo tema che appare sempre variato ad ogni
entrata; la Ricercata del ottavo tono affianca al procedimento canonico l’inserzione di
brillanti figurazioni che richiamano alla mente la Fantasia con cui Valente ha aperto la
sua Intavolatura: alla breve sezione contrappuntistica d’apertura, seguono ben due
sezioni in stile toccatistico in tempo binario e ternario.
Il genere di figurazioni della Fantasia e dei sei Ricercari conferma la
destinazione clavicembalistica dei brani indicata nel frontespizio: l’abbondanza di trilli,
gli accordi ripetuti con la terza raddoppiata, l’assenza di note lunghe tenute sono
figurazioni tipiche dello strumento a corde pizzicate. Ciononostante, è plausibile
l’esecuzione dei brani con altri strumenti: troveremo nei prossimi capitoli pezzi
eseguibili sia al cembalo che all’arpa, all’organo o con concerto di viole (Mayone,
Trabaci, Salvatore, Strozzi)56 che necessariamente dovevano essere adattati dagli
esecutori alle esigenze degli strumenti che avevano in quel momento a disposizione.
Solo i versetti sono da considerarsi esclusivamente organistici in forza della loro
destinazione d’uso, piuttosto che per il tipo di figurazione presenti.
ELABORAZIONI SU CANTO FERMO
La Salve Regina, l’unica elaborazione su canto fermo dell’intera Intavolatura, è
fondata sulla tradizionale melodia medievale. Antifona in origine indipendente, venne in
un secondo tempo inserita stabilmente nei canti di dedicazione alla Madonna57 durante
il periodo liturgico compresa tra l’ottava di Pentecoste e l’Avvento.
La Salve Regina di Valente difficilmente sarà stata impiegata per un uso liturgico,
non essendo articolata nei cinque versetti per l’alternatim.
INTAVOLATURE DI CHANSONS CON DIMINUZIONI
La pratica delle diminuzioni era consolidata al tempo di Valente ed ogni nazione
europea poteva annoverare dei trattati sull’argomento; in Spagna la diminuzione per
55
Trabaci, nei suoi ricercari canonici pubblicati nel 1615, incontrerà difficoltà ad armonizzare il rigore
della regola compositiva e la qualità musicale. Vedi Cap 3.4, 107.
56
Rispettivamente Cap. 3.3, 3.4, 5.1 e 5.3.
57
Le altre tre antifone sono: Alma redemptoris mater, Ave regina caelorum, Regina caeli laetare.
18
strumenti a tastiera era stata trattata nel 1565 da Tomàs de Sancta Maria58 mentre in
Italia era stato pubblicato nel 1535 il trattato di Ganassi59; il più influente trattato
sull’arte di Valente è da considerare, però, il Tratado di Diego Ortiz60. Valente ha
scelto tre famose chansons.
Pisne diminuita è un’intavolatura della chanson a cinque voci Pis ne me peult
venir di Thomas Crecquillon61. Questa chanson ebbe molto successo e fu intavolata,
oltre che da Valente, da altri musicisti; conosciamo quattro versioni:
1. la più antica fra le intavolature di Pisne a noi conosciuta appare nell’ Obras de
musica62 di Antonio De Cabezon
2. Pisne Disminuita di Antonio Valente.
3. Puis ne me peult venir di Padre Schmid63, quasi contemporanea a quella di Valente.
4. Pis ne me peult venir di Gostena64, destinata al liuto.
La versione di Antonio De Cabezon, precedente al 1566, è un ottimo esempio di
diminuzioni del XVI secolo: le glose sono squisitamente moderate e distribuite
equamente tra le cinque voci. La versione di Schmid privilegia, invece,
l’ornamentazione della voce superiore. L’intavolatura di Gostena, destinata al liuto, ha
la tessitura rarefatta. La versione di Valente è notevole per alcune libertà che il
napoletano si concede: egli ripete un’intera sezione (misure 15-33) per fiorirla
ulteriormente, indulge spesso nella sospensione di note dissonanti; Valente appare
molto più ardito ed originale rispetto agli altri autori.
Chi la dirra è la versione intavolata della chanson a cinque voci di Adrian
Willaert. La più antica intavolatura è del 1547 ad opera di Valderrabano65 interessante
perché destinata ad una voce solista con accompagnamento di vihuela: allo strumento
sono destinate le quattro voci inferiori ed al solista la voce superiore. Antonio De
Cabezòn66 scrisse un Tiento sobre Qui la dira con una scrittura contrappuntistica molto
rispettosa della tessitura originale di Willaert. Nella versione di Antonio Valente la
mano sinistra a volte riproduce fedelmente le parti vocali fungendo da supporto alle
diminuzioni della mano destra.
Valente dedica una coppia di intavolature a Sortemeplus: il titolo originale del
madrigale di Philippe de Monte67 è Sortez mes pleurs. La prima, la più semplice, ha solo
tre trilli cadenzali e le ornamentazioni sono delicatamente distribuite tra le quattro voci;
la seconda versione è molto più ricca di diminuzioni, quasi sempre affidate alla voce
superiore. Entrambe le versioni hanno una sezione ripetuta (misure 12-17 e 18-24):
nella prima versione la ripetizione è occasione per aggiungere qualche delizioso
abbellimento, nella seconda versione non vi è alcun cambiamento.
58
Sancta Maria 1565.
Ganassi 1535.
60
Ortiz 1553
61
Thomas Crecquillon, contrappuntista olandese, fu maestro di cappella di Carlo V tra il 1544 e il 1547;
il suo soggiorno a Madrid avrà relazione con l’intavolatura di “Pisne” ad opera di Antonio De Cabezon
(Vedi Burns 1953, 76).
62
Cabezon 1578.
63
Bernhard Schmid, 1577.
64
”Pis ne me veult venir, Canzone francese a quattro di Thomas Crecquillon intavolata dal Gostena” in
Molinaro 1599, 128-130.
65
Valderrabano 1547, libro III, Canciones, fogli 36v-37r. In questa versione la chanson viene
erroneamente attribuita a Verdelot.
66
Cabezon 1578, fogli 153r-154v
67
De Monte 1575. Ricordiamo che Philippe de Monte visse alcuni anni a Napoli intorno al 1550 ed
insegnò la musica privatamente. Cfr. Lindell 1980.
59
19
TENORI ITALIANI68
Estos Cantos llano, que in Italia comunemente llaman Tenores, come affermava
Diego Ortiz nel suo Tratado69, furono il fondamento di una pratica improvvisativa
realizzata da due voci sopra un cantus firmus; gli strumenti potevano essere liuti, arpe,
trombe, tamburi. Il cantus firmus più antico conosciuto è il passamezzo antico70 presto
affiancato dal passamezzo moderno. L’Intavolatura di Valente contiene le seguenti
variazioni sul passamezzo antico: Tenore del passo e mezzo, Lo Ballo dell’Intorcia e la
Romanesca; sul passamezzo moderno: Tenore di Zefiro, Tenore grande alla napoletana
e la Gagliarda Napoletana.
Il Tenore di Zefiro, il più lungo ed elaborato dell’intera Intavolatura , è basato sul
passamezzo moderno, fondato sull’alternanza tra I-IV e V grado e, quindi, più tonale del
passamezzo antico; il tenore di Zefiro, tuttavia, presenta anche un VII grado che lo fa
somigliare al passamezzo antico71. Il modello armonico si mantiene costante per tutta la
durata del brano mentre, dalla quinta variazione in poi, le note si dimezzano di valore;
l’inizio, con gli accordi sincopati molto marcati, ricorda i pezzi per chitarra che ebbero
grande fioritura proprio nell’Italia meridionale nel XVI secolo.
Nel Tenore del passo e mezzo Valente usa la forma del passamezzo antico, con la
seconda frase che inizia un terza minore sopra la prima. Le sei variazioni hanno una
tessitura che ricorda la tecnica liutistica del punteado che impiega note di passaggio tra
un accordo e l’altro72. Ogni variazione è costruita su un singolo modello ritmico e
melodico; tra una variazione e l’altra vi è diversità di tessitura.
Lo Ballo dell’Intorcia era una danza in cui i ballerini si scambiavano
vicendevolmente una torcia che tenevano in mano. Il ballo è citato da Vaillant73 il quale
afferma che è stato in voga in Germania fino alla fine del XIX secolo. Antonio Valente
per Lo Ballo dell’Intorcia impiega la formula armonica del passamezzo antico su un
metro binario.
La Bascia Flammignia ha una melodia dolce ed accattivante mentre il ritmo è una
continua alternanza tra metri ternari e quaternari con conseguente sensazione di libertà e
freschezza metrica.
Il Tenore grande alla napolitana ha un basso che trae elementi dalla Romanesca
e da Ruggiero74. La prima parte del tenore segue la successione armonica I-IV-I-V, la
seconda parte conclude con I-IV-V ma su un grado diverso di quello d’impianto.
Riassumendo, lo schema armonico di ogni mutanza è: i-IV-i-V-VI-II-III-VI75. Anche in
questo caso troviamo gli accordi sincopati molto marcati all’inizio, figurazioni
dimezzate dalla seconda alla quarta variazione, ulteriore dimezzamento dalla quinta
variazione alla fine.
La Romanesca è uno dei tenori più famosi del XVI secolo: ha la stessa formula del
passamezzo antico ad eccezione di una piccola variante nella cadenza finale. Salinas
scrive nel suo trattato76 che ciò che gli spagnoli chiamano Las Vacas, in Italia viene
68
Vedi volume II, tavola n.°3.
Ortiz 1553, 47f.
70
Il più antico impiego del “passamezzo antico” è contenuto nel manoscritto Capirola per liuto, risalente
al 1515 e riappare nel 1536 in Intavolatura de Leuto de diversi autori nuovamente stampata: et con
deligentia revista: con gratia et privilegio….Stampata Nela Cita De Milano per lo. Antonio Castelione al
Primo Magio M.D.XXXVI
71
Vedi volume II, tavola n.°3.
72
L’altra tecnica era il rasgueado, fondato sull’uso costante degli accordi.
73
Vaillant 1942, 89.
74
Vedi volume II, tavola n,°3.
75
Da notare come tale schema armonico sia impiegato nel Tratado da Diego Ortiz come basso per la
Recercada Sesta.
76
Salinas 1627, Libro VI, Capitolo XV, 348: “…quod Hispani, Las Vacas, appellant, ab eo, quo paguntur
apud Romanos illae stantiae romanesche dici solitae…”
69
20
chiamato Romanesca. Per la sua versione della Romanesca, Valente prevede cinque
variazioni la prima delle quali è in vigoroso ritmo accordale mentre tutte le altre
espongono varie figurazioni in note di passaggio sempre alla voce superiore; solo nella
quarta variazione fanno nuovamente la loro comparsa passaggi accordali alla mano
destra.
DANZE STILIZZATE
La Gagliarda Napoletana, basata sul modello armonico I-IV-V, è caratterizzata
dal ritmo in hemiola che alterna costantemente raggruppamenti in tre (3/2 o 3/4) a
raggruppamenti in due (6/4 o 6/8); l’inizio è sottolineato da figurazioni accordali mentre
la mano destra si produce in figurazioni di abbellimento. Non troviamo la divisione in
mutanze bensì una variazione continua su un basso di danza.
La Gagliarda Lombarda ed il Ballo Lombardo sono strutturati con un periodo di
quattro misure ripetute due volte con una mezza cadenza a metà del periodo; il Ballo
Lombardo, inoltre, presenta la ripetizione integrale del periodo per cui il numero delle
misure complessive è il doppio della Gagliarda Lombarda.
1.3.2. VERSI SPIRITUALI (1580)
Quattro anni dopo la pubblicazione dell’Intavolatura, Antonio Valente dà alle
stampe i Versi Spirituali presso gli editori eredi di Matteo Cancer.
Ecco il frontespizio:
VERSI SPI
RITUALI SOPRA
TUTTE LE NOTE, CON DIVERSI CA=
NONI SPARTITI PER SONAR NE
GLI
ORGANI, MESSE
VESPERE, ET ALTRI OF=
FICII DIVINI
Di M. Antonio Valente Cieco, Libro secondo, Nuovamente da lui
Composto, & posto in luce.
[Stemma]
IN NAPOLI
Appresso gli Eredi di Mattio Cancer.
M. D.LXXX.
21
La dedica:
ALLA ILLUSTRE SIGNORA MIA OSSERVANDISSIMA
La Sig. Donna Elionora Palmiera
Solevano gli antichi Musici, Illustre e valorosa Signora, nelle loro/ composizioni, Apollo
della Musica inventore, e le nove Vergini Sorelle/ dette Muse sue figlie invocare, come a
quelle dalle quali ogni bella musi-/cale invention deriva: Non sapendo eglino che il gran
Fattor del tutto, e/ vero Apollo Iddio dovea in processo di tempo produr voi nel mondo,
che la decima ve-/ramente dir vi potete. Onde chiaramente si vede, che tanto maggior
dell’altre nove sete, quanto, che a voi sola è stato concesso il dono di saper senza alcun
dubio tutto/ quel, ch’elle generalmente fanno in questa nostra etade. Ond’io da i raggi del
vostro/ lume inspirato, voi mio vero Apollo, e mia vera Musa in ciò ho invocato &
invoco, / come a quella dal cui valore ogni mio ben dipende, & a voi sola questo mio,
anzi vo-/stro libro di Spartiture, che ho novamente composto dedico e dono, si per il
gran me-/rito vostro, & in segno di mia servitù, come anco per mio interesse. Da che
essendo/ voi di sangue nobilissimo, di vita esemplare, e della Musica Monarca, che niuno
cosi/ maligno sarà, che ardisca di calunniar questa opera, per non lacerar in quella il vo/stro Illustre, & onorato nome, e senza fine resto basciandovi la Illustre mano.
Di Napoli, il dì 10 di Settembre 1580.
D.V.S.Ill.
Divotissimo & affettionatissimo Servitore, Antonio Valente.
Sonetto del Signor Angelo di Costanzo all’Autore
SAGGIO inventor d’insolita Armonia,
Che con bell’opre adorni i tempi nostri,
Mostrando in vivo esempio, come sia
Quella, che s’ode ne i superni Chiostri.
Animo eccelso, e bel giuditio mostri
In dedicar con tanta cortesia
A si gran donna i tuoi lodati inchiostri,
Che di tal arte t’ha mostra la via,
Io per me chiamo te felice, e lei,
Te perche rendi il suo nome immortale,
E lei, che fatto t’ha quel, c’hora sei.
Già il dolce canto tuo spiegando l’ale,
Vola al Cielo à contar à gli alti Dei
Che la PALMIERA non ha in terra uguale.
Le virtù musicali di Eleonora Palmiera, purtroppo, non sono documentate in altre
fonti.
Il libro contiene 43 versi così distribuiti:
x 6 versi “sopra dell’Ut” (XI modo naturale)
x 6 versi “sopra il Re” (I modo naturale)
x 6 versi “sopra il Mi” (III modo naturale)
x 6 versi “sopra il Fa” (XI modo trasportato)
x 6 versi “sopra il Sol” (VII modo naturale)
x 6 versi “sopra il La” (IX modo naturale)
x 6 versi “sopra il Fa di be fa be mi” ( Sib) (V modo trasportato)
x 1 verso “sopra il b molle di e la mi” (Mib). (2 bemolli in chiave)
22
I primi sei gruppi di versi si chiudono con un canone:
x VI verso “sopra dell’Ut” Æ canone in “Diapente superius” (V superiore)
x VI verso “sopra il Re” Æ canone in “Diapente superius” (V superiore)
x VI verso“sopra il Mi” Æ canone in “Diatessaron inferius” (IV inferiore)
x VI verso “sopra il Fa” Æ canone in “Diatessaron inferius” (IV inferiore)
x VI verso “sopra il Sol” Æ canone in “Diatessaron superius” (IV superiore)
x VI verso “sopra il La” Æ canone in “Diapente superius” (V superiore)
I Versi spirituali, stampati in partitura a quattro pentagrammi, appaiono come una
opera “esemplare” scritta con una notazione dotta mentre l’Intavolatura, anche in virtù
del tipo di notazione impiegato, sembra avere una finalità prevalentemente pratica.
L’autore fa intendere che la destinazione sono gli officii divini ma non c’è un
riferimento ad un preciso momento liturgico; la tradizionale organizzazione dei modi
viene messa in crisi da Valente in quale sembra più interessato a stabilire con certezza le
note finali piuttosto che gli ambiti modali. Il fatto, poi, che i Versi iniziano dall’ UT,
piuttosto che dal primo modo, sembra un omaggio all’esacordo di Guido D’Arezzo.
La scrittura contrappuntistica dei Versi è particolarmente osservata e prevale lo
stile imitativo; i sei canoni che concludono i primi sei gruppi di versi sono dei veri e
propri ricercari monotematici organizzati secondo la rigida disciplina canonica
enunciata all’inizio di ciascun canone. Compaiono frequentemente figurazioni
toccatistiche di chiara ispirazione veneziana (versi 4,5,7,8,10,15,16,20,23,25,27). Gli
abbellimenti più frequenti sono i trilli ed i groppi scritti quasi sempre per esteso. Il
verso11 (il quinto del secondo gruppo) è l’unico ad avere il caratteristico incipit
dattilico della canzona strumentale.
I Versi Spirituali offrono i mezzi agli organisti per svolgere il servizio liturgico nel
modo più decoroso e completo possibile; appare molto evidente la cura nel fornire del
materiale per suonare in tutte le zone della tastiera e in tutte le intonazioni possibili. Al
tempo stesso, Valente mostra una notevole perizia nel trattare il canone.
23
2.
LA MUSICA STRUMENTALE IN SICILIA NEL XVI
SECOLO
Nel XVI secolo, in Sicilia, una straordinaria fioritura musicale inizia nei castelli
feudali e nel cuore dell’Isola (Caltanissetta e Pietraperzia, Nicosia, Enna e Piazza) e si
riversa poi nelle principali città, Palermo, Messina, ma anche Caltagirone, Trapani,
Noto e Siracusa. Sei editori musicali stampano tra il 1588 e il 1630 a Palermo, tre a
Messina77, con qualità tipografica paragonabile alle contemporanee edizioni veneziane.
Complessivamente possiamo contare una sessantina di compositori e quasi ottanta
raccolte.
Nel complesso panorama della musica tardorinascimentale la produzione dei Siciliani
occupa quantitativamente e qualitativamente un posto assai rilevante; non mancano
infatti musicisti di gran valore e di chiara fama internazionale: oltre a Pietro Vinci e al
suo fecondissimo discepolo Antonio Il Verso, ci sono Sigismondo d’India, che fu tra
coloro che videro più chiaro nella rivoluzione musicale in atto, e Alessandro Grandi, che
tenne – mezzo secolo dopo il Vinci – il posto di maestro di cappella di Santa Maria
Maggiore in Bergamo, dopo aver dato alle stampe, a Venezia e a Palermo, gran numero
di opere. E poi, s’è vero che Alessandro Scarlatti fu allievo oltre che nipote dell’Amato
(che tra i polifonisti siciliani si annovera come più tardo rappresentante) o che ad ogni
modo ricevette nella sua città natale la prima educazione musicale, viene ad essere un
punto di raccolta e d’arrivo, ideale sia pure che reale (ma si ricordino di lui gli otto
madrigali, e le messe e cappella), polla affiorante di flussi che spariscono proprio dopo di
lui sotterra, donde già perfetti eran parsi all’inizio d’improvviso sgorgare.78
In Sicilia abbiamo, quindi, una produzione musicale circoscrivibile sia
geograficamente che cronologicamente che Ottavio Tiby definì Scuola Polifonica
Siciliana79. Primeggia la musica vocale mentre la musica strumentale svolge un ruolo
didattico, il necessario tirocinio che i giovani compositori all’inizio della carriera
devono compiere per poter accedere successivamente a prove compositive più
impegnative.
In che misura queste musiche strumentali possono definirsi organistiche?
Si come il Lauto, la Cithara, la Lira, l’Arpicordo e ‘l Clavocimbalo, tutti per se stessi si
chiamano istrumenti; per che il sonatore gl’usa per mostrare la propria virtù sua nel
Cantare, & del Sonare; cosi l’Organo, che per Eccellenza è cosi chiamato, raccoglie in se
stessi tutti gli istrumenti musicali, & tanto maggiormente è de gli altri più Eccellente &
più nobile, quanto meglio rappresenta la voce humana, operandosi in esso il fiato, & la
mano.80
Diruta giustifica così l’esecuzione all’organo di qualunque composizione
musicale, sia vocale che strumentale tenendo però presente che ne gli Organi di chiesa
non vi si debbano sonare Passi e mezzi, et altre sonate da ballo, né meno Canzone
lascive, e dishoneste81.
Nel XVI secolo la musica organistica in Sicilia è testimoniata dall’iconografia e
dai documenti d’archivio; l’atto con cui Antonino Morello, già maestro di cappella, si
77
Carapezza 1971,p. IX; Donato 1985,577.
Carapezza 1971, XII.
79
Tiby 1951, 203-211.
80
Diruta 1593, “L’auttore dell’opera al prudente lettore”
81
Ibidem, 5
78
24
impegna a suonare l’organo della Cattedrale di Palermo82 fissa con precisione i compiti
dell’organista:
Die XX octobris VIII ind(ictionis) 1594.
Cunctis pateat evidenter qualiter Antonino Morello musico mag(iste)r capelle maioris
pan(ormitane) ecc(les)ie civis Pan(ormi) in nostram presentiam principaliter costituto
mihi notario cognito sponte promisit et se sollemniter obligavit … … sonare organum
maiorem in ditta maiori pan(ormitane) ecc(les)ie in diebus infra(scri)ttis videlicet:
In primis in lo vespiri della vigilia della natività di N(ost)ro Signore Jesu Cristo per
tutta la festività delli Inozenti.
Item il primo giorno dello anno con lo suo vespiri de la vigilia.
Item il giorno della Epifania con lo suo vespiri in la vigilia.
Item in la quaresima tutti li venerdi dominichi et festi comandati alle compiete.
Item il sabbato santo con la Pasqua de resurrezione et li susseguenti festi.
Item il giorno di sancta Cristina di maggio et la vigilia.
Item il giorno della ascensione et la vigilia.
Item la pentecoste li dui vespiri et susseguenti festi.
Item santo Petro Apostolo et la vegilia.
Item santa Cristina di jugnetto et la vigilia.
Item l’assuncione di Maria Virgini et la vigilia.
Item santa Nimpha di septembre et la vigilia.
Item tutti li santi et la vigilia.
Item santa Nimpha di novembre et la vigilia.
Item et in tutte le supradette feste che son soliti sonare li mattini
… Cum pacto quod ipse Antoninus non possit dittum organum sonari facere per alias
personas eiusque nomine…
L’organista spagnolo Clavijo del Castillo83 tenne il posto di organista della Reale
Cappella Palatina in Palermo84 dal 1569 al 1588; l’unica sua composizione organistica
conosciuta è il Tiento del segundo tono85, forse precedente al suo incarico in Sicilia.
Roland Jackson86 afferma che il suo stile abbia influenzato quello di Jean de Macque e,
conseguentemente, di Giovanni Maria Trabaci. I cromatismi di Clavijo del Castillo
precorrono le durezze e ligature che caratterizzeranno fortemente la musica degli
organisti napoletani e siciliani intorno all’anno 1600.
Non deve stupire l’esiguità della musica espressamente scritta per gli strumenti a
tastiera poiché era consolidata prassi improvvisare gli interventi organistici nel corso
delle liturgie.
L’organo in Sicilia nel XVI secolo, così come nel resto della penisola italiana,
veniva costruito con una sola tastiera di 45 o 50 tasti con la prima ottava “corta”, con
pedaliera senza registri autonomi che abbassa i tasti della prima ottava e con una
disposizione fonica basata sul registro del Principale e del Ripieno87; l’unico registro
imitativo era il flauto che poteva essere “aperto” o tappato “alla todisca”88.
82
Atto trascritto in Zaccaria Dispensa 1988, 143
Bernardo Clavijo Del Castillo, organista e compositore spagnolo, Porto Arrecife, Lanzarote, Canarie,
1545. Madrid, v. 1626. Visse durante più di vent' anni in Italia poi diventò professore all'università di
Salamanca (Cfr Robledo 1980).
84
Tiby 1952, 177-192
85
Ed. moderna in Apel 1971
86
Jackson 1964, 281 –282.
87
Un organo piccolo aveva generalmente un solo principale di 4 palmi e mezzo (4 piedi), un organo di
medie dimensioni, il più frequente, ne aveva due di 10 palmi (8 piedi) col secondo principale che
comincia dal DO 2, un organo grande ne aveva tre di 20 palmi (16 piedi) con il secondo che comincia
sempre dal Do 2 ed il terzo dal Fa 3. Le file di ripieno erano normalmente 5: VIII,XV, XIX, XXII, XXVI.
88
Zaccaria Dispensa 1988 , 17.
83
25
L'unico organo cinquecentesco giunto ai nostri giorni in stato
originario fu costruito nel 1547 ed è custodito nella chiesa di San Francesco in
Castelbuono (Palermo)89. Il difficile compito di studiare gli organi cinquecenteschi
siciliani si appiglia, quindi, all’analisi di atti notarili90.
Gli organari più famosi furono Giorgio Scarlata da Ragusa, Vincenzo Occhipinti
palermitano, Giovanni e Vincenzo De Blundo da Scicli cui va aggiunto Giovanni
Junior, Pietro Fanzone, o Falsuni o Fanzuni, maltese qualificato habitator terrae Alcami
(Alcamo è attualmente in provincia di Trapani), i palermitani Ascanio Testaverde,
Silvestre Colica (anche Colliga e Corica, ? – 1565) il quale lavorò a Palermo, ad
Agrigento e Messina, e, per concludere, il famoso Raffaele La Valle (1543 ca –1621),
l’unico la cui fama passò il mare. Venne invitato a Roma dal Pontefice Paolo V, ma per
motivi di salute non poté accettare91. Il livello degli organari siciliani doveva essere pari
al resto d’Italia, ma già si delineava la peculiarità dell’organaria siciliana, “gelosa
conservatrice di antiche prassi costruttive e di caratteristiche individuali”92. Valga per
tutti la permanenza in Sicilia dei già citati Flauti alla todisca ovvero alla alemanna
mentre nel nord d’Italia erano stati sostituiti dal Fiffaro già verso il 1540. In Sicilia fino
al 1561 vengono costruiti solo Flauti cilindrici aperti; i primi costruttori di flauti tappati
furono poi Vincenzo Colliga e Raffele La Valle; il flauto tappato, sperimentato prima in
terra lombarda, verrà costruito in Sicilia fino ai primi anni del XVII secolo mentre al
Nord d’Italia cadrà in disuso a partire agli anni sessanta del Cinquecento. La Sicilia
appare, quindi, terra di importazione delle novità tecniche con un ritardo che, lieve fino
al XVI secolo, diverrà sempre più sensibile nei secoli successivi. Esso è, tuttavia,
compensato dall’attenzione ai più minuti particolari dell’intonazione delle canne, per
ottenere un suono purissimo, piuttosto che all’aumento delle risorse timbriche.
I clavicembali siciliani più antichi superstiti furono costruiti dal messinese Carlo
Grimaldi tra la fine del XVII secolo e i primi anni del secolo successivo:
1. clavicembalo del 1697 (Sol -1/ DO 5), Museo Nazionale degli strumenti
musicali di Norimberga.
2. clavicembalo del 1703 modificato in pianoforte a tangenti (Sol - 1/ Do5), museo
del Conservatorio di musica di Parigi.
3. clavicembalo piegatorio (Do 1/ Do 5), Museo degli strumenti musicali di Roma.
Solo un nome di un probabile cembalaro siciliano emerge dalle tenebre del
XVI secolo: Marco Siculo, autore di un virginale costruito nel 1540, conservato
presso la Fenton House di Londra e di un altro virginale anonimo ma a lui
attribuibile conservato presso la Abel Collection Franklin (U.S.A) 93.
89
Organo attualmente in restauro presso la Ditta organaria “Artigiana Organi” di Francesco Oliveri,
Acicatena (Catania).
90
Cfr Zaccaria Dispensa 1988, 18 e segg.
91
Raffaele La Valle morì il 7 aprile 1621 e fu sepolto nell’oratorio della compagnia di S. Maria Maggiore
di Palermo di cui era stato munifico sostenitore. Sul suo epitaffio venne inciso: D.O.M. RAFFAELI LA
VALLI, PANORMITANO ORGANARIO EMINENTISSIMO OB ARTIS PERITIAM ROMAM A
PAULO V PONT. MAX. EVOCATO, DE MAJORIS PANORMITANAE ECCLESIAE ILLUSTRIBUS
EDITIS OPERIBUS OPTIME MERITO, LIBERORUM PIETAS GRATI ANIMI MONUMENTUM
POSUIT. VIX ANN. LXXVIII. OBIJT VII APR. MDCXXI (in FRANCESCO BARONIO MANFREDI,
De Maiestate Panormitana, Panormi, MDCXXX, lib. III. Cap. II, 105). In Zaccaria Dispensa 1988, 20
92
Tagliavini 2000, 135.
93
Wraight 1997, II, 265-266.
26
2.1
PIETRO VINCI, ANTONIO IL VERSO
E GIOVAN BATTISTA CALÌ
Il contributo più importante alla musica strumentale dato da autori siciliani nel
XVI secolo viene pubblicato nel 1591: è il Secondo Libro de Motetti e Ricercari a tre
voci di Pietro Vinci con alcuni Ricercari di Antonio Il Verso suo discepolo pubblicato in
libri-parte a Venezia presso l’erede di Girolamo Scotto e dedicato al Principe di Paternò.
Pietro Vinci, il capostipite della scuola polifonica siciliana, nacque a Nicosia (al centro
della Sicilia, oggi in provincia di Enna) verso il 1525 e si formò musicalmente in
Sicilia94, giacché le sue prime opere conosciute, benché pubblicate a Venezia, furono
dedicate a personaggi illustri isolani. Tra il 1567 e il 1581 visse in Lombardia dove fu
per dodici anni maestro di cappella di Santa Maria Maggiore in Bergamo, nel 1581
ritorna nella natia Nicosia dove morì nel 1584. E’ probabile un suo soggiorno a Napoli
tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60: ebbe, infatti, allievi che gravitarono
nell’orbita napoletana. Giulio Severino, citato da Scipione Cerreto tra i “Sonatori della
Città di Napoli, che oggi non vivono”95, ebbe quattro suoi madrigali inclusi nel Primo
libro di madrigali a cinque voci (Venezia, 1561) di Pietro Vinci; anche Ambrosio
Marien, riconosciuto esplicitamente allievo, ebbe incluso un proprio madrigale nel
Secondo libro a cinque (Venezia, 1567) del Vinci; entrò, poi, nel circolo dei Principi di
Venosa. Del compositore siciliano parlano anche i napoletani Fabrizio Dentice e Nicolò
Tagliaferro96; Pietro Cerone, nel suo monumentale trattato97, adotta per Pietro Vinci
appellativi quali “musico singular, madrigalista moderno da imitar seguramente y sin
peligro, inventor de las diversidades de los contrapuntos”.
Antonio il Verso, il maggior discepolo del Vinci, nacque a Piazza (oggi Piazza
Armerina) intorno al 1560. Dopo la morte del suo maestro si trasferì a Palermo, dove
morì nel 1621 lasciandovi numerosi allievi tra l’aristocrazia e il clero. Nella dedica del
Secondo libro de motetti e ricercari a tre voci di Pietro Vinci, Antonio Il Verso
proclama la devozione per il suo maestro:
Fra le molte composizioni che il Divino Pietro Vinci di buona memoria mio maestro
mandò fuori, Illustrissimo & Eccellentissimo Signor, egli stesso hebbe in maggior conto
certi mottetti, e Ricercari a tre voci, che in su l’estremo de’ suoi dì con giudicio
veramente meraviglioso, & inviò in Vinegia alla Stampa. E non essendo in tanto tempo
comparsi giamai… m’ho risoluto mandarli in luce …e come che di quelli istessi ch’egli
mandò all’hora, ame ne mancano alcuni Ricercari, l’ho rassopplito de’ miei, certo che
andando presso a quei del maestro non riceveranno insulto…nel che credo far’opera di
pietoso e buon Discepolo in adempiere il desiderio del morto maestro…98
Il giovane Antonio Il Verso, quindi, sfrutta la “scia” del celebre maestro per lanciarsi
nel mondo musicale dimostrandosi, peraltro, degno discepolo. La raccolta è formata da
11 mottetti e 14 ricercari a tre voci: i mottetti sono tutti di Pietro Vinci, mentre dei
ricercari 7 sono di Pietro Vinci e 7 di Antonio Il Verso.
94
Carapezza 1985, ix.
Cerreto 1601, 159.
96
Carapezza 1987.
97
Cerone 1613, 89.
98
Dedica de “IL SECONDO LIBRO DE MOTETTI, / E RICERCARI A TRE VOCI. / Con alcuni
Ricercari di Antonio Il Verso suo Discepolo. / Nuovamente dati in luce. /IN VENETIA, MDXCI/
Appresso l’Herede di Gierolamo Scotto”. L’unico esemplare è custodito presso la Biblioteca Nazionale di
San Marco in Venezia, segnatura Musica 2571.
95
27
Non c’è dubbio che il modo immediato d’eseguire un ricercare le cui voci erano
state divise su tre libri parte, era quello che la semplice distribuzione dei tre libri uno a
ciascun suonatore di strumento melodico rendeva possibile. E solo indiretta, mediata
attraverso l’intabulatura delle parti, sarebbe l’esecuzione all’organo: ma sempre
perfettamente legittima, ché l’organo oltretutto è una summa istrumentorum99.
Nel 1615, appena 24 anni dopo la pubblicazioni di questi ricercari, Giovanni
Maria Trabaci premetterà alle “Partite sopra Zefiro”100 la sua celebre dichiarazione:
Partite artificiose sopra il Tenore de Zefiro con alcune Partite approportionate per l’Arpa,
havertendo però, che se in questo presente libro stà intitolate alcune cose per l’Arpa, non
per questo si soprasedisca il Cimbalo, perche il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del
mondo, & in lei si possono sonare ogni cosa con facilità101.
La nota più acuta, comunque, nei Ricercari di Vinci e del Verso è il sol (g”), così che ne
risulta agevole l’esecuzione del trio di viole.
I quattordici ricercari a tre voci …si presentano … nell’edizione originale, alternati
con una certa anomala regolarità: due del maestro e due del discepolo, due e uno, uno e
uno, uno e due. Si capiscono facilmente le ragioni di tale distribuzione: il discepolo di
basa di volta in volta sui modelli del maestro, riutilizzando la stessa registrazione delle
voci (lo stesso sistema di chiavi) e mantenendone il modo, reimpiegando lo stesso tema
(o costellazione tematica) fondamentale o un suo analogo omogeneo immediatamente
derivato. Anche l’ordine e la distanza nell’ingresso delle tre voci all’inizio sono
chiaramente mantenuti, mentre viene variata l’articolazione macrostrutturale della
composizione. Persino le modulazioni ritmiche proporzionali del tema (sia in originale
che in rovescio) sono oggetto di imitazione, sebbene spesso in un diverso contesto
macrostrutturale.
Un caso assolutamente unico, per quel ch’io ne sappia: è un’attività didattica colta in
fieri; possiamo assistere da vicino, quasi in presenza, ad una serie di lezioni di
composizione in pieno XVI secolo102.
Vi è anche un legame con la tradizione folklorica siciliana: nelle battute finali del
Ricercare Secondo, i due soggetti, elaborati con diminuzioni e frequenti ripetizioni,
risultano congruenti con le due melodie di un Canto dei bambini di maggio, raccolto a
Racalmuto (Agrigento) da Alberto Favara intorno all’anno 1900103.
Sia Pietro Vinci, nel 1560, che Antonio Il Verso, nel 1596, pubblicarono
musiche strumentali a due voci. Il duo strumentale può essere considerato come il primo
passo che un musicista deve compiere sia dal punto di vista compositivo che tecnicoesecutivo. I maggiori trattati rinascimentali non prescindono mai da esempi a due voci
che hanno il privilegio di contemperare la semplicità alla completezza. La bellezza della
concezione didattica rinascimentale consiste, però, nel valore musicale che comunque
non deve mai venir meno anche in composizioni didattiche rendendo così piacevole ed
interessante l’esecuzione di questi Duo. L’esecuzione organistica dei Duo di Pietro
Vinci e di Antonio Il Verso appare succedanea all’esecuzione con due strumenti solisti.
Questi pezzi suscitano un vivo interesse in quanto alphabeto di musica e scuola tecnica;
ne sarebbe auspicabile l’uso nelle scuole di musica accanto alle celebri Invenzioni a due
voci di J. S. Bach, scritte per lo stesso scopo.
99
Carapezza 1972, xix.
Trabaci 1615.
101
Trabaci 1615, 117.
102
Carapezza 1972, pag xxi. Ivi l’analisi dei ricercari alle pagine xxii – xxxii.
103
Carapezza 1983, 45.
100
28
I titoli dei ricercari sono in prevalenza nomi di luoghi o di persone, per lo più
siciliani; troviamo pure modi di dire ed anche indicazioni della tecnica compositiva o
della notazione.
PIETRO VINCI – IL PRIMO LIBRO DELLA MUSICA A DUE VOCI – 1560
1. La Marencha
2. Lo Canallotto
3. Vinci
4. Castro Ioanni & Muxa
5. Fontana di Chiazza
6. Xumo Sauzo con li Garbi
7. Piro con lo Furno
8. Barressi e Scalisi
9. Bocconcino
10. Chiucia
11. Lo Cayordo
12. Spinello e don Antonino d’Allena
13. Pauso
14. Le Gorre con lo Paschiero
15. Malportuso
16. Paravola
17. Pe Martino
18. Gallina Ratto Rattonis
19. La Vaccarra con le Buscaglie
20. Spattafolco con lo Gobbetto
21. La Murada
22. Sperlingua e Presti Paulo Bono
23. San Basilli
24. Senza Octava
25. Planzuni
26. Il Gambero con Denaretto
27. Xiri che senza xiri stamo male
28. La Danzulina e lu Chiaperi
29. Le Politine
Merita qualche precisazione il numero 26, Il Gambero con Denaretto,
contrappunto diminuito sopra il tenore di bassadanza del XV secolo detto La Spagna.
Questo tenore fu spesso utilizzato nel XVI secolo: ricordiamo le elaborazioni di
Antonio de Cabezòn, Luys Venegas de Henestrosa e, molto importante per l’influenza
esercitata nell’Italia meridionale, le sei Ricercadas pubblicate da Diego Ortiz nel suo
trattato104. Il procedimento di Pietro Vinci coincide con quello di Ortiz.
Il numero 24, intitolato Senza Octava, è un’acrobazia contrappuntistica.
ANTONIO IL VERSO – IL PRIMO LIBRO DELLA MUSICA A DUE VOCI – 1596
1. Oreto
2. Il Tebro
3. Himera
4. Fontana Fredda
5. La Lelia
104
Cfr Ortiz, Cap. 1.1; La Spagna venne utilizzata anche da Rodio, Mayone, Trabaci.
29
6. Piazza et Enna, di Antonio Formica
7. Strada Colonna
8. Il Verovio
9. Il Garraffo
10. Pusilico
11. Sebeto
12. Mongibello
13. Montemaggiore
14. Il Tasso
15. Mastrillo e il Cangialosa
16. Lilibeo
17. Pachino
18. Babilonia, Contrapunto doppio che si canta in quattro modi
19. Aretusa et Alfeo, Canon in diapente inferius
20. Omne leve tendit sursum, Canon in diapason superius duorum temporum
21. Scilla e Cariddi
22. Il Verso
23. Peloro
24. La Bellia con Rambaldo
25. Sartoya
26. Gela
27. Cecus non iudicat de coloribus
Anche nei ricercari di Antonio Il Verso troviamo alcuni titoli estremamente
interessanti. Il numero 18, “Babilonia”, dal titolo che evoca la confusione per
antonomasia creata dalla possibilità di cantare in quattro modi diversi un contrappunto
doppio proprio sul tenore “La Spagna”. Il numero 21, intitolato “Scilla e Cariddi”, è
caratterizzato dalla difficoltà di lettura derivante dall’impiego del punctus divisionis,
manifestazione di dotta erudizione: superare indenne la complessa lettura delle due voci
è come passare tra i due mitici mostri! Il titolo del numero 27, “cecus non iudicat de
coloribus”, indica l’irrilevanza dell’annerimento delle semibrevi che, bianche o nere,
devono sempre essere considerate imperfette in forza della loro posizione.
La raccolta dei ricercari a due voci di Giovan Battista Calì, “Siciliano della
Lecata, Discepolo di Antonio Il Verso” risale al 1605 e venne pubblicata presso
l’editore Amadino di Venezia.
L’evoluzione della scuola polifonica siciliana è qui alla sua tappa conclusiva: al
contrappunto armonico di due linee indipendenti ciascuna con una propria realtà e un
proprio peso, pur se omogenee quanto al materiale sonoro, siamo giunti all’organismo
logico armonico monodiscorsivo, pur se articolato in un doppio guizzo lineare. Quelli del
Vinci venivano chiamati Duo, ma questi del Calì sono duetti, ovverosia monodia
biforcuta: i temi ormai non sono che frammenti melodici armonicamente determinati, che
assumono contorni provvisoriamente definiti, pronti a liquefarsi e ricondensarsi di nuovo
in veloci ritmi di quartine di crome. Non c’è più il tema nella sua essenza, e per questo è
più libero nella sua esistenza. La tendenza alla fusione tematica, già apparsa
sporadicamente nella raccolta del Verso, qui è regola: i temi appaiono senza aver l’aria
d’esser dei momenti privilegiati nel tempo ella musica, leggeri e danzanti dispaiono e poi
tornano a far capolino ogni tanto, quando il rapido flusso discorsivo lo richiede105.
I titoli dei ricercari si riferiscono quasi sempre a nomi di luoghi e persone
siciliani.
105
Carapezza 1971, il.
30
GIOVAN BATTISTA CALI’
IL PRIMO LIBRO DI RICERCARI A DUE VOCI – 1605
1. Poggio di Lemo
2. La Giaretta
3. Falconara
4. Monserrato
5. Sabuggi
6. La Montagna
7. Porta Agnesa
8. Donna Bandina
9. Il Padre Alicata
10. Il Cannizzo con gli Alosi
11. La Senia
12. Foggia del Salso
13. Vallone Secco
14. Le Fontanelle con gli Orti, di Antonio Il Verso
15. Costantino Dilitioso, di Antonio Il Verso
16. Magna Gela
17. Montechiaro
18. Castelvetrano, di Giuseppe Pallazotti
19. Fiume Torto
20. Ricercare a quatro
21. Il Peliero d’Angelo Spatafora
I ricercari 14 e 15 sono di Antonio Il Verso, maestro di Giovan Battista Calì, il 18 di
Giuseppe Palazzotti e Tagliavia, il maggior discepolo di Antonio Il Verso. I ricercari di
Calì sono tutti in tempo C ad eccezione del ricercare XIX intitolato “Fiumefreddo”, e
privilegiano una tessitura acuta; prevale il carattere di “canzon francese” e, sebbene
l’organico strumentale più efficace è il duo strumentale, le figurazioni presenti sono
pure caratteristiche della musica per strumenti da tasto i quali possono efficacemente
rendere questi ricercari. Un caso a sé è il ventesimo ricercare, l’unico che non ha un
titolo specifico e, soprattutto, l’unico ad essere scritto a quattro parti. Purtroppo per
sedici delle sessanta misure vi sono difficoltà di trascrizione e di interpretazione: un
tentativo è stato effettuato da Milton Allen Swenson106 il quale sottolinea tutte le
difficoltà derivanti dai molti errori presenti nella stampa originale. Il Ricercare XX,
forse il più appropriato all’esecuzione organistica, è lungo sessanta brevi, il suo stile
strumentale è caratterizzato dalle linee melodiche disgiunte e dagli incroci delle parti;
molti artifici contrappuntistici sono impiegati in questo ricercare; anche se i canoni non
sono impiegati, l'aumentazione e la diminuzione sono usate in maniera organizzata ed è
presente anche l’inversione; la combinazione simultanea di temi non è usata con grande
frequenza, la risposta tonale non viene impiegata in favore della sottodominante. Il
pezzo può essere diviso in cinque sezioni, tutte chiaramente circoscritte da cadenze
conclusive.
106
Swenson 1971, 388.
31
2.2 SEBASTIAN RAVAL
Sebastian Raval nacque a Cartagena, nel sud della Spagna, intorno al 1550107. Si
arruolò nell'esercito di Filippo II e combatté nelle Fiandre sotto il comando del Duca
d'Alba, ma si ammalò gravemente e fece voto di diventare frate cappucino se fosse
guarito. Disattendendo il suo giuramento, ritornò alle armi al servizio di Marc'Antonio
Colonna, comandante della flotta dello Stato Pontificio nella Battaglia di Lepanto
(1571) e, successivamente, Viceré di Sicilia (1577 - 1584). Ritroviamo Raval nel 1579,
di nuovo nei Paesi Bassi, al sevizio di Alessandro Farnese, Principe di Parma,
impegnato nell'assedio di Maastricht, dove Raval, gravemente ferito, rinnovò il suo
voto, mantenendolo stavolta.
Probabilmente prima del 1584 Raval entrò al servizio del Conte di Urbino
Francescomaria II della Rovere, questa volta come musicista. Gli doveva risultare
stretta la regola dei cappuccini se, attraverso gli uffici del Cardinal Peretti , supplicò il
Papa di essere trasferito ad un Ordine meno rigido. La Curia romana ne autorizzò il
trasferimento alla fine di 1592 all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (Cavalieri
di Malta); si trasferì quindi a Roma, entrò in contatto con diversi compositori ed
ottenne anche la protezione del Cardinale Peretti. Poco tempo dopo era al servizio del
nipote ed omonimo del suo primo comandante, Marc'Antonio Colonna. Nello stesso
anno si cimentò in una sfida di contrappunto contro i compositori romani Giovanni
Maria Nanino e Francesco Suriano risultandone, però, perdente.
Nel 1595 andò al servizio di Gerolamo Branciforte Tagliavia , Duca di San
Giovanni e Conte di Cammarata e si trasferì in Sicilia. Proprio in quell'anno lo spagnolo
Don Luis Ruiz108, maestro della Cappella Reale di Palermo, morì e Raval ne approfittò
per proporsi come successore; l'incarico gli venne conferito il 28 aprile 1595 e tenne il
posto di maestro di cappella fino al 1604, anno in cui morì.
Qualche anno prima della morte , tra il 1585 e il 1600 Raval si produsse in una
nuova competizione musicale con il giovane Achille Falcone, maestro di cappella a
Caltagirone, ma ne uscì nuovamente sconfitto; stavolta, però, Raval fece ricorso al
Viceré ed ottenne un secondo giudizio che lo dichiarò vincitore. Una terza prova
avrebbe dovuto effettuarsi a Roma ma non ebbe mai luogo a causa dell’immatura morte
di Falcone. Possediamo le musiche composte da Raval e Falcone per la disputa e la
“Relazione del successo, seguito in Palermo tra Achille Falcone, Musico Cosentino, e
Sebastian Ravalle, Musico Spagnolo” pubblicata nel 1603 da Antonio Falcone, padre di
Achille109. I pezzi composti da Falcone appaiono superiori a quelli dello spagnolo ma le
protezioni d’alto rango di cui quest’ultimo beneficiava avranno pesato nel giudizio a
suo favore.
Nel 1596, un anno dopo la nomina di Raval a Maestro della Reale Cappella di
Palermo, vede la luce “Il Primo Libro di Ricercari a quattro voci cantabili” del musicista
spagnolo.
107
Le informazioni biografiche su Raval sono desunte da Casimiri 1931 e Tiby 1948. Cfr. anche
Ledbetter 1980.
108
Cfr Tiby, 1952.
109
Falcone 1603 (Privitera 2000). Cfr. cap 2.3
32
Ecco la riproduzione del frontespizio:
IL PRIMO LIBRO
DI RICERCARI
A QUATTRO VOCI CANTABILI
Per Liuti, Cimbali, & Viole d’arco, quattro ò sei opere con parole spirituali
in Canoni ad Echo, ad otto, & à dodici voci, che cantano in quattro parte
coniunti, & divisi i chori. E Ricercar in contraponti osservati sciolti,
& in quattro fughe d’accordio di Studi particolari,
& utilissimi per studiosi.
Composte per Fra Sebastian Raval, dell’Ordine di San Gio. Battista,
Maestro della Cappella reale di San Pietro di Palermo
ALL’ILLUSTRISSIMO ET ECCELLENTISSIMO SIGNOR
il Conte Don Giovanni Vintimilia Marchese di Hieraci,
Principe di Castel Buono, Presidente & Capitan
Generale per sua Maestà nel Regno di Sicilia
[Stemma]
IN PALERMO, per Gio. Antonio de Franceschi. M. D. XCVI.
Raval indica gli strumenti che possono essere impiegati per l’esecuzione dei
ricercari: liuti, clavicembali e viole. E’ un’indicazione molto preziosa che aiuta a
comprendere le modalità di esecuzione strumentale alla fine del XVI secolo.
Nell’ensemble indicato da Raval convivono il liuto e il clavicembalo, strumenti
polifonici, accanto alle viole d’arco. Scrive Scipione Cerreto:
Dunque è da sapere, che la Viola da Gamba, da altri detta Viola d’arco è uno strumento
nel quale si ritrova l’istessa perfettione, come à quella, che habbiamo veduto nel Liuto,
[…] sonandosi da Periti Sonatori quattro, ò cinque Viole insieme, non è dubbio, che
essendo ben tocche, che tal suono rende all’orecchie dell’uditori una perfetta, e soave
armonia […]E che sia ‘l vero il conserto delle Viole da Gamba hanno acquistato il nome
proprio delle voci cantabili, essendo tali voci più perfette delle voci artificiali, poscia che
ciascheduna Viola da Gamba da per se tiene il suo proprio nome, quali si dicono, Basso,
110
Tenore, Alto e Soprano.
110
Cerreto 1603, 329.
33
Cerreto specifica, inoltre, che
[…] quando s’accordano tutte le Viole del Conserto insieme, le Viole de i Tenori, e
Contralti, s’accordano per Ottava sopra il Basso, & li Soprani s’accordano per Ottava
sopra del Basso, & per quarta sopra e i Tenori, e Contralti.111
Le indicazioni di Cerreto verranno confermate da Pietro Cerone nel suo monumentale
trattato:
Agora, quien quinsiesse anadir el Contralto, pongale de cuerda en cuerda en Unisonus
con el Tenor. Advertiendo siempre que desde la primera cuerda en vazio de qualquiera
parte, à la sexta en vazio, ay Quinzena.112
E’ difficile immaginare esattamente come i vari strumenti si armonizzassero per
l’esecuzione. Agostino Agazzari scrive che
Come fondamento sono quei che guidano e sostengono tutto il corpo delle voci, e
stromenti di detto Concerto: quali sono, Organo, Gravicembalo etc. e similmente in
occasion di poche e sole voci, Leuto, Tiorba, Arpa etc. Come ornamento sono quelli, che
scherzando, e contrapontegiando, rendono più aggradevole, e sonora l’armonia; cioè
Leuto, Tiorba, Arpa, Lirone, Cetera, Spinetto, Chitarrina, Violino, Pandora, et altri
simili.113
Va sottolineato, comunque, come l’organo non sia espressamente indicato nella stampa
dei ricercari di Raval.
Di difficile interpretazione è la dicitura “quattro ò sei opere con parole spirituali in
Canoni ad Echo, ad otto, & à dodici voci, che cantano in quattro parte coniunti, & divisi
i chori”. Ci sono due canoni ad otto voci in due cori ed altri due canoni a dodici voci in
tre cori ma questi ultimi possono pure essere ridotti ad otto voci in due cori; è, forse, per
questo motivo che Raval scrive ambiguamente “quattro ò sei opere”.
Segue la dedica a don Giovanni Ventimiglia:
ILLUSTRISSIMO
ET ECCELLENTISSIMO
SIGNOR
Le scienze, & le virtù sparte al mondo si veggono come meritano in alzati (sic) la musica
anco Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Speculativa, & pratica, che hà nel suo luogo, e si vede
illustrata da gran principi, Signori, & Nobili virtuosi, talmente si dilettano non solo
dell’Armonia di quella, & il concento, ma anchora sia abilissimi, che vestono le nude
111
Ibidem, 330.
Cerone 1613, 1059.
113
Agazzari 1607, 3.
112
34
parole con varij, e soavi modi, esplicando i concetti, imitando le fughe, e piene, ò sole,
ridendo, ondeggiando, piangendo, ò tremando, inalzaldo, solcando, ò basciando, i mari, le
valli, & quel che condisce il tutto, vera osservanza, & polito portamento à tuono, e voci
talmente, che dal tessimento si conosce con facilità il suo valore, & acciò non paia V.
Eccell. che ricercate per differenti strumenti, non sia il più fiorito, & consumato studio,
che possa far’un Compositore il grand’Adriano Villaert, & Cipriano Rore suo discepolo
grandissimi contrappuntisti, quali diedero luce all’osservanza delle parole, che à ciò fare
non è abile nel contrapunto, pur dicevano esseri veri osservatori contrappuntisti, à variati
modi, & fughe ad ogni genero de proporzioni della Musica: trovandomi in servigio del
serenissimo Duca d’Urbino mio Signore compose (sic) alcune di queste Ricercati, e in
Roma allo Illustriss. Cardinale Ascanio Colonna mio Signore dodici principij di Ricercar
sopra dodici toni naturali, & all’illustriss. Conte di Camerata altri Ricercat’in quattro
fughe d’accordio, & variati, che studiosi troveranno alcun studio, e gli certifico (come per
esperienza vedranno) che richiede al Musico gran fertilità à guisa d’homo ricco, che
spende, come vuole, e si è povero, come può. Metto in luce alcuni Mottetti spirituali con
parole in Canoni ad Eccho, che accordano congiunti, e divisi i Chori à otto voci, che
cantano in quattro parti aspettano il secondo Choro quattro, e sei battute, si anco à dodici
voci, che cantano in quattro parti aspettando secondi, & terzi Chori quattro, e sei battute,
se non gli vorranno dividere, hò regolato il fine ad ogni voce. Se il primo Choro sarà
arrivato al fine, il secondo, terzo Choro, l’istesso si dimostrerà il Canon ad Eccho molto
più. Altra fugha ad otto voci, che cantano in due parti per chiavi differenti, & possono
ritornare facendo fine dove vedranno i segnali non senza misterio; anzi meravigliato, oltre
à tante differenze di composizioni per l’Organo Messe, Mottetti, Madrigali, & altre opere
quale aspetto col favore di V. Eccell. Mettere in luce, dico Eccellentiss. Signore
considerando che i Rè Normandi de quali V. Eccell. deriva dotarono questa Cappella
Reale, & io ben che indegno trovandomi Maestro in quella e di Musici si nobili, & asperti
(sic), che l’habbiamo fatto tutti prova di queste, & altre opere, e Canoni, quali senza io
provarli prima ne loro visti senza risoluzioni di voci, & cosi l’habbiam cantato à V.
Eccell. Pregandoci di farli sentire sempre opere nuove, come à Principe, e Signor nostro,
che se ne diletta in fra tante scienze, e virtù in quella della Musica, e assicurato nel reale
Scudo di V. Eccell. Humilmenti la supplico gli accetti, e il sincero animo, qual sempre
offerisco à V. Eccell. In Palermo à di 29. di Novembre. 1596.
Di Vostra Eccellenza.
Affettionatissimo, & Humilissimo Servitore.
Fra Sebastian Raval dell’Ordine di San Gio. Battista.
Raval si propone come cultore del contrappunto, principio basilare per ogni forma
di musica dotta ed elevata, ed esperto di tutte le forme di canone; considera la sua opera
esemplare ed utile agli studiosi.
Le opere della raccolta sono state composte in momenti differenti: secondo quanto
affermato nella dedicatoria, Raval avrebbe composto dodici ricercari nei dodici toni
durante la sua permanenza in Roma, ma nella raccolta si trovano ordinati per toni solo 8
ricercari (dal nono al sedicesimo), non figura alcun ricercare del decimo tono e gli altri
non sono ordinati; il primo ricercare venne scritto probabilmente in Sicilia, altri
ricercari vennero invece scritti durante il soggiorno in Urbino. Non è chiaro a quale
periodo appartengono i mottetti e gli altri pezzi.
Nella pagina finale di ciascun libro parte vi è l’indice; per i ricercari è specificato
il tono d’impianto, per i canoni l’incipit del testo verbale ed il numero di voci.
35
Primo Ricercare del Primo Tono trasportato in quattro fughe d’accordo.
Il primo Ricercare è stato pure pubblicato nel 1603 da Antonio Falcone col
seguente titolo: Ricercata di Raval ch’egli dice d’esser di 4 fughe d’accordo, ben che
non siano; lo scopo di Falcone è dimostrare la superiorità contrappuntistica del figlio
Achille di cui pubblica di seguito una Ricercata d’Achille Falcone di quattro fughe
d’accordo dove veramente appareno, come si vede le qui sotto resolutioni, a
competenza della suddetta di Ravale. Sempre Antonio Falcone, nella già citata
Relatione, fa esplicito riferimento al ricercare dello spagnolo:
[…] dico che mentre si compone con obligo di seguitar le fughe, et il sugetto datosi l’un
l’altro, si ha da attendere più all’osservanza della fuga, e dell’arteficio, et à non lasciar il
proprio sugetto, che ad accomodar le consonanze à suo modo, come fanno i semplici
praticucci, poichè da l’arteficio, che ciascuno usa si scorge il vero valore, e dove non è
artificio non può essere perfetta scienza, come si vede nelle Ricercate stampate di esso
Raval di quattro fughe d’accordo, che veramente accordano, ma non di fughe né dalle
parte di mezzo, l’una con l’altra, non ve ne essendo neanco due d’accordo, si che è per
accomodar le consonanze [che] lascia l’arteficio, che si ricerca per le quattro fughe
d’accordo. Oltra li infiniti errori, che vi sono114.
Il pesante giudizio di Falcone è condivisibile: in effetti i quattro soggetti non sono
“d’accordo”. Raval, inoltre, impiega i quattro soggetti come punti di riferimento
dell’intreccio contrappuntistico, senza una rigida organizzazione delle riproposizioni di
essi; il risultato è molto gradevole all’orecchio, le parti libere sono composte in maniera
accattivante, ma la struttura formale è debole. Il Ricercare è trasportato per b molle una
quarta sopra il primo tono naturale; nell’esposizione il primo soggetto appare al Tenore,
il secondo soggetto appare alla battuta 2 all’Alto, il terzo soggetto appare alla battuta 4
al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Basso. Il secondo tema è l’unico che
viene esposto in tutte le quattro voci nelle prime sedici battute. Alle battute 32-36 vi è
uno stretto dei quattro temi nelle quattro voci. Nel corso del ricercare vengono proposti
in aumentazione il primo, il terzo ed il quarto tema, mentre in diminuzione viene
presentato solo una volta il primo tema. Il terzo tema viene esposto anche una volta in
inversione. I quattro temi entrano simultaneamente solo nella cadenza finale. Il
Ricercare è lungo 80 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Secondo Ricercare del Secondo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio.
Anche il secondo Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro
fughe. Il primo soggetto appare al Basso, il secondo soggetto appare alla battuta 2 al
Tenore, il terzo soggetto appare alla battuta 4 all’Alto, il quarto soggetto appare alla
battuta 7 al Canto. Le entrate tematiche sono molto distanti tra loro, raro l’impiego degli
stretti: solo alla fine vi è uno stretto alle quattro voci. Solo il terzo tema viene proposto
in aumentazione al basso, seguito immediatamente dal quarto tema diminuito alla stessa
voce. Il Ricercare è lungo 76 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto.
Terzo Ricercare dell’ Undecimo Tono naturale.
Il terzo ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2),
Alto (batt. 5) e Basso (batt. 6). Esso viene aumentato 4 volte, al Tenore, all’Alto, al
Basso e nuovamente all’Alto, viene diminuito 3 volte al Basso, al Tenore e al Canto. Le
entrate in stretto vengono impiegate solo nella parte centrale del Ricercare mentre, verso
114
Relazione del successo, seguito in Palermo tra Achille Falcone, Musico Cosentino, e Sebastian
Ravalle, Musico Spagnolo, in Privitera 2000, xiii.
36
la fine, Raval preferisce variare il tema ritmicamente. Il Ricercare è lungo 54 battute di
brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Quarto Ricercare dell’Ottavo Tono naturale.
Il quarto ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2),
Alto (batt. 2) e Basso (batt. 5); il Canto e l’Alto sono in stretto. Vi è una riesposizione al
Canto, Tenore, Basso ed Alto. Il soggetto viene aumentato 6 volte, al Canto, al Tenore,
all’Alto, al Tenore, all’Alto ed al Canto, viene diminuito una sola volta all’Alto. Anche
in questo Ricercare Raval varia il soggetto ritmicamente specialmente verso la fine;
dalla battuta 48 alla fine il soggetto in aumentazione al Canto viene accompagnato da
una lunga serie di crome all’Alto ed al Tenore che procede per terze parallele. Il
Ricercare è lungo 54 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Quinto Ricercare dell’Undecimo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio.
Il quinto Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il
primo soggetto appare al Basso, il secondo soggetto appare simultaneamente al Tenore,
il terzo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 4
all’Alto. Dalla battuta 15 alla 31 vi sono parecchie entrate tematiche in stretto fra due
voci, alla battuta 61 vi è uno stretto in aumentazione tra il quarto soggetto al Canto ed il
terzo tema al basso. Nel corso del ricercare tutti i soggetti vengono proposti in
aumentazione. Il Ricercare è lungo 76 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto.
Sesto Ricercare del Duodecimo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio.
Il sesto Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il
primo soggetto appare al Tenore, il secondo soggetto appare in stretto nella stessa
battuta all’Alto, il terzo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, il quarto soggetto appare
alla battuta 5 al Basso. Alla battuta 37 vi è un’entrata in stretto tra il primo e il secondo
soggetto seguita qualche battuta dopo da un analogo stretto tra il terzo e il quarto
soggetto. Vengono proposti in aumentazione il primo, il terzo e il quarto soggetto, in
diminuzione il primo e due volte il terzo; la cadenza finale ha l’entrata simultanea
dei quattro soggetti anche qui con aggiustamenti ritmici. Il Ricercare è lungo 78 battute
di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Settimo Ricercare del Nono Tono trasportato.
Il settimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto , Canto (batt. 1),
Basso (batt. 2) e Tenore (batt. 3); esso viene continuamente variato ritmicamente finché,
alla battuta 35, appare un secondo tema che viene esposto in ordine all’Alto, Canto,
Tenore e Basso e riesposto, a partire dalla battuta 44, al Basso, Alto, Canto e Tenore. Il
secondo tema riapparirà altre quattro volte, a volte con leggere modifiche, il primo
soggetto non compare più. Il Ricercare è lungo 70 battute di brevi e l’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto.
Ottavo Ricercare del Primo Tono naturale.
L’ottavo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare in coppie di stretti all’Alto
e al Canto (batt. 1), al Basso (batt. 2) ed al Tenore (batt. 3); viene poi proposto con
diverse varianti ritmiche finché, alla battuta 35, entra un secondo tema esposto all’Alto,
Canto, Tenore e Basso e riesposto successivamente al Basso, Alto, Canto e Tenore. Il
secondo tema verrà proposto altre quattro volte con leggere modifiche mentre il primo
soggetto non viene più proposto sino alla fine. Il Ricercare è lungo 70 battute di brevi e
l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
37
Nono Ricercare del Primo Tono naturale.
Il nono Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt. 2),
Basso (batt. 3) e Tenore (batt. 5); viene poi proposto una volta in entrata in stretto tra
due parti, viene anche variato ritmicamente e 3 volte viene aumentato. Il Ricercare è
lungo 40 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Decimo Ricercare del Secondo tono naturale.
Il decimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2)
ed Alto (batt. 2) in stretto, Basso (batt. 4); viene poi proposto una volta in entrata in
stretto tra due parti, viene anche variato ritmicamente, 5 volte viene aumentato ed una
volta diminuito. Il Ricercare è lungo 45 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il
tempo imperfetto.
Undicesimo Ricercare del Terzo Tono naturale.
L’undicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Basso (batt.
2), Alto (batt. 3) e Canto (batt. 4); il soggetto viene frequentemente variato ritmicamente
e proposto in numerose entrate in stretto; viene anche aumentato 3 volte. Alla battuta
36 il soggetto presenta un inganno alla quarta nota115. Il Ricercare è lungo 42 battute di
brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Dodicesimo Ricercare del Quarto Tono naturale.
Il dodicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Alto (batt.
1), Basso (batt. 2) e Canto (batt. 3); subito dopo l’esposizione il soggetto viene proposto
in rapide entrate in stretto tra tre parti; dalla battuta 14 le entrate tematiche si
allontanano, il soggetto viene aumentato 6 volte ed una volta diminuito; soltanto alla
fine vi è uno stretto tra due parti col soggetto modificato ritmicamente. Il Ricercare è
lungo 42 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Tredicesimo Ricercare del Quinto Tono naturale.
Il tredicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Basso (batt.
2), Canto (batt. 3) e Tenore (batt. 4); terminata l’esposizione il soggetto viene proposto
sempre con alterazioni ritmiche; viene, inoltre, aumentato 3 volte e diminuito una volta.
Tutte le entrate tematiche successive all’esposizione sono in stretto. Lo sviluppo è
caratterizzato da materiale tematico secondario e dai frequenti passaggi di crome per
terze parallele. Il Ricercare è lungo 46 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto.
Quattordicesimo Ricercare del Sesto Tono naturale.
Il quattordicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto
(batt. 2), Tenore (batt. 3) e Basso (batt. 4); viene poi proposto poche volte in stretto,
viene anche variato ritmicamente e 5 volte viene aumentato di cui tre consecutive al
Canto. Il Ricercare è lungo 43 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto.
Quindicesimo Ricercare del Settimo Tono naturale.
Il quindicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Basso (batt.
1), Canto (batt. 2) e Tenore (batt. 5); viene proposto diverse volte in stretto dopo
l’esposizione, prevalgono, poi, le variazioni ritmiche; il soggetto viene aumentato 3
115
La tecnica dell’inganno verrà ampiamente utilizzata da Giovanni Maria Trabaci nei suoi Ricercari.
Cfr. Cap 3.4.
38
volte e 2 volte diminuito, nelle parti libere sono frequenti i passaggi di crome per terze
parallele. Il Ricercare è lungo 45 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto.
Sedicesimo Ricercare dell’Ottavo Tono naturale.
Il sedicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt.
2), Tenore (batt. 3) e Basso (batt. 5); non ci sono entrate in stretto, il soggetto raramente
viene modificato ritmicamente e viene proposto aumentato 4 volte. Il Ricercare è lungo
43 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Diciassettesimo Ricercare del Duodecimo Tono naturale.
Il diciassettesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto
(batt. 2), Alto (batt. 2) e Basso (batt. 4); già nell’esposizione il Canto e l’Alto sono in
stretto che viene riproposto solo alle battute 9 e 24; in quest’ultimo caso, lo stretto è con
il soggetto aumentato in entrambe le parti. Il soggetto viene aumentato
complessivamente 3 volte e frequentemente viene modificato ritmicamente. Il Ricercare
è lungo 52 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Il trattamento contrappuntistico nei ricercari di Raval è molto libero e disinvolto,
le esposizioni tematiche sono separate da lunghe sezioni libere, caratterizzate da chiare
sequenze armoniche e da lunghi passaggi per terze e seste parallele. Le armonie
eccentriche, il frequente uso di ritmi con note puntate assieme alle modulazioni molto
libere, conferiscono alla musica di Raval un carattere inquieto e nervoso.
Dopo i Ricercari c’è un mottetto intitolato Viderunt te atque Deus per Organum ;
nelle singole parti c’è la seguente indicazione: A 4 per l’organo quattro fughe distinte.
In questo caso l’organo probabilmente deve raddoppiare le quattro voci.
Seguono quattro canoni di cui si riporta l’incipit e, tra parentesi, le indicazioni
tecniche dell’autore.
Canones cum octo & duodecim vocibus. In quatuor partibus.
1.
Congregate sunt gentes octo vocum. In quatuor partibus.(Canon cum octo vocibus in
quatuor partibus, et divisis quatuor ad unisonum ad Ecco)
2. Haec dies, duodecim vocibus. In quatuor partibus. (Canon duodecim vocibus simul et
separatis tribus Choris ad Ecco)
3. Da pacem Domine, octo vocibus. In quatuor partibus. Canon ad Ecco octo vocum in
quatuor partibus coniunctis, et separatis)
4. Misit Dominus, duodecim vocibus. In quatuor partibus. (canon Duodecim vocibus in
quatuor partibus coniunctis et separatis)
39
2.3 ACHILLE FALCONE
Si è già accennato nel cap 2.2 alla sfida musicale tra Sebastian Raval ed Achille
Falcone. Nella pubblicazione116 curata da Antonio Falcone, padre di Achille, sono
riprodotte le musiche superstiti di questo, ivi comprese quelle della contesa, le uniche
musiche conosciute di Achille Falcone. Accluso alla parte del Basso si trova la
Relazione del successo seguito in Palermo tra Achille Falcone Musico Cosentino e
Sebastian Ravalle Musico Spagnolo, racconto dettagliato della sfida nonché unica fonte
biografica del musicista calabrese117.
Achille Falcone nacque a Cosenza non prima del 1577, suo padre provvedette a
[…] far crescere questo mio figliuolo a suoi teneri anni nel timor del Signore Dio, e nelle
scienze della lingua Latina Poesia, e particolarmente della Musica speculativa e prattica
con cognizione d‘ogni sorte di strumento, conforme si ricerca à perfetto Musico118.
Dal 10 maggio 1597119 era Maestro di cappella a Caltagirone (attualmente in provincia
di Catania); morì il 9 novembre 1660 a Cosenza mentre si apprestava a partire per
Roma, dove avrebbe dovuto avere luogo la terza prova della sfida con Raval.
La pubblicazione del 1603 ha il seguente frontespizio:
ALLI SIGNORI MUSICI
DI ROMA
MADRIGALI A CINQUE VOCI
DI ACHILLE FALCONE
Musico & Accademico Cosentino
Maestro di Cappella di Caltagirone, con alcune opere fatte
All’impronto à competenza, con Sebastiano Ravalle
Fra Capellano di Malta, e Maestro della Cappella Reale di Palermo, con una narratione come veramente il
fatto seguisse.
Nuovamente, dati in luce
[simbolo]
116
Falcone 1603 (Privitera 2000).
Privitera 2000.
118
Falcone 1603, 1.
119
Privitera 2000, xviii.
117
40
IN VENETIA
Appresso Giacomo Vincenti. MDCIII.
Nella pubblicazione troviamo 16 madrigali, 3 mottetti, 4 canoni e 2 ricercari di
Falcone, 2 madrigali, 2 mottetti, un canone ed un ricercare di Raval120. I due ricercari di
Falcone, stampati in libri parte e senza specifica destinazione strumentale, denotano una
notevole perizia contrappuntistica.
1.
x
x
x
x
Ricercata d’Achille Falcone di quattro fughe d’accordo dove veramente
appareno, come si vede le qui sotto resolutioni, a competenza della suddetta di
Ravale.
E’ la risposta di Falcone alla prima Ricercata pubblicata nel 1596 da Raval.
Analogamente al ricercare dello spagnolo, è nel primo modo trasportato una quarta
sopra per b molle. Le quattro fughe sono scambiabili in tutte le voci nelle quattro
risoluzioni.
Resolutione prima. Come sta. Il primo soggetto appare al Canto (chiave di Soprano), il
secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso (chiave di Baritono), il terzo soggetto
appare alla battuta 5 all’Alto (chiave di Contralto), il quarto soggetto appare alla battuta
6 al Tenore (chiave di Tenore).
Resolutione seconda. Il primo soggetto appare al Basso (chiave di Tenore), il secondo
soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Violino), il terzo soggetto appare alla
battuta 5 al Tenore (chiave di Contralto), il quarto soggetto appare alla battuta 6 all’Alto
(chiave di Contralto).
Resolutione terza. Il primo soggetto appare all’Alto (chiave di Soprano), il secondo
soggetto appare alla battuta 3 al Tenore (chiave di Mezzosoprano), il terzo soggetto
appare alla battuta 5 al Canto (chiave di Violino), il quarto soggetto appare alla battuta 6
al Basso (chiave di Tenore).
Resolutione quarta. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Tenore), il secondo
soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Mezzosoprano), il terzo soggetto
appare alla battuta 5 al Basso (chiave di Basso), il quarto soggetto appare alla battuta 6
all’Alto (chiave di Contralto).
E’ assente dallo sviluppo l’aggravamento dei soggetti mentre si riscontra con più facilità
la diminuzione e la modifica dell’incipit; il secondo soggetto viene presentato una sola
volta in inversione. Le entrate in stretto iniziano a partire dalla battuta 10 e si
susseguono fino alla cadenza conclusiva: non c’è una sola battuta in tutto il ricercare
senza un tema esposto almeno in una delle quattro voci. Il Ricercare è lungo 44 battute
di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
2.
Ricercata d’Achille di quattro fughe; si canta in più modi come appare per le due
risoluzioni.
Anche questo ricercare è nel primo modo trasportato una quarta sopra per b molle.
Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Tenore), il secondo soggetto appare alla
120
Primo ricercare di Raval analizzato in Cap 2.2., 36.
41
battuta 3 all’Alto (chiave di Contralto), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto
(chiave di Soprano), il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Basso (chiave di Basso).
Falcone presenta altre due risoluzioni:
x
x
Resolutione prima. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Mezzosoprano), il
secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Soprano), il terzo soggetto
appare alla battuta 5 al Basso (chiave di Tenore), il quarto soggetto appare alla battuta 6
all’Alto (chiave di Soprano).
Resolutione seconda. Il primo soggetto appare al Basso (chiave di Tenore), il secondo
soggetto appare alla battuta 3 al Tenore (chiave di Contralto), il terzo soggetto appare
alla battuta 5 all’Alto (chiave di Soprano), il quarto soggetto appare alla battuta 6 al
Canto (chiave di Violino).
E’ assente dallo sviluppo l’aggravamento, la diminuzione e l’inversione dei
soggetti, si riscontra la modifica dell’incipit. Le entrate in stretto iniziano molto presto a
partire dalla battuta 7: le entrate tematiche sono ancora più fitte del precedente ricercare
ed anche qui non c’è una sola battuta senza un tema esposto almeno in una delle quattro
voci. La cadenza finale è ottenuta con l’entrata simultanea dei quattro soggetti. Il
Ricercare è lungo 48 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto
mediato.
42
3. IL TRENTENNIO D’ORO A NAPOLI (1586/1618)
Negli anni compresi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, l’attività
musicale, nel Regno di Napoli, vive un periodo di grande fermento.
Nella storiografia musicale l’immagine corrente del madrigale napoletano s’incentra sulla
figura preminente del principe Carlo Gesualdo, animatore – oltre che compositore in
proprio – di un’attività musicale intensa in Napoli, nei suoi feudi e addirittura fuori dei
confini del Regno. Le ricerche in corso vanno però mettendo in luce anche la ricchezza e
fertilità di un retroterra madrigalistico locale che annovera compositori di grande statura,
come Giovanni de Macque, Scipione Dentice, Giovan Domenico Montella, Pomponio
Nenna, non tutti e non sempre legati alla corte gesualdiana. Se poi si estende lo sguardo al
di là dei fatti compositivi, salta altresì all’occhio l’intensissimo – seppur breve – rigoglio
dell’editoria musicale napoletana nell’arco che va dagli anni ’90 del Cinque agli anni ’20
del Seicento.121
Nella prima metà del XVI secolo, i compositori napoletani pubblicavano i loro
madrigali, il genere musicale più diffuso in Italia, a Venezia o a Roma; l’editoria
napoletana, invece, stampava pochissimi libri e “tutti caratterizzati da qualche
prerogativa di eccezionalità”122. Nel 1536 si pubblica a Napoli l’Intavolatura de viola
overo lauto di Francesco da Milano e, nel 1537, le Canzone villanesche alla napolitana,
prima pubblicazione in Italia di questo genere musicale. Negli anni ’70 troviamo le
musiche strumentali di Rodio e Valente123, genere musicale che nel resto d’Italia risulta
minoritario rispetto alla musica sacra vocale e al madrigale.
Salta all’occhio che l’editoria musicale napoletana si impossessa soltanto a partire dal
1591 – ossia molto, molto tardi – del genere musicale più in voga non soltanto in Italia
bensì anche già allora nella stessa Napoli: il madrigale.124
Nel 1586 si trasferisce a Napoli il grande musicista fiammingo Giovanni de
Macque125 il quale entra subito nella cerchia dei Gesualdo di Venosa.
Il Macque napoletano è il grande maestro del madrigale meridionale: egli condensa e
chiude la storia del madrigale in una summa straordinariamente equilibrata, ubertosa,
perspicua, riccamente intessuta d’ogni artificio, al colmo dell’efficacia espressiva e
rappresentativa, in classica perfezione formale, limpida ma densissima.126
Le opere per tastiera di Macque, poche se paragonate alla vasta produzione
madrigalistica, sono un punto di svolta nella composizione strumentale napoletana: sono
ormai lontane le regole contrappuntistiche rinascimentali dei ricercari di Rocco Rodio e
le diminuzioni e variazioni su “tenori” di Antonio Valente modellate sugli esempi del
Trattado di Ortiz. Giovanni de Macque stupisce i suoi contemporanei con
sperimentazioni armoniche, impiega una nuova terminologia (durezze, ligature,
stravaganze) per rendere esplicita la dirompente novità delle armonie dissonanti, scrive
toccate che sono un felice equilibrio tra improvvisazione e chiarezza formale, elabora
un nuovo criterio nella successione delle “partite sopra tenori”, dona veste nuova allo
121
Pompilio 1983, 79.
Ibidem, 91.
123
Vedi Cap. 1., 1.1 e 1.2.
124
Pompilio 1983, 91.
125
Vedi Cap. 3.1.
126
Carapezza 1987, 22.
122
43
sviluppo motivico delle canzoni e dei capricci, si cimenta, primo in area napoletana,
nella composizione di un ciclo di ricercari sui dodici toni.
Il legame tra Giovanni de Macque ed i principi di Venosa è di fondamentale
importanza per l’affermazione artistica del musicista fiammingo: Fabrizio aveva creato
un circolo intellettuale e teneva al suo servizio valenti musicisti fra cui Giovanni de
Macque; Carlo, figlio di Fabrizio, mantenne ed alimentò il circolo dei musicisti che si
pose come punto di riferimento per la città di Napoli. Giovanni de Macque ebbe la
possibilità di dedicarsi interamente alla musica senza altre preoccupazioni127,
sperimentando soluzioni musicali nuove e confrontandosi con altri musicisti128: le
condizioni più propizie per sviluppare l’arte musicale.
Nel lodare l’alto livello musicale raggiunto a Napoli, nel 1601 Scipione Cerreto
scriveva che129
[…] Tutto mi par che oggi si scorga nell’Illustrissimo Signor Don Carlo Gesualdo
Principe di Venosa, Nipote dell’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinal Alfonso
Gesualdo, al presente Arcivescovo di Napoli. Oltre che questo Signore è raro Sonatore di
molti Stromenti, del Liuto ha passato il segno, e della Compositione non è meno degli
altri Compositori eccellente, per havervi lui ritrovate nove invenzioni di componimenti,
ornandoli di bei pensieri, e capricci, che forse danno meraviglia a tutti i Musici e Cantori
del mondo, lasciando da parte l’altre sue rare virtù. A questo Principe di più non basta che
si diletti della Musica, ma ancora per suo gusto & intertenimento tiene in sua Corte, a sue
spese, molti Compositori, Sonatori e Cantori eccellenti […]
Cerreto loda le qualità musicali di Carlo Gesualdo descrivendolo liutista
impareggiabile, molto bravo con altri strumenti e compositore non inferiore ai migliori
allora viventi. Sono pervenuti ai nostri giorni sei libri di madrigali mentre è quasi
sconosciuta la sua musica strumentale: conosciamo solo una gagliarda copiata in un
manoscritto custodito nella biblioteca del Conservatorio di Musica di Napoli (I-Nc, ms.
4.6.3.) e la Canzon francese del Principe del manoscritto “Rossi” (British Museum, ms.
Add. 30491)130; compose tre ricercari inclusi nella raccolta di Giovanni de Macque del
1586, di cui è rimasta, mutila, solo la parte del Tenore131. Sono pochissimi esempi “di
un repertorio che a Gesualdo doveva parere meccanico artigianato indegno degli onori
della stampa”132
Tra il 1594 e il 1596, Carlo Gesualdo visse a Ferrara in seguito alle nozze con
Eleonora d’Este. Ferrara era una città con solidissime tradizioni musicali133; il principe
andò accompagnato dal liutista Fabrizio Fillimarino e dall’organista e compositore
Scipione Stella134. A Ferrara conobbe Luzzasco Luzzaschi, uno dei pochi compositori di
cui Carlo Gesualdo nutriva una sincera ammirazione; oltre ad aspetti concernenti la
composizione madrigalistica, i musicisti napoletani si saranno confrontati sul campo
della musica strumentale con Luzzaschi e, forse, con il suo giovane allievo, Girolamo
127
Vedi Cap. 3.1., 53.
Il manoscritto “Rossi” (Cap. 3.2), in cui sono rappresentati musicisti appartenenti alla cerchia di Carlo
Gesualdo, può darci un’idea della temperie musicale che c’era all’interno del circolo.
129
Cerreto 1601, 155.
130
Nel manoscritto “Rossi” figurano opere strumentali di alcuni musicisti appartenenti al circolo di Carlo
Gesualdo. Vedi Cap. 3.2.
131
Vedi Cap. 3.1., 60.
132
Misuraca 2000, 136.
133
A Ferrara avevano soggiornato, fra gli altri, Josquin Desprez, Jacob Obrecht, Antoin Brumel, Adrian
Willaert, Cipriano de Rore, Orlando di Lasso, Luca Marenzio. (Watkins 1973, 37).
134
Ibidem, 43.
128
44
Frescobaldi135. Luzzaschi era l’unico a saper sonare l’archicembalo, costruito qualche
decennio prima da Nicola Vicentino, strumento con l’ottava divisa in 31 tasti su cui era
possibile effettuare trasporti in tutte le tonalità diatoniche, cromatiche ed enarmoniche.
Il cronista Agostino Faustini scrisse che nel 1594
[…] fù a Ferrara il Signor Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa, per isposar la Signora
Donna Leonora d’Este, Sorella del Signor D. Cesare, per occasione della cui venuta tutti
li Musici, & in particolar, quelli del Duca ebbero occasione di mostrare il loro valore,
essendo che quel Principe, era intendentissimo di quella nobilissima facoltà proporzionata
solo agli animi nobili; onde frà tutti, ch’egli udì, lodò particolarmente il Sig. Luzzasco dè
Luzzaschi Organista, per l’esquisita sua maniera di suonare, & per certo strumento
Inarmonico, che suonando gli fè udire.136
Gli anni ferraresi di Carlo Gesualdo servirono da stimolo alle sperimentazioni
armoniche dei compositori napoletani della prima metà del XVII secolo. Proprio
Scipione Stella, ritornato a Napoli, si impegnò nello studio degli strumenti enarmonici
facendo costruire un “tricembalo” ed un “pentaorgano”.
Nel 1618 si stampa a Napoli il trattato teorico La Sambuca Lincea, unica opera
musicale di Fabio Colonna, scienziato e botanico napoletano nato nel 1567 e morto nel
1640137. Il trattato è dedicato alla descrizione di un clavicordo enarmonico di sua
invenzione, la “sambuca lincea”, che aveva 31 tasti per ottava distribuiti su sei ordini
per accordare lo strumento secondo il “sistema ciclico 31”138. Lo strumento fu realizzato
da Francesco Beghini, organaro e cembalaro lucchese trapiantato a Napoli.139
Fig. 3.1: cerchio armonico relativo al sistema ciclico 31, con il quale era accordata
la “sambuca lincea” (note all’esterno); all’interno le note corrispondenti del nostro
moderno temperamento equabile (= sistema ciclico 12). (Barbieri 1987, 170)
Colonna dichiara nel trattato di aver iniziato lo studio della teoria enarmonica
dietro invito di Padre Stella il quale, invece, lo accuserà di aver plagiato i suoi
“tricembalo” e “pentaorgano”140. Nel trattato di Colonna appaiono i disegni delle
135
Girolamo Frescobaldi nacque a Ferrara nel 1583; poté, quindi, incontrare appena adolescente Carlo
Gesualdo ed i musicisti al suo seguito.
136
Faustini 1646, 90.
137
Barbieri 1987, 167.
138
Barbieri 1983, 158.
139
Nocerino 1998, 88.
140
Barbieri, 1987, 204-208.
45
tastiere della “sambuca lincea” e del “tricembalo”: il cembalo enarmonico di Padre
Stella aveva 52 tasti per ottava distribuiti in otto ordini, due in più della sambuca.
Fig. 3.2.: tastiere enarmoniche della „Sambuca Lincea“ di Fabio Colonna e del
„Tricembalo“ di Padre Stella. Da Colonna 1618, 72.
Fabio Colonna prevede tre impieghi per il suo strumento: contrappunti in
consonanza basati sugli antichi generi greci, possibilità di effettuare “strisciate di voce”
per quinti di tono, composizioni circolanti per i 31 gradi della scala. Tutto ciò viene
supportato da esempi musicali composti da Ascanio Mayone141. Il Colonna tentò pure
di convincere papa Paolo V, invano, a realizzare un suo arciorgano nella basilica di San
Pietro in Roma.142 Verso la metà del Seicento, il “ciclo 31” aveva raggiunto una certa
diffusione in molte città italiane. Nel 1640 Giovan Battista Doni scrive che di strumenti
[…] di quattro, di sei, e sino d’otto [tastature] ne sono stati fatti; della qual sorte intendo
trovarsene in Ferrara, in Napoli, & in Messina.143
Nella prima metà del XVII secolo operava a Napoli il pittore bolognese Domenico
Zampieri, detto il Domenichino. Ecco cosa scrive al pittore Francesco Albani144:
In questi ultimi tempi, per necessità, non havendo alcuna conversatione, ne divertimento,
casualmente mi diedi un poco di diletto alla musica, e per udirne, mi posi à fare
istrumenti, & ho fatto un liuto, & un cembalo, & ora faccio fare un arpa con tutti li suoi
generi Diatonico, Cromatico, & Enarmonico: cosa non più stata fatta, né inventata. Mà
perche è cosa nuova alli musici del secolo nostro, non ho potuto per anco farli sonare. Mi
rincresce non sia vivo il Signor Alessandro [Piccinini], il quale disse ch’io non haverei
fatto cosa alcuna, mentre il Luzzasco ne havea fatto prova. Qui in Napoli vi è stato il
141
Vedi. Cap. 3.3,..
Doni 1647, 32-33.
143
Doni 1640, 68-70, cit. in Barbieri 1983, 179.
144
Riportata in Barbieri 1987, 209.
142
46
Principe di Venosa, e lo Stella de’primi musici, e non l’hanno potuto ritrovare: se verrò
alla patria, voglio fare un organo in questa maniera. Napoli li 7. Decemb. 1638.
Carlo Gesualdo di Venosa e Scipione Stella vengono indicati come i maggiori esperti di
strumenti enarmonici. Il Domenichino aveva già manifestato il suo interesse per gli
strumenti enarmonici raffigurando, verso il 1617, re David145 che suona un arpa a tre
ordini.
Nella tradizione musicale napoletana l’arpa è interscambiabile con le tastiere:
[…] il retroterra culturale di questa tradizione è costituito dal repertorio iberico, in cui si
ritrovano fin dalla seconda metà del XVI secolo stampe di musiche per “vihuela, arpa y
tecla”. Per tutta la prima metà del Seicento tale tradizione si perpetua, e anzi s’amplifica,
in Spagna e in Portogallo. Verso il 1633 la cappella reale di Filippo IV a Madrid
impiegava almeno quattro arpisti, tra i quali l’italiano Bartolomeo Jobenardi. Benché
manchino del tutto studi sul repertorio arpistico del Seicento, un rapido esame dei
cataloghi spagnoli rivela che l’arpa era comunemente usata, per realizzare il basso
continuo, anche nella produzione sacra iberica.146
Arpisti erano stipendiati nella Real Cappella di Napoli ma anche presso i Filippini,
l’Annunziata e la Cappella del Tesoro di San Gennaro in duomo. Mayone, Trabaci e
Strozzi147 destinano dei brani all’arpa, molti dei musicisti inclusi nel manoscritto
“Rossi” erano arpisti di chiara fama148.
[…] quando ancora Luigi Rossi studiava a Napoli (si dice, con il celebre Jean de Macque,
maestro fino al 1614 della Real Cappella), un altro napoletano era giunto a Roma verso il
1613 richiesto al servizio del più melomane dei cardinali, il Montalto. Si trattava di
Orazio Michi, che sarebbe ben presto divenuto l’arpista più famoso del secolo, conosciuto
come “Orazio dell’arpa”. Con questo straordinario virtuoso, morto nel 1614, s’apre una
nuova fase nella storia dello strumento che, per una complicazione organologica, è
chiamato adesso ‘arpa tripla’.149
Le arpe a due o a tre ordini avevano le stesse note rispettivamente del “cimbalo
cromatico” e dell’archicembalo; l’arpa a tre ordini sarebbe un’invenzione di un
napoletano:
La Harpe à trois rangs a esté inventeé il y a trente ou quarante ans par le sieur Luc
Anthoine Eustache Gentilhomme Neapolitain, & Chambrier du Pape Paul V; & que le
sieur Horace Michi a mis cet instrument à sa perfection, dont il ioue treexcellentement.150
Le prime composizione esplicitamente composte per l’arpa vengono pubblicate a
Napoli nel 1609 e 1615 rispettivamente da Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci,
i due maggiori allievi di Giovanni de Macque: si tratta di pochi brani inseriti in raccolte
dedicate prevalentemente all’organo o al clavicembalo, ma significativi per la scrittura
fortemente idiomatica151.
145
Il quadro è attualmente conservato a Parigi, presso il museo del Louvre.
Fabris 1986, 222.
147
Vedi rispettivamente Capp. 3.3, 3.4 e 5.3.
148
Vedi Cap. 3.2.
149
Ibidem, 219.
150
Marin Mersenne 1636, cit. in Durante-Martellotti 1982, 79.
151
L’abilità di Mayone all’arpa, oltre che all’organo, viene attestata da Scipione Cerreto (1601, 156-158).
Cfr. Capp. 3.3. e 3.4.
146
47
Le vite di Mayone e Trabaci sono fortemente intrecciate: hanno, infatti, il grande
maestro in comune, assumono quasi contemporanei gli incarichi presso la cappella
dell’Annunziata e, in seguito, presso la Real Cappella con Trabaci in posizione
preminente152. Entrambi pubblicano opere caratterizzate da grande virtuosismo ed
estrosità; Giovanni de Macque è il modello indiscusso delle toccate, delle canzoni alla
francese e delle partite sopra tenori ma i due allievi ne amplificano il linguaggio.
Willy Apel153 descrive Mayone come
[…] un musicista dal temperamento focoso e veramente meridionale, la cui
immaginazione vivace e tendente al fantastico lo predestinò ad afferrare le nuove idee del
suo tempo ed a realizzarle in modo originale. Perciò egli gioca nel campo della musica
per tastiera un ruolo simile a quello di Gesualdo nel madrigale. Tuttavia si potrebbe dire
che la sua creatività era sotto un stella più fortunata di quella di principe di Venosa.
Mentre Gesualdo rappresenta un’apparizione del tutto unica, la cui forza cessò con lui,
Mayone trovò un compagno di lotta in Trabaci […]
Trabaci fa stampare cicli completi di ricercari e di versi in tutti i toni
accompagnandoli con chiose e dotte citazioni, richiamando l’attenzione dei lettori con
una tavola dei passi et delle cose più notabile154.
Trabaci dunque mette sempre in evidenza – per orgoglio di erudito, per premura di
insegnante o per i due motivi insieme – i particolari mezzi contrappuntistici che egli
mette in pratica nei suoi ricercari. Con ciò offre all’osservatore moderno un panorama
particolarmente prezioso del mondo delle sue idee e della sua tecnica compositiva.155
Un altro strumento interscambiabile con le tastiere, sempre per tradizione iberica,
era il liuto: non c’era cappella musicale napoletana di un certo rango che non avesse
liutisti nell’organico. Il “sonatore di liuto” era considerato un musicista importante e, al
pari dell’organista, aveva grande competenza musicale e si dedicava alla composizione.
Abbiamo già scritto dell’abilità di Carlo Gesualdo al liuto; Scipione Cerreto,
liutista e compositore, pubblicò nel 1601 il trattato Della pratica musica vocale, et
estrumentale156 e il liutista e compositore Andrea Falconieri assunse nel 1647 l’incarico
di maestro della Real Cappella, il più prestigioso incarico musicale a Napoli. Il trattato
di Cerreto è una ben riuscita sintesi tra teoria e pratica. La distribuzione della materia è
ben organizzata: dalle nozioni generali del primo libro (definizione della musica,
esplicazione degli intervalli), si passa ai modi157 ed alla salmodia del canto fermo del
secondo libro, il terzo libro tratta degli aspetti ritmici e dei generi diatonico, cromatico
ed enarmonico, il quarto, infine, delle regole del contrappunto, dei canoni e delle
intavolature. Il terzo libro è introdotto da un elenco dei nomi de i musici napoletani e
compatrioti, che sono stati in questa città di Napoli dall’Anno 1500, infino al dì
d’oggi158; nel quarto libro, infine, oltre ad esempi di contrappunto su canti dati - uno dei
quali sopra la Bascia di Costantio Festa (pag. 293) - e la esplicazione con esempi
152
Troviamo Trabaci, nel 1602, primo organista della Real Cappella con Mayone secondo organista;
quando Trabaci assumerà la direzione della cappella, nel 1614, Mayone diventerà il primo organista.
153
Apel 1972, 643.
154
Trabaci 1615.
155
Apel 1972, 646.
156
Cerreto 1601.
157
A tal proposito Cerreto sostiene che […] essendo nella nostra Pratica Musica solamente sette le spezie
del Diapason, le quale son divise in quattro Diapente e tre Diaressaron, per vera considerazione
dovremo credere, che non possono essere altro che otto i Modi e non dodici […] il Nono, Decimo,
undecimo e Duodecimo (sono) formati con le prime Diapente, e Diatessaron, con le quali si sono l’istessi
primi otto Modi moderni…(pag. 96 ).
158
Vedi volume II, tavola n.°1.
48
pratici dell’intavolatura di liuto, vi è una dettagliata descrizione dell’accordatura del
liuto ad otto ordini, della chitarra a sette corde, della lira e della viola da gamba159. In
merito a quest’ultima, Cerreto scrive che
[…] è da sapere, che la Viola da Gamba, da altri detta Viola d’Arco è uno strumento nel
quale si ritrova l’istessa perfettione, come à quella, che habbiamo veduto nel liuto, non
solo per causa della cosa da tastare, & che in una corda stesa si possa inacutire &
ingravire (sic) il suono per qualsivoglia intervallo, benche minimo, & insolido (sic), ma
anco sonandosi da periti Sonatori quattro, ò cinque Viole insieme, non è dubbio, che
essendo ben tocche, che tal suono rende all’orecchie dell’uditori una perfetta, e soave
armonia, lo che non fa tanto effetto sonandosi qualsivoglia Cantilena à quattro, ò à cinque
da Perito Sonatore di qualsivoglia Strumento per perfetto che sia.160
Per Cerreto, quindi, il “concerto di viole” è la miglior formazione strumentale possibile.
Nel 1615 Trabaci sosterrà, invece, che
il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del mondo, & in lei si possono sonare ogni cosa
con facilità161.
E’ nel Seicento che a Napoli l’arte di costruire clavicembali, spinette, virginali e
clavicordi, raggiunse un ampio sviluppo ed un alto grado di raffinatezza tecnica ed
artistica. Alcuni strumenti, in particolare le spinette rettangolari, “virginali”, sembrano
avere caratteristiche organologiche peculiari di una tradizione locale consolidata,
presentando, ad esempio, il somiere e le caviglie sulla parte posteriore sinistra rispetto a
chi suona, l’attacco delle corde a destra, la tastiera semisporgente.
Pietro Cerone162 puntualizza nel suo trattato163 che
Adviertan el Compositor y el Maestro de Capilla que no ay instrumento que tenga ensi
mas voces de los Clavicembalos, Organos, y Regales, quando son hechos con entera
tastadura, o juego de Monochordio. Los quales instrumentos, tuviendo todos una mesma
orden y division, nombrarse han debaxo del nombre de Clavicembalo; no como in
strumento mayor ò mas noble, mas como aquel que se alarga mas en las vocez, tuviendo
por ordinario cinquenta trastes.164
Il privilegio del clavicembalo consiste, quindi, nella maggiore estensione della sua
tastiera. L’organo, il clavicordo e l’arpa avevano una tessitura compresa tra il Do1 e il
Do5 (45 note con la prima ottava corta165), il clavicembalo poteva scendere fino al Sol-1
(50 note con la prima ottava corta). Gli strumenti musicali sono descritti nel libro
ventunesimo del Melopeo,
En el qual se tracta en particolar de los conciertos, y conveniencia de los instrumentos
musicales; y de su temple166.
159
Vedi volume II, tavola n.°4.
Cerreto 1601, 329.
161
Trabaci 1615, 117; vedi Cap. 3.4.
162
Pietro Cerone nacque a Bergamo, molto probabilmente nel 1561; nel 1592 si trasferì in Spagna ,
quindi a Napoli dove, nel 1609, risulta cantore presso la chiesa dell’Annunziata; passò poi alla real
cappella come tenore, sotto la guida di Giovanni Maria Trabaci. Morì a Napoli nel 1625 (Cfr. F.
ALBERTO GALLO, Introduzione all’edizione anastatico del Melopeo y maestro, Bologna, Forni, 1969)
163
Cerone 1613.
164
Ibidem, 1041. Il corsivo è nell’originale.
165
Tessitura presa a modello da Antonio Valente nell’Intavolatura de cimbalo del 1576. Vedi Fig. 1.3.2.
166
Cerone 1613, 1037.
160
49
Cerone descrive l’accordatura dell’arpa diatonica, della “Cythara o Citola”, del liuto,
della viola da braccio e del violone167.
Il clavicembalo, con la sua grande estensione, era probabilmente impiegato nelle
grandi formazioni strumentali delle cappelle musicali, mentre per l’uso domestico erano
privilegiati i clavicordi, le spinette traverse ed i virginali; essi avevano l’estensione Do 1
– Do 5 (con prima ottava corta), proprio come gli organi168: tutte le musiche composte
nel regno di Napoli nel secolo XVII rientrano in questa estensione.
Lo studio degli organi seicenteschi napoletani risulta difficoltoso perché sono stati
modificati o ricostruiti nei secoli successivi; gli atti notarili sono, quindi, le fonti per
ricostruire la tipologia comune degli organi. La fonica più ricorrente degli organi
secenteschi è: Principale, VIII, XV, XIX, XXII, XXVI, XXIX, XXXIIII, XXXVI; la
Voce Umana compare intorno alla metà dei XVII secolo; i registri da concerto sono
rappresentati dai Flauti (4 piedi e in XII). Il Flauto 4’ compare presto negli organi
napoletani:
Nel compromesso del 22 giugno 1505, fra gli organari Giovanni Mormanno e
Giovanni Mattia, di Napoli, e i procuratori della chiesa di santo Eligio è scritto, fra l’altro,
di costruire l’organo […] cum octo registris et cum frautis […].169
Durante secoli di dominazione straniera […] hanno prestato servizio a corte o nelle
cappelle palatine, organari ed organisti francesi, fiamminghi, tedeschi, soprattutto
spagnoli. Ora, è da supporsi che questi artisti fossero informati della situazione e dello
sviluppo dell’organaria nei loro paesi d’origine o provenienza: non poterono, non vollero,
(o provarono e non ottennero) stimolare gli artigiani locali a moltiplicare i registri, a
raddoppiare i manuali, a prolungare e sviluppare la pedaliera con relativa basseria? Pare
che ciò non sia accaduto.170
Così come le figura dell’organista e del clavicembalista non erano differenziate, tanti
organari sono documentati anche come cembalari. Ecco un elenco dei più importanti171:
1. Beghini Francesco, Lucchese trapiantato a Napoli, fu il costruttore della “sambuca lincea”
ideata da Fabio Colonna.
2. De Stefanellis Giovannantonio, la cui attività è documentata già dal 1557.
3. Fabri Alessandro, visse a Napoli tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600.
4. Guarracino Onofrio, il cembalaro partenopeo più noto; sono conservate molte spinette
rettangolari (virginali) e traverse (all’italiana). Si conosce un solo clavicembalo del 1651.
Nacque a Napoli tra il 1627 e il 1628; la sua attività è documentata fino al 1698.
5. Molinaro Giulio Cesare, morto di peste nel 1656; fu cembalaro della Real Cappella di
Napoli (Falconieri) mentre organaro era Carlo Sicola.
6. Noci Crisostomo; nel 1603 costruì l’organo di San Paolo Maggiore sotto la guida di
Scipione Stella.
7. Pellegrino Filippo, “organaro y cimbalaro” della Real Cappella dal 20 dicembre 1658.
8. Pesce Giuseppe, collaboratore od apprendista di Alessandro Fabri nel 1595.
9. Sicola Carlo, “organaro e cembalaro assunto nel maggio 1641 dalla Real Cappella per la
manutenzione dell’organo, in luogo di Pietro de Biase; morì di peste nel 1656.
167
Vedi volume II, tavola n.°4.
La presenza della pedaliera, accoppiata alle prime otto note della tastiera, non allargava l’estensione
complessiva degli organi.
169
Romano 1979, 41.
170
Ibidem, 23.
171
Da Nocerino 1998, 88-102.
168
50
3.1 GIOVANNI DE MACQUE
Giovanni de Macque nacque a Valenciennes172, nell’Hainaut, Belgio, prima del
1550 . Scipione Cerreto174 lo cita tra i compositori eccellenti della Città di Napoli, che
oggi vivono come “Gioan di Macque” e tra i sonatori eccellenti d’Organo della Città di
Napoli, che oggi vivono come “Gioan De Macque”; Pietro Cerone175 lo chiama Juan de
Macque ma anche Juan de Maque. Sul frontespizio del suo “Libro di Mottetti” del
1596176 viene chiamato Joannis Macque, sul suo contratto di matrimonio177 viene scritto
" Io Giovanni Macque".
Van der Straeten, nel suo lavoro " La Musique aux Pays-Bas " (1878)178, vede nel
nome Macque o De Macque una corruzione italiana del cognome Maecht, De Maecht,
De Maeche o Demaecke, nomi molto diffusi nei secoli XVI e XVII nel Brabante e nelle
attuali Fiandre orientali. Si deve anche notare che nella parte meridionale dell’attuale
Hainaut, esiste un comune denominato Macquenoise, situato sull'Oise; il nome De
Macque potrebbe significare " originario di Macque ". Valenciennes, inoltre, appartiene
alla stessa provincia di Macquenoise.
Venuto in Italia, de Macque si stabilì a Roma:
173
[…] Giacché il Macque nel 1576 si qualifica discepolo di Filippo di Monte179 si deve
supporre che egli si trasferì in Italia, dove, verosimilmente a Roma, maestro e allievo si
sarebbero incontrati. Intorno al 1568 de Macque diventò organista a S. Luigi dei Francesi,
dove sembra essere rimasto fino al suo passaggio a Napoli. […] A giudicare dalle sue
pubblicazioni, de Macque ebbe un ruolo importante nei circoli avanguardistici della vita
musicale romana. Presso il conte Scipione Gonzaga avrà incontrato Luca Marenzio, il
Palestrina, Annibale Zoilo, Gio. Bernardino e Gio. Maria Nanino, Annibale Stabile,
Francesco Soriano, Gio. Andrea Dragoni, Gio. Battista Boscaglia, Ruggiero Giovanelli e
Felice Anerio, membri della “Virtuosa compagnia dei Musicisti”, […]Nel novembre del
1586 egli dedica al napoletano Scipione Pignatello il suo primo libro di madrigali a 4
voci180. Entra al servizio del principe Fabrizio Gesualdo da Venosa, padre del
compositore Carlo, nell’accademia del quale, a detta del Cerreto181, s’incontravano
182
musicisti, poeti, teorici e filosofi.
Il Secondo Libro De Madrigali a Sei Voci183 è dedicato
All’Illustrissimo Et Eccellentissimo Sig. Mio, Et Patrone Osservandissimo, Il Sig. Don
Fabritio Gesualdo Principe di Venosa184
172
In una lettera del 1589 (pubblicata in Lippman 1978, 269-271) Giovanni de Macque chiede, tra l’altro,
come potere indrizzare lettere a Valencene che è la città ove son nato.
173
Burns 1653, 167; Piscaer 1938, xxvi.
174
Cerreto 1601, 156-157.
175
Cerone 1613, 89 e segg.
176
De Macque 1596. Nel frontespizio vi è anche la conferma del luogo di nascita: Joannis Macque,
Valentinatis Belgae.
177
Prota-Giurleo 1930, cit. in Piscaer 1938, xxvi. Nel contratto di matrimonio vi è un ulteriore conferma
del luogo di nascita: fiammingo della Citta di Valencena.
178
Cit. in Piscaer 1938, xxvi.
179
Nel frontespizio del suo Primo Libro de Madrigali A sei Voci del 1576 (Lippman 1978, 244). Cfr
anche nota 33 del Cap. 1.2.
180
De Macque 1586b.
181
Cerreto impiega il termine “accademia” riferendosi all’intera città di Napoli e non solo al circolo del
principe di Venosa. Vedi Cerreto 1601, 155.
182
Clercx-Lejeune 1960, cit. in Lippman 1978, 244-245.
183
De Macque 1589.
184
Lippmann 1978, 245.
51
Alcune vicende degli anni immediatamente successivi al trasferimento di Macque a
Napoli sono ricostruibili dall’epistolario185 tra il musicista e Camillo Norimberghi, suo
amico, al servizio della famiglia romana dei Caetani186.
Giovanni de Macque appare molto contento di vivere nella cerchia musicale di don
Fabrizio Gesualdo187 ma, al tempo stesso, è lusingato dall’ipotesi di altri incarichi:
[…] io era aspettato in Spagna con gran devozione et che quelli cantori fiamenghi
della capella di Sua Maestà non volevano altro Organista di me […]188
Un’altra cappella musicale era in contatto col musicista fiammingo:
[…] ha da saper ch’io mi ritrovo al presente molto irresoluto nel terminare il corso de la
vita mia, poi che se venisse in Sicilia la risoluzione di Spagna di un benefitio che aspetta
il Maestro di Capella di quel Vice Re, io sarei subito chiamato in quel loco con 25 scudi il
mese di provisione […]189
Nel 1585 Arrigo de Guzman Conte di Albadelista aveva preso possesso della carica di
viceré del Regno di Sicilia e si era molto preoccupato di elevare il livello musicale della
Real Cappella Palatina in Palermo convincendo Filippo II ad intervenire
economicamente con un decreto sottoscritto a Madrid il 12 dicembre 1586; il 3 luglio
1587 questo decreto fu reso esecutivo in Palermo dal viceré190. A questa data era
maestro di cappella il Canonico Don Luis Ruiz per 240 scudi annui ed il posto di
organista era coperto da Bernardo Clavijo del Castillo191 per 185 scudi annui192.
Evidentemente de Macque, intuendo il grande fermento che vi era a Palermo per il
recente regio decreto, aspettava un aumento degli emolumenti per il maestro della
cappella palermitana: ciò non avvenne, Don Luis Ruiz restò al suo posto fino alla sua
morte, nel 1595, anno in cui subentrerà Sebastian Raval193.
Il Macque ebbe comunque una documentata fama tra i musicisti di Sicilia: egli figura a
conclusione dell’antologia “siciliana” di Gio. Pietro Flaccomio Le Risa A Vicenda
(Venezia, Giacomo Vincenti 1598) con un madrigale anticipato del suo quarto libro a
cinque voci; e nel 1606 Antonio Il Verso lo cita insieme al Luzzaschi, a Giovanni
Gabrieli e a Giuseppe Guami come uno del sommi organisti d‘Italia nell’avvertimento
“Ai Signori Organisti Musici” dei suoi Brevi Concerti…A 1. 2. 3. 4. 5. 6. 10. 12.
Voci…Libro Secondo (Palermo, Gio. Battista Maringo)194
De Macque appare fortemente legato agli ambienti spagnoli: secondo Roland
Jackson195, lo stile di Clavijo del Castillo, ricco di “falsas”, influenzò direttamente
Giovanni de Macque e, conseguentemente, Giovanni Maria Trabaci196.
185
Ibidem, 252-279.
De Macque dedicò a Camillo Caetani nel 1582 il Secondo Libro Di Madrigaletti Et Napoletane A Sei
Voci. Cfr. Lipmann 1978, 248.
187
“Stando io qui commodissimamente non so so s’io lasciassi questo servitio per quello”, lettera del 31
gennaio 1586, in Lippmann 1978, 253.
188
Ibidem, 253..
189
Lettera del 7 aprile 1589, in Lippmann 1978, 269.
190
Tiby 1952, 182.
191
Vedi Cap. 2.2, 52.
192
Tiby 1952, 182.
193
Tiby 1952, 185; vedi Cap. 2.2, 32.
194
Lippmann 1978, 278.
195
Jackson 1964, 269-270.
196
Cfr. Cap. 3.4.
186
52
Nella corrispondenza tra Macque e Norimberghi figurano anche lettere dedicatorie
che si riferiscono alla stampa di Ricercate et Canzoni francese197, la prima opera datata
da Napoli di Macque (primo Ottobrio 1586) di cui è rimasta, mutila, solo la parte del
Tenore198. La perdita delle Ricercate et Canzoni francese comporta una grave lacuna sia
nell’opera del Macque sia in quella di Carlo Gesualdo di Venosa. Nella lettera spedita
dal Macque il 30 luglio 1586 vi è riportata la dedica del libro delle ricercate, scritta dal
Macque ed elaborata da Peranda, segretario al servizio dei Caetani199:
All’Ill.mo S.or mio et p(ad)rone oss.mo Il S.r Don Carlo Gesualdo.
In questo libro di Ricercate, et Canzoni Francesi, opera uscita da me ne i servitij di
V. S. Ill.ma tengono principal luogo tre Ricercate composte da Lei, le quali, presupposta la
sua licenza, mando con altre mie alla stampa, non già perch’io non sia certo, ch’ella non
desidera laude da cose simili, con tutto ch’in essa apparisca l’Eccellenza del suo ingegno;
ma perché conosca che alli compagni ne venirà quella luce et quell’ornamento, che non
hanno potuto ricevere alla mia imperfettione […] Con che le bascio humil.te le mani. Di
Napoli alli 30 di luglio 1586 - .
De Macque mostra di apprezzare l’elaborazione del Peranda ma aggiunge che
[…] parmi ch’io voglia inferire che detto S.or Don Carlo disprezzi la Musica et che
non sia per compiacersi che quest’opere sue sieno laudate, il che è molto alieno da questo
signore, poi che oltra che è gran amatore di questa scienza, è riuscito tanto perfetto in
essa, che nel sonare di liuto et nel componere ha pochi pari […]200
De Macque è completamente a suo agio nel circolo di Carlo Gesualdo, condivide
le sue giornate con Effrem, Fillimarino, Ippolito, Lambardo, Rinaldo e Stella: costoro
sono rappresentati nel manoscritto, conservato al British Museum, copiato da Luigi
Rossi201. Il clima creato da Carlo Gesualdo è molto propizio alla pratica musicale: lo
stesso de Macque lo descrive nella stessa lettera del 30 luglio 1586:
Nel resto S.or mio dolciss.° me ne sto fuora alegramte spendendo la magior parte del
tempo a studiare sonando, componendo et legendo, siché li giorni passono ch’io non me
n’aveggo, et tanto più per le solite amorevolezze ch’io ricevo giornalmente dal S.or
Principe mio p(ad)rone.
La dedica delle Ricercate et Canzoni francese del 1586, quindi, indicano in Don
Carlo Gesualdo il Patrone osservadissimo ma tre anni dopo, nella dedica del Secondo
libro De Madrigali, il Patrone osservandissimo è il padre di Carlo, Fabrizio Gesualdo di
Venosa. Forse non c’era troppa demarcazione tra i protetti di Fabrizio e quelli di Carlo
e, inoltre, l’espressione di Patrone era impiegata in Napoli con molta disinvoltura202.
Le ultime lettere a Norimberghi, nel 1589, ci rivelano Macque molto indeciso
circa il suo futuro: non disdegnerebbe affatto un ritorno a Roma ma al tempo stesso si
sta sempre più affermando nell’ambiente napoletano. Nel 1590, l’anno dello scandalo di
Carlo Gesualdo, diventa secondo organista all’Annunziata, nel 1592 sposa la facoltosa
napoletana Isabella Tonto, nel 1594 diventa organista presso la Real Cappella di Napoli
197
Macque 1586a.
Sartori 1973, 181-186. La parte del Tenore appartiene ad una collezione privata e non è attualmente
consultabile.
199
Lippmann 1978, 262-263.
200
Ibidem.
201
Vedi Cap. 3.2.
202
Lippmann 1978, 277.
198
53
diventandone maestro di cappella nel 1599: il destino di Macque è ormai saldamente
legato alla città partenopea fino al 1614, l’anno della sua morte.203
La musica strumentale di Giovanni de Macque è giunta ai nostri tramite le seguenti
fonti:
1. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 48 (olim
61.4.11). Datazione: circa 1600. Manoscritto in intavolatura italiana per tastiera
(due sistemi per pagina di 6+8 linee).
2. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 55 (olim
4.6.3), 1629 (4 libri parte)204.
3. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 73 (olim
34.5.28.): Toccate per Organo di varj Autori. Miscellanea del Sig. Donato
Cimino, 1675. Manoscritto in intavolatura italiana per tastiera (sistemi di 6+7
linee)205.
4. JOHANN WOLTZ, Nova Musices Organicae Tabulatura, Johann Jacob Genath,
Basel 1617, Drittel Theil. (Intavolatura d’organo tedesca)206.
5. London, British Library, Ms Add. 30491: Libro di canzone francese del signor
Gioanni Demaqque, 1617 (partitura)207.
6. London, British Library, Ms Add 23623: Gulielmus à Messaus, 1628
(intavolatura italiana di 6+6 righe)208.
7. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale: I-Fn, Magl. XIX. 106 bis. Manoscritto
in tre sistemi di partitura a quattro, 1646-47209
8. Berlin, Staatsbibliothek: N. Mus. Ant.pract. 21. Manoscritto in intavolatura
tedesca, 1616210.
9. Berlin, Staatsbibliothek: Mus. Ms. 12837. Manoscritto in partitura a tre, quattro
e cinque voci, 1702211.
10. Berlin, Staatsbibliothek: Mus. Ms. 13320. Manoscritto in partitura a quattro
voci, prima metà del XIX secolo212.
11. Wien, MinoritenKonvent, Klosterbibliothek und Archiv: 728. Manoscritto in
partitura a quattro voci, 1722-23213.
TOCCATE
Intrata d’organo (Fonte 1.)
E’ una “toccata avanti la messa”: l’esordio è affidato ad accordi arricchiti da fioriture;
in dieci battute si ritorna al tono iniziale dopo una serie di passaggi cromatici. Dalla
battuta 11 si delinea la struttura portante della toccata costituita da lunghi passaggi in
semicrome alternativamente alla voce superiore ed inferiore mentre le restanti voci
stanno ferme con accordi; i trilli, per la maggioranza comincianti dalla nota superiore,
sono scritti sempre per esteso. Alla battuta 24 inizia un nuovo episodio con salti
discendenti dapprima in semimine, poi in crome; dalla battuta 32 ritornano le fioriture
che conducono al pedale di dominante che conclude il brano.
Toccata a modo di trombette (Fonte 5.)
203
Prota Giurleo 1960, 186.
Edizione moderna: Jackson 1978.
205
Vedi Cap. 5.2.
206
Ristampa anastatica in Forni, coll. “Biblioteca Musica Bononiensis”, Sezione IV, n.° 53, Bologna 1970.
207
Facs. Silbinger 1987a. Vedi Cap. 3.2.
208
Facs. Silbinger 1987b.
209
Ibidem.
210
Carideo 2002,vi.
211
Ibidem, viii.
212
Ibidem, ix-x.
213
Riedel 1963.
204
54
L’imitazione delle trombette è ottenuta con arpeggi su triadi perfette maggiori, con
estensione massima di un’ottava: essa appare già nella prima battuta, seguono sei
battute con “durezze e ligature”, altre otto battute piene di figurazioni libere e molto
rapide. Tra la battuta 16 e 29 compare nuovamente l’imitazione delle trombette: tre voci
stanno ferme in accordo ed una presenta il caratteristico arpeggio di otto crome per
battuta.
Fig. 3.1.1: Toccata a modo di trombette, battuta 15
Macque scrive che
Qui è bisogno fermarsi un poco per ogni fin di battuta in sino à questo segno +
L’ultima croma dell’arpeggio deve essere quindi un po’ più lunga delle altre ed il ritmo
deve essere piuttosto libero. Il segno “+” compare alla battuta 30 che introduce una
breve sezione di carattere toccatistico; gli arpeggi riprendono alla battuta 34 ma, questa
volta, sono formati da sette crome ed una semiminima.
Fig. 3.1.2.: Toccata a modo di trombette, battuta 34
Il ritmo è qui misurato e l’ultima nota è chiaramente più lunga delle altre. Questi
passaggi creano delle difficoltà d’esecuzione per la notevole estensione tra voce grave
ed acuta, risolvibile con l’aiuto della pedaliera dell’organo mentre al clavicembalo
l’esecutore non ha altra possibilità che lasciare subito le semibrevi. Dalla battuta 45 fino
alla fine ricompaiono le figurazioni libere molto rapide.
PEZZI CON SPERIMENTAZIONI ARMONICHE
Macque è stato un pioniere nella sperimentazione armonica, la terminologia da lui
impiegata (durezze, ligature, stravaganze) è entrata nel vocabolario dei suoi discepoli.
Sono giunti ai nostri giorni quattro brani contraddistinti da sperimentazioni
armoniche: Consonanze stravaganti (Fonte 3.), Durezze, e ligature (Fonte 3.), Prime
stravaganze (Fonte 5.), Seconde stravaganze (Fonte 5.). In essi vi si riscontrano
leggere differenze formali che giustificano la diversità dei titoli.
55
Sia le Prime che le Seconde Stravaganze sono delle toccate che alternano
passaggi accordali ricchi di cromatismi con rapide figurazioni toccatistiche. Il pezzo
denominato Durezze e ligature è, invece, omoritmico ed è interamente fondato sulla
preparazione e risoluzione delle dissonanze; Macque non eccede in cromatismi, le
risoluzioni sono canoniche ma il centro d’attrazione tonale viene continuamente
spostato e l’ascoltatore si ritrova privo di punti di riferimento finché non giunge alla
cadenza finale.
Consonanze stravaganti è formalmente molto simile al “Tiento” di tradizione
spagnola: l’impianto è omofonico, le quattro voci si muovono con regolarità e
simmetria, le fioriture, ben alternate tra le varie voci, movimentano con discrezione il
flusso sonoro.
Le armonie si succedono inizialmente con regolarità ma, poco a poco, le
modulazioni diventano sempre più ardite, si toccano tonalità (Fa#) inconsuete, molto
dure per i temperamenti dell’epoca.
Fig. 3.1.3.: Consonanze stravaganti, batt. 25-27
CAPRICCI
I quattro capricci di Macque non hanno una struttura formale unitaria: tra i
compositori dell’area meridionale, il termine capriccio viene impiegato per
composizioni brillanti in contrappunto imitato, simili alle canzoni alla francese, ma non
legati ad una organizzazione formale precisa.
Il Capriccio sopra un soggetto (Fonte 3.), articolato in tre sezioni, ha una
struttura formale analoga ad una canzone francese.
1. Battute 1- 47, tempo C, breve soggetto di cinque semiminime; alla battuta 29, in
corrispondenza con l’indicazione rivers., il soggetto viene presentato in
inversione; alla battuta 42 il soggetto viene diminuito della metà.
2. Battute 47 – 56, tempo I3, soggetto inalterato melodicamente ma modificato al
metro ternario
3. Battute 57 – 79, tempo C, soggetto in semiminime presentato
contemporaneamente al suo inverso; dalla battuta 61 alla fine il soggetto viene
esposto esclusivamente diminuito della metà senza inversioni.
Il Capriccio sopra tre soggetti (Fonte 3.) è in sezione unica: l’esordio assomiglia
all’esposizione di un ricercare col primo tema che appare in successione all’Alto, al
Tenore, al Basso (variato) ed al Canto (variato); il secondo tema appare al Canto,
all’Alto, al Tenore ed al Basso; il terzo tema appare al Basso, al Canto, nuovamente al
Basso ed all’Alto. Dalla battuta 12 i soggetti vengono diminuiti e in tal veste verranno
ripresentati fino alla fine. Ci sono frequenti stretti e riesposizioni a coppia (vedi es.4).
56
Fig. 3.1.4.: Capriccio sopra tre soggetti, batt. 39 – 41.
Nella cadenza conclusiva il secondo ed il terzo tema riappaiono nella veste originaria.
Il Capriccio sopra re fa mi sol (Fonte 5.) è uno dei brani più complessi e
virtuosistici che siano mai stati composti in Italia fino a tutto il XVII secolo. Il capriccio
è un continuo alternare tra sezioni che espongono il tema e sezioni libere caratterizzate
da rapide figurazioni.
Il tema re fa mi sol appare alla prima battuta in tempo ternario affidato al tenore:
Fig. 3.1.5.: Capriccio sopra re fa mi sol, batt. 1 -2.
La linea melodica del Canto verrà sfruttata ampiamente nel corso del capriccio.
La terza battuta presenta un’interessante figurazione al basso denominata sbalzo:
Fig. 3.1.6.: Capriccio sopra re fa mi sol, batt. 3.
Dalla battuta 4, l’indicazione metrica diventa quaternaria (tempo C), le riproposizioni
del tema si trovano alle battute 24 – 26 e 37, a valori di semiminime con entrate in
stretto. Dalla battuta 47 alla fine vi è un turbinoso flusso di semicrome alternativamente
in ciascuna voce, mentre le altre stanno ferme in semibrevi: la struttura è chiaramente
toccatistica.
Il Capriccietto (Fonte 5.) è fondato su due soggetti molto marcati trattati in severo
contrappunto imitato.
57
Fig. 3.1.7.: Capriccietto, batt. 1 – 2., primo soggetto.
Es. Fig. 3.1.8.: Capriccietto, batt. 14, secondo soggetto.
Il primo soggetto viene spesso sottoposto ad inversione, il secondo a modifiche
nell’incipit; i due soggetti non vengono mai esposti contemporaneamente. Ciascuna
delle tre cadenze del primo soggetto vengono sottolineate con passaggi toccatistici, la
prima nello stile delle “durezze e ligature”, le altre due con rapide figurazioni in
semicrome.
CANZONI
Le canzoni di Macque si presentano in gruppi abbastanza omogenei a seconda
della fonte.
Le quattro Canzoni alla Francese (Fonte 4.) dell’intavolatura tedesca di Johann
Woltz sono tutte monotematiche ed in un’unica sezione in tempo imperfetto mediato; fa
eccezione la terza che è divisa in tre sezioni (prima e terza in tempo perfetto mediato,
seconda in tempo ternario). Queste canzoni esordiscono tutte col caratteristico ritmo
dattilico, sono scritte in contrappunto imitato a quattro voci e non eccedono in
lunghezza.
La Canzona francese (Fonte 3.) del Manoscritto Cimino214 è divisa in due
sezioni:
1. Battute 1 – 30, tempo imperfetto mediato, divisa a sua volta in due
subsezioni con temi differenti, il primo con l’incipit dattilico, il secondo
tutto in crome ed acefalo.
2. Battute 31 – 43, tempo ternario, indicazione Allegro del copista; vi sono
due temi215 presentati sempre contemporaneamente:
214
Vedi Cap. 5.2.
Il tema alla voce inferiore verrà utilizzato da Fasolo nella Brevis modulatio post Agnus More Gallico
della Missa Beatae Mariae Virginis. Cfr. Cap. 4.2.
215
58
Fig. 3.1. 9: Canzona francese (dal Manoscritto Cimino), batt. 31.
Più complesse appaiono le tre canzoni presenti nel Manoscritto Rossi (Fonte 5.).
La Canzon chiamate le due sorelle è l’unione di due canzoni tripartite. Il copista
scrive il titolo esteso solo all’inizio della prima parte.
I parte
a. Battute 1 – 25, tempo C, tema con incipit dattilico, contrappunto imitato a
quattro voci.
b. Battute 26 – 28, tempi 3/2 e C, tema derivato dal controsoggetto della sezione a.
c.Battute 29 – 39, tempo C, variazione del primo soggetto e figurazioni in
semicrome in ritmo misurato.
II parte
a. Battute 1 – 14, tempo C, tema con incipit dattilico leggermente differente di
quello della prima parte, contrappunto imitato a quattro voci.
b. Battute 15 – 23, tempo 3/2, stesso soggetto modificato ritmicamente.
c. Battute. 24 – 33, tempo C, soggetto di a. con contrappunto di 4 crome per
minima.
Il carattere delle tre sezioni e le loro relazioni interne sono analoghe nelle due parti
ma la seconda ha il soggetto inalterato mentre la prima privilegia la tecnica della
variazione del soggetto: identica è, quindi, l’organizzazione strutturale mentre diverso è
il carattere delle due parti. E’ forse questa la chiave di lettura della curiosa indicazione
di due sorelle. Le sezioni C. di entrambe sono particolarmente appropriate
all’esecuzione con l’arpa.
Sia la Prima Canzon, tripartita con sezione centrale ternaria, che la Seconda
Canzon, in sezione unica, hanno frequenti inserzioni virtuosistiche di semicrome
particolarmente adatte all’esecuzione arpistica; i diversi soggetti sono sottoposti a
diminuzioni, inversioni ed entrate in stretto. La sezione ternaria della Prima Canzon è
quasi del tutto identica alla medesima sezione della canzone copiata nel Manoscritto
Cimino.
DANZE STILIZZATE
Il Manoscritto Rossi (Fonte 5.) riporta due danze di Macque. La Prima Gagliarda,
in tempo ternario, è in contrappunto imitato; solo in prossimità delle cadenze la scrittura
diventa accordale. Vi è il Si bemolle in chiave. La Seconda Gagliarda alterna sezioni
accordali ed imitate. La frase iniziale è di sette battute: la cadenza al termine della frase
viene ritardata con la ripetizione di un inciso. Il giro armonico del brano è ripetuto due
volte:
1. Tonica – dominante: accordi.
2. Dominante – tonica: imitazioni.
3. Tonica – dominante: accordi con diminuzioni.
4. Dominante – tonica: imitazioni e diminuzioni.
Nell’altra fonte napoletana (Fonte 2.) la Prima Gagliarda è trascritta ad un quarta
inferiore senza alterazione in chiave.
59
PARTITE SOPRA TENORI
Le Partite sopra Ruggero (Fonte 5.) furono un modello imitato, in seguito, da
Mayone, Trabaci, Salvatore, Storace e, fuori dall’area meridionale, Frescobaldi. Macque
articola il pezzo in cinque variazioni ciascuna delle quali presenta una ben determinata
figurazione trattata in imitazione; ogni partita assume, così, una fisionomia ben precisa
ed il ciclo completo risulta più complesso ed articolato se paragonato alle variazioni su
tenori di Antonio Valente216 che si differenziano soltanto nell’intensificazione delle
diminuzioni. La prima variazione è accordale con qualche ritardo e semplici fioriture, il
basso è perfettamente distinguibile; la seconda variazione ha la voce superiore diminuita
in semicrome e tutte le altre con accordi fermi; la terza è invertita rispetto alla seconda
con il solo basso diminuito e fiorito; la quarta variazione è prevalentemente fiorita
all’acuto con coppie di note discendenti per salto di terza mentre sia la seconda che la
terza variazione impiegano note di passaggio per gradi congiunti. La quinta ed ultima
variazione è fondata su scale di crome per moto contrario alle voci estreme e le
intermedie con semibrevi. L’estensione di queste figurazioni sono incompatibili con
l’esecuzione tastieristica a meno che si lascino anzitempo le semibrevi; il problema
viene meno se si esegue il brano all’arpa. Vedremo nei prossimi capitoli217 che altri
compositori napoletani indicheranno esplicitamente l’adozione dell’arpa in brani o
variazioni con estensioni simili a questo di Macque.
RICERCARI
Macque è il primo compositore di area napoletana che si cimenta nella
composizione di un ciclo di dodici ricercari nei dodici toni218 giunto ai nostri giorni
attraverso il Manoscritto I-Fn, Magl. XIX. 106 bis della Biblioteca Nazionale Centrale
di Firenze (Fonte 7.). Non potendo consultare la parte mutila del Tenore delle Ricercate
et Canzoni francese del 1586219, non è possibile determinare se c’è coincidenza tra
quest’ultimi ed i ricercari a noi pervenuti attraverso le altre fonti manoscritte.
1. Ricercare del Primo Tono (Fonte 7.). E’ nel tono naturale con tre fughe: il
primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Basso ed al Canto; il
secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, all’Alto ed al Basso,
nuovamente all’Alto ed, infine, al Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta
6 all’Alto, al Canto, nuovamente all’Alto, al Tenore ed al Basso. I tre soggetti sono
riesposti con molta regolarità nel corso del ricercare con frequenti entrate in stretto. Solo
in un caso, alla battuta 30, i tre soggetti vengono esposti contemporaneamente. Il terzo
soggetto ha spesso l’incipit modificato. Solo alla fine il secondo soggetto viene
diminuito della metà. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è
lungo 73 battute di brevi.
2. Ricercare del Secondo Tono (Fonte 7.). E’ trasposto alla quarta per B molle
con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, all’Alto ed
al Canto; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, all’Alto ed al
Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 9 al Tenore ed al Canto. Il primo
soggetto viene spesso modificato nell’incipit; vi sono frequenti entrate in stretto e , alla
216
Cap. 1.2, 20-21.
Capp. 3.3, 3.4, 5.3.
218
Mischiati 1969a, i.
219
Vedi nota 198. Ricordiamo che nella pubblicazione del 1586 figuravano anche tre ricercari di Carlo
Gesualdo da Venosa.
217
60
battuta 69, vi è lo stretto con i tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto
mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi.
3. Ricercare del Terzo Tono (Fonti 7., 8.). E’ nel tono naturale con due fughe: il
primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Basso, al Tenore ed al Canto; il
secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 all’Alto. Il ricercare è caratterizzato da
otto entrate tematiche simultanee a coppie; tra la battuta 42 e 46 vi è l’entrata
simultanea del primo soggetto al Canto ed all’Alto col secondo soggetto al Tenore ed al
Basso, seguita dall’entrata simultanea del secondo soggetto al Canto ed all’Alto col
primo soggetto al Tenore ed al Basso. L’incipit del primo soggetto (semibreve + 2
minime) viene spesso modificato in tre minime precedute da pausa. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi.
4. Ricercare del Quarto Tono (Fonte 7.) E’ trasposto alla quarta per B molle
con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Canto ed al Tenore;
il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 al Tenore, all’Alto, al Canto ed al
Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto, al Canto, al Tenore ed al
Basso. I tre soggetti sono sottoposti ad inversione, diminuzione ed a modifica
dell’incipit. Dalla battuta 55 alla fine vi sono ben otto doppie entrate di coppie di
soggetti secondo il seguente schema:
(I = primo tema; II = secondo tema; inv. = inverso del tema)
Il ricercare conclude con lo stretto tra primo, secondo ed inverso del secondo soggetto.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 70 battute di
brevi.
5. Ricercare del Quinto Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro
fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al
Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto ed al Basso; il terzo
soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Tenore; il quarto soggetto appare a partire
dalla battuta 10 al Canto. Solo il secondo tema viene diminuito; dalla battuta 29
appaiono coppie di soggetti e dalla battuta 33 appaiono gli stretti. Il ricercare conclude
con la contemporanea esposizione del primo, secondo e quarto soggetto. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi.
6. Ricercare del Sesto Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro fughe:
il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo
soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Canto, al Tenore ed al Basso; il terzo
soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Canto e all’Alto; il quarto soggetto appare a
partire dalla battuta 19 con uno stretto tra Alto e Canto. Macque alleggerisce a volte il
flusso sonoro facendo udire solo due delle quattro voci. Gli stretti sono maggiormente
concentrati nella parte centrale del pezzo. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto
mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi.
7. Ricercare del Settimo Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con due fughe:
il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso ed all’Alto; il secondo
61
soggetto appare a partire dalla battuta 7 all’Alto ed al Basso; il controsoggetto del
primo tema viene accostato a volte anche al secondo tema, altre volte viene esposto
autonomamente come fosse esso stesso un tema; alla battuta 60 appare un terzo tema
derivato dal secondo. Gli stretti sono maggiormente concentrati nella parte centrale del
pezzo; vi è pure qualche entrata tematica simultanea. L’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi.
8. Ricercare dell’Ottavo Tono (Fonte 7.) E’ nel tono naturale con tre fughe: il
primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, all’Alto ed al Tenore; il secondo
soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, al Canto ed al Basso; il terzo
soggetto appare a partire dalla battuta 11 al Basso ed al Tenore. Il secondo soggetto
viene presentato con una variante melodica nella chiusa. Vi sono frequenti entrate in
stretto ed, alla battuta 81 vi è lo stretto con i tre soggetti. L’indicazione ritmica è il
tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 84 battute di brevi.
9. Ricercare del Nono Tono (Fonte 7.) E’ nel tono naturale con due fughe: il
primo soggetto appare nell’esposizione al Canto ed al Tenore; il secondo soggetto
appare a partire dalla battuta 2 all’Alto ed al Basso; la parte del controsoggetto del
primo tema viene spesso esposto autonomamente. Alla battuta 20 Macque inserisce il
primo soggetto aumentato del triplo come canto fermo in successione al Basso, al
Tenore, all’Alto ed al Canto. Questa tecnica sarà successivamente impiegata da
Mayone, Trabaci e Salvatore. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il
ricercare è lungo 112 battute: da 1 a 20 di brevi, da 21 a 92 (sezione col canto fermo) di
semibrevi, da 93 alla fine di brevi.
10. Ricercare del Decimo Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro
fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Canto ed al
Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 all’Alto ed al Canto; il terzo
soggetto appare a partire dalla battuta 4 al Basso; il quarto soggetto appare a partire
dalla battuta 9 al Tenore. Vi è una stretta correlazione tra i soggetti: il secondo è il
controsoggetto del primo nell’esposizione (duplex thema), il terzo ed il quarto sono
varianti melodiche del secondo. Il primo soggetto è spesso modificato melodicamente e
ritmicamente, il secondo, il terzo ed il quarto sono spesso diminuiti della metà. Vi sono
stretti ed entrate simultanee a coppia. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto
mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi.
11. Ricercare dell’Undecimo Tono (Fonte 7.) E’ trasposto per b molle con tre
fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al
Canto; il secondo soggetto, controsoggetto del primo (duplex thema) , appare a partire
dalla battuta 3 al Tenore; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Tenore ed al
Basso. E’ l’unico ricercare ad avere una sezione centrale ternaria con i soggetti
modificati ritmicamente; nella sezione centrale ternaria Macque privilegia le entrate
tematiche in coppia, in quelle estreme è più frequente l’entrata in stretto. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato (batt. 1 – 20 e 49 – 72) e ternario (batt. 21 – 48); il
ricercare è lungo 72 battute di brevi.
12. Ricercare del Duodecimo Tono (Fonte 7.) E’ trasposto per b molle con due
fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Tenore, al Canto ed al
Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 8 all’Alto ed al Canto. Il
controsoggetto del primo tema viene esposto autonomamente, anche in diminuzione, a
partire dalla battuta 29. Il primo soggetto viene esposto anche in una forma sincopata.
Vi è una solo entrata tematica a coppia alla battuta 62; gli stretti sono maggiormente
62
concentrati nella parte centrale del brano. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto
mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi.
13. Ricercare del Sesto Tono con tre Fughe e suoi riversi (Fonti 9.,10.,11.) E’
nel tono naturale; il titolo denota il numero delle fughe ed l’artificio contrappuntistico
prevalente. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore in inversione,
all’Alto ed al Canto in inversione; il secondo soggetto appare alla battuta 7 al Canto ed
all’Alto; il terzo soggetto appare alla battuta 8 al Basso. Macque distribuisce equamente
le entrate dei temi con i loro rivolti, diminuisce spesso il primo tema e, verso la fine del
brano, fa sentire anche doppie entrate di coppie di temi. L’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto mediato; il ricercare è lungo 64 battute di brevi.
14. Ricercare dell’Ottavo Tono con quattro Fughe (Fonti 9.,10.,11.) E’ nel
tono naturale; anche qui il c’è l’indicazione del numero delle fughe. Il primo soggetto
appare nell’esposizione al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare a
partire dalla battuta 3 al Tenore; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 5
all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il quarto soggetto appare a partire dalla battuta
7 al Canto. Proprio il quarto soggetto è il più soggetto a varianti ritmiche (viene
proposto anche in aumentazione) e melodiche. Appena terminata l’esposizione, le
entrate in stretto si fanno progressivamente più incalzanti fino alla fine. Alla terzultima
battuta vi è l’entrata simultanea delle quattro voci. L’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto mediato; il ricercare è lungo 81 battute di brevi.
15. Ricercar Sexti toni a 4 (Fonte 6.) Il materiale tematico di questo pezzo è
identico al Capriccietto del Manoscritto Rossi (Fonte 5.) mentre l’organizzazione
formale è più concisa; il pezzo è lungo infatti 36 battute contro le 63 del Capriccietto. Il
pezzo è nel sesto tono autentico benché vi sia il si bemolle in chiave ma il titolo
“ricercar” appare decisamente improprio.
Il Manoscritto Rossi (Fonte 5.) riporta nell’indice220 un Ancidetemi passaggiato da
Gio: de Macque. Il musicista fiammingo sarebbe stato, quindi, il primo a realizzare la
versione “passeggiata” del celebre madrigale di Arcadelt221 imitato, poi, da Mayone,
Trabaci, Strozzi e Frescobaldi., ulteriore conferma del ruolo di caposcuola di Macque.
L’indice del Manoscritto Rossi riporta un altro pezzo non esistente nella copia
pervenutaci, Non ch’io non voglia mai, passaggiato da Gio:de Macque; anche questo
madrigale è di Arcadelt222 ma, a differenza del fortunatissimo Ancidetemi, non
conosciamo altre versioni di questo madrigale realizzate da altri compositori dell’Italia
meridionale.
Si segnalano, infine, alcune forti somiglianze tra le opere di Giovanni de Macque e
quelle di Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci.
1. Partite sopra Ruggero. Partite III e IV: cfr. Mayone Partite sopra Rogiere,
Partite II e XIII.
2. Capriccio sopra re fa mi sol: inizio in ritmo ternario, cfr. Trabaci, Capriccio
sopra la fa sol la (I libro).
3. Prima Gagliarda; cfr. Trabaci, Gagliarda Prima (I libro)
4. Toccata à modo di trombette: cfr. Trabaci, Toccata prima (I libro)
5. Ricercare del I Tono, primo soggetto: cfr. Trabaci, Ricercare del I Tono (I
libro), primo soggetto.
220
Vedi Cap. 3.2.
Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro (Arcadelt 1539)
222
Non ch’io voglia mai venne pure pubblicato nel Primo Libro (Arcadelt 1539)
221
63
3.2 IL MANOSCRITTO “ROSSI”
Il manoscritto custodito presso la British Library di Londra con il numero di
segnatura Ms Add. 30491 è l’unica fonte musicale di tanti compositori napoletani
appartenenti al circolo di Carlo Gesualdo da Venosa nonché di buona parte delle
musiche conosciute di Giovanni de Macque223; vi sono incluse anche delle monodie di
Peri e Monteverdi (Il Lamento d’Arianna e l’unica copia conosciuta del Lamento
d’Olimpia224) ed alcuni madrigali diminuiti per la viola bastarda225.
Nel foglio 1 vi è scritto con caratteri cifrati:
Libro di canzone francese del signor Gioanni Demaqque
Che fù maestro di Luigi Rossi sfortunato
E sfortunato fù da quando nacque
Poiche 14 anni in corte è stato
Nepur un mezzo grosso mai a acquistato
In nomine Jesù omne genu flectatur coelestium terrestrium et infernorum
Nel foglio 2 appare in coda:
Questo libro lo fece fare il duca di Traetta, per me
Luigi Rossi
e, ancora più in basso:
Ce libro es de Don Luis Rossi
Da questa indicazione si identifica in Luigi Rossi il copista del manoscritto. Il
titolo riferisce delle canzoni alla francese di Giovanni de Macque ma non menziona gli
altri autori. Sembrerebbe che i 14 anni passati da Luigi Rossi a corte non gli abbiano
donato grosse gratificazioni; è affermato chiaramente che Giovanni de Macque fu suo
maestro. Ricordiamo che il musicista fiammingo morì nel 1614 e Luigi Rossi nacque
nel 1598: quest’ultimo ha ricevuto, quindi, delle lezioni in età giovanile. Gran parte del
manoscritto è stato scritto prima del 1620226, anno in cui Rossi si trasferì a Roma al
servizio della famiglia Borghese.
Il manoscritto ha la numerazione delle pagine inserita durante la prima stesura e
la numerazione dei fogli inserita in una seconda fase. Silbiger227, grazie all’analisi
calligrafica, ritiene che il manoscritto sia stato compilato dalla stessa mano, ma in fasi
successive; propone, pertanto, le seguenti fasi di stesura:
(Ia)
Musiche per strumenti da tasto in partitura a quattro pentagrammi, ff. 322’, 27-33’.
(Ib)
Sezione in formato oblungo, ff. 23-26’
(IIa)
Partite sopra Fidele, ff. 51-51’
(IIb)
Pezzi per viola bastarda,
223
Vedi Cap. 3.2.
Silbinger 1980, 128.
225
La viola bastarda era una piccola viola da gamba nella tessitura del Basso. Lo scarso ma non
trascurabile repertorio questo strumento (Dalla Casa 1584) non è stato studiato ancora sistematicamente.
226
Silbiger 1980, 139.
227
Silbiger 1980, 131-133.
224
64
(III)
Tavola
(IV)
Canzon del Principe
(V)
Le monodie
Probabilmente solo la fase V è stata copiata dopo il 1620.
Sempre Silbiger228 elabora la seguente scheda che ordina il contenuto del manoscritto
in relazione alle fasi di stesura:
Numerazione
dei fogli
1-2
3-22’
23-26’
27-33’
Numerazione
delle pagine
Contenuto
Frontespizio
Musiche per
strumenti da
tasto in partitura
a quattro
pentagrammi
Pezzi intavolati
Musiche per
strumenti da
tasto in partitura
a quattro
pentagrammi
Canzon
del
Principe
Monodie di
Monteverdi e
Peri
Diminuzioni per
viola bastarda
Monodie,
continuazione da
pag. 45
Partitura
a
quattro
pentagrammi,
Stella
Tavola
1-41
43-55
34’-38’
39-45
45’-46’
48’-49
50
51-51’
97?
52-52’
Stesura
Ante I?
I
I
I
IV
V
II
V
II
III
Ecco il contenuto della “Tavola”, l’indice del manoscritto, con l’indicazione delle
pagine:
Ancidetemi passaggiato da Gio: de Macque229……………….(senza numero di pagina)
Capriccio di Gio:de Macque sopra re, fa, mi, sol230……………………………………40
Capriccietto di Gio:de Macque…………………………………………………………12
Canzon d’Ippolito………………………………………………………………………17
Canzon de Ippolito, sopra Susanna……………………………………………………..20
228
Ibidem, 135
Non presente nel manoscritto.
230
Intavolatura italiana per tastiera.
229
65
Prima Canzon di Stella…………………………………………………………………23
Seconda Canzon breve di Stella………………………………………………………..34
Prima parte Canzon di Gio:de Macque chiamate le Due Sorelle………………………29
Seconda parte Canzon Gio:de Macque…………………………………………………31
Cromatica Canzon di Frabbizio (sic) Fillimarino…..…………………………………..26
Canzon de Rinaldo…………………………………………………………………...…44
Prima Canzon di Gio:de Macque……………………………………………………….47
Seconda Canzon di Gio:de Macque…………………………………………………….50
Cara la vita mia, per la viola bastarda passaggiato da Oratio della Viola (“di Oratio” nel
manoscritto)……………………………………………………(senza numero di pagina)
Prima Gagliarda di Gio:de Macque…………………………………………………….36
Seconda Gagliarda di Gio:de Macque………………………………………………….38
Prima Gagliarda di Gio Maria Trabbaci……….……………………………………….37
Seconda Gagliarda di Gio Maria Trabbaci….…..……………………………………...40
Gagliarda di Fran:co Lambardo…………………………………………………………34
Io mi son giovinetto passaggiato da Muzio Effrem231…………(senza numero di pagina)
Non ch’io non voglia mai, passaggiato da Gio:de Macque232 (senza numero di pagina)
Nasce la pena mia, passaggiato da Fran:co Lambardo233……….(senza numero di pagina)
Partite sopra la Romanesca di Stella …………………………………………………….1
Partite sopra Ruggiero di Gio: de Macque………………………………………………4
Partite sopra Zefiro de Rinaldo…………………………………………………………..8
Partite sopra Fidele di Fran:co Lambardo234…………………………………………….97
Prima Stravaganze di Gio: de Macque…………………………………………………33
Seconde Stravaganze di Gio: de Macque………………………………………………55
Toccata di Fran:co Lambardo…………………………………………………………...15
Toccata di Gio: de Macque à modo di trombette………………………………………52
Brani del manoscritto non presenti nella tavola
Canzon francese del Principe (pagina non numerata)
Dell’Arianna del Monte Verde (sic) (pagina non numerata)
Di Jacopo Peri; detto Zazzarino (pagina non numerata)
Di Monte Verde (sic!) (pagina non numerata)
Cara la vita mia (pag. 46)
Partimento per sonare – Susanna un giorno (pagina non numerata)
Susanna di Oratio235: per la Viola bastarda (pag. 47)
231
Non presente nel manoscritto.
Non presente nel manoscritto.
233
Nel manoscritto vi è invece Nasce la pena mia, passaggiato di Gio: Macque.
234
Nel manoscritto non compare l’indicazione dell’autore.
235
Oratio detto del Violone per antichità Napoletano, Cerreto 1601, 160, sub voce “Sonatori eccellenti
della Viola d’arco della città di Napoli che oggi non vivono.
232
66
GLI AUTORI
Scipione Stella, al secolo Pietro Paolo, nacque a Napoli tra il 1558 e il 1559. Nel
1579 divenne organista presso l’Annunziata di Napoli cui venne affiancato, a partire dal
1590, da Giovanni de Macque. Nel 1594 si trasferisce a Ferrara al seguito di Carlo
Gesualdo da Venosa, il 30 gennaio 1598 entra nel monastero di San Paolo Maggiore in
Napoli dove, nel 1603, seguirà la costruzione del nuovo organo; due anni dopo venne
ordinato sacerdote. Morì a Napoli il 20 maggio 1622236.
Poco si conosce della vita di Rinaldo dall’Arpa, arpista virtuoso che accompagnò
Carlo Gesualdo da Venosa a Ferrara nel 1594; la sua presenza nella città estense è
confermata da lettere scritte da membri della corte di Ferrara.. Morì il 2 agosto 1603237.
Di Ippolito si conoscono solo le due canzoni copiate nel manoscritto “Rossi”.
Fabrizio Fillimarino, liutista, accompagnò Carlo Gesualdo Ferrara tra il 1594 e il
1596.
Francesco Lambardo (o Lambardi) nacque a Napoli intorno al 1587. Già cantore
presso l’Annunziata di Napoli tra il 1599 e il 1600, nel 1607 passò alla Real Cappella di
Napoli come tenore e, dal 1615 fino al 1642, come organista. Fu anche maestro di
cappella del Conservatorio di Santa Maria della Pietà dei Turchini tra il 1626 e il 1630.
Morì a Napoli il 25 luglio 1642238.
Muzio Effrem nacque a Bari il 4 novembre 1549. Trasferitosi a Napoli, fu a lungo
al servizio di Carlo Gesualdo da Venosa. Nel 1615 diventò maestro di cappella della
“camera ducale” di Mantova, nel 1619 si trasferì a Firenze dove fu musico della
cappella del granduca fino all’ottobre del 1622. Ritornò nel 1622 a Napoli dove morì
dopo il 1626239.
La figura di Giovanni de Macque240 è preponderante sia per la quantità di brani
presenti, sia per l’influenza del suo stile nei brani degli altri autori: entrate tematiche a
coppie, passaggi con decime parallele, canzoni con sezioni iniziali ternarie accordali,
“durezze e ligature” nell’unica toccata. Solo la Canzon francese del Principe ha
elementi originali e si affranca abbastanza dalla scrittura di Macque. Le due gagliarde di
Giovanni Maria Trabaci241 rivelano che questi doveva avere qualche legame con il
circolo di Carlo Gesualdo.
LE MUSICHE
Partite sopra la Romanesca di Stella
1. partita accordale col basso ben riconoscibile;
2. incisi anacrusici di crome in contrappunto imitato con frequente entrate a
coppia
3. inciso anacrusico in semiminime in contrappunto imitato con frequente
entrate a coppia
4. inciso anacrusico in semiminime, diverso dal precedente in contrappunto
imitato con frequente entrate a coppia.
236
Larson 1980a, 347.
Jackson 1980b, 425.
238
Larson 1980b, 161.
239
Strainchamps 1980, 905.
240
Vedi Cap. 3.1.
241
Vedi Cap. 3.4.
237
67
Queste variazioni colpiscono per l’estrema linearità e razionalità delle figurazioni:
ogni partita ha una propria fisionomia costituita da un chiaro inciso melodico; il basso è
sempre perfettamente riconoscibile e non è sottoposto a variazioni significative.
Partite sopra Ruggiero di Gio: Macque: vedi 3.1.
Partite sopra Zefiro de Rinaldo
1. tre voci in accordo con la quarta parte in semiminime;
2. figurazione di ornamento in crome
3. figurazione di ornamento in crome, molto simile alla seconda sezione, con
occasionali diminuzioni in semicrome;
4. due voci in semiminime con frequenti passaggi per decime parallele
Capriccietto di Gioanni de Macque: vedi 3.1, pag..
Toccata di Fran:co Lambardo
E’ l’unica toccata presente nel manoscritto. Inizia nello stile delle “durezze e
ligature”, introduce gradatamente delle fioriture per poi lanciarsi in figurazioni di
biscrome; dopo una breve sezione con “durezze e ligature” fiorite con trilli, la toccata
conclude con figurazioni virtuositiche; l’ultima cadenza è accordale con un semplice
ritardo di terza sul V grado.
Canzon d’Ippolito
In tre sezioni con differenti metri ternari.
Batt. 1 – 20: tempo perfetto mediato 3/2
Batt. 20 – 28: tempo imperfetto mediato 3/2
Batt. 28 – 52: tempo perfetto mediato 3.
L’inizio è accordale, molto simile al Capriccio sopra re fa mi sol di Giovanni de
Macque242, dalla battuta 7 il tema viene proposto in entrate a coppia a distanza di
decima; le figurazioni ornamentali diventano progressivamente più rapide. Nella
seconda sezione, da battuta 20, viene proposto un nuovo tema trattato in imitazione.
Nella terza sezione, da battuta 29 fino alla fine, ritorna il primo tema, anche in
inversione, con ornamenti alternativamente all’acuto ed al basso; fanno la loro comparsa
anche delle cadenze molto elaborate e ritmicamente complesse.
Canzon sopra Susanna d’Ippolito
La canzone è politematica ma non ha cambi metrici: l’indicazione è il tempo
imperfetto. Il tema iniziale, dattilico, già alla seconda entrata viene trasformato in tre
semiminime precedute da pausa; alla battuta 4 compare un controsoggetto in crome che
verrà proposto diverse volte anche in inversione. A battuta 25 compare un secondo
trattato in contrappunto imitato presentato, a volte, in inversione. Le ultime battute
presentano rapide e complesse figurazioni in semicrome.
Prima Canzon di Stella
E’ nel tempo imperfetto mediato 3/2, è divisa in tre sezioni senza cambi metrici. Le
prime otto battute servono da introduzione: quattro presentano il tema in accordi, le altre
quattro sono in stile toccatistico. Da battuta 9 il tema viene proposto in imitazioni,
inversioni ed entrate a coppia, il controsoggetto di semiminime diventa sempre più
serrato fino alla cadenza sul V grado di battuta 15; riprende poi il primo tema in accordi.
La seconda sezione, da battuta 20, esordisce col tema accompagnato da crome ma, a
battuta 24, interviene un nuovo elemento tematico, caratterizzato da una triade
discendente, che viene proposto in entrate ravvicinate. Da battuta 30, che reca scritto
“replica”, riappare il primo tema accompagnato da un controsoggetto in semiminime e,
da battuta 34 fino alla fine, da figurazioni in crome.
Canzon di Frabritio Fillimarino - - Cromatica
E’ divisa in cinque sezioni:
1. Batt. 1 -28, tempo imperfetto, soggetto con struttura ad arco:
242
Vedi Cap. 3.2.
68
Fig. 3.2.1.: Canzon Cromatica di Frabbizio Fillimarino: batt. 1-2.
Il controsoggetto viene spesso trattato autonomamente in imitazione.
2. Batt. 30 -36, tempo perfetto mediato; il soggetto cromatico viene modificato
ritmicamente e viene presentato un nuovo controsoggetto. Fillimarino predilige la
doppia entrata a coppie di soggetto e controsoggetto a distanza di decima.
Fig. 3.2.2.: Canzon Cromatica di Frabrizio Fillimarino: batt. 31.
3. Batt. 37 -41, tempo imperfetto, nuovo soggetto in contrappunto imitato.
4. Batt. 42 -55, tempo C. 3/2, nuovo soggetto in contrappunto imitato.
5. Batt. 56 – 61, tempo C, stesso soggetto della sezione quarta con trattamento
accordale.
Canzon di Gio: de Macque chiamate le due Sorelle: vedi Cap. 3.1.
Prime Stravaganze di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.
Seconda breve Canzon di Stella
Come indica il titolo, è una canzone più breve della precedente ed è divisa in tre
sezioni:
1. Batt. 1 – 24, tempo C, in tre subsezioni caratterizzate da un soggetto
differente.
2. Batt. 24 -32, tempo C. 3/2, con soggetto ricavato dal primo.
3. Batt. 33 – 49, tempo C, con due soggetti che entrano sempre in coppia, uno
in semiminime, l’altro composito con crome e semicrome.
Prima Gagliarda di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.
Prima Gagliarda di Trabaci: è la Gagliarda Prima à 4. detto il Galluccio, pubblicata
nel Secondo Libro di Ricercate (1615).
Seconda Gagliarda di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.
Gagliarda di Fran:co Lambardo
E’ nel consueto tempo ternario C. 3/2 ed è bipartita con ritornelli; la struttura è
accordale con qualche nota di passaggio. Le cadenze sono tutte fondate sulla
successione dei gradi IV-V-I.
Seconda Gagliarda di Trabaci: è la Gagliarda seconda pubblicata nel Primo Libro di
Ricercate (1603).
Capriccio di Gio: de Macque sopra rè, fa mi sol …: vedi Cap. 3.1.
Canzon de Rinaldo
E’ divisa in tre sezioni:
1. Batt. 1 – 15, tempo imperfetto mediato 3/2, accordale.
2. Batt. 16 – 38, tempo imperfetto, soggetto in minime accompagnato da un flusso
continuo di crome; il soggetto viene diminuito a partire dalla battuta 28.
69
3. Batt. 39 – 49, tempo 3, soggetto della seconda sezione modificato ritmicamente
in contrappunto imitato con entrate a coppia.
Prima Canzon di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.
Seconda Canzon di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.
Toccata di Gio: de Macque a modo di Trombette: vedi Cap. 3.1.
Seconde Stravaganze di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1.
Canzon francese del Principe
Questa canzone è molto interessante per diversi motivi: il principe indicato nel
titolo potrebbe essere Carlo Gesualdo di Venosa. Nel manoscritto compaiono due
versioni scritte in parallelo, una abbastanza semplice, l’altra estremamente elaborata e
diminuita. La versione elaborata colpisce per l’arditezza delle figurazioni, per gli
esasperati cromatismi e, soprattutto, per l’originalità delle diminuzioni. E’ l’unico brano
del manoscritto che presenta figurazioni non utilizzate da Giovanni de Macque. La
canzone apre con un “duplex thema”, elemento abbastanza comune nei ricercari
cinquecenteschi e seicenteschi, meno nelle canzoni strumentali. I due soggetti vengono
sottoposti a numerose variazioni: diminuzioni, inversioni, sviluppo motivico partendo
da piccoli incisi. Su questa intricata trama contrappuntistica si inseriscono le
funamboliche cadenze con “trilli gagliardissimi”, come esplicitamente scritto a battuta
11. Le battute che conducono alla cadenza conclusiva sono in stile toccatistico.
Ritroveremo cadenze così elaborate solamente nelle conclusioni delle canzoni alla
francese di Giovanni Maria Trabaci243
Partite sopra Fidele
La paternità di Francesco Lambardo è asserita nella Tavola. Le prime due partite, in
tempo ternario, hanno una struttura da danza con brevi incisi in imitazione; le terza e
conclusiva partita, presenta nelle varie parti, alternativamente, un ornamento in crome.
I pezzi per la viola bastarda sono gli eredi delle ricercate pubblicate nel trattato di
Ortiz244; il linguaggio, però, si è evoluto, la ricerca dell’effetto virtuosistico permea
interamente i pezzi del manoscritto, le glose che in Ortiz arricchivano la melodia per
marcarne meglio l’affetto sono ora moduli per raggiungere effetti spettacolari. La carica
emotiva viene ulteriormente enfatizzata.
I pezzi per viola bastarda sono distribuiti nel manoscritto in maniera poco ordinata:
ecco una tabella che ne riassume la collocazione:
Numerazione dei
fogli
45’
46
“Nasce la pena mia” di
Gio:
de
Macque
(continuazione del foglio
48)
Cara la vita mia
46’
Susanna un giorno
47
47’-48
243
244
Titolo
Susanna di Oratio: per la
viola bastarda
Vedi Cap. 3.4, 91-93.
Ortiz 1553.
70
Indicazione
Tavola
Non presente
nella
Cara la vita mia per
la viola bastarda
passaggiato
da
Oratio della Viola
Non presente nella
Tavola
Non presente
48’
Nasce la pena mia di
Gio:
de
Macque,
continua nel foglio 45’
Nasce la pena mia,
passaggiato
Fran[ces]co
Lambardo
Non
presente
manoscritto
nel
Non
presente
manoscritto
nel
Io mi son giovinetto
passaggiato di Mutio
Effrem
Non ch’io voglia
mai, passaggiato da
Gio: de Macque
49-50
71
3.3 ASCANIO MAYONE
Scipione Cerreto245 annovera Ascanio Mayone tra i compositori eccellenti della
Città di Napoli, che oggi vivono, i Sonatori eccellenti d’Organo della Città di Napoli,
che oggi vivono ed, infine, tra i Sonatori eccellenti dell’Arpa à due ordini, della Città di
Napoli, che oggi vivono; nei tre elenchi viene sempre citato come Scanio Maione
Napoletano. Non si conosce l’esatta data di nascita che dovrebbe ragionevolmente
collocarsi tra il 1570 e il 1580. Pochi documenti segnalano i momenti della sua vita: nel
1593 diventa organista presso la Santa Casa dell’Annunziata di Napoli per otto ducati al
mese succedendo a Scipione Stella246, due anni dopo ne diventa maestro di cappella247
dividendo la carica con Camillo Lambardi248.
Mayone, allievo di Giovanni de Macque e Giovanni Domenico da Nola249, fu
assunto nel 1602 come secondo organista presso la Cappella Reale di Napoli; maestro di
cappella era a quel tempo proprio Macque e Giovanni Maria Trabaci copriva il ruolo di
primo organista250. Alla morte di Macque (settembre 1614), Trabaci divenne maestro di
cappella e Mayone primo organista251. Mantenne, comunque, i contatti con la Santa
Casa dell’Annunziata e nel 1621 lo troviamo regolarmente in servizio come
organista252. Morì, presumibilmente a Napoli, nel 1627253.
L’opera strumentale254 di Mayone è distribuita in quattro pubblicazioni:
1. Primo libro di diversi capricci per sonare, Napoli, Costantino Vitale, 1603.
(LibI)
2. Primo libro di ricercari a tre voci, Napoli, Gio. Battista Sottile, 1606. (RicI)
3. Secondo libro di diversi capricci per sonare, Napoli, Gio. Battista Gargano e
Lucrezio Nucci, 1609. (LibII)
4. Esempi musicale pubblicati nella Sambuca Lincea di Fabio Colonna,
Napoli, Costantino Vitale, 1618.
245
Cerreto 1601, 156-158.
Prota Giurleo 1960, 192.
247
Ibidem.
248
Kelton 1961, 20.
249
Stembridge 1981.
250
Cfr. Cap. 3.4, 85.
251
Prota Giurleo 1960, 186.
252
Pannain 1939 cit. in Kelton 1961, 20.
253
Ibidem.
254
Mayone pubblicò pure il Primo Libro di Madrigali (Napoli, G. B. Sottile, 1604), due madrigali nella
collezione Teatro de’ Madrigali a 5 voci de diversi excell. Musici napoletani, posti in luce da Scipione
Riccio (Napoli, G. B. Gargano, 1609), alcuni dei Salmi delle compiete de diversi musici napoletani, a
quattro voci (Napoli, Ottavio Beltramo, 1620); nell’Archivio dei Padri Filippini di Napoli vi sono due
opere manoscritte di Mayone: Messe e vespri a 8 voci e Laetatus sum a 9.
246
72
3.3.1 PRIMO LIBRO DI DIVERSI CAPRICCI PER SONARE (1603)
Il Primo libro contiene 4 ricercari, 4 canzoni alla francese, un madrigale intavolato,
5 toccate e due serie di variazioni. E’ stampato in partitura con quattro pentagrammi.
La dedica:
A MARTHOS DE GOROSTIOLA DIGNISSIMO REGENTE DEL
COLLATERAL CONSIGLIO per Sua Maestà nel Regno di Napoli.
La grandessa, e la magnanimità di V. S. (mio Signor, e padrone) sono tante, e tali, che
inclinano, & in un certo senso forsano gli huomini a servirla, & honorarla. Io (oltre la
vera inclinazione) obligato per li favori, e gratie, che m’ha fatto, e mi fa di continuo, son
forsato (non possendo in tutto conforme devo) dar saggio in parte al mondo del’obligo
qual tengo di servirla, ne possendo questo, per l’innata sua generosità, e cortesia, co altro
dimostrare, che con affetto d’animo in quel modo, che posso, humilmente li dedico
questi Capricci di Musica primitie del mio ingegno. La supplico si degni d’accettarlo, per
esser propria, & grata al suo animo: piacciali dunque ritener con questo dono il desiderio
mio, essendo più che securo, sotto tal nome, e protettore riceveranno felicissima, e
perpetua vita appresso del mondo, e con ciò a V. S. fò riverenza, e la prego per lo ben
publico dal cielo felicissimi anni. Da Napoli il dì 4 d’Aprile 1603. Ascanio Mayone.
Dell’edizione originale esiste oggi una sola copia conservata presso la British
Library.
RICERCARI
I quattro ricercari di LibI hanno strutture formali simili: sono tutti politematici, il
secondo soggetto entra sempre come controsoggetto del primo (duplex thema), gli altri
possono, invece, apparire diverse battute avanti; tutti i soggetti sono
contemporaneamente presenti nella cadenza finale. Mayone non scrive nei titoli il
numero delle fughe né l’indicazione del tono.
Ricercar primo. E’ nel primo tono trasportato per b molle con tre fughe. Il terzo
soggetto compare per la prima volta alla battuta 38. I soggetti non vengono sottoposti a
variazioni ad eccezione dell’incipit del primo tema la cui semibreve iniziale viene
spesso trasformata in minima. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il
ricercare è lungo 62 battute di brevi.
Ricercar secondo. E’ nell’ottavo tono naturale con tre fughe. Il soggetto è un
thema triplex: il secondo soggetto appare come controsoggetto del rimo, il terzo come
controsoggetto del controsoggetto.
Fig. 3.2.1: Ricercar secondo: batt. 1-6.
Il ricercare presenta molte entrate tematiche in stretto; spesso gli incipit del primo
e secondo soggetto vengono modificati. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il
ricercare è lungo 70 battute di brevi.
73
Ricercar terzo. E’ del terzo modo ed è l’unico con quattro fughe. Il soggetto è un
thema triplex, il quarto soggetto appare invece alla battuta 21. Il terzo soggetto compare
per la prima volta alla battuta 38. Oltre altri stretti vi sono entrate simultanee a distanza
di terza o di decima. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 94
battute di brevi.
Ricercar quarto. E’ nel primo tono trasportato per b molle con tre fughe. Il terzo
soggetto compare per la prima volta alla battuta 38 con una esposizione in tutte le voci
mentre gli altri soggetti tacciono. La sincope caratteristica del secondo soggetto viene
molto sfruttata da Mayone per passaggi nello stile delle durezze e ligature.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 59 battute di brevi.
CANZONI ALLA FRANCESE
Le quattro canzoni alla francese di LibI hanno tutte il caratteristico incipit in ritmo
dattilico, sono scritte in contrappunto imitato, ci sono stretti, inversioni tematiche,
aumentazioni, uso di frammenti tematici del soggetto e del controsoggetto; raramente
Mayone introduce un secondo soggetto. Queste canzoni sono molto simili per tessitura e
sviluppo tematico alle canzoni di Giovanni de Macque.
La Canzon Francese Prima è interamente nel tempo imperfetto senza sezioni
ternarie; si possono, tuttavia, individuare tre sezioni delimitate da cadenze:
1. Batt. 1 – 22
2. Batt. 23-34
3. Batt. 35-51
Il soggetto entra all’Alto, Canto, Tenore e Basso, il controsoggetto viene impiegato
come soggetto secondario in stretto nella seconda sezione; solo due cadenze, a battuta
34 e 51 hanno trilli. Ad eccezione dell’esposizione del soggetto alla prima battuta, il
soggetto non appare nel ritmo dattilico bensì con pausa e tre semiminime.
Fig. 3.3.2: Canzon francese prima, batt. 1-5.
All’ultima battuta vi è l’indicazione Si replica il principio; probabilmente la replica
riguarda solo la prima sezione.
La Canzon Francese Seconda è interamente nel tempo imperfetto senza sezioni
ternarie; anche in questa canzone si possono individuare tre sezioni delimitate da
cadenze:
1. Batt. 1 – 11
2. Batt. 11 - 21
3. Batt. 22 - 29
La prima sezione conclude con rapide figurazioni toccatistiche in semicrome, la seconda
ha un breve passaggio di terzine di semicrome al tenore, la terza non ha particolari
fioriture. Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso, il controsoggetto
non viene impiegato nella seconda sezione mentre nella terza è variato ritmicamente; la
seconda sezione presenta un soggetto secondario.
74
La Canzon Francese Terza è chiaramente distinta in tre sezioni con ritmo
contrastante:
1. Batt. 1 – 17 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-9 e 10-17.
2. Batt. 18 – 22 (tempo C 3/2) .
3. Batt. 23 – 32 (tempo C).
Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso. La canzone ha una scrittura
complessa: il controsoggetto diventa soggetto della seconda sezione ma non appare più
nella terza, la prima sezione impiega il controsoggetto solo nella prima subsezione per
poi trasformarlo ritmicamente e melodicamente nella seconda. Due cadenze (batt. 9 e
32) hanno figurazioni di tipo toccatistico.
La Canzon Francese Quarta è in tre sezioni con ritmo contrastante:
1. Batt. 1 –35 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-20 e 21-35.
2. Batt. 36 – 44 (tempo C 3/2) .
3. Batt. 45 – 52 (tempo C).
Il soggetto entra al Tenore, Alto, Basso e Canto. Nella prima sezione intervengono
parecchi elementi tematici secondari; il soggetto della seconda sezione è ottenuto col
controsoggetto variato ed il soggetto invertito. La terza sezione riprende il soggetto
accompagnato da elementi secondari della prima sezione senza, però, il controsoggetto.
MADRIGALI INTAVOLATI
Ancidetemi pur255
E’ la più antica versione intavolata del madrigale di Arcadelt che ci è pervenuta256.
L’arrangiamento strumentale di pezzi vocali è il fondamento stesso della musica
strumentale. La più antica ed importante fonte di musica per strumento da tasto risale al
1517 ad opera di Andrea Antico257: le sue Frottole intabulate per sonar organo
rispettano l’impianto originale vocale fiorendo le principali cadenze con brevi trilli o
con brevi passaggi di note di passaggio. A Napoli, il Trattado de glosas258 di Diego
Ortiz fornì ai compositori della generazione successiva un vasto vocabolario di
diminuzioni da impiegare in tutte le elaborazioni strumentali di brani vocali.
Mayone non si discosta dal modello vocale di Arcadelt: la linea del basso, sempre
perfettamente riconoscibile, viene diminuita in prossimità di una cadenza importante.
Mayone predilige fiorire una voce alla volta con trilli e scale: i trilli sono scritti sempre
per esteso in semicrome ma l’esecuzione non necessariamente deve essere misurata:
Fig. 3.3.3: A. Mayone, Ancidetemi pur, batt. 4, Basso.
TOCCATE
255
Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro di Madrigali d‘Archadelt.
La versione di Giovanni De Macque, probabilmente anteriore al 1603, non ci è pervenuta: Cfr. Cap.
3.1, 63.
257
Antico 1517.
258
Ortiz 1553. Vedi Cap. 1.1.
256
75
L’Intrata d’organo259 di Giovanni de Macque è il modello adottato da Mayone per
le cinque toccate di LibI. Generalmente le toccate di LibI presentano diverse sezioni
stilisticamente contrastanti, separate da cadenze. Le figurazioni delle toccate sono molto
simili alle diminuzioni dei madrigali intavolati; nelle toccate, però, lo schema armonico,
interamente inventato dal compositore, è spesso più libero e bizzarro. Le toccate ed i
madrigali intavolati rispondono alla stessa esigenza musicale: l’improvvisazione mirata
all’esaltazione delle caratteristiche espressive degli strumenti impiegati; nei madrigali
intavolati il flusso sonoro è incasellato in una preesistente struttura armonica, nelle
toccate, invece, tale struttura è interamente affidata alla libertà del compositore.
Le toccate di LibI raramente indulgono in passaggi cromatici estremi, abbondano i
trilli rapidi, sono pure frequenti le imitazioni del materiale tematico, occasionalmente
troviamo artifici contrappustintici quali le inversioni o le diminuzioni. Nella Toccata
terza e Toccata quinta appaiono sezioni accordali nello stile delle durezze e ligature; la
Toccata quinta, inoltre, conclude con terzine rapidissime in biscrome che devono
necessariamente essere eseguite con una certa libertà agogica.
Nelle toccate di LibI l’estensione delle parti costringono spesso l’esecutore alla
tastiera a lasciare anzitempo alcune note ma la difficoltà viene meno se si esegue il
brano all’arpa260.
PARTITE
Partite sopra Rogiere
Le partite sopra “Rogiere” sono interessanti per il paragone che si può istituire con
la versione di Giovanni de Macque261. Le modalità di variazione e di diminuzione sono
analoghe, ma la serie di Mayone è notevolmente amplificata: ventuno partite contro le
cinque del maestro fiammingo. Le partite di Macque sono ordinate secondo un ordine
crescente di “diminuzioni”, Mayone, invece, inserisce di tanto in tanto variazioni
statiche che interrompono la progressiva accelerazione ritmica. La prima partita è
accordale ed il basso del “tenore di Ruggiero” è ben chiaro ed udibile; Mayone fiorisce
prevalentemente la parte acuta. La seconda, la quarta e la sesta partita sono diminuite
con crome, la terza e la quinta partita sono accordali e senza fioriture; la settima, ottava,
nona e decima partita sono diminuite con scale e trilli di semicrome; l’undecima,
duodecima, decimaterza, decimaquarta e decimaquinta sfruttano ritmi misti di crome e
semicrome, con imitazioni regolari all’interno delle partite; le successive partite
proseguono con la tecnica dell’imitazione fino alla vigesimaprima ed ultima partita,
interamente scritta in stile toccatistico.
Partite sopra Fidele
Le dieci Partite sopra Fidele sono più semplici delle Partite sopra Rogiere:
ciascuna partita è fondata su una determinata figurazione scrupolosamente rispettata. Il
tempo è ternario tranne per l’ultima partita che è in tempo C.
Ecco lo schema:
- Prima partita: accordale.
- Seconda partita: sei minime per battuta.
- Terza partita: gruppi di tre minime + semibreve puntata; emiolia conclusiva.
- Quarta partita: ritmo ternario di tre semibrevi per battuta con figurazioni miste.
- Quinta partita: gruppi di sei minime + breve e semibreve.
- Sesta partita: minima puntata + seminimima + quattro minime.
- Settima partita: quattro semiminime + minima.
- Ottava: dodici semiminime per battuta.
259
Vedi Cap. 3.1, 54.
Ricordiamo che Cerreto annovera Mayone anche tra gli eccellentissimi sonatori d’arpa.
261
Cfr. Cap. 3.1, 60.
260
76
-
Nona partita: sei minime per battuta.
Decima partita: minima + seminima in contrappunto con pause di semiminima e
due crome.
3.3.2 PRIMO LIBRO DI RICERCARI A TRE VOCI (1606)
Il Primo libro di ricercari comprende diciotto composizioni pubblicate in libri-parte
(Canto-Tenore-Basso). Abbiamo già affrontato262 la liceità dell’esecuzione organistica
di ricercari pubblicati in libri-parte anche se Mayone non indica alcuna destinazione
strumentale per RicI, mentre LibI e LibII sono per sonare. L’indicazione di Primo libro
presuppone il desiderio di Mayone di pubblicare altri libri di ricercari probabilmente
mai composti.
La dedica:
A DON GIO. BATTISTA SUARDO CONCOBLETTO.
A V. S. (nella cui persona, si come in Ciel le stelle non meno le virtù, che la nobiltà
risplendono) dedico questa mia piccola fatica, quale, non per disegno, che ‘l mondo me
n’habbia da lodare, ò ingrandire io mando in stampa; ma per far conoscere à tutti con
effetto, quanto io li sono servitore, & quando è l’obligo, ch’io li hò, che per non potersi in
altro modo dimostrare, se non con affetto d’animo, vengo con questa à farli riverenza:
supplicandola si degni (fra l’altre gratie e favori fattemi da lei) accettarla con quella solita
innata sua cortesia, e generosità d’animo, restando sicuro (se così restarà servita)
c’haveranno sotto la sua protettione immortalità, e defensioni contra l’iniquità; resto
pregandoli dal Cielo ogni colmo di felicità. Di Napoli il primo d’Agosto, 1606.
Ascanio Mayone.
Esiste oggi una sola copia dell’edizione originale conservata presso la biblioteca del
Conservatorio di musica “S. Pietro a Majella” di Napoli. I ricercari sono generalmente
monotematici, vengono regolarmente impiegati stretti, aumentazioni ed inversioni
tematiche; non troviamo diminuzioni o sezioni in stile toccatistico.
x Ricercare 1, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 2, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 3, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 4, politematico, tempo imperfetto. Il soggetto A appare sette volte
nelle prime diciotto battute; il soggetto B appare alla battuta 13 ed è proposto
cinque volte tra le battute 18-23; il soggetto C appare alla battuta 24 ma diventa
il più frequente soggetto fino alla fine; i soggetti D ed E appaiono alla battuta 30
come controsoggetto di C; le quattro battute finali hanno C in stretto ed in
inversione con la simultanea presenza di C, D ed E.
x Ricercare 5, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 6, monotematico, tempo imperfetto (batt. 1-52) e C 3/2 (batt. 53-69).
x Ricercare 7, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 8, multitematico, tempo imperfetto. I primi due soggetti sono
presentati come duplex thema, il terzo appare alla battuta 27.
x Ricercare 9, monotematico, tempo perfetto mediato.
x Ricercare 10, monotematico con tema accessorio, tempo imperfetto.
x Ricercare 11, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 12, monotematico, tempo imperfetto.
x Ricercare 13, monotematico, tempo imperfetto.
262
Cap 2.1, 24.
77
x
x
x
x
x
Ricercare 14, Canto Fermo Primo263 (Canto), tempo imperfetto.
Ricercare 15, Canto Fermo Secondo (Tenore), tempo imperfetto.
Ricercare 16, Canto Fermo Terzo (Basso), tempo imperfetto.
Ricercare 17, Canon alter alterius in diapente superius, tempo imperfetto.
Ricercare 18, multitematico, tempo imperfetto. I quattro soggetti, di due battute
ciascuno, sono presentati al Basso sotto forma di tema quadruplo.
3.3.3. SECONDO LIBRO DI DIVERSI CAPRICCI PER
SONARE (1609)
Il Secondo libro contiene 5 ricercari, 4 canzoni alla francese, un madrigale
intavolato, 5 toccate e una serie di variazioni. E’ stampato in partitura con quattro
pentagrammi.
La dedica:
A DON GIO. BATTISTA SUARDO. Il Secondo parto del mio rozzo ingegnio per
sonare, hò voluto mio Signore mandar fuora sotto la protettione della sua amorevolezza,
& innata cortesia, à cui per obligo di servitù, dovendo tutto me stesso, e non potendo,
cerco darli saggio di tributo. Gradisca V. S. il dono, come d’ingegno, ch’è la meglior
parte; tanto più come sua professione; e che l’è tanto cara, più che nessun’altra, di quante
per ornamento della sua Nobiltà, e grandezza fa professione (segno chiaro d’un animo
nobilissimo, e generosissimo) acciò il suo felicissimo Nome; quello ch’in esso manca per
mia imperfettione, supplisca la sua grandezza, e perfettione. Resto, con farli mille
reverenze e, pregandoli dal cielo quella tranquillità d’animo che desea: da Napoli il dì 28.
di luglio 1609. Ascanio Mayone.
Il Secondo libro contiene anche un prezioso avvertimento.
ALLI STUDIOSI
AVERTASI da chi per suo capriccio volesse vedere questa poco fatica del Secondo
Libro, perché vi sono diversi capricci, e perché quando si sona con passaggi, ò si
adornano opere di passaggi, sempre vi passano alcune note false contra la regola del
contrapunto, senza le quali è impossibile, che bello effetto faccia; per questo dico a chi
questa opera vederà, che non si scandalizza, e mi giudica di poco osservatore delle regole
del contrapunto, delle qual sempre hò fatto professione quanto si è possibile col mio
rozzo ingegno di osservare, e chi di questo vuol star sicuro, e li dispiacesse questo modo
di sonare; potrà vedere, e servirse delle Ricercate poste nel principio del presente, come
ho fatto anco al Primo Libro de miei Capricci quale credo, che siano osservate, acciò
ogn’uno si pascha di quello, che più l’aggrata servire; E perché per comodità della
Stampa sono stato forzato, (com’anco hò fatto al Primo Libro) mutare le chiave per
mezzo l’opere per ogni parte: avertasi anco in questo, acciò che le vedrà, non prenda
errore; e più avertasi nelle cadenze dove si fanno trilli, ho signato un semituono solo nella
prima nota del detto trillo per breviare il volume; si che il studioso potrà da se considerare
il tutto, e con giuditio, che non è stato per non prendere fatica, ò per poca diligentia; ma
per comodità della Stampa; & del resto mi rimetto al giudizio delli amorevoli, che so, che
mi scuseranno; considerando, che nelle Stampe sempre vi nascondono mancamenti, per
263
Il canto fermo è La Spagna.
78
diligentia, che vi si faccia; e che la mia intentione non è in altro fondata solo (placenti
Deo) giovare à chi non sa, e desidera imparare alcuna cosa del mio si pur ve n’è: à Dio.
Mayone ci appare in atteggiamento difensivo: i cambi di chiave, l’omissione di
alcune alterazioni sono consueti nelle stampe dell’epoca, perché mai deve
anticipatamente scusarsi? Che le diminuzioni vadano a volte contro le regole del
contrappunto lo aveva già affermato Ortiz nel suo trattato quando descrive le tre
maniere per glosare264:
La terza maniera si è, uscire de la composition’ e andare a orecchia poco più poco meno
non osservando certezza di quel che si sona.
La scrittura di Mayone deve esser sembrata molto ardita e, soprattutto, ricca di
dissonanze e “stravaganze”, tranquillamente impiegate nelle improvvisazioni ma non
tollerate nelle opere a stampa. In effetti, Mayone e, successivamente, Trabaci daranno
un forte impulso all’esplorazione delle dissonanze più ardite, estremizzando le libertà
armoniche sperimentate dal loro maestro, Giovanni de Macque.
Esistono oggi solo due copie di LibII; una si trova presso il Civico Museo
Bibliografico Musicale di Bologna, l’altra presso la Bibliothèque Nationale di Parigi. Le
due copie sono pressoché identiche fino alla pagina 151: quella di Bologna ha la parola
“FINIS” alla pagina 152, dopo la fine della Septimadecima delle Partite sopra la
Romanesca. L’edizione parigina contiene tre variazioni in più e termina a pagina 160
ma non contiene la parola “FINIS”.
RICERCARI
I ricercari di LibII sono più complessi e variegati a paragone con LibI: tre ricercari
sono su cantus firmus e compaiono maggiori artifici contrappuntisti, due ricercari hanno
le indicazioni dei toni.
Recercar del decimo tuono. Il tono è naturale e vi sono tre fughe. I primi due
soggetti appaiono come duplex thema, il terzo compare per la prima volta alla battuta
25. Il terzo soggetto è proposto spesso in entrate in stretto e simultanee a distanza di
terza o di decima. L’ultima cadenza ha l’entrata simultanea dei tre soggetti.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 78 battute di brevi.
Recercar del quarto tuono. Il tono è trasposto per b molle e vi sono tre fughe. I
primi due soggetti appaiono come duplex thema, il terzo compare per la prima volta alla
battuta 21. Gli incipit dei soggetti sono spesso modificati ritmicamente con molte
entrate in stretto ma poche entrate simultanee. Anche l’ultima cadenza non ha l’entrata
simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è
lungo 63 battute di brevi.
Recercar sopra Ave Maris Stella. E’ nel primo tono trasposto per b molle con
l’inno dell’ Ave Maris Stella in forma di cantus firmus esposto quattro volte265; il
ricercare risulta, così, diviso in quattro sezioni ciascuna con un trattamento
contrappuntistico affidato a soggetti differenti:
1. batt. 1-39, cantus firmus al Tenore + un soggetto;
2. batt. 40-78, cantus firmus all’Alto + un soggetto;
3. batt. 79-116, cantus firmus al Basso + un soggetto;
4. batt. 117-155, cantus firmus Canto + due soggetti.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
264
Ortiz 1553, 4f.
Nella seconda e terza esposizione del cantus firmus l’intervallo iniziale, un’intervallo di quinta
dell’originale gregoriano, viene trasformato in una quarta.
265
79
Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa. E’ nel primo tono trasposto
per b molle col cantus firmus in brevi. Il canto fermo di Costantio Festa, conosciuto
anche col nome di La Spagna o Il Re di Spagna, era già stato utilizzato in importanti
pubblicazioni: Trattado de glosas di Diego Ortiz266, Regole di musica di Rocco Rodio267
e Della Pratica Musica vocale et strumentale di Scipione Cerreto268. Il ricercare di
Mayone intreccia tre soggetti al canto fermo: i primi due si presentano sotto forma di
duplex thema, il terzo entra alla battuta 27, a ricercare avanzato; i tre soggetti entrano
simultaneamente nella cadenza finale. L’indicazione ritmica è il tempo perfetto
mediato; il ricercare è lungo 37 battute di brevi.
Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa & per sonar all’arpa. E’ nel
primo tono naturale con un solo soggetto che si intreccia col cantus firmus in brevi. Il
soggetto viene sottoposto a diminuzioni, inversioni, entrate in stretto ed entrate a coppia
per terze, seste e decime parallele. Dalla battuta 20 fino alla fine compaiono scale di
semicrome ascendenti e discendenti che alleggeriscono la trama contrappuntistica e
rendono il ricercare appropriato all’arpa doppia269; l’estensione delle parti rende
impossibile tenere le note del canto fermo per tutta la loro durata se si esegue il pezzo al
clavicembalo. L’indicazione ritmica è il tempo perfetto mediato; il ricercare è lungo 37
battute di brevi.
CANZONI ALLA FRANCESE
Le canzoni alla francese di LibII sono molto più complesse rispetto a LibI, le
sezioni sono più allargate, gli artifici contrappuntistici sono molto evoluti, specialmente
nelle variazioni tematiche, compaiono lunghe fioriture virtuosistiche.
La Canzon Francese Prima è in tre sezioni:
1. Batt. 1 – 36 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-19 e 20-36.
2. Batt. 37 – 60 (tempo C 3/2) .
3. Batt. 61 – 78 (tempo C).
Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; sia il soggetto che il
controsoggetto non mutano mai di funzione in tutte le sezioni ma vengono
semplicemente sottoposti a variazione ritmica. Solo la cadenza conclusiva della prima
sezione ha una figurazione di tipo toccatistico.
La Canzon Francese Seconda è in tre sezioni:
1. Batt. 1 – 14 (tempo C).
2. Batt. 15 – 33 (tempo C 3/2) .
3. Batt. 34 – 80 (tempo C).
Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso. La prima sezione è molto
breve se paragonata alle altre canzoni di Mayone; il controsoggetto diventa soggetto
della seconda sezione, viene sottoposto ad inversioni ed aumentazioni e viene anche
proposto in entrate a coppie per terze o seste, retaggio delle coppie di temi spesso
impiegate da Giovanni de Macque. La terza sezione ritorna col soggetto e
controsoggetto iniziali ma, per ventisei battute, si produce in una pirotecnica
successione di scale e trilli rapidissimi; la conclusione della canzone è, comunque, in
perfetto stile imitato con coppie di soggetto e controsoggetto per terze.
La Canzon Francese Terza è in tre sezioni:
1. Batt. 1 – 36 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-21 e 21-44.
2. Batt. 45 – 58 (tempo C 3/2) .
3. Batt. 59 – 86 (tempo C).
266
Ortiz 1553; vedi Cap. 1.1.
Rodio 1609; vedi Cap. 1.2.
268
Cerreto 1601; vedi Cap. 3.
269
Kelton 1961, 103; Fabris 1986, 213 e segg.
267
80
Il soggetto entra al Basso, Tenore, Alto e Canto; la cadenza intermedia a batt. 21 è
preceduta da una lunga fioritura in biscrome alla parte acuta; la breve seconda sezione
ha soggetto e controsoggetto diversi della prima; la terza sezione riprende il soggetto
iniziale accompagnato da scale e trilli di tipo toccatistico.
La Canzon Francese Quarta ha l’incipit iniziale leggermente variato rispetto al
consueto ritmo dattilico:
Fig. 3.2.4.: Canzon Francese Quarta, batt. 1-2.
E’ anch’essa in tre sezioni:
1. Batt. 1 – 26 (tempo C).
2. Batt. 27 – 33 (tempo C 3/2) .
3. Batt. 34 – 73 (tempo C).
Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; le quattro note congiunte
discendenti (mi re do si) verranno sfruttate moltissimo nel corso della canzone anche in
inversione; questo frammento tematico diventa anche soggetto della seconda sezione.
La terza sezione impiega una variante aumentata del soggetto iniziale accompagnata da
altri frammenti tematici diminuiti; le battute 58-73 hanno il segno di ritornello. Fra tutte
le canzoni di Mayone, la Quarta di LibII è la più complessa nella variazione tematica e
nell’impiego degli artifici contrappuntistici.
MADRIGALI INTAVOLATI
Io mi son giovinetta del Ferabosco diminuito per sonare da Scipione Stella,
Gio. Dom. Montella, Ascanio Mayone.270
Nel 1603 Trabaci aveva pubblicato una sua versione sulla ballata di Ferabosco271.
Mayone risponde nel 1609 con una versione intavolata “a sei mani”: i tre compositori
indicati nel titolo si alternano nella composizione del pezzo senza soluzione di
continuità. Questa versione non si discosta affatto dall’impianto di Trabaci, ma sfoggia,
specialmente alla fine, maggior virtuosismo esecutivo. Di volta in volta viene indicato
in partitura la paternità di ciascuna sezione:
Batt. 1 – 6: Montella
Batt. 7 – 10: Mayone
Batt. 11 – metà 16: Montella
Batt. metà 16 – metà 23: Mayone
Batt. metà 23 – 24: Montella
Batt. 25 – 28: Mayone
Batt. 29 – 35: Stella.
Io mi son giovinetta presenta un’elaborazione più complessa rispetto ad
Ancidetemi pur del Primo libro, vengono diminuite tutte le voci con figurazioni a volte
bizzarre, spesso in imitazione. Il modello vocale, punto di riferimento della condotta
delle parti, non è più percepibile all’ascolto.
270
Ballata di Domenico Ferabosco, testo di Giovanni Boccaccio, pubblicata nel Primo libro di Madrigali
a 4 di diversi eccellentissimi autori, A. Gardane, Venezia, 1542.
271
Vedi Cap 3.4, 98.
81
Dei tre, Montella è il più fedele all’originale vocale mentre Mayone si esprime con
le cadenze più pirotecniche; la sezione conclusiva di Stella è la più complessa, le
imitazioni sono condotte a lungo con scrittura contrappuntistica densa e grande abilità
di sviluppo.
TOCCATE
Le cinque toccate di LibII sono molto simili stilisticamente a quelle di LibI.
Spiccano la Toccata quarta e la Toccata quinta entrambe indicate dall’autore per il
Cimbalo Cromatico. I passaggi cromatici sono ben circoscritti all’interno delle toccate:
- batt. 1-10 e 21-24 (toccata quarta)
- batt. 6-21 e 29-30 (toccata quinta)
La Toccata quarta, nello stile delle durezze e ligature, non eccede in cromatismi (ha
soltanto il La bemolle ed il re bemolle tra le battute 21-24), la Toccata quinta è, invece,
decisamente più ardita: troviamo, in poche battute, tutte le sette note alterate mentre non
esiste alcun bemolle. Le altre sezioni delle toccate cromatiche hanno le tipiche
figurazioni rapide che risultano molto difficili da eseguire sulla tastiera del
clavicembalo cromatico che ha l’ottava divisa in 19 tasti.
Fig. 3.2.5: Tastiera di “Cimbalo cromatico” (con prima ottava in sesta, dal Do, e
doppiamente spezzata). Da JOHANN BAPTIST SAMBER, Manuductio ad organum,
Salzburg, Witwe und Erben, 1704, Parte I, p. 103.
La conclusione della quinta toccata, inoltre, con trilli e scale di biscrome
alternativamente all’acuto ed al basso, è di straordinaria forza drammatica .
PARTITE
Partite sopra la Romanesca
Le partite sopra la Romanesca mostrano le medesime tecniche compositive
riscontrate nelle partite sopra Rogiere con imitazioni di brevi motivi per terze, seste o
decime parallele. Il tetracordo discendente è l’elemento che caratterizza quasi tutte le
partite: è usato come soggetto autonomo, come elemento costitutivo di figurazioni più
ampie, in aumentazione, in diminuzione, in inversione, in terze o seste parallele, con
varianti ritmiche. La prima partita è, come negli altri esempi, accordale con fioriture di
trilli; tra le poche partite non fondate sul tetracordo segnaliamo la quarta ricca di trilli e
la sesta accordale. Le variazioni più funamboliche sono la septimadecima e la vigesima
conclusiva; la cadenza che conclude la septimadecima è tra le più brillanti e stravaganti
dell’intera opera di Mayone.
82
3.3.4 ESEMPI MUSICALI PUBBLICATI IN “LA SAMBUCA
LINCEA” (1618)
Fabio Colonna, nel suo trattato “La Sambuca Lincea”272, descrisse il clavicordo di
sua invenzione che disponeva di 31 tasti per ottava e che permetteva, quindi, di suonare
musiche in 31 tonalità diatoniche, cromatiche ed enarmoniche. Avendo diviso in tre
parti il semitono diatonico otteneva due specie di genere enarmonico, molle ed
intenso273, ed avendo diviso il tono in due semitoni disuguali otteneva due specie di
genere cromatico, molle ed intenso.
Fabio Colonna era un botanico ed affrontava i problemi musicali dal punto di vista
matematico; volle, tuttavia, che nel suo trattato comparissero degli esempi musicali
composti dal
Signor Ascanio Maione che senza prattica dell’istromento, per l’eccellenza che tiene
nella Musica, à nostra richiesta ha fatto li soscritti esempi, solamente con haver veduto le
note dei Tetracordi. Dalli quali esempi potrassi altro virtuoso ad emulatione affaticarsi
non solo a farne degli altri regolati, ma più affettuosi e belli, come per l’avvenire ancor da
lui procureremo con la prattica dell’istromento qualche leggiadra composizione & lunga,
oltre che presto di spera usciranno le composizioni del Padre Stella.274
Mayone compose otto brevi esempi musicali che evidenziano le principali virtù
dello strumento enarmonico: contrappunti in consonanza basati sugli antichi generi
greci, “strisciate di voce” per quinti di tono, composizioni circolanti per i 31 gradi della
scala. Ciascun esempio ha un titolo che specifica l’aspetto musicale trattato, qui
riportato in corsivo; la scrittura è contrappuntistica con notazione in partitura con
quattro pentagrammi, le battute sono di brevi.
1. Enarmonico molle osservato nel soprano conforme il Tetracordo, & ottacordo,
4 battute sul testo del Kyrie Eleison.
2. Enarmonico molle osservato in fuga da quattro parti, 9 battute sul testo del
Kyrie Eleison.
3. Esempio dell’Enarmonico intenso con 4. parti, 7 battute sul testo del Kyrie
Eleison.
4. Esempio del Cromatico Intenso nel Soprano conforme l’ottocordo, 5 battute sul
testo del Kyrie Eleison.
5. Cromatico Intenso à quattro parti, 14 battute senza testo.
6. Esempio del Cromatico molle con quattro parti, 7 battute sul testo del Kyrie
Eleison.
7. Composizione confusa nelli tre geni (sic)275, 13 battute sul testo dello Stabat
Mater.
8. Altro esempio dell’autore per Terza, 3 battute senza testo.
9. Altro esempio dell’autore per Quarta & Sesta, 5 battute senza testo.
10. Consonanze sopra i tasti enarmonici dal Diatonico, 5 battute senza testo.
11. Altre Consonanze sopra l’Enarmonico, 3 battute senza testo.
12. Esempio della Quarta & Sesta minore, 7 battute senza testo; qui sono presenti le
“strisciate di voce”
272
Vedi Cap. 3.1, 45-46.
Le specie “molle” ed “intenso” erano così chiamate perché, passando dalla prima alla seconda, la
tensione delle corde aumentava.
274
Colonna 1618, 92. Non si conoscono opere di Padre Stella con scrittura enarmonica.
275
Prima di questo brano è scritto: Del diatonico non se pone essempio per esser cosa volgare, & facile
come habbiamo detto di sopra, ma differente dalla usuale diatonica che tiene Cromatico misto nelli tre
generi. (Pag. 98)
273
83
13. Esempio della circolatione delli gradi Enarmonici, & Cromatici, Semituoni
maggiori, & Tuoni, 51 battute senza testo. In questo contrappunto ogni 2 battute
circa, vi è una modulazione alla quinta superiore; la circolazione delle quinte
chiude dopo 31 modulazioni. Il cambio tra tonalità con diesis e bemolle avviene
con l’enarmonia tra La## e Do doppio bemolle.
84
3.4 GIOVANNI MARIA TRABACI
Un documento dell’Archivio Notarile di Napoli276 così recita:
Gio. Maria Trabaci, di Montepeloso, al presente domiciliato a Napoli e Maestro della R.
Cappella, figlio del quondam Antonio Trabaci e d’Ippolita Galluccio, dà a mutuo a Livia
Figura di Napoli, vedova, duc. 300, alla ragione del 9%.
Montepeloso, oggi Irsinia, faceva parte della Basilicata, quarta provincia del regno di
Napoli, ed era sede vescovile277. Trabaci mantenne delle proprietà nel paese natio anche
parecchi anni dopo il trasferimento in Napoli.
28 gennaio 1631 – Giovanni Maria Trabaci, Maestro di Cappella della Reale Cattolica
Maestà di questo Regno di Napoli, costituisce suo procuratore il M.co Francesco
Lombardo della Terra di Monte Peloso278
Nessun documento ci attesta la data di nascita che sarà avvenuta presumibilmente
intorno al 1575. Il primo documento che dichiara la presenza a Napoli di Trabaci risale
al primo dicembre del 1594, giorno in cui viene assunto come cantore nella chiesa della
SS. Annunziata, dove Camillo Lambardi era maestro di cappella, Ascanio Mayone e
Giuseppe Marancia279 rispettivamente primo e secondo organista280. La carriera di
Trabaci si intreccia, quindi, con quella di Mayone: nel 1594 Trabaci si trova in
situazione subalterna rispetto a Mayone ma le cose cambieranno ben presto. Trabaci,
intanto, collauda nel 1597 il nuovo organo dei Filippini svolgendovi, con certezza nel
1601281, l’attività di organista282. Il 30 ottobre 1601 entra come organista nella Cappella
Reale, dove era maestro Giovanni de Macque, abbandonando l’incarico di organista
all’Annunziata. Mayone arriverà alla Cappella l’anno dopo, nel 1602 come secondo
organista: Mayone è, ora, in posizione subalterna rispetto a Trabaci.
E’ probabile che tra Mayone e Trabaci ci fosse rivalità e che altri musicisti
napoletani parteggiassero per uno o per l’altro: Scipione Cerreto283, ad esempio, non
inserisce Trabaci nell’elenco dei Nomi de i Musici Napoletani e Compatrioti, che sono
stati in questa Città di Napoli dall’Anno 1500, infino al dì d’oggi284; Mayone, invece, vi
compare ben tre volte, onore riservato a nessun altro musicista: tra i compositori, gli
organisti e gli arpisti.
Nella dedica del 1615, Trabaci sottolineerà la gratitudine nei confronti dell’allora
viceré Francesco di Castro per aver caldeggiato la sua nomina a maestro della Real
Cappella; l’anno precedente, morto de Macque (settembre 1614), Trabaci ne era
diventato il successore, primo italiano ad assumere questo prestigioso incarico285.
Mayone diventa primo organista, prendendo il posto lasciato vacante da Trabaci.
La Real Cappella di Napoli286, al momento in cui Trabaci ne assume la direzione, è
composta da sette soprani, quattro contralti287, tre contralti-tenori, cinque tenori288, sei
276
Protocolli Notaro Francesco Borrelli, 1616, c. 69; cit. in Prota Giurleo 1960, 185.
Beltrano 1671, 176.
278
Napoli, Archivio notarile, Prot. Nr. Giacomo de Muro, 1631, c. 53; cit. in Prota Giurleo 1960, 185.
279
Ascanio Mayone prese il posto di Scipione Stella nel 1593; Giuseppe Marancia quello di Giovanni de
Macque nel 1594. Vedi Jackson 1964, 19.
280
Prota Giurleo 1960, 185.
281
Jackson 1964, 16.
282
Pannain 1934, xxviii.
283
Vedi volume II, tavola n.°1.
284
Cerreto 1601, 154-160.
285
Vedi Cap 1.1, 1.
286
Prota Giurleo 1960, 187-188.
287
Le voci dei soprani e dei contralti erano affidate ad uomini castrati o falsettisti.
277
85
bassi e contro-bassi, sei violinisti, un cornettista, un trombonista, un liutista, un arpista,
due organisti (Ascanio Mayone e Francesco Lambardi) ed un organaro (Alessandro
Fabbri)289.
Trabaci ridusse drasticamente il numero delle pubblicazioni dopo l'incarico di
maestro di cappella; forse divenne meno produttivo a causa delle condizioni turbolente a
Napoli seguenti il viceregno di Castro. Con il viceré duca di Ossuna (1616-1620)
l’economia napoletana cominciò a deteriorarsi aumentando, così, il disagio del popolo:
nel 1620 vi fu una rivolta, la popolazione protestò per la scarsezza del pane e per la
circolazione di soldi falsi; una carestia seguì nel 1622. Solamente con l'arrivo del conte
di Monterrey (viceré dal 1631 al 1637) vi fu un leggero miglioramento, salvo un
drastico peggioramento dopo la sua partenza290.
Benché il ruolo di Maestro della Real Cappella fosse il più prestigioso incarico
musicale a Napoli, Trabaci restò legato ai Padri Filippini come semplice organista e con
un modesto compenso291 ;
Forse faceva ciò più per senso di devozione verso i buoni Padri Filippini, che
curavano la musica a Napoli in grado superlativo, che per accrescere i suoi proventi;
infatti era molto religioso.292
La religiosità di Trabaci si manifestò musicando tanti poemi scritti soprattutto da
membri dell’Oratorio dei Filippini: Trabaci dedicò, inoltre, cinque delle sue
pubblicazioni alla Madonna (1602, 1605, 1608, 1609, 1630293). Al tempo stesso fu in
stretto contatto con nobili napoletani di prim’ordine fra cui Marcantonio de Ponte294,
Ottavio e Giovanna di Capua dedicandosi alla composizione di musiche d’occasione295.
L’ultima pubblicazione di Trabaci è del 1634296; non conosciamo altri particolari
della sua attività fino al 1647, anno della sua morte. Sono anni molto difficili a causa
della crisi economica e delle rivolte popolari; si succedono in breve tempo diversi
viceré, Medina de las Torres, Alfonso Enriquez, il duca di Arcos. Il 1647 è l’anno della
rivolta di Masaniello: Trabaci muore il 31 dicembre nel Convento della Trinità degli
Spagnoli nel bel mezzo degli scontri tra don Giovanni d’Austria ed i popolari di Enrico
di Lorena297.
288
Fra cui Pietro Cerone, autore del celebre trattato El Melopeo y Maestro.
Alessandro Fabri, visse a Napoli tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600. Risulta attivo
come organaro e cembalaro (Nocerino 1995, 93).
290
Jackson 1964, 40.
291
Dal 1625 al 1630 venne ricompensato con 2 ducati, 2 tarì e 10 grana più un regalo una tantum d’olio.
Prota Giurleo 1960, 189.
292
Ibidem.
293
Mottetti I a 5-8, Napoli, G.G. Carlino, 1602; Messe e mottetti I a 4, Napoli, Vitale, 1605; Salmi I a 4,
Venezia, A. Gardano, 1608; Sylvae harmonicae variarum lib. I, Napoli, G.G. Carlino, 1609; Salmi de
vespri II a 4, Venezia, Gardano-Magni, 1630.
294
Cui dedicò il primo libro dei madrigali del 1606.
295
Vedi più avanti, a pag 87.
296
Passioni op. 13, Napoli, O. Beltramo, 1634.
297
Successore di Trabaci fu Andrea Falconieri il quale, nel 1650, due anni dopo aver assunto l’incarico,
fece pubblicare a Napoli, presso Pietro Paolini e Gioseppe Ricci, Il Primo libro di canzoni…à uno, due, e
trè con Basso Continuo dedicato a don Giovanni D’Austria.
289
86
3.4.1
RICERCATE, CANZONE FRANZESE, CAPRICCI,
CANTI FERMI, GAGLIARDE, PARTITE DIVERSE, TOCCATE,
DUREZZE, LIGATURE, CONSONANZE STRAVAGANTI, ET UN
MADRIGALE PASSEGGIATO NEL FINE. Opere tutte da sonare, a
quattro voci. DI GIO: MARIA TRABACI, ORGANISTA nella Regia
Cappella di Palazzo in Napoli, Nuovamente da lui composto, & dato in
luce. LIBRO PRIMO IN NAPOLI, Per Constantino Vitale MDCIII.
La dedica:
AD OTTAVIO DI CAPOA/ DEL BALZO/ ET D. GIOVANNA DI CAPOA/ SUA
MOGLIE.
Ai meriti infiniti de’ suoi maggiori, hà V.S. giunto tanto lume/ con le proprie virtù. Che
risplende sua casa con tutte le illustri at-/tioni, che potessero farla immortale. Et tra gli
altri splendori/ riluce quel della Musica di cui, ò sia ella di voce, ò sia de istro-/menti hà
voluto sempre dilettarsi in maniera che ha fatto pro-/fessione anco di imitarla la Signora
Donna Giovanna sua con-/sorte nel farla conseguire dalle sue create; Onde è piaciuto alle
/ Signorie vostre favorire ad ogni modo professori di quella, come sono degnate favor/me loro servitore, che obligato alle molte gratie, & ai continui benefittij ricevuti, han-/ no
obligato anco l’animo mio ad esser sempre devotissimo della lor Illustrissima Casa, et/ ad
offerirgli tributi di eterno debito, quale io presento hora in queste picciole, & povere/
fatiche, ma che riceveranno augumento, & ricchezza dalla lor buona gratia, de-/ gnandosi
riceverle con quella grandezza d’animo con la quale io le presento ad ambe/ due , &
pregandoli in tanto dal cielo felicità, & grandezza, li faccio riverenza./ Di Napoli il dì 10.
di Settembre. 1603./ Delle SS. VV./ Devotissimo Servitore/ Gio: Maria Trabaci.
La nobile famiglia Di Capua promuoveva l’attività musicale in Napoli e, forse, era in
competizione con Carlo Gesualdo da Venosa ed il suo entourage298. Le famiglie nobili
rivaleggiavano tra loro anche attraverso l’allestimento di sontuose feste allietate da
musiche e danze. Gli stessi nobili cantavano accompagnandosi con la chitarra spagnola:
il repertorio consisteva per la maggior parte in canzoni spagnole e solo Trabaci, fra i
compositori napoletani importanti, ne scrisse un notevole numero299. Il legame tra la
famiglia Di Capua e Trabaci era molto forte: oltre all’omaggio ad entrambi i coniugi del
Primo libro dei ricercari, il musicista dedicò ad Ottavio le Villanelle del 1606300 ed a
Giovanna i Madrigali del 1611301.
Trabaci presenta la sua opera come un esempio di disciplina nello studio
necessaria per raggiungere elevate competenze:
AI LETTORI
Queste mie fatiche di Musica da sonarsi sopra qualsivoglia strumento, ma più
proportionevolmen-/ te ne gli Organi, e ne i Cimbali, sono state fatte da me con tutta
quella osservata diligenza, e chiaro, / e distinto modo, che più possa esser facile à coloro,
che vogliano porre in opera viva le presenti note./ Ma si come il Cavallo; quantunque la
maestra natura l’habbia formato attissimo al corso; non potrà/ egli giamai però
regolatemente correre, se non è guidato dalla disciplina dello sprone, e del freno;/ così
queste mie consonanze; ancor che da me siano state composte con molto aggiustamento,
298
Jackson 1964, 33.
Larson 1983, 65.
300
Villanelle alla napoletana, Napoli, G. G. Carlino, 1606.
301
Madrigali II a 5, Venezia, A. Gardano, 1611.
299
87
se da voi, benigni/ Lettori, non vi si pone lo studio, e l’ordine, che vi bisogna in dar loro il
devuto spirito della attual Musica; facil cosa sarà, ch’elle non appaiano veramente tali ne i
vostri motivi, quali in se stesse sono; e così non mia, ma vostra sarà/ la colpa del non
riuscito fine del mio intento; il quale non è indrizzato ad altro, che ad amorosamente
giovarvi, e dilettarvi.
RICERCARI
I dodici ricercari del primo libro sono quasi tutti multitematici con indicazione nel
titolo del numero dei soggetti. L’autore scrive a volte anche l’artificio contrappuntistico
prevalente: inganni, riversi, note che passano per false.
I ricercari costituiscono un ciclo unitario nei dodici toni; Trabaci, a differenza di
Mayone, segue l’esempio del maestro Giovanni de Macque che aveva già portato a
compimento un ciclo di dodici ricercari302: l’ordinata sequenza dei toni, la precisa
indicazione del numero dei soggetti e l’indicazioni degli artifici compositivi adottati
conferiscono all’opera un carattere teorico-sistematico. Sembra che Trabaci abbia
voluto dar saggio di competenza tecnica ponendosi su un piano di superiorità rispetto a
Mayone che nello stesso anno303 pubblicò quattro ricercari meno dotti e, soprattutto,
senza alcun ordine sistematico di composizione.
Fra tutti gli artifici impiegati, si segnalano gli inganni perché sono una
caratteristica peculiare dell’opera di Trabaci304.
Lo inganno si fa ogni volta, che una parte incominciando un soggetto il conseguente,
la seguita non per gl’istessi gradi; ma si bene per gl’istessi nomi di sillabe.305
I nomi delle note gli sono gli stessi ma cambiano gli esacordi di riferimento: la linea
melodica viene così modificata. La fig. 3.4.1. mostra un esempio di inganno:
Fig. 3.4.1.: Trabaci, Ricercare n. 11 (1615), batt. 6 e 35.
Nel primo caso l’intervallo iniziale Ut – Fa appartiene allo stesso esacordo, nel
secondo caso il Fa appartiene ad un esacordo diverso per cui cambia l’intervallo.
Nei ricercari di Trabaci si incontrano tre tipi di inganni:
1. mutazione di esacordo in un punto del tema;
2. sostituzione di una singola nota del tema;
302
Vedi Cap. 3.1.
Vedi Cap. 3.3, 73-74.
304
Jackson 1964, 204-208.
305
Artusi 1603, 45.
303
88
3. inganno con più di una modulazione di esacordo o sostituzione di nota
all’interno di un tema.
Primo tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore ed all’Alto; il
secondo soggetto, controsoggetto del primo (duplex thema), appare a partire dalla
battuta 3 al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 8 al Canto306. Il pezzo è
molto affine stilisticamente ai ricercari di Giovanni de Macque con entrate simultanee
ed in stretto; l’incipit del primo soggetto è spesso modificato ritmicamente.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 62 battute di
brevi.
Secondo tono con quattro fughe
Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare
nell’esposizione solo all’Alto, il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 al
Canto, il terzo soggetto appare alla battuta 3 all’Alto come controsoggetto del secondo,
il Tenore entra solo alla battuta 7 col terzo soggetto ed il Basso alla battuta 11 con il
quarto soggetto. Le quattro seminimine discendenti che caratterizzano l’incipit del
secondo soggetto e la parte centrale del terzo, vengono spesso sfruttate da Trabaci per
entrate in stretto e simultanee alla terza, l’incipit del primo soggetto è spesso modificato
ritmicamente; alla fine c’è l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 56 battute di brevi.
Terzo tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Tenore alla battuta 6 ed al
Basso alla battuta 11; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto; il terzo
soggetto appare pure alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del secondo. Il terzo
soggetto, articolato ritmicamente, offre molto materiale tematico durante lo sviluppo. La
fine del pezzo è caratterizzata dall’entrata in coppie del secondo soggetto al Canto e
all’Alto con il terzo soggetto al Tenore ed al Basso. L’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto mediato; il ricercare è lungo 40 battute di brevi.
Quarto tono con tre fughe, et inganni
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto;
il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso come controsoggetto del primo
(duplex thema); il terzo soggetto appare alla battuta 7 al Basso ed ha l’incipit (tre
minime precedute da pausa) identico al secondo. Il ricercare è costruito sopra l’artificio
contrappuntistico dell’inganno. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il
ricercare è lungo 50 battute di brevi.
Quinto tono con quattro fughe, et note che passano per false
I quattro soggetti entrano ciascuno in una sola voce: il primo soggetto al Canto, il
secondo soggetto al Tenore alla battuta 3, il terzo soggetto alla battuta 4 all’Alto, il
quarto soggetto alla battuta 5 al Basso. Le note che passano per false costituiscono un
richiamo ai Tientos de falsas di tradizione iberica: le falsas erano le note dissonanti
corrispondenti agli intervalli di seconda, quarta e settima impiegate in forma di
appoggiatura. Questo procedimento era ben conosciuto presso i compositori italiani ma
il termine false, di derivazione spagnola, è un peculiarità di Trabaci. Questo ricercare,
oltre alle note che passano per false, è ricco di diminuzioni e trilli scritti per esteso.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 46 battute di
brevi.
306
Alla battuta 6, il Tenore fa udire l’incipit del terzo soggetto in diminuzione.
89
Sesto tono con tre fughe, et suoi riversi
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;
il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Canto come controsoggetto del primo
(duplex thema); il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto. Il ricercare è costruito
sopra l’artificio contrappuntistico dell’inversione tematica: alla battuta 15 Trabaci
indica, con la parola Riversi, il punto in cui cominciano le entrate tematiche in
inversione. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il
tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 46 battute di brevi. Benché il tono non
sia trasportato, compare in chiave l’indicazioni del Si bemolle.
Settimo tono con due fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;
il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del primo
(duplex thema). Il secondo tema ha un inciso con minima puntata e due crome che viene
continuamente impiegato nel corso del ricercare; gli intervalli iniziali dei due soggetti
hanno un andamento per moto contrario307 che risulta molto efficace nelle entrate
simultanee. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 53
battute di brevi.
Ottavo tono sopra Rugiero, con tre fughe
Nessuno dei tre soggetti del ricercare è il “tenore di Ruggiero” ma il primo ha una
linea melodica sovrapponibile ad esso:
Fig. 3.4.2: Ricercare ottavo, batt. 1-3.
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore e al Basso; il secondo soggetto
appare alla battuta 6 all’Alto e il terzo soggetto appare alla battuta 8 al Canto. Il
ricercare è diviso in tre parti con cambiamento ritmico: batt. 1-43 tempo imperfetto
mediato, batt. 44-63 tempo perfetto mediato 3/2, batt. 63 -72 tempo imperfetto mediato.
Le battute 28- 33 hanno una scrittura più vicina alle canzoni alla francese che ai
ricercari e presentano figurazioni in crome e trilli di semicrome.
Fig. 3.4.3: Ricercare ottavo, battuta 29.
La sezione centrale è caratterizzata da continue entrate tematiche a coppia. Alla fine del
ricercare vi è l’entrata simultanea dei tre soggetti.
307
Primo soggetto con quinta ascendente e terza discendente; secondo soggetto con terza discendente e
quarta ascendente.
90
Nono tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore e al Canto, il secondo soggetto
appare alla battuta 3 all’Alto, il terzo soggetto appare al Basso alla battuta 3
contemporaneamente al secondo soggetto. Anche se non specificato nel titolo, sono
presenti inganni e riversi dei soggetti. Alla fine vi l’entrata simultanea dei soggetti.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 50 battute di
brevi.
Decimo tono trasportato con una fugha sola
Il tono è trasportato una quarta sopra per mezzo del Si bemolle. E’ l’unico
ricercare monotematico della raccolta: il soggetto entra al Basso, Tenore, Alto e Canto;
il controsoggetto, ritmicamente contrastante, è molto sfruttato nello svolgimento del
pezzo. Il ricercare è diviso in tre parti con cambiamento ritmico: batt. 1-33 tempo
imperfetto mediato, batt. 34-50 tempo perfetto mediato 3/2, batt. 51-63 tempo
imperfetto mediato. Le ultime due battute presentano una cadenza fiorita di tipo
toccatistico.
Undecimo tono trasportato con due fughe
Il tono è trasportato una quarta sopra per mezzo del Si bemolle. Il primo soggetto
appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto
appare alla battuta 3 al Basso come controsoggetto del primo (duplex thema) e,
successivamente, pure al Tenore, Alto e Canto. Il ricercare è fondato sulla perfetta
regolarità delle entrate tematiche in stretto senza entrate simultanee. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 45 battute di brevi.
Duodecimo tono con quattro fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, il secondo tema appare alla
battuta 3 all’Alto Basso, il terzo soggetto appare alla battuta 3 come controsoggetto del
primo e il quarto soggetto appare alla battuta 5 come controsoggetto del secondo. Il
secondo soggetto è il più sfruttato nello svolgimento per la sua varietà ritmica. Il
ricercare conclude con l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è
il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 47 battute di brevi.
CANZONI ALLA FRANCESE
Le sette canzoni alla francese pubblicate nel 1603 sono tutte articolate in diverse
sezioni che alternano metri binari e ternari. Nella maggioranza dei casi l’impiego del
materiale tematico è vario con un soggetto prevalente cui si affiancano soggetti
secondari, particolarmente nelle sezioni ternarie. Al termine delle canzoni, od anche al
termine delle sezioni intermedie, Trabaci inserisce cadenze riccamente fiorite, simili alle
figurazioni libere delle toccate: l’esecutore deve affrontare le complesse figurazioni
liberamente, senza rigore ritmico. Le fioriture conclusive erano già state inserite da
Giovanni de Macque nelle proprie canzoni, ma in maniera più sobria; anche Mayone
occasionalmente inserisce passaggi fioriti ma ne privilegia l’impiego al termine di
sezioni interne.
Canzone franzesa prima
E’ divisa in cinque sezioni:
1: batt. 1-15, tempo C, soggetto con incipit dattilico, cadenza nel tono d’impianto;
2: batt. 16-27, tempo C. 3/2, nuovo soggetto in minime, cadenza sul V grado;
3: batt. 28-32, stesso tempo di B, nuovo soggetto in semiminime, cadenza sul tono
d’impianto;
4: batt. 33-36, stesso tempo di B, nuovo soggetto in minime con controsoggetto in
semiminime, cadenza nel tono d’impianto;
5: batt. 37- 52, tempo C, ripresa del primo soggetto e conclusione con cadenza fiorita.
91
Canzone franzesa seconda
E’ divisa in cinque sezioni:
1: batt. 1-6, tempo imperfetto mediato, soggetto dattilico presentato in forma accordale,
cadenza fiorita nel tono d’impianto;
2: batt. 7-17, tempo perfetto mediato 3/2, soggetto in semibrevi, cadenza nel tono
d’impianto;
3: batt. 18- 27, stesso tempo di B, soggetto di sei minime ascendenti per grado
congiunto, cadenza nel tono d’impianto;
4: batt. 28- 36, tempo imperfetto mediato, soggetto anacrusico in seminimime esposto in
forma accordale, cadenza leggermente fiorita nel tono d’impianto;
5: batt. 37-54, tempo imperfetto mediato, soggetto D presentato anche diminuito, estese
fioriture in tutta la sezione con cadenza conclusiva in biscrome.
Canzone franzesa terza
E’ divisa in quattro sezioni:
1: batt. 1-15, tempo C, soggetto dattilico, cadenza nel tono d’impianto;
2: batt. 16-40, tempo C, due soggetti derivati da frammento “a” del primo soggetto,
cadenza sul III grado;
3: batt. 41-46, tempo C. 3/2, due soggetti derivati dai frammenti “a” e “c” del primo
soggetto 4, cadenza sul tono d’impianto;
5: batt. 47-59, tempo C, soggetto derivato dal frammento “b” del primo soggetto,
cadenza sul tono d’impianto .
Fig. 3.4.4., Canzon francesa terza, primo soggetto.
Canzone franzesa quarta
E’ divisa in sei sezioni:
Batt. 1-8, tempo C, sezioni introduttiva con accordi e fioriture;
1: batt. 9-16, tempo C. 3/2, soggetto con minima puntata e semiminime, cadenza sul III
grado;
2: batt. 16-20, tempo C. 3/2, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo
soggetto, cadenza sul III grado;
3: batt. 21- 29, tempo C, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto,
cadenza sul III grado;
4: batt. 30-37, tempo C. 3/2, soggetto derivato dai frammenti “a” (inverso) e “c” del
primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto;
5: batt. 38-45, tempo C, soggetto derivato dal frammento “c” del primo soggetto,
cadenza sul VII grado;
6: batt. 45-65, tempo C, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto,
grande cadenza finale, elaborata e fiorita.
Fig. 3.4.5., Canzon francesa quarta, primo soggetto.
92
Canzona franzesa quinta sopra Dunque credete ch’io
Il soggetto è tratto dall’omonimo mottetto di Jacob Arcadelt308 pubblicato a
Venezia nel 1539.
Il rifarsi, per una composizione di genere spigliato come la canzone ad una forma
dotta come il madrigale, è certamente insolito; e tanto più lo è nel caso specifico, dato il
carattere schiettamente mottettistico della composizione di Arcadelt. In Trabaci,
comunque, non vi è molto di più del semplice riferimento: egli mutua dalla pagina
dell’autore fiammingo i temi iniziale e finale e li elabora nelle corrispondenti sezioni
della canzone.309
La canzone è divisa in cinque sezioni:
1: batt. 1-24, tempo imperfetto mediato, cadenza nel tono d’impianto;
2: batt. 25-32, tempo perfetto mediato 3/2, cadenza nel tono d’impianto;
3: batt. 33-39, tempo imperfetto mediato , cadenza sul IV grado;
4: batt. 39-44, tempo perfetto mediato, cadenza sul tono d’impianto;
5: batt. 45-54, tempo imperfetto mediato, cadenza sul tono d’impianto con leggere
fioriture.
Canzona franzesa sesta
E’ divisa in cinque sezioni:
1: batt. 1-7, tempo imperfetto mediato, soggetto con ritmo dattilico, cadenza nel tono
d’impianto;
2: batt. 8-24, tempo perfetto mediato, soggetto nuovo, cadenza sul V grado;
3: batt. 25-37, tempo imperfetto mediato, soggetto nuovo, cadenza sul tono d’impianto;
4: batt. 38-49, tempo perfetto mediato, soggetto della sezione 2 con contrappunto di
quattro note contro una, cadenza sul tono d’impianto;
5: batt. 50-62, tempo imperfetto mediato, ripresa del primo soggetto con incipit variato,
cadenza finale fiorita.
Canzone franzesa settima cromatica
E’ divisa in tre sezioni:
1: batt. 1-33, tempo imperfetto mediato, soggetto con incipit dattilico (a) e semifrase
cromatica (b); a battuta 13 il soggetto termina con una semifrase in crome (c). Le due
forme del soggetto coesisteranno sino al termine della sezione; cadenza sul tono
d’impianto;
2: batt. 34-50, tempo perfetto mediato 3/2, soggetto ottenuto con le semifrasi “b” e “c”
del primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto;
3: batt. 51-62, tempo imperfetto mediato, ripresa del primo soggetto nelle due forme
(a+b e a+c variato), cadenza senza particolari fioriture.
308
Arcadelt 1539; questo libro venne ristampato a Napoli nel 1608, 1625, 1628 e 1654, segno evidente di
eccezionale fortuna.
309
Mischiati 1969b, vi.
93
Fig. 3.4.6., Canzon franzesa settima cromatica, primo soggetto.
CAPRICCI
L’influenza stilistica di Giovanni de Macque è molto forte nei capricci di Trabaci:
questi ultimi, tuttavia, assomigliano formalmente alle canzoni alla francese più di
quanto non somigliassero i capricci di Macque, poco legati ad una organizzazione
formale precisa.
Capriccio sopra un sogetto solo.
Molto simile al Capriccio sopra un soggetto di Giovanni de Macque310, ha una
struttura formale analoga ad una canzone francese. E’ monotematico con il soggetto
formato da due semifrasi.
Fig. 3.4.7.., Capriccio sopra un sogetto solo, battuta 1.
1. Batt. 1-19, tempo C, soggetto (“a” + “b”) con incipit dattilico sviluppato con
entrate in stretto, inversioni e diminuzioni.
2. Batt. 20-26,, tempo C. 3/2, soggetto ricavato dalla sezione “a” e controsoggetto
da quella “b” con frequenti passaggi per decime parallele.
3. Batt. 27-44, tempo C, soggetto (“a” + “b”) trattato analogamente alla prima
sezione; la cadenza conclusiva non presenta particolari fioriture.
Capriccio sopra la, fa, sol, la.
Il Capriccio sopra re fa mi sol di Macque311 è l’evidente fonte d’ispirazione di
Trabaci il quale, però, struttura il suo pezzo in quattro sezioni:
1. Batt 1-11, tempo I3/2, tema affidato al soprano su una struttura accordale;
cadenza sul tono d’impianto fiorita.
2. Batt. 12-26, tempo C, tema in semiminime, elaborazione in contrappunto
imitato.
3. Batt. 27-33, tempo 3/1, tema in semibrevi con continui stretti.
4. Batt. 34-54, tempo C, tema in semiminime con controsoggetto in semicrome.
CANTI FERMI
Nella stampa del 1603 figurano quattro Canti Fermi:
[…] la melodia impiegata è una delle più famose e diffuse durante il Rinascimento
e il primo Barocco. Sotto le più varie denominazioni – ma più frequentemente come La
Spagna, Il re di Spagna, Bassa Castiglia, Canto fermo di Costantio Festa – essa si
presenta in innumerevoli fonti musicali dell’epoca. Anzi presso i cembalisti e organisti
310
311
Cfr. Cap. 3.2, 56.
Ibidem, 57.
94
napoletani l’elaborazione di essa come ‘canto fermo’ era con tutta probabilità un esercizio
obbligato: si devono infatti ricordare le composizioni basate su di essa di Rocco Rodio,
Ascanio Mayone e dello stesso Trabaci nel suo Secondo Libro oltre agli esempi
contrappuntistici contenuti nei trattati di Scipione Cerreto e dello stesso Rodio.312
I Canti fermi di Trabaci sono a quattro voci, una per il cantus firmus, le altre con
tre soggetti che si intrecciano nello stile del ricercare;
Trabaci, però, evitò la denominazione “ricercare” per queste composizioni. Per la
loro differenza stilistica esse non furono inserite dopo gli altri ricercari, ma dopo le
canzoni francesi e i capricci.313
I Canti fermi, lunghi 37 battute di brevi ed in tempo imperfetto mediato, sono così
disposti:
x Canto fermo del primo tono, c.f. al Tenore;
x Canto fermo secondo del secondo tono, trasportato una quarta alta per b molle,
c.f. al Basso;
x Terzo Canto fermo del nono tono, c.f. al Tenore;
x Canto fermo quarto del primo tono, c.f. al Canto.
I quattro Canti fermi iniziano con figurazioni proprie dei ricercari ma, gradatamente,
fanno la loro comparsa delle diminuzioni in valori sempre più stretti. Spesso la tessitura
ed il tipo di figurazioni impediscono all’organista o al clavicembalista di tenere le note
del canto fermo per tutta la loro durata; l’esecuzione all’arpa può ovviare al problema.
E’ evidente la similitudine dei quattro canti fermi di Trabaci con il Recercar sopra il
canto fermo di Costantio Festa & per sonar all’arpa pubblicato da Mayone nel
1609314.
GAGLIARDE
Il primo libro contiene otto gagliarde. Trabaci premette alla prima la seguente
avvertenza:
Queste otto Gagliarde, che seguono adesso ogni una di loro
se ritornerà due volte al principio insino al primo segno,
& dopoi, che sarà finita, se ricomincierà à dove troverete
questo segno [disegno di una mano]
Le gagliarde sono prevalentemente accordali, ritmicamente marcate, ma la
scrittura è sempre di tipo contrappuntistico: lo stile è sempre raffinato, affiorano
figurazioni per decime parallele già udite nei ricercari e nelle canzoni, le combinazioni
ritmiche non sono mai scontate. Trabaci organizza le frasi all’interno delle sezioni con
grande ingegno. Le gagliarde sono tutte bipartite con ritornello; il punto in cui deve
esserci la replica (indicato col disegno della mano) varia a seconda della struttura del
brano315:
Gagliarda prima: ||:A(a):|| - ||:B(b):||
Gagliarda seconda: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):||
312
Mischiati 1969b, vi. Per l’impiego del canto fermo La Spagna di Rodio, Cerreto e Mayone vedi
rispettivamente i Cap. 1.2, 3. e 3.2. Ricordiamo che il primo impego della Spagna in area napoletana è di
Diego Ortiz, con le sei ricercate del secondo libro del Trattado de glosas del 1553.
313
Fischer 1987, 275.
314
Cap. 3.3, 80.
315
Le sezioni vengono indicate con le lettere maiuscole, le frasi al loro interno con le lettere minuscole tra
parentesi, la frase che deve essere replicata è sottolineata. .
95
Gagliarda terza: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):||
Gagliarda quarta: ||:A(a):|| - ||:B(a+b):||
Gagliarda quinta: ||:A(a):|| - ||:B(b):||
Gagliarda sesta: ||:A(a):|| - ||:B(b+b’):||
Gagliarda settima: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):||
Gagliarda ottava: ||:A(a):|| - ||:B(b):||
Anche in pezzi formalmente semplici, Trabaci non rinuncia all’elaborazione sofisticata
delle frasi; il metro ternario, tipico delle gagliarde, viene, in un singolo caso, sostituito
dal tempo binario316.
PARTITE
Trabaci concepisce le partite elaborate in maniera complessa, irregolare, a volte
fuorviante rispetto al “tenore” di riferimento; questo fenomeno è più marcato nelle
partite pubblicate nel 1603 rispetto a quelle del 1615.
Partite sopra Rugiero
Trabaci si produce in quindici partite sopra Ruggiero. La prima variazione
somiglia tanto all’analoga partita di Macque317, con il basso perfettamente distinguibile
e semplici fioriture alle varie parti, le altre variazioni sono fondate ciascuna su un
particolare modulo melodico; Trabaci modifica spesso il basso con rivolti e passaggi
melodici da renderlo non facilmente percepibile. La sesta partita è cromatica, le partite
terza, quarta, settima, ottava, duodecima, terzadecima e quintadecima sono scritte in
contrappunto imitato; la terzadecima impiega una figurazione mutuata dal Capriccietto
di Macque318; anche la nona partita, fondata su scale di crome per moto contrario alle
voci estreme, si ispira alla composizione del maestro fiammingo. Trabaci mostra di
assimilare profondamente la lezione di Macque, utilizza nella stessa maniera le
figurazioni già sperimentate dal maestro ma spinge al massimo l’elaborazione armonica
e, allo stesso tempo, le difficoltà esecutive.
Partite sopra Fedele
Le partite sopra Fedele si fondano sull’alternanza tra metri ternari e binari:
Partite I-II-III: tempo I3/2
Partita IV: tempo C
Partite V-VI: tempo 3/2
Partita VII: tempo C. 3/2
Partita VIII - IX: tempo I3/2
Partita X: tempo C
Partita XI: tempo C. 3/2
Partita XII: tempo I3/2
Partita XIII-XIV: tempo C. 3/2
Partita XV: tempo C
Partita XVI: tempo I3/2
Partita XVII-XVIII: tempo C. 3/2
Partita XIX: tempo C
Partita XX: tempo C. 3/2.
I tempi ternari sono ricchi di emiolie con continua alternanza tra due gruppi di tre
minime e tre gruppi di due minime. Le partite in tempo binario sono scritte in
contrappunto imitato. La partita ottava è cromatica.
316
Gagliarda settima, frase c.
Vedi le Partite sopra Ruggero , Cap. 3.1, 60.
318
Vedi Cap. 3.1, 57-58.
317
96
Nelle Partite sopra Fedele il basso fondamentale viene sottoposto a modifiche: già
nella prima partita, solitamente rispettosa del basso, le note fondamentali vengono
arricchite con gradi di passaggio:
Gradi fondamentali di Fedele
Armonizzazione di Trabaci
I – I – IV – III – VI – IV – V – I
I – I –II6–III–V-III-IV-V-VI-IV-V
La partita decimasettima ha un interessante contrappunto in semiminime con
passaggi per moto contrario che raggiungono estensioni scomode per l’esecuzione
tastieristica. Ad eccezione di un trillo scritto per esteso nella partita quintadecima, non
compaiono mai fioriture.
TOCCATE
Nelle toccate del primo libro si manifesta apertamente la filiazione stilistica di
Trabaci dal suo maestro, Giovanni de Macque. Nella Toccata Prima del secondo tono
e Toccata Seconda dell’ottavo tono troviamo tutti gli elementi già sperimentati dal
grande organista fiammingo: esordi accordali, lunghi passaggi in crome e semicrome,
trilli e diminuzioni fantasiose. Trabaci estremizza un po’ questi elementi ed indulge
maggiormente nei virtuosismi. Le toccate di Trabaci sono organizzate secondo uno
schema equilibrato tripartito:
1. esordio accordale che si movimenta gradatamente con abbellimenti di trilli e
scale;
2. parte più contrappuntistica con imitazioni, figurazioni sempre di tipo brillante;
3. conclusione in cui si fondono gli elementi della seconda parte più gli
abbellimenti della prima.
Queste sezioni si susseguono sempre senza soluzione di continuità.
Molti incisi delle toccate sono delle citazioni di Macque:
- imitazione di crome (Capriccietto, Cap. 3.1., 57-58)
Fig. 3.4.8..: Toccata prima del secondo tono, batt. 23
- arpeggio discendente (Toccata a modo di trombette, Cap. 3.1.,55)
Fig. 3.4.9.: Toccata seconda ottavo tono, batt. 2
97
Con le Durezze e ligature e le Consonanze stravaganti Trabaci adotta la stessa
dicitura di Macque. Le Durezze hanno un andamento regolare su un ritmo di quattro
minime per battuta e le voci fanno udire continuamente preparazioni e risoluzioni di
dissonanze. Le Consonanze stravaganti assomigliano molto alle Durezze e ligature ma
si qualificano per una maggiore libertà ritmica e la presenza di fioriture. La
composizione si basa su cadenze inusitate arricchite, occasionalmente, dai ritardi:
troviamo, quindi, modulazioni improvvise piuttosto che dissonanze.
Trabaci aderisce completamente allo stile del suo maestro contribuendo in modo
decisivo alla codificazione di questo genere di brani che verrà coltivato anche da
Frescobaldi.
Nelle sue Consonanze stravaganti Trabaci impiega anche la tecnica dell’inganno
in una frase cromatica:
Fig.3.4.10.: Consonanze stravaganti, batt. 2-3-4.
Al termine della frase ascendente cromatica della voce superiore dovrebbe figurare un
Re ma Trabaci applica in quel punto l’inganno del La al posto del Re.
Malgrado la “stravaganza” delle modulazioni, le alterazioni sono comprese tra il Mib e
il Sol#: Trabaci svilupperà i cromatismi nel 1615, con la pubblicazione del suo Secondo
libro.
MADRIGALI INTAVOLATI
Trabaci pubblica nel 1603 una versione di Io mi son giovinetta319 caratterizzata da
uno stile molto brillante: figurazioni rapide, trilli, combinazioni simultanee alle due
mani, ma, allo stesso tempo, grande fedeltà alla struttura armonica vocale originaria.
Spesso è solo una parte ad essere diminuita e tutte le cadenze coincidono perfettamente;
a volte Trabaci mantiene l’omoritmia delle quattro parti. Il risultato finale è molto
garbato anche se, specialmente nell’ultima cadenza, Trabaci non pone alcun freno alla
propria fantasia.
Nel 1609 Mayone pubblicherà una versione della stessa ballata scritta in
collaborazione con Montella e Stella320 che non si discosta affatto dall’impianto di
Trabaci, ma che sfoggia, specialmente alla fine, un virtuosismo più marcato.
319
Ballata di Domenico Ferabosco, testo di Giovanni Boccaccio, pubblicata nel Primo libro di
Madrigali a 4 di diversi eccellentissimi autori, A. Gardane, Venezia, 1542.
320
Vedi Cap 3.3., 81-82.
98
3.4.2 DI GIO: MARIA TRABACI MAESTRO DELLA REAL
CAPPELLA DI SUA MAESTA CATTOLICA IN NAPOLI Il secondo
Libro de Ricercate, & altri varij Capricci, Con Cento Versi sopra li
Otto Officij, & in ogni altra sorte d’occasione. Con due tavole, una di
tutta l’Opera, & l’altra dei passi & delle cose più notabili. IN NAPOLI
Nella Stamparia di Gio. Giacomo Carlino. 1615
La dedica:
ALL’ILLUSTRISSIMO,
ET
ECCELLENTISS:
SIGNOR/
DON
PIETRO
FERNANDEZ/ DI CASTRO, CONTE/ DI LEMOS/ VICERE PER SUA MAESTA
CATTOLICA/ NEL REGNO DI NAPOLI.
Agli obblighi infiniti, che devo all’Eccellentissima casa/ di Castro, già che l’Eccellenza
del Signor D. Francesco/ per sua generosità si degnò introdurmi della Real/ Cappella per
Organista, e V. Eccell. Per sua gran-/ dezza si è degnata onorarmi del carico di Maestro/
di quella, onde ogni mia riputazione, ogni gloria ri-/ conosco; Non potendo corrispondere
conforme à quel, che devo, già/ che sarebbe poco effondere tutto il sangue, vengo con
questo picciolo/ tributo delle mie fatiche tanti anni sono fatte sotto gli augurij dell’Ec-/
cell. V. frà le quali esce hora in luce il secondo parto di miei varij Ca-/pricci intorno al
sonar dell’Organo, & altri varij instromenti i quali/ per se stessi nulli, & invalidi,
ricevendo vigore dall’armonia delle ra-/ re virtù dell’Eccell. V. saran così graditi al
mondo, che mi recaranno/ sempre animo di voler giovare a quel che della profession della
Musi-/ ca si dilettano, con far chiarissimo a tutti, che l’Eccellentissima casa di/ Castro più
vero ancor che più umile servitor dè me non habbia. Degnasi V. Eccell. Ricevere il
picciolo dono. Et in tanto à lei m’inchi-/ no. Di Napoli li 10. di Aprile 1615./ DI. V. E./
Servitore, e minimo Creato obbligatissimo/ Gio: Maria Trabaci.
Il Secondo libro non nasce, quindi, per ingraziarsi un notabile nella speranza di un
buon incarico: Trabaci ha assunto l’incarico di maestro della Real Cappella appena un
anno prima e sente il dovere di ringraziare pubblicamente il viceré Di Castro.
Nell’avvertimento ai lettori ribadisce la necessità della disciplina nello studio già
espressa nel Primo libro; ogni strumento può essere utilmente impiegato ma la
preferenza di Trabaci è per il clavicembalo e l’organo321.
A’ LETTORI
Questo mio Secondo Libro de Ricercate, & altri varij Capricci del mio roz-/ zo ingegno
(benegno Lettore) bastevoli per ogni Strumento, ma inspecial-/ mente per i Cimbali, e gli
Organi, la quale tutto, che da ma sia stata con/ ogni diligenza composta, e chiarezza
insieme, per qualunque si gradirà d’esercitar’/ le sue note; però vero è, che senza quei
mezi necessarij, che si ricercano alla vivacità/ dello spirito, che l’ho data, non potranno
riuscir così dilettevole, e care al mondo,/ quanto elle si convengono d’essere, & in
particolar nella Musica così in cose di sonare,/ come anco di cantare, se non vi è una
bellissima voce, una leggiadrissima mano, &/ un studio maturo, & particolare, & che si
diano quei garbi, & quelli accenti, che/ detta Musica ricerca, facil cosa sarà, che ‘l pensier
d’altrui s’indrizzi co’l mio, & con/ questo io sarò per scusato non riuscendo il fine del
mio intento, il quale è stato, e stà sem-/ pre pronto per giovarli. A Dio.
321
Trabaci antepone il clavicembalo all’organo; riteneva, forse, che il clavicembalo fosse il migliore
strumento per la finalità didattica dell’opera; d’altro canto, i Cento Versi sono chiaramente destinati
all’organo con finalità liturgica.
99
RICERCARI
I ricercari del 1615 sono più elaborati di quelli del 1603, particolarmente nella
variazione ritmica dei soggetti unita alla tecnica degli inganni; Trabaci riesce, così, a
tenere vivo l’interesse contrappuntistico ricorrendo poco alla diminuzione e quasi mai
all’aumentazione; spesso il terzo soggetto (in semiminime mentre i primi due sono in
minime) è l’elemento centrale dello sviluppo e prepara le entrate in stretto dei primi due
soggetti. Tutti i ricercari politematici hanno la chiusa con i soggetti suonati
contemporaneamente.
Primo tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;
il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del primo
(duplex thema), il terzo soggetto appare al Canto battuta 10. E’ proprio il terzo soggetto
l’elemento tematico più sfruttato nello sviluppo con frequenti entrate in stretto; a battuta
50 Trabaci scrive Due fughe insieme in corrispondenza dell’entrata simultanea del
secondo e terzo soggetto. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 63 battute di
brevi.
Secondo tono con tre fughe, e suoi riversi
Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare
nell’esposizione all’Alto, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 3
all’Alto come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al
Tenore alla battuta 8. L’intero sviluppo del ricercare è condotto con le riesposizioni dei
temi e dei loro inversi; alla battuta 60 Trabaci scrive Riverso della terza fugha. Alla fine
vi è l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto
mediato; il ricercare è lungo 80 battute di brevi.
Terzo tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed al Canto, il secondo
soggetto, ritmicamente molto vivace, appare alla battuta 3 al Tenore, il terzo soggetto
appare all’Alto alla battuta 5. Anche se non specificato nel titolo, sono presenti inganni
e riversi dei soggetti. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 65 battute di brevi.
Quarto tono con tre fughe, e suoi riversi
Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare
nell’esposizione al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare alla battuta
2 al Tenore come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al
Basso alla battuta 7 e, subito dopo, all’Alto con una variante ritmica che verrà
riproposta più volte nel corso del ricercare. L’inversione tematica è già presente
nell’esposizione, a battuta 4 e viene marcata da Trabaci con l’indicazione Riversi della
seconda fuga; ritroviamo questa indicazione trentuno battute avanti. A battuta 38 ci
sono i Moti contrarij della seconda fugha al Canto con un’entrata simultanea della
Seconda fuga e della Fuga principale al Basso ed al Tenore. Alla fine ci sono i contrarij
della seconda fuga per inganni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il
ricercare è lungo 74 battute di brevi.
Quinto tono con quattro fughe.
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed all’Alto, il secondo soggetto
appare alla battuta 5 al Canto, il terzo soggetto appare al Tenore alla battuta 6 ed il
quarto soggetto al Tenore alla battuta 8. Gli inganni e le diminuzioni sono le
elaborazioni tematiche predilette da Trabaci: alle battute 70-71 troviamo i due artifici
impiegati contemporaneamente:
100
Prima fuga
Inganni della prima fuga
Fig. 3.4.11.: Ricercare quinto (1615): batt. 1-2 e 70-71
Alla fine vi è l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto mediato; il ricercare è lungo 75 battute di brevi.
Sesto tono Cromatico con una fuga sola
Il soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso;
Fig. 3.4.12.: Soggetto del sesto ricercare.
Trabaci utilizza molti inganni indicandoli, a volte, per iscritto (batt.36, 40, 49);
compaiono anche figurazioni in crome che riprendono, diminuita, la coda del soggetto.
Il ricercare è in tre sezioni ritmicamente contrastanti:
Batt. 1-51: tempo imperfetto mediato;
Batt. 52-74: tempo perfetto mediato 3/2;
Batt. 75-89: tempo imperfetto mediato.
Settimo tono con tre fughe
In corrispondenza delle prime sei battute del ricercare, sotto il rigo dell’Alto, vi è
scritto: Luzas usa questo [disegno di una mano] in principio del suo 7. tono, Ricercar.
Lib. 3. Trabaci si riferisce, forse, alla risposta del primo soggetto in parziale inversione:
Fig. 3.4.13.: Ricercare del settimo tono, Batt. 1-3, Canto ed Alto.
Non è possibile stabilire un confronto col ricercare del settimo tono di Luzzaschi
poiché il III libro che lo conteneva non ci è pervenuto.
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, ed al Basso (variato
ritmicamente); il secondo soggetto appare alla battuta 5 al Tenore, il terzo soggetto
appare al Canto alla battuta 11. Come in altri ricercari, è il terzo soggetto ad essere
maggiormente sfruttato nello sviluppo e, a battuta 31, Trabaci sottolinea la presenza dei
Moti contrarij della terza fuga. Alla fine i tre soggetti sono esposti
contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è
lungo 86 battute di brevi.
101
Ottavo tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Canto ed al Basso;
il secondo soggetto appare alla battuta 4 al Tenore come controsoggetto del primo
(duplex thema), il terzo soggetto appare al Tenore a battuta 7. Trabaci sottolinea la
presenza di Inganni della fuga principale alla batt. 44 e 71; i soggetti vengono variati
ritmicamente, le diminuzioni diventano sempre più frequenti verso la fine creando forte
tensione che si scioglie alla fine, con i tre soggetti esposti contemporaneamente.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 84 battute di
brevi.
Nono tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto ed al Basso; il secondo
soggetto appare alla battuta 2 al Canto come controsoggetto del primo (duplex thema),
il terzo soggetto appare al Tenore a battuta 4. In questo ricercare è maggiormente
presente l’entrata simultanea dei soggetti: Trabaci sottolinea le tre fughe insieme a
battuta 60. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi.
Decimo tono con tre fughe
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed al Tenore con l’incipit
variato; il secondo soggetto appare alla battuta 7 all’Alto ed il terzo soggetto appare al
Canto alla battuta 9. Il primo ed il terzo soggetto vengono proposti frequentemente in
entrate in stretto; è sempre presente la tecnica degli inganni. Alla fine i tre soggetti sono
esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il
ricercare è lungo 92 battute di brevi.
Undecimo tono con tre fughe
Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare
nell’esposizione solo al Canto, il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Tenore, il
terzo soggetto appare al Canto a battuta 6 contemporaneamente al secondo soggetto
esposto al Basso. Il ricercare non offre particolari variazioni tematiche ad eccezione
degli inganni; l’interesse dello sviluppo è tenuto vivo dalle continue entrate simultanee
o in stretto. A battuta 75 Trabaci scrive Conclusione in cui appare un raro caso di
aumentazione del terzo soggetto; nell’entrata simultanea finale dei tre soggetti, Trabaci
annota la Prima fuga per inganni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato;
il ricercare è lungo 79 battute di brevi.
Duodecimo tono con quattro fughe
Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Nell’esposizione le quattro voci
entrano con un soggetto differente: Il primo soggetto è al Tenore ed al Basso, il secondo
soggetto è al Canto, il terzo soggetto è all'Alto, il quarto soggetto è al Basso. I quattro
soggetti sono inseriti continuamente in entrate in stretto e vengono variati quasi
esclusivamente con gli inganni; il controsoggetto del primo soggetto viene utilizzato
come elemento ritmico contrastante. Alla fine i quattro soggetti sono esposti
contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è
lungo 80 battute di brevi.
Alla fine del dodicesimo ricercare Trabaci fa stampare la seguente indicazione:
Il fine de i Dodici Modi naturali,
& seguono appresso Cento Versi
sopra li Otto Toni Ecclesiastici, così chiamati, & usati da i nostri antichi , con conseguirli hoggi ancora noi.
102
VERSI
I Cento Versi di Trabaci riprendono e sviluppano l’idea dei Versi Spirituali sopra
tutte le note, con diversi canoni spartiti per sonar negli organi, Messe, Vespere, et altri
officii divini di Antonio Valente322. Il numero dei versi pubblicati da Trabaci è più che
doppio di Valente (cento contro quarantatre) per coprire egualmente tutti i toni
ecclesiastici.
La Premessa di pag.41 è molto interessante:
ALLI LETTORI
Essendo stato importunato da’ miei amici, ch’io mandassi nelle stampe questo se-/ condo
libro di Ricercate, ed altri varij capricci del mio rozzo ingegno, m’è parso/ bene, per
giovare al mondo, ed à chi fa professione d’Organista, accompagnare à que-/ ste ricercate
Cento versi sopra gli otto Toni Ecclesiastici, per risponder alle Messe, Ve-/ speri, tutti
Divini Officij; ed in ogni altra sorte d’occasione, e l’ho scritte in quell’or-/ dine, si come
stanno le mie prime Ricercate stampate./ M’occorre (benigno Lettore) dichiarare un dubio
sopra questi Cento versi, e di tut-/ ta quest’Opera. (esclusi però i Dodici modi naturali di
questo presente mio libro) vi/ sono hoggi al mondo molti della professione, quali credo
non siano bene informati,/ ò per dir meglio, non si ricordino (salvo però i buoni) che
parlando delli Dodici modi naturali, e precisamente del/ li otto finali Ecclesiastici, li
nostri antichi gli hanno messo in uso, e ne hanno serviti di quella medesima maniera/ che
oggidì noi stessi ce se serviamo, nulla di meno noi sappiamo, che questi Dodici Toni son
fondati sopra que-/ ste sei Corde. D. E. F. G. A. C. e questa divisione sopra una Corda far
Primo, e Secondo, e dare il temine a det-/ ti Toni, che nel Canto figurato non passino
venti, o ventidue voci al più non è fatto per altro, se non solo per co-/ modità di quanto
può salire, e scendere la voce humana; ma se noi trattiamo in cose da sonare, godemo
mol-/ te licenze più larghe che non habbiamo in cose da cantare. Per esempio; Io farò una
Cantilena per un Cimbalo,/ ò concerto di Violini, o d’altri instromenti i quali ricercano
una Musica di Consonanze lontane per lo effet-/ to dell’orecchio questa Cantilena la farò
non solamente ventidue voci, ma Cinquanta, se mi sara necessario, e/ secondo l’occasione
che mi trasporta, e la scriverò con quelle chiavi si come più comodo mi torna, non/ per
questo s’ha da notare, e dire ch’eschi fuori di Tono, e che L’ottavo in caminar tanto in
alto diventi settimo,/ e che il Terzo diventi nono, e che il Primo bisognava scriverlo con
queste, e con quell’altre chiavi, questa è/ regola di prima scuola, e questo avvertimento, e
sottigliezza si dee tenere in un Motetto, in un Madrigale, e parti-/ colarmente in una
Ricercata scritta, come potrete veder’ in questi Dodici modi del presente mio Libro, ove
co-/ sì nella Composizione, come anco nell’ordine vi s’è riguardato molto chiaro, e
distintamente, ma in questa ma-/ teria di Versetti, ò Fioretti (come dimandargli vogliamo)
ò in una Toccata non si dee riguardar che scenda, ò che saglia più del ordinario, mi basta
ch’io non eschi/ fuor di Tono, e vi lasci in Tono; ma già che la Natura artefice di tutte le
cose humane non che inventri-/ ce, e maestra di quella con si bell’ordine hà trovato un
istromento di tanto valore, com’e il Cimbalo composto/ di tanti tasti, se non fosse stato al
proposito non l’havrebbe prodotto, ed inventato, ond io dovea, e poteva in/ questa sorte
d’occasione avalermene, come già ho fatto. A Dio.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------Per non scrivere il Trillo sempre disteso dove si ritroverà questa lettera. T. si fara il Trillo,
& la Riditta./ Et tutti quelli versi che stanno con lo Circolo tagliato si soneranno in Battuta
stretta, già che dove biso-/ gna ritovarete l’aviso.
I versi, analogamente a Valente, possono essere suonati in qualunque ufficio
liturgico prestando attenzione solo alla scelta del tono323: sono dei brani piccoli, ma
322
Valente 1580; vedi Cap. 1.2.
Per tale motivo Trabaci compone i versi interamente di fantasia, senza attingere a melodie liturgiche
preesistenti.
323
103
compiuti, sono dei fioretti, appellativo ripreso nel 1635 da Frescobaldi con i suoi Fiori
musicali. Trabaci distingue chiaramente tra gli otto toni ecclesiastici (le cui estensioni
sono fondate sulle otto note finali del repertorio gregoriano) ed i dodici modi
organizzati secondo il criterio di Glareano324 (…parlando delli Dodici modi naturali, e
precisamente del/ li otto finali Ecclesiastici…). In più, Trabaci dichiara che nella musica
strumentale moderna non si devono interpretare le estensioni dei toni in maniera
vincolante, con regola di prima scuola, poiché le estensioni degli strumenti sono di
gran lunga superiori agli ambiti vocali su cui erano basati i toni .
Si riporta sotto una tabella che riassume le note finali impiegate da Trabaci nelle
due serie di ricercari e nei versi.
Fig. 3.4.14: note finali impiegate da Trabaci nei ricercari e nei versi.
Trabaci destina dodici versi per ciascun tono ad eccezione dell’ottavo che ne ha sedici.
Possiamo distinguere quattro tipi di versi:
1. Versi–intonazione, con inizio accordale e successive fioriture di tipo
toccatistico.
2. Versi imitativi, rigorosamente contrappuntistici, con un breve soggetto imitato in
tutte le quattro parti.
3. Versi con temi cromatici, miniature del ricercare del Sesto tono Cromatico con
una fuga sola.
4. Versi Con Quattro Parte in Canone.
Trabaci scrive anche delle indicazioni accessorie utili all’interpretazione del verso:
- Allarga la battuta in finale di verso (verso nono del primo tono, verso quarto e
decimo del secondo tono, verso quinto del quarto tono, verso secondo del quinto tono,
verso secondo del settimo tono, verso decimo del settimo tono, verso settimo dell’ottavo
tono).
- In battuta stretta all’inizio del verso, con tempo imperfetto mediato (verso duodecimo
& ultimo del terzo tono, verso secondo del quarto tono, verso secondo del sesto tono,
verso quinto dell’ottavo tono [cromatico]).
I versi del settimo tono sono preceduti da un’ulteriore premessa, a pag 70:
A’ LETTORI
In questo Settimo Tono (benigno Lettore) non hò voluto servirmi delli Otto finali
Ecclesia-/stici, l’havrei scritti in G. conforme il Settimo Tono, che stà in queste presente
miei (sic) Ricer-/cate. Ma già che in questi Versi seguita l’Ottavo Tono con l’istesso
finale di G. & nell’istessa/ corda se ritrova ancora il Secondo Tono, mi hà parso bene per
variar corda, scrivere questo Set-/timo Tono in un’altra maniera: mi potrai dir, benigno
Lettore, che per variar corda si poteva/ fare il suo finale in D. per b. & quello è vero finale
delli Otto Toni Ecclesiastici, & così lo scrive/ in certi suoi versi intavolate Claudio da
Corregio, & altri Autori antichi: Ma non mi hò voluto/ io servire dell’uno, ne dell’altro,
perché avendo fatto il suo finale in D,sol,re, saria stato l’istessa/ corda del Primo Tono:
ma in questo Settimo Tono hò voluto fare il suo fine in C, sol,fa,ut, dove è/ vero finale del
324
Glareano nel Dodekachordon (Basilea, 1547) ha aggiunto agli otto originali due modi a partire dal la
e due a partire dal do, chiamati rispettivamente Eolio, Ipoeolio, Ionico ed Ipoionico; tale teoria venne
accolta da Andrea Gabrieli nei suoi ricercari pubblicati postumi a Venezia nel 1587 e 1589. Anche Pietro
Cerone (Melopeo y maestro, 1613) distingue tra gli otto toni del canto gregoriano (Libro III) ed i dodici
toni della musica polifonica (Libro XVI)
104
Settimo Tono delli Dodici modi finti, si bene quello si scrive co’l mezzo del b./ io l’hò
scritto co’l mezo del [b quadro] dove è ancora Settimo Tono Naturale; ma una quinta più
bassa, e/ l’hò scritto di questa maniera per causa, che mentre questi Versi io l’hò fatti per
rispondere à/ Messe à Vespere, & in tutti i Divini Officij, & imparticolare (sic) questo
Settimo Tono serve nella Glo-/ria della Messa della Madonna: Ma per concludere il
nostro ragionamento, sappia, che tutti i/ Toni si possono trasportare in tutti quei luochi
dove si ritrova la loro specie della Diapente, & Dia-/tesaron, & questo lo scrive Oratio
Tigri lib. 3. Cap. 30. & nell’istesso libro à Cap. 5. ne fa inven-/zione Marco Padoano.
Stati sano.
Trabaci vuole variare, quindi, la finale del settimo tono (Sol) per non farla
coincidere con le finali dell’ottavo e del secondo tono; non trasporta il tono, tuttavia, al
Re per b molle (come ha fatto Claudio Merulo) ma in Do che è la finale del Settimo
tono finto. Avrebbe dovuto impiegare il b molle ma preferisce trasportare il tono alla
quinta bassa senza armatura in chiave. Sarebbe, questa, l’intonazione migliore per il
Gloria della Messa della Madonna. Come giustificazione per la cadenza in Do viene
citato una passo dal Compendio della musica di Orazio Tigrini325: tutti i Toni si possono
trasportare in tutti quei luochi dove si ritrova la loro specie della Diapente, &
Diatesaron.326
TOCCATE
Le toccate del secondo libro testimoniano la maturità artistica di Trabaci, deciso ad
esplorare via nuove e, soprattutto, meno legato allo stile di Giovanni de Macque.
Sia la Toccata prima a Quattro che la Toccata seconda, & ligature per l’Arpa
impiegano l’organizzazione tripartita già riscontrata nel primo libro. La toccata seconda
per l’arpa raggiunge in certi punti grande estensione tra le voci estreme. Benché il titolo
richiami le tecnica dei ritardi dissonanti, la toccata procede più nello stile delle
consonanze stravaganti.
La Toccata Terza, & Ricercar sopra il Cimbalo Cromatico è preceduta da una
fra le avvertenze più importanti del Secondo libro:
In questa materia del Cimbalo Cromatico mi è venuta occasione in alcune parti fare certi
Semitonij con/ sei piedi e questo l’ho fatto per dare certe Terze maggiore sopra D.
semitonato, ch’è secondo la mia inten-/zione, che mi è occorsa non ho possuto (sic!), ne
ho voluto far di meno; ma sappia (benigno lettore) che queste Cor-/de nel Cimbalo
Cromatico non si ritrovano; ma si bene dell’Armonico li troverete, e neanco ne’ Cinque
ri-/ghi si possono scrivere, perché avendo io da G. semitonato calar un mezo Tono. Se io
segnava di questa/ maniera [es. 1] è un tono giusto, Segnandola di quest’altra maniera [es.
2] è più di un mezo tono./ Ma di quest’altro modo [es. 3] è scarza, & come che nel
Cimbalo Croma-/tico, ò in armonico ogni corda, & ogni segno ha il suo distinto effetto,
e/ non sta bene che in una occasione volendosi servire de un b & poi in un’altra di quella
stessa/ corda servirsi per semitonio, questa è Raggion falsa, e chi la scrive non sta bene;
tanto, che bisogna per for-/za per calar questo mezo Tono, essendo segno novo mi ho
voluto servire di alcune figure dell’istessa Musica/ signarlo di questa maniera [es. 4] &
non volendo segnare sei piedi, & acciò, che sia-/no intese queste Corde in Armoniche
bisognaria fare dette note Gialle, ò ros-/se, che noteriano i Tasti del Cimbalo in
Armonico, che essendo l’Armonico due/ Come più alto della prima Tastiatura Cromatica
con dare a dette note i segni giusti, anderiano benissime/ i Terze Maggiori, e Minori: ma
per non confondere la mente del Lettore farò fine in questo capo, & mi basta/ essere
inteso solo quel che à me bisogna, & in questa Toccata per una, o due corde, che
325
Tigrini 1588.
Benché la teoria rinascimentale ammettesse il trasporto dei toni in qualunque grado mediante l’uso
delle relative chiavi, tale uso si limitò alla quarta o quinta superiore ed inferiore.
326
105
mancassero, tutte/ quelle terze, che non si ponno far Maggiore si facciano Minore, già che
non sono Cadenze finale.
Esempio 1:
Esempio 2:
Esempio 3:
Esempio 4:
Trabaci avverte che alcune note indicate in partitura (il Fa##, terza maggiore sopra
il Re#) non si trovano nel clavicembalo cromatico (con l’ottava divisa in 19 note) ma, al
tempo stesso, non incoraggia l’esecuzione del brano su una strumento con tastiera più
frazionata, ad esempio, un archicembalo con l’ottava divisa in 31 note. Trabaci
conosceva gli strumenti costruiti da Padre Stella e da Fabio Colonna327, ne è conferma
l’allusione ai colori giallo e rosso degli “ordini enarmonici” dello strumento di Stella:
con l’avvertenza alla Toccata Terza, & Ricercar sopra il Cimbalo Cromatico Trabaci
dimostra di essere al corrente degli studi condotti sugli intervalli cromatici ed
enarmonici ma, al tempo stesso, si mantiene abbastanza estraneo ad essi: se questa
estraneità fosse volontaria o forzata, non siamo in grado attualmente di stabilirlo.
La Toccata terza & ricercar esordisce in maniera analoga alle altre toccate con
accordi che vengono progressivamente arricchiti da fioriture e trilli. A battuta 28 inizia
la sezione contrappuntistica che si trasforma gradatamente in ricercare; il primo
soggetto, cromatico, appare al Basso a battuta 32; sei battute più avanti, sempre al Basso
entra il secondo soggetto;il terzo appare a battuta 42 al Canto.Il ricercare procede
attraverso consonanze stravaganti toccando molte tonalità coi diesis; a battuta 78 appare
un quarto soggetto cromatico discendente cui è affidata la conclusione del ricercare. La
cadenza finale è composta con l’entrata in stretto alle quattro voci del quarto soggetto.
La Toccata Quarta a Cinque è l’unica toccata composta in area napoletana a
cinque voci. Essa è uniforme nella struttura: all’esordio accordale segue subito una
successione di scale, trilli in semicrome alternativamente in una delle cinque voci; dalla
battuta 24 la scrittura diventa più fitta perché tutte le voci muovono per crome o
semicrome concludendo senza fioriture.
327
Vedi Cap.3.
106
CANONI SU CANTO FERMO
I due ricercari sopra il Tenor di Constantio Festa sono un ulteriore elemento della
sfida tra Mayone e Trabaci. Trabaci inizia nel 1603 con i quattro Canti fermi,
contrappunti su cantus firmus; Mayone risponde nel 1609 con i due ricercari sopra il
tenore di Costanzo Festa nel 1609, politematici, più elaborati dei Canti fermi; Trabaci
prosegue la gara con questi due ricercari (specificando, stavolta, il nome di Costanzo
Festa) ed innalzando la difficoltà compositiva: due ricercari sopra il canto fermo con le
altre parti in canone. Trabaci scrive nel titolo il procedimento adottato:
1. Ricercar sopra il Tenor de Constantio festa à 4 con due parte in Canone senza
regola.
2. Sopra il stesso Canto fermo à 5 con Tre Parte in Canone senza Regola. Ma per
forza di contrapunto.
I canoni sono condotti con rigore, le cadenze (con inganni o nello stile delle Durezze e
Ligature) intervengono ogni 8 – 10 battute ma non interrompono il flusso musicale; sia
nel primo che nel secondo ricercare, Trabaci si riserva una parte libera che gli consente
di dare un valore musicale alle composizioni agevolando la realizzazione delle cadenze.
Dal punto di vista tecnico il risultato è eccezionale ma a prezzo di sofferenze per
l’esecutore: le lunghe note del canto fermo, i continui incroci delle parti in canone e
l’estensione delle voci, rendono i ricercari, specialmente il secondo, molto difficili da
eseguire. L’autore stesso specifica, con una chiosa alla fine del secondo ricercare
canonico, che
Se non fusse per l’obligo del canto fermo si potria fare assai di miglior garbo.
GAGLIARDE
Le gagliarde del secondo libro, analogamente al primo, sono precedute da
un’avvertenza:
Ogni una di queste gagliarde se ritornerà due volte al principio in sino al primo
segno. Et dopoi finite se replicarà da questo segno [disegno di una mano]. Et tutte quelle
Gagliarde, che ritroverete à 4 stanno benissimo come stanno adesso.Ma volendosi sonare
à Cinque con le viole, ò Concerto di Viole, la Quinta parte di tutte queste gagliarde à 4 stà
nella fine del presente Libro, già che è parte agiunta dopoi, senza guastare le Quattro
parte.
L’alternativa dell’esecuzione di gagliarde e canzoni alla francese con il concerto di
viole, frequente nella scuola napoletana, verrà proposta anche nelle canzoni di Giovanni
Salvatore328 e di Gregorio Strozzi329. A differenza di quest’ultimi, Trabaci sembra voler
sottolineare una certa differenza tra l’esecuzione alla tastiera e con gli strumenti ad arco.
Non è chiaro se l’opportunità dell’esecuzione a cinque parti delle gagliarde con le
aggiunte a fine libro330 sia esclusiva del concerto di viole; d’altra parte, cinque delle
nove gagliarde sono in partenza scritte a cinque voci e non vi è alcuna indicazione che
ne sconsigli l’esecuzione alla tastiera. Dopo l’ultima gagliarda vi è, a pag. 114, la
Canzona Francese à 4, la qual Canzona stà stampata nel primo libro de miei Ricercate,
ma qui stà bene in ordinata per concerto de Viole ad Arco, ò Violini.
Questa versione presenta delle significative differenze rispetto alla versione del
primo libro, particolarmente nell’ articolazione delle sezioni e nelle fioriture: la scrittura
328
Cap. 5.1
Cap. 5.3.
330
Le quinte parti delle gagliarde “Galluccio”, “Talianella” e “Moregnina” si trovano a pag. 132, l’ultima
del secondo libro.
329
107
è più omoritmica, gli intrecci delle parti sono più semplici e non c’è la cadenza finale
complessa ed articolata.
Le gagliarde del secondo libro hanno tutte un titolo:
1. Gagliarda Prima à 4 detto il Galluccio.
2. Gagliarda Seconda à 4 detta la Morosetta.
3. Gagliarda Terza à 4 detta la Talianella.
4. Gagliarda Quarta à 4 detta la Morenigna.
5. Gagliarda Prima à 5 detta la Galante.
6. Gagliarda Seconda à 5 detta la Scabrosetta.
7. Gagliarda Terza à 5 sopra la Mantoana.
8. Gagliarda Quarta à 5 alla Spagnola.
9. Gagliarda Quinta Cromatica à cinque detta la Trabacina.
Le gagliarde del secondo libro sono più raffinate rispetto al primo; prevale il
contrappunto imitato e le sezioni accordali fungono da elemento di contrasto come nelle
canzoni alla francese. La somiglianza con le canzoni è confermata dalla presenza di
temi in ritmo dattilico all’esordio e dall’uso frequente dei tempi binari; lo stile della
gagliarda è mantenuto nelle concatenazioni armoniche, con le tipiche cadenze (IV – V –
I) e le progressioni. L’autore ha voluto pure inserire una gagliarda cromatica dandole il
proprio nome: la Trabacina. In questo brano alcune progressioni terminano su accordi
con il La# o il Re#, note presenti solo dei clavicembali cromatici; se si disponeva di un
normale clavicembalo con 12 tasti per ottava, è probabile che si impiegasse un
temperamento equabile proprio come affermerà, all’inizio del XVIII secolo, Domenico
Scorpione331. D’altro canto sembra poco probabile che i violisti sapessero differenziare
un La# dal Sib con la stessa precisione di un clavicembalo cromatico.
PARTITE
L’unica serie di partite del secondo libro sono introdotte dalla seguente
dichiarazione:
Partite artificiose sopra il Tenor de Zefiro con alcune Partite approportionate per l’Arpa,
haver-/tendo però, che se in questo presente libro stà intitolate alcune cose per l’Arpa,
non per questo si/ soprasedisca il Cimbalo, perche il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti
del mondo, & in lei si/ possono sonare ogni cosa con facilità
Trabaci pone il clavicembalo in posizione di privilegio rispetto agli altri
strumenti: si trova, quindi, sulla linea di pensiero di Cerone332 piuttosto che di
Cerreto333. Le partite sono, comunque, approportionate per l’Arpa: prima di Trabaci,
nel 1609, Mayone aveva destinato all’arpa il secondo ricercare sopra il canto fermo
di Costantio Festa; Gregorio Strozzi334 indicherà l’arpa nella sonata di Basso solo
Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet sublevantem pubblicata nel 1683 e la
Romanesca con partite pubblicata nel 1687.
Paragonando le partite sopra Zefiro con Ruggero e Fedele del 1603, notiamo
che il basso viene presentato senza alterazioni in quasi tutte le variazioni. La prima
partita esordisce con accordi per proseguire, poi, in rigoroso contrappunto; anche le
partite terza, quarta, quinta sono in contrappunto imitato. La partita decima è un
piccolo ricercare con due fughe, la prima delle quali è l’incipit del basso di Zefiro; la
331
Vedi Cap. 1, 3-4.
Cerone 1613, , cfr. Cap.3., 49.
333
Cerreto 1601, cfr. Cap 3., 49.
334
Vedi Cap. 5.3.
332
108
Partita Duodecima, & ultima con due parti in Canone senza regola conclude la serie
con uno sfoggio di erudizione contrappuntistica. Trabaci è l’unico compositore
napoletano ad introdurre esplicitamente degli artifici contrappuntistici nelle partite
sopra tenori: il canone si svolge nelle due voci superiori, il Tenore è l’unica parte
libera mentre il Basso si concede qualche variazione rispetto alle altre partite.
L’impiego dell’arpa è indicato nelle partite seconda, ottava, nona ed undecima. Nella
seconda ed ottava vi è un ininterrotto flusso di crome che si alterna nelle varie parti,
reminiscenza della quinta partita sopra Ruggero di Macque; la partita nona è
caratterizzata dalla costante presenza di quattro semiminime per battuta, con una
predilezione per le decime parallele; la partita undecima è composta sopra la cellula
ritmica di croma e due semicrome, figurazione molto brillante e leggera
particolarmente adatta all’esecuzione arpistica.
MADRIGALI INTAVOLATI
Ancidetemi pur, Per l’Arpa di Arcadelt335è il madrigale prescelto da Trabaci per
concludere il suo secondo libro. Nel primo libro abbiamo notato un certo autocontrollo
nell’elaborazione di Io mi son giovinetta. Nel secondo libro, invece, Trabaci dà fondo a
tutta la fantasia di compositore ed a tutto il virtuosismo di esecutore. Trabaci sembra
voglia metter in ombra il lavoro di Mayone: tutte le frasi sono sviluppate con più
virtuosismo; ad eccezione della prima battuta, non c’è mai un solo passaggio accordale,
le figurazioni in biscrome raggiungono i limiti tecnici di esecuzione, vi sono lunghi trilli
ad una mano mentre l’altra ha delle diminuzioni. Trabaci stesso indica all’inizio che
Questo madrigale particolarmente si sonerà in Battuta larga.
Dopo Trabaci, Frescobaldi e Strozzi pubblicheranno una loro versione di
Ancidetemi pur, senza mai superare Trabaci nel puro virtuosismo.
335
Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro di Madrigali d‘Archadelt.
109
4.
LA MUSICA PER ORGANO E CLAVICEMBALO IN SICILIA
NEL XVII SECOLO
Il regno di Filippo III (1598-1621) fu un periodo di eccezionali difficoltà
economiche per la Sicilia perché si venivano altrove sviluppando delle nuove vie
commerciali che rivaleggiavano con quelle del Mediterraneo. Il commercio siciliano fu
anche penalizzato dalla penuria di moneta; il prezzo dei terreni agricoli era triplicato e
gran parte di essi erano finiti nella mani di pochi nobili ma anche il ceto aristocratico si
era indebitato fortemente. Nel 1611 il viceré, il duca di Ossuna, usò la mano forte per
invertire la tendenza negativa: poco tollerante verso i privilegi locali, si impegnò in un
profondo risanamento economico anche se continuamente osteggiato degli aristocratici.
Riuscì a migliorare la situazione economica generale ma quando, nel 1618, cominciò la
guerra dei Trent’anni, fu chiesto alla Sicilia di contribuire alla causa degli Asburgo e
proprio questo fatto, alla fine, annullò tutti i risultati conseguiti da Ossuna. Nell’ultimo
decennio della guerra dei Trent’anni si aggravò la crisi politica ed economica in Sicilia.
Il viceré, marchese de Los Velez, era un mediocre uomo politico per nulla capace ad
affrontare una situazione così difficile. Il malcontento popolare sfocerà in una violenta
rivolta a Palermo nel 1647 (in concomitanza con Napoli) cui farà seguito quella di
Messina del 1674.336
[…] La Sicilia della fine del Cinquecento e della prima metà del Seicento si presenta
apparentemente, solo apparentemente, come un centro musicale quasi autonomo e
indipendente da quello partenopeo: si ricordi la grande considerazione in cui a Napoli era
tenuto Pietro Vinci […]La Sicilia, anzi, appare capace di attirare musicisti regnicoli, in
particolare calabresi. Dalla Calabria, infatti, vennero in Sicilia Giandomenico La
Martoretta e Achille Falcone; mentre altri, pur non risultando attivi nell’isola, stamparono
loro opere presso editori siciliani (es.: Giovanni Maria Papalia a Messina). Nella seconda
metà del Seicento figurano attivi in Sicilia altri due musicisti calabresi: Michelangelo
Falsetti e Domenico Scorpione (quest’ultimo, però, proveniente da Bologna e Roma).
Appare sorprendente che fra i tanti musicisti venuti in Sicilia da altre regioni del centro e
del nord Italia attratti dal prestigio delle istituzioni musicali dell’isola, soprattutto quelle
di Palermo e Messina (basterà ricordare, tra questi – oltre lo spagnolo Sebastiano Raval e
il borgognone Claudio Pari . Eliseo Ghibellino di Osimo, Giulio Scala di Siena, Giovan
Battista Fasolo di Asti, Bartolomeo Montalbano di Bologna, i romani Vincenzo Tozzi e
Paolo Lorenzani, Francesco Maria Stiava da Lucca, nonché Giovanni Antonio Pandolfi
Mealli di Montepulciano, ma proveniente nientemeno che dalla cappella arciducale di
Innsbruck, e quel Bernardo Storace di incerta origine), appare sorprendente, dicevo, che
in Sicilia non figuri attivo in cariche di prestigio alcun musicista partenopeo.337
L’editoria siciliana vive un momento felice nei primi due decenni del XVII secolo,
i musicisti locali non ricorrono quasi del tutto più agli editori veneziani338 ma, a partire
dal 1620, inizia un lento ma costante declino. La Real Cappella Palatina di Palermo
accusa una situazione difficile: a Sebastiano Raval, maestro di cappella tra il 1595 e il
1604, ed a Vincenzo Gallo, maestro tra il 1604 e il 1624, non succedono più musicisti
di alto profilo artistico.
336
Mack Smith 1983, 250-265.
Donato 1987, 575-576.
338
Prima del 1588, in assenza di editori locali, i musicisti siciliani stampavano le loro opere quasi
esclusivamente a Venezia (Cfr. Donato 1987, 569-573).
337
110
L’epoca non è certo tra le più floride per la musica sacra; in particolare poi la nostra
Cappella è da considerare in decadenza: i musici son pochi e poco zelanti; i salari, dati i
tempi, sono scarsi.339
La cappella del duomo di Messina, fondata nel 1558, non poteva vantare la tradizione
musicale della Real Cappella Palatina di Palermo, fondata nel 1132 da Ruggero II340,
ma il confronto con la capitale del viceregno servì da stimolo affinché Messina
mostrasse un alto livello anche sotto l’aspetto musicale.
[…]La cappella messinese, pur non essendo certo una grossa cappella musicale, tuttavia
non si può definire semplicisticamente come una normale cappella di provincia. Il senato
messinese, del resto, cercò sempre di mantenerla ad un livello artistico di notevole
prestigio. Solo così, infatti, si spiega la continua ricerca sul mercato musicale italiano e
straniero di abili musicisti, capaci di conferirle quel prestigio del quale una città come
Messina, sempre desiderosa di maggiori autonomie politiche ed in perenne concorrenza
con la capitale dell’isola, aveva strettamente bisogno. Non per nulla lo stesso viceré conte
di Santo Stefano nel 1679, subito dopo la repressione della rivolta antispagnola, dovette
ufficialmente riconoscere che la musica, ed in particolare la cappella musicale del duomo
era “alimento” necessario ed insopprimibile della città di Messina.341
La somma di denaro disponibile per la cappella musicale, tuttavia, venne ridimensionata
a seguito del fallimento della rivolta antispagnola e rimase invariata almeno fino al
1722. In questi anni fu maestro di cappella il frate conventuale di origine calabrese
Domenico Scorpione342
Nel XVII secolo vengono pubblicate solo tre opere significative per organo e
clavicembalo, composte da autori con cittadinanza siciliana acquisita: i Canoni, Oblighi
et Sonate in varie maniere sopra l’Ave maris stella pubblicati a Palermo nel 1641 da
Gioanpietro del Buono343 musicista napoletano trasferitosi a Palermo al servizio di don
Luigi Gaetani principe del Cassaro; l’ Annuale che contiene tutto quello, che deve far un
Organista, per risponder al Choro tutto l’Anno pubblicato a Venezia nel 1645 da
Giovan Battista Fasolo344, frate francescano dell’ordine dei minori conventuali, nato ad
Asti e trasferitosi in Sicilia prima del 1659; la Selva di varie compositioni
d’intavolatura per cimbalo et organo pubblicate nel 1664 a Venezia da Bernardo
Storace345, a quel tempo vice maestro della cappella del duomo di Messina, ma di cui si
sconoscono altri dati biografici.
339
Tiby 1952, 190.
Ibidem, 179.
341
Donato 1988, 163.
342
Cfr Cap 1., 3-4.
343
Cap. 4.1
344
Cap. 4.2.
345
Cap. 4.3.
340
111
4.1 GIOANPIETRO DEL BUONO
Solo un’opera di Gioanpietro Del Buono è giunta ai nostri giorni: Canoni, oblighi e
sonate in varie maniere sopra l’Ave maris stella, a 3.4.5.6.7 et 8 voci, e le sonate a 4. Ecco
il frontespizio:
CANONI
O B L I GH I , E T S O N A T E
IN VARIE MANIERE
SOPRA L’AVE MARIS STELLA
DI
GIOANPIETRO
DEL BUONO
A TRE, QUATTRO, CINQUE, SEI, SETTE, ET OTTO VOCI,
E LE SONATE A QUATTRO
[Stemma]
IN PALERMO, Appresso Ant. Martarello, & Santo d’Angelo
Impr. Abbas Gelosus Vic. Gen.
Impr.de Denti P.
La dedica:
AL SIGNOR
GIO. AMBROSIO
SCRIBANI
Persuaso non dal mio genio, ma dalle instanze d’amici a publicare queste mie
compositioni, adherisco al loro sentimento. Le dedico però à V.S. perche à lei sola l’hò
destinate in ossequio delle sue virtù, e in testimonio della mia osservanza; e perch’ella più
112
volte s’è compiacciuta d’applauderle col suo affetto per honorarle, godano tuttavia il
privilegio de’ suoi favori, accettandole come tributo della mia devozione, ond’è
contrassegnata la memoria de gl’obblighi che le professo, & a V. S. con vero affetto
riverisco con baciarle le mani, da Palermo li 20 d’Aprile 1641.
Di V.S.
Affettionatissimo Servitore
Gio. Pietro del Buono
Giovanni Ambrosio Scrivani era un facoltoso nobiluomo genovese il quale,
trasferitosi in Sicilia, svolgeva l’attività di banchiere prestando grosse somme di denaro
alla corte regia346. Sia il frontespizio che la dedica sono avari di notizie biografiche;
La qualifica di “palermitano” attribuitagli dai compilatori del catalogo Gaspari manca
invero sul manoscritto bolognese, nel quale furon messi in partitura tutti i suoi canoni ed
obblighi347.
Antonio La Greca, nel dedicare a don Luigi Gaetani principe del Cassaro e
marchese di Sortino la sua Armonia sacra di vari mottetti348, scrive che
[…]i cultori della musica trovarono sempre fortunato alloggio appo i suoi progenitori; e
fra gli altri quel cigno di Sebeto, don Gio. Pietro del Buono, che lasciando l’onde di
questo venne a fabbricarsi il nido nel Parnaso della sua casa. Questi, non iscordatosi della
proprietà del Buono, onde nomatasi, incominciò a diffonder se stesso e communicar la
virtù che fino alle stelle, e lasciando di sé ben degna memoria, sarà per eternarla, attesa la
magnificenza del luogo, ove lungamente glorioso ne visse.349
Il Sebeto è il fiume, oggi coperto, che passa per Napoli: l’appellativo di cigno del
Sebeto indica, così, che Del Buono fosse napoletano di nascita e palermitano
d’adozione.
Le avvertenze sono ricche di informazioni:
AI BENEGNI LETTORI
Mando in luce queste mie opere di Canoni, Obblighi, e Sonate sopra il Canto fermo
dell’Ave Maris Stella, ove benche così eminentemente, e con tanto artificio molti anni
sono vi fabbricò quel si celebre huomo Francesco Soriano, nulladimeno hò voluto far
sopra l’istesso Canto fermo, acciò ciaschedun curioso conosca quanto sia infinita questa
scienza, che avendo il Soriano con tanta varietà fattovi sopra tante opere, ancor io ne abbi
fatte altre cento in così poco tempo che hò cominciato questa opera, e pur vedranno
alcuni Canoni, con qualche stravaganza, & anco le composizioni con tutte le parti
obligate, cose, che sopra Canto fermo, patiscono non poca difficoltà. Compatiscano
perciò quando ritrovassero qualche errore, ò di stampa, ò di composizione, perche
l’Obblighi, e Canoni piglian qualche licenza. Si avertisce, che i # e b. posti sopra le linee
servono per le parti, che seguono li Canoni, & anco s’avvertisce, che l’Obblighi, e
Canoni, che van di note di Semibrevi, e minime, come quasi tutto sono, si han da cantare
con molta velocità, e battuta prestissima; e così anco le Sonate, essendosi scritte in detta
346
Giuffrida, cit. in Carapezza 1984, 131.
Ibidem, 132. Gaspari 1890/R1961, 298.
348
La Greca 1657.
349
Ficola 1988, 77.
347
113
maniera per aversi à sonar con più facilità, nel rimanente mi rimetto al giudicio del buon
Sonatore, e Cantanti, a i quali priego dal Signore ogni bene.
Del Buono indica in Francesco Soriano350 l’ispiratore della sua opera ma è
totalmente originale nella decisione di inserire le 14 sonate di cimbalo. La sistematicità
nell’affrontare i canoni e gli obblighi secondo un rigido ordine cominciando dagli
intervalli più piccoli per finire con i più ampi richiama un altro importante precedente in
area napoletana: le Regole di Musica di Rocco Rodio la cui prima pubblicazione è
precedente al 1601351.
Ecco il piano dell’opera:
N.°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
TITOLO
A TRE VOCI (incluso il cantus firmus)
Can. All’unisono à mezza pausa, che và
imitando il principio
All’unisono à mezza pausa con l’obligo di
non caminar di grado
All’unisono alla pausa
Alla seconda alta al sospiro
Resolutione della seconda alta
Alla seconda alta à due pause
Resolutione della seconda alta
Alla seconda alta à tre pause
Resolutione della seconda alta
Alla seconda alta a quattro pause
Resolutione della seconda alta
Alla seconda bassa a mezza pausa
Resolutione della seconda bassa
Alla seconda bassa alla pausa. Il Canto fermo
si canta per ottava alta
Resolutione della seconda bassa
Alla seconda bassa a due pause
Alla terza alta a mezza pausa
Alla terza alta alla pausa
Alla terza alta à quattro pause
Alla terza bassa a mezza pausa
Alla terza bassa alla pausa
Alla terza bassa a sei pause
Alla quarta alta a mezza pausa
Alla quarta alta alla pausa
Alla quarta alta a due pause
Alla quarta alta a quattro pause
Alla quarta alta a sei pause
Alla quarta alta a sei pause
Alla quarta bassa a mezza pausa
350
CHIAVI
Tenore
Soprano
Basso
Baritono
Tenore
Tenore352
Contralto
Contralto
Contralto
Contralto
Contralto
Basso
Basso
Tenore
Baritono
Tenore
Tenore
Contralto
Tenore
Baritono
Mezzosoprano
Contralto
Contralto
Contralto
Tenore
Contralto
Contralto
Basso
Soprano
Francesco Soriano pubblicò nel 1610 a Roma, presso G. B Robletti, i Canoni et Obblighi di cento, e
diece sorte, sopra l’Ave maris stella…a 3,4,5,6,7,et 8 voci.
351
Cfr. cap. 1.2.2.
352
Del Buono riscrive alla fine l’incipit in chiave di violino ed indica: la parte, che segue legge per
questa chiave.
114
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
Alla quarta bassa alla pausa
Alla quarta bassa alla pausa
Alla quarta bassa a due pause
Alla quarta bassa a quattro pause
Alla quarta bassa a sei pause
Alla quarta bassa à otto pause
Alla quarta bassa a diece pause
Alla quinta alta a due pause
Alla quinta alta a sei pause
Alla quinta bassa à mezza pausa
Alla quinta bassa à due pause
Alla sesta alta alla pausa
Alla sesta bassa alla pausa
Alla sesta bassa a due pause
Alla settima alla pausa. Il Canto fermo si
canta per ottava alta
Alla settima bassa a mezza pausa
Alla settima bassa alla pausa
Alla ottava alta alla pausa
Alla ottava bassa a quattro pause
Alla nona alta alla pausa
Alla nona bassa a due pause
Alla decima alta a sei pause
Alla decima bassa ad otto pause, il canto
fermo si canta per ottava sopra
Riverso alla settima a due pause
Resolutione del riverso alla settima
Riverso alla decimaterza a sei pause
Resolutione del riverso alla decimaterza
Contrario alla sesta bassa alla pausa
Resolutione
Riversi di più sorte a mezza pausa
(All’unisono, Alla seconda, Alla terza, Alla
quarta, Alla quinta, Alla sesta, Alla settima,
All’ottava)
Resolutione dei riversi
Riversi di più sorte sopra una corda a mezza
pausa (All’ottava, Alla settima, Alla sesta,
Alla quinta, Alla quarta, Alla terza, Alla
seconda, All’unisono)
Resolutione dei riversi
Utrique medium. Diversi ad invicem
canones, pausae unicuique prout loca.
Resolutio partis superioris
Resolutio partis inferioris
A QUATTRO VOCI
Alla ottava bassa al sospiro, & alla
duodecima bassa alla minima
115
Tenore
Tenore
Mezzosoprano
Tenore
Tenore
Soprano
Tenore
Tenore
Basso
Tenore
Tenore
Baritono
Contralto
Tenore
Baritono
Contralto
Soprano
Tenore
Contralto
Baritono
Soprano
Basso
Soprano
Mezzosoprano
Violino
Soprano
Basso
Contralto
Contralto
Contralto
Contralto
Baritono
Violino (8va)
Soprano (7ma, 6ta,
5ta, 4ta, 3za, 2da)
Contr. (Unis.)
Soprano
Soprano
Soprano
Soprano
59
Resolutione della duodecima bassa
All’unisono à mezza pausa, & alla pausa
Alla ottava bassa à mezza pausa, & alla
quarta bassa alla pausa
Alla ottava bassa, & alla quarta bassa a due
pause
Resolutione della quarta bassa
Alla seconda alta, è seconda bassa à quattro
pause
Resolutione della seconda alta
Resolutione ella seconda bassa
Alla quinta bassa mezza pausa, & alla quinta
alta a due pause, e mezza.
Resolutione della quinta bassa
Resolutione della quinta alta
Obligo a tutte le parti di minime puntate
60
Obligo a tutte le parti di semibrevi col punto
61
Obligo a tutte le parti di lunghi, e brevi
54
55
56
57
58
62
63
Il canto fermo si canta con questo tempo nel
quale vanno a brevi a battuta (tutte brevi)
Obligo a tutte le brevi, e semibrevi
Il canto fermo si canta per l’istesso tempo di
queste parti
Obligo a tutte le parti di semibrevi, e
minime, che toccano del cromatico
64
Obligo a tutte le parti di minime, seminime
65
Canone alla seconda bassa alla pausa
Resolutione della seconda bassa
Quarta parte libera
Canone cancherizzato, la parte che
cancherizza non fa semitoni se non quelli
segnati sopra fuori delli righi
Resolutione della parte cancherizzata
Quarta parte libera
In questo canone cantano quattro, mezza
pausa un dopo l’altro, cioè il primo canta
coma stà, il secondo aspettando mezza pausa
canta per ottava alta, il terzo aspettando una
pausa canta come stà, il quarto aspettando
una pausa e mezza canta per ottava alta.
Resolutione delle due parti che cantano per
ottava alta
66
67
116
Basso
Tenore
Mezzosoprano
Mezzosoprano
Tenore
Basso
Basso
Basso
Tenore
Basso
Mezzosoprano
Soprano (C)
Contralto (A)
Basso (B)
Soprano (C)
Contralto (A)
Basso (B)
Mezzosop.(C)
Baritono (A)
Basso (B)
Tenore
Soprano (C)
Contralto (A)
Basso (B)
Soprano (C)
Contralto (A)
Basso (B)
Soprano (C)
Contralto (A)
Basso (B)
Soprano
Mezzosoprano
Basso
Soprano
Soprano
Basso
Baritono
Soprano
72
A CINQUE VOCI
In questo canone cantano quattro, mezza
pausa un dopo l’altro, cioè il primo canta
coma stà, il secondo aspettando mezza pausa
canta per ottava bassa, il terzo aspettando
una pausa per quinta alta, il quarto
aspettando una pausa e mezza canta per
quarta bassa.
Resolutione delle due parti che cantano per
quinta alta
Canon in diapente a due pause, con le
decime basse tanto alla parte che guida,
quanto alla parte che siegue
Resolutione della decima bassa di questa
parte che guida
Resolutione della diapente
Resolutione della decima bassa della
diapente
Canone in diapente à due pause, alla parte
che guida và una parte in decima sopra, &
alla parte che siegue ancora
Resolutione della decima sopra della parte
che guida
Canone in subdiapason a due pause, insieme
con la parte che guida và una parte in terza
bassa, & alla subdiapason và insieme una
parte in decima alta
Resolutione della decima alta alla
subdiapason
Dui Canoni alla quinta alla pausa
73
Resolutione della quinta alta del primo
Canone
Resolutione della quinta alta del secondo
Canone
Obligo à tutte le parti di calar di ottava
68
69
70
71
74
Obligo a tutte le parti di salir di ottava.
Il canto fermo si canta con il tempo di queste
parti
75
Obligo à tre parti di brevi, e semibrevi, &
una parte di semibrevi, e minime.
Il canto fermo canta il tempo di queste parti
76
Obligo à tre parti di semibrevi, e minime, &
una parte di brevi, e semibrevi
117
Contralto
Soprano
Contralto
Basso
Soprano
Basso
Basso
Mezzosoprano
Contralto
Soprano
(I)
(II)
Soprano
Contralto
Basso
Tenore
Soprano (C)
Contralto (A)
Tenore (T)
Basso (B)
Soprano (C)
Contralto (A)
Tenore (T)
Basso (B)
Soprano (C I)
Contralto (C II)
Basso (B I)
Basso (B II)
Soprano (C)
Contralto (A)
Tenore (T)
Basso (B)
77
78
79
80
81
Obligo di dui Zoppi, e dui Ciechi353
A SEI VOCI
Canone alla ottava alta à mezza pausa. Alla
quinta bassa ad una pausa, Alla quarta alta ad
una pausa e mezza, & alla undecima alta à
due pause.
Resolutione della quarta alta
Resolutione della undecima alta
Resolutione della quinta bassa
Obligo, che à ciascheduna parte cantan dui,
& anco al canto fermo canta una altra parte
in terza sopra
In questa parte canta una parte in decima alta
insieme
Resolutione della parte che canta insieme col
Canto fermo
A SETTE VOCI
In quinta parte cantan sei, cioè il primo canta
come stà, il secondo aspettando mezza pausa
canta per ottava alta, il terzo aspettando una
pausa canta anco per ottava alta, il quarto
aspettando due pause canta per quarta alta, il
quinto aspettando due pause e mezza canta
anco per quarta alta, & il sesto aspettando tre
pause canta per undecima alta.
Resolutione della seconda, e terza parte, che
cantano per ottava alta
Relatione (sic) della quarta, e quinta parte,
che cantan per quarta alta
Resolutione della sesta parte, che canta per
undecima alta.
SETTE VOCI, Con tre Canoni
Il Canto fermo porta una parte in Canone di
diverse maniere, e si canta per ottava alta
come stà qui, la parte del Tenore porta un
Canone alla quinta bassa, e la parte del Basso
porta una parte in Canone alla seconda alta à
due pause, & un Canone alla quinta bassa
alla pausa.
Alla seconda alta à due pause, e riverso alla
quinta alta à quattro pause
Resolutione della seconda alta
Resolutione del Riverso
Riverso alla quinta, Canone alla quinta bassa,
Canone alla quarta bassa, Canone alla quarta
353
Soprano (C)
Contralto (A)
Tenore (T)
Basso (B)
Tenore
Contralto
Violino
Basso
Soprano
Basso
Contralto
Basso
Mezzosoprano
Tenore
Tenore
Tenore
Tenore
Baritono
Soprano
Soprano
I “dui Zoppi” sono le parti dell’Alto e del Basso che alternano, dall’inizio alla fine, minime e
semiminime; i “dui ciechi” sono il Canto ed il Tenore che alternano semiminime e crome, tutte note nere.
118
82
83
Senza
numero
84
alta, Canone alla quinta alta, Riverso alla
terza.
Resolutione delli Canoni del Cantofermo
A OTTO VOCI
In questa parte sette, cioè quattro in unisono,
e tre in ottava alta tutti di sospir un dopo
l’altro, avvertendo che la prima parte canta
come stà, la seconda per ottava, la terza in
unisono, la quarta per ottava, la quinta in
unisono, la sesta per ottava, e la settima in
unisono.
Resolutione delle tre parti, che cantan per
ottava alta, le quali van per mezza pausa
l’una dopo l’altra.
A OTTO VOCI. Tre canoni insieme
Uno alla quinta, l’altra alla sesta & alla
settima alta, e l’altro alla ottava alta.
Alla quinta a due pausa
Alla sesta a due pause, & alla settima alta à
quattro pause
Alla ottava alta a mezza pausa
XIIII sonate di cimbalo
Canone ultimo a 5 v. di molto studio
Mezzosoprano
Tenore
Soprano
Contralto
Basso
Basso
Tenore
L’originalità e la genialità di Del Buono si esprimono, però, nelle sonate per
clavicembalo.
Le 14 sonate di cimbalo costituiscono il più antico esempio di tale denominazione354: non
solo esse non trovano evidentemente riscontro alcuno nell’opera di Soriano, ma appaiono
come una composizione più unica che rara nella storia della musica strumentale, o
meglio come una summa coerente e organica di forme diverse.355
Eccone lo schema generale:
354
355
Newman 1956, 296 – 310.
Carapezza 1984, 133.
119
Il cantus firmus è affidato sempre al Tenore ad eccezione della XIV Sonata che lo
presenta all’Alto.
Netto e precisamente intenzionato è il loro piano tonale complessivo. Il modo dorico del
canto fermo è mantenuto non trasposto nelle prime dieci sonate, è trasposto quindi alla
diatessaron nell’undecima e duodecima, e infine “un tono più basso” nelle ultime due; e
nella quartadecima “il canto fermo si suona per ottava alta”. Insomma RE – SOL – DO –
do: la modulazione tonale ascende di quarta, scende di quinta e sale infine d’ottava,
passando da una chiave senza accidenti a un bemolle, a due bemolli in chiave.356
Le sonate possono essere raggruppate in quattro sezioni:357
Prima sezione: diatonica
1. Ricercare – Fantasia
2. Toccata – Fantasia
3. Canzon francese
4. Canzon francese
Seconda sezione: cromatica
5. Ricercare: Fuga cromatica358
6. Fantasia – Canzon francese
7. Toccata Stravagante, e per cimbalo cromatico
356
Carapezza 1984, 133.
Ibidem, 137.
358
Le parole in corsivo sono nell’originale.
357
120
Terza sezione: mista
8. Toccata di arpeggi
9. Toccata in hoquetus
10. Canzon francese
Quarta sezione: trasposta
a) alla quarta alta
11. Canzon francese
12. Fantasia – Toccata
b) un tono più basso
13. Ricercare – Fantasia
14. Toccata - Fantasia
Nelle avvertenze Del Buono informa il giudizioso e buon sonatore che tutti i pezzi
[…] si han da cantare con molta velocità e battuta prestissima; e così anco le
Sonate, le quali benché la maggior parte saranno scritte di crome, nondimeno si sonaran
presto.
E’ una dichiarazione di virtuosismo: l’esecuzione delle sonate diventa quasi una
sfida, a volte spinta ai limiti delle possibilità fisiche dell’esecutore. Le battute 37 – 38
della VI sonata sono emblematiche: la mano destra deve eseguire una lunga serie di
doppie note in sesta difficilissime da suonare con il tactus alla breve.
Fig. 4.1.1: Del Buono, Sonata VI, batt. 37-38.
Anche le sonate II, IV, VIII e XII risultano difficili a causa della velocità delle
semicrome.
L’unico problema d’esecuzione è costituito dai trilli. Essi talvolta sono scritti per
disteso, talaltra sono suggeriti dalla lettera t., posta sempre con estrema precisione sulla
nota da rompere. La prima volta che questo segno appare, sul basso della penultima
misura della IV sonata, il trillo è tuttavia figurato in semicrome per disteso, e fornisce
così il modello da adottare nei luoghi analoghi successivi.359
Il segno t. viene proposto in due maniere: trillo libero sopra una nota intera e trillo
misurato sopra note ribattute tante volte quante si vuole ripetuto il trillo stesso. Altre
volte Del Buono scrive i trilli per esteso che iniziano sempre dalla nota reale: questi
ultimi concordano perfettamente con l’esecuzione del trillo misurato sopra note
359
Carapezza 1984, 139.
121
ribattute. Questa soluzione risulta utile nell’interpretazione dei trilli impiegati da
Gregorio Strozzi360.
L’ostentato virtuosismo potrebbe essere la giustificazione del termine sonata data
da Del Buono. Abbiamo diversi esempi di composizioni polifoniche per strumento a
tastiera su canto fermo in area napoletana ma non compare mai la dicitura di sonata:
Rocco Rodio361 qualifica i suoi pezzi su canto fermo Fantasie, Ascanio Mayone362
adotta Ricercare sopra l’Ave maris Stella e Ricercare sopra il canto fermo di Costantio
Festa, Giovanni Maria Trabaci363 impiega semplicemente Canto fermo e Giovanni
Salvatore364 include nella sua opera il Ricercar sopra l’hinno d’Iste confessor. Questi
precedenti rientrano tutti nella categoria dei ricercari, dotti per costruzione polifonica
ma lontani dal virtuosismo; il luogo deputato per lo sfoggio delle abilità esecutive
erano, piuttosto, le canzoni e le partite. Del Buono stravolge questa consuetudine: le sue
sonate sono pezzi di bravura e l’impiego del canto fermo appare come il filo conduttore
che lega i singoli pezzi in un contesto unico: è, comunque, una forma strumentale nuova
e, per di più, per un determinato strumento365.
Considerare le sonate come partite autonome di un unico Capriccio366 è
perfettamente lecito, anche se non specificato dall’autore: vi è un equilibrio nella varietà
espressiva.
La sonata II è un’intensificazione della sonata I, lo stesso dicasi per la IV rispetto
alla III; la sonata V, Fuga cromatica, spezza la fluidità delle sonate precedenti
indulgendo nel vasto vocabolario dei cromatismi elaborato dai maestri napoletani;
terminata questa pausa di riflessione, ecco la sonata VI, la più funambolica di tutte; la
sonata VII, Stravagante, e per il cimbalo cromatico, riprende ed amplifica le formule
già impiegate nella V raggiungendo il culmine delle sperimentazioni cromatiche
inaugurate da Giovanni De Macque367, perfezionate dai suoi allievi Mayone368 e
Trabaci369 ed assorbite da Frescobaldi; come la sonata V, anche la VII ferma il turbinio
agogico, subito ripreso dalla sonata VIII ed esasperato dai contrasti ritmici della IX; le
sonate X ed XI, di contro, riportano il flusso sonoro nell’alveo della fissità ritmica del
tempo quaternario e preparano l’esplosione delle fioriture della sonata XII; le battute 37
– 40 di questa sonata sono una ripresa magistrale delle fioriture cadenzali impiegate da
Trabaci nelle Canzoni alla francese; le sonate XIII e XIV sembrano quasi riportare la
calma recuperando la compostezza alterata nelle sonate precedenti. Suonare da cima a
fondo le 14 sonate risulta, così, un’esperienza esaltante per l’esecutore e coinvolgente
per l’ascoltatore.
360
Vedi Cap. 5.3, 183.
Cfr, Cap 1.3.
362
Cfr. Cap. 3.3.
363
Cfr. 3.4
364
Cfr. Cap 5.1.
365
Giova ricordare che nella tradizione napoletana l’ambiguità strumentale non si limitava solo
all’alternativa organo/clavicembalo, ma si estendeva anche all’arpa, al liuto ed al concerto di viole.
366
Cfr. Carapezza 1984, 133.
367
Cfr. Cap. 3.2.
368
Cfr. Cap. 3.3.
369
Cfr. Cap. 3.4.
361
122
4.2 GIOVAN BATTISTA FASOLO
Un grande contributo allo sviluppo della musica organistica viene dato nel 1645
da Giovan Battista Fasolo, piemontese d’Asti, francescano dell’ordine dei Minori
Conventuali di San Francesco, come apprendiamo dal frontespizio dell’Annuale, l’opera
sua più conosciuta e l’unica destinata ad avere una ricezione quasi ininterrotta fino ai
nostri giorni. Possiamo ipotizzare una sua permanenza a Napoli grazie ad un suo
Magnificat a cinque voci e continuo ed un’elaborazione dell’ XI Salmo presenti nella
raccolta di Bartolomeo Cappello “Sacra animorum Pharmaca Musicis quinque vocum
concinentibus contexta” pubblicata a Napoli nel 1650370; il trasferimento in Sicilia
viene attestato dallo stesso Fasolo che, nelle “Arie spirituali e morali” (opus 9,
Palermo, 1659), si qualifica Maestro di cappella dell’arcivescovo di Monreale
(Palermo)371. Non sappiamo se Fasolo fosse già in Sicilia nel 1645, anno in cui
l’Annuale vide la luce.
Le intenzioni dell’autore sono ben espresse nel frontespizio dell’opera:
ANNUALE
Che contiene tutto quello, che deve far un Organista, per risponder al
Choro tutto l’Anno.
Cioè tutti gl’Hinni delli Vesperi, tutte le Messe, cioè doppia, che serve ad ambe le
classi, della Domenica, e della Beatissima Vergine Madre di Dio. Sono regolate sotto l’ordine de Toni Ecclesiastici: otto Magnificat, i cui Versetti
per pigliare tutti li toni possono servire à tutte l’occorrenze di risposte, ciascuno hà sua risposta breve per l’Antifona; otto Ricercate, otto Canzoni francese; quattro Fughe, la prima sopra la Bergamasca, la seconda sopra la Girometta,
la terza sopra la Bassa fiamenga, la quarta sopra Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La; la Salve Regina, e il Te Deum laudamus.
DI
FRA GIOVANBATTISTA
FASOLO
D’Asti, dell’Ordine de Minori Convent. Di S. Francesco.
O P E R A O T T A V A.
CON
PRIVILEGIO
[Stemma]
370
371
Walter 1977, 1
Walter 1977, 1. Vedi anche Lo Coco 1985, 188.
123
IN
VENETIA
Appresso Alessandro Vincenti. MDCXXXXV.
L’ “Avvertimento” è un manifesto di prassi esecutiva:
ALLI STUDIOSI
Questa Opera è ordinata alli Canti fermi, onde gl’Hinni sempre pigliano le note istesse
del Canto fermo; Alcuni hanno una parte de Versetti grave, altra parte allegra, e più brevi.
Ciascun hinno hà l’ultimo verso in terzetto, alludendo alla Santissima Trinità, di cui
parlano le ultime strofe: Con la mano sinistra soneranno le due parti rimesse, con la mano
destra la parte di sopra, alla ottava alta dandoli la misura del Choro. Altri Hinni particolari
di ponno ridurre à questi. Le Messe si devono sonare gravi: Molti Versetti pigliano le
istesse note, che tace il Choro; così anco il Te Deum laudamus. Se li Graduali Offertorij
saranno troppo brevi, potranno sonare una Ricercata, ò vero una delle Canzoni delli otto
Toni, che ho atteso alla brevità. Li otto toni per il Magnificat sono regolati come sopra
gl’altri. Se l’Antifona sarà breve, si potrà pigliare una delle fughe sopra gl’obligho (sic), ò
vero una delle Canzoni secondo il Tono, che caderà. Gl’Hinni si devono sonare spiritosi,
senza partirsi dal grave. Le Messe contengono canti fermi trà li Versi, Canzonette brevi,
Ricercate brevissime; e la elevazione delli versi, tanto canti fermi, quanto fughe, vogliono
essere sonate allegre, e dove sono crome, ò simicrome, si soneranno, come fossero meze
puntate, che la cantilena riesce più spiritosa. Le Canzonette alcune preferiscono il sito
naturale, & è fatto per qual varietà, così anco le Ricercate, il tutto si sonerà con misura,
hora interrotta, & hor sostenuta, non togliendo la natura del tempo. La elevazione vuol
essere gravissima; Non guardino, che le figure siano ò bianche ò negre, mà faccino cadere
(godere?) le ligature, sostenendole alquanto più della sua misura. Le Ricercate delli otto
Toni cominciano gravi, nel mezo alcuni si rompono per metà con varietà di sogetti, &
alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno stringere alquanto. Le otto
Canzoni francese sono di natura allegre, è necessario darle una misura non troppo larga,
ne troppo stretta per evitare ogni difficoltà, faccino godere li sogetti distinguendoli dalle
fughe, con percuotere il tasto di polso battendolo, acciò spicchi; Così ancora si farà alle
fughe sopra li quattro obblighi. Il rimanente si rimette alla disposizione de prudenti
Studiosi. Vivete felici.
Anche la dedica offre spunti alla comprensione della genesi dell’opera:
All’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor, e Padron mio Osservandissimo, Il Signor
Duca di Montalto Principe di Paternò etc. Molti anni sono fui richiesto dà alcuni miei
scolari, e da altri della professione di fare un Annuale continente tutto quello che deve
fare un Organista per rispondere con l’Organo al Choro; Presi l’assonto, e con progresso
di tempo lo tirai à fine. Questo è l’ottavo parto del mio pigro ingegno, si arrossisce di
comparire avanti al cospetto dell’E.V. non perché fosse così semplice (perché stando
sotto il glorioso suo nome viene esaltato, e arricchito), mà perché stà imbrattato con
l’inchiostro della mia penna; spero nella innata benignità di V. E. che non solo non lo
sprezzerà ma con magnanimo core aggradirà il mio devoto affetto; Mentre le auguro dal
Cielo il compimento de gli eroici desiderij di V. E. Alla quale humilemente m’inchino. Di
Venetia li 27. Aprile 1645. Di V. E. Humilissimo, e Devotissimo servo. Fra’ Gio: Battista
Fasolo.
L’Annuale è stampato in partitura a quattro pentagrammi seguendo la prassi dei
compositori napoletani. Si conservano oggi sette esemplari del XVII secolo:
- Vienna, Musikarchiv des MinoritenKonvents;
124
- Monaco, Bayerische Staatsbibliothek
- Regensburg, Bischofliche Bibliotek
- Assisi, Biblioteca Comunale (2 esemplari)
- Montecassino, Biblioteca dell’Abbazia
- Napoli, Biblioteca del Conservatorio
Ad Assisi, nel Settecento, si fece una copia dei dodici pezzi liberi dell’Annuale.
Altre due copie si trovano presso l’archivio musicale del MinoritenKonvents di Vienna
(ms. XIV. 728, trascrizione parziale ms. di P.A. Giessel, ca1725) e a Berlino, Deutche
Staatsbibliotethek (Mus. Ms. 40266, trascrizione completa ms. di P.A. Widmann, ca
1775)372.
Pierre Denis373 afferma che François Couperin conoscesse l’opera di Fasolo
attraverso J. J. Froberger. In particolare, il Dialogue sur les grandes jeux nell’Agnus
della Messe des Paroisses di Couperin (1690) ha lo stesso soggetto e la medesima
tonalità della Brevis modulatio post Agnus della messa in duplicibus diebus, sintomo
d’ampia e duratura circolazione dell’Annuale.
La raccolta segue fedelmente lo svolgimento dell’anno liturgico; anche Antonio
Valente374, Giovanni Maria Trabaci375 e Giovanni Salvatore376 si erano proposti lo
stesso scopo, ma la scrupolosità e la precisione di Fasolo sono incomparabili. Egli si
preoccupa di realizzare una pubblicazione che sia allo stesso tempo pratica, moderata
nella richiesta di competenze esecutive e di buona qualità. Fra le musiche liturgiche
pubblicate in Italia meridionale dopo il 1600, data di promulgazione del Caeremoniale
Episcoporum377, l’Annuale è il lavoro più sistematico e scrupoloso per gli organisti del
suo tempo. Fasolo appare estremamente ossequiente nei confronti del Caeremoniale
non prevedendo alcun versetto per il Credo ed utilizzando un linguaggio austero ben
compenetrato nel contrappunto tradizionale; il canto liturgico cui si riferiscono i versi è
sempre ben presente e riconoscibile.
E’ possibile identificare quattro sezioni fondamentali nella stesura dell’Annuale:
1. Versetti per diciannove inni preceduti dal Te Deum;
2. Versetti e pezzi liberi per le tre messe più comuni;
3. Versetti e pezzi liberi per il Magnificat seguiti dalla Salve Regina;
4. Venti pezzi liberi “dotti”, cioè otto ricercari, otto canzoni e quattro fughe.
L’Annuale segue un ordine inverso rispetto la pubblicazione di Giovanni Salvatore
del 1641 che pone i pezzi “dotti” (ricercari e canzoni alla francese) all’inizio seguiti dai
pezzi funzionali alla liturgia (toccate e versi per le tre messe più in uso).
L’Annuale manifesta col suo stesso nome l’intenzione di servire per tutto l’anno
liturgico, ma è necessaria una certa flessibilità. Fasolo stesso, nell’Avvertimento, scrive
che
Altri Hinni particolari si ponno ridurre à questi […] Se li Graduali Offertorij saranno
troppo brevi, potranno sonare una Ricercata, ò vero una delle Canzoni delli otto Toni, che
ho atteso alla brevità ed ancora. Li otto toni per il Magnificat sono regolati come sopra
gl’altri. Se l’Antifona sarà breve, si potrà pigliare una delle fughe sopra gl’obligho, ò vero
una delle Canzoni secondo il Tono, che caderà..
372
Bacciagaluppi 1999,43
Denis 1968, 61-63.
374
Vedi Cap. 1.2
375
Vedi Cap. 3.4
376
Vedi Cap. 5.1
377
Il Caeremoniale Episcoporum venne promulgato da papa Clemente VIII il 14 luglio 1600 e pubblicato
a Roma nel 1606: regola, tra l’altro, l’uso dell’organo in chiesa in relazione ai compiti della schola
cantorum.
373
125
L’Avvertimento non serve solo per organizzare il materiale musicale presente nella
pubblicazione, ma è soprattutto una finestra aperta sulla prassi organistica della prima
metà del XVII secolo e nulla vieta di applicare i “consigli” di Fasolo ad altre
pubblicazioni coeve. La scelta dei pezzi liberi veniva fatta seguendo l’unico criterio
vincolante della scelta del tono corretto: i Versetti per pigliare tutti li toni possono
servire à tutte l’occorrenze di risposte.
Il destinatario ideale dell’Annuale è un organista di buon livello, ma i pezzi
mantengono un carattere poco appariscente, direi “francescano” e senz’altro piuttosto
conservatore, tant’è vero che Fasolo stesso qualifica alcuni versetti “più moderni”.
Spesso l’organista assumeva anche il compito di istruire i giovani378. Nella
dedicatoria emerge la funzione pedagogica oltre che liturgica:
Molti anni sono fui richiesto dà alcuni miei scolari, e da altri della professione di fare un
Annuale continente tutto quello, che deve fare un Organista per rispondere con l’Organo al
Choro; Presi l’assonto, e con progresso di tempo lo tirai à fine.
Nel 1635 il sorrentino Tomaso Anfora nell’Avvertimento ai lettori dei Motetti
op. VI del Fasolo”379, scrive:
…fra pochi giorni uscirà in luce il suo annuale il qual contiene tutto quello, che deve
fare in tutto l’anno chi risponde con l’organo alle divine lodi, incominciando da gli Hinni,
tutte le tre Messe, cioè doppia, che serve ad ambe le classi, la Messa della Domenica, e
quella della Beatissima Vergine Maria, e sono regolate secondo la forma Romana, gli otto
Magnificat secondo gli toni ecclesiastici, con la risposta alle antifone. Otto ricercate; altre
tante canzoni francesi. Quattro obblighi sopra diversi sogetti, e altri capricci, che per
brevità tralascio, opera degna di qualsivoglia ingegno applicato à questa virtù. Ricevete
per hora (benegnissimi lettori) questi pochi che accompagnati con l’opera serviranno al
Mondo, per testimonio della sua virtù. Vivete felici.
L’Annuale, dunque, è stato lungamente meditato dal suo autore se dieci anni
prima della sua pubblicazione era già completo ed annunciato di imminente
pubblicazione. Commentando l’Avvertimento, Claudio Bacciagaluppi380 traccia il
seguente schema:
x Agogica
Inni:
1. Alcuni hanno una parte di Versetti brevi, altra parte allegra, e più brevi.
2. Con la mano destra [sonerà] la parte disopra [del terzetto finale], alla ottava alta
dandogli la misura del Coro.
3. Gli inni si devono sonare spiritosi, senza partirsi dal grave.
Messe:
1.
Le Messe si devono sonare gravi.
378
Un atto notarile vergato a Sclafani Bagni (nell’attuale provincia di Palermo) il 21 giugno 1654 ci
informa che il Diacono Francesco Putrusino di Cammarata (attuale provincia di Agrigento) si obbliga a
servire per cinque anni in qualità di organista, impegnandosi a suonare tutti i sabati ed i giorni festivi; si
impegna, inoltre, ad insegnare musica a dodici sacerdoti di Sclafani dando a tutti una lezione di musica al
giorno ed una lezione “di tasto” a quattro di essi. Citato in Termotto 2003, 88. Sempre all’organista
spettava il compito di sovrintendere alla costruzione o al restauro di un organo, Cfr. Cannizzaro 2002.
379
Trascritto integralmente in Bacciagaluppi 1999,87.
380
Bacciagaluppi 1999, 60.
126
2.
La elevazione dei versi, tanto canti fermi, quanto fughe, vogliono essere sonate
allegre, e dove sono crome, ò semicrome, si soneranno, come fossero mezze puntate,
che la cantilena riesce più spiritosa.
3.
Le Canzonette […], così ancora le Ricercate, il tutto si sonerà con misura, ora
ininterrotta, ed ora sostenuta, non togliendo la natura del tempo.
4.
La elevazione vuol essere gravissima; non guardino, che le figure siano ò
bianche ò negre, ma faccino cadere [recte: godere] le ligature, sostenendole alquanto
più della sua misura.
Pezzi liberi:
1.
Le Ricercate degli otto Toni cominciano gravi, nel mezzo alcuni si rompono
per metà con varietà di soggetti, e alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si
potranno stringere alquanto.
2.
Le otto Canzoni francese sono di natura allegre.
x
Tecnica organistica
Inni:
1.
Ciascun inno ha l’ultimo verso in terzetto, alludendo alla Santissima Trinità, di
cui parlano le ultime strofe: Con la mano sinistra soneranno le sue parti rimesse, con la
mano destra la parte di sopra, alla ottava alta.
Pezzi liberi:
2.
Le otto Canzoni francese […], è necessario darle una misura non troppo larga,
né troppo stretta per evitare ogni difficoltà, faccino godere li soggetti distinguendoli
dalle fughe, con percuotere il tasto di polso battendolo, acciò spicchi; Così anco si farà
alla fughe sopra li quattro obblighi.
Alcuni termini impiegati da Fasolo meritano qualche precisazione.
La misura del Choro è un’indicazione con la quale si invita l’organista a
suonare il cantus firmus alla velocità cui lo canta il coro.
I termini grave e allegro sono antitetici; da notare che le Elevazioni hanno
l’indicazione di Largo. Nelle canzoni Fasolo privilegia le indicazioni di presto ed
adagio.
La elevazione delli versi potrebbe indicare il tactus della battuta.
Il termine spiritoso sembra riferirsi al fraseggio unitamente all’indicazione di
suonare le crome e le semicrome come fossero mezze puntate. Potrebbe essere un
riferimento alla pratica francese delle notes inégales anche se Fasolo, all’occorrenza,
scrive per esteso il ritmo puntato..
Il tactus deve essere libero con misura hora ininterrotta e hor sostenuta nelle
Canzonette e nelle Ricercate. Il Largo Assai deve permettere di far godere le ligature.
L’indicazione agogica in parole ha la precedenza sulla notazione mensurale.
I versi in Terzetto, cioè a tre voci, si eseguono con la mano sinistra impegnata
nelle due parti gravi e la destra che suona la parte acuta all’ottava sopra creando, così,
grande distanza tra le voci. Spesso la distribuzione delle parti è compatibile con l’uso di
registri solistici spezzati per cui si crea l’illusione di un’esecuzione su due manuali; la
distanza della voce superiore dalle altre due è tale da farla comunque emergere
sfruttando la diversità timbrica che uno stesso registro ha tra la regione bassa ed alta
della tastiera.
E’ necessario suonare la canzoni con un tempo allegro ma tale da consentirne
la perfetta articolazione; i soggetti delle canzoni devono essere ben spiccati con
percuotere il tasto battendolo.
127
TE DEUM – Il primo versetto del testo viene intonato dal coro (Te Deum
laudamus) e completato dall’organo (te Dominum confitemur); a seguire si alternano
quasi regolarmente coro e organo sino in fondo:
1. Te Deum laudamus (coro), Te Dominum confitemur (organo)
2. Te aeternum Patrem omnis terra veneratur. (coro)
3. Tibi omnes angeli, tibi Caeli et universae Potestates (secondo verso
dell’organo)
4. Tibi Cherubim et Seraphim incessabili voce proclamant (coro)
5. Sanctus (terzo verso dell’organo)
6. Sanctus (coro)
7. Sanctus Dominus Deus Sabaoth (quarto verso dell’organo)
8. Pleni sunt caeli et terra maiestatis gloriae tuae (coro)
9. Te gloriosus Apostolorum chorus (quinto verso dell’organo)
10. Te prophetarum laudabilis numerus (coro)
11. Te Martyrum candidatus laudat exercitus (sesto verso dell’organo)
12. Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia (coro)
13. Patrem immensae maiestatis (settimo verso dell’organo)
14. Venerandum tuum verum, et unicum Filium (coro)
15. Sanctum quoque Paraclitum Spiritum (ottavo verso dell’organo)
16. Tu rex gloriae, Christe (coro)
17. Tu Patris sempiternus es Filius (nono verso dell’organo)
18. Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum (coro)
19. Tu devicto mortis aculeo aperuisti credentibus regna caelorum (manca verso
dell’organo, forse era pure affidato al coro)
20. Tu ad dexteram Dei sedes, in gloria Patris (coro)
21. Judex crederis esse venturus (decimo verso dell’organo)
22. Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti
(coro)
23. Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari (undicesimo verso dell’organo)
24. Salvum fac populum tuum Domine, et benedic hereditatis tuae (coro)
25. Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum (dodicesimo verso dell’organo)
26. Per singulos dies, benedicimus te (coro)
27. Et laudamus nomen tuum in saeculum et in saeculum seculi (tredicesimo verso
dell’organo)
28. Dignare Domine die isto sine peccato nos custodire (coro)
29. Miserere nostri Domine, miserere nostri (quattordicesimo verso dell’organo)
30. Fiat misericordia tua Domine super nos, quemadmodum speravimus in te
(coro)
31. In te Domine speravi: non confundar in aeternum (quindicesimo ed ultimo
verso dell’organo).
Gli inni hanno un numero variabile di versetti: alcuni sono in stile severo, altri più
moderni ed allegri, altri in trio alludendo alla Santissima Trinità. Ecco l’elenco
completo degli inni:
1. Hinno per tutte le Domeniche: Lucis creator optime Undecimo Tono, tre versetti;
2. Hinno per le feste della Beatissima Vergine Maria: Ave Maris stella, quattro
versi cui si aggiungono altri quattro versi facili, e più moderni, l’ultimo dei quali
ha la seguente indicazione: Il presente Terzetto, e tutti gli altri che seguiranno, si
soneranno con un registro solo: e il Soprano all’Ottava sopra, se piace.
128
3. Hinno per il Santissimo Natale di Nostro Signore, e per la Festa degli Innocenti.
Serve anco alla festa di tutti i Santi: Christe redemptor omnium, del quinto tono,
quattro versetti di cui l’ultimo è un Terzetto con il Canto fermo di misura corista.
Il Soprano si può sonare alla Ottava alta.
4. Hinno per il giorno del Epifania: Hostis Herodes impie, tre versi di cui il terzo
Terzetto alla forma del Choro.
5. Hinno per la Domenica in Albis, e per le feste degli Apostoli nel Tempo Pascale:
Ad cenam providi del undecimo Tono trasportato una seconda sotto per
comodità del Choro, tre versetti più altri tre più allegri.
6. Hinno per la Ascensione: Jesu nostra redemptio Del terzo tono, cinque versetti
di cui l’ultimo è un terzetto.
7. Hinno per la festa della Santissima Trinità, e per tutti i Sabbati dell’anno: O lux
(beata Trinitas), due versetti.
8. Hinno nella Festa della Pentecoste. Del ottavo Tono trasportato alla quarta
bassa: Veni creator Spiritus, tre versetti più altri quattro così definiti dall’autore:
Li seguenti versi sono più allegri li hò trasportati una Seconda di sotto alla natura del tono
per facilitarli, che il diesis è troppo scabroso sotto il tempo maggior perfetto e imperfetto,
chi avrà prattica, e velocità di mano le potrà ridurre alla quarta bassa;
l’ultimo verso è definito:
Sopra l’aria del Canto fermo a tre. Quando si trasporta si potrà sonare il Soprano
all’ottava alta.
9. Nella festa del Santissimo: Pange lingua, cinque versetti. Dopo i primi due, Fasolo
indica gli Altri più moderni; l’ultimo è un terzetto.
10. Nella Festa di San Giovanni Battista: Ut queant laxis. Tre versetti, l’ultimo è
definito Senza la misura del Choro.
11. Nella festa di San Pietro Apostolo: Aurea luce, Del terzo tono.
12. Nel commune delli Apostoli: Exultet luminum, del quarto tono, tre versetti più altri
quattro più allegri; l’ultimo è un terzetto
con il Canto fermo che camina alla misura del Choro. Il Soprano si può sonare all’ottava alta
che farà bono effetto.
13. Hinno del terzo tono. Nel comune de’ Martiri: Deus tuorum militum: tre versi, il
secondo Allegro, il terzo con Il Contralto all’ottava ad libitum. Sempre Fasolo scrive
Nel comune delli Apostoli, e Martiri del tempo Paschale, si piglia sopra l’Hinno Ad çenam
agni providi.
14. Nelle feste de’ più Martiri: Sanctorum meritis, quattro versetti di cui l’ultimo
Terzetto alla misura del Choro.
15. Hinno nel comune dè Confessori Pontefici, e non Pontefici: Iste Confessor, cinque
versetti. Il terzo è un Terzetto grave, e largo assai si Suonerà per far godere li
scontri delle parti; il quarto è un Altro Terzetto con la misura del Choro. Il Soprano
si può Sonare all’ottava alta.
16. Nelle Feste delle Vergini. Jesu corona virginium.
17. Nelle Feste delle Sante Vedove: Fortem virili pectore.
129
18. In festo Sancti Patris mei Francisci: Proles de coelo prodiit. Himnus Quinti Toni
accidentalis, translatus ad quartam inferior, ut modulatur Chorus. Sei versetti; dopo
i primi tre Fasolo annota: Alii antecedentibus moderniores; l’ultimo è definito
Modulus choristicus, pars acuta ad Diapason intensum. Nel quinto versetto dell’inno
si riconoscono sette battute tratte dal Capriccio sopra ut re mi fa sol la di
Frescobaldi381
19. In secundis Vesperis et ad processiones: Decus morum dux minorum. Himnus
Octavi Toni accidentalis. Cinque versetti l’ultimo dei quali è Modulus choristicus.
Nell’organizzazione dei versetti delle messe, Fasolo appare molto vicino alla
concezione di Giovanni Salvatore: entrambi affrontano le messe in maniera sistematica
ed ordinata benché il napoletano elabori solo le parti dell’Ordinario; comune è nel
primo versetto del Kyrie con l’impiego della melodia gregoriana in “cantus firmus”.
Salvatore si distingue solo per l’inserzione di versetti in stile toccatistico non basati sul
gregoriano che mai Fasolo impiega per i suoi. Nell’Annuale sono presenti le tre messe
più frequentemente elaborate per l’”alternatim”:
x MISSA IN DOMINICIS DIEBUS (Messa Orbis Factor, XI del Kyriale)
x MISSA IN DUPLICIBUS DIEBUS (Messa Cunctipotens o Apostolorum, IV del
Kyriale)
x MISSA BEATAE MARIAE VIRGINIS (Cum jubilo, IX del Kyriale).
Ecco in tabella la distribuzione dei versetti per ciascuna messa:
381
Cfr. Cera 2003, 100.
130
Fasolo introduce l’organo direttamente al primo Kyrie senza far cenno ad alcuna
Toccata avanti la messa che, pur quasi sempre improvvisata, era di corrente prassi.
Gabrieli, Frescobaldi, Salvatore ed altri hanno esplicitamente scritto toccate per
introdurre la messa ma Adriano Banchieri382 descrive l’uso di far coincidere il brano per
l’Introito col primo versetto del Kyrie. L’Annuale offre un altro dubbio circa la prassi
dell’alternanza dei versetti del Kyrie: nella Messa della Domenica, infatti, i versetti sono
solo quattro (Primum Kyrie, Christe, Aliud Kyrie, Kyrie Ultimum) mentre le altre due
messe, come le pubblicazioni degli altri autori di quel tempo, hanno cinque versetti (il
Kyrie constava di 9 versetti, 5 dispari affidati all’organo, 4 pari al coro). Fasolo
impiega la dicitura Brevis modulatio post Epistolam in luogo della più frequente canzon
dopo l’epistola; in realtà la Brevis modulatio post Epistolam di Fasolo è una canzone
strumentale in sezione unica (Messa della Domenica), tripartita (Messa degli Apostoli)
e bipartita (Messa della Madonna). La Gravis modulatio Pro Offertorio corrisponde
stilisticamente ai Ricercari Dopo il Credo di Frescobaldi383. Nelle Messe della
Domenica e della Madonna vengono fusi il Benedictus e l’Elevazione (Benedictus et
Elevatio simul), prassi che si riscontra anche in messe organistiche francesi.
Fasolo compone otto Magnificat negli otto toni ecclesiastici, more regulantur
choristico ad breviorem formam dando, così, un’impostazione sistematica alla serie dei
versetti. L’organizzazione dei Magnificat di Fasolo prevede il primo versetto diviso tra
officiante (Magnificat) ed organista che completa il versetto (…anima mea Dominum),
i versi pari dal 2° al 12° affidati all’officiante, i versi dispari dal 3° all’11° affidati
all’organista. Al termine del cantico vi è un breve brano (sostituibile da una fuga o da
una canzona a seconda del tono384) da eseguire in luogo dell’antifona post Magnificat;
Fasolo scrive anche indicazioni accessorie:
x Magnificat Primi Toni: Pulsetur loco Antiphonae post Magnificat. Autenticus
maioris perfectionis accidentalis385.
x Magnificat Secundi toni : Post Magnificat loco Antiphonae. Brevis modulatio
x Magnificat Tertii Toni: Post Magnificat. Brevis modulatio loco Antiphonae
x Magnificat Quarti Toni: Brevis modulatio. Post Magnificat loco Antiphonae
x Magnificat Quinti Toni, traslatus ad quarta inferior: Loco Antiphonae post
Magnificat (Brevis modulatio)
x Magnificat Sexti Toni: Brevis modulatio. Post Magnificat loco Antiphonae.
x Magnificat Septimi Toni, Traslatus ad quartam inferius commoditatis causa: Post
Magnificat loco Antiphonae. Brevis molulatio
x Magnificat Octavi Toni: Post Magnificat loco Antiphonae (Brevis modulatio).
Anche la Salve Regina è stata scritta in versetti per l’alternanza; il primo versetto è
preceduto dalle quattro note dell’incipit della melodia gregoriana mentre gli altri non
hanno alcuna dicitura. Valentino Donella386 propone la seguente divisione:
Salve regina (intonazione)
382
Banchieri 1605, 99
Frescobaldi 1635.
384
Cfr. introduzione “Alli studiosi”
385
E’ interessante la sottolineatura di Fasolo che il pezzo è nel primo modo autentico perfetto ma con
diversi accidenti: in effetti ricorrono frequentemente il si bemolle, il fa e il do diesis.
386
Donella 1986, 301.
383
131
Mater misericordiae (organo , versus primus)
Vita dulcedo (coro)
Ad te clamamus (organo , versus secundus)
Ad te suspiramus (coro)
Eja ergo (organo, versus tertius)
Et Jesum (coro)
O clemens (organo, versus quartus)
O pia (coro)
O dulcis Virgo Maria (organo, versus quintus)
Le otto Ricercate costituiscono la sezione “dotta” dell’Annuale in perfetta linea con
le pubblicazioni di Mayone387, Trabaci388 e Salvatore389. Giovan Battista Fasolo, come
Giovanni Salvatore, resta fedele agli otto toni tradizionali e non prende in
considerazione la composizione di dodici ricercari nei dodici toni.
Fasolo scrive nell’Avvertimento che
Le Ricercate delli otto Toni cominciano gravi, nel mezo alcuni si rompono per metà
con varietà di sogetti, e alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno
stringere alquanto.
Le otto Ricercate potevano essere liberamente impiegate dall’organista,
specialmente negli offertori; esse sono monotematiche (ad eccezione dell’ottava che è
bitematica) in un’unica sezione, a quattro voci con prevalenza di note bianche e chiavi
basse, con le stanghette di battuta segnate ad ogni breve, salvo passare ad un intervallo
di semibreve per marcare un cambiamento di tactus; per tutte le ricercate l’indicazione
ritmica è il “tempo imperfetto”.
La Ricercata Prima del primo tono è una citazione del soggetto e del
controsoggetto della “Fantasia cromatica” di J. P. Sweelinck390. All’identità del
soggetto non corrisponde, però, un’identità formale: la fantasia di Sweelick procede,
infatti, con un’intensificazione progressiva di diminuzioni e sezioni contrastanti verso il
climax conclusivo, Fasolo preferisce una struttura “ad arco” con un addensamento delle
parti ed una maggiore vivacità ritmica al centro della ricercata per allentare la tensione
verso la fine; Fasolo, infine, non trasforma mai il soggetto per diminuzione.
La Ricercata Seconda del secondo tono ecclesiastico è pure costruita con la
struttura “ad arco” riscontrata nella prima; il soggetto, esposto nel secondo tono
trasportato una quarta superiore “per b molle” è identico al soggetto della canzona
quinta come pure il primo controsoggetto. Terminata l’esposizione, Fasolo fa seguire
un episodio libero in crome con le stanghette poste ad ogni semibreve per segnalare che
queste nella metà si potranno stringere alquanto benché non sia semplice stabilire
quanto il tactus possa essere accelerato.
La Ricercata Terza del terzo tono presenta una struttura in tutto simile alla
seconda ricercata con una significativa differenza: l’episodio centrale in crome con
l’accelerazione del tactus sfrutta la diminuzione del soggetto e l’enfatizzazione del
ribattuto presente nella testa del soggetto. Tale economia di materiale conferisce alla
ricercata un’unità e coerenza che non si riscontra nella precedente.
387
Cfr. Cap 3.3.
Cfr Cap. 3.4.
389
Cfr. Cap. 5.1.
390
Cfr Cera 2003, 101.
388
132
La Ricercata Quarta del quarto tono ha un episodio in crome molto dilatato che
ha inizio alla battuta 29; le crome riprendono in diminuzione un frammento del
controsoggetto che viene rimbalzato tra le quattro voci quasi fino alla fine della
ricercata. Benché le ultime cinque battute non presentino più la figurazione rapida in
crome, le stanghette continuano ad essere frapposte per semibreve.
La Ricercata Quinta del quinto tono non presenta alcuna sezione contrastante con
variazione del tactus se si eccettuano due misure in semibreve coincidenti con l’entrata
del soggetto al basso. La ricercata procede con molta regolarità sfruttando
principalmente la caratteristica scala tematica ascendente di semiminime presentata
spesso in inversione; la cadenza conclusiva si fonda su una breve cadenza composta sul
Do, quinto grado, che risolve sul Fa, nota caratteristica del quinto tono.
La Ricercata Sesta del sesto tono è scritta con il Si b in chiave pur essendo nel
sesto tono naturale (evidentemente il Si b non rappresenta una trasposizione ma è
indicato per la estrema ricorrenza durante il brano); come la Ricercata Quinta non
presenta alcuna sezione contrastante (vi è una singola misura con fioriture di crome al
basso a 12 battute dalla fine) ed ha la stessa scala ascendente di semiminime che non
viene, però, proposta in inversione durante lo svolgimento del brano.
Nella Ricercata Settima del settimo tono Fasolo riprende la struttura “ad arco”
limitatamente, però, all’addensamento delle parti mentre non si riscontrano battute
“strette” in semibrevi ; la tensione, così, viene creata da sincopi e contrattempi tra le
parti finché non si allenta molto gradatamente verso la fine rimarcata da un pedale alla
voce superiore.
La Ricercata Ottava dell’ottavo tono è la più complessa dal punto di vista
formale essendo, infatti, l’unica ad avere tre sezioni; in più è bitematica col secondo
soggetto che si trasforma in controsoggetto del primo nella terza ed ultima sezione: si
avvicina, quindi, alla forma della canzone. Questa Ricercata non presenta battute
“strette” né particolari addensamenti di voci o intensificazioni ritmiche.
Fasolo ha voluto dare un ordine sistematico secondo la teoria modale anche nelle
canzoni; è una novità poiché nessuno prima di lui si era preoccupato di ciò. Persino
Giovanni Maria Trabaci391, che tanta cura aveva a sua volta profuso nella pubblicazione
dei suoi ricercari e dei versetti, ha pubblicato sette canzoni nel suo primo libro del 1603
senza un ordine sistematico nella scelta dei modi ed una sola nel secondo libro del 1615.
Fasolo, invece, riutilizza l’ordine già scelto per le ricercate con l’unica eccezione nella
terza canzone che è in un tono misto di quarto e di terzo.
Le canzoni del Fasolo sono spesso divise in tre sezioni con il soggetto della
seconda sezione che contrasta ritmicamente e melodicamente con il soggetto d’apertura,
generalmente col caratteristico ritmo dattilico; nella terza sezione, poi, il secondo
soggetto funge da controsoggetto del primo, oppure il primo ritorna in doppio
contrappunto con un nuovo controsoggetto più movimentato. I soggetti vengono
sottoposti sia a diminuzione che a variazione ritmica e melodica. La notazione è in note
nere, le chiavi sono spesso alte e le stanghette sono poste ad ogni breve. Come spesso
accade nell’Annuale, Fasolo è molto preciso nelle didascalie circa il modo di ciascuna
canzona.
Primo Tono accidentale. Canzone Prima. In questo caso, come nel brano alla
fine del primo Magnificat, il primo tono è corredato da diversi segni di alterazione: i più
frequenti sono il Sib , il Fa e Do# ma ricorrono anche il Mib ed il Sol#; tutte le cadenze
sono tonali. Il soggetto presenta delle analogie col tema della Canzon prima di
Tarquinio Merula392. La canzone è in tre sezioni (nei tempi C – 6/4 – C), il
391
392
Cfr. Cap 3.3.
Cera 2003, 102.
133
controsoggetto della prima sezione diventa soggetto nella seconda sezione, la terza
sezione riprende il soggetto393 e il controsoggetto della prima.
Secondo Tono trasportato alla quarta alta. Canzon Seconda. Il secondo tono è
trasportato per mezzo del B molle. La canzone è in tre sezioni (tutte in tempo C e con
indicazione di ritornello): prima e terza sezione coi medesimi soggetto e controsoggetto,
la seconda con un soggetto indipendente non derivato da altre sezioni.
La Canzone seconda ricalca il tema e buona parte dell’esposizione della Canzona quarta
del secondo libro di toccate di Frescobaldi , trasposta un tono sopra e curiosamente in
modo minore anziché maggiore. Il tema della Canzona di Frescobaldi viene variato da
Fasolo con note ribattute in ritmo dattilico e una “figura circulans” ma lo sviluppo
contrappuntistico fino a metà di battuta 8 coincide chiaramente con quello di Frescobaldi;
il brano di Fasolo prosegue in modo del tutto autonomo.394
Tono misto di quarto col diesis e di terzo per seconda parte, con la cadenza
naturale. Canzon Terza. La canzone è in quattro sezioni (tutte in tempo C): I, III e IV
nel quarto modo con Fa diesis, II nel terzo modo naturale, l’unica ad avere la cadenza
modale caratteristica del proprio modo. Ecco la distribuzione dei temi:
I sezione: tema A (soggetto)395
II sezione: tema B (soggetto)
III sezione: tema A diminuito (soggetto), tema B (controsoggetto)
IV sezione: tema A modificato (soggetto), tema B modificato (controsoggetto).
Quarto Tono naturale. Canzon Quarta. Questa canzone esordisce con 8 battute
in forma di toccata, genere peraltro non rappresentato nell’Annuale. Le tre sezioni (nei
tempi C- 6/8 – C) hanno lo stesso soggetto, modificato ritmicamente nella sezione
centrale.
Quinto Tono trasportato alla quarta. Canzon Quinta. Il brano, senza alterazione
del b molle, si divide in tre parti (nei tempi C – C3/2 – C), di cui la seconda svolge in
ritmo ternario un secondo soggetto contrastante col primo della prima parte, e termina
con un breve “Adagio” cadenzante. La terza rielabora il primo soggetto sfociando in una
coda di passaggi in semicrome.
Sesto Tono naturale. Canzone Sesta. E’ insolitamente bipartita (nei tempi C –
C3/2) e, pur essendo nel sesto tono naturale, presenta il Si bemolle in chiave dall’inizio.
La prima sezione è molto lunga se paragonata alle altre canzoni, la seconda impiega lo
stesso soggetto variato ritmicamente.
Nella Canzona sesta Fasolo attinge di nuovo al secondo libro di toccate [di Frescobaldi],
introducendo da battuta 61 quasi tutta la bellissima sezione imitativa cromatica della
Toccata settima, questa volta senza trasposizione.396
Settimo Tono. Canzon Settima. Il brano presenta delle similitudini con la quinta
canzone: si divide in tre parti (nei tempi C – C3/2 – C) con la seconda sezione che
termina con una cadenza di tre battute in stile toccatistico. Vi è un unico soggetto,
identico nella prima e nella terza sezione ma con controsoggetti differenti, variato
ritmicamente ma non melodicamente nella seconda.
393
Il primo tema della Canzon Prima è identico in tre composizioni di Tarquinio Merula: Capriccio,
Canzon (I) e Canzon “La Loda”, cfr. T. MERULA, Composizioni per organo e cembalo a cura di Alan
Curtis, Brescia, 1961, Paideia.
394
Cera 2003, 106-107.
395
Dopo l’esposizione del primo soggetto, Fasolo introduce tre battute e mezze molto simili al Capriccio
sopra ut re mi fa sol la di Frescobaldi. Cfr Cera 2003, 107.
396
Cera 2003,102.
134
Ottavo Tono. Canzon Ottava. Questa canzone presenta una grande densità
contrappuntistica e fluisce dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità; il soggetto
cromatico, ricavato dal soggetto della Canzone terza del secondo libro di toccate di
Frescobaldi e solo lievemente modificato, non varia durante il corso del brano ad
eccezione delle battute 54-55 in cui la testa del soggetto è trasformata diatonicamente e
proposta in aumentazione. Come il ricercare ottavo ha molte caratteristiche della
canzone, così la canzone ottava ha molte caratteristiche del ricercare; i due brani,
quindi, sono idealmente collegati da Fasolo che dimostra di avere attenzione
all’equilibrio macrotestuale dell’Annuale397.
Le quattro fughe sopra obblighi sono basate su un solo soggetto che, nel corso del
pezzo, è sottoposto a variazioni di tipo diverso. Le fughe si dividono in due o tre sezioni
e si trova sempre un controsoggetto che sostituisce quello usato nella prima esposizione
ma che non viene mai impiegato come soggetto indipendente. La notazione è in note
nere, le chiavi sono spesso alte e le stanghette sono poste ad ogni breve. Anche in
questa parte dell’Annuale il pensiero corre alla produzione organistica di Girolamo
Frescobaldi. Frederic Hammond398 ha rimarcato che i Capricci del 1624 ed i Fiori
Musicali del 1635 del ferrarese contengono pezzi sopra tutti i quattro soggetti impiegati
da Fasolo nelle sue fughe. Non si avverte, tuttavia, l’influenza compositiva di
Frescobaldi nelle fughe di Fasolo, il quale segue il modello formale delle canzoni
monotematiche.
Sopra la Bergamasca. Fuga Prima. Benché sia difficile stabilire una relazione tra
data di composizione e data di pubblicazione, è interessante istituire un paragone con la
“Canzone Francese Quarta ed Ultima, del Settimo Tuono Naturale sopra il Ballo della
Bergamasca” di Giovanni Salvatore399. Salvatore espone compiutamente il tema della
Bergamasca mentre Fasolo fa intervenire la risposta già alla quinta nota del tema, ma
entrambi presentano il soggetto nella sua veste melodica più consueta. Nella sua
Bergamasca, Salvatore all’esposizione del tema fa seguire quattro variazioni
caratterizzate da differenti trattamenti contrappuntistici; Fasolo preferisce tre sezioni
(nei tempi C – C3/2 – C) con un episodio contrastante centrale ed un ritorno variato alla
forma iniziale nella terza sezione che va a concludere con una coda in semicrome dove
si sente al basso (battute 62 – 65) l’intero tema della Bergamasca come non si era udito
nelle esposizioni delle tre sezioni.
Girometta. Fuga Seconda. Molto più semplice appare la struttura formale della
seconda fuga sopra la melodia popolare della “Girometta”: due sezioni in tempo C di
cui la prima è in imitazione, la seconda presenta il soggetto sia in diminuzione che in
aumentazione. Le seconda sezione viene denominata da Fasolo “Fuga d’inganno” forse
per la presenza del Fa diesis nel soggetto che fa distare la seconda nota del tema di un
tono dalla prima mentre nella prima sezione vi è un semitono.
Sopra la Bassa Fiamenga. Fuga Terza La fuga è tripartita con tutte le sezioni in
tempo C; la prima sezione è in stile imitativo, la seconda elabora solo la parte iniziale
del soggetto (solo una volta il soggetto viene proposto integralmente ma col secondo
inciso trasportato una quarta sopra, batt. 43 - 44) con un controsoggetto diverso, la terza
riprende il soggetto così come proposto all’inizio ma il controsoggetto ha una forte
caratterizzazione con ritmo puntato.
Sopra Ut, Re, [Mi, Fa, Sol, La,] Fuga Quarta. Questa fuga, la più lunga delle
quattro, ha anch’essa tre sezioni: la prima imitativa, la seconda contrastante in un
tactus più lento con stanghette ad ogni breve, la terza più vivace e libera. Le tre sezioni
397
Bacciagaluppi 1999, 74.
Hammond 1979, 115 – 116, nota 68.
399
Vedi Cap.5.1, 152.
398
135
presentano una coerenza strutturale generata dal criterio delle entrate del soggetto che si
fanno progressivamente sempre più ravvicinate. I pezzi che impiegano il tema
dell’esacordo ascendente assumono in opere di altri autori il carattere programmatico
dell’esplorazione di ogni recesso della tecnica compositiva e, per tale motivo, vengono
collocati all’inizio delle raccolte; in Fasolo non si avverte questa esigenza . Il respiro di
questa fuga, tuttavia, è decisamente più ampio e severo se paragonato alle altre tre.
L’Annuale di Fasolo ha frequenti “colte citazioni”, soprattutto di Frescobaldi.
Anche Giovanni Battista Fasolo doveva essere ripieno di ardore frescobaldiano e
questo è confermato non solo dalle numerose citazioni ma anche dallo stile generale della
musica contenuta nell’Annuale, generalmente assai vicina al Frescobaldi
contrappuntistico piuttosto che a quello delle Toccate. Nella scrittura imitativa dei versetti
e delle Ricercate ritroviamo la passione per i ritardi frequenti e il movimento tranquillo
delle parti. Molti temi e controsoggetti delle Canzoni sono memori delle strutture
ritmiche che Frescobaldi usa nel medesimo genere; anche la scrittura rallentata che
conclude ogni sezione si ritrova in Fasolo, e così per molti altri dettagli riconducibili a
Frescobaldi.
L’Annuale apparve nel 1645, solo due anni dopo la morte di Frescobaldi e a ventuno e
diciotto anni rispettivamente all’uscita del Capricci (1624) e del Secondo libro di Toccate
(1627), le opere più spesso citate da Fasolo; perciò difficilmente Fasolo avrebbe potuto
far passare inosservati i numerosi prestiti inseriti nelle sue musiche. Dunque prevarrebbe
l’idea di citazione.[…]La visione si fa ancor meno rosea pensando alla lunghissima
citazione di Sweelinck, musicista senz’altro sconosciuto in Italia ai tempi di Fasolo e che
era facile contrabbandare in silenzio.400
Probabilmente Fasolo non ebbe intenzioni disoneste nel riportare, a volte anche
integralmente, sezioni di brani di altri autori: la natura stessa dell’Annuale, compendio
di musiche per la liturgia, potrebbe giustificare la citazione di altri autori; Fasolo non
ricorre mai a musiche preesistenti nei brani esclusivamente liturgici (Inni, Magnificat,
Versetti, etc) mentre le citazioni abbondano nei pezzi a destinazione liturgica non
univoca (Ricercari , Canzoni, Fughe), eseguibili in momenti diversi: la presenza di altri
autori dimostrerebbe l’impiego nella liturgia di brani per organo non pensati
necessariamente per essa. Ai nostri occhi sarebbe sembrato più opportuno, tuttavia,
sottolineare chiaramente la provenienza delle citazioni sul modello dell’ Adjunctum
Frescobaldicum inserito da frate Spiridonis a Monte Carmelo (al secolo Johann
Nenning) nel terzo volume della sua Nova instructio pro pulsandis organis401, trattato di
composizione e di improvvisazione organistica pubblicato in Bamberga nel 1670.
400
401
Cera 2003, 114-115.
Ed. moderna a cura di Edoardo Bellotti, Andromeda Editrice, Colledara (Te), 2003.
136
4.3 BERNARDO STORACE
Il frontespizio della Selva di Varie Composizioni per Cimbalo ed Organo è l’unica
fonte biografica di Bernardo Storace.
SELVA
DI VARIE COMPOSITIONI
D’INTAVOLATURA PER CIMBALO
ED ORGANO
OVE SI CONTENGONO
Capricci, e Partite Sopra Diverse Arie
Toccate, Canzoni, e Recercari
Correnti, Gagliarde, Balletti, Ciaccone
Passagagli Sopra Varij Toni
E nel Fine Una Pastorale
DI
BERNARDO STORACE VICE MAESTRO
DI CAPPELLA DELL’ILLmo SENATO
DELLA NOBILE ED ESEMPLARE CITTA’ DI
MESSINA
In Venetia 1664
Con Licenza de Superiori
Il frontespizio è decorato con motivi floreali e con raffigurazioni di strumenti
musicali: un’arpa, una viola da braccio, una viola da gamba, un liuto, una tiorba ed un
organo portativo. Nella pagina successiva sono raffigurati due angeli nell’atto di aprire
una tenda su uno sfondo bianco che avrebbe probabilmente dovuto accogliere la dedica:
la Selva è l’unica fra le pubblicazioni esaminate in questo studio ad essere sprovvista di
dedica.
La Selva di Varie Composizioni, unica opera conosciuta di Bernardo Storace, è
pervenuta ai nostri giorni in un unico esemplare che si trova nella Biblioteca del
Conservatorio di Napoli402 ;
[…] assai difficili risultano gli agganci culturali, che devono basarsi quasi
unicamente su considerazioni inerenti i tratti stilistici delle varie composizioni in essa
contenute.
Purtroppo non ci rimane neppure il nome dello stampatore che nel 1664 curò a
Venezia l’edizione della raccolta facendola incidere su lastre di rame, procedimento
notoriamente costoso e perciò riservato alle pubblicazioni più prestigiose. L’accurata ed
elegante grafia dell’incisore, che si svolge sui due righi dell’intavolatura italiana per
tastiera, mette in risalto il trattamento virtuosistico e tipicamente strumentale delle voci.
In questo lo Storace si rivela più vicino alla scuola cembalo-organistica del nord che
ai coevi compositori dell’area meridionale, nei quali l’uso dei quattro righi corrisponde ad
402
Segnatura NA0059
137
una maggior fedeltà a tecniche di scrittura tradizionali. A questi ultimi lo legano d’altra
parte almeno una certa particolare predilezione per gli intervalli cromatici e il
conseguente modo un po’ eccentrico di porre le dissonanze. Il non costante uso delle
quattro voci, che sempre più diventerà una caratteristica idiomatica della letteratura
clavicembalistica, indurrebbe anche a non considerare casuale il fatto che nella dicitura
presente sul frontespizio della raccolta il Cimbalo si anteposto all’Organo.403
La Selva è l’unica pubblicazione di un compositore del sud d’Italia in intavolatura
italiana per tutto il XVII secolo; i manoscritti, invece, la impiegano più frequentemente.
Nel Manoscritto Rossi404, risalente ai primi anni del 1600, un capriccio di De Macque è
intavolato, l’intero Manoscritto Cimino405 del 1675 impiega l’intavolatura così come
Gaetano Greco per i suoi pezzi per clavicembalo406 risalenti alla fine del XVII secolo.
L’opera di Storace può essere divisa in quattro parti:
1. partite sopra “tenori” (Capriccio sopra il Passo e Mezzo, Passo e Mezzo,
Altro Passo e Mezzo, Romanesca, Aria sopra la Spagnoletta, Monica,
Partite sopra il Cinque Passi, Follia)
2. variazioni su basso ostinato (quattro Passagagli ed una Ciaccona);
3. danze stilizzate (Balletto, Ballo della Battaglia, due Correnti)
4. pezzi organistici (due Toccate e Canzoni, due Ricercari ed una Pastorale).
Tenendo sempre ben presente l’ambivalenza strumentale di tutti i brani, a mio
parere, il titolo dell’opera rispecchia la distribuzione dei brani: i brani elencati ai punti
1., 2. e 3. appaiono più appropriati al clavicembalo, i brani al punto 4. sono
manifestamente organistici.
PARTITE SOPRA TENORI
La Selva inizia con tre brani sopra il Passo e mezzo; Storace non apre la sua
pubblicazione con brani contrappuntistici “dotti”. Egli impiega il termine di Capriccio
solo per il primo dei tre brani lasciando la semplice indicazione di Passo e mezzo e
Altro Passo e mezzo per gli altri due.
Il Capriccio è fondato sul passo e mezzo moderno, gli altri due sul passo e mezzo
antico; le singole “partite” sono dilatate poiché Storace impiega le note fondamentali del
passo e mezzo arricchite da ornamenti armonici: le otto note fondamentali del “passo e
mezzo nuovo” (I – IV – I – V – I - IV – I – V – I) coprono 18 battute di semibrevi.
Ecco lo schema armonico della prima variazione:
Basso fondamentale del passo e mezzo
I – LA
Gradi intermedi (ornamento armonico)
1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) - 7(sol) –
1(la)
1(re) – 4(sol) – 5(la) – 1(re) – 7(do#) –
6(si)
1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) – 7(sol#) –
6(fa#)
1(mi) – 4(la) – 5(si) – 1(mi) – 7(re) –
1(mi)
1(la) – 7(sol) – 1(la)
1(re) – 4(sol) – 5(la) – 1(re) – 5(la)
1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) – 5(mi)
IV – RE
I – LA
V – MI
I – LA
IV – RE
I – LA
403
Introduzione all’edizione anastatica curata da Laura Alvini, S.P.E.S, Firenze, 1982.
Vedi Cap. 3.2.
405
Vedi Cap. 5.2
406
Lippman, 1987, 285-306.
404
138
V – MI
1(mi) – 4(la) – 5(si) – 1(mi) – 6(do#) –
7(re) – 1(mi)
1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la)
I – LA
Questo schema armonico resta inalterato per altre tre variazioni, per poi arricchirsi
di cadenze sospese intermedie e di progressioni nell’ultima variazione.
La scrittura di Storace non è rigidamente vincolata alle quattro voci, è orientata
all’esaltazione dei rapporti tonali e preannuncia forme e stilemi propri della letteratura
clavicembalistica del XVIII secolo; convivono, però, espressioni tipiche frescobaldiane
quali le doppie tirate in semicrome.
Storace varia spesso l’andamento metrico delle variazioni impiegando anche nomi
di danze (gagliarda e corrente).
Ecco lo schema ritmico delle variazioni dei tre “Passi e mezzo”.
x Capriccio sopra il passo e mezzo
Prima Parte – tempo C.
Seconda Parte – tempo C.
Terza Parte – tempo C.
Quarta Parte – tempo C.
Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2
Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2
Settima Parte – CORRENTE – tempo 6/4
Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 12/8 (anche 8/12 e C)
x Passo e mezzo
Prima Parte – tempo C.
Seconda Parte – tempo C.
Terza Parte – tempo C.
Quarta Parte – tempo C.
Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2
Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2
Settima Parte – CORRENTE – tempo 3/4
Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 3/4
x Altro passo e mezzo
Prima Parte – tempo C.
Seconda Parte – tempo C.
Terza Parte – tempo C.
Quarta Parte – tempo C.
Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2
Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2
Settima Parte – CORRENTE – tempo 3/4
Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 3/4
Le altre partite sono la Romanesca, l’Aria sopra la Spagnoletta, la Monica, il
Capriccio sopra Ruggiero, le Partite sopra il cinque Passi e la Follia. Qui le note dei
“tenori” coincidono con il basso fondamentale delle singole partite; in ciascuna partita
della Romanesca la cadenza conclusiva del “tenore” viene ripetuta407.
A differenza dei Passi e mezzo, le partite sopra i “tenori” non presentano cambi di
metro ad eccezione di Monica e la Follia.
x Romanesca: sei parti in tempo C.
407
Cfr. Cap. 5.3, 186.
139
x
x
x
x
x
Aria sopra la Spagnoletta: sei parti in tempo 6/4.
Monica: prime sei parti in tempo C, settima e ottava in tempo 12/8 (corrente).
Capriccio sopra Ruggiero: nove parti in tempo C.
Partite sopra il cinque Passi: 15 parti in tempo C.
Follia:le prime tredici parti in tempo 6/4, dalla quattordicesima alla diciottesima
in tempo 3/2.
Storace predilige il criterio intensivo nell’articolazione delle variazioni: le prime
sono sempre ben fissate nella struttura armonica, le successive presentano delle
figurazioni sempre più diminuite; ciascuna partita viene caratterizzata da una chiara
figurazioni ritmica. In presenza di metri ternari è frequente il salto di ottava tra le due
voci gravi che marca il senso tonale del passaggio: la nota all’ottava grave giunge
alternativamente dopo una o due pause (Fig 4.3.1.) creando un forte accento ritmico.
Fig. 4.3.1.: Storace, Capriccio sopra Ruggiero, batt. 2-3.
Nei metri binari, Storace impiega con più regolarità le imitazioni contrappuntistiche
tra le varie parti; generalmente vengono diminuite prima le voci acute e
successivamente quelle gravi.
VARIAZIONI SU BASSO OSTINATO
Storace pubblica quattro Passagagli ed una Ciaccona così articolati:
N.°
di
frasi
Tonalità
Passagagli pag. 43
Prima partita
Seconda partita
31
8
La min.
La min.
3/2
3/2
Terza partita
Quarta partita
Quinta partita
Sesta partita
7
13
19
20
La min
La min
La min
La min.
3/2
6/4
6/4
6/4
Passagagli pag. 50
Prima partita
Seconda partita
27
14
Do min.
Do min.
3/2
6/8
Terza & Ultima partita
20
Do min.
3/2
Passagagli pag. 56
Prima partita
13
Re min.
3/2
Titolo
Sottotitoli
Tempo
140
Altro
modo
Altro
modo
A tempo
Seconda partita
14
Re min.
3/2
Passa ad altro tono
Prima partita
1
4
Modul.
La min.
3/2
3/2
Seconda partita
Terza partita
Quarta partita
Passa ad altro tono
Prima partita
Seconda partita
7
5
8
1
11
9
La min.
La min.
La min.
Modul.
Mi min.
Mi min.
3/2
3/2
3/2
3/2
3/2
12/8
Passa ad altro tono
Prima partita
Seconda
&
ultima
partita
1
11
10
Modul.
Si min.
Si min.
12/8
3/2
3/2
Passagagli pag. 65
(Senza titolo)
Passa ad altro tono
(Senza titolo)
Passa ad altro tono
(Senza titolo)
21
1
15
1
36
Fa min.
Modul.
Sib min.
Modul.
Mib
magg.
¾
¾
¾
¾
¾
Ciaccona
Prima parte
51
3/1
(Frase modulatoria)
Seconda parte
1
13
(Frase modulatoria)
Terza parte
1
15
(Frase modulatoria)
Quarta & ultima parte
1
27
Do
magg.
Modul.
Fa
magg.
Modul.
Sib
magg.
Modul.
Do
magg.
Modo
pastorale
Modo
pastorale
Altro tono
Vario
Ordinario
Altro
modo
pastorale
A tempo
Grave
Allegro
3/1
9/8
9/8
9/8
9/8
3/1
I Passagagli sono generalmente in tempo ternario mentre la Ciaccona privilegia
l’organizzazione metrica senaria.
[…] ciaccona e passacagli sono contraddistinti da due “bassi armonici” molto affini:
nel giro di due o di quattro battute il basso si porta dalla tonica alla dominante, per
ricadere sulla tonica alla ripresa del basso stesso. Nei passacagli il basso scende
generalmente per grado congiunto dalla tonica al sesto grado per poi esporre la formula
cadenzante ([terzo], quarto e quinto grado); nella ciaccona il basso suole invece portarsi
direttamente dalla tonica alla dominante, poi al sesto grado, indi cadenzare in modo
analogo, se non del tutto identico ai passacagli.408
408
Tagliavini 1983, 124. Si veda anche Hudson 1967.
141
Storace impiega il cambio di tempo come elemento distintivo di sezioni differenti a
volte scrivendo indicazioni quali “modo pastorale”, “a tempo”, “grave”, “allegro”,
“vario” ed “ordinario”. Il “modo pastorale” si caratterizza per l’imitazione degli stilemi
tipici delle musiche siciliane per zampogna409.
Storace impiega diverse formule armoniche per differenziare le varie partite ma non
cambia mai formula all’interno di esse. La tabella410 mostra la tipologia e la frequenza
delle formule armoniche impiegate da Storace.
I Passagagli e la Ciaccona di Storace rappresentano il punto di massimo sviluppo
di queste forme musicali nel XVII secolo; si avverte l’influenza dello stile di
Frescobaldi411 ma Storace mostra una sensibilità tonale molto più spiccata. Anche le
figurazioni melodiche sono concepite a supporto delle relazioni tonali, sono organizzate
ritmicamente in maniera rigida e solo in due casi si trovano delle cadenze conclusive
nello stile libero di toccata: al termine del terzo Passagaglio e della Ciaccona.
DANZE STILIZZATE
Storace inserisce due balletti e due correnti. Il primo Balletto è diviso in sei
sezioni, cinque in tempo quaternario, l’ultima in tempo ternario e denominata
“corrente”; le sei sezioni ripetono lo stesso schema armonico risultante da due semifrasi
ripetute (la prima nel tono d’impianto, la seconda modulante). La scrittura, di tipo
clavicembalistico, indulge in frequenti salti di ottava al basso che marcano i tempi forti
delle battute.
Il Ballo della Battaglia ha la seguente struttura formale: AABCADA. Il tema
principale (A) è pomposo e solenne, il basso marca per il tutto il pezzo i tempi forti
delle battute e si odono, nelle sezioni secondarie, effetti di eco. Adriano Banchieri,
nell’edizione del 1611 dell’Organo suonarino dichiara che è
[…] permesso per consuetudine il giorno di Pasqua di Resurrezione suonare una
battaglia che sia onesta & conforme alla sacra Sequenza Paschale, Mors et vita
duello[…]412
Il genere della “battaglia” ha avuto anche grande diffusione presso gli organisti
spagnoli. Nella forma iberica il pezzo è generalmente tripartito: l’appello alle armi con
frequenti note ribattute ad imitazione delle trombe ed effetti d’eco, il combattimento
con lunghe sequenze di accordi insistiti, la vittoria con carattere di marcia trionfale.
Anche in Spagna le “battaglie” venivano suonate nel giorno di Pasqua a simboleggiare
la vittoria della vita sulla morte413. In Italia solo Frescobaldi ha pubblicato un
“Capriccio sopra la battaglia”414 mentre nessun compositore napoletano o siciliano ad
eccezione di Storace ne ha scritto. Il Ballo della Battaglia di Storace non segue la
tripartizione del modello spagnolo ma gli stilemi tipici sono tutti presenti benché
stilizzati e sintetizzati.
Le due Correnti sono scritte nel convenzionale metro ternario e presentano una
scrittura abbastanza semplice; si riscontra frequentemente il tipico salto d’ottava al
basso.
409
Vedasi in questo stesso capitolo l’analisi della Pastorale.
Vedi volume II, tavola n.° 4.
411
Le monumentali Cento partite del 1637 costituiscono il più alto contributo dato da Frescobaldi
all’inserimento dei passacagli e delle ciaccone nel repertorio per strumento da tasto in Europa.
412
Citato in Donati 2003, 145.
413
Ancora oggi alcuni organisti spagnoli suonano regolarmente una “battaglia” la domenica di Pasqua.
414
Frescobaldi 1637.
410
142
PEZZI ORGANISTICI
Gli ultimi brani della Selva appaiono stilisticamente molto appropriati all’organo: vi
sono lunghe note tenute, non ci sono più i salti di ottava al basso per marcare i tempi
forti delle battute, le figurazioni prediligono maggiormente i gradi congiunti.
Quando Storace inserì nella Selva le due Toccate e Canzon, c’era stato un solo
precedente nell’Italia meridionale di fusione di due forme musicali: la Toccata e
Ricercare del secondo libro di Giovanni Maria Trabaci (1615)415. Storace non opta,
però, per la non soluzione di continuità tra i brani: sia le toccate che le canzoni possono
essere eseguite indipendentemente. Le toccate ricalcano le caratteristiche elaborate e
perfezionate da Mayone, Trabaci e Salvatore, le canzoni appaiono, invece, un po’
semplici: la prima, infatti, è in un’unica sezione in tempo quaternario, la seconda è in
due sezioni (tempo C e C3) con cadenza conclusiva in stile toccatistico molto affine agli
esempi di Trabaci.
Il primo Ricercar dell’undicesimo tono trasportato è a quattro voci, con tre fughe
ed è diviso in quattro sezioni:
I sezione – soggetto A416 (tenore – canto – alto – basso)
II sezione – soggetto B cromatico (basso – tenore – alto – canto)
III sezione – soggetto C (alto – tenore – canto – baso)
IV sezione – combinazione dei tre soggetti
E’ un ricercare politematico, organizzato in sezioni che presentano a turno i soggetti;
questa forma non ha riscontri in nessun altro compositore dell’Italia meridionale del
XVII secolo essendo, infatti, preferito il ricercare multitematico in cui i differenti
soggetti sono trattati contemporaneamente.
Il secondo Recercar del terzo tono naturale è pure a quattro voci con due fughe.
Non vi sono sezioni distinte ma i due soggetti non si accavallano mai nell’esposizione:
esordisce il soggetto A con quattro entrate (Alto – Tenore – Canto – Basso) cui seguono
altrettante entrate del soggetto B (Canto – Tenore – Alto – Basso). Nel corso del
ricercare i due soggetti si intrecciano alla maniera di Trabaci o di Salvatore.
I ricercari sono gli unici brani della Selva che mantengono dall’inizio alla fine la
distribuzione rigorosa delle quattro voci, la scrittura è rigorosa ed osservata, il
contrappunto è fluido e non cade mai di interesse; entrambi i ricercari concludono con
una cadenza plagale preceduta da una risoluzione di sensibile sul quarto grado:
Fig. 4.3.2: Storace, Recercar primo, batt. 137-138.
La Pastorale che chiude la Selva, è una trascrizione delle sonate natalizie delle
zampogne a paro della Sicilia orientale e della provincia di Messina in particolare.
415
Cfr. cap. 3.4, 105.
Il soggetto A è identico al tema del Ricercar con obligo di cantar la quinta parte senza toccarla di
Frescobaldi pubblicato nei Fiori Musicali (1635).
416
143
La figurazione ritmica, l’accompagnamento per terze della seconda voce, l’ostinato
ripetersi delle medesime cellule melodiche e l’evidente modularità della costruzione
fanno pensare all’intera “Prima parte” della Pastorale come alla dilatazione di una
toccata introduttiva di quelle zampogne a paro che Bernardo Storace senza dubbio sentiva
suonare, in occasione del Natale, per le strade e nelle chiese di Messina dai pastori discesi
dai colli che circondano la città.417
La Pastorale si suddivide in quattro parti dalle indicazioni ritmiche differenti: la
prima è in tempo C, la seconda in 3/2 e 6/4 (il cambio metrico coincide con
l’indicazione di “Aria”), la terza parte, con l’indicazione di “Allegro”, è in C come pure
la “Quarta ed ultima parte”.
La struttura complessiva della composizione ricalca del resto, in forma ampliata, la
successione di movimenti delle sonate natalizie delle zampogne a paro della Sicilia
orientale, che prevede, appunto, una breve toccata, cui seguono senza soluzione di
continuità un’aria in tempo lento e un movimento di danza.418
La pastorale di Storace potrebbe essere eseguita così com’è su una zampogna
messinese: la lunga nota al pedale equivale alla note “re” del bordone, le due voci
affidate alla tastiera hanno la tessitura compatibile ai due “chanter” . L’organista deve
solo tener presente la differente modalità di emissione sonora delle canne labiali
dell’organo rispetto alle ance doppie dello strumento popolare.
La Selva di Storace spicca per originalità nel panorama musicale dell’Italia
meridionale del XVII secolo. I maestri napoletani hanno certamente influito nel
carattere inquieto delle toccate e nella sapienza contrappuntistica dei ricercari ma gran
parte della Selva sembra essere idealmente legata all’opera di Frescobaldi. Storace è
l’unico dei meridionali a scrivere Passagagli e Ciaccone e solo Frescobaldi prima di lui
aveva dedicato a strumenti da tasto questo genere di composizioni. Storace, sfrutta una
vasta gamma di “tenori” per le variazioni, operando scelte molto simili a quelle di
Frescobaldi. Anche la composizione di Battaglie e di Pastorali, generi totalmente
sconosciuti ai napoletani fino a tutto il XVII secolo, accomunano Storace e Frescobaldi.
La diffusione del cognome di Storace è particolarmente estesa sia in Campania che
nel Lazio per cui non è da escludere che Storace fosse laziale e, quindi, abbia subito
l’influsso dell’arte di Frescobaldi, e che solo in una seconda fase sia entrato in contatto
con la scuola tastieristica napoletana durante il suo soggiorno a Messina, unico episodio
conosciuto e documentato della sua vita.
417
Staiti 1997,134. A questa stessa pubblicazione si rimanda per la comparazione e l’analisi dettagliata
delle formule melodiche.
418
Ibidem, 134
144
5. LA CONCLUSIONE DI UN CICLO
Con il Secondo libro delle ricercate di Giovanni Maria Trabaci, stampato nel
1615, la pubblicazione di opere destinate agli strumenti a tastiera si ridusse drastimente.
Tutta l’editoria napoletana ebbe un calo a partire dal 1613 per diventare un vero e
proprio crollo dopo il 1623419. Gravi difficoltà economiche e finanziarie provocate dalla
politica monetaria del governo causarono a Napoli moti e tumulti.
Pressione tributaria progressivamente accelerata, difficoltà annonarie e monetarie sempre
più presenti, una inflazione di grandi proporzioni e l’influenza di una congiuntura
economica recessiva sul lungo periodo portarono l’emarginazione e le tensioni sociali ai
limiti estremi. Bastò, quindi, un fatto occasionale come l’imposizione di una nuova
gabella sulla frutta per scatenare il 7 luglio 1647 la rivolta di Masaniello. Questi moriva
solo dieci giorni dopo, ma la rivolta durò fino al 5 aprile dell’anno seguente.420
Altri gravi problemi tormentarono Napoli.
Nel 1656 la funestò una peste di inaudita violenza. Si possono stimare al 60% della
popolazione gli abitanti che ne furono falciati. Benché ancora una volta una grande
immigrazione e la forte spinta demografica postepidemica la ripopolassero velocemente,
alla fine del sec XVII Napoli aveva all’incirca il 25% in meno degli abitanti del 1656421
L’attività musicale non poté non essere stravolta dall’infausto evento.
Una ventina di musici della real cappella è colpita dalla peste e scompare dal registro di
pagamento: muoiono tra gli altri Ansalone, Boccia, Coya, “Petrillo”, Guarino, Letizia,
Magnati, Romano, Scotto, Zuena, i due organari Molinaro e Sicola (al cui posto sarà
assunto un unico personaggio nel 1658, Filippo Pelegrino “organaro y cimbalaro” con
stipendio raddoppiato a 12 ducati). Tanti altri importanti musici napoletani muoiono in
questa fatale congiuntura. In data 29 luglio 1656, il registro della Scrivania di Razione
reca la notizia della scomparsa del maestro di cappella Andrea Falconieri422.
Passeranno due anni prima che venga nominato un nuovo maestro: sarà Filippo
Coppola, un napoletano già assunto nella real cappella come organista nel 1656423.
Tra il 1615 e il 1700 furono pubblicate a Napoli solo due opere per strumenti da
tasto: i Ricercari a quattro voci, canzoni francesi, toccate e versi di Giovanni Salvatore
(1641) ed i Capricci da sonare cembali e organi di Gregorio Strozzi (1687); tra le due
pubblicazioni si colloca il Manoscritto Cimino (1675), prezioso documento che getta
luce sulla prassi organistica della seconda metà del XVII secolo e sulla circolazione
delle musiche degli autori più influenti.
419
Pompilio 1983, 87-88.
Galasso 1983, 26.
421
Galasso 1983, 26-27.
422
Fabris 1987a, 71.
423
Filippo Coppola era nato a Napoli nel 1628 ed aveva studiato musica fin da ragazzo con Giovan Maria
Sabino, dopo la cui morte (1649) divenne maestro all’Annunziata. Nel 1656 fu assunto nella real
cappella, dapprima come organista, e due anni dopo come maestro. Nel 1660 divenne anche maestro al
Tesoro di S. Gennaro e, poco dopo, maestro di cappella presso i Filippini; morì nel 1680 e venne
rimpiazzato dal veneziano Andrea Ziani. Due anni prima, Coppola aveva impedito che avesse effetto una
delibera che ne decretava la sostituzione con Provenzale al Tesoro di S. Gennaro (Fabris 1987a, 71-72).
420
145
5.1 GIOVANNI SALVATORE
Una annotazione presente sul frontespizio della Selectio concentica Psalmorum
quinque vocibus inscripta multorum, pubblicata da Fra Bartolomeo Cappelli presso
Ottavio Beltramo nel 1645424, reca scritto: “Ad usum d. Joannis Salvatore Castri
Veneris”. Il luogo di nascita sarebbe, quindi, Castelvenere, oggi in provincia di
Benevento. Giovanni Salvatore era nel 1682 insegnante presso il Conservatorio dei
Poveri di Gesù Cristo425 all’età di settentadue anni: l’anno di nascita, quindi, è il 1610.
Ulisse Prota Giurleo426 sostiene che furono suoi maestri Giovanni Maria Sabino
ed Erasmo de Bartolo427, meglio conosciuto come Padre Raimo. Il legame di Giovanni
Salvatore con Padre Raimo è testimoniato da una scritta autografa nell’ultima facciata
della parte dell’organo della Messa a cinque voci, autografa, D. Joanne auctore,
conservata presso l’archivio dei Padri Filippini di Napoli428:
Laus Deo atque Beat.me Virgini Mariae. A Beato Philippo Nerio. Jam, mi Erasme, tua
adimplevi mandata; corrige nunc quaeso quod fieri jussisti. Anno D.ni 1640, Die 4 8bris
(sic).
Esattamente un anno dopo la Messa, Giovanni Salvatore fa pubblicare i
RICERCARI / A QUATTRO VOCI / CANZONI FRANCESI / TOCCATE / ET VERSI /
Per rispondere nelle Messe con l’Organo al Choro, / COMPOSTE / DAL R. D.
GIOVANNI SALVATORE / Organista nella Real Chiesa di San Severino de’ / RR. PP.
Benedettini di Napoli. / LIBRO PRIMO. / IN NAPOLI, appresso Ottavio Beltramo,
MDCXXXXI. / CON LICENZA DE’ SUPERIORI.
Il frontespizio ci fornisce nuove informazioni sul compositore: fu prete ed
organista in San Severino a Napoli; non sappiamo se prima dell’incarico di organista a
San Severino fu organista presso altre chiese. L’indicazione di Primo Libro fa supporre,
inoltre, che Giovanni Salvatore intendesse successivamente cimentarsi in qualche altra
pubblicazione di musica organistica.
Giovanni Salvatore fu insegnante presso il Conservatorio alla Pietà dei Turchini
tra il 1662 e il 1673 ed ai Poveri di Gesù Cristo429 dal 1675 al 1688, anno in cui Don
Gennaro Ursino lo sostituì nell’insegnamento. La morte deve essere sopraggiunta subito
dopo poiché a partire da quell’epoca non abbiamo più notizie di Giovanni Salvatore.
424
Cfr.Prota-Giurleo 1962, 115.
Ibidem, 117.
426
Ibidem, 116-117; Giovanni Maria Sabino nacque a Turi (Bari) verso la fine del XVI secolo. Fu prete,
insegnò presso il Conservatorio della Pietà dei Turchini (1622-26), fu organista presso le chiesa di San
Barbara in Castel Nuovo (1627), quella dei Filippini (1630), all’Annunziata (1634) succedendo a Camillo
lombardi. Morì nel 1649.
427
Ibidem, 116-117; Erasmo De Bartolo nacque a Gaeta nel 1606. Fu cantore della Real Cappella di
Napoli. Nel 1636 entra nell’Ordine Oratoriano dei Filippini dove continuò la sua attività di compositore
fino alla morte giunta nel 1656.
428
Ibidem, 116.
429
Di Giacomo 1929, 158-160.
425
146
5.1.1
RICERCARI A QUATTRO VOCI, CANZONI FRANCESI,
TOCCATE ET VERSI
per rispondere nelle Messe con l’Organo al Choro (1641)
L’unico esemplare a stampa dell’opera si conserva al British Museum di Londra:
proviene ex libris Antimi Liberati Fulginatis430, e quindi ex libris Thome Carapella
Cerritanensis da identificarsi col musicista Tommaso Carapella nato a Cerreto Sannita
nel 1653 e morto a Napoli nel 1736. Il libro dei Ricercari è l’unica opera
esclusivamente strumentale data alle stampe da Giovanni Salvatore.
Ecco la dedica:
Alla Molt’Illustre Signora, & Padrona mia Osservandissima
Signora Adriana Basile431.
Già che la famosa Impresa del Basilisco di V. S. che col suo maestevole sibilare doma le più crude fiere; che nutrano i deserti Libici,
pennelleggia al vivo all’occhi d’Intendenti la Musica, la quale in
guisa di canoro Serpe, sprigionato dall’antro della bocca, serpeggiando per lo labirinto dell’orecchio, morde l’udito, ed avvelena dolcemente i sensi, non istimi V.S. leggerezza di sentimento, se la riverisco qual trasumanata Imperatrice, c’ha per insegna l’istessa Musica, quando del Basilisco, à cui concesse Natura un candido diadema, vien riconosciuta da tutti qual signora, che porta la corona del
secolo Musicale; aggiungendovi, ch’il sibilante grido della sua cantatrice fama mai trovò passione sì fiera, che non la frenasse, soggiogando sotto il suo Imperio la miglior parte di musici. E trovasi anco
pellegrino ingegno, che non contento di sì sollevato titolo, l’assomigli all’Aurora, mentre ravvisa, che dall’occhi del suo Basilico
Serpe scatena per le foci delle pupille una porporeggiante luce, proprio freggio dell’Alba, che trà lucidi crepuscoli imporporata lampeggia. Basta ogni conceputo ingrandimento di lode è convenevole, ma
non adeguato all’eccesso del mostruoso ingegno di V.S. quale se
riconosco per celebrata Reina del mondo musicale, inchino l’urna
d’un divoto core con la rozza mano di Sonatrice Composizione, acciò
col dolce latte della sua cortesissima gentilezza, traboccante da sì
regnante Giunone, me venga invitto Alcide trà le deitati della musica
pomposamente annoverato. Che se l’ammiro come luminosa Aurora del
Canto, che nell’oriente anco della gloria hà sbendato il Sole della
Musica qual stridente Uccelletto, ricoverato all’ombre del mio poco savere gli offero un salutevole tributo di sonora carta: In somma ,sia
come si voglia, non condanni per sfacciato ardimento la presente
Compositione, che riguardando dalla Casata Basile gittarsi la base
della musica, hà fatto ricorso alla favorevole protettione di V.S.
430
Di Antimo Liberati abbiamo una famosa Lettera scritta in risposta ad una del Sig Ovidio Persapegi
che gli fa istanza di voler vedere, ed esaminare i Componimenti di Musica fatti dalli cinque Concorrenti
nel Concorso per il posto di Maestro di Cappella della metropolitana di Milano fatto sotto il dì 18 Agosto
1684 (Roma, 1685, Mascardi) ricca di giudizi sui più importanti compositori del suo tempo ma utile
anche per risalire al criterio con cui venivano formulati i giudizi. Cfr Prota-Giurleo 1962, 116-117.
147
acciò tiranneggiata dalla propria debolezza, non traballi per gli montuosi dirupi di malediche lingue, alle cui scosse intatta sempre visse V. S. alla quale di nuovo offero l’interno d’un obbligato core.
Napoli il primo di Ottobre 1641
Di V.S. molt’Illustre
Humilissimo Servo
Giovanni Salvatore
Adriana (o Andreana) Basile è l’unica donna napoletana del Cinque e Seicento
di cui si sa che abbia composto musica; il suo repertorio comprendeva ben 300 canzoni
in italiano e spagnolo che si accompagnava all’arpa o alla chitarra432. Nata a Posillipo
tra il 1580 e 1583, durante la sua carriera di cantante fu a Mantova, Firenze, Modena,
Roma e Napoli dove probabilmente morì dopo il 1642. Fu in contatto con le famiglie
dei Gonzaga, Carafa, Barberini. Al tempo della dedica del 1641, Adriana Basile era in
stretti rapporti con Don Alvarez de Toledo, Duca di Alba e Viceré di Napoli.
Probabilmente Giovanni Salvatore, agli inizi della sua carriera di musicista, pensò che
dedicare i suoi ricercari ad Adriana Basile equivaleva ad ingraziarsi il Viceré di Napoli.
Colpisce, comunque, il tono della dedica incentrata esclusivamente sull’esaltazione dei
valori musicali; Adriana Basile è la Molt’Illustre Signora, & Padrona mia
Osservandissima destinataria della dedica per le sue grandi virtù di musicista piuttosto
che per privilegio di casato.
La stampa del 1641 contiene otto ricercari, quattro canzoni alla francese, due
toccate e versi per tre messe: per le Domeniche dell’anno, per gli Apostoli e feste
doppie, per la Madonna. Viene utilizzato il sistema in partitura a quattro pentagrammi
tipico dei musicisti napoletani.
Negli otto ricercari, tutti a quattro voci, Giovanni Salvatore si allaccia idealmente
all’opera di Giovanni de Macque e Giovanni Maria Trabaci che avevano composto dei
cicli di ricercari nei dodici toni accogliendo pienamente la teoria espressa da
Glareano433. Salvatore, invece, resta fedele agli otto toni tradizionali mostrando di
condividere il punto di vista espresso da Scipione Cerreto434:
[…] essendo nella nostra Pratica Musica solamente sette le spezie del Diapason, le
quale son divise in quattro Diapente e tre Diaressaron, per vera considerazione dovremo
credere, che non possono essere altro che otto i Modi e non dodici […]
essendo infatti
[…] il Nono, Decimo, undecimo e Duodecimo […] formati con le prime Diapente,
e Diatessaron, con le quali si sono l’istessi primi otto Modi moderni […]
Nei casi di toni trasportati e finti, Salvatore non segue le indicazioni di Cerreto435:
un tono trasportato viene indifferentemente indicato come tuono finto o tuono
432
Parisi 1980,839-840.
Vedi nota 329, Cap. 3.4.
434
Scipione Cerreto 1601, 96 e segg.
435
Per tanto si deve considerare che tali otto Modi incitati, ò vero Trasportati sono della medesima
natura delli primi otto mostrati (gli otto toni naturali, n. d. s.)… ma in altri luoghi dell’Introduttorio di
Guidone … e perciò si dicono Modi acquisiti per b molle (Cerreto 1601, 112). I modi fitti, ò finti… sono
stati da Musici detti con questo nome…perché si fingono le quattro Diapente, & tre Diatessaron con due
maniere di segni, alcuni con tre b molli, & alcun altri con tre h quadri (corrispondenti ai nostri #, n.d.s.),
433
148
trasportato. Ciascun ricercare ha un‘intestazione che indica il tono e il numero dei temi
impiegati.
Ricercare del Primo Tuono Naturale con tre Fughe: il primo soggetto appare
nell’esposizione al Tenore, al Canto, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare
alla battuta 3 al Tenore, al Soprano, all’Alto ed al Basso; il terzo soggetto appare alla
battuta 7 al Canto, all’Alto con qualche variante ritmica, al Tenore ed al Basso.
L’esposizione termina con una cadenza al tono d’impianto. C’è un’altra cadenza
marcata tra le battute 44 e 45 il cui modello verrà ripetuto per la chiusa finale. Il primo
soggetto appare nel ricercare altre19 volte con la variazione frequente del valore della
prima nota che da semibreve, diventerà minima ed anche seminimima; in tre casi il tema
è diminuito mentre non si riscontrano inversioni o aumentazioni. Il secondo soggetto
appare altre 19 volte con qualche occasionale modificazione ritmica e melodica; il tema
non ha inversioni, diminuzioni o aumentazioni. Il Terzo soggetto appare altre 27 volte
con variazioni ritmiche all’incipit e diminuzioni. L’indicazione ritmica è il tempo
imperfetto mediato436.
Ricercare Secondo, del Secondo Tuono alla quarta alta, con 2 fughe, e suoi
Riversi: l’inversione tematica è utilizzata già nell’esposizione in maniera simmetrica. Il
primo soggetto, infatti, appare al Canto, in inversione all’Alto, al Tenore ed al Basso
con inversione; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, con inversione
all’Alto, al Tenore ed al Basso con inversione. Il primo soggetto appare altre 40 volte
alternandosi quasi regolarmente col suo inverso; spesso il tema appare diminuito, in due
casi è presentato in doppia entrata col suo inverso.Il secondo soggetto appare altre 19
volte anch’esso alternandosi col suo inverso, in due casi è presentato in doppia entrata
col suo inverso; un frammento tematico, tuttavia, viene impiegato molto frequentemente
dando l’impressione di un maggior numero di entrate. E’ notevole la cadenza d’inganno
che precede l’ultimo ingresso dei due temi in doppia entrata con i reciproci inversi.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.
Ricercare Terzo del Terzo Tuono Naturale, con tre Fughe: il primo soggetto
appare nell’esposizione al Canto, al Basso un’ottava sotto modificando l’originale salto
iniziale di quinta in salto d‘ottava, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare per
due volte di fila all’Alto, una volta al Basso, al Canto, di nuovo al Basso ed al Tenore in
stretto; il terzo soggetto appare al Tenore, al Canto, nuovamente al Tenore ed al Canto.
Il primo soggetto compare altre 12 volte una delle quali in diminuzione e, altrove, con
varianti ritmiche ed entrate in stretto; il secondo soggetto compare 17 volte con
diminuzioni, varianti ritmiche ed entrate in stretto, tocca a questo tema l’ultima chiara
entrata tematica al soprano; il terzo soggetto compare 16 volte con varianti ritmiche ed
entrate in stretto; vi è alla battuta 24 una riesposizione del terzo tema con entrate al
Basso, Tenore, Alto e Canto in stretto. Il flusso contrappuntistico è sovente interrotto da
cadenze la prima delle quali occorre dopo appena quattro battute; il senso tonale del
rapporto tra tonica e dominante è fortemente marcato nella cadenza che precede l’ultima
entrata contemporanea dei tre temi. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.
Ricercare Quarto del quarto Tuono trasportato con 4 Fughe, e Cantofermo: è
il ricercare più complesso di tutta la raccolta. Il primo soggetto dal caratteristico
incedere cromatico appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto
variato ritmicamente; il secondo soggetto appare all’Alto, al Basso, al Canto ed al
Tenore; il terzo soggetto appare al Basso, all’Alto, al Tenore ed al Canto. Il quarto
(Cerreto 1601, 116). In realtà i bemolli o i diesis in chiave sono solo due in quanto il terzo era la
ripetizione all’ottava di un’alterazione già scritta (ad esempio, Mi b in primo spazio e in quinta linea
della chiave di tenore).
436
Cerreto 1601, 198.
149
soggetto appare all’Alto, al Basso, al Tenore ed al Canto. Alla battuta 43 Salvatore
inserisce in successione i quattro temi sotto forma di canti fermi con valore di brevi nel
seguente ordine: primo soggetto al Basso, secondo soggetto al Canto, terzo soggetto
all’Alto e quarto soggetto al Tenore; alla battuta 72 il ritmo diventa ternario per
trasformarsi alla battuta 84 in quaternario; il ricercare si chiude con un doppio pedale in
ottava al Canto ed al Basso. Il primo soggetto appare 15 volte sempre diminuito nella
sezione con i canti fermi e variato ritmicamente nella sezione ternaria; il secondo
soggetto appare 23 volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il terzo soggetto appare 20
volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il quarto soggetto appare 22 volte con
diminuzioni, varianti ritmiche e melodiche dell’incipit; al quarto tema è affidato il
compito di passare dalla sezione ternaria a quella finale. Salvatore passa da una sezione
all’altra senza soluzione di continuità ad eccezione della cadenza dominante-tonica che
introduce la sezione ternaria. Le indicazioni ritmiche sono: tempo imperfetto mediato
nelle prime due sezioni, tre note contro due (semibreve col punto = semibreve) nella
sezione ternaria, tempo imperfetto437.
Ricercare Quinto del Quinto Tuono Naturale con tre Fughe: il primo soggetto
appare nell’esposizione al Basso, al Canto, al Tenore e nuovamente al Canto; il secondo
soggetto appare al Tenore, all’Alto, al Basso ed all’Alto con una falsa entrata; il terzo
soggetto appare al Basso, al Canto, al Tenore e nuovamente al Canto. Il primo soggetto
appare nel ricercare altre 16 volte con la variazione frequente del valore dell’incipit; non
si riscontrano inversioni, diminuzioni o aumentazioni. Il secondo soggetto appare altre
20 volte con frequenti diminuzioni. Il Terzo soggetto appare altre 26 volte fra cui tre
entrate doppie senza variazioni ritmiche e melodiche ad eccezione di due frammenti
(batt. 44/45) in cui l’incipit del tema viene trattato in inversione e diminuzione. Le
cadenze meritano un’attenzione particolare: una corrisponde alla classica cadenza
doppia consonante, due hanno il ritardo di terza ed altre due fanno sentire il ritardo di
terza simultaneamente alla risoluzione. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto.
Ricercare Sesto del Sesto Tuono finto con tre Fughe: il ricercare esordisce con
le quattro entrate del solo primo soggetto all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il
secondo soggetto appare alla battuta 6 all’Alto, al Basso, al Canto ed al Tenore; il terzo
soggetto appare alla battuta 7 al Basso, al Tenore, al Canto ed all’Alto. Il primo
soggetto appare altre 18 volte, a volte diminuito, con la variazione ritmica e melodica
dell’incipit: il salto di quinta discendente viene trasformato in ottava discendente. Il
secondo soggetto appare altre 16 volte con frequenti diminuzioni. Il Terzo soggetto
appare altre 21 volte ma frammenti di esso vengono continuamente riesposti. Anche in
questo ricercare occorre una volta il ritardo di terza simultaneamente alla risoluzione
(batt. 48), oltre a due cadenze doppie e l’ultima con un basso marcato sui gradi IV-V-I.
L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.
Ricercare Settimo del Settimo Tuono Naturale con 4 Fughe: il primo soggetto
appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto
appare all’Alto, al Tenore ed al Canto con l’incipit variato, nuovamente all’Alto ed al
Basso; il terzo soggetto appare all’Alto, al Canto, al Tenore ed al Basso con l’incipit
variato. Il quarto soggetto appare al Basso, poi all’Alto, al Tenore con l’incipit variato
ed al Canto. Tutte le entrate tematiche sono comprese tra la prima e l’ultima
proposizione del primo soggetto. Il primo soggetto non appare più ad eccezione di due
entrate acefale oltre a riproposizioni dell’incipit; il secondo soggetto appare altre 18
volte con varianti ritmiche; il terzo soggetto appare altre 17 volte con diminuzioni e
varianti ritmiche; il quarto soggetto appare altre 19 volte con rare diminuzioni e varianti
ritmiche. Spicca all’ascolto l’impiego del terzo tema diminuito in progressione alle
437
Cerreto 1601, 197.
150
battute 37 e 39; il salto di quinta discendente del quarto tema viene spesso usato in
cadenza V-I. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato.
Ricercare Ottavo ed ultimo dell’Ottavo Tuono Naturale con tre Fughe sopra
l’Hinno d’ Iste Confessor: asse portante del ricercare è l’inno Histe Confessor che
viene esposto come canto fermo in semibrevi al Basso, Canto, Alto e Tenore il cui
trattamento ricorda il Ricercare sopra L’Ave Maris Stella pubblicato nel 1609 da
Ascanio Mayone. I tre temi derivano da tre diverse semifrasi della melodia dell’inno. Il
primo soggetto, derivato dalle prime sette note dell’inno, appare all’Alto, al Canto, al
Tenore ma non al Basso poiché l’entrata è sostituita dal canto piano. L’incipit del primo
tema ha due semibrevi per cui l’ingresso del canto fermo al posto del tema viene
pienamente dissimulato. Il secondo soggetto appare alla terza battuta al contralto, poi al
Canto ed al Tenore. Il terzo soggetto appare all’Alto, al Soprano ed al Tenore. Il primo
soggetto appare solo altre 8 volte quasi sempre con l’incipit cambiato in minima +
semibreve ed una volta in diminuzione; il secondo soggetto altre 19 volte con frequenti
varianti ritmiche, alle battute 78/81 due volte di fila nella stessa voce; il terzo soggetto
appare altre 13 volte con varianti melodiche e ritmiche. Tra la battuta 64 e 78 Salvatore
impiega in rapide proposte e risposte un inciso del primo tema diminuito. L’indicazione
ritmica è il tempo imperfetto.
Le canzoni di Salvatore hanno una struttura formale che segna il passaggio dalla
canzona alla sonata438. Tre delle quattro canzoni hanno una sezione centrale in ritmo
ternario e due di esse presentano una ripresa del primo tema.
La Canzon Francese Prima, del Settimo Tuono Naturale esordisce col tema
accompagnato da un controsoggetto puntato (batt. 1/27) che viene sostituito nelle ultime
battute della sezione da una figurazione di quartine acefale di crome; tale figurazione
caratterizza le successive battute (27/41) che confluiscono nella sezione ternaria
(42/54). L’incipit della battuta 41 in crome viene aumentato in tre minime nella sezione
ternaria e continuamente migra da una voce all’altra. La sezione finale (55/76) riprende
il tema delle prime battute accompagnato, stavolta, da una figurazione continua in
semicrome rotta da semicrome puntate e biscrome; nella penultima battuta vi è una
cadenza in stile di toccata dall’estensione ridotta se paragonata alle cadenza conclusive
delle canzoni di Trabaci.
La Canzone Francese Seconda, del Nono Tuono Naturale reca sotto il titolo:
Questa Canzone può sonarsi con il Concerto Viole. Rispetto alla prima canzone la
tessitura delle quattro voci è più omogenea e meglio si presta ad una esecuzione per
gruppo d’archi o per ogni sorte di strumenti. La canzone è tripartita secondo il seguente
schema:
A: prima sezione (batt. 1/23) con ritmo quaternario, incipit accordale che introduce il
tema della prima sezione caratterizzato da note in crome ribattute e semicrome che
procedono per gradi congiunti, trattamento contrappuntistico sapientemente alternato a
momenti accordali a volte armonicamente arditi, cadenza nel tono d’impianto; seconda
sezione (batt. 23/38) con passaggi accordali modulanti e brevi frammenti in crome e
semicrome alternati con frequenti pause di crome, cadenza una terza minore del tono
d’impianto.
B: sezione in ritmo ternario (batt. 39/58) del tutto analoga ritmicamente alla sezione
ternaria della prima canzone, cadenza una quinta sopra del tono d’impianto.
C: prima sezione (Batt. 58/69), ripresa della prima sezione di A; seconda sezione
(batt.70/79) col tema iniziale aumentato accompagnato da un contrappunto di quattro
note contro una con cadenza finale nel tono d‘impianto.
438
Apel 1972, 719-720.
151
Anche la Canzone Francese Terza, del Primo Tuono Finto reca sotto il titolo la
dicitura Questa Canzone può sonarsi con il Concerto Viole. La canzone è quadripartita
secondo il seguente schema:
A: ( batt. 1/20) sezione in ritmo quaternario, presenta il classico incipit in ritmo dattilico
delle canzoni strumentali seguito da crome e semicrome che procedono per gradi
congiunti, cadenza nel tono d’impianto;
B: (batt. 20/53) sezione in ritmo quaternario, inizia con accordi e, dopo una cadenza
interna un tono sopra il tono d’impianto, si sviluppa con l’inserimento di temi cromatici,
cadenza nel tono d’impianto.
C: (batt. 54/83) sezione in ritmo ternario con accordi alternati da risposta a due a due,
cadenza nel tono d’impianto.
D: (batt. 83/102) ripresa di A.
La Canzone Francese Quarta ed Ultima, del Settimo Tuono Naturale sopra il
Ballo detto la Bergamasca assomiglia formalmente ad un capriccio ed utilizza come
motivo conduttore il tema della Bergamasca già impiegato da G. M. Trabaci nell’ottavo
Ricercare439 del 1603 e da G. Frescobaldi nel penultimo brano dei Fiori Musicali
pubblicati nel 1635 . Il pezzo è diviso in cinque sezioni nessuna delle quali è in ritmo
ternario. Il tema della Bergamasca è sempre facilmente udibile e non è soggetto a
variazioni ritmiche ad eccezione della terza sezione (batt. 53/67) che presenta il tema
diminuito; la quarta (batt. 68/91) e la quinta sezione (batt. 92/112) adottano un
contrappunto ritmico molto regolare per accompagnare il tema, due note contro una
nella quarta sezione e quattro note contro una nella quinta; la penultima battuta presenta
una breve cadenza in stile di toccata.
Le due toccate contengono tutti gli artifici idiomatici sperimentati in precedenza
da Macque, Mayone e Trabaci con dissonanze, bruschi cambiamenti ritmici, ascese e
discese melodiche rapide, cadenze improvvise su toni lontani ma il linguaggio di
Salvatore è più morbido ed è chiara la tendenza a collegare i vari movimenti in maniera
più progressiva. La Toccata Prima del Primo Tuono finto (primo tono trasportato una
quarta sopra) presenta una sezione centrale in ritmo ternario e conclude con un pedale di
dominante abbastanza esteso se paragonato alle toccate di altri compositori napoletani;
tra il pedale e l’ultimo accordo, però, si interpone un passaggio al basso in note brevi in
stile toccatistico. La Toccata Seconda del Nono Tuono Naturale non presenta sezioni
ritmiche contrastanti ma predilige l’uso di stravaganze armoniche; anch’essa conclude
con un lungo pedale di dominante che risolve sull’accordo finale con una breve fioritura
al basso.
Con i Versi per rispondere nelle Messe con l’organo al choro si conclude la
stampa del 1641. I brevi versetti sono distribuiti nelle tre messe principali, della
Domenica, degli Apostoli e Feste Doppie e della Madonna. In ciascuna messa si
trovano cinque versetti per il Kyrie, nove per il Gloria, due per il Sanctus e uno per
l’Agnus Dei: è musica strettamente funzionale all’alternanza dell’organo con il coro.
Nei versetti vengono riproposte in maniera molto sintetica tutte le figurazioni già
impiegate nei ricercari, nelle canzoni e nelle toccate; a volte, la citazione di altri brani
della stampa del 1641. Ad esempio, il verso primo per il Sanctus della Messa delle
439
Trabaci intitola Ricercare dell’VIII tono sopra Ruggiero, con tre fughe ma, piuttosto che utilizzare il
tradizionale basso noto col nome di “Ruggiero”, impiega un tema che si sovrappone benissimo ad esso.
Nel 1620 Benedetto Sanseverino pubblica a Milano l’ Intavolatura facile delli passacagli, ciaccone,
sarabande, spagnolette, fulie pavaniglie, pass’e mezzi, correnti & altre varie suonate composti &
accomodate per la chitarra alla spagnola intitolando Bergamasca un pezzo che impiega proprio la
formula del Basso di Ruggiero.
152
domeniche evoca chiaramente la prima toccata ed il verso secondo dello stesso Sanctus
della Messa delle domeniche richiama chiaramente la prima sezione della prima
canzone francese.
Messa della domenica
Kyrie I
Kyrie II
Kyrie III
Kyrie IV
Kyrie V
Gloria I
Gloria II
Gloria III
Gloria IV
Gloria V
Gloria VI
Gloria VII
Gloria VIII
Gloria IX
Sanctus I
Sanctus II
Agnus Dei
Ricercare su canto fermo
Canzone
Canzone cromatica
Canzone in sezione ternaria
Toccata
Toccata
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Toccata
Toccata
Canzone
Canzone
Messa degli Apostoli e Feste Doppie
Kyrie I
Kyrie II
Kyrie III
Kyrie IV
Kyrie V
Gloria I
Gloria II
Gloria III
Gloria IV
Gloria V
Gloria VI
Gloria VII
Gloria VIII
Gloria IX
Sanctus I
Sanctus II
Agnus Dei
Canzone con canto fermo
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Ricercare
Toccata
Canzone
Canzone
Canzone
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Ricercare
Canzone
Toccata
Canzone
Canzone
Messa della Madonna
Kyrie I
Kyrie II
Kyrie III
Ricercare
Canzona
Canzone in sezione ternaria
153
Kyrie IV
Kyrie V
Gloria I
Gloria II
Gloria III
Gloria IV
Gloria V
Gloria VI
Gloria VII
Gloria VIII
Gloria IX
Sanctus I
Sanctus II
Agnus Dei
Canzone
Canzone
Toccata
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Canzone
Canzone
Canzone in sezione ternaria
Toccata
Toccata
Canzone
Canzone
5.1.2. PEZZI PRESENTI NEL MANOSCRITTO CIMINO
Nel manoscritto compilato da Donato Cimino nel 1675440 vi sono sei pezzi di
Giovanni Salvatore. A differenza dell’edizione a stampa, i pezzi sono in intavolatura per
tastiera.
La prima toccata441, nel nono tono naturale, ha molte affinità con le due toccate
della raccolta stampata ma impiega procedimenti meno arditi: le modulazioni sono
meno brusche, le figurazioni ritmiche sono molto regolari e simmetriche; vi è, verso la
fine, una sezione accordale indicata con Largo cui segue un lungo pedale sulla
dominante che risolve sull’ultimo accordo senza le fioriture al basso.
La seconda toccata442 è quasi identica alla prima toccata del 1641 fino alla
battuta 25, prosegue poi per due battute senza modulazioni ai toni lontani; conclude,
poi, sul pedale di dominante che risolve alla tonica con la caratteristica ornamentazione
al basso. In questa toccata è interessante osservare come gli ornamenti siano scritti a
volte per esteso a differenza dell’edizione a stampa.
Il Capriccio del primo tono443 è in quattro sezioni di cui la terza in metro
ternario secondo lo schema già incontrato nella seconda e terza canzone francese del
1641. Il tema, (la la la sol la| sib fa sol la) esordisce con la dicitura Melanconico e
largo; l’ultima sezione impiega il tema, modificato rispetto alla prima sezione,
accompagnato da un contrappunto di quattro note contro una fino ad un pedale di
dominante che conclude direttamente sull’ultimo accordo.
Il quarto brano, Durezze Ligature444, si ispira alle simili toccate di De Macque,
Trabaci e Frescobaldi ma, rispetto ad essi, non indulge troppo in passaggi arditi
evitando il senso di intederminatezza tonale; alcune durezze, tuttavia, sono notevoli.
Le due correnti445, unici esempi di musica derivata da danze nell’intera opera di
Giovanni Salvatore, sono in tempo C ¾446. Del carattere di danza si riscontra la
440
Cfr. Cap. 5.2
Intitolata nel manoscritto Toccata Joannis Salvatore.
442
Intitolata nel manoscritto Toccata eiusdem.
443
Intitolato nel manoscritto Capriccio del pmo Tono. eiusdem.
444
Intitolata nel manoscritto “Durezze Ligature del Sigr Don Giovanni Salvatore
445
Intitolate rispettivamente “Corrente pma del Sigr D. Gio: Salvatore” e “Corrente Seconda del Medmo”.
446
La prima corrente è suddivisa in misure dei sei semiminime per cui se ne deduce che l’indicazione del
metro completa vuol significare che tre semiminime hanno la durata del tempo ordinario.
441
154
tendenza ad alternare l’accento sulla prima semiminima con l’accento sulla seconda
delle tre semiminime.
155
5.2 IL MANOSCRITTO CIMINO
Il manoscritto Cimino, custodito presso la biblioteca del Conservatorio di Musica
S. Pietro a Majella in Napoli, segnatura Ms. mus. str. 73 (olim 34.5.28.), contiene 142
fogli, con due sistemi di 6 + 7 linee foglio; c'è una pagina di titolo e ci sono due
iscrizioni, una sul foglio 112v e l’altra sul foglio 118v. La maggior parte del
manoscritto è apparentemente scritta dalla stessa mano. Una sezione corta (f. 105r 110r) denota una calligrafia diversa, meno accurata, ed un'altra sezione (f. 134r - 141r),
benché simile alla maggior parte del manoscritto, è copiata più distrattamente. Sono
presenti diversi travasi d’inchiostro, specialmente nelle prime pagine.
L’intestazione del manoscritto è:
Toccate per Organo di varj Autori
Anno 1675
Miscellanea del Sig.
Donato Cimino
Subito sotto vi è l’elenco degli autori:
Cimino > 1 a 56
Boerio Francesco 57 = 59
Cimino
69 a 104
Salvatore Giovanni 105 a 112 = 119 = 129
Frescobaldi . - 113 a 115 –
Da Macque Giovanni 120 – 128
Ansalone Giacinto 131 =
Pasquino Ercole 135 a 142
Sul lato superiore sinistro della pagina di titolo appare scritto Rondin-- e sul lato
inferiore destro appare Rond. La Prof.ssa Anna Mondolfi, in una lettera indirizzata a
Lawrence Oncley447 afferma che
il nome Cimino posto al principio di alcune composizioni è di mano tarda e Le posso
anche dire che tale nome è stato posto da un bibliotecario di questa Biblioteca che si
chiamava Rondinella, vissuto nella seconda metà dell’ottocento.
Anche l’intestazione del manoscritto è stata scritta dal Rondinella mentre i nomi dei
compositori non sempre appaiono all’inizio dei pezzi.
TITOLO
N.° del
foglio
1r
3r
5r
7r
9r
9v
10 v
Toccata primo t°
Toccata 3° t°
Toccata 8° t°
Canzona
Fantasia
Canzona
Canzona
447
Cit. in Oncley 1966, 2.
156
Canzona
Fuga
Fuga
Canzona 8° tono
Ricercar crom.
Canzona 2° tuono
Canzona
Canzona 2° t°
Canzona 2° t°
Canzona
Canzona 6° t°
Canzona 2° t°
Doppo’ lunga procella; comparisce nel Ciel l’Iride
bella
Con sette fila Sanson della sua chioma, L’altiero
stuol del Filisteo di coma
Ricercata sopa G solreut
Trono reale
Maesta
Pace
Chi dura vince, chi segue pur giunge, chi brama
dolcezze fia che si punge
Verita
Fenice
Fedeltà
Aspettar di godere, ne saper quando e’ pazzia d’un
cuor, che muore amando
Gelosia
Se’ credi in questo mondo haver sollazzo,
t’inganni, poco speri, e gia’ sei pazze (sic)
Non si stima quel ben che vien’ in fretta, Ma’ gli
prezza piu, che piu s’aspetta
Innocenza
Farfalla
Breve diletto
Costanza
Pazienza
(Senza titolo) di Franco Boerio
Toccata e Fuga in D solre di Franco Boerio
Verso primo, secondo, terzo, quarto
Ricercare ottavo Tuono
Ricercare secondo Tuono
(Senza titolo)
(Senza titolo)
(Messa d’organo) Per le feste doppie
Introito
Chirie primo, secondo, terzo, ultimo
Gloria primo Verso, secondo, terzo, quarto, quinto
et per lo sesto, settimo e per l’ottavo, nono, ultimo
Doppo’ l’Epistola
157
11 v
12 r
13 r
14 v
17 v
20 v
22 v
24 r
25 v
27 v
29 v
31 v
32 v
33 v
35 v
38 r
40 r
43 r
44 r
46 r
46 v
47 r
48 r
49 v
50 v
52 r
52 v
53 r
54 r
54 v
55 v
56 v
59 r
61 r
63 r
64 r
65 v
67 v
69 r
69 r
69 v
70 v
73 r
Toccata per l’Offertorio
Fuga
Toccata
Per L’Elevatione
Agnus Dei
Postcommunio
Toccata per la messa seguende
Messa festiva
(Kyrie 1°), 2°, 3°, 4°, 5°
Gloria verso p°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6°, 7°, 8°, 9°
Doppo L’Epistola
Offertorio
Sanctus (1°), 2°
Per L’Elevazione
Agnus Dei p°, 2°
Benedicamus Domino
Kyrie pmo della Messa, secondo Kyrie, Terzo
Kyrie, Quarto Kyrie, Quinto Kyrie
Per il Kyrie p°, per il Kyrie 2°, per il Kyrie 3°, per
il Kyrie 4°, per il Kyrie 5°
Gloria pmo verso, secondo verso, terzo, quarto,
quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo
Altri versi per la Gloria, secondo, terzo, quarto,
quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo
Per L’Epistola
Altro verso p l’Epta
Alleluia
Alleluia
Per l’Offertorio
Fuga
Toccata per l’Organo
Toccata – Joannis Salvatore
Toccata – eiusdem
Capriccio del pmo Tono. Eiusdem
Canzona del Frescobaldi
Canzona del Frescobaldi
Durezza - Ligature del Sigr Don Giovanni
Salvatore
Consonanze stravaganti del Sigr Gio Macque
Durezze, e Ligatura di Gio. Macque
Capriccio sopra un sogetto. Macque
Capriccio sopra tre sogetti. Macque
Canzona francese di Gio. Macque
Corrente pona del Sigr D. Gio: Salvatore
Corrente Seconda del Medmo
Canzona francese di Giacinto Ansalone
Durezze
Canzona del Ercole Pasquino
Durezze e ligature del dett
(Senza titolo)
158
74 r
74 v
75 v
76 v
78 r
78 v
79 r
79 v
79 v
80 v
83 r
83 r
84 r
84 v
85 v
86 v
87 r
89 r
91 r
93 v
97 v
97 v
98 v
98 v
99 r
99 v
101 r
105 r
108 r
110 v
113 r
115 v
119 r
120 r
121 r
122 v
125 r
127 r
129 r
130 r
131 r
134 r
135 r
137 v
141 v
L’attribuzione dei pezzi a Francesco Boerio, Giovanni Salvatore, Giovanni De Macque,
Giacinto Ansalone ed Ercole Pasquini è chiara mentre l’attribuzione degli altri pezzi,
malgrado le scritte del Rondinella, presenta qualche difficoltà. Nel foglio 112 v Donato
Cemino scrive:
Ad m Rdo D D Joanne Salvatore Pauperum Jesu opti precla=
Neapoli (sic)
rissimo modulatore et Cenobij Virginis Mariae
Carmelitarum Musices prefecto anno Dni et Jubilei
1675 16 Mensjs die Virginis Carmelites
Subdiaconus Donatus Cemino exaravi.
Al foglio 118 v troviamo anche:
Ecco qui la virtù, ch’ al Mondo è quella
Qual doppo morte è più lucente, e bella
Anno iubilaei
1675 mense ????
(in parentesi graffa) vigilia Nativitatis
gloriae Virginis
Die Sabbathi in
Conserv Pauperum
IHS XPSI
Donato Cimino elucubrante
Abbiamo poche notizie su Donato Cimino. Prota-Giurleo448 lo collega ad una
famiglia illustre di organari napoletani dal nome Cimino che operarono nel XVIII
secolo. Il bibliotecario Rondinella conclude che Cemino fosse il compositore di tutte le
opere anonime. Il Prof. Mondolfi449 suggerisce che queste opere furono scritte da
Salvatore con Cimino semplice copista. Il fatto che molte opere nel manoscritto sono
chiaramente attribuite a compositori (Salvatore incluso) tenderebbe a sostenere il punto
di vista di Rondinella.
Pure scarse sono le notizie sui compositori Boerio ed Ansalone. Prota-Giurleo450
ha ricostruito alcuni dati biografici su Giacinto Ansalone, nato a Napoli, in Castelnuovo,
dal musicista Tarquinio e da Bartolomea Terradilavoro il 13 marzo 1606. Fu Maestro di
Cappella al Conservatorio della Pietà dei Turchini dal 1630 al 1656 e Maestro alla
Chiesa Reale di Monteoliveto; pubblicò nel 1656, presso Ottavio Beltramo, i Psalmi de
Vespere a 4 voci, con un Laudate Pueri alla Venetiana. Sul frontespizio di questo libro
appaiono le insegne di famiglia della famiglia di Ansalone. Giacinto, come molti altri
suoi familiari, morì durante la terribile peste che devastò Napoli nel 1656. I Psalmi
unitamente alla canzona del manoscritto Cimino sono le uniche composizioni
conosciute di Ansalone.
448
Prota-Giurleo 1961, 111.
“Le due note manoscritte, che si trovano alle pagine 112v e 118v, dicono semplicemente che il Cimino
ha copiato le musiche del Salvatore. Infatti: Subdiaconus Donatus Cimino exaravi dice in italiano (Io)
Suddiacono Donato Cimino ho delineato, disegnato, copiato. La seconda frase: Donato Cemino
elucubrante indica, ancora in italiano, ha copiato di notte (elucubrante) Donato Cemino. Quindi mi pare
che tutta la questione sia risolta.” (Lettera di Mondolfi, in Oncley 1966)
450
Oncley 1966, 6.
449
159
Nulla si conosce di Francesco Boerio: le due opere presenti nel manoscritto, una
senza titolo, l'altra intitolata Toccata e fuga, sono le uniche musiche conosciute di
questo compositore.
Gli altri autori citati all’interno del manoscritto sono, invece, tra i più celebrati
compositori del XVII secolo: Giovanni de Macque, Girolamo Frescobaldi, Giovanni
Salvatore ed Ercole Pasquini.
PEZZI SENZA INDICAZIONE DI AUTORE ATTRIBUIBILI A DONATO CIMINO
TOCCATE
Le quattro toccate del manoscritto sono stilisticamente simili, con l’alternanza tra
rapide figurazioni e brevi motivi imitativi; non ci sono indicazioni di cambi di metro o
di tempo, le successioni armoniche sono più fluide ed i moduli ritmici non hanno
l’inquietudine delle toccate di Mayone o Trabaci.
Sia la Toccata n.°1 (Toccata del primo tono, foglio 1r) che la Toccata n.°2
(Toccata del terzo tono, foglio 3r) mostrano un elevato livello virtuosistico, eredi delle
toccate di Mayone, Trabaci e Salvatore; le tirate di semicrome che dall’unisono
divergono per moto contrario ricordano anche le toccate di Frescobaldi.
La Toccata n.° 3 (Toccata dell’ottavo tono, foglio 5r) ha la chiara indicazione
dell’uso del pedale. E’ il primo esempio nell’area napoletana di toccata con esplicita
indicazione del pedale451; seguirà nel 1687 la Toccata per pedarole e senza di Gregorio
Strozzi452.
La Toccata n.° 4 (Toccata per l’Organo, foglio 101r) si trova staccata dalle altre
tre e precede la serie di pezzi di Giovanni Salvatore: è un brano di grande virtuosismo
particolarmente accentuato nella lunga serie di semicrome a distanza di decima che
prepara la cadenza finale.
La toccata di Durezze (foglio 134r) è un’interessante manifestazione
dell’evoluzione dello stile di falsas453 inaugurato nell’Italia meridionale dall’organista
spagnolo Clavijo Del Castillo e portato a perfezione stilistica da Giovanni de Macque e,
successivamente, da Giovanni Maria Trabaci, Gioan Pietro Del Buono e Girolamo
Frescobaldi: le dissonanze di Cimino sono più ammorbidite, meno stravaganti ed
emerge una linea melodica cantabile.
CANZONI
Ci sono dodici canzoni, tutte nella prima parte del manoscritto: cinque di esse
hanno una singola sezione, le rimanenti sette hanno tre o più sezioni.
Le canzoni n.° 2 (foglio n° 9v), n.° 3 (foglio n.° 10v) e n.° 4 (foglio n.°11v), in
un’unica sezione, sono piuttosto corte. La n.° 2 e n.° 3 cominciano con il tipico tema di
canzona e concludono con un breve passaggio in figurazioni rapide. Le altre due
canzoni in sezione unica, la n.° 1 (foglio 7r) e n.° 7 (foglio 22v) hanno diversi temi.
Secondo un'altra fonte454 la canzona n.° 7 fu composta da Ercole Pasquini ma sarebbe
l'unico esempio nel manoscritto di omissione di attribuzione.
Le canzoni n.° 5 (foglio 14v), n.° 6 (foglio n.° 20v), n.° 8 (foglio n.° 24r), n.° 9
(foglio n.° 25v), n.° 10 (foglio n.° 27v), n.° 11 (il foglio n.° 29v) e n.° 12 (foglio
n.°31v) sono in più sezioni. Il loro schema formale è così rappresentabile:
451
Il primo esempio italiano è la Toccata del primo tono di Annibale Padovano, pubblicata a Venezia nel
1604.
452
Cfr. Cap 5.3.
453
Cfr. Cap 2.
454
Codice Chigi Q VIII 206, f. 137r, Canzona di Ercole. In questo manoscritto sono trascritte solo le
prime due pagine della canzona. (Cfr Shindle 1966)
160
Canzona n.° 5: sezione I in tempo C, un tema
sezione II in tempo 3/4, un tema
sezione III in tempo 6/8, un tema
sezione IV in tempo C, un tema
Canzona n.° 6: sezione I in tempo C, un tema
sezione II in tempo 3/2, un tema
sezione III in tempo C, un tema
Canzona n.° 8: sezione I in tempo C, due temi
sezione II in tempo 6/4, un tema
sezione III in tempo C, un tema
Canzona n.° 9: sezione I in tempo C, due temi
sezione II in tempo 3/2, un tema
sezione III in tempo C, un tema
Canzona n.° 10: sezione I in tempo C, un tema
sezione II in tempo 6/4, un tema
sezione III in tempo C, un tema
sezione IV in tempo 6/4, un tema
sezione V in tempo C, un tema
Canzona n.° 11: sezione I in tempo C, due temi
sezione II in tempo 3/2, un tema
sezione III in tempo C, un tema
Canzona n.° 12: sezione I in tempo C, un tema
sezione II in tempo 6/4, un tema
sezione III in tempo C, un tema
Ci sono molte relazioni e derivazioni tematiche fra le varie sezioni di una stessa
canzona.
RICERCARI
Il Ricercare cromatico (foglio 17 v), basato su una scala cromatica discendente, è
il più impegnativo tra i ricercari contenuti nel manoscritto. Le sezioni mostrano cambi
metrici similmente alle sezioni delle canzoni ma, a differenza di esse, alcune sezioni
sono separate da episodi rapidi in stile toccatistico nei quali non appare il tema.
- Batt. 1/21, soggetto A in tempo 4/4.
- Batt. 22/33, soggetto B (derivato da A) in tempo 6/4.
- Batt. 34/37, episodio in tempo 4/4.
- Batt. 38/54, soggetto A (con diverso controsoggetto) in tempo 4/4.
- Batt. 55/67 soggetto C in tempo 6/4.
- Batt. 68/69, episodio in 4/4.
- Batt. 70/79, soggetto D in tempo 6/4.
- Batt. 80/83 episodio conclusivo in tempo 4/4.
La Ricercata sopra G solreut (foglio 35r) è in tempo ternario e non presenta
particolari artifici contrappuntistici; potrebbe forse meglio adattarsi la denominazione di
capriccio. L’andamento ritmico, indicato con C3/2, unito ad una tessitura che
suggerisce l’uso del pedale in note ribattute (batt. 24-38) conferiscono al pezzo un
carattere pastorale. La ricercata è bipartita: la prima sezione inizia con un soggetto
trattato in imitazione che, gradatamente, si polarizza in ripetute cadenze dominantetonica, la seconda sezione è interamente costruita su un sequenza di terze parallele
ripetute ascenzionalmente quattordici volte al culmine della quale vi è scritto Flor ch’è
161
nato il bel Giesu, dolce e gradito; la sequenza, poi, continua con la stessa figurazione
melodica discendente ripetuta quindici volte fino alla cadenza finale.
Il Ricercare dell’ottavo Tuono (n.3, foglio 63r) ed il Ricercare del secondo
Tuono (n.4, foglio 64r), entrambi in tempo C, sono corti (ventinove e ventiquattro
misure rispettivamente), sono entrambi in sezione unica, con soggetto brillante trattato
in imitazione.
Nel Ricercare n.°3, il tema in ottavi viene inframmezzato con passaggi brillanti in
sedicesimi. La cadenza finale presenta il trillo preparato con una doppia iterazione
ritmica di croma puntata con semicroma.
Il Ricercare n.°4, con un soggetto molto brillante, non presenta particolari artifici
contrappuntistici e conclude con una semplice cadenza dominante-tonica.
In entrambi i pezzi (a cui, per la verità, l’attribuzione di ricercari appare un po’
pretenziosa) si sente l’influsso forte dello stile di Girolamo Frescobaldi, benché
fortemente semplificato.
FUGHE
In tutto il manoscritto appaiono due pezzi intitolati Fuga.
La prima Fuga inizia proprio nel punto dove termina la Canzona n.° 4 ed è nella
stessa tonalità di Sol maggiore. All'inizio del foglio seguente, 13r, il termine Fuga
appare di nuovo indicando, apparentemente, l'inizio di un'altra composizione, ma la
somiglianza tematica tra Fuga n.1 ed i temi delle due sezioni della Fuga n.2 è notevole.
Si potrebbe ipotizzare che la Canzona n.4, la Fuga n.1 e la Fuga n.2 siano sezioni di
un'unica "suite" di pezzi.
La Fuga n.1 è monotematica ed in un'unica sezione, la Fuga n.2 è in due sezioni,
la prima in tempo 3/2 e la seconda in tempo C. Nella casella 35 della seconda fuga vi è
un errore di scrittura nella voce centrale che reca un movimento in più.
FANTASIA
Solo una composizione in stile imitativo viene intitolata Fantasia e si trova al
foglio 9r. E’ un pezzo breve, monotematico e in un’unica sezione. Il tema viene
ripresentato senza modifiche durante tutta la composizione e l’autore indulge volentieri
nell’impiego di ligature.
PEZZI INTITOLATI
La parte del manoscritto compresa tra i fogli 32r e 55r contiene dei pezzi i cui
titoli sono costituiti da singole parole (Trono reale - Maestà – Pace - Verità – Fedeltà –
Innocenza - Farfalla- Costanza- Pazienza- Breve Diletto) o da intere frasi o proverbi
(Doppo' lunga procella; comparisce nel Ciel l'Iride bella - Con sette fila Sanson della
sua chioma, L'altiero stuol del Filisteo di coma - Chi dura vince, chi segue pur giunge,
chi brama dolcezze fia che si punge - Aspettar di godere, ne saper quando e' pazzia d'un
cuor, che muore amando- Se' credi in questo mondo haver sollazzo, t'inganni, poco
speri, e gia' sei pazze - Non si stima quel ben che vien' in fretta, Ma' gli prezza più, che
più s'aspetta). I brani sono monotematici in unica sezione, hanno un tema corto con
risposte in imitazione; ci sono, tuttavia, dei passaggi omofonici in quattro parti. I
procedimenti armonici sono semplici con accordi di triade in stato fondamentale o in
primo rivolto; raramente troviamo accordi in secondo rivolto o accordi di settima.
Normalmente questi pezzi restano confinati nell’ambito della tonalità principale
con qualche eccezione: nelle ultime dieci misure di Maestà vi sono ben otto cambi
tonali.
162
E’ difficile poter scorgere un chiaro intento programmatico ma qualche
procedimento può essere “interpretato”: nella Ricercata sopra G solreut, la lunga
progressione ascendente al culmine della quale troviamo il riferimento alla nascita di
Gesù ci induce ad immaginare un fiore che sboccia, i temi di Trono Reale e Maestà
richiamano lo squillo delle trombe del palazzo reale, la leggiadria del tema di Farfalla
risulta appropriata al titolo; anche l’abbondanza di passaggi omofonici a quattro voci in
Pace conferisce al pezzo un senso di tranquillità. Di contro, non si riesce a scorgere
alcuna Lunga procella e neanche L’altiero stuol del Filisteo; in Se' credi in questo
mondo haver sollazzo, t'inganni, poco speri, e gia' sei pazze avremmo benissimo potuto
trovar traccia degli inganni così abilmente trattati da Giovanni Maria Trabaci che
Donato Cimino, se non di persona, sicuramente di fama doveva conoscere455. Malgrado
l’incostanza dell’intento programmatico, questi 18 pezzi rappresentano un unicum nella
musica organistica dell’Italia meridionale.
PEZZI SENZA TITOLO
Dei tre pezzi senza titolo, due di essi appaiono prima delle messe d’organo (fogli
65v e 67v), il terzo conclude il manoscritto (foglio 141v).
Il primo di questi pezzi è in due sezioni, la prima in tempo C, la seconda in C3/2. Il
tema acefalo di apertura della prima sezione presenta interessanti caratteristiche
cromatiche enfatizzate dal salto di settima diminuita discendente ed è a valori larghi. Le
ultime misure di questa sezione sono basate su un motivo presentato alla precedente
misura 18; un pedale di dominante conduce direttamente alla seconda sezione. Il tema
della seconda sezione, senza alcuna relazione con la prima, è un arricchimento della
triade perfetta maggiore sul Sol vivificato dal ritmo ternario.
Il secondo pezzo è in un singola sezione basato su due temi distinti. Il primo tema
è acefalo esattamente come il tema del pezzo precedente e le altre voci rispondono con
ingressi molto rapidi in stretto.
Sia il primo che il secondo pezzo senza titolo, qualificabili come ricercari,
mostrano un livello di complessità contrappuntistica mai raggiunto in nessun altra
composizione imitativa in questo manoscritto.
L’ultimo pezzo senza titolo (f. 141v) viene attributo ad Ercole Pasquini dal
Rondinella che scrisse nel frontespizio: Pasquino Ercole 135 a 142. In realtà se Ercole
Pasquini viene chiaramente citato come autore della Canzona al foglio 135r e delle
Durezze e ligature al foglio 137v, non ci sarebbe stato motivo alcuno di omettere la
paternità anche in quest’ultimo pezzo; è da preferire l’ipotesi che l’attribuzione al
Pasquini sia una distrazione del Rondinella quanto scrisse l’elenco456. Quest’ ultimo
pezzo è chiaramente in stile di canzona monotematica ed in un’unica sezione; al
contrario dei due precedenti pezzi, il tessuto contrappuntistico è praticamente assente ad
eccezione delle risposte al tema delle prime battute, il ritmo fluisce abbastanza
regolarmente e solo nelle ultime battute una cadenza alla voce superiore in semicrome
dà una scossa ritmica.
VERSETTI E MESSE
Alle pagine 61r, 61v, 62r e 62v si trovano quattro versi separati da tutti gli altri. I
quattro versi, composti nel primo modo gregoriano, non hanno relazione con melodie
455
E’ a dir poco sospetta la latitanza nel manoscritto di opere di Ascanio Mayone e Giovanni Maria
Trabaci, aggravata dalla presenza di opere del loro comune maestro Giovanni De Macque; è anche da
sottolineare l’assenza di opere di Gregorio Strozzi.
456
L’edizione delle opere per tastiera di Ercole Pasquini , curata da W. Richard Shindle, n.° 12 della
collana Corpus of Early Music (1966), include questo brano ma lo colloca in un’appendice. Lo Shindle
dichiara chiaramente nell’introduzione, pag. IX, che il pezzo è anonimo nel manoscritto Cimino e non
reca alcun titolo.
163
gregoriane; non si può stabilire, inoltre, l’esatta utilizzazione di essi ed il loro numero,
quattro in totale, non è conforme ad alcuna alternanza prevista per l’Ordinario della
Messa.
La distribuzione dei pezzi all’interno delle messe non è ordinata come nelle
precedenti pubblicazioni di Valente457, Trabaci458, Salvatore459 e Fasolo460. Sia Valente
che Trabaci hanno ordinato i loro versetti col criterio del raggruppamento modale,
Giovanni Salvatore ha preferito raggruppare i versi per ciascuna delle tre messe più
frequenti, mentre Fasolo ha puntigliosamente coperto ogni esigenza liturgica
dell’organista secondo le disposizioni emanate dal Caeremoniale episcoporum461.
Nel manoscritto Cimino troviamo versi per l’Ordinario della messa accanto a
pezzi per il Proprio similmente ai Fiori Musicali di Girolamo Frescobaldi462.
Il manoscritto Cimino ha l’aspetto di miscellanea per uso personale che comprende
tre messe:
1. Messa per le feste doppie (dal foglio 69r al 78v)
2. Messa festiva (dal foglio 78v al 86v)
3. Messa (senza indicazione) (dal foglio 87r al 100v)
Ecco in tabella la distribuzione dei pezzi per ciascuna messa:
Parti
Introito
Messa per
le feste
doppie
Introito
(toccata)
Messa
festiva
Kyrie
4 versetti
Toccata
per la
messa
seguende
5 versetti
Gloria
9 versetti
9 versetti
Graduale
Doppo’
l’Epistola
Doppo
L’Epistola
-
-
Alleluja
Credo
Offertorio
Sanctus,
Benedictus
Toccata per
l’offertorio
+
Fuga e
Toccata
-
Offertorio
2 versetti
457
Valente, 1580; cfr. Cap.1.2
Trabaci, 1615; cfr Cap. 3.4
459
Salvatore, 1641; cfr. Cap. 5.1
460
Fasolo, 1645; cfr. Cap. 4.2
461
Cfr. cap. 4.2
462
Frescobaldi, 1635
458
164
Messa
senza
indicazione
-
5 +5
versetti
10 +10
versetti
Per
L’Epistola
Altro verso
per
l’Epistola
Alleluia
Alleluia
(abbozzo)
Per
L’Offertorio
-
Elevazione
Agnus Dei
Communio
Deo Gratias
Per
L’Elevazione
-
Per
L’Elevazione
2 versetti
Postcommunio
-
-
-
Benedicamus
Domino
I versi delle messe sono generalmente brevi e sono composti in stile imitativo alternato
allo stile toccatistico463.
La prima messa, benché denominata per le feste doppie, deriva tematicamente
dalla messa Cum jubilo IX del Kyriale, normalmente definita Della Madonna. Tale
derivazione tematica si circoscrive, comunque, solo ai versi del primo Kyrie i quali sono
quattro invece che cinque464.
La Toccata per l’offertorio è molto breve (appena 7 battute), è seguita da una
fuga nello stesso tono seguita, a sua volta, da un’altra toccata una terza sotto. Gli ultimi
due brani servono forse per il Sanctus ed il Benedictus .
La Messa festiva è completa ad eccezione dell’Alleluja e del Communio.
L’ultima messa, senza alcuna indicazione, ha i versetti del Kyrie, del Gloria e
dell’Alleluja duplicati benché il secondo Alleluia sia una semplice modulazione; anche i
versi per l’Epistola sono due. L’unico brano per l’Offertorio conclude la Messa.
Le due toccate per l’Elevazione (prima e seconda messa) seguono lo stile di
Durezze e ligature (con poche “durezze”) a conferma che la scelta stilistica dei brani era
pienamente condivisa dagli organisti del XVI secolo così come era sempre suonata una
canzona per l’Epistola o il Postcommunio. Il manoscritto differisce dalle altre raccolte
seicentesche nei brani per l’Offertorio, tradizionalmente composti nello stile del
Ricercare (ovvero gravis modulatio), qui scritti in stile toccatistico brillante. L’Introito
della Messa per le Feste Doppie, la Toccata d’apertura ed il primo Kyrie della Messa
Festiva sono nel tipico stile delle toccate; il Kyrie in forma di toccata è un’ulteriore
conferma dell’interscambiabilità tra la toccata avanti la messa ed il primo verso del
Kyrie465.
COMPOSIZIONI CON INDICAZIONE DELL’AUTORE
Francesco Boerio
La prima composizione di Franceso Boerio (f. 63r) non ha titolo, è nello stile di
canzona in due sezioni, la prima in tempo C, la seconda in tempo ¾; non vi è relazione
tematica tra la prima e la seconda parte.
La seconda composizione (f.59r), intitolata Toccata in D solre, ha l’indicazione
appresso Fuga scritta sull’ultimo accordo: è uno dei primi esempi nella letteratura
463
Il modello più pertinente sembra la pubblicazione di Giovanni Salvatore (1641).
Anche nella MISSA IN DOMINICIS DIEBUS di Giovan Battista Fasolo (1645) troviamo quattro
versi in luogo dei canonici cinque; cfr Cap. 4.2
465
“[…] potrà l’accorto Organista servirsi de gli primi (versi) lasciando la voce nelle finali de gli secondi;
avertendo in tutte le Messe, che la repetitione dell’Introito servirà per il primo Kyrie” (Banchieri, 1605,
pag. 3 del Primo Registro).
464
165
organistica in cui una toccata è espressamente unita ad una fuga466. La toccata mantiene
ancora un po’ del carattere inquieto di Mayone e Trabaci ma è armonicamente molto più
levigata; la fuga inizia con un tema molto breve impiegato per le imitazioni delle prime
dieci misure, le successive nove misure sono basate su un nuovo materiale tematico e le
ultime quattro costituiscono il pedale di dominante che conduce alla cadenza finale.
Giacinto Ansalone
L’unica composizione attribuita a Giacinto Ansalone è la canzona francese
(f.131r) di sessantadue misure in un’unica sezione, la canzone più lunga e più
complessa del manoscritto. Il tema di apertura presenza il caratteristico ritmo dattilico
seguito da una successione di terze spezzate ascendenti, elemento tematico che verrà
riproposto e sviluppato in seguito; alla misura 20, le terze vengono ornate con trilli; alla
misura 30 si trova una serie di figurazioni in semicrome molto complesse dal punto di
vista tecnico; alla misura 51 ritornano le terze spezzate sia ascendenti che discendenti
che conducono alla cadenza finale ornata a sua volta con rapide semicrome.
Giovanni Salvatore
Per i sei brani di Giovanni Salvatore si rimanda al capitolo 5.1.
Girolamo Frescobaldi
La presenza nel manoscritto di due canzoni di Girolamo Frescobaldi (1583-1643) è
un segnale della fama raggiunta dall’organista e compositore ferrarese nella seconda
metà del XVII secolo. Le due canzoni di Frescobaldi presenti nel manoscritto Cimino
erano già state incluse nei Fiori Musicali, pubblicati a Venezia nel 1635 presso
Alessandro Vincenti.
Il brano al foglio 113r è la Canzon dopo l’Epistola della Messa delli Apostoli, il
brano al foglio 115v è la Canzon post il Comune della Messa Della Domenica.
Giovanni De Macque
Per i quattro brani di Giovanni De Macque si rimanda al capitolo 3.1.
Ercole Pasquini
Ercole Pasquini (ca 1555 – dopo il 1620), concittadino di Frescobaldi, ne fu anche
il predecessore all’organo di San Pietro a Roma e ne subì la concorrenza. Il manoscritto
include solo Pasquini e Frescobaldi quali rappresentanti della scuola organistica
romana, nonché unici compositori che non operarono a Napoli.
La Canzona del Ercole Pasquino (f. 135r) è in tre sezioni: la prima in tempo C, la
seconda con indicazione di metro “3”, e la terza nuovamente in tempo C.
Le Durezze e ligature del detto (Pasquini) impiegano fedelmente il procedimento
armonico indicato nel titolo, con i tipici valori larghi che cedono il posto, però, a crome
più fluenti verso la fine le brano.
466
Prima di Boerio, Annibale Padovano pubblicò nel 1604 una Toccata et Ricercare d’Organo; in area
meridionale Giovanni Maria Trabaci nel Secondo Libro dei Ricercari (1615) pubblicò una Toccata e
Ricercare (Cfr. Cap. 3.4,105) e Bernardo Storace nella sua Selva (1664) pubblicò due Toccate e Canzon
(Cfr. Cap. 4.2, 143).
166
5.3 GREGORIO STROZZI
Siamo in possesso di poche notizie concernenti la vita di Strozzi. Ulisse ProtaGiurleo467 indica in San Severino in Lucania il luogo di nascita ed afferma pure che
fosse allievo di Giovanni Maria Sabino ed organista presso la chiesa della
Sant'Annunziata in Napoli, assunto nel 1634 “per essere musico di grande abilità e
valore” per tre ducati al mese468; tre anni dopo, “pei suoi meriti eccezionali come
organista e compositore” ebbe un aumento di due ducati, con la promessa di diventare
Primo Organista o Maestro di Cappella alla prima vacanza. Nel 1643, tuttavia, era
ancora Organista ordinario del secondo coro. Nel 1645 fu nominato cappellano della
Chiesa Madre di Amalfi469. C’è anche un contratto nel quale lo Strozzi dichiara di
prendersi la responsabilità per l'istruzione della musica di un giovane chiamato
Francesco Mansione470. Le notizie desunte dalle ricerche d’archivio sono integrate dalle
indicazioni dei frontespizi delle sue opere: fu “Reverendo e Regio Abbate, Dottor
Napoletano dell’una e l’altra legge, e Protonotario Apostolico”.
Gregorio Strozzi visse contemporaneamente a Giovanni Salvatore, entrambi non
napoletani di nascita ma accolti nella città partenopea a seguito di importanti incarichi.
Di Strozzi colpisce, però, la differente cronologia delle sue pubblicazioni, essendo
l’unico dei compositori napoletani a pubblicare le sue opere strumentali alla fine della
sua vita, come coronamento della propria attività musicale.
5.3.1. ELEMENTORUM MUSICAE PRAXIS (1683)
Con quest’opera, Gregorio Strozzi chiude la tradizione del duo strumentale,
iniziata nel 1521 con Eustachio Romano471, che aveva raggiunto il culmine qualitativo
tra il 1560 e il 1605472.
A questo punto il felice equilibrio rinascimentale si scioglie, e dal duo cinquecentesco si
sviluppano due filoni: il primo che […] si trasforma in duetto concertato su basso
continuo e rinunzia, per l’arte e per lo spettacolo, ad ogni funzione teorica e didattica; il
secondo, strutturalmente fedele alla lettera della tradizione ma non allo spirito, che invece
mantiene ed anzi irrigidisce la severità contrappuntistica, e in modo sempre più gretto
assolve unicamente una funzione d’indottrinamento dogmatico473.
Gregorio Strozzi cerca sempre di mantenere alto l’interesse musicale pur trattando
con rigore gli esempi musicali. Ogni brano è titolato con un nome, proverbio o modo di
dire.
467
Prota-Giurleo 1962, 118-121.
Ibidem.
469
Ibidem.
470
Ibidem.
471
Romano 1521.
472
Cfr. Cap. 1.3 e 2.1
473
Carapezza 1971, xxviii – xxix.
468
167
Il frontespizio della pubblicazione reca scritto:
ELEMENTORUM
MUSICAE
PRAXIS
Utilis non tantum incipientibus, sed proficientibus, & perfectis.
Incipientibus ad facilitatem artis,
Proficientibus ad delectationem, & perfectionem,
Perfectis ad eruditionem compositionis.
Accedit
Nexus, & Sympatya Musicae, & Astronomiae
AUCTORE
REV. AC REGIO ABB.
D. GREGORIO STROZZIO
V.I.D. NEAPOL:
AC APOSTOLICO PROTON:
Pars prima, & seconda, Opus tertium.
NEAPOLI, M.DC.LXXXIII.
Typis Novelli de Bonis Typographi Archiepiscopalis.
Superiorum permissu.
La dedica si trova nella pagina seguente:
TIBI
AUGUSTISSIMA
TRINITAS
Primae, Ingenitae, Ineffabili Harmoniae,
Ad monadem TRIADI, ad numerum Unisonae;
Ad tempus Aeternae, ad modos Incommutabili;
Uno Ore, uno Verbo, uno Spiritu,
Absolutissimae;
Primigeniae totius harmoniae Parenti;
E Qua
Tempus tempora, numeri numerum, modi modum
Caeli, Sidera, Elementa
Symphonismum
Mirabili rerum omnium concentu hauriunt
Hanc Elementorum Musicae praxin
ultimam tuae echum harmoniae
Deiecto humi ad Maiestatis tuae NUMEN vultu.
D.D.D.
Gregorius Strozzius.
168
Seguono le avvertenze al lettore:
LECTORI TYPOGRAPHUS
Siste lector, ne te aurium ita abripiat voluptas, ut Musicas statim in notas involes, eaque negligas, quae in operis vestibulo
nosse operae pretium fuerit. ELEMENTORUM MUSICAE
PRAXIN libri titulus praefert. Habet nimirum Musica disciplinis caeteris par, atque omnium decus elementa, quibus constet.
Initio, cum rudis adhuc esset, ac paupere censu, e Grammatica
primam literarum hebdomadem mutuata est: huic suos illa numeros illigavit, ac primum sibi alphabetum confecit; At cum id non
tam bellè aptèque ad rudium institutionem caderet, GUIDO
ARITINUS, e sacra Benedicti famiglia Philosophus, idemque
Musicus, novis numerorum elementis, novoque veluti alphabeto
Musicen auxit. Is cum ad modos musicos in Divi Ioannis pervigilio sacer ille hymnus caneretur: UT QUEANT LAXIS
RESONARE FIBRIS, rapta è singulis carminibus gemina syllaba : UT scilicet, & RE, ex primo; MI, & FA, ex secundo; SOL,
& LA, ex tertio, eas septem Alphabeti literis addidit, atque ex
omnium complexu viginti literarum quoddam veluti sistema statuit, quo conformari, & graves, & mediae, & acutae voces commodiùs possent; ratus fore aliquando, ut praetermissa prima literarum hebdomade sex illae syllabae in perfectius Musicae alphabetum cederent. Id planè accidit, & ad faciliorem canentium normam, & ad Musicae ornamentum; ut enim è quatuor tantum elementis omnis in hoc Orbis Theatro rerum concentus existit, ita è
sex tantummodo elementis omnis Musicae Symphonia gignitur.
Id Auctor, ut opere, ac praxi veluti digito demostret, opus multo
ungue, multoque elaboratum, expolitumque pumice profert.
Habent hic Rudes, quo Musicae veluti mysterijs initientur; habent
Provectiores quod discant, habent demum Perfecti disciplinae
huius Antistites, quod vel aemulationem, vel admirationem provocet. Ob oculos quippe Auctor exhibet Genus Musicae Quantitativum, quod Totum huius facultatis Continens dixeris. Amplectitur enim absolutas quatuor dotes, omnesque numeros, Modi
maiori perfecti, Minoris perfecti, Temporis perfecti, & Prolationis perfectae. Habes etiam Quinque genera proportionum,
Multiplicem, Superparticularem, Superpartientem; Multiplicem
Super particularem, & Multiplicem super partientem, iuxtà mentem Euclidis, & Clavij in suis elementis lib.V. Quin etiam Mirabilis
planè Compositionis paradigma, ubi omnes Musicae nexus solvit;
adeò ut nihil vel scribi, vel centum ad Choros Cani propemodum possit, quin eos dumtaxat consonos dissonosque numeros
reperias quos ipse nectit solvitque. Demum egregiè facit ad
constructionem duplicium contrapunctorum atque ad peritiam
promptè tangenti cymbalum.
Accedit, ad eruditionem, atque ornamentum Astonomiae, ac Musicae faedus, atque alter veluti symphonismus; Zodiaci siquidem
signis duodecim tonos, quos aiunt Regulares; Septem vero
Planetis; eorumque naturae atque indoli musicum Diapason accomodat; tum Dignitates essentiales, atque Accidentales, Aspectus, Configurationesque siderum harmonicis numeris ad amussim exprimit, ac refert: adeò ut quemamodum Astronomus
oculis, ita & Musicus auribus, ac superbissimo earum iudicio Celeste thema rectificare facili iucundoque negotio possit. Nec id
169
mirum videri cuiquam debet, quando è Platone, ac Pythagora
totam hanc rerum universitatem non nisi musicam harmoniam
esse didicimus, & ab Isidoro lib. 3.c.16. nullam sine Musica perfectam esse posse disciplinam. Haec satis ad operis rationem, quod
ubi nocturna diurnaque versaveris manu Auctoris ingenium,
absulutamque artis peritiam, vel si Aristarchus sis, suspicies; ac
Musicae gratulaberis, quam vel è Coelo in terras devocat, vel è
terris effert in Coelum, ut liquidiùs sonet, ac puriùs. Vale.
E’ il tipografo che si rivolge ai lettori, delineando i principi compositivi ed i pregi
dell’opera. Vengono sottolineati i legami tra gli elementi costitutivi della musica ed i
fondamenti della grammatica, si espone brevemente l’elaborazione teorica di Guido
d’Arezzo e si accenna alle proporzioni ritmiche tramandate dalla teoria rinascimentale.
Sia nell’intestazione che nelle avvertenze si specifica che l’opera non è tanto utile agli
studenti alle prime armi, quanto, piuttosto, a far progredire nella conoscenza coloro che
sono già ben introdotti nell’arte. Grazie a quest’opera, si possono imparare tutti gli
artifici contrappuntistici ma, al tempo stesso, si può sviluppare la capacità di suonare
agevolmente il clavicembalo.
La musica, infine, “che fa scendere dal Cielo in Terra e dalla Terra porta in
Cielo”, è intimamente legata all’astronomia al punto che ciò che l’astronomo interpreta
con la vista viene inteso dal musicista con l’udito. Il grande sapiente è colui che
[…] accosta i dodici toni che si dicono regolari con i segni dello zodiaco, accosta le sette
note del Diapason alla natura ed all’indole dei sette pianeti […]Né deve sembrare strano a
qualcuno allorché impariamo da Platone e da Pitagora che l’universo intero non può
esistere senza l’armonia della musica, e dai libri 3 e 16 di Isidoro impariamo che nessuna
disciplina può essere perfetta senza musica.
La pagina successiva alle avvertenze contiene due epigrammi anonimi.
Ad
Rev. ac Regium Abbatem
Ac V.I.D. atque Apost. Prot. D.D. Gregorium
Strozzium
Epigramma
Inc. Auth.
Arbiter exposito Phaebus dum praesidet Orbi
Temperat ad numeros mixta elementa suos;
Hinc omnis rerum discors concordia mundo est,
Hinc canit aeternum noxque diesque melos.
Par opus ingenio praestas, dum musica misces
Arbiter innumeris, STROZZI, elementa modis.
Scilicet hinc vario sese modulamine fundit
Altius harmonico quicquid in Orbe latet.
Ergo Naturae genium dum sedulus arte
Assequeris, merito tu mihi Phaebus eris.
DDDDDDDDDDDDDDDDDDD
170
Ad eundem
Epigramma.
Edere inauditum celesti è pegmate carmen,
Sidera, Pythagorae, fabula nota fuit:
Ast tua sideribus dum faedere carmina nectis,
Ars est, quae quondam fabula vana fuit.
Segue il contenuto dell’opera.
TITOLO
Labor
improbus
omnia vincit
(Stampati solo nella
parte del Tenor)
INDICAZIONI
ACCESSORIE
Contrapunctum
duplum ad decimam
cum suis
observationibus, &
potest cani 12. modis,
& tribus, & quatuor
vocibus.
Nemo sibi solus, ad
universa sufficiens
est.
Diversa ab alijs
virtute valemus
In via sumus, qua
via pergimus
Adhereat lingua
faucibus meis, si
non meminero tui
Omnium rerum
principia parva sunt,
sed suis
progressionibus usa
augentur
Frusta iacitur rete,
ante oculos
pennatorum
Nihil est in
intellectu, quin
praefuerit in sensu
Ego autem gloriabor
in
infirmitatibus
Contralto
Tenore
Ave maris Stella
Magnus esse vis? À
minimo incipe.
CHIAVI
Duplum ad x. cum
suis observ:
PARS MATUTINA
Canon.
Disce puer
Ut
queant
laxis
resonare fibris, & c.
Soprano/ Soprano
Soprano/ Soprano
Canon
Ludus puerorum
Canon
Soprano/ Soprano
Canon
Soprano/ Soprano
Canon
Soprano/ Soprano
Soprano/ Soprano
Soprano/ Tenore
Varijs artibus
Vinciuntur
Soprano/Contralto
Soprano/Contralto
171
meis
Os Regis observo, &
praecepta iuramenti
Dei
Depone sarcinam, &
invenies (habebis)
medicinam
Cogitationes
consilijs roborantur
Nulla aetas fera est
ad discendum
Cito
nauseat,
quidquid sine labore
possidetur
Criminosus, iudex
alterius esse non
potest
Soprano/ Tenore
Soprano/ Basso
Mezzosoprano/Contralto
Contralto/ Tenore
Contralto/ Baritono
Tenore/ Basso (indicato
nell’indice)
(Non stampato nella
parte del Tenor benché
sia citato nell’indice)
Basso/ Basso (indicato
nell’indice)
Omnia vitia in sene
senescunt, avarizia
sola iuvenescit.
(Non stampato nella
parte del Tenor benché
sia citato nell’indice)
Facilis est vincere
non repugnantibus
Danda est remissio
animis
Ars deluditur arte
Fili à iuventute tua
excipe doctrinam
Quae in iuventute
non
congregasti,
quomodo in
senectude invenies
Aeoliam rabiem,
totis exercet arenis
Frater qui
adiuvantur à fratre,
quasi Civitas firma.
Soprano/ Basso
Soprano/ Tenore
Contralto/ Tenore
Soprano/ Contralto
Soprano/ Contralto
Soprano/ Tenore
Tenore / Tenore(indicato
nell’indice)
(Non stampato nella
parte del Tenor benché
sia citato nell’indice)
Recupera
proximum,
secundum virtutem
tuam.
Canon
A diapente superius
Post duo tempora. &
c.
(Non stampato nella
parte del Cantus; citato
nell’indice solo al
Tenor)
172
Basso
In medio seniorum
ne adijcias loqui.
Canon
Basso
(Non stampato nella
parte del Cantus; citato
nell’indice
solo
al
Tenor)
Homo sanctus, in
sapientia
manet
sicut Sol. Eccl.27
(Miniatura di un
sole con scritta:
Melpomene.
Quid lucidius Sole?
& hic deficit. Eccl.
17.
Simbolo zodiacale
del Leone)
Stultus sicut luna
mutantur. Eccl. 27
(Miniatura di una
luna con scritta:
Clio.
Simbolo del Sole e
del Cancro)
Simulator,
ore
decipit
amicum
suum
(Semplice scritta:
Euterpe.
Simboli di Mercurio
e della Vergine)
Vir iniquus iactat
amicum suum, &
ducit eum per viam
non bonam
( Polinnia.
Simboli di Saturno,
Mercurio,
Capricorno e
Gemelli)
Humilia
animam
tuam presbitero, &
caput tuum magnato
( Erato.
Simboli di Giove e
dei Pesci)
Mulieris
bonae,
beatus vir. & c.
( Erato, Talia.
Simboli di Giove,
Venere, dei Gemelli,
Pesci ed Acquario)
Dorius, sive I. tonus
Naturalis
Hilaris,
Ecclesiasticus. Serius
Soprano/ Tenore
Hypodorius, sive II
ton. Nat. Ad diapason
superium
Mestus, flebilis
Mezzosoprano/Contralto
Phrygius, sive III
tonus Naturalis:
Acerrimus, durus
Contralto/ Tenore
Hypofrygius, sive IV.
Tonus naturalis. Ad
diapente superium
Mezzosoprano/Mezzosoprano
Lydius, sive V. tonus
naturalis
Petulans, criticus
Violino/ Contralto
Hypolidius, sive VI
tonus naturalis
Pius, devotus, lenis
Baritono/ Baritono
173
Homo
perversus,
suscitat lites
( Tersicore.
Simboli di Marte e
Scorpione)
Boni fine malis in
..ac vita, esse non
possunt
( Melpomene
Tersicore.
Simboli del Sole,
Marte, Leone e
Capricorno)
Festina tempus, &
memento finis
( Erato, Talia,
Euterpe.
Simboli di Giove,
Venere, Mercurio,
Pesci, Toro e
Vergine)
Liberat animas testis
fidelis, & profert
mendacia versipellis
( Erato, Euterpe.
Simboli di Giove,
Mercurio, Pesci e
Vergine)
Virum de mille
unum
reperi,
mulierem
ex
omnibus non inveni
( Thalia.
Simboli di Venere e
Toro)
Amico, & inimico
noli narrare sensum
tuum
( Talia, Euterpe,
Tersicore.
Simboli di Venere,
Mercurio,
Marte,
Toro, Vergine e
Capricorno)
Virus
conciliat
amicitias,
atque
conservat.
Myxolydius, sive VII
tonus naturalis
Indignans,
rixosus,
superbus
Soprano/ Contralto
Hypermixolydius,
sive
VIII
tonus
naturalis
Magnificus, felicis
Tenore/ Tenore
Aeolius, sive IX
tonus naturalis
Suavis, delectabilis
Soprano/ Contralto
Hypoeolius, sive X
tonus naturalis
Mitis, amabilis
Tenore/ Tenore
Ionius, sive XI tonus
naturalis
Iucundus, floridus
Violino/ Soprano
Hypoionius, sive XII
tonus naturalis
Speciosus, varius
Contralto/ Contralto
Canon
Tenore
(Non stampato nella
parte del Cantus; citato
nell’indice
solo
al
Tenor)
174
Primus addiscendi
ardor, nobiliats est
magistri. Ambr.de
virg. Lib.2.
Omni tempore
diligit, qui amicus
est
Arcta est via Caeli,
lata vero, quae ducit
ad perditionem
Vitasti saxa grandia,
vide ne obruaris
Arena
Gaudent brevitate
Moderni
Si cadendum est è
Caelo, cecidisse
Velim
Amor amore
Conciliatur
Qui prius respondet
quam audiat,
stultum se esse
demonstrat
Qui spernit pauca,
paulatim decidet
Per durum iter
anhelat gloria
Qui navigant mare,
enarrant pericola
Eius
Per nigredinem,
humanitas non
mutatur
Durum est assueta
Delinquere
Non semper fluvius,
aureas habet scuras
Timidus miles
vencere rarò solet
Ferrum ferro
Exacuitur
Qui rem intelligit,
viam ad salutem
excogitat
Omnis natura vult
esse conservatrix sui
PARS
VESPERTINA
Musicam docet
Amor.
Canon
Canon
Tenore/ Tenore
Soprano/ Soprano
Soprano/ Soprano
Soprano/ Contralto
Soprano/ Soprano
Contralto/ Basso
Soprano/ Contralto
Soprano/Mezzosoprano
Violino/ Violino
Soprano/Mezzosoprano
Mezzosoprano/Baritono
Soprano/ Soprano
Soprano/ Soprano
Soprano/ Soprano
Tenore/ Basso
Contralto/ Contralto
Ottava bandita
(Tema ricavato dalle
seguenti sillabe: La
so la far fal la mi fa
dor mi re mi fa)
175
Mezzosoprano/Contralto
Soprano/ Soprano
Non bene pro toto
venditur auro
libertas
Omnia si perdes,
famam servare
memento
Nili aratores,
Caelum non
Aspiciunt
Idem
servare
amicum
cum
prudentia,
quod
acquirere imperium.
Soprano/ Soprano
Violino/ Soprano
Soprano/Mezzosoprano
Canon ad diapente
inferius.
Post unum tempus
Tenore
Canon
Retrogrado
Soprano
(Non stampato nella
parte del Tenor; citato
nell’indice
solo
al
Cantus)
Non progredi in via
Dei, est Retrogredi
(Non stampato nella
parte del Cantus; citato
nell’indice
solo
al
Tenor)
Omnia
tempus
habent,
&
suis
spatijs
trasferunt
universa sub. Ecc. 3
In labijs sapientis
invenitur sapientia.
Parab. Sal. C.1
Quod sit in Urbe, sit
in Orbe.
(Non stampato nella
parte del Tenor; citato
nell’indice
solo
al
Cantus)
Vae Soli, quia cum
ceciderit, non habet
sublevantem
se.
Eccl. 4
Quantitativum Genus
V.Genera
Proportionum
Cuncti nexus
Musicae soluti
E rit C oncentus
O mnium, notas
audire tuas.
Canon ad unis.
Sonata di Basso solo
- Per Cimbalo,
& Arpa ò
Leuto.
- Cimbalo
&
Arpa
- Piano, e vi si
può diminuire
Soprano/ Tenore
Soprano/ Contralto
Soprano
/Basso
Già Zarlino474 e Cerone475 si erano occupati del rapporto tra il carattere dei modi,
le influenze delle sfere celesti e delle muse; Strozzi amplia ulteriormente il rapporto
aggiungendo i simboli dello zodiaco.
La sonata di Basso solo conclusiva476 (“Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet
sublevantem”) è l’unico pezzo con l’esplicita destinazione degli strumenti da impiegare:
474
Zarlino 1561.
Cerone 1613.
476
Cfr. Fabris 1986, 233-236.
475
176
il clavicembalo, l’arpa ed il liuto. L’enigma del canone (“Guai a chi è solo: se cade non
ha nessuno che lo rialzi”) indica che gli strumenti devono costantemente dialogare:
Strozzi indica all’inizio di ogni sezione quali strumenti devono intervenire. Nella
seconda, il clavicembalo e l’arpa devono continuamente dialogare, alternandosi in brevi
sezioni che si rincorrono fino al tutti conclusivo. Analizzando le alterazioni del brano,
risulta che l’autore evita di affidare all’arpa cromatismi fuori dal tono d’impianto
mentre non ha alcuna difficoltà ad affidarli al clavicembalo.
Per una strana contraddizione, dunque, l’arpa di fine Settecento sembra tornare verso le
sue origini cinquecentesche di strumento “semichromatico”, come provano anche
l’abbandono graduale delle impervie file incrociate di corde e la ricerca di nuove
soluzioni organologiche (uncini prima, poi i definitivi pedali). Probabilmente si era
spenta da tempo la tradizione di virtuosi napoletani; l’arpa non era insegnata nei
conservatori e lo strumento venne riassorbito, con effetti coloristici, nell’anonimato
dell’orchestra settecentesca d’impianto scarlattiano.477
Strozzi eviterà di affidare all’arpa difficili cromatismi anche nelle variazioni XI e XII
della Romanesca con partite, Tenori e Ritorn[elli] pubblicata nei Capricci del 1687.
5.3.2. CAPRICCI DA SONAR CEMBALI ET ORGANI (1687)
E’ l’opera che corona la carriera di compositore di Strozzi. Con essa, si chiude
definitivamente l’era delle opera omnia collecta478 inaugurata quasi cento anni prima da
Antonio Valente. Strozzi era quasi coetaneo di Giovanni Salvatore ma le loro opere
strumentali, affini per stile compositivo, vengono pubblicate a distanza di quarantasei
anni: 1641 per Salvatore e 1687 per Strozzi. Giovanni Salvatore è perfettamente
inserito nel suo tempo, Gregorio Strozzi appare, invece, un sapiente compositore
nostalgico di un modo di comporre che non ritrova più tra i suoi contemporanei. Le
musiche presenti nel manoscritto Cimino479, risalente al 1675, ci danno la misura del
mutamento della musica organistica napoletana dopo la metà del XVII secolo. Laura
Alvini480 ritiene che la presenza di modelli compositivi piuttosto arcaici e di elementi
stilistici non sempre omogenei tra loro fa presumere che lo Strozzi abbia scelto per la
pubblicazione del 1687 brani composti in un vasto arco di tempo.
Il frontespizio della pubblicazione di Gregorio Strozzi reca scritto:
CAPRICCI
DA SONARE
CEMBALI, ET ORGANI
Del Rev. e Regio Abb.
D. GREGORIO
STROZZI
Dottor Napoletano dell’una, e l’altra legge, e
Protonotario Apostolico
477
Fabris 1986, 236.
Cfr. Apel 1972.
479
Cfr. Cap. 5.2
480
Introduzione all’edizione anastatica della stampa della biblioteca del Conservatorio di Napoli curata
da Laura Alvini, S.P.E.S, Firenze, 1979
478
177
OPERA QUARTA
(Stemma)
IN NAPOLI M.DC.LXXXVII
Per Novello de Bonis Stampatore Arcivescovale.
Con licenza de’ Superiori
La dedica si trova nella pagina seguente:
A voi
Gloriosi, Arcangeli
Michaele, Gabriele, e Rafaele
A Tè
Angelo mio Custode:
Ed à voi Tutti Angelici Cori,
Con profondissimo inchino riverente prostrato,
Presento questo piccol tributo del mio povero ingegno.
In honore della Passione di N. S. Giesù Cristo
Divulgai i Responsorij, Ecclesiastico ufficio della Settimana santa
Alla Gran Reina del Cielo
L’Officio del Santo Natale, per quel che alla Musica s’appertiene;
Poscia all’Augustissima Triade
Principio d’ogn’armonia, i miei Elementi Armonici.
Hor nella mia cadente età
Consacro à Voi
Questi Capricci da sonar Cembali, et Organi, etc.
Non inutili divertimenti da occupazioni più gravi.
Tenue è il dono
Ma non è tenue la riverenza, e l’affetto,
Che à Voi lo porge.
Se vi degnate di gradirlo,
Se di volgervi benigno l’orecchio,
Mentre animando le Chiese, ove assistete,
Farà un rozzo, e debol’eco alle Vostre armonie.
Impetratemi, vi priego,
Il perdono delle mie colpe;
A fin congiunto à vostri Cori nel Cielo,
Esalti con cantici di eterna lode
Il nostro Dio,
Che con volto à terra inchinato
Insieme con Voi benedice, et aora
Il vostro umilissimo servo
Gregorio Strozzi.
Nella dedica Strozzi elenca tutte le sue opere: i Responsoria, sua opera prima, in
onore della passione di Gesù Cristo; l’opera seconda, L’Officio del Santo Natale,
dedicata alla Madonna; l’opera terza, Elementorum musicae praxis, contributo
178
dell’abate napoletano alla teoria e alla didattica, dedicata alla Santissima Trinità,
simbolo della perfezione e dell’equilibrio. I Capricci, infine, ad angeli ed arcangeli,
chiudono questa tetralogia interamente dedicata al mondo ultraterreno.
I termini con cui lo Strozzi si rivolge agli angeli appartengono al tipico frasario
delle dediche, normalmente indirizzate a nobili e potenti; già Giovanni Salvatore481
aveva preferito Adriana Basile, una musicista, ai potenti napoletani ma Gregorio Strozzi
va decisamente oltre negando qualunque legame con uomini e mecenati,
preoccupandosi soltanto del valore della propria musica, debole eco dei celestiali
concenti. I capricci per organo e cembalo non sono, però, inutili divertimenti: la musica
strumentale non è oasi di svago e neanche un semplice momento propedeutico, ha una
sua dignità ed un suo valore, può figurare tra i migliori esempi dell’ingegno umano che
può dedicarli a Dio, principio di ogni intelletto.
Le pagine successive contengono due sonetti ed un epigramma anonimi.
Al Signor Abbate D. Gregorio Strozzi
Per la sua eruditissima opera intitolata, Capricci Musicali.
SONETTO
I.A.
Figlio di volontà freneticante,
Nasce il Capriccio ad infestar le menti,
Bizzarria del voler, Estro baccante,
Tiranno di pensier, fabro di stenti.
Appena è conceputo, e in uno istante,
Vola precipitoso al par de’ venti,
Non sa in fasce vagir bambin gigante,
Poiche legge non hà, tutto ardimenti.
Tuo gloria è sol, gran STROZZI, è sol tuo vanto
A cui san palme dar terreno arsicci,
Frenar sue frenesie con dolce incanto.
Contumace il suo brio se avvien, che aggricci,
Tu lo sai regolar, col metro del canto,
S’anche Musici son per te i CAPRICCI.
All’istesso
Al brillar di tua lira i primi accenti
Chinò Febo l’orecchio; e poiche il brìo
De gli armonici tuoi CAPRICCI udìo
Giunger dell’arte à gli ultimi portenti;
Tosto rivolse al Cielo i lumi intenti,
Sollecito à mirar il biondo Dio,
Se la lira d’Orfeo tua man rapìo
481
Cfr. Cap. 5.1
179
Da le sfere à formar sì bei concenti.
Indi, disse, hor che in STROZZI emula Cetra
A la cetra d’Orfeo ne scopre il prelo;
Già che questa non cadde à lui da l’Etra
Presso di lei, comanda il Dio di delo,
Mentre cotanto il suo gran merto impetra,
Ch’ella trà gli astri si sospenda in Cielo.
Ad eundem
P. P. A. S. I.
Epigramma.
Inclusos làèrtiades quondam utre tulisse,
Et Boreas iactet, nutiferosque notos.
Artis fama tuae praestantior, inclyte STROZZA,
Ad tua namque, aurae, iussa repente ruunt.
Includique optant cannis, perque organa gaudent,
In numerum doctos mille ciere sonos.
Quae malora putas miracula? Claudere ventos,
Reddere an armonicos edocuisse sonos?
Il piano dell’opera prevede tre capricci, tre ricercari, tre sonate, quattro toccate, un
madrigale intavolato (Ancidetemi pur di Arcadelt), partite sopra la Romanesca, tre
gagliarde, otto correnti, tre balli, un’aria con partite ed, infine, una Toccata de
Passagagli. Viene prevalentemente impiegato il sistema in partitura a quattro
pentagrammi che già da tempo non era più in uso presso i compositori dell’Italia
meridionale; si trovano anche pezzi in partitura a tre e due pentagrammi.
Capriccio primo con partite sopra ut re mi fa sol la del 12. tono naturale.
E’ un pezzo molto lungo, ben 311 battute, ripartite in nove sezioni. Abbiamo già
sottolineato nel capitolo dedicato a Giovan Battista Fasolo482 che pezzi che impiegano
il tema dell’esacordo ascendente assumono il carattere programmatico dell’esplorazione
di ogni recesso della tecnica compositiva ed esecutiva e, per tale motivo, vengono
collocati all’inizio delle raccolte; abbiamo altresì notato che in Fasolo questa esigenza
non è avvertita ma in Strozzi la collocazione d’apertura è rispettata. Il linguaggio
musicale impiegato da Strozzi è dotto ed elevato; il modo prescelto, il dodicesimo, è
rispettato ma la prima casella presenta l’esacordo in semibrevi trasportato di una quinta
(sol, la, si, do, re, mi); in realtà, per tutto il brano, ad eccezione della seconda sezione, la
prima entrata tematica dell’esacordo sarà sempre nel tono naturale.
482
Cfr Cap. 4.2
180
Le sezioni quinta e nona terminano con una figurazione caratteristica di Strozzi:
l’accordo finale presenta la parte del basso con due note che compiono un salto di ottava
discendente, la prima delle quali è in unisono col tenore.
Capriccio secondo del settimo tono naturale
Il secondo capriccio, lungo 100 battute, è decisamente più breve del primo ma non
rinuncia allo stile dotto ed elevato del primo.
La prima sezione, in tempo C, presenta un tema che inizia con un salto di quinta
ascendente e chiude con due salti di quarta ascendente; il controsoggetto è in crome;
tutta la prima sezione è in contrappunto rigoroso.
La seconda sezione, in tempo C, ha il soggetto brillante derivato dalla prima sezione;
nelle ultime battute, tre delle quattro voci indulgono in lunghe note tenute mentre
soltanto in un voce è presente la figurazione in semicrome.
La terza sezione, in tempo C• 3/2, riprende le sette note del soggetto iniziale adattate,
però, al nuovo metro; le tre battute conclusive in tempo C conducono all’accordo finale
con brevi figurazioni toccatistiche in semicrome per moto contrario.
Tutte le sezioni del capriccio concludono col caratteristico salto discendente del basso.
Capriccio terzo del decimo tono trasportato
Il terzo capriccio, lungo 119 battute, mantiene il livello stilistico dei primi due.
181
La prima sezione, in tempo C, ha il soggetto acefalo con quattro semiminime e sei
crome costruito con intervalli congiunti inframezzati da qualche salto di terza e di
quarta; la sezione è in contrappunto rigoroso.
La seconda sezione, in tempo C, ha il soggetto ottenuto dall’aggravamento del primo
con un controggetto in crome e mantiene complessivamente lo stesso carattere della
prima sezione. Questa sezione conclude col caratteristico salto discendente del basso.
La terza sezione, in tempo C• 3/2, riprende il tema iniziale adattato al nuovo metro; le
ultime battute (da 112 a 117) sono in stile di toccata; nella penultima battuta (118) vi è il
salto di ottava al basso stavolta, però, ascendente.
La stampa del 1687 contiene tre ricercate, tutte a quattro voci e in tempo imperfetto
mediato; Strozzi non manifesta interesse all’esposizione sistematica in tutti i toni e,
scegliendo per la terza ricercata il nono tono naturale, mostra di accogliere la teoria
espressa da Glareano nel Dodekachordon (1547), conformemente con quanto fatto da
Trabaci e non condiviso da Salvatore483. Tutte le ricercate di Strozzi hanno l’indicazione
del tono e del numero di soggetti e sono assimilabili per stile e scrittura ai ricercari di
Mayone, Trabaci e Salvatore.
Ricercata prima del primo tono naturale con quattro soggetti
Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Basso, al Tenore ed all’Alto; il
secondo soggetto appare solo al Canto e al Basso; il terzo soggetto appare al Tenore,
all’Alto ed al Canto; il quarto soggetto appare al Canto, al Tenore, al Basso ed all’Alto.
Il primo soggetto appare soltanto un’altra volta completo ed altre due volte modificato;
il secondo soggetto appare altre 17 volte di cui 2 in diminuzione; il terzo soggetto
appare altre 13 volte ma l’incipit in semiminime viene abbondantemente impiegato in
progressioni; il quarto soggetto appare altre 14 volte di cui una in inversione.
Ricercata Seconda del secondo tono trasportato con tre soggetti
Il primo soggetto appare al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto ; il secondo soggetto
appare al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto; il terzo soggetto appare alla battuta 19
al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto. Il primo soggetto appare nel ricercare altre 9
volte, il secondo soggetto appare altre 12 volte ed il terzo soggetto appare altre 14 volte
di cui 4 in diminuzione. Alle caselle 168/171 appare il quarto soggetto della prima
ricercata in imitazione canonica tra Alto e Tenore: è un fenomeno che non ha riscontri
in altre pubblicazioni di maestri napoletani. Conclude la ricercata un pedale di
Dominante al Tenore.
Ricercata terza del nono tono naturale con due soggetti
Il primo soggetto appare al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto
appare nella medesima successione. Il primo soggetto appare altre 12 ed il secondo
soggetto appare altre 20 volte.
Le tre sonate di Strozzi destarono già l’attenzione di Willy Apel484 in quanto
costituiscono
una testimonianza contemporanea al ben noto fatto che la sonata barocca si sviluppò dalla
canzone. A differenza dei più antichi brani per tastiera contrassegnati come Sonata
(Banchieri, Del Buono), quelli di Strozzi non appartengono alla storia della sonata solo
483
484
Vedi cap. 5.1
Apel 1972, 1002-1006.
182
nominalmente, ma anche di fatto. Ciascuna Sonata consta di tre movimenti collegati
tematicamente l’uno all’altro, di cui quello centrale è in ritmo ternario485.
Anche le canzoni di Salvatore486 hanno una struttura formale di transizione dalla
canzona alla sonata: tre delle quattro canzoni, infatti, hanno una sezione centrale in
ritmo ternario due di esse presentano una ripresa del primo tema. Gregorio Strozzi, a
differenza di Salvatore, usa l’appellativo di Sonata per questo genere di composizione
detta da altri impropriamente Canzona Francese.
Nei capricci e ricercate iniziali, Strozzi non impiega mai segni di
ornamentazione i quali fanno la loro comparsa proprio con le sonate per poi essere
impiegati in tutti gli altri pezzi della pubblicazione.
The only stenographic ornamentation used is that denoted by tr. They often seem
haphazardly placed. Close examination reveals that the ornaments are not precisely fixed
in meaning and may vary according to context. For instance, the beginning and/or ending
of a trill may be written out in ordinary notes; the main part of the trill is represented by a
longer note or by repeated notes. The sign tr. may appear at any point in the entire
partially notated ornament. Several repeated notes seem invariably to require the insertion
of the upper diatonic tone after each. The proper interpretation is usually clear from the
context if it is understood that tr. Often calls for the elaboration of a whole passage rather
than a single note487.
Si tratterebbe, così, di un simbolo stenografico indicante il trillo misurato.
If I am correct in assuming that the repeated notes denote a trill with the upper
auxiliary, then this is an effective, if clumsy, device for notating a measured trill. Each
note maintains its written rhythmic placement; thus repeated eighth-notes denote a slower
trill than repeated sixteenths. Such a system would enable the composer to show exactly
where a trill is to be ended, as in Ex. 4. Dr Apel has commented on this question,
suggesting an instrumental counterpart for the old vocal trillo of the Camerata. This
explanation, however, would not cover those instances where a beginning and ending of a
trill is given. Thus I think my solution has broader application and leads to more
satisfactory results.488
Il simbolo tr sulle note ribattute potrebbe essere, quindi, la controparte tastieristica del
trillo vocale realizzata attraverso un rapido dibattimento dello stesso tasto489 anche
indicare un trillo più rapido di quello scritto per esteso. Questa tecnica esecutiva
difficilmente può essere impiegata in un clavicembalo per evidenti limiti del
meccanismo della leva del tasto; su un organo antico, viceversa, tale tecnica è più
facilmente ottenibile e le turbolenze che si vengono a creare nei transitori d’attacco
generano un suono molto simile al trillo vocale. Anche Gioanpietro Del Buono490 usa
l’indicazione del trillo sulle note ribattute e la sua esecuzione appropriata sembra essere
proprio il trillo misurato; va sottolineato che le musiche di Del Buono sono chiaramente
destinate al clavicembalo.
Sonata prima per Cembali et Organo à modo Italiano con pensiero del secondo
tono naturale all’ottava sopra, detta da altri impropriamente Canzona Francese.
485
Ibidem
Cfr. Cap. 5.1
487
Hudson 1967a, xii.
488
Hudson 1967b, 215.
489
Tagliavini 1975, 356-8.
490
Cfr. Cap. 4.2., 121-122.
486
183
Strozzi è consapevole che la Canzona Francese ha mutato pelle, è diventata
qualcos’altro; gli originali modelli vocali sono molto distanti dalla nuove esigenze
espressive. Sopravvive in questa sonata il ritmo dattilico d’apertura ma senza note
ribattute giacché le prime tre note del soggetto sono una triade minore arpeggiata.
La prima sezione (batt. 1 – 21), in tempo C, impiega lo stile imitato in tutte le voci
con frequenti incroci delle parti che ne rendono particolarmente difficoltosa
l’esecuzione alla tastiera.
La seconda sezione (batt. 22 – 48), in tempo C• 3/2, presenta il soggetto adeguato
al nuovo metro; Strozzi impiega la scrittura in note bianche con inserzione di note nere
per segnalare le emiolie.
La terza sezione (batt. 72 – 107) presenta le prime otto caselle in stile omofonico
con abbondanza di trilli; Strozzi scrive l’indicazione Piano riferendosi, forse, più
all’andamento che all’intensità sonora. La cadenza sulla dominante alla battuta 80
prepara il ritorno al tactus iniziale col soggetto riproposto in aumentazione; è compito
del controsoggetto in crome e semicrome, presentato contemporaneamente alla prima
entrata del soggetto, mantenere il carattere spigliato della composizione fino alla fine.
Un pedale di dominante di quattro battute prepara l’accordo finale.
Sonata seconda del settimo tono naturale
La seconda sonata è più chiaramente quadripartita.
La prima sezione (batt. 1 – 20), in tempo C, impiega lo stile imitato in tutte le
voci, non indulge troppo in incroci di parti le quali sono, invece, spesso in posizione
molto lata.
La seconda sezione (batt. 21 – 35), in tempo C• 3/2, ha il tema derivato dalla
prima sezione, è tutta in note bianche e procede con strette imitazioni del tema alle
quattro voci.
La terza sezione (batt. 36 – 56), in tempo C, invoglia l’esecutore ad una
interpretazione ritmicamente molto libera. E’una sezione omofonica con fioriture che si
alternano tra le varie voci, è evidente il richiamo alla tecnica dell’ornamentazione
vocale ed abbondano i trilli e i tremoli.
La quarta sezione (batt. 57 – 69), in tempo C, ritorna allo stile della prima
sezione; come nella prima sonata, il controsoggetto è presentato contemporaneamente
alla prima entrata del soggetto derivato, a sua volta, dal soggetto della prima sezione.
Sonata terza con pensiero dell’undecimo tono trasportato, all’ottava sotto
La terza sonata ha la medesima struttura della seconda
La prima sezione (batt. 1 – 21), in tempo C, è caratterizzata dal tipico incipit da
canzone ed impiega lo stile imitato in tutte le voci; si riscontrano frequenti incroci di
parti. Le fioriture della battuta 31 sono molto ardite armonicamente, in particolare l’urto
tra il La# del Basso e il La naturale dell’Alto; il segno tr. va interpretato in relazione alle
risoluzioni scritte per esteso dallo stesso autore ma il compito non è semplice poiché il
segno appare in punti diversi dei vari ornamenti.
La seconda sezione (batt. 22 – 34), in tempo C• 3/2, ha il tema derivato dalla
prima sezione, è in note bianche. Alla battuta 55 vi è una innaturale posizione del segno
tr. giustificabile, forse, da problemi di spazio nella stampa.
La terza sezione (batt. 35 – 50) ha l’indicazione di Largo à battuta: le battute 35
– 45, in tempo ) 3/2 , sono in stile accordale con qualche indicazione di trillo; le caselle
46 – 50, in tempo C, hanno figurazioni di tipo toccatistico.
La quarta sezione (batt. 51 – 83), in tempo C, ritorna allo stile della prima sezione
col medesimo soggetto presentato in inversione; anche qui il controsoggetto in crome è
presentato contemporaneamente alla prima entrata del soggetto.
184
Toccata prima per Cembali, & Organi, con pedarole, e senza.
Il titolo della toccata richiama alla mente le toccate quinta e sesta di Frescobaldi,
pubblicate nel 1637491,"Sopra i pedali per l’organo, e senza"; è il secondo esempio di uso
esplicito del pedale in area napoletana, dopo la Toccata n.°3 del manoscritto Cimino492.
Strozzi scrive le note del pedale sotto forma di Brevi nel rigo inferiore oppure con brevi
frasi: quest’ultime, solo tre in totale, si trovano alle battute 51, 71 e 78:
si tocchi b mi gravissimo
si tocchi de sol re gravissimo
si tocchi e la mi gravissimo
Nel caso del de sol re (secondo rigo in chiave di baritono, corrispondente al Re 2) e
dell’ e la mi (secondo spazio in chiave di baritono, corrispondente al Mi 2),
l’indicazione significa che l’organista deve suonare col pedale la nota un’ottava sotto
(Re 1 e Mi 1) mentre il b mi (primo rigo in chiave di baritono, corrispondente al Si 1)
può essere suonato un’ottava sotto solo su un organo fornito di tastiera con controttava.
La discrezionalità dell’impiego delle note al pedale è, comunque, ben specificata
dall’autore nel titolo (con pedarole, e senza) e nella destinazione cembalistica oltre che
organistica del brano.
La toccata ripropone tutti i problemi interpretativi degli abbellimenti già incontrati nelle
sonate.
Il pezzo è in sezione unica con cambiamenti di tempo: C all’inizio, C 6/4 alla battuta 39,
nuovamente C alla battuta 51. Strozzi ha riunito in questa toccata tutte le figurazioni
impiegate da Mayone, Trabaci, Salvatore e Frescobaldi.
Toccata seconda - Toccata terza
Le due toccate sono in stile omofonico con fioriture che si alternano nelle varie voci;
Strozzi evita con cura di fiorire due voci contemporaneamente. Già Giovanni Salvatore
nelle sue toccate493 aveva impiegato un linguaggio più morbido rispetto a Mayone e
Trabaci collegando i vari movimenti in maniera più progressiva e sfumata; Gregorio
Strozzi, seguendo anche la lezione di Frescobaldi, impiega un linguaggio ancora più
levigato. Nella stampa si incontrano spesso le indicazioni arpeggiando su passaggi
accordali in valori larghi. Strozzi impiega volentieri figurazioni in ritmo lombardo
accompagnandolo con diciture quali gruppeggiando (battuta 29 della Toccata seconda)
ed accentando (battuta 65 della Toccata terza).
Toccata quarta per l’elevazione
Questa toccata, dall’evidente destinazione liturgica, non si differenzia stilisticamente
dalle due toccate precedenti. Anche qui troviamo indicazioni di arpeggio sull’accordo
iniziale ed all’inizio di un passaggio a valori larghi (batt. 14) e l’indicazione accentando
(batt. 12 e 32) in corrispondenza di ritmo lombardo. Un lungo pedale di dominante
conduce all’accordo finale che presenta il salto discendente del basso già incontrato nei
capricci.
Ancidetemi dell’Arcadelt, diminuito nel suo proprio tono
Gregorio Strozzi è l’ultimo compositore napoletano a cimentarsi nell’elaborazione del
madrigale Ancidetemi pur di Arcadelt. Ai lavori di Mayone (1603) e Trabaci (1615), si
era aggiunto nel 1627 il madrigale d’Archadelt passagiato di Girolamo Frescobaldi494:
piuttosto che di imitazione o d’influenza dei compositori napoletani su Frescobaldi,
491
Frescobaldi 1937.
Vedi cap. 5.2.
493
Vedi cap. 5.1.
494
Frescobaldi 1637.
492
185
sarebbe più corretto parlare di una vera e propria sfida495, cimento a cui non volle
sottrarsi Strozzi. Probabilmente la sua versione risale a parecchi anni prima
della pubblicazione. L’elaborazione di Strozzi ripropone tutti gli artifici retorici usati
dai suoi predecessori ma ne amplia ed estremizza l’idioma.
Romanesca con Partite, Tenori e Ritorn.[elli]
La Romanesca con Partite, Tenori e Ritornelli è una composizione molto ampia e
complessa. Anche in questo caso Strozzi si dimostra l’ultimo depositario di una
tradizione alimentata da Antonio Valente, Francesco Lambardo, Ascanio Mayone,
Giovanni Maria Trabaci, Bernardo Storace e, uscendo dall’area meridionale, Girolamo
Frescobaldi.
La Romanesca Strozzi è così strutturata:
1. Prima parte con Ritornello496, Tempo C.
2. Parte seconda, tempo C.
3. Parte terza, tempo C.
4. Tenore, tempo C.
5. Parte quarta con Ritornello, tempo C.
6. Parte quinta, tempo C.
7. Tenore secondo
8. Parte sesta
9. Parte settima con Ritornello, tempo C.
10. Parte ottava, tempo C.
11. Parte nona, tempo C.
12. Parte decima, tempo C 12/8.
13. Tenor terzo, tempo C.
14. Parte undecima per Arpa, Viola, ecc., tempo C 12/8.
15. Parte duodecima per Arpa, tempo C.
16. Parte decimaterza, tempo C 6/4.
17. Tenor quarto, tempo C.
18. Parte decimaquarta, tempo C.
19. Parte decimaquinta con 18 Ritornelli nel binario
Il termine Ritornello indica la ripetizione della seconda cadenza del basso
fondamentale della Romanesca497; anche i 18 Ritornelli nel binario sono composti sopra
la seconda cadenza. Strozzi è l’unico compositore ad esplicitare per iscritto il
Ritornello: Mayone, Frescobaldi e Storace nelle loro Partite sopra la Romanesca
ripetono la seconda cadenza del basso senza alcuna indicazione specifica. Il termine
Tenore è posto in corrispondenza delle parti omofoniche, spesso arricchito da
consonanze stravaganti.
Strozzi impiega tutti gli artifici retorici impiegati dai suoi predecessori estremizzandoli;
affascinano, però, le cadenze d’inganno che spesso modificano l’armonia del basso
fondamentale, specialmente nei Tenori e nella Parte decimaquinta con i 18 Ritornelli
nel binario.
La Gagliarda prima è caratterizzata dall’abbondanza di emiolie, la Gagliarda
seconda ha la prima sezione in tempo C• 3/2 e la seconda in tempo C, la Gagliarda
terza, e per concerto de viole è la più elaborata: la prima sezione è in tempo C, la
seconda in tempo ) 3/2, la terza in tempo C con valori larghi e l’ indicazione di piano,
495
Hammond 2002, 253.
Viene impiegato il corsivo per tutte le indicazioni presenti nell’originale.
497
Cfr. le note 41 e 42 del Cap. 1.2.
496
186
la quarta, sempre in tempo C, è introdotta dall’indicazione di stretto e procede a valori
più rapidi.
Le otto Correnti, tutte in tempo ternario, sono stampate in due modi differenti. In
coda alle prime tre, stampate in partitura con quattro pentagrammi, Strozzi scrive:
In queste Gagliarde, e Correnti descritte à quattro parti fuor de l’uso delle Intavolature, il
sonatore potrà accomodare le mani alle positioni comuni, che con osservar per lo più le
parti del Basso, e del Soprano, s’haverà à sufficienza l’aria, che si desidera.
Le altre cinque correnti sono stampate sotto forma di monodia con basso in due
pentagrammi; il pentagramma superiore è sempre in chiave di violino, quello inferiore
in chiave di basso, baritono o tenore. Strozzi scrive che li numeri sotto, e sopra
frapposti nelle riga, denotano le corde da supplir le consonanze. I numeri sopra il rigo
inferiore si interpretano come un nomale basso continuo, i numeri sul rigo superiore
vanno interpretati in relazione alle note di quel rigo contando gli intervalli dall’alto
verso il basso.
Esempio:
Fa
Fa
4
3
=
Do
La
Dopo la Corrente quinta e la Corrente sesta vi sono rispettivamente il Balletto primo ed
il Balletto secondo: i balletti, in tempo binario, sono pure stampati in due pentagrammi.
La Corrente settima, e per Organetti498, ò Flauti è l’unica recante la destinazione
strumentale.
Mascara sonata, e ballata da più Cavalieri Napoletani nel Regio Palazzo.
La Mascara era un tipo di spettacolo molto apprezzato nella corte napoletana in cui si
esibivano attori, cantori, musicisti e danzatori499.
Il pezzo, scritto in partitura con tre pentagrammi, è diviso in cinque parti più un
ritornello; ciascuna parte può essere arricchita con improvvisazioni.
- La prima battuta è separata da tutte le altre e presenta un tema che cadenza in Do.
- La seconda battuta ha l’indicazione di prima parte e ripete lo stesso tema della battuta
introduttiva; prosegue per un’altra battuta senza modulare.
- La seconda parte occupa le battute 4-5 e cadenza in Re.
- La terza parte occupa le battute 6-8 e cadenza in Fa.
- La quarta parte occupa le battute 9-10 e cadenza in Sol.
- La quinta parte occupa le battute 11-12 e cadenza in Do ripetendo la battuta iniziale.
- I ritornelli iniziano alla battuta 14 e proseguono fino alla cadenza finale in Do; Strozzi
ricorre al simbolo della mano per indicare il ritornello come nelle Gagliarde.
- Sotto la prima e l’ultima battuta dei ritornelli c’è scritto rispettivamente: s’accompagni
la I parte e s’accompagnino l’altre parti.
Il brano può essere eseguito una volta da cima a fondo con la prima ripetizione del
ritornello introdotta solo dalla prima parte e la seconda ripetizione dalle altre parti in
successione; quest’ordine è compatibile con le modulazioni delle cinque parti.
498
Gli organetti erano organi piccoli costruiti su base 4’ che venivano impiegati con altri strumenti. Cfr.
anche Agazzari 1607.
499
Cfr. D’Alessandro 1983, 160-164; Ciapparelli 1985, 379-392.
187
1.
2.
3.
4.
Euphonia, Aria con partite.
Il pezzo è così costituito:
Esposizione dell’aria in stile prevalentemente accordale, tempo C.
Parte prima con obbligo di semicrome500 in contrappunto di semicrome
alternato nelle singole parti, tempo C.
Parte seconda di consonanze in stile accordale; nella prima battuta della
sezione vi è l’indicazione di piano, nelle battute successive c’è una continua
alternanza di indicazioni di piano e forte.
Parte terza di proporzione, in tempo C 3/2 e note bianche; nella prima battuta
vi è l’indicazione di stretto.
Toccata de Passacagli, e ciascheduno può sonarsi à solo.
E’ evidente l’affinità terminologica tra la Toccata de Passacagli, e ciascheduno
può sonarsi à solo e le Cento Partite sopra Passacagli di Girolamo Frescobaldi501.
Strozzi struttura la toccata in 50 passacagli, tutti numerati, di quattro battute ciascuno,
non vincolando l’esecutore all’esecuzione integrale; non si presentano, a differenza dei
passacagli di Frescobaldi, problemi di aggiustamento ritmico poiché il pezzo di Strozzi
è in tempo C• 3/2 senza cambi metrici. Strozzi evita la monotonia impiegando tante
formule differenti di passacagli502.
500
Viene impiegato il corsivo per tutte le indicazioni presenti nell’originale
Li Passacagli si potranno separatamente sonare, conforme à chi più piacerà con aggiustare il tempo il
tempo dell’una è altra parte cossi delle Ciaccone. (Frescobaldi 1637).
502
Vedi volume II, tavola n.°4.
501
188
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