diego cannizzaro - Padis
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA ED ANALISI DELLE CULTURE MUSICALI XVII CICLO DIEGO CANNIZZARO La musica per organo e clavicembalo nei regni di Napoli e di Sicilia tra XVI e XVII secolo Volume primo Tutori: Prof. Paolo Emilio Carapezza Prof. Renato Di Benedetto Coordinatore: Prof. Pierluigi Petrobelli 2004 INDICE VOLUME PRIMO Introduzione 1. La musica per organo e clavicembalo nel regno di Napoli nel XVI secolo. 1.1 Napoli e Spagna 1.2 Rocco Rodio 1.2.1. Ricercate a quattro voci (1575) 1.2.2. Regole di musica (rist. 1609) 1.3 Antonio Valente 1.3.1 Intavolatura de cimbalo (1576) 1.3.2. Versi Spirituali (1580) Pag. 1 1 5 7 10 13 13 21 2. La musica strumentale in Sicilia nel XVI secolo 2.1 Pietro Vinci (1560) - Antonio Il Verso (1596) – Giovan Battista Calì (1605) 2.2 Sebastian Raval (1596) 2.3 Achille Falcone (1603) 24 3. Il trentennio d’oro a Napoli (1586/1618) 3.1 Giovanni De Macque 3.2 Il manoscritto “Rossi” 3.3 Ascanio Mayone 3.3.1. Primo libro di diversi capricci per sonare (1603) 3.3.2. Primo libro di ricercari a tre voci (1606) 3.3.3. Secondo libro di diversi capricci per sonare (1609) 3.3.4.Esempi musicali pubblicati in “La Sambuca Lincea” (1618) 3.4 Giovanni Maria Trabaci 3.4.1. Ricercate […], primo libro (1603) 3.4.2. Ricercate […], secondo libro (1615) 43 51 64 72 73 77 78 4. La musica per organo e clavicembalo in Sicilia nel XVII secolo 4.1 Gioan Pietro Del Buono (1641) 4.2 Giovan Battista Fasolo (1645) 4.3 Bernardo Storace (1664) 110 112 123 137 5. La conclusione di un ciclo 5.1 Giovanni Salvatore 5.1.1 Ricercari a quattro voci […] (1641) 5.1.2. Pezzi presenti nel manoscritto “Cimino”. 5.2 Il manoscritto “Cimino” 5.3 Gregorio Strozzi 5.3.1 Elementorum musicae praxis (1683) 5.3.2. Capricci da sonar cembali et organi (1687) 145 146 147 154 156 167 167 177 Fonti Bibliografia 189 193 27 32 40 83 85 87 99 INTRODUZIONE La prima stampa di musica italiana per strumenti a tastiera è il volume Frottole intabulate da sonare organi / Libro primo uscito a Roma il 13 gennaio 1518 ad opera del chierico Andrea Antico da Montona. Gli originali vocali vengono adattati al nuovo mezzo fonico con l’introduzione di fioriture; anche la distribuzione della parte viene occasionalmente modificata. Le Frottole Intabulate assumono, così, una leggerezza nuova e si affrancano dagli originali vocali. La pubblicazione dell’Antico non sembra, però, destinata esclusivamente all’organo ed è emblematica la xilografia del frontespizio che raffigura un giovane seduto al clavicembalo e non all’organo. Le frottole di Andrea Antico presentano, quindi, due fondamentali caratteristiche della musica organistica cinquecentesca: la derivazione da modelli vocali e l’ambivalenza d’impiego tra organi e gli altri strumenti a tastiera. Nel 1523, cinque anni dopo le Frottole Intabulate di Antico, Marco Antonio Cavazzoni pubblicherà, per i tipi di Bernardo da Vercelli, i Ricercari, Motetti, Canzoni / Libro Primo. Altri organisti e compositori attivi nell’Italia settentrionale pubblicheranno nella prima metà del Cinquecento opere per organo: Gerolamo Cavazzoni, Jacopo Fogliano, Girolamo Parabosco, Annibale Padovano. Nei regni di Napoli e di Sicilia la pubblicazione di opere per organo o clavicembalo inizierà nella seconda metà del XVI secolo con il Libro di ricercate a quattro voci di Rocco Rodio, pubblicato nel 1575 e l’Intavolatura de cimbalo del napoletano Antonio Valente pubblicata nel 1576. Nel XVI secolo i compositori siciliani pubblicano musica strumentale in libri-parte eseguibile sia da un gruppo strumentale che con un strumento da tasto. Bisognerà aspettare il 1641 per vedere pubblicate a Palermo le Quattordici sonate per clavicembalo di Gioampietro Del Buono. I cinque capitoli del presente lavoro sono stati organizzati distinguendo le opere prodotte nel regno di Napoli da quelle nel regno di Sicilia: nel XVI secolo la Sicilia appare ricca di forze locali mentre la cultura musicale napoletana è influenzata maggiormente da musicisti spagnoli. Negli anni compresi tra il 1586 e il 1618 l’attività musicale napoletana vive un periodo di grande fervore: operano nella città partenopea Carlo Gesualdo principe di Venosa, Giovanni de Macque, Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci; è un “trentennio d’oro” in cui Napoli diventa la capitale meridionale della musica organistica e cembalistica. La Sicilia non vive un analogo periodo di fervore ed in tutto il XVII secolo vengono pubblicate solo tre opere significative per organo e clavicembalo, composte da autori con cittadinanza siciliana acquisita: Gioampietro Del Buono, Giovan Battista Fasolo e Bernardo Storace. A Napoli, l’impulso del trentennio d’oro si esaurirà con la pubblicazione nel 1687 dei Capricci da sonar cembali et organi di Gregorio Strozzi. Le opere esaminate in questo studio furono quasi tutte pubblicate a stampa; fanno eccezione due importanti manoscritti napoletani: il “Manoscritto Rossi” (Cap. 3.2.) ed il “Manoscritto Cimino” (Cap. 5.2.). La maggior parte delle musiche esaminate nel presente studio sono accessibili in edizioni anastatiche o in trascrizioni in notazione moderna; fanno eccezione i 17 ricercari di Sebastian Raval pubblicati a Palermo nel 1596 e le Fantasie sopra “Iste Confessor” e “Ave Maris Stella” di Rocco Rodio, pubblicate a Napoli nel 1575 nel Libro di Ricercate a quattro voci. Di queste musiche si presenta la trascrizione in notazione moderna nel secondo volume della tesi. 1. LA MUSICA STRUMENTALE NEL REGNO DI NAPOLI NEL XVI SECOLO 1.1 NAPOLI E SPAGNA. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, il regno di Napoli fu teatro di guerre di conquista. La contesa tra i D’Angiò e gli Aragonesi si risolse nel 1504 col trattato di Lione che confermò l’appartenenza del regno di Napoli alla corona aragonese; con essa entrò poi, dal 1516, nel patrimonio del ramo principale della Casa d’Asburgo, che allora divenne sia sovrana di Castiglia che di Aragona. Sia il regno di Napoli che quello di Sicilia, quest’ultimo fedele alla corona aragonese dal 1282, seguirono gli orientamenti politici ed economici di Carlo V (1500-1558) e, successivamente, di Filippo II (15271598), Filippo III (1598-1621) e Filippo IV (1621-1665) attraverso la mediazione dei viceré. I viceré determinavano l’indirizzo politico, a volte in conflitto con i predecessori, col rischio di adottare politiche che non rispondessero agli interessi dell’imperatore in nome del quale esercitavano il governo1. I contatti tra i musicisti spagnoli ed italiani erano frequenti: sia nel regno di Napoli che di Sicilia avevano soggiornato musicisti spagnoli al seguito dei loro sovrani. Durante le spedizioni in Sicilia e nell’Italia meridionale tra il 1420 e il 1432, Alfonso I il Magnanimo ebbe al proprio seguito un gruppo di cantori e sonatori. Quando divenne re di Napoli, nel 1443, si preoccupò di allestire una cappella musicale di altissimo rango, costituita per lo più, da musici e cantori spagnoli2 . Ma la migrazione era reciproca: Si veda, tra l’altro, l’esempio dei “seys ytalianos con sus biguelas de arco” che il Duca di Medina Sidonia condusse seco ai festeggiamenti organizzati nel 1543 per le nozze del principe Filippo con la principessa Maria di Portogallo, festeggiamenti che si svolsero in vari luoghi siti tra Badajos e Salamanca, ai quali collaborò anche Cabezon esibendosi come suonatore e cantante […] gli scambi di rapporti musicali tra le due penisole furono svariatissimi; è un andirivieni costante, un fluire e rifluire incessante di idee e concetti, un intreccio artistico continuo3. A Napoli convergono molti musicisti spagnoli, fiamminghi, veneziani, borgognoni e francesi invitati dai nobili napoletani: Costanzo Festa, Orlando di Lasso, Giaches de Wert, Philippe de Monte4. I maestri della cappella reale di Napoli5 furono spesso stranieri: Diego Ortiz (1555-70) e Francisco Martinez de Loscos (1570-83) spagnoli, Bartolomeo Lo Roy (1583-98) borgognone e Giovanni de Macque6 (1599- 1614) fiammingo. Toccherà a Giovanni Maria Trabaci, allievo e successore di Macque, l’onore di diventare il primo napoletano maestro della Real Cappella. 1 Cochrane 1989, 37. Anglés 1961, 81-142. 3 Kastner 1960, 52 4 Larson 1983, 72 5 Prota-Giurleo 1960, 186. 6 Vedi Cap. 3.1 2 1 La figura di Diego Ortiz, nato a Toledo intorno al 1510 e morto probabilmente a Napoli intorno al 15707 è tra le più importanti di tutto il XVI il secolo. Nel 1553, due anni prima di assumere l’incarico di maestro della Real Cappella di Napoli, pubblica presso Valerio e Luigi Dorico, in Roma, il Trattado de glosas8: esso apparve in lingua spagnola ma, nello stesso anno, seguì una versione in italiano. Solo i paragrafi introduttivi vennero tradotti in italiano mentre tutte le pagine con gli esempi musicali vennero lasciate in spagnolo, segno di un lavoro svolto abbastanza in fretta; anche la traduzione italiana, forse dello stesso Ortiz9, non è molto elegante. Il trattato rende merito al valore raggiunto dalla musica strumentale ed Ortiz stesso così esordisce nell’introduzione: Pensando il prefato auttore quanto la Musica a questi nostri tempi sia in fiore non sola/mente quella la quale consiste de armonia de voce ma anchora quella che consiste de instrumenti,/ vedendo anchora ch’in tutte lhoro (sic) diversità si ritrovano trattati sopra li quali li curiosi di essa Mu-/sica si possono prevalere studiando li precetti & ordini per sonare tali instrumenti, donolli gran-/de ammiration’ la Viola de arco la qual per esser’ un instrumento tanto principale e che tanto è / in uso, che non sia alchuno de tanti huomini sufficienti & in tal in strumento esercitati ch’anchora habino da-/to principio di modo che li studiosi scorgessero alcuna via o maniera de essercitarsi in essa..10 Ortiz esamina, poi, varie maniere di diminuire con esempi musicali per la viola da gamba, ma assai utili per qualsiasi altro strumento: le “glose” di Ortiz sono un criterio generale per creare pezzi strumentali originali e per elaborare preesistenti brani vocali. Nel secondo libro Ortiz affronta le maniere che s’han da sonare col Violone, e col Cimbalo insieme; vi sono considerate tre possibilità: la “fantasia”, improvvisazione libera, che non si può mostrare, che ciascun buon sonatore la suona di sua testa e di suo studio & uso11, i contrappunti sul canto piano ed i passeggi. Sei recercadas sono composte sopra il tenore di bassadanza del XV secolo detto La Spagna. Ecco la una breve spiegazione che le precede: Desta manera de taner pongo aqui 6. Reçercadas sobre este canto llano quese sigue, elqual se ha da poner en el Cymbalo por donde esta apuntado por contrabaxo, acompanandole con consonançias y algun contrapunto …12 Ortiz offre pure esempi di ricercate derivate da brani vocali: quattro sono elaborate sul madrigale di Jacob Arcadelt “O felici occhi miei”13 ed altre quattro sulla canzone “Dolce memoire” di Pierre Sandrin14. Chiude il trattato il gruppo di otto ricercate sobre estos Cantos llanos que en Italia comunmente llaman Tenores15: la prima e la quinta sopra il Passamezzo antico, la seconda e la terza sopra il Passamezzo moderno, la quarta e l’ottava sopra la Follia, la sesta e la settima sopra la Romanesca. La qualità musicale di queste ricercate è altissima ed il loro linguaggio sarà il punto di riferimento per tanti compositori napoletani. Antonio Valente attingerà a piene mani da Ortiz quando nel 1576 pubblicherà l’Intavolatura de’ cimbalo, prima opera napoletana per clavicembalo. L’impostazione 7 Stevenson 1980, 762. Dedicato a Pedro de Urries, barone di Riesi (Sicilia). 9 Di Pasquale 1984, 1. 10 Ortiz 1553, 3r. 11 Ortiz 1553, 26f. 12 Ibidem, 30v. 13 Madrigale pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro (Arcadelt 1539) 14 Stevenson 1980, 763. 15 Ortiz 1553, 47r. 8 2 teorica di Ortiz, con poche regole teoriche ben illustrate da esempi musicali, verrà mantenuta anche nel trattato Regole di musica di Rocco Rodio, giuntoci grazie ad una ristampa del 160916. Un altro grande musicista spagnolo che visse a lungo in Italia fu Francisco Salinas. Nato a Burgos in una data compresa tra il 1513 e il 151817, si trasferì in Italia nel 1538, dapprima a Roma e nel 1553 a Napoli. Lo ritroviamo in Spagna nel 1563, organista della cattedrale di Leon ed infine, nel 1567, titolare della cattedra di musica presso l’Università di Salamanca, dove morì nel 1590. Francisco Salinas è passato alla storia per il suo monumentale trattato diviso in sette libri, di cui si riporta il titolo per esteso: Francisci Salinas Burgensis abbatis Sancti Pancratii de Rocca Scalegna in Regno Neapolitano, & in Accademia Salamanticensi Musicae Professoris, DE MUSICA Libri septem, in quibus eius doctrinae veritas tam quae ad Harmoniam, quam quae ad Rhythmum pertinet, iuxta sensus ac rationis iudicium ostenditur, & demonstratur. Cum duplici Indice Capitum et Rerum. Salamanticae Excudebat Mathias Gastius. M.D.LXXVII Il primo libro è dedicato all’aritmetica, principio e fondamento di qualsiasi argomentazione teorica sulla musica; dei sei restanti libri, tre (II, III, IV) sono dedicati alla scienza armonica con un sistematico studio dei rapporti intervallari che regolano le consonanze e le dissonanze, gli altri tre (V, VI, VII) alla ritmica con un’attenta analisi della metrica classica. Benché l’opera abbia visto la luce a Salamanca, sono presenti nel trattato di Salinas esperienze e cognizioni risalenti al periodo in cui visse in Italia: per esempio, vi è la descrizione dell’organo di Santa Maria Novella in Firenze (Lib. IV, 32), sono riferiti la notevole capacità dei cantori napoletani ad intonare intervalli difficili (Lib. II, 8) e l’uso dei cantori greci risiedenti a Napoli di intonare anche i quarti di tono (Lib. II, 9). Nel III libro Salinas affronta il problema dell’accordatura degli strumenti descrivendo il temperamento degli organi (ed altri strumenti ad accordatura fissa) e degli strumenti a corde (lira, vihuela, liuto): per i primi propone tre forme differenti del “tono medio” con toni uguali e semitoni differenti, per i secondi descrive un temperamento con semitoni uguali che è simile al moderno temperamento equabile; al tempo stesso stigmatizza la teoria di Vicentino18 con la divisione dell’ottava in 31 parti perché non rispettosa, a suo dire, delle giuste proporzioni intervallari. Le problematiche di Salinas saranno affrontate e studiate dai compositori napoletani del XVII secolo: Stella, Mayone, Trabaci, Del Buono si confronteranno con i cembali cromatici e con gli archicembali ma, alla fine, prevarrà la divisione in semitoni uguali. Le musiche di Giovanni Salvatore e di Gregorio Strozzi, composte a metà del XVII, sembrano più appropriate a strumenti accordati col temperamento a semitoni uguali, del quale anche Frescobaldi sembra essere stato tra gli assertori. […] Ci sembra sintomatico che la prima esplicita presa di posizione d’un teorico veda la luce a Napoli: il calabrese Domenico Scorpione, nelle sue Riflessioni armoniche pubblicate a Napoli nel 1701, afferma infatti che la pratica dell’accordatura degli strumenti a tastiera non corrisponde alla teoria in vigore; secondo quest’ultima i semitoni risulterebbero ineguali, mentre nella pratica “sempre si trovano i semitoni uguali” o, 16 Vedi Cap 1.2. De la Cuesta 1974, 5-18. 18 Nicola Vicentino (Vicenza 1511, Milano c 1576) descrisse l’archicembalo di sua invenzione nel quinto libro nella sua pubblicazione L’antica musica ridotta alla moderna pratica (Roma, 1555). 17 3 comunque, “tal differenza, che dicono trovarsi tra essi semitoni è di tanta picciola quantità, che appena si discerne dall’udito”19 Domenico Scorpione rivela una pratica da molto tempo in voga: nel 1567 il napoletano padre Francesco Orso aveva preso in considerazione la suddivisione equabile del tono per due madrigali cromatici da lui pubblicati nello stesso anno20: […] mi è parso necessario, accioch’io sia inteso in questi ultimi Madrigali fatti da me nel genere cromatico […] ho segnato un semitonio solo […] mi son risoluto usar questo segno # il quale facesse l’istesso ufficio nell’alzar la voce, che fa il bemolle nell’abassarla: ciò è, che dove si trovasse questo segno, s’intendesse esser’ il mezo accidentale, che può cadere tra l’uno, e l’altro estremo intervallo.21 Anche Antonio Valente, nell’Intavolatura de cimbalo del 1576, impiegherà il diesis (#) come unico segno d’alterazione.22 Se è dimostrabile il flusso di musicisti spagnoli che operarono nei regni di Napoli e di Sicilia è più difficile stabilire fino a che punto le rispettive scuole musicali si siano reciprocamente influenzate. La tecnica della variazione impiegata dai maestri napoletani potrebbe essere frutto dell’influsso spagnolo o, per lo meno, di uno stimolo proveniente dal trattato di Diego Ortiz; quest’ultimo, di contro, appare molto italianizzato se paragonato alle coeve pubblicazioni nella penisola iberica di Juan Bermudo23 o Tomas de Sancta Maria24. L’Intavolatura de’ cimbalo di Antonio Valente (1576) si ispira indubbiamente all’intavolatura numerica degli organisti spagnoli, ma risulterà un caso isolato in Italia: lo stesso Valente adotterà la più convenzionale partitura a quattro pentagrammi per i suoi Versi spirituali (1580). Ma la scuola napoletana spicca assai più per la sua indipendenza e originalità che per gli accennati – sicuri o ipotetici – legami. Basti accennare allo scarso interesse degli organari e organisti partenopei per i “registri spezzati” che sulla fine del Cinquecento sono ormai di prammatica in Ispagna e cominciano a diffondersi dell’Italia settentrionale e centrale; di conseguenza resta estranea ai napoletani una delle forme più tipiche dell’arte organistica spagnola secentesca: il tiento de medio registro (o de registro partido). Per converso, la Spagna sembra essere rimasta piuttosto impermeabile al fermento che agisce nell’arte cembalo-organistica napoletana all’inizio del nuovo secolo, soprattutto ad opera di Jean de Macque e dei suoi discepoli Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci; alludo in particolare a quello stile toccatistico “affettuoso” che sfocerà nell’arte frescobaldiana e troverà terreno fecondo nella stessa Napoli durante il XVII secolo.25 19 Tagliavini 1983b, 144. Orso 1567. 21 Pubblicato in Vogel 1892, 33-34. 22 Vedi Cap. 1.2. 23 Juan Bermudo: De arte Tripharia, Ossuna 1549; Desclaracion de instrumentos musicales, Ossuna 1555. 24 Tomas de Sancta Maria: Arte de taner Fantasia…, Valladolid 1565. 25 Tagliavini 1983b, 141-142. 20 4 1.2 ROCCO RODIO L’opera di Rocco Rodio è stata oggetto di studio a partire dal Settecento: le sue messe e le Regole di musica vennero studiate e celebrate da padre Martini. Rodio è quindi considerato tra i fondatori della tradizione musicale napoletana dell’età spagnola. Fino a tempi recenti non era stata messa in discussione l’origine calabrese di Rocco Rodio, uno dei più importanti musicisti attivi a Napoli nell’età di Carlo Gesualdo principe di Venosa. Riportata genericamente da tutti i biografi ottocenteschi, dal Villarosa, al Fétis al Florimo, e più di recente in alcuni studi locali calabresi, sembra assai probabile l’origine in Calabria della famiglia Rodio, che nella regione ha tuttora discendenti: forse per un trasferimento momentaneo in Puglia dei suoi genitori, Rocco Rodio ebbe la ventura di nascere in provincia di Bari nell’epoca di maggiore fervore politico e artistico del ducato di Bona Sforza, attorno al 1540.26 In realtà il luogo della nascita venne correttamente indicato già nelle stampe musicali cinquecentesche27; nel 1562 Giovanni Camillo Maffei stampa una raccolta di lettere tra cui una indirizzata a “M. Rocco Rodio”, testimonianza di fama e reputazione acquistata dal musicista a Napoli28 definitivamente sancita nel 1601 da Scipione Cerreto che inserisce Rodio, per antichità napoletano, tra i compositori eccellenti della Città di Napoli che oggi vivono29. Il rapporto con i principali musicisti aristocratici napoletani della generazione precedente quella di Gesualdo è testimoniato dalla importante raccolta di Aeri del 157730, che rappresenta il primo contributo all’affermazione della monodia accompagnata, con largo anticipo sugli esperimenti fiorentini, com’è stato ben rilevato di recente da Howard Mayer Brown31. I nomi che compaiono in questa antologia sono quelli di Fabrizio Dentice, Scipione Stella, Pietro d’Isis, Scipione delle Palle, Francesco Menta, Tarquinio del Pezzo. Anche i musicisti che erano compresi in un’altra antologia curata da Rodio nel 158932, oggi scomparsa, erano tutti collegati alla nobiltà napoletana: Antonio Bove, Lelio Gozzuto, Giovanni Francesco delle Castelle e Francesco Antonio Villano.33 Non abbiamo notizia di coinvolgimento di Rodio nella cerchia di Carlo Gesualdo di Venosa, né di incarichi presso istituzioni napoletane: forse, la grande stima che si procurò a Napoli derivò dall’attività di insegnante privato. Rodio non recise mai i contatti con la città natia: intorno al 1574 tornò probabilmente a Bari34 ma Nel 1598 Rocco Rodio sicuramente non risiedeva a Bari, ma in questa città possedeva ancora una casa (“Quae fuit quondam Rocchi de Rodio in vicinio Spiritus Santi”) 26 Fabris 1994, ix. Nel 1562, presso lo stampatore romano Dorico, vengono pubblicate le Missarum Decem Liber Primis Rocchi Rodij Civitatis Barensis, Cum quatuor, quinque, et sex vocibus; l’edizione originale di questa stampa che si conservava a Padova non è più reperibile, ma esiste una copia manoscritta settecentesca presso il Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, coll. U 122. 28 Fabris 1994, ix. 29 Cerreto 1601, 156. 30 Aeri raccolti insieme con altri bellissimi aggionti… di diversi [3-4 v.], rist. G. Cacchio dall’Aquila, Napoli, 1577. 31 Brown 1981, 147-168 e 1991, 16-50. 32 Cfr. Larson-Pompilio 1983, 115. 33 Fabris 1994, x. 34 A Bari nacque il suo figlio “Vincenzo de Rocco de rodio”; cfr. Fabris 1994, x. 27 5 ricordata in un inventario della basilica di San Nicola di Bari del 1618, quando il musico era già morto. La sua fine deve essere avvenuta non molto tempo prima, fra il 1615 e il 1618, anche se già nella prima ristampa del 1609 delle sue Regole di musica il curatore ed allievo Giovan Battista Olifante parla del suo maestro al passato, lasciando intendere che, se non scomparso, Rodio avesse ormai cessato ogni attività35. Due pubblicazioni di Rodio rivestono un ruolo importante nell’evoluzione della musica per strumenti a tastiera nell’Italia meridionale: il Libro delle ricercate a quattro voci (1575) ed il trattato teorico Regole di musica che ci è giunto grazie alla ristampa curata dal suo discepolo Olifante nel 1609. 35 Fabris 1994, xi. 6 1.2.1 LIBRO DELLE RICERCATE A QUATTRO VOCI (1575) Il Libro di Ricercate a quattro voci è l’unica pubblicazione esclusivamente strumentale di Rocco Rodio36; lo stampatore, Giuseppe Cacchio Dall’Aquila, fu il primo a Napoli a mostrare una sorta di specializzazione editoriale, poiché nei due anni successivi portò alla luce rispettivamente la Intavolatura de cimbalo di Antonio Valente e una antologia di Aeri raccolti insieme con altri bellissimi aggiunti, curata quest’ultima sempre da Rocco Rodio; […] E’ probabile che Rodio, all’epoca già rinomato in città come organista e didatta, avesse in qualche modo un ruolo di consulente stabile per questo stampatore, ruolo fors’anche collegato ad un tentativo di “camerata musicale”, ovvero di accademia, che vide coinvolto il musicista a Napoli in quei decenni.37 Ecco il frontespizio : LIBRO DI RICERCATE A QUATTRO VOCI DI ROCCO RODIO CON ALCUNE FANTASIE SOPRA VARII CANTI FERMI NOVAMENTE POSTI IN LUCE [Stemma] IN NAPOLI, Con Privilegio, Appresso Gioseppe Cacchio Dall’Aquila. M D L X X V. A differenza di quanto farà l’anno successivo Antonio Valente nella sua Intavolatura de cimbalo, Rodio non specifica strumenti: l’estensione e la distribuzione delle parti è, comunque, compatibile con l’esecuzione tastieristica. La disposizione in partitura con quattro pentagrammi, inoltre, sarà sempre usata dai maestri napoletani fino ad oltre la metà del XVII secolo, per le opere destinate all’organo o al clavicembalo. 36 Nel 1573 Rodio aveva pubblicato presso l’editore napoletano Mattia Cancer i Salmi per i Vespri. Vedi Fabris 1994. 37 Ibidem, viii. 7 Ecco la dedica : MOLTO MAGNIFICO SIGNOR IL SIGNOR GIO Battista Turbolo da Napoli. Sogliono l’opere dei mortali mag.[nifico] e generosissimo sig. mio, quando fuo-/ra del’ordinario, e solito corso si scorgono, cagionare ammirattione a/ chi ben le considera. Ma quando si vedono ad ottimo, & onorato fi-/ne drizzate aggiungono allegrezza à chi ama, & utilità à chi l’es-/sercita; chi dunque non ammirarà il camino alla virtù che V.S. per/ proprio fine s’ha preso? Poiché in tanta abondanza de’ beni di fortu-/na, non com’altri forse farebbe, alle delizie, o ad altre opre poco degne/ ha posto il suo saggio pensiero; ma alle lettere, alla musi-/ca, & al altri nobili esercitij, servendosi delle doti della fortuna ad abbellir ogni giorno/ più l’ingegno suo atto ad ogni onorata impresa; onde stupore al mondo, a se sodisfatio-/ne, & allegrezza grande porge a chi l’ama; tal che tutti i virtuosi si debbono ingegnar/ d’amarvi, & onorarvi, poiché tanto fautore, & amator loro vi dimostrate. Et io in/ segno de la mia divotione li dono queste picciole fatiche accompagnate da molta affet-/tione, e dal gran debito c’ho a le sue rare parti. Accettale dunque con quell’affetto d’/animo ch’io ce li porgo, e [,]con cio fo fine[,] umilmente me li ricomando. D. V .S. Perpetuo servo. Rocco Rodio. I ricercari e le fantasie sono in tempo imperfetto (C) ad eccezione della quarta ricercata che ha una sezione in tempo ternario . Prima ricercata. E’ un ricercare politematico38 con tre soggetti: 1. batt. 1-45: esposizione ed elaborazione del primo soggetto; 2. batt. 46-69: elaborazione del secondo soggetto; 3. batt. 70-77: terzo soggetto; 4. batt. 78-82: coda virtuosistica basata sulla diminuzione del terzo soggetto. I soggetti non vengono diminuiti né aumentati, si riscontrano solo alcune variazioni ritmiche dei soggetti, in particolar modo nell’incipit, viene usata con regolarità la tecnica dello stretto. La scarsa elaborazione tematica viene compensata dal differente carattere dei soggetti: il primo, infatti, è severo, il secondo ed il terzo sono progressivamente più movimentati. La coda finale è originalissima: il terzo soggetto, in semiminime, è diminuito in semicrome e rimbalza continuamente fra tutte le voci con un movimento turbinoso finché non giunge all’accordo finale. Queste ultime quattro battute sono stilisticamente affini alla Fantasia improvvisativa39. La ricercata è nel settimo tono naturale40. Seconda ricercata. E’ monotematica: il soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Canto, al Tenore ed al Basso; il controsoggetto, articolato e vivace, viene ampiamente sfruttato nello sviluppo del pezzo. Il soggetto viene proposto in aumentazione e diminuzione. La cadenza finale è condotta sul soggetto aumentato al Basso. La ricercata è nell’undicesimo tono finto con Si bemolle in chiave. Terza ricercata. E’ politematica con quattro soggetti: 1. batt. 1-33: esposizione ed elaborazione del primo soggetto; 2. batt. 34-43: elaborazione del secondo soggetto; 3. batt. 44-63: terzo soggetto; 4. batt. 64-92: quarto soggetto. 38 Nel ricercare politematico i soggetti vengono esposti e sviluppati in sezioni separate a differenza del ricercare multitematico in cui i soggetti vengono esposti e sviluppati contemporaneamente. Vedi volume II, tavola n.°2.. 39 Cfr la Fantasia di Antonio Valente, Cap. 1.3.1., 17-18. 40 L’autore non specifica nella stampa il tono delle ricercate. 8 Rodio impiega gli artifici presenti nelle due precedenti ricercate: intensificazione progressiva dei soggetti (il terzo soggetto è l’unione di un gruppetto con un trillo) ed elaborazione tematica. Da sottolineare come l’apice ritmico viene raggiunto col terzo soggetto; il quarto soggetto, invece, è più quieto e regolare. Fig. 2.1.1: Terza ricercata, terzo soggetto (batt. 44). La ricercata è nell’undicesimo tono finto con Si bemolle in chiave. Quarta ricercata. E’ multitematica con due soggetti che entrano subito in stretto: Fig. 2.1.2.: Quarta ricercata, batt. 1-4. I due soggetti hanno la coda (inciso “a”) in comune. La ricercata è divisa in due sezioni: 1. batt. 1- 55, tempo imperfetto; 2. batt. 56-77, tempo 3/2. La sezione ternaria non presenta un soggetto ben definito ma amplia e sviluppa l’inciso “a” comune ai due soggetti. La ricercata è nel terzo tono naturale. Quinta ricercata. E’ multitematica col secondo soggetto che appare come controsoggetto del primo (duplex thema). I due soggetti sono ben differenziati ritmicamente: il primo è calmo e severo, il secondo è articolato e brillante. Il primo soggetto viene proposto diverse volte in aumentazione mentre lo sviluppo è affidato agli incisi del secondo soggetto variati. La ricercata è nel primo tono finto con Si bemolle in chiave. Alle cinque ricercate fanno seguito quattro fantasie su canti dati: Iste confessor, Ave maris stella, Salve regina41 e La mi re fa mi re42. Utilizzando il termine Fantasia, Rodio differenzia questi pezzi su canto fermo dalle ricercate: queste si svolgono secondo un ordinato piano tematico, le fantasie, invece, presentano continuamente temi nuovi in imitazione. Nelle fantasie è quasi del tutto assente lo sviluppo tematico poiché l’autore preferisce variare il flusso sonoro con l’inserimento di nuovi temi: a volte, comunque, i nuovi temi riprendono, variandoli, elementi già uditi in precedenza. Il canto fermo è fissato sempre in brevi al tenore: x Iste confessor: 48 battute di brevi. x Ave maris stella: 40 battute di brevi. x Salve regina: 32 battute di brevi. 41 La Salve Regina di Rodio venne pubblicata anche nell’Intavolatura de cimbalo di Antonio Valente. E’ il canto fermo altrove definito “La Spagna”, “Bassa Castiglia” e “Canto fermo di Costantio Festa”. Vedi volume II, tavola 3. 42 9 x La mi re fa mi re: 37 battute di brevi. La conduzione delle parti nelle Fantasie porta spesso ad incroci molto scomodi da eseguirsi ovvero a parti molto late: l’esecutore alla tastiera è costretto a lasciare anzitempo la nota del canto fermo e se ciò non comporta problema alcuno al clavicembalo, all’organo l’effetto sonoro non è felice. Le ricercate, di contro, non presentano di questi problemi. 1.2.2 REGOLE DI MUSICA (rist. 1609) Non ci è pervenuta alcuna copia della prima pubblicazione del trattato di Rodio; il suo allievo Giovan Battista Olifante curò nel 1609 una nuova edizione cui aggiunse, in appendice, un Trattato di Proporzioni necessario à detto Libro. Ecco il frontespizio della edizione curata da Olifante: REGOLE DI MUSICA DI ROCCO RODIO SOTTO BREVISSIME RISPOSTE AD ALCUNI dubij propostigli da un Cavaliero, intorno alle varie opinioni de Contrapontisti CON LA DIMOSTRATIONE DE TUTTI I CANONI sopra il Canto Fermo, con li Contraponti doppij, e rivoltati, e le loro Regole. AGGIONTAVI UN’ALTRA BREVE DIMOSTRATIONE de dodici Tuoni Regolari, Finti e Trasportati. ET DI NUOVO DA DON GIO. BATTISTA OLIFANTE AGGIONTOVI UN Trattato di Proporzioni necessario à detto Libro, e ristampato. [Stemma] IN NAPOLI, Per Gio. Giacomo Carlino, e Costantino Vitale. M.D.CVIIII Rodio esordisce con un illuminante Trattato di varie opinioni di musici sopra il contrappunto, scritto in forma di risposta ad alcuni dubij propostigli da un Cavaliero, che si riporta in parte: Havendo io più volte con V.S. ragionato di tante varie opinioni, e capricci, che ne i Musici sopra il Contrappunto si trovano; in alcuni per impor nuove leggi, in altri per mostrar nuove invenzioni, in altri per non voler, che nell’incominciar detto Contrapunto, s’incomincia con consonanza imperfetta: In altri negando cominciar con perfetta 10 consonanza, e chi volendo che nella position della battuta non si dia ottava, altri che non si vada dall’ottava alla quinta, & dalla quinta all’ottava, non ostante che siano in contrarij modi. Altri che non si vada dall’ottava alla quintadecima, ne dalla quintadecima all’ottava. Altri negando poter venirsi dalla duodecima alla quinta, altri non volendo, che per dentro si conchiudino cadenze. Altri affermando potersi ciò fare. Altri prohibendo i passaggi di crome. Altri concedendoli. Altri non volendo che la quarta si leghi, ancor che presso si segua la terza. Altri (e questi sono i moderni) vogliono ch’l passaggio non passi quattro note, e mill’altri de simili pareri. Altri intendendo l’osservation d’una maniera, & altri d’un’altra; mi fu da lei imposto che sopra queste confusioni, & contrarietà de’ Contrappuntisti (che certo ingombrano la mente di poveri principianti curiosi di veder tante varietà di leggi, & d’opinioni) gli dicessi il parer mio. Dunque il parer mio è, che osservatione non è altro che facendosi contrapunti per lo soprano, si deve con le maggiori consonanze salire, & con le minori scendere, & per lo basso, è da osservarsi tutto il contrario, salir con le minori, & discendere con le maggiori; e si deveno ligar quelle dissonanze, le quali sono salvate da consonanze imperfette, così per il Soprano, come per il basso. […] Oltra ciò direi che tutta volta ch’l Contrappuntista attende ad essere vago, e far buon effetto, non è obligato à tanti varij capricci de gli altri: per ciò che alle volte il contrapunto astretto da tanti obblighi di regole, & osservazioni non può far vago, e dolce effetto, opponendosi à questo molti inconvenienti, che da tali osservazioni nascono. Non perciò resta ch’io non lodi l’osservatione; ma semo tuttavia più obligati al vago, e dolce concento, ch’à tante sorti di leggi. Il che chiaramente si conferma dall’autorità di coloro, c’hanno atteso alla vaghezza più che all’osservatione. Perciò altra cosa è il dire, & altro il fare. Ma quando senza impedimento di qualche obligo si potesse osservar lo loderei. Rodio si rende conto delle tante e troppe opinioni che esistono in merito alle regole del ben comporre che non aiutano certo i principianti; egli si propone, quindi, di fissare poche e precise regole generali che consentano di mantenere alto l’interesse poiché le regole non devono soffocare la musica. Il trattato esamina, così, gli aspetti della composizione ritenuti da Rodio essenziali per la formazione del compositore attraverso esempi musicali . La materia è così suddivisa: 1. canoni in tutti gli intervalli sopra il canto fermo La Spagna; 2. contrappunti rivoltati; 3. teoria dei dodici toni con esempi musicali; 4. contrappunti sopra l’Ave Maris Stella. Per il nostro studio risultano particolarmente interessanti gli esempi al punto 3. poiché sono dei brevi brani in partitura a quattro pentagrammi perfettamente eseguibili all’organo, scritti nello stile dei versetti: 11 Fig. 2.1.3: Regole di Musica, Dimostrazione del Primo tuono naturale, pag. 59. La dimostrazione del Primo tuono naturale è scritta nello stile delle “durezze e ligature” che troveremo in Giovanni de Macque. Le Dimostratione de’ dodici tuoni naturali, et regolari con li finti, et trasportati possono essere eseguite all’organo come intonazioni per le scholae cantorum. 12 1.3 ANTONIO VALENTE Apprendiamo gli avvenimenti della vita di Antonio Valente da quattro fonti: i frontespizi delle due sue pubblicazioni, il trattato di Scipione Cerreto43 ed i registri della chiesa di Sant’Angelo a Nilo in Napoli dove Valente tenne l’incarico di organista per diversi anni. Il frontespizio dell’ Intavolatura de Cimbalo, la prima opera stampata a Napoli per strumento a tastiera, dichiara la cecità di Antonio Valente, il frontespizio dei Versi Spirituali ci rivela che Antonio Valente fu attivo a Napoli almeno fino al 10 settembre del 1580, Scipione Cerreto, nel 1601, cita Antonio Valente tra i Sonatori eccellenti d’Organo della città di Napoli, che oggi non vivono44 e lo definisce per antichità Napoletano45, definizione usata per indicare tutti i musicisti non nati a Napoli e successivamente naturalizzati; è evidente così che Valente nel 1601 era già morto. Joseph Albert Burns46 ha studiato gli archivi della chiesa di Sant’Angelo a Nilo (o a Nido) e rivela che Antonio Valente fu organista tra il novembre 1565 e il maggio 1580; suo predecessore fu Fabio Vescovo e Donato Martuccio il suo successore. Valente ricevette aumenti di salario nel 1566, nel 1569 e nel 1577 raddoppiando all’incirca la paga con cui aveva iniziato il servizio. 1.3.1.INTAVOLATURA DE CIMBALO (1576) Il frontespizio: INTAVOLATURA DE CIMBALO RECERCATE FANTASIE ET CANZONI FRANCESE DESMINUITE CON ALCUNI TENORI BALLI ET VARIE SORTE DE CONTRAPONTI LIBRO PRIMO De M. Antonio Valente Cieco, Organista della Venerabile Chiesa Di Sant’Angelo à Nido, di Napoli DA LUI COMPOSTE, INTAVOLATE, ET POSTE IN LUCE [Stemma] Con licenza, & Privilegio, per Anni diece IN NAPOLI 43 Cerreto 1601. Ibidem, 159. 45 Ibidem, 159. 46 Burns 1953, 4-5. 44 13 La dedica: ALL’ILLUSTRE S.OR MIO ET PADRONE OSSERVANDISSIMO IL SIGNOR G I O. GERONIMO CAPECE Quanto io deggia à Vost. Sig. Illust. e quanta/ sia la mia servitù appresso lei, ne sono argomento i mol-/ ti favori da lei ricevuti, e le singolari virtù, che sono / in essa: quando che quelli li son proprij come di Cava-/ liere generoso, e queste native, come di spirito pellegri-/ no. Onde quelli mi le han cagionato infiniti oblighi,/ e queste perpetua affettione, tal che a gl’oblighi aggiun-/ ti i meriti, di tanto carco mi trovo oppresso, di quanto meno al suo alto grado/ corrisponde il mio poco valore, onde s’à quelli con opre, e à questi con l’ani-/ mo sodisfar volessi, ne à quelli le forze, ne à questi il desire sariano bastevoli./ Pur se manco di forza, per non perder almeno di voglia, e in questo non rice-/ va accusa, se in quello non manco disculpa, ho voluto se non disobligarmi, alme-/no scusarmi & con qualche segno di servitù mostrarle quanto mi le conosca/ debitore. E come ch’ella è d’infinite virtù ripiena, & tra l’altre havendo gran/ parte nella musica di cui tanto si serve nelle scienze Mathematiche, che l’ar-/monia dalle proportioni cavando, le proportioni da i numeri, e da i numeri/ le misure, & dalle misure a l’armonia trapassando, coi numeri l’arithmentica/ con l’armonia la Musica, con le misure l’Architettura, e con le proportione la/ Pittura, e la Scultura (di che ella è tanto vaga) di continuo va conferendo, / e con le proprietà da l’una teoricamente quella de l’altre riprovando. Et per-/che la musica con l’armonia fa esperienza de’ numeri proportionati, delle pro-/portioni misurate, & delle misure armonizate. Per tanto intorno à quella co-/me regola, e dimostratione delle proportioni, in che l’altre si fondano, mi hò/ industriato aggradirla. Hò voluto dedicarle la presente operetta di/ compositione sopra il Cimbalo non gia per disciogliermi da gli oblighi anzi per/ più confessarmile obligato, e come che da molta affettione ha origine V. S. non/ si degnerà di benignamente accettarla se non per la valor del opra (sic), almeno/ per l’effetto del intentione, la quale farà l’opra meritevole di gratie appresso lei, e di favore appresso il mondo, quando ch’ella non pur come sangue illustre,/ ma come chiusa nelle scienze, e nelle liberal facoltà può col suo nome difen/derla, & assicurarla da maligni. De V. S. Servitor affettionato. Antonio Valente. Infine, un importante avvertimento: FRAT’ALBERTO MAZZA DE NAPOLI DEL OR DINE DI SAN DOMINICO AI LETTORI: Si come per la comodità ch’hoggi havemo de le stampe non è huomo (se non fusse alcuno privo della/ libertà, & del tutto infelice) che con ragione possa scusarsi, di non esser letterato, cosi d’hoggi avanti/ non serà chi havendo desiderio di essere musico possa allegare legittima scusa di non potervi giunge-/re. Poiche a’ giorni nostri per opra, & ingegno del Eccellente musico Antonio Valente si è ritrova-/to questo speditissimo, & facilissimo modo, co’l quale ciascuno quantunque ignorante a fatto d’o-/gni fondamento 14 di musica potrà da se stesso senz’aiuto di maestro imparare a sonar il Cimbalo; inven/tione con effetto divina ne d’altri mai più usata degna di esser pregiata non meno per la utilità ch’apporta quanto di/ assere admirata per esser l’autore di essa Cieco da i soi teneri anni della pueritia, che pur con tutto il difetto della natu-/ra mai si stanca gia giovare altrui. Hora insegnando, hora dittando a scrivere cose bellissime in questa facultà, & acciò/ che non pasano cose da non credersi non è molto ch’in certi giovani rozi, et che non conoscevano né note né tasti, si è vista/ una rara esperienza ch’appena con essercitio di dui mesi di pratica sopra quest’intavolatura, al improviso sonano/ qual si voglia Canzone ch’intavolata in questo modo lor si proponga, Onde l’Autore cosi bel secreto non era incont’al’cu-/no (sic) per pubblicare ma come diceva, lo riserbava a’ cari amici, & discepoli, ma poi vedendo che altri cercavano farsine/ inventori, & haver lode delle sue fatiche, s’è risoluto a comune utilità delli studiosi dare questi per hora, fra tanto at-/ tenderà ad complire l’intavolatura delle messe, & gl’altri divini officij insieme con alcuni scelti madrigali, mottetti e/ fantasie bellissime ch’appresso si stamperanno, quando che l’Autore intenderà che queste vi siano state Care. L’intavolatura numerica è presentata come un’invenzione di Valente per facilitare l’approccio alla musica a coloro che non sappiano leggere le note; tale sistema consentirebbe anche ad autodidatti di imparare a suonare il clavicembalo in appena due mesi. Valente è lodato come un benefattore che non si stanca mai di far del bene con l’insegnamento e, soprattutto, senza curarsi della propria gloria; avrebbe pubblicato la sua Intavolatura con la notazione numerica costretto dal rischio di plagio. Si annunzia, inoltre, la prossima pubblicazione in intavolatura numerica di messe, versi per gl’altri divini officij, madrigali, mottetti e fantasie; questo programma non venne rispettato e videro la luce solo i Versi Spirituali nella più comune partitura a quattro pentagrammi. L’intavolatura numerica era già stata messa a punto ventuno anni prima dallo spagnolo Juan Bermudo47, nel 1555; tra il sistema dello spagnolo e quello del napoletano esistono delle importanti differenze: Bermudo indica i tasti, sia diatonici che cromatici, con i numeri da 1 a 42 (Do1 – La 4 con prima ottava corta); i numeri vengono disposti sopra linee che rappresentano le voci e le linee possono variare da due a sei. Sempre ad opera di Bermudo troviamo un sistema un po’ semplificato con l’indicazione numerica riferita solo ai tasti diatonici mentre gli altri recano un segno di alterazione. Un simile sistema di notazione viene utilizzato due anni dopo la pubblicazione di Bermudo da Luis Venegas de Henestrosa48, sempre in terra spagnola: i numeri vengono disposti su di un sistema di quattro linee, corrispondenti alle quattro voci, i numeri sono ridotti a sette e, per differenziare le ottave, vengono aggiunti segni diacritici ai numeri. All’inizio di ciascun brano vi è l’indicazione del tempo fuori rigo e viene anche indicato il bemolle per la trasposizione del tono. Questo sistema di notazione verrà poi impiegato da Antonio de’ Cabezòn49 e Francisco Correa de Arauxo50. Il tipo di intavolatura impiegato da Antonio Valente si ispira al tipo spagnolo per l’impiego dei numeri. E’ Valente stesso, nella prefazione all’”Intavolatura”, che ci dichiara i suoi intenti: Prima per maggior facilità, & comodità di quelli, quali vogliono imparare di sonare al cimbalo hò voluto fare questa nuova intavolatura in abaco, poi che la musica in altro non è composta, se non in detto abaco, è che ciò sia il vero, non si può accordare sorte di consonanza niuna, se prima non si sa la lontananza da una voce ad un'altra.51 47 Bermudo 1555 Venegas de Henestrosa 1557. 49 Cabezon 1578. 50 Correa de Arauxo 1626. 51 Valente 1576, fol iiiv. 48 15 Si dovrà quindi numerare i tasti bianchi dello strumento: Quando dunque s’haveranno a toccare i tasti del cimbalo si toccheranno quelli che vi mostra la intavolatura con li numeri. I numeri vengono divisi da una linea, quelli di sopra sono segnati nel principio con D. che denota esser toccati con la man dritta, e quelli di sotto son segnati con l’M. che denota doversi toccare con la manca52. Le alterazioni sono indicate con una croce, la pausa viene espressa dal “sospiro” il quale appare, per la verità, molto raramente. Quando i numeri vengono scritti gli uni sopra gli altri, si dovranno suonare contemporaneamente i tasti corrispondenti; la durata viene stabilita con “bastoni” e “bandiere” che corrispondono alle comuni figure musicali: Fig. 1.3.1: figure musicali impiegate da Valente (fol. ivr) Alla fine della sua prefazione Valente aggiunge una “Dichiarazione breve per quelli che non sanno Musica intorno alla Misura”: Quando troverete un bastone in questo modo [simbolo della semibreve] tutti quelli numeri andaranno tardi, e quando ci sarà una bandiera così [simbolo della minima] andara la mita più presto, e quando saranno due bandiere così [simbolo della semiminima] andera la mita più presto e questo è l’andar di seguito, e quando seranno tre bandiere così [simbolo della croma] andera la mita più presto, e quando ritroverete quattro bandiere così [simbolo della semicroma] vada la mita più veloce e quanto più se può53. Mentre nelle intavolature numeriche spagnole la condotta polifonica delle parti viene resa con grande chiarezza, la notazione di Valente traduce meglio il movimento delle dita sulla tastiera e la divisione delle note tra le due mani. Merita un cenno la raffigurazione di uno strumento a tastiera nell’introduzione all’”Intavolatura”, strumento che assomiglia più ad un clavicordo che ad un clavicembalo. Probabilmente è un disegno ornamentale senza alcuna pretesa di riprodurre fedelmente i dettagli degli strumenti usati al tempo di Valente: non si spiegherebbe diversamente la lunghezza identica di tutte le corde e lo strano rapporto tra il numero delle corde visibili, quattordici, e le più numerose chiavette per l’accordatura. E’ verosimile, invece, l’estensione della tastiera, 45 tasti (Do 1 – Do5) con prima ottava corta. 52 53 Ibidem, fol iiiv. Ibidem, ivr. 16 Fig. 1.3.2.: clavicordo stilizzato (fol. iiiv) L’Intavolatura de Cimbalo può essere considerata come opera omnia collecta54 in quanto racchiude le forme strumentali in quel tempo in voga: elaborazioni su canto fermo, intavolature di brani polifonici vocali, danze stilizzate e pezzi astratti. 1. i pezzi astratti sono rappresentati da una fantasia e sei ricercari; 2. la Salve Regina è l’unica elaborazione su canto fermo; 3. ci sono quattro intavolature di chansons più o meno “diminuite”; 4. le danze stilizzate appartengono a due categorie, le variazioni su tenori italiani (Zefiro, Passo e mezzo, Lo Ballo dell’Intorcia, Tenore Grande alla Napoletana, Romanesca e Gagliarda napoletana) ed i balli (Bascia Flammignia, Gagliarda Napoletana e Ballo Lombardo). I PEZZI ASTRATTI Il brano d’apertura è la Fantasia: per tutto il XVI secolo i termini “ricercare” e “fantasia” sono sinonimi. La differenza non va cercata nel tipo di scrittura, in entrambi i casi contrappuntistica, quanto nella diversa concezione delle due forme, la fantasia, frutto di una capacità improvvisativa, il ricercare, dedicato ad una “ricerca” di tutte le elaborazioni possibili di uno o più temi: la fantasia e il ricercare sarebbero, quindi, due facce della stessa medaglia. Prima di Antonio Valente, la letteratura organistica possedeva pochi esempi di fantasie: 1. JOHANNES KOTTER, Fantasia in Do, 1515; 2. LEONHARD KEBER, Fantasia in Re, 1520 e Fantasia in Fa, 1524; 3. GIULIANO TIBURTINO, Fantasie e Ricercari, 1549; 4. A fansye of master Newman, 1550; 5. ADRIAN WILLAERT ed altri autori, Fantasie Recercari Contrapunti, 1551; 6. ROCCO RODIO, Fantasie sopra varii canti fermi, 1575; 7. EUSTACHE DU CAURROY (1549-1609), Fantaisie à l’imitation de « Salve Regina » L’esordio della Fantasia di Valente è in stile toccatistico con lunghi accordi accompagnati da rapide figurazioni; nel prosieguo del brano la scrittura diventa gradatamente più rigorosa, somigliando più ai ricercari con una chiara conduzione di quattro voci cui mancano, però, le regolari entrate tematiche. La forma è, quindi, bipartita alla maniera di un preludio e fuga, struttura peraltro presente nella Fantasia in Do di Kotter del 1515. 54 Apel 1938, 419-437; Apel sostiene che il carattere compilativo delle pubblicazioni della scuola cembalistica napoletana dei secoli XVI e XVII sia un aspetto dell’influenza spagnola. 17 I sei Ricercari vengono solitamente ripartiti in due o tre sezioni a loro volta suddivisi in due o tre sottosezioni. Le cadenze principali sono alla tonica, quelle secondarie possono anche essere diverse con frequenti cadenze plagali. Solo il Secondo Ricercare è monotematico, tutti gli altri impiegano il “duplex thema”: il secondo tema, con note rapide, entra come controsoggetto del primo, normalmente in note di valore largo. I sei ricercari presentano un’apprezzabile varietà stilistica: il primo e il quarto sono costruiti secondo un ferrea regola canonica, altri hanno figurazioni di tipo toccatistico che si applica a frasi anche molto lunghe e che procede con estrema regolarità fino alla fine. La Recercata del primo tono à cinque con la quinta parte in canone al unisono del tenore è un sfoggio di virtuosismo compositivo col canone condotto rigorosamente fino alla fine senza, per questo, compromettere la qualità musicale55; la Recercata del primo tono inizia quietamente ma ben presto, grazie alle costanti diminuzioni, muta progressivamente la scrittura fino a diventare prossima allo stile libero della toccata; nella Recercata del terzo tono Valente enfatizza il contrasto tra soggetto a valori larghi e controsoggetto a valori stretti; la Recercata del sesto tono à quattro voce con lo basso in canone a l’ottava del contralto è un po’ più sintetica nello sviluppo rispetto alla prima ma non è inferiore nell’ordito contrappuntistico; la Recercata del septimo tono , caratterizzata da una tessitura che tende spesso a rarefarsi giungendo a volte anche al bicinium, ha il terzo tema che appare sempre variato ad ogni entrata; la Ricercata del ottavo tono affianca al procedimento canonico l’inserzione di brillanti figurazioni che richiamano alla mente la Fantasia con cui Valente ha aperto la sua Intavolatura: alla breve sezione contrappuntistica d’apertura, seguono ben due sezioni in stile toccatistico in tempo binario e ternario. Il genere di figurazioni della Fantasia e dei sei Ricercari conferma la destinazione clavicembalistica dei brani indicata nel frontespizio: l’abbondanza di trilli, gli accordi ripetuti con la terza raddoppiata, l’assenza di note lunghe tenute sono figurazioni tipiche dello strumento a corde pizzicate. Ciononostante, è plausibile l’esecuzione dei brani con altri strumenti: troveremo nei prossimi capitoli pezzi eseguibili sia al cembalo che all’arpa, all’organo o con concerto di viole (Mayone, Trabaci, Salvatore, Strozzi)56 che necessariamente dovevano essere adattati dagli esecutori alle esigenze degli strumenti che avevano in quel momento a disposizione. Solo i versetti sono da considerarsi esclusivamente organistici in forza della loro destinazione d’uso, piuttosto che per il tipo di figurazione presenti. ELABORAZIONI SU CANTO FERMO La Salve Regina, l’unica elaborazione su canto fermo dell’intera Intavolatura, è fondata sulla tradizionale melodia medievale. Antifona in origine indipendente, venne in un secondo tempo inserita stabilmente nei canti di dedicazione alla Madonna57 durante il periodo liturgico compresa tra l’ottava di Pentecoste e l’Avvento. La Salve Regina di Valente difficilmente sarà stata impiegata per un uso liturgico, non essendo articolata nei cinque versetti per l’alternatim. INTAVOLATURE DI CHANSONS CON DIMINUZIONI La pratica delle diminuzioni era consolidata al tempo di Valente ed ogni nazione europea poteva annoverare dei trattati sull’argomento; in Spagna la diminuzione per 55 Trabaci, nei suoi ricercari canonici pubblicati nel 1615, incontrerà difficoltà ad armonizzare il rigore della regola compositiva e la qualità musicale. Vedi Cap 3.4, 107. 56 Rispettivamente Cap. 3.3, 3.4, 5.1 e 5.3. 57 Le altre tre antifone sono: Alma redemptoris mater, Ave regina caelorum, Regina caeli laetare. 18 strumenti a tastiera era stata trattata nel 1565 da Tomàs de Sancta Maria58 mentre in Italia era stato pubblicato nel 1535 il trattato di Ganassi59; il più influente trattato sull’arte di Valente è da considerare, però, il Tratado di Diego Ortiz60. Valente ha scelto tre famose chansons. Pisne diminuita è un’intavolatura della chanson a cinque voci Pis ne me peult venir di Thomas Crecquillon61. Questa chanson ebbe molto successo e fu intavolata, oltre che da Valente, da altri musicisti; conosciamo quattro versioni: 1. la più antica fra le intavolature di Pisne a noi conosciuta appare nell’ Obras de musica62 di Antonio De Cabezon 2. Pisne Disminuita di Antonio Valente. 3. Puis ne me peult venir di Padre Schmid63, quasi contemporanea a quella di Valente. 4. Pis ne me peult venir di Gostena64, destinata al liuto. La versione di Antonio De Cabezon, precedente al 1566, è un ottimo esempio di diminuzioni del XVI secolo: le glose sono squisitamente moderate e distribuite equamente tra le cinque voci. La versione di Schmid privilegia, invece, l’ornamentazione della voce superiore. L’intavolatura di Gostena, destinata al liuto, ha la tessitura rarefatta. La versione di Valente è notevole per alcune libertà che il napoletano si concede: egli ripete un’intera sezione (misure 15-33) per fiorirla ulteriormente, indulge spesso nella sospensione di note dissonanti; Valente appare molto più ardito ed originale rispetto agli altri autori. Chi la dirra è la versione intavolata della chanson a cinque voci di Adrian Willaert. La più antica intavolatura è del 1547 ad opera di Valderrabano65 interessante perché destinata ad una voce solista con accompagnamento di vihuela: allo strumento sono destinate le quattro voci inferiori ed al solista la voce superiore. Antonio De Cabezòn66 scrisse un Tiento sobre Qui la dira con una scrittura contrappuntistica molto rispettosa della tessitura originale di Willaert. Nella versione di Antonio Valente la mano sinistra a volte riproduce fedelmente le parti vocali fungendo da supporto alle diminuzioni della mano destra. Valente dedica una coppia di intavolature a Sortemeplus: il titolo originale del madrigale di Philippe de Monte67 è Sortez mes pleurs. La prima, la più semplice, ha solo tre trilli cadenzali e le ornamentazioni sono delicatamente distribuite tra le quattro voci; la seconda versione è molto più ricca di diminuzioni, quasi sempre affidate alla voce superiore. Entrambe le versioni hanno una sezione ripetuta (misure 12-17 e 18-24): nella prima versione la ripetizione è occasione per aggiungere qualche delizioso abbellimento, nella seconda versione non vi è alcun cambiamento. 58 Sancta Maria 1565. Ganassi 1535. 60 Ortiz 1553 61 Thomas Crecquillon, contrappuntista olandese, fu maestro di cappella di Carlo V tra il 1544 e il 1547; il suo soggiorno a Madrid avrà relazione con l’intavolatura di “Pisne” ad opera di Antonio De Cabezon (Vedi Burns 1953, 76). 62 Cabezon 1578. 63 Bernhard Schmid, 1577. 64 ”Pis ne me veult venir, Canzone francese a quattro di Thomas Crecquillon intavolata dal Gostena” in Molinaro 1599, 128-130. 65 Valderrabano 1547, libro III, Canciones, fogli 36v-37r. In questa versione la chanson viene erroneamente attribuita a Verdelot. 66 Cabezon 1578, fogli 153r-154v 67 De Monte 1575. Ricordiamo che Philippe de Monte visse alcuni anni a Napoli intorno al 1550 ed insegnò la musica privatamente. Cfr. Lindell 1980. 59 19 TENORI ITALIANI68 Estos Cantos llano, que in Italia comunemente llaman Tenores, come affermava Diego Ortiz nel suo Tratado69, furono il fondamento di una pratica improvvisativa realizzata da due voci sopra un cantus firmus; gli strumenti potevano essere liuti, arpe, trombe, tamburi. Il cantus firmus più antico conosciuto è il passamezzo antico70 presto affiancato dal passamezzo moderno. L’Intavolatura di Valente contiene le seguenti variazioni sul passamezzo antico: Tenore del passo e mezzo, Lo Ballo dell’Intorcia e la Romanesca; sul passamezzo moderno: Tenore di Zefiro, Tenore grande alla napoletana e la Gagliarda Napoletana. Il Tenore di Zefiro, il più lungo ed elaborato dell’intera Intavolatura , è basato sul passamezzo moderno, fondato sull’alternanza tra I-IV e V grado e, quindi, più tonale del passamezzo antico; il tenore di Zefiro, tuttavia, presenta anche un VII grado che lo fa somigliare al passamezzo antico71. Il modello armonico si mantiene costante per tutta la durata del brano mentre, dalla quinta variazione in poi, le note si dimezzano di valore; l’inizio, con gli accordi sincopati molto marcati, ricorda i pezzi per chitarra che ebbero grande fioritura proprio nell’Italia meridionale nel XVI secolo. Nel Tenore del passo e mezzo Valente usa la forma del passamezzo antico, con la seconda frase che inizia un terza minore sopra la prima. Le sei variazioni hanno una tessitura che ricorda la tecnica liutistica del punteado che impiega note di passaggio tra un accordo e l’altro72. Ogni variazione è costruita su un singolo modello ritmico e melodico; tra una variazione e l’altra vi è diversità di tessitura. Lo Ballo dell’Intorcia era una danza in cui i ballerini si scambiavano vicendevolmente una torcia che tenevano in mano. Il ballo è citato da Vaillant73 il quale afferma che è stato in voga in Germania fino alla fine del XIX secolo. Antonio Valente per Lo Ballo dell’Intorcia impiega la formula armonica del passamezzo antico su un metro binario. La Bascia Flammignia ha una melodia dolce ed accattivante mentre il ritmo è una continua alternanza tra metri ternari e quaternari con conseguente sensazione di libertà e freschezza metrica. Il Tenore grande alla napolitana ha un basso che trae elementi dalla Romanesca e da Ruggiero74. La prima parte del tenore segue la successione armonica I-IV-I-V, la seconda parte conclude con I-IV-V ma su un grado diverso di quello d’impianto. Riassumendo, lo schema armonico di ogni mutanza è: i-IV-i-V-VI-II-III-VI75. Anche in questo caso troviamo gli accordi sincopati molto marcati all’inizio, figurazioni dimezzate dalla seconda alla quarta variazione, ulteriore dimezzamento dalla quinta variazione alla fine. La Romanesca è uno dei tenori più famosi del XVI secolo: ha la stessa formula del passamezzo antico ad eccezione di una piccola variante nella cadenza finale. Salinas scrive nel suo trattato76 che ciò che gli spagnoli chiamano Las Vacas, in Italia viene 68 Vedi volume II, tavola n.°3. Ortiz 1553, 47f. 70 Il più antico impiego del “passamezzo antico” è contenuto nel manoscritto Capirola per liuto, risalente al 1515 e riappare nel 1536 in Intavolatura de Leuto de diversi autori nuovamente stampata: et con deligentia revista: con gratia et privilegio….Stampata Nela Cita De Milano per lo. Antonio Castelione al Primo Magio M.D.XXXVI 71 Vedi volume II, tavola n.°3. 72 L’altra tecnica era il rasgueado, fondato sull’uso costante degli accordi. 73 Vaillant 1942, 89. 74 Vedi volume II, tavola n,°3. 75 Da notare come tale schema armonico sia impiegato nel Tratado da Diego Ortiz come basso per la Recercada Sesta. 76 Salinas 1627, Libro VI, Capitolo XV, 348: “…quod Hispani, Las Vacas, appellant, ab eo, quo paguntur apud Romanos illae stantiae romanesche dici solitae…” 69 20 chiamato Romanesca. Per la sua versione della Romanesca, Valente prevede cinque variazioni la prima delle quali è in vigoroso ritmo accordale mentre tutte le altre espongono varie figurazioni in note di passaggio sempre alla voce superiore; solo nella quarta variazione fanno nuovamente la loro comparsa passaggi accordali alla mano destra. DANZE STILIZZATE La Gagliarda Napoletana, basata sul modello armonico I-IV-V, è caratterizzata dal ritmo in hemiola che alterna costantemente raggruppamenti in tre (3/2 o 3/4) a raggruppamenti in due (6/4 o 6/8); l’inizio è sottolineato da figurazioni accordali mentre la mano destra si produce in figurazioni di abbellimento. Non troviamo la divisione in mutanze bensì una variazione continua su un basso di danza. La Gagliarda Lombarda ed il Ballo Lombardo sono strutturati con un periodo di quattro misure ripetute due volte con una mezza cadenza a metà del periodo; il Ballo Lombardo, inoltre, presenta la ripetizione integrale del periodo per cui il numero delle misure complessive è il doppio della Gagliarda Lombarda. 1.3.2. VERSI SPIRITUALI (1580) Quattro anni dopo la pubblicazione dell’Intavolatura, Antonio Valente dà alle stampe i Versi Spirituali presso gli editori eredi di Matteo Cancer. Ecco il frontespizio: VERSI SPI RITUALI SOPRA TUTTE LE NOTE, CON DIVERSI CA= NONI SPARTITI PER SONAR NE GLI ORGANI, MESSE VESPERE, ET ALTRI OF= FICII DIVINI Di M. Antonio Valente Cieco, Libro secondo, Nuovamente da lui Composto, & posto in luce. [Stemma] IN NAPOLI Appresso gli Eredi di Mattio Cancer. M. D.LXXX. 21 La dedica: ALLA ILLUSTRE SIGNORA MIA OSSERVANDISSIMA La Sig. Donna Elionora Palmiera Solevano gli antichi Musici, Illustre e valorosa Signora, nelle loro/ composizioni, Apollo della Musica inventore, e le nove Vergini Sorelle/ dette Muse sue figlie invocare, come a quelle dalle quali ogni bella musi-/cale invention deriva: Non sapendo eglino che il gran Fattor del tutto, e/ vero Apollo Iddio dovea in processo di tempo produr voi nel mondo, che la decima ve-/ramente dir vi potete. Onde chiaramente si vede, che tanto maggior dell’altre nove sete, quanto, che a voi sola è stato concesso il dono di saper senza alcun dubio tutto/ quel, ch’elle generalmente fanno in questa nostra etade. Ond’io da i raggi del vostro/ lume inspirato, voi mio vero Apollo, e mia vera Musa in ciò ho invocato & invoco, / come a quella dal cui valore ogni mio ben dipende, & a voi sola questo mio, anzi vo-/stro libro di Spartiture, che ho novamente composto dedico e dono, si per il gran me-/rito vostro, & in segno di mia servitù, come anco per mio interesse. Da che essendo/ voi di sangue nobilissimo, di vita esemplare, e della Musica Monarca, che niuno cosi/ maligno sarà, che ardisca di calunniar questa opera, per non lacerar in quella il vo/stro Illustre, & onorato nome, e senza fine resto basciandovi la Illustre mano. Di Napoli, il dì 10 di Settembre 1580. D.V.S.Ill. Divotissimo & affettionatissimo Servitore, Antonio Valente. Sonetto del Signor Angelo di Costanzo all’Autore SAGGIO inventor d’insolita Armonia, Che con bell’opre adorni i tempi nostri, Mostrando in vivo esempio, come sia Quella, che s’ode ne i superni Chiostri. Animo eccelso, e bel giuditio mostri In dedicar con tanta cortesia A si gran donna i tuoi lodati inchiostri, Che di tal arte t’ha mostra la via, Io per me chiamo te felice, e lei, Te perche rendi il suo nome immortale, E lei, che fatto t’ha quel, c’hora sei. Già il dolce canto tuo spiegando l’ale, Vola al Cielo à contar à gli alti Dei Che la PALMIERA non ha in terra uguale. Le virtù musicali di Eleonora Palmiera, purtroppo, non sono documentate in altre fonti. Il libro contiene 43 versi così distribuiti: x 6 versi “sopra dell’Ut” (XI modo naturale) x 6 versi “sopra il Re” (I modo naturale) x 6 versi “sopra il Mi” (III modo naturale) x 6 versi “sopra il Fa” (XI modo trasportato) x 6 versi “sopra il Sol” (VII modo naturale) x 6 versi “sopra il La” (IX modo naturale) x 6 versi “sopra il Fa di be fa be mi” ( Sib) (V modo trasportato) x 1 verso “sopra il b molle di e la mi” (Mib). (2 bemolli in chiave) 22 I primi sei gruppi di versi si chiudono con un canone: x VI verso “sopra dell’Ut” Æ canone in “Diapente superius” (V superiore) x VI verso “sopra il Re” Æ canone in “Diapente superius” (V superiore) x VI verso“sopra il Mi” Æ canone in “Diatessaron inferius” (IV inferiore) x VI verso “sopra il Fa” Æ canone in “Diatessaron inferius” (IV inferiore) x VI verso “sopra il Sol” Æ canone in “Diatessaron superius” (IV superiore) x VI verso “sopra il La” Æ canone in “Diapente superius” (V superiore) I Versi spirituali, stampati in partitura a quattro pentagrammi, appaiono come una opera “esemplare” scritta con una notazione dotta mentre l’Intavolatura, anche in virtù del tipo di notazione impiegato, sembra avere una finalità prevalentemente pratica. L’autore fa intendere che la destinazione sono gli officii divini ma non c’è un riferimento ad un preciso momento liturgico; la tradizionale organizzazione dei modi viene messa in crisi da Valente in quale sembra più interessato a stabilire con certezza le note finali piuttosto che gli ambiti modali. Il fatto, poi, che i Versi iniziano dall’ UT, piuttosto che dal primo modo, sembra un omaggio all’esacordo di Guido D’Arezzo. La scrittura contrappuntistica dei Versi è particolarmente osservata e prevale lo stile imitativo; i sei canoni che concludono i primi sei gruppi di versi sono dei veri e propri ricercari monotematici organizzati secondo la rigida disciplina canonica enunciata all’inizio di ciascun canone. Compaiono frequentemente figurazioni toccatistiche di chiara ispirazione veneziana (versi 4,5,7,8,10,15,16,20,23,25,27). Gli abbellimenti più frequenti sono i trilli ed i groppi scritti quasi sempre per esteso. Il verso11 (il quinto del secondo gruppo) è l’unico ad avere il caratteristico incipit dattilico della canzona strumentale. I Versi Spirituali offrono i mezzi agli organisti per svolgere il servizio liturgico nel modo più decoroso e completo possibile; appare molto evidente la cura nel fornire del materiale per suonare in tutte le zone della tastiera e in tutte le intonazioni possibili. Al tempo stesso, Valente mostra una notevole perizia nel trattare il canone. 23 2. LA MUSICA STRUMENTALE IN SICILIA NEL XVI SECOLO Nel XVI secolo, in Sicilia, una straordinaria fioritura musicale inizia nei castelli feudali e nel cuore dell’Isola (Caltanissetta e Pietraperzia, Nicosia, Enna e Piazza) e si riversa poi nelle principali città, Palermo, Messina, ma anche Caltagirone, Trapani, Noto e Siracusa. Sei editori musicali stampano tra il 1588 e il 1630 a Palermo, tre a Messina77, con qualità tipografica paragonabile alle contemporanee edizioni veneziane. Complessivamente possiamo contare una sessantina di compositori e quasi ottanta raccolte. Nel complesso panorama della musica tardorinascimentale la produzione dei Siciliani occupa quantitativamente e qualitativamente un posto assai rilevante; non mancano infatti musicisti di gran valore e di chiara fama internazionale: oltre a Pietro Vinci e al suo fecondissimo discepolo Antonio Il Verso, ci sono Sigismondo d’India, che fu tra coloro che videro più chiaro nella rivoluzione musicale in atto, e Alessandro Grandi, che tenne – mezzo secolo dopo il Vinci – il posto di maestro di cappella di Santa Maria Maggiore in Bergamo, dopo aver dato alle stampe, a Venezia e a Palermo, gran numero di opere. E poi, s’è vero che Alessandro Scarlatti fu allievo oltre che nipote dell’Amato (che tra i polifonisti siciliani si annovera come più tardo rappresentante) o che ad ogni modo ricevette nella sua città natale la prima educazione musicale, viene ad essere un punto di raccolta e d’arrivo, ideale sia pure che reale (ma si ricordino di lui gli otto madrigali, e le messe e cappella), polla affiorante di flussi che spariscono proprio dopo di lui sotterra, donde già perfetti eran parsi all’inizio d’improvviso sgorgare.78 In Sicilia abbiamo, quindi, una produzione musicale circoscrivibile sia geograficamente che cronologicamente che Ottavio Tiby definì Scuola Polifonica Siciliana79. Primeggia la musica vocale mentre la musica strumentale svolge un ruolo didattico, il necessario tirocinio che i giovani compositori all’inizio della carriera devono compiere per poter accedere successivamente a prove compositive più impegnative. In che misura queste musiche strumentali possono definirsi organistiche? Si come il Lauto, la Cithara, la Lira, l’Arpicordo e ‘l Clavocimbalo, tutti per se stessi si chiamano istrumenti; per che il sonatore gl’usa per mostrare la propria virtù sua nel Cantare, & del Sonare; cosi l’Organo, che per Eccellenza è cosi chiamato, raccoglie in se stessi tutti gli istrumenti musicali, & tanto maggiormente è de gli altri più Eccellente & più nobile, quanto meglio rappresenta la voce humana, operandosi in esso il fiato, & la mano.80 Diruta giustifica così l’esecuzione all’organo di qualunque composizione musicale, sia vocale che strumentale tenendo però presente che ne gli Organi di chiesa non vi si debbano sonare Passi e mezzi, et altre sonate da ballo, né meno Canzone lascive, e dishoneste81. Nel XVI secolo la musica organistica in Sicilia è testimoniata dall’iconografia e dai documenti d’archivio; l’atto con cui Antonino Morello, già maestro di cappella, si 77 Carapezza 1971,p. IX; Donato 1985,577. Carapezza 1971, XII. 79 Tiby 1951, 203-211. 80 Diruta 1593, “L’auttore dell’opera al prudente lettore” 81 Ibidem, 5 78 24 impegna a suonare l’organo della Cattedrale di Palermo82 fissa con precisione i compiti dell’organista: Die XX octobris VIII ind(ictionis) 1594. Cunctis pateat evidenter qualiter Antonino Morello musico mag(iste)r capelle maioris pan(ormitane) ecc(les)ie civis Pan(ormi) in nostram presentiam principaliter costituto mihi notario cognito sponte promisit et se sollemniter obligavit … … sonare organum maiorem in ditta maiori pan(ormitane) ecc(les)ie in diebus infra(scri)ttis videlicet: In primis in lo vespiri della vigilia della natività di N(ost)ro Signore Jesu Cristo per tutta la festività delli Inozenti. Item il primo giorno dello anno con lo suo vespiri de la vigilia. Item il giorno della Epifania con lo suo vespiri in la vigilia. Item in la quaresima tutti li venerdi dominichi et festi comandati alle compiete. Item il sabbato santo con la Pasqua de resurrezione et li susseguenti festi. Item il giorno di sancta Cristina di maggio et la vigilia. Item il giorno della ascensione et la vigilia. Item la pentecoste li dui vespiri et susseguenti festi. Item santo Petro Apostolo et la vegilia. Item santa Cristina di jugnetto et la vigilia. Item l’assuncione di Maria Virgini et la vigilia. Item santa Nimpha di septembre et la vigilia. Item tutti li santi et la vigilia. Item santa Nimpha di novembre et la vigilia. Item et in tutte le supradette feste che son soliti sonare li mattini … Cum pacto quod ipse Antoninus non possit dittum organum sonari facere per alias personas eiusque nomine… L’organista spagnolo Clavijo del Castillo83 tenne il posto di organista della Reale Cappella Palatina in Palermo84 dal 1569 al 1588; l’unica sua composizione organistica conosciuta è il Tiento del segundo tono85, forse precedente al suo incarico in Sicilia. Roland Jackson86 afferma che il suo stile abbia influenzato quello di Jean de Macque e, conseguentemente, di Giovanni Maria Trabaci. I cromatismi di Clavijo del Castillo precorrono le durezze e ligature che caratterizzeranno fortemente la musica degli organisti napoletani e siciliani intorno all’anno 1600. Non deve stupire l’esiguità della musica espressamente scritta per gli strumenti a tastiera poiché era consolidata prassi improvvisare gli interventi organistici nel corso delle liturgie. L’organo in Sicilia nel XVI secolo, così come nel resto della penisola italiana, veniva costruito con una sola tastiera di 45 o 50 tasti con la prima ottava “corta”, con pedaliera senza registri autonomi che abbassa i tasti della prima ottava e con una disposizione fonica basata sul registro del Principale e del Ripieno87; l’unico registro imitativo era il flauto che poteva essere “aperto” o tappato “alla todisca”88. 82 Atto trascritto in Zaccaria Dispensa 1988, 143 Bernardo Clavijo Del Castillo, organista e compositore spagnolo, Porto Arrecife, Lanzarote, Canarie, 1545. Madrid, v. 1626. Visse durante più di vent' anni in Italia poi diventò professore all'università di Salamanca (Cfr Robledo 1980). 84 Tiby 1952, 177-192 85 Ed. moderna in Apel 1971 86 Jackson 1964, 281 –282. 87 Un organo piccolo aveva generalmente un solo principale di 4 palmi e mezzo (4 piedi), un organo di medie dimensioni, il più frequente, ne aveva due di 10 palmi (8 piedi) col secondo principale che comincia dal DO 2, un organo grande ne aveva tre di 20 palmi (16 piedi) con il secondo che comincia sempre dal Do 2 ed il terzo dal Fa 3. Le file di ripieno erano normalmente 5: VIII,XV, XIX, XXII, XXVI. 88 Zaccaria Dispensa 1988 , 17. 83 25 L'unico organo cinquecentesco giunto ai nostri giorni in stato originario fu costruito nel 1547 ed è custodito nella chiesa di San Francesco in Castelbuono (Palermo)89. Il difficile compito di studiare gli organi cinquecenteschi siciliani si appiglia, quindi, all’analisi di atti notarili90. Gli organari più famosi furono Giorgio Scarlata da Ragusa, Vincenzo Occhipinti palermitano, Giovanni e Vincenzo De Blundo da Scicli cui va aggiunto Giovanni Junior, Pietro Fanzone, o Falsuni o Fanzuni, maltese qualificato habitator terrae Alcami (Alcamo è attualmente in provincia di Trapani), i palermitani Ascanio Testaverde, Silvestre Colica (anche Colliga e Corica, ? – 1565) il quale lavorò a Palermo, ad Agrigento e Messina, e, per concludere, il famoso Raffaele La Valle (1543 ca –1621), l’unico la cui fama passò il mare. Venne invitato a Roma dal Pontefice Paolo V, ma per motivi di salute non poté accettare91. Il livello degli organari siciliani doveva essere pari al resto d’Italia, ma già si delineava la peculiarità dell’organaria siciliana, “gelosa conservatrice di antiche prassi costruttive e di caratteristiche individuali”92. Valga per tutti la permanenza in Sicilia dei già citati Flauti alla todisca ovvero alla alemanna mentre nel nord d’Italia erano stati sostituiti dal Fiffaro già verso il 1540. In Sicilia fino al 1561 vengono costruiti solo Flauti cilindrici aperti; i primi costruttori di flauti tappati furono poi Vincenzo Colliga e Raffele La Valle; il flauto tappato, sperimentato prima in terra lombarda, verrà costruito in Sicilia fino ai primi anni del XVII secolo mentre al Nord d’Italia cadrà in disuso a partire agli anni sessanta del Cinquecento. La Sicilia appare, quindi, terra di importazione delle novità tecniche con un ritardo che, lieve fino al XVI secolo, diverrà sempre più sensibile nei secoli successivi. Esso è, tuttavia, compensato dall’attenzione ai più minuti particolari dell’intonazione delle canne, per ottenere un suono purissimo, piuttosto che all’aumento delle risorse timbriche. I clavicembali siciliani più antichi superstiti furono costruiti dal messinese Carlo Grimaldi tra la fine del XVII secolo e i primi anni del secolo successivo: 1. clavicembalo del 1697 (Sol -1/ DO 5), Museo Nazionale degli strumenti musicali di Norimberga. 2. clavicembalo del 1703 modificato in pianoforte a tangenti (Sol - 1/ Do5), museo del Conservatorio di musica di Parigi. 3. clavicembalo piegatorio (Do 1/ Do 5), Museo degli strumenti musicali di Roma. Solo un nome di un probabile cembalaro siciliano emerge dalle tenebre del XVI secolo: Marco Siculo, autore di un virginale costruito nel 1540, conservato presso la Fenton House di Londra e di un altro virginale anonimo ma a lui attribuibile conservato presso la Abel Collection Franklin (U.S.A) 93. 89 Organo attualmente in restauro presso la Ditta organaria “Artigiana Organi” di Francesco Oliveri, Acicatena (Catania). 90 Cfr Zaccaria Dispensa 1988, 18 e segg. 91 Raffaele La Valle morì il 7 aprile 1621 e fu sepolto nell’oratorio della compagnia di S. Maria Maggiore di Palermo di cui era stato munifico sostenitore. Sul suo epitaffio venne inciso: D.O.M. RAFFAELI LA VALLI, PANORMITANO ORGANARIO EMINENTISSIMO OB ARTIS PERITIAM ROMAM A PAULO V PONT. MAX. EVOCATO, DE MAJORIS PANORMITANAE ECCLESIAE ILLUSTRIBUS EDITIS OPERIBUS OPTIME MERITO, LIBERORUM PIETAS GRATI ANIMI MONUMENTUM POSUIT. VIX ANN. LXXVIII. OBIJT VII APR. MDCXXI (in FRANCESCO BARONIO MANFREDI, De Maiestate Panormitana, Panormi, MDCXXX, lib. III. Cap. II, 105). In Zaccaria Dispensa 1988, 20 92 Tagliavini 2000, 135. 93 Wraight 1997, II, 265-266. 26 2.1 PIETRO VINCI, ANTONIO IL VERSO E GIOVAN BATTISTA CALÌ Il contributo più importante alla musica strumentale dato da autori siciliani nel XVI secolo viene pubblicato nel 1591: è il Secondo Libro de Motetti e Ricercari a tre voci di Pietro Vinci con alcuni Ricercari di Antonio Il Verso suo discepolo pubblicato in libri-parte a Venezia presso l’erede di Girolamo Scotto e dedicato al Principe di Paternò. Pietro Vinci, il capostipite della scuola polifonica siciliana, nacque a Nicosia (al centro della Sicilia, oggi in provincia di Enna) verso il 1525 e si formò musicalmente in Sicilia94, giacché le sue prime opere conosciute, benché pubblicate a Venezia, furono dedicate a personaggi illustri isolani. Tra il 1567 e il 1581 visse in Lombardia dove fu per dodici anni maestro di cappella di Santa Maria Maggiore in Bergamo, nel 1581 ritorna nella natia Nicosia dove morì nel 1584. E’ probabile un suo soggiorno a Napoli tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60: ebbe, infatti, allievi che gravitarono nell’orbita napoletana. Giulio Severino, citato da Scipione Cerreto tra i “Sonatori della Città di Napoli, che oggi non vivono”95, ebbe quattro suoi madrigali inclusi nel Primo libro di madrigali a cinque voci (Venezia, 1561) di Pietro Vinci; anche Ambrosio Marien, riconosciuto esplicitamente allievo, ebbe incluso un proprio madrigale nel Secondo libro a cinque (Venezia, 1567) del Vinci; entrò, poi, nel circolo dei Principi di Venosa. Del compositore siciliano parlano anche i napoletani Fabrizio Dentice e Nicolò Tagliaferro96; Pietro Cerone, nel suo monumentale trattato97, adotta per Pietro Vinci appellativi quali “musico singular, madrigalista moderno da imitar seguramente y sin peligro, inventor de las diversidades de los contrapuntos”. Antonio il Verso, il maggior discepolo del Vinci, nacque a Piazza (oggi Piazza Armerina) intorno al 1560. Dopo la morte del suo maestro si trasferì a Palermo, dove morì nel 1621 lasciandovi numerosi allievi tra l’aristocrazia e il clero. Nella dedica del Secondo libro de motetti e ricercari a tre voci di Pietro Vinci, Antonio Il Verso proclama la devozione per il suo maestro: Fra le molte composizioni che il Divino Pietro Vinci di buona memoria mio maestro mandò fuori, Illustrissimo & Eccellentissimo Signor, egli stesso hebbe in maggior conto certi mottetti, e Ricercari a tre voci, che in su l’estremo de’ suoi dì con giudicio veramente meraviglioso, & inviò in Vinegia alla Stampa. E non essendo in tanto tempo comparsi giamai… m’ho risoluto mandarli in luce …e come che di quelli istessi ch’egli mandò all’hora, ame ne mancano alcuni Ricercari, l’ho rassopplito de’ miei, certo che andando presso a quei del maestro non riceveranno insulto…nel che credo far’opera di pietoso e buon Discepolo in adempiere il desiderio del morto maestro…98 Il giovane Antonio Il Verso, quindi, sfrutta la “scia” del celebre maestro per lanciarsi nel mondo musicale dimostrandosi, peraltro, degno discepolo. La raccolta è formata da 11 mottetti e 14 ricercari a tre voci: i mottetti sono tutti di Pietro Vinci, mentre dei ricercari 7 sono di Pietro Vinci e 7 di Antonio Il Verso. 94 Carapezza 1985, ix. Cerreto 1601, 159. 96 Carapezza 1987. 97 Cerone 1613, 89. 98 Dedica de “IL SECONDO LIBRO DE MOTETTI, / E RICERCARI A TRE VOCI. / Con alcuni Ricercari di Antonio Il Verso suo Discepolo. / Nuovamente dati in luce. /IN VENETIA, MDXCI/ Appresso l’Herede di Gierolamo Scotto”. L’unico esemplare è custodito presso la Biblioteca Nazionale di San Marco in Venezia, segnatura Musica 2571. 95 27 Non c’è dubbio che il modo immediato d’eseguire un ricercare le cui voci erano state divise su tre libri parte, era quello che la semplice distribuzione dei tre libri uno a ciascun suonatore di strumento melodico rendeva possibile. E solo indiretta, mediata attraverso l’intabulatura delle parti, sarebbe l’esecuzione all’organo: ma sempre perfettamente legittima, ché l’organo oltretutto è una summa istrumentorum99. Nel 1615, appena 24 anni dopo la pubblicazioni di questi ricercari, Giovanni Maria Trabaci premetterà alle “Partite sopra Zefiro”100 la sua celebre dichiarazione: Partite artificiose sopra il Tenore de Zefiro con alcune Partite approportionate per l’Arpa, havertendo però, che se in questo presente libro stà intitolate alcune cose per l’Arpa, non per questo si soprasedisca il Cimbalo, perche il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del mondo, & in lei si possono sonare ogni cosa con facilità101. La nota più acuta, comunque, nei Ricercari di Vinci e del Verso è il sol (g”), così che ne risulta agevole l’esecuzione del trio di viole. I quattordici ricercari a tre voci …si presentano … nell’edizione originale, alternati con una certa anomala regolarità: due del maestro e due del discepolo, due e uno, uno e uno, uno e due. Si capiscono facilmente le ragioni di tale distribuzione: il discepolo di basa di volta in volta sui modelli del maestro, riutilizzando la stessa registrazione delle voci (lo stesso sistema di chiavi) e mantenendone il modo, reimpiegando lo stesso tema (o costellazione tematica) fondamentale o un suo analogo omogeneo immediatamente derivato. Anche l’ordine e la distanza nell’ingresso delle tre voci all’inizio sono chiaramente mantenuti, mentre viene variata l’articolazione macrostrutturale della composizione. Persino le modulazioni ritmiche proporzionali del tema (sia in originale che in rovescio) sono oggetto di imitazione, sebbene spesso in un diverso contesto macrostrutturale. Un caso assolutamente unico, per quel ch’io ne sappia: è un’attività didattica colta in fieri; possiamo assistere da vicino, quasi in presenza, ad una serie di lezioni di composizione in pieno XVI secolo102. Vi è anche un legame con la tradizione folklorica siciliana: nelle battute finali del Ricercare Secondo, i due soggetti, elaborati con diminuzioni e frequenti ripetizioni, risultano congruenti con le due melodie di un Canto dei bambini di maggio, raccolto a Racalmuto (Agrigento) da Alberto Favara intorno all’anno 1900103. Sia Pietro Vinci, nel 1560, che Antonio Il Verso, nel 1596, pubblicarono musiche strumentali a due voci. Il duo strumentale può essere considerato come il primo passo che un musicista deve compiere sia dal punto di vista compositivo che tecnicoesecutivo. I maggiori trattati rinascimentali non prescindono mai da esempi a due voci che hanno il privilegio di contemperare la semplicità alla completezza. La bellezza della concezione didattica rinascimentale consiste, però, nel valore musicale che comunque non deve mai venir meno anche in composizioni didattiche rendendo così piacevole ed interessante l’esecuzione di questi Duo. L’esecuzione organistica dei Duo di Pietro Vinci e di Antonio Il Verso appare succedanea all’esecuzione con due strumenti solisti. Questi pezzi suscitano un vivo interesse in quanto alphabeto di musica e scuola tecnica; ne sarebbe auspicabile l’uso nelle scuole di musica accanto alle celebri Invenzioni a due voci di J. S. Bach, scritte per lo stesso scopo. 99 Carapezza 1972, xix. Trabaci 1615. 101 Trabaci 1615, 117. 102 Carapezza 1972, pag xxi. Ivi l’analisi dei ricercari alle pagine xxii – xxxii. 103 Carapezza 1983, 45. 100 28 I titoli dei ricercari sono in prevalenza nomi di luoghi o di persone, per lo più siciliani; troviamo pure modi di dire ed anche indicazioni della tecnica compositiva o della notazione. PIETRO VINCI – IL PRIMO LIBRO DELLA MUSICA A DUE VOCI – 1560 1. La Marencha 2. Lo Canallotto 3. Vinci 4. Castro Ioanni & Muxa 5. Fontana di Chiazza 6. Xumo Sauzo con li Garbi 7. Piro con lo Furno 8. Barressi e Scalisi 9. Bocconcino 10. Chiucia 11. Lo Cayordo 12. Spinello e don Antonino d’Allena 13. Pauso 14. Le Gorre con lo Paschiero 15. Malportuso 16. Paravola 17. Pe Martino 18. Gallina Ratto Rattonis 19. La Vaccarra con le Buscaglie 20. Spattafolco con lo Gobbetto 21. La Murada 22. Sperlingua e Presti Paulo Bono 23. San Basilli 24. Senza Octava 25. Planzuni 26. Il Gambero con Denaretto 27. Xiri che senza xiri stamo male 28. La Danzulina e lu Chiaperi 29. Le Politine Merita qualche precisazione il numero 26, Il Gambero con Denaretto, contrappunto diminuito sopra il tenore di bassadanza del XV secolo detto La Spagna. Questo tenore fu spesso utilizzato nel XVI secolo: ricordiamo le elaborazioni di Antonio de Cabezòn, Luys Venegas de Henestrosa e, molto importante per l’influenza esercitata nell’Italia meridionale, le sei Ricercadas pubblicate da Diego Ortiz nel suo trattato104. Il procedimento di Pietro Vinci coincide con quello di Ortiz. Il numero 24, intitolato Senza Octava, è un’acrobazia contrappuntistica. ANTONIO IL VERSO – IL PRIMO LIBRO DELLA MUSICA A DUE VOCI – 1596 1. Oreto 2. Il Tebro 3. Himera 4. Fontana Fredda 5. La Lelia 104 Cfr Ortiz, Cap. 1.1; La Spagna venne utilizzata anche da Rodio, Mayone, Trabaci. 29 6. Piazza et Enna, di Antonio Formica 7. Strada Colonna 8. Il Verovio 9. Il Garraffo 10. Pusilico 11. Sebeto 12. Mongibello 13. Montemaggiore 14. Il Tasso 15. Mastrillo e il Cangialosa 16. Lilibeo 17. Pachino 18. Babilonia, Contrapunto doppio che si canta in quattro modi 19. Aretusa et Alfeo, Canon in diapente inferius 20. Omne leve tendit sursum, Canon in diapason superius duorum temporum 21. Scilla e Cariddi 22. Il Verso 23. Peloro 24. La Bellia con Rambaldo 25. Sartoya 26. Gela 27. Cecus non iudicat de coloribus Anche nei ricercari di Antonio Il Verso troviamo alcuni titoli estremamente interessanti. Il numero 18, “Babilonia”, dal titolo che evoca la confusione per antonomasia creata dalla possibilità di cantare in quattro modi diversi un contrappunto doppio proprio sul tenore “La Spagna”. Il numero 21, intitolato “Scilla e Cariddi”, è caratterizzato dalla difficoltà di lettura derivante dall’impiego del punctus divisionis, manifestazione di dotta erudizione: superare indenne la complessa lettura delle due voci è come passare tra i due mitici mostri! Il titolo del numero 27, “cecus non iudicat de coloribus”, indica l’irrilevanza dell’annerimento delle semibrevi che, bianche o nere, devono sempre essere considerate imperfette in forza della loro posizione. La raccolta dei ricercari a due voci di Giovan Battista Calì, “Siciliano della Lecata, Discepolo di Antonio Il Verso” risale al 1605 e venne pubblicata presso l’editore Amadino di Venezia. L’evoluzione della scuola polifonica siciliana è qui alla sua tappa conclusiva: al contrappunto armonico di due linee indipendenti ciascuna con una propria realtà e un proprio peso, pur se omogenee quanto al materiale sonoro, siamo giunti all’organismo logico armonico monodiscorsivo, pur se articolato in un doppio guizzo lineare. Quelli del Vinci venivano chiamati Duo, ma questi del Calì sono duetti, ovverosia monodia biforcuta: i temi ormai non sono che frammenti melodici armonicamente determinati, che assumono contorni provvisoriamente definiti, pronti a liquefarsi e ricondensarsi di nuovo in veloci ritmi di quartine di crome. Non c’è più il tema nella sua essenza, e per questo è più libero nella sua esistenza. La tendenza alla fusione tematica, già apparsa sporadicamente nella raccolta del Verso, qui è regola: i temi appaiono senza aver l’aria d’esser dei momenti privilegiati nel tempo ella musica, leggeri e danzanti dispaiono e poi tornano a far capolino ogni tanto, quando il rapido flusso discorsivo lo richiede105. I titoli dei ricercari si riferiscono quasi sempre a nomi di luoghi e persone siciliani. 105 Carapezza 1971, il. 30 GIOVAN BATTISTA CALI’ IL PRIMO LIBRO DI RICERCARI A DUE VOCI – 1605 1. Poggio di Lemo 2. La Giaretta 3. Falconara 4. Monserrato 5. Sabuggi 6. La Montagna 7. Porta Agnesa 8. Donna Bandina 9. Il Padre Alicata 10. Il Cannizzo con gli Alosi 11. La Senia 12. Foggia del Salso 13. Vallone Secco 14. Le Fontanelle con gli Orti, di Antonio Il Verso 15. Costantino Dilitioso, di Antonio Il Verso 16. Magna Gela 17. Montechiaro 18. Castelvetrano, di Giuseppe Pallazotti 19. Fiume Torto 20. Ricercare a quatro 21. Il Peliero d’Angelo Spatafora I ricercari 14 e 15 sono di Antonio Il Verso, maestro di Giovan Battista Calì, il 18 di Giuseppe Palazzotti e Tagliavia, il maggior discepolo di Antonio Il Verso. I ricercari di Calì sono tutti in tempo C ad eccezione del ricercare XIX intitolato “Fiumefreddo”, e privilegiano una tessitura acuta; prevale il carattere di “canzon francese” e, sebbene l’organico strumentale più efficace è il duo strumentale, le figurazioni presenti sono pure caratteristiche della musica per strumenti da tasto i quali possono efficacemente rendere questi ricercari. Un caso a sé è il ventesimo ricercare, l’unico che non ha un titolo specifico e, soprattutto, l’unico ad essere scritto a quattro parti. Purtroppo per sedici delle sessanta misure vi sono difficoltà di trascrizione e di interpretazione: un tentativo è stato effettuato da Milton Allen Swenson106 il quale sottolinea tutte le difficoltà derivanti dai molti errori presenti nella stampa originale. Il Ricercare XX, forse il più appropriato all’esecuzione organistica, è lungo sessanta brevi, il suo stile strumentale è caratterizzato dalle linee melodiche disgiunte e dagli incroci delle parti; molti artifici contrappuntistici sono impiegati in questo ricercare; anche se i canoni non sono impiegati, l'aumentazione e la diminuzione sono usate in maniera organizzata ed è presente anche l’inversione; la combinazione simultanea di temi non è usata con grande frequenza, la risposta tonale non viene impiegata in favore della sottodominante. Il pezzo può essere diviso in cinque sezioni, tutte chiaramente circoscritte da cadenze conclusive. 106 Swenson 1971, 388. 31 2.2 SEBASTIAN RAVAL Sebastian Raval nacque a Cartagena, nel sud della Spagna, intorno al 1550107. Si arruolò nell'esercito di Filippo II e combatté nelle Fiandre sotto il comando del Duca d'Alba, ma si ammalò gravemente e fece voto di diventare frate cappucino se fosse guarito. Disattendendo il suo giuramento, ritornò alle armi al servizio di Marc'Antonio Colonna, comandante della flotta dello Stato Pontificio nella Battaglia di Lepanto (1571) e, successivamente, Viceré di Sicilia (1577 - 1584). Ritroviamo Raval nel 1579, di nuovo nei Paesi Bassi, al sevizio di Alessandro Farnese, Principe di Parma, impegnato nell'assedio di Maastricht, dove Raval, gravemente ferito, rinnovò il suo voto, mantenendolo stavolta. Probabilmente prima del 1584 Raval entrò al servizio del Conte di Urbino Francescomaria II della Rovere, questa volta come musicista. Gli doveva risultare stretta la regola dei cappuccini se, attraverso gli uffici del Cardinal Peretti , supplicò il Papa di essere trasferito ad un Ordine meno rigido. La Curia romana ne autorizzò il trasferimento alla fine di 1592 all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (Cavalieri di Malta); si trasferì quindi a Roma, entrò in contatto con diversi compositori ed ottenne anche la protezione del Cardinale Peretti. Poco tempo dopo era al servizio del nipote ed omonimo del suo primo comandante, Marc'Antonio Colonna. Nello stesso anno si cimentò in una sfida di contrappunto contro i compositori romani Giovanni Maria Nanino e Francesco Suriano risultandone, però, perdente. Nel 1595 andò al servizio di Gerolamo Branciforte Tagliavia , Duca di San Giovanni e Conte di Cammarata e si trasferì in Sicilia. Proprio in quell'anno lo spagnolo Don Luis Ruiz108, maestro della Cappella Reale di Palermo, morì e Raval ne approfittò per proporsi come successore; l'incarico gli venne conferito il 28 aprile 1595 e tenne il posto di maestro di cappella fino al 1604, anno in cui morì. Qualche anno prima della morte , tra il 1585 e il 1600 Raval si produsse in una nuova competizione musicale con il giovane Achille Falcone, maestro di cappella a Caltagirone, ma ne uscì nuovamente sconfitto; stavolta, però, Raval fece ricorso al Viceré ed ottenne un secondo giudizio che lo dichiarò vincitore. Una terza prova avrebbe dovuto effettuarsi a Roma ma non ebbe mai luogo a causa dell’immatura morte di Falcone. Possediamo le musiche composte da Raval e Falcone per la disputa e la “Relazione del successo, seguito in Palermo tra Achille Falcone, Musico Cosentino, e Sebastian Ravalle, Musico Spagnolo” pubblicata nel 1603 da Antonio Falcone, padre di Achille109. I pezzi composti da Falcone appaiono superiori a quelli dello spagnolo ma le protezioni d’alto rango di cui quest’ultimo beneficiava avranno pesato nel giudizio a suo favore. Nel 1596, un anno dopo la nomina di Raval a Maestro della Reale Cappella di Palermo, vede la luce “Il Primo Libro di Ricercari a quattro voci cantabili” del musicista spagnolo. 107 Le informazioni biografiche su Raval sono desunte da Casimiri 1931 e Tiby 1948. Cfr. anche Ledbetter 1980. 108 Cfr Tiby, 1952. 109 Falcone 1603 (Privitera 2000). Cfr. cap 2.3 32 Ecco la riproduzione del frontespizio: IL PRIMO LIBRO DI RICERCARI A QUATTRO VOCI CANTABILI Per Liuti, Cimbali, & Viole d’arco, quattro ò sei opere con parole spirituali in Canoni ad Echo, ad otto, & à dodici voci, che cantano in quattro parte coniunti, & divisi i chori. E Ricercar in contraponti osservati sciolti, & in quattro fughe d’accordio di Studi particolari, & utilissimi per studiosi. Composte per Fra Sebastian Raval, dell’Ordine di San Gio. Battista, Maestro della Cappella reale di San Pietro di Palermo ALL’ILLUSTRISSIMO ET ECCELLENTISSIMO SIGNOR il Conte Don Giovanni Vintimilia Marchese di Hieraci, Principe di Castel Buono, Presidente & Capitan Generale per sua Maestà nel Regno di Sicilia [Stemma] IN PALERMO, per Gio. Antonio de Franceschi. M. D. XCVI. Raval indica gli strumenti che possono essere impiegati per l’esecuzione dei ricercari: liuti, clavicembali e viole. E’ un’indicazione molto preziosa che aiuta a comprendere le modalità di esecuzione strumentale alla fine del XVI secolo. Nell’ensemble indicato da Raval convivono il liuto e il clavicembalo, strumenti polifonici, accanto alle viole d’arco. Scrive Scipione Cerreto: Dunque è da sapere, che la Viola da Gamba, da altri detta Viola d’arco è uno strumento nel quale si ritrova l’istessa perfettione, come à quella, che habbiamo veduto nel Liuto, […] sonandosi da Periti Sonatori quattro, ò cinque Viole insieme, non è dubbio, che essendo ben tocche, che tal suono rende all’orecchie dell’uditori una perfetta, e soave armonia […]E che sia ‘l vero il conserto delle Viole da Gamba hanno acquistato il nome proprio delle voci cantabili, essendo tali voci più perfette delle voci artificiali, poscia che ciascheduna Viola da Gamba da per se tiene il suo proprio nome, quali si dicono, Basso, 110 Tenore, Alto e Soprano. 110 Cerreto 1603, 329. 33 Cerreto specifica, inoltre, che […] quando s’accordano tutte le Viole del Conserto insieme, le Viole de i Tenori, e Contralti, s’accordano per Ottava sopra il Basso, & li Soprani s’accordano per Ottava sopra del Basso, & per quarta sopra e i Tenori, e Contralti.111 Le indicazioni di Cerreto verranno confermate da Pietro Cerone nel suo monumentale trattato: Agora, quien quinsiesse anadir el Contralto, pongale de cuerda en cuerda en Unisonus con el Tenor. Advertiendo siempre que desde la primera cuerda en vazio de qualquiera parte, à la sexta en vazio, ay Quinzena.112 E’ difficile immaginare esattamente come i vari strumenti si armonizzassero per l’esecuzione. Agostino Agazzari scrive che Come fondamento sono quei che guidano e sostengono tutto il corpo delle voci, e stromenti di detto Concerto: quali sono, Organo, Gravicembalo etc. e similmente in occasion di poche e sole voci, Leuto, Tiorba, Arpa etc. Come ornamento sono quelli, che scherzando, e contrapontegiando, rendono più aggradevole, e sonora l’armonia; cioè Leuto, Tiorba, Arpa, Lirone, Cetera, Spinetto, Chitarrina, Violino, Pandora, et altri simili.113 Va sottolineato, comunque, come l’organo non sia espressamente indicato nella stampa dei ricercari di Raval. Di difficile interpretazione è la dicitura “quattro ò sei opere con parole spirituali in Canoni ad Echo, ad otto, & à dodici voci, che cantano in quattro parte coniunti, & divisi i chori”. Ci sono due canoni ad otto voci in due cori ed altri due canoni a dodici voci in tre cori ma questi ultimi possono pure essere ridotti ad otto voci in due cori; è, forse, per questo motivo che Raval scrive ambiguamente “quattro ò sei opere”. Segue la dedica a don Giovanni Ventimiglia: ILLUSTRISSIMO ET ECCELLENTISSIMO SIGNOR Le scienze, & le virtù sparte al mondo si veggono come meritano in alzati (sic) la musica anco Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Speculativa, & pratica, che hà nel suo luogo, e si vede illustrata da gran principi, Signori, & Nobili virtuosi, talmente si dilettano non solo dell’Armonia di quella, & il concento, ma anchora sia abilissimi, che vestono le nude 111 Ibidem, 330. Cerone 1613, 1059. 113 Agazzari 1607, 3. 112 34 parole con varij, e soavi modi, esplicando i concetti, imitando le fughe, e piene, ò sole, ridendo, ondeggiando, piangendo, ò tremando, inalzaldo, solcando, ò basciando, i mari, le valli, & quel che condisce il tutto, vera osservanza, & polito portamento à tuono, e voci talmente, che dal tessimento si conosce con facilità il suo valore, & acciò non paia V. Eccell. che ricercate per differenti strumenti, non sia il più fiorito, & consumato studio, che possa far’un Compositore il grand’Adriano Villaert, & Cipriano Rore suo discepolo grandissimi contrappuntisti, quali diedero luce all’osservanza delle parole, che à ciò fare non è abile nel contrapunto, pur dicevano esseri veri osservatori contrappuntisti, à variati modi, & fughe ad ogni genero de proporzioni della Musica: trovandomi in servigio del serenissimo Duca d’Urbino mio Signore compose (sic) alcune di queste Ricercati, e in Roma allo Illustriss. Cardinale Ascanio Colonna mio Signore dodici principij di Ricercar sopra dodici toni naturali, & all’illustriss. Conte di Camerata altri Ricercat’in quattro fughe d’accordio, & variati, che studiosi troveranno alcun studio, e gli certifico (come per esperienza vedranno) che richiede al Musico gran fertilità à guisa d’homo ricco, che spende, come vuole, e si è povero, come può. Metto in luce alcuni Mottetti spirituali con parole in Canoni ad Eccho, che accordano congiunti, e divisi i Chori à otto voci, che cantano in quattro parti aspettano il secondo Choro quattro, e sei battute, si anco à dodici voci, che cantano in quattro parti aspettando secondi, & terzi Chori quattro, e sei battute, se non gli vorranno dividere, hò regolato il fine ad ogni voce. Se il primo Choro sarà arrivato al fine, il secondo, terzo Choro, l’istesso si dimostrerà il Canon ad Eccho molto più. Altra fugha ad otto voci, che cantano in due parti per chiavi differenti, & possono ritornare facendo fine dove vedranno i segnali non senza misterio; anzi meravigliato, oltre à tante differenze di composizioni per l’Organo Messe, Mottetti, Madrigali, & altre opere quale aspetto col favore di V. Eccell. Mettere in luce, dico Eccellentiss. Signore considerando che i Rè Normandi de quali V. Eccell. deriva dotarono questa Cappella Reale, & io ben che indegno trovandomi Maestro in quella e di Musici si nobili, & asperti (sic), che l’habbiamo fatto tutti prova di queste, & altre opere, e Canoni, quali senza io provarli prima ne loro visti senza risoluzioni di voci, & cosi l’habbiam cantato à V. Eccell. Pregandoci di farli sentire sempre opere nuove, come à Principe, e Signor nostro, che se ne diletta in fra tante scienze, e virtù in quella della Musica, e assicurato nel reale Scudo di V. Eccell. Humilmenti la supplico gli accetti, e il sincero animo, qual sempre offerisco à V. Eccell. In Palermo à di 29. di Novembre. 1596. Di Vostra Eccellenza. Affettionatissimo, & Humilissimo Servitore. Fra Sebastian Raval dell’Ordine di San Gio. Battista. Raval si propone come cultore del contrappunto, principio basilare per ogni forma di musica dotta ed elevata, ed esperto di tutte le forme di canone; considera la sua opera esemplare ed utile agli studiosi. Le opere della raccolta sono state composte in momenti differenti: secondo quanto affermato nella dedicatoria, Raval avrebbe composto dodici ricercari nei dodici toni durante la sua permanenza in Roma, ma nella raccolta si trovano ordinati per toni solo 8 ricercari (dal nono al sedicesimo), non figura alcun ricercare del decimo tono e gli altri non sono ordinati; il primo ricercare venne scritto probabilmente in Sicilia, altri ricercari vennero invece scritti durante il soggiorno in Urbino. Non è chiaro a quale periodo appartengono i mottetti e gli altri pezzi. Nella pagina finale di ciascun libro parte vi è l’indice; per i ricercari è specificato il tono d’impianto, per i canoni l’incipit del testo verbale ed il numero di voci. 35 Primo Ricercare del Primo Tono trasportato in quattro fughe d’accordo. Il primo Ricercare è stato pure pubblicato nel 1603 da Antonio Falcone col seguente titolo: Ricercata di Raval ch’egli dice d’esser di 4 fughe d’accordo, ben che non siano; lo scopo di Falcone è dimostrare la superiorità contrappuntistica del figlio Achille di cui pubblica di seguito una Ricercata d’Achille Falcone di quattro fughe d’accordo dove veramente appareno, come si vede le qui sotto resolutioni, a competenza della suddetta di Ravale. Sempre Antonio Falcone, nella già citata Relatione, fa esplicito riferimento al ricercare dello spagnolo: […] dico che mentre si compone con obligo di seguitar le fughe, et il sugetto datosi l’un l’altro, si ha da attendere più all’osservanza della fuga, e dell’arteficio, et à non lasciar il proprio sugetto, che ad accomodar le consonanze à suo modo, come fanno i semplici praticucci, poichè da l’arteficio, che ciascuno usa si scorge il vero valore, e dove non è artificio non può essere perfetta scienza, come si vede nelle Ricercate stampate di esso Raval di quattro fughe d’accordo, che veramente accordano, ma non di fughe né dalle parte di mezzo, l’una con l’altra, non ve ne essendo neanco due d’accordo, si che è per accomodar le consonanze [che] lascia l’arteficio, che si ricerca per le quattro fughe d’accordo. Oltra li infiniti errori, che vi sono114. Il pesante giudizio di Falcone è condivisibile: in effetti i quattro soggetti non sono “d’accordo”. Raval, inoltre, impiega i quattro soggetti come punti di riferimento dell’intreccio contrappuntistico, senza una rigida organizzazione delle riproposizioni di essi; il risultato è molto gradevole all’orecchio, le parti libere sono composte in maniera accattivante, ma la struttura formale è debole. Il Ricercare è trasportato per b molle una quarta sopra il primo tono naturale; nell’esposizione il primo soggetto appare al Tenore, il secondo soggetto appare alla battuta 2 all’Alto, il terzo soggetto appare alla battuta 4 al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Basso. Il secondo tema è l’unico che viene esposto in tutte le quattro voci nelle prime sedici battute. Alle battute 32-36 vi è uno stretto dei quattro temi nelle quattro voci. Nel corso del ricercare vengono proposti in aumentazione il primo, il terzo ed il quarto tema, mentre in diminuzione viene presentato solo una volta il primo tema. Il terzo tema viene esposto anche una volta in inversione. I quattro temi entrano simultaneamente solo nella cadenza finale. Il Ricercare è lungo 80 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Secondo Ricercare del Secondo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio. Anche il secondo Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il primo soggetto appare al Basso, il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Tenore, il terzo soggetto appare alla battuta 4 all’Alto, il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Canto. Le entrate tematiche sono molto distanti tra loro, raro l’impiego degli stretti: solo alla fine vi è uno stretto alle quattro voci. Solo il terzo tema viene proposto in aumentazione al basso, seguito immediatamente dal quarto tema diminuito alla stessa voce. Il Ricercare è lungo 76 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Terzo Ricercare dell’ Undecimo Tono naturale. Il terzo ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2), Alto (batt. 5) e Basso (batt. 6). Esso viene aumentato 4 volte, al Tenore, all’Alto, al Basso e nuovamente all’Alto, viene diminuito 3 volte al Basso, al Tenore e al Canto. Le entrate in stretto vengono impiegate solo nella parte centrale del Ricercare mentre, verso 114 Relazione del successo, seguito in Palermo tra Achille Falcone, Musico Cosentino, e Sebastian Ravalle, Musico Spagnolo, in Privitera 2000, xiii. 36 la fine, Raval preferisce variare il tema ritmicamente. Il Ricercare è lungo 54 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Quarto Ricercare dell’Ottavo Tono naturale. Il quarto ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2), Alto (batt. 2) e Basso (batt. 5); il Canto e l’Alto sono in stretto. Vi è una riesposizione al Canto, Tenore, Basso ed Alto. Il soggetto viene aumentato 6 volte, al Canto, al Tenore, all’Alto, al Tenore, all’Alto ed al Canto, viene diminuito una sola volta all’Alto. Anche in questo Ricercare Raval varia il soggetto ritmicamente specialmente verso la fine; dalla battuta 48 alla fine il soggetto in aumentazione al Canto viene accompagnato da una lunga serie di crome all’Alto ed al Tenore che procede per terze parallele. Il Ricercare è lungo 54 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Quinto Ricercare dell’Undecimo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio. Il quinto Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il primo soggetto appare al Basso, il secondo soggetto appare simultaneamente al Tenore, il terzo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 4 all’Alto. Dalla battuta 15 alla 31 vi sono parecchie entrate tematiche in stretto fra due voci, alla battuta 61 vi è uno stretto in aumentazione tra il quarto soggetto al Canto ed il terzo tema al basso. Nel corso del ricercare tutti i soggetti vengono proposti in aumentazione. Il Ricercare è lungo 76 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Sesto Ricercare del Duodecimo Tono trasportato in quattro fughe d’accordio. Il sesto Ricercare, trasportato per b molle una quarta sopra, è con quattro fughe. Il primo soggetto appare al Tenore, il secondo soggetto appare in stretto nella stessa battuta all’Alto, il terzo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, il quarto soggetto appare alla battuta 5 al Basso. Alla battuta 37 vi è un’entrata in stretto tra il primo e il secondo soggetto seguita qualche battuta dopo da un analogo stretto tra il terzo e il quarto soggetto. Vengono proposti in aumentazione il primo, il terzo e il quarto soggetto, in diminuzione il primo e due volte il terzo; la cadenza finale ha l’entrata simultanea dei quattro soggetti anche qui con aggiustamenti ritmici. Il Ricercare è lungo 78 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Settimo Ricercare del Nono Tono trasportato. Il settimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto , Canto (batt. 1), Basso (batt. 2) e Tenore (batt. 3); esso viene continuamente variato ritmicamente finché, alla battuta 35, appare un secondo tema che viene esposto in ordine all’Alto, Canto, Tenore e Basso e riesposto, a partire dalla battuta 44, al Basso, Alto, Canto e Tenore. Il secondo tema riapparirà altre quattro volte, a volte con leggere modifiche, il primo soggetto non compare più. Il Ricercare è lungo 70 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Ottavo Ricercare del Primo Tono naturale. L’ottavo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare in coppie di stretti all’Alto e al Canto (batt. 1), al Basso (batt. 2) ed al Tenore (batt. 3); viene poi proposto con diverse varianti ritmiche finché, alla battuta 35, entra un secondo tema esposto all’Alto, Canto, Tenore e Basso e riesposto successivamente al Basso, Alto, Canto e Tenore. Il secondo tema verrà proposto altre quattro volte con leggere modifiche mentre il primo soggetto non viene più proposto sino alla fine. Il Ricercare è lungo 70 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. 37 Nono Ricercare del Primo Tono naturale. Il nono Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt. 2), Basso (batt. 3) e Tenore (batt. 5); viene poi proposto una volta in entrata in stretto tra due parti, viene anche variato ritmicamente e 3 volte viene aumentato. Il Ricercare è lungo 40 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Decimo Ricercare del Secondo tono naturale. Il decimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2) ed Alto (batt. 2) in stretto, Basso (batt. 4); viene poi proposto una volta in entrata in stretto tra due parti, viene anche variato ritmicamente, 5 volte viene aumentato ed una volta diminuito. Il Ricercare è lungo 45 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Undicesimo Ricercare del Terzo Tono naturale. L’undicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Basso (batt. 2), Alto (batt. 3) e Canto (batt. 4); il soggetto viene frequentemente variato ritmicamente e proposto in numerose entrate in stretto; viene anche aumentato 3 volte. Alla battuta 36 il soggetto presenta un inganno alla quarta nota115. Il Ricercare è lungo 42 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Dodicesimo Ricercare del Quarto Tono naturale. Il dodicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Alto (batt. 1), Basso (batt. 2) e Canto (batt. 3); subito dopo l’esposizione il soggetto viene proposto in rapide entrate in stretto tra tre parti; dalla battuta 14 le entrate tematiche si allontanano, il soggetto viene aumentato 6 volte ed una volta diminuito; soltanto alla fine vi è uno stretto tra due parti col soggetto modificato ritmicamente. Il Ricercare è lungo 42 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Tredicesimo Ricercare del Quinto Tono naturale. Il tredicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Basso (batt. 2), Canto (batt. 3) e Tenore (batt. 4); terminata l’esposizione il soggetto viene proposto sempre con alterazioni ritmiche; viene, inoltre, aumentato 3 volte e diminuito una volta. Tutte le entrate tematiche successive all’esposizione sono in stretto. Lo sviluppo è caratterizzato da materiale tematico secondario e dai frequenti passaggi di crome per terze parallele. Il Ricercare è lungo 46 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Quattordicesimo Ricercare del Sesto Tono naturale. Il quattordicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt. 2), Tenore (batt. 3) e Basso (batt. 4); viene poi proposto poche volte in stretto, viene anche variato ritmicamente e 5 volte viene aumentato di cui tre consecutive al Canto. Il Ricercare è lungo 43 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Quindicesimo Ricercare del Settimo Tono naturale. Il quindicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Basso (batt. 1), Canto (batt. 2) e Tenore (batt. 5); viene proposto diverse volte in stretto dopo l’esposizione, prevalgono, poi, le variazioni ritmiche; il soggetto viene aumentato 3 115 La tecnica dell’inganno verrà ampiamente utilizzata da Giovanni Maria Trabaci nei suoi Ricercari. Cfr. Cap 3.4. 38 volte e 2 volte diminuito, nelle parti libere sono frequenti i passaggi di crome per terze parallele. Il Ricercare è lungo 45 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Sedicesimo Ricercare dell’Ottavo Tono naturale. Il sedicesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare all’Alto, Canto (batt. 2), Tenore (batt. 3) e Basso (batt. 5); non ci sono entrate in stretto, il soggetto raramente viene modificato ritmicamente e viene proposto aumentato 4 volte. Il Ricercare è lungo 43 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Diciassettesimo Ricercare del Duodecimo Tono naturale. Il diciassettesimo Ricercare è monotematico. Il soggetto appare al Tenore, Canto (batt. 2), Alto (batt. 2) e Basso (batt. 4); già nell’esposizione il Canto e l’Alto sono in stretto che viene riproposto solo alle battute 9 e 24; in quest’ultimo caso, lo stretto è con il soggetto aumentato in entrambe le parti. Il soggetto viene aumentato complessivamente 3 volte e frequentemente viene modificato ritmicamente. Il Ricercare è lungo 52 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Il trattamento contrappuntistico nei ricercari di Raval è molto libero e disinvolto, le esposizioni tematiche sono separate da lunghe sezioni libere, caratterizzate da chiare sequenze armoniche e da lunghi passaggi per terze e seste parallele. Le armonie eccentriche, il frequente uso di ritmi con note puntate assieme alle modulazioni molto libere, conferiscono alla musica di Raval un carattere inquieto e nervoso. Dopo i Ricercari c’è un mottetto intitolato Viderunt te atque Deus per Organum ; nelle singole parti c’è la seguente indicazione: A 4 per l’organo quattro fughe distinte. In questo caso l’organo probabilmente deve raddoppiare le quattro voci. Seguono quattro canoni di cui si riporta l’incipit e, tra parentesi, le indicazioni tecniche dell’autore. Canones cum octo & duodecim vocibus. In quatuor partibus. 1. Congregate sunt gentes octo vocum. In quatuor partibus.(Canon cum octo vocibus in quatuor partibus, et divisis quatuor ad unisonum ad Ecco) 2. Haec dies, duodecim vocibus. In quatuor partibus. (Canon duodecim vocibus simul et separatis tribus Choris ad Ecco) 3. Da pacem Domine, octo vocibus. In quatuor partibus. Canon ad Ecco octo vocum in quatuor partibus coniunctis, et separatis) 4. Misit Dominus, duodecim vocibus. In quatuor partibus. (canon Duodecim vocibus in quatuor partibus coniunctis et separatis) 39 2.3 ACHILLE FALCONE Si è già accennato nel cap 2.2 alla sfida musicale tra Sebastian Raval ed Achille Falcone. Nella pubblicazione116 curata da Antonio Falcone, padre di Achille, sono riprodotte le musiche superstiti di questo, ivi comprese quelle della contesa, le uniche musiche conosciute di Achille Falcone. Accluso alla parte del Basso si trova la Relazione del successo seguito in Palermo tra Achille Falcone Musico Cosentino e Sebastian Ravalle Musico Spagnolo, racconto dettagliato della sfida nonché unica fonte biografica del musicista calabrese117. Achille Falcone nacque a Cosenza non prima del 1577, suo padre provvedette a […] far crescere questo mio figliuolo a suoi teneri anni nel timor del Signore Dio, e nelle scienze della lingua Latina Poesia, e particolarmente della Musica speculativa e prattica con cognizione d‘ogni sorte di strumento, conforme si ricerca à perfetto Musico118. Dal 10 maggio 1597119 era Maestro di cappella a Caltagirone (attualmente in provincia di Catania); morì il 9 novembre 1660 a Cosenza mentre si apprestava a partire per Roma, dove avrebbe dovuto avere luogo la terza prova della sfida con Raval. La pubblicazione del 1603 ha il seguente frontespizio: ALLI SIGNORI MUSICI DI ROMA MADRIGALI A CINQUE VOCI DI ACHILLE FALCONE Musico & Accademico Cosentino Maestro di Cappella di Caltagirone, con alcune opere fatte All’impronto à competenza, con Sebastiano Ravalle Fra Capellano di Malta, e Maestro della Cappella Reale di Palermo, con una narratione come veramente il fatto seguisse. Nuovamente, dati in luce [simbolo] 116 Falcone 1603 (Privitera 2000). Privitera 2000. 118 Falcone 1603, 1. 119 Privitera 2000, xviii. 117 40 IN VENETIA Appresso Giacomo Vincenti. MDCIII. Nella pubblicazione troviamo 16 madrigali, 3 mottetti, 4 canoni e 2 ricercari di Falcone, 2 madrigali, 2 mottetti, un canone ed un ricercare di Raval120. I due ricercari di Falcone, stampati in libri parte e senza specifica destinazione strumentale, denotano una notevole perizia contrappuntistica. 1. x x x x Ricercata d’Achille Falcone di quattro fughe d’accordo dove veramente appareno, come si vede le qui sotto resolutioni, a competenza della suddetta di Ravale. E’ la risposta di Falcone alla prima Ricercata pubblicata nel 1596 da Raval. Analogamente al ricercare dello spagnolo, è nel primo modo trasportato una quarta sopra per b molle. Le quattro fughe sono scambiabili in tutte le voci nelle quattro risoluzioni. Resolutione prima. Come sta. Il primo soggetto appare al Canto (chiave di Soprano), il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso (chiave di Baritono), il terzo soggetto appare alla battuta 5 all’Alto (chiave di Contralto), il quarto soggetto appare alla battuta 6 al Tenore (chiave di Tenore). Resolutione seconda. Il primo soggetto appare al Basso (chiave di Tenore), il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Violino), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Tenore (chiave di Contralto), il quarto soggetto appare alla battuta 6 all’Alto (chiave di Contralto). Resolutione terza. Il primo soggetto appare all’Alto (chiave di Soprano), il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Tenore (chiave di Mezzosoprano), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto (chiave di Violino), il quarto soggetto appare alla battuta 6 al Basso (chiave di Tenore). Resolutione quarta. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Tenore), il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Mezzosoprano), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Basso (chiave di Basso), il quarto soggetto appare alla battuta 6 all’Alto (chiave di Contralto). E’ assente dallo sviluppo l’aggravamento dei soggetti mentre si riscontra con più facilità la diminuzione e la modifica dell’incipit; il secondo soggetto viene presentato una sola volta in inversione. Le entrate in stretto iniziano a partire dalla battuta 10 e si susseguono fino alla cadenza conclusiva: non c’è una sola battuta in tutto il ricercare senza un tema esposto almeno in una delle quattro voci. Il Ricercare è lungo 44 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. 2. Ricercata d’Achille di quattro fughe; si canta in più modi come appare per le due risoluzioni. Anche questo ricercare è nel primo modo trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Tenore), il secondo soggetto appare alla 120 Primo ricercare di Raval analizzato in Cap 2.2., 36. 41 battuta 3 all’Alto (chiave di Contralto), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto (chiave di Soprano), il quarto soggetto appare alla battuta 7 al Basso (chiave di Basso). Falcone presenta altre due risoluzioni: x x Resolutione prima. Il primo soggetto appare al Tenore (chiave di Mezzosoprano), il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto (chiave di Soprano), il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Basso (chiave di Tenore), il quarto soggetto appare alla battuta 6 all’Alto (chiave di Soprano). Resolutione seconda. Il primo soggetto appare al Basso (chiave di Tenore), il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Tenore (chiave di Contralto), il terzo soggetto appare alla battuta 5 all’Alto (chiave di Soprano), il quarto soggetto appare alla battuta 6 al Canto (chiave di Violino). E’ assente dallo sviluppo l’aggravamento, la diminuzione e l’inversione dei soggetti, si riscontra la modifica dell’incipit. Le entrate in stretto iniziano molto presto a partire dalla battuta 7: le entrate tematiche sono ancora più fitte del precedente ricercare ed anche qui non c’è una sola battuta senza un tema esposto almeno in una delle quattro voci. La cadenza finale è ottenuta con l’entrata simultanea dei quattro soggetti. Il Ricercare è lungo 48 battute di brevi e l’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato. 42 3. IL TRENTENNIO D’ORO A NAPOLI (1586/1618) Negli anni compresi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, l’attività musicale, nel Regno di Napoli, vive un periodo di grande fermento. Nella storiografia musicale l’immagine corrente del madrigale napoletano s’incentra sulla figura preminente del principe Carlo Gesualdo, animatore – oltre che compositore in proprio – di un’attività musicale intensa in Napoli, nei suoi feudi e addirittura fuori dei confini del Regno. Le ricerche in corso vanno però mettendo in luce anche la ricchezza e fertilità di un retroterra madrigalistico locale che annovera compositori di grande statura, come Giovanni de Macque, Scipione Dentice, Giovan Domenico Montella, Pomponio Nenna, non tutti e non sempre legati alla corte gesualdiana. Se poi si estende lo sguardo al di là dei fatti compositivi, salta altresì all’occhio l’intensissimo – seppur breve – rigoglio dell’editoria musicale napoletana nell’arco che va dagli anni ’90 del Cinque agli anni ’20 del Seicento.121 Nella prima metà del XVI secolo, i compositori napoletani pubblicavano i loro madrigali, il genere musicale più diffuso in Italia, a Venezia o a Roma; l’editoria napoletana, invece, stampava pochissimi libri e “tutti caratterizzati da qualche prerogativa di eccezionalità”122. Nel 1536 si pubblica a Napoli l’Intavolatura de viola overo lauto di Francesco da Milano e, nel 1537, le Canzone villanesche alla napolitana, prima pubblicazione in Italia di questo genere musicale. Negli anni ’70 troviamo le musiche strumentali di Rodio e Valente123, genere musicale che nel resto d’Italia risulta minoritario rispetto alla musica sacra vocale e al madrigale. Salta all’occhio che l’editoria musicale napoletana si impossessa soltanto a partire dal 1591 – ossia molto, molto tardi – del genere musicale più in voga non soltanto in Italia bensì anche già allora nella stessa Napoli: il madrigale.124 Nel 1586 si trasferisce a Napoli il grande musicista fiammingo Giovanni de Macque125 il quale entra subito nella cerchia dei Gesualdo di Venosa. Il Macque napoletano è il grande maestro del madrigale meridionale: egli condensa e chiude la storia del madrigale in una summa straordinariamente equilibrata, ubertosa, perspicua, riccamente intessuta d’ogni artificio, al colmo dell’efficacia espressiva e rappresentativa, in classica perfezione formale, limpida ma densissima.126 Le opere per tastiera di Macque, poche se paragonate alla vasta produzione madrigalistica, sono un punto di svolta nella composizione strumentale napoletana: sono ormai lontane le regole contrappuntistiche rinascimentali dei ricercari di Rocco Rodio e le diminuzioni e variazioni su “tenori” di Antonio Valente modellate sugli esempi del Trattado di Ortiz. Giovanni de Macque stupisce i suoi contemporanei con sperimentazioni armoniche, impiega una nuova terminologia (durezze, ligature, stravaganze) per rendere esplicita la dirompente novità delle armonie dissonanti, scrive toccate che sono un felice equilibrio tra improvvisazione e chiarezza formale, elabora un nuovo criterio nella successione delle “partite sopra tenori”, dona veste nuova allo 121 Pompilio 1983, 79. Ibidem, 91. 123 Vedi Cap. 1., 1.1 e 1.2. 124 Pompilio 1983, 91. 125 Vedi Cap. 3.1. 126 Carapezza 1987, 22. 122 43 sviluppo motivico delle canzoni e dei capricci, si cimenta, primo in area napoletana, nella composizione di un ciclo di ricercari sui dodici toni. Il legame tra Giovanni de Macque ed i principi di Venosa è di fondamentale importanza per l’affermazione artistica del musicista fiammingo: Fabrizio aveva creato un circolo intellettuale e teneva al suo servizio valenti musicisti fra cui Giovanni de Macque; Carlo, figlio di Fabrizio, mantenne ed alimentò il circolo dei musicisti che si pose come punto di riferimento per la città di Napoli. Giovanni de Macque ebbe la possibilità di dedicarsi interamente alla musica senza altre preoccupazioni127, sperimentando soluzioni musicali nuove e confrontandosi con altri musicisti128: le condizioni più propizie per sviluppare l’arte musicale. Nel lodare l’alto livello musicale raggiunto a Napoli, nel 1601 Scipione Cerreto scriveva che129 […] Tutto mi par che oggi si scorga nell’Illustrissimo Signor Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa, Nipote dell’Illustrissimo e Reverendissimo Cardinal Alfonso Gesualdo, al presente Arcivescovo di Napoli. Oltre che questo Signore è raro Sonatore di molti Stromenti, del Liuto ha passato il segno, e della Compositione non è meno degli altri Compositori eccellente, per havervi lui ritrovate nove invenzioni di componimenti, ornandoli di bei pensieri, e capricci, che forse danno meraviglia a tutti i Musici e Cantori del mondo, lasciando da parte l’altre sue rare virtù. A questo Principe di più non basta che si diletti della Musica, ma ancora per suo gusto & intertenimento tiene in sua Corte, a sue spese, molti Compositori, Sonatori e Cantori eccellenti […] Cerreto loda le qualità musicali di Carlo Gesualdo descrivendolo liutista impareggiabile, molto bravo con altri strumenti e compositore non inferiore ai migliori allora viventi. Sono pervenuti ai nostri giorni sei libri di madrigali mentre è quasi sconosciuta la sua musica strumentale: conosciamo solo una gagliarda copiata in un manoscritto custodito nella biblioteca del Conservatorio di Musica di Napoli (I-Nc, ms. 4.6.3.) e la Canzon francese del Principe del manoscritto “Rossi” (British Museum, ms. Add. 30491)130; compose tre ricercari inclusi nella raccolta di Giovanni de Macque del 1586, di cui è rimasta, mutila, solo la parte del Tenore131. Sono pochissimi esempi “di un repertorio che a Gesualdo doveva parere meccanico artigianato indegno degli onori della stampa”132 Tra il 1594 e il 1596, Carlo Gesualdo visse a Ferrara in seguito alle nozze con Eleonora d’Este. Ferrara era una città con solidissime tradizioni musicali133; il principe andò accompagnato dal liutista Fabrizio Fillimarino e dall’organista e compositore Scipione Stella134. A Ferrara conobbe Luzzasco Luzzaschi, uno dei pochi compositori di cui Carlo Gesualdo nutriva una sincera ammirazione; oltre ad aspetti concernenti la composizione madrigalistica, i musicisti napoletani si saranno confrontati sul campo della musica strumentale con Luzzaschi e, forse, con il suo giovane allievo, Girolamo 127 Vedi Cap. 3.1., 53. Il manoscritto “Rossi” (Cap. 3.2), in cui sono rappresentati musicisti appartenenti alla cerchia di Carlo Gesualdo, può darci un’idea della temperie musicale che c’era all’interno del circolo. 129 Cerreto 1601, 155. 130 Nel manoscritto “Rossi” figurano opere strumentali di alcuni musicisti appartenenti al circolo di Carlo Gesualdo. Vedi Cap. 3.2. 131 Vedi Cap. 3.1., 60. 132 Misuraca 2000, 136. 133 A Ferrara avevano soggiornato, fra gli altri, Josquin Desprez, Jacob Obrecht, Antoin Brumel, Adrian Willaert, Cipriano de Rore, Orlando di Lasso, Luca Marenzio. (Watkins 1973, 37). 134 Ibidem, 43. 128 44 Frescobaldi135. Luzzaschi era l’unico a saper sonare l’archicembalo, costruito qualche decennio prima da Nicola Vicentino, strumento con l’ottava divisa in 31 tasti su cui era possibile effettuare trasporti in tutte le tonalità diatoniche, cromatiche ed enarmoniche. Il cronista Agostino Faustini scrisse che nel 1594 […] fù a Ferrara il Signor Don Carlo Gesualdo Principe di Venosa, per isposar la Signora Donna Leonora d’Este, Sorella del Signor D. Cesare, per occasione della cui venuta tutti li Musici, & in particolar, quelli del Duca ebbero occasione di mostrare il loro valore, essendo che quel Principe, era intendentissimo di quella nobilissima facoltà proporzionata solo agli animi nobili; onde frà tutti, ch’egli udì, lodò particolarmente il Sig. Luzzasco dè Luzzaschi Organista, per l’esquisita sua maniera di suonare, & per certo strumento Inarmonico, che suonando gli fè udire.136 Gli anni ferraresi di Carlo Gesualdo servirono da stimolo alle sperimentazioni armoniche dei compositori napoletani della prima metà del XVII secolo. Proprio Scipione Stella, ritornato a Napoli, si impegnò nello studio degli strumenti enarmonici facendo costruire un “tricembalo” ed un “pentaorgano”. Nel 1618 si stampa a Napoli il trattato teorico La Sambuca Lincea, unica opera musicale di Fabio Colonna, scienziato e botanico napoletano nato nel 1567 e morto nel 1640137. Il trattato è dedicato alla descrizione di un clavicordo enarmonico di sua invenzione, la “sambuca lincea”, che aveva 31 tasti per ottava distribuiti su sei ordini per accordare lo strumento secondo il “sistema ciclico 31”138. Lo strumento fu realizzato da Francesco Beghini, organaro e cembalaro lucchese trapiantato a Napoli.139 Fig. 3.1: cerchio armonico relativo al sistema ciclico 31, con il quale era accordata la “sambuca lincea” (note all’esterno); all’interno le note corrispondenti del nostro moderno temperamento equabile (= sistema ciclico 12). (Barbieri 1987, 170) Colonna dichiara nel trattato di aver iniziato lo studio della teoria enarmonica dietro invito di Padre Stella il quale, invece, lo accuserà di aver plagiato i suoi “tricembalo” e “pentaorgano”140. Nel trattato di Colonna appaiono i disegni delle 135 Girolamo Frescobaldi nacque a Ferrara nel 1583; poté, quindi, incontrare appena adolescente Carlo Gesualdo ed i musicisti al suo seguito. 136 Faustini 1646, 90. 137 Barbieri 1987, 167. 138 Barbieri 1983, 158. 139 Nocerino 1998, 88. 140 Barbieri, 1987, 204-208. 45 tastiere della “sambuca lincea” e del “tricembalo”: il cembalo enarmonico di Padre Stella aveva 52 tasti per ottava distribuiti in otto ordini, due in più della sambuca. Fig. 3.2.: tastiere enarmoniche della „Sambuca Lincea“ di Fabio Colonna e del „Tricembalo“ di Padre Stella. Da Colonna 1618, 72. Fabio Colonna prevede tre impieghi per il suo strumento: contrappunti in consonanza basati sugli antichi generi greci, possibilità di effettuare “strisciate di voce” per quinti di tono, composizioni circolanti per i 31 gradi della scala. Tutto ciò viene supportato da esempi musicali composti da Ascanio Mayone141. Il Colonna tentò pure di convincere papa Paolo V, invano, a realizzare un suo arciorgano nella basilica di San Pietro in Roma.142 Verso la metà del Seicento, il “ciclo 31” aveva raggiunto una certa diffusione in molte città italiane. Nel 1640 Giovan Battista Doni scrive che di strumenti […] di quattro, di sei, e sino d’otto [tastature] ne sono stati fatti; della qual sorte intendo trovarsene in Ferrara, in Napoli, & in Messina.143 Nella prima metà del XVII secolo operava a Napoli il pittore bolognese Domenico Zampieri, detto il Domenichino. Ecco cosa scrive al pittore Francesco Albani144: In questi ultimi tempi, per necessità, non havendo alcuna conversatione, ne divertimento, casualmente mi diedi un poco di diletto alla musica, e per udirne, mi posi à fare istrumenti, & ho fatto un liuto, & un cembalo, & ora faccio fare un arpa con tutti li suoi generi Diatonico, Cromatico, & Enarmonico: cosa non più stata fatta, né inventata. Mà perche è cosa nuova alli musici del secolo nostro, non ho potuto per anco farli sonare. Mi rincresce non sia vivo il Signor Alessandro [Piccinini], il quale disse ch’io non haverei fatto cosa alcuna, mentre il Luzzasco ne havea fatto prova. Qui in Napoli vi è stato il 141 Vedi. Cap. 3.3,.. Doni 1647, 32-33. 143 Doni 1640, 68-70, cit. in Barbieri 1983, 179. 144 Riportata in Barbieri 1987, 209. 142 46 Principe di Venosa, e lo Stella de’primi musici, e non l’hanno potuto ritrovare: se verrò alla patria, voglio fare un organo in questa maniera. Napoli li 7. Decemb. 1638. Carlo Gesualdo di Venosa e Scipione Stella vengono indicati come i maggiori esperti di strumenti enarmonici. Il Domenichino aveva già manifestato il suo interesse per gli strumenti enarmonici raffigurando, verso il 1617, re David145 che suona un arpa a tre ordini. Nella tradizione musicale napoletana l’arpa è interscambiabile con le tastiere: […] il retroterra culturale di questa tradizione è costituito dal repertorio iberico, in cui si ritrovano fin dalla seconda metà del XVI secolo stampe di musiche per “vihuela, arpa y tecla”. Per tutta la prima metà del Seicento tale tradizione si perpetua, e anzi s’amplifica, in Spagna e in Portogallo. Verso il 1633 la cappella reale di Filippo IV a Madrid impiegava almeno quattro arpisti, tra i quali l’italiano Bartolomeo Jobenardi. Benché manchino del tutto studi sul repertorio arpistico del Seicento, un rapido esame dei cataloghi spagnoli rivela che l’arpa era comunemente usata, per realizzare il basso continuo, anche nella produzione sacra iberica.146 Arpisti erano stipendiati nella Real Cappella di Napoli ma anche presso i Filippini, l’Annunziata e la Cappella del Tesoro di San Gennaro in duomo. Mayone, Trabaci e Strozzi147 destinano dei brani all’arpa, molti dei musicisti inclusi nel manoscritto “Rossi” erano arpisti di chiara fama148. […] quando ancora Luigi Rossi studiava a Napoli (si dice, con il celebre Jean de Macque, maestro fino al 1614 della Real Cappella), un altro napoletano era giunto a Roma verso il 1613 richiesto al servizio del più melomane dei cardinali, il Montalto. Si trattava di Orazio Michi, che sarebbe ben presto divenuto l’arpista più famoso del secolo, conosciuto come “Orazio dell’arpa”. Con questo straordinario virtuoso, morto nel 1614, s’apre una nuova fase nella storia dello strumento che, per una complicazione organologica, è chiamato adesso ‘arpa tripla’.149 Le arpe a due o a tre ordini avevano le stesse note rispettivamente del “cimbalo cromatico” e dell’archicembalo; l’arpa a tre ordini sarebbe un’invenzione di un napoletano: La Harpe à trois rangs a esté inventeé il y a trente ou quarante ans par le sieur Luc Anthoine Eustache Gentilhomme Neapolitain, & Chambrier du Pape Paul V; & que le sieur Horace Michi a mis cet instrument à sa perfection, dont il ioue treexcellentement.150 Le prime composizione esplicitamente composte per l’arpa vengono pubblicate a Napoli nel 1609 e 1615 rispettivamente da Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci, i due maggiori allievi di Giovanni de Macque: si tratta di pochi brani inseriti in raccolte dedicate prevalentemente all’organo o al clavicembalo, ma significativi per la scrittura fortemente idiomatica151. 145 Il quadro è attualmente conservato a Parigi, presso il museo del Louvre. Fabris 1986, 222. 147 Vedi rispettivamente Capp. 3.3, 3.4 e 5.3. 148 Vedi Cap. 3.2. 149 Ibidem, 219. 150 Marin Mersenne 1636, cit. in Durante-Martellotti 1982, 79. 151 L’abilità di Mayone all’arpa, oltre che all’organo, viene attestata da Scipione Cerreto (1601, 156-158). Cfr. Capp. 3.3. e 3.4. 146 47 Le vite di Mayone e Trabaci sono fortemente intrecciate: hanno, infatti, il grande maestro in comune, assumono quasi contemporanei gli incarichi presso la cappella dell’Annunziata e, in seguito, presso la Real Cappella con Trabaci in posizione preminente152. Entrambi pubblicano opere caratterizzate da grande virtuosismo ed estrosità; Giovanni de Macque è il modello indiscusso delle toccate, delle canzoni alla francese e delle partite sopra tenori ma i due allievi ne amplificano il linguaggio. Willy Apel153 descrive Mayone come […] un musicista dal temperamento focoso e veramente meridionale, la cui immaginazione vivace e tendente al fantastico lo predestinò ad afferrare le nuove idee del suo tempo ed a realizzarle in modo originale. Perciò egli gioca nel campo della musica per tastiera un ruolo simile a quello di Gesualdo nel madrigale. Tuttavia si potrebbe dire che la sua creatività era sotto un stella più fortunata di quella di principe di Venosa. Mentre Gesualdo rappresenta un’apparizione del tutto unica, la cui forza cessò con lui, Mayone trovò un compagno di lotta in Trabaci […] Trabaci fa stampare cicli completi di ricercari e di versi in tutti i toni accompagnandoli con chiose e dotte citazioni, richiamando l’attenzione dei lettori con una tavola dei passi et delle cose più notabile154. Trabaci dunque mette sempre in evidenza – per orgoglio di erudito, per premura di insegnante o per i due motivi insieme – i particolari mezzi contrappuntistici che egli mette in pratica nei suoi ricercari. Con ciò offre all’osservatore moderno un panorama particolarmente prezioso del mondo delle sue idee e della sua tecnica compositiva.155 Un altro strumento interscambiabile con le tastiere, sempre per tradizione iberica, era il liuto: non c’era cappella musicale napoletana di un certo rango che non avesse liutisti nell’organico. Il “sonatore di liuto” era considerato un musicista importante e, al pari dell’organista, aveva grande competenza musicale e si dedicava alla composizione. Abbiamo già scritto dell’abilità di Carlo Gesualdo al liuto; Scipione Cerreto, liutista e compositore, pubblicò nel 1601 il trattato Della pratica musica vocale, et estrumentale156 e il liutista e compositore Andrea Falconieri assunse nel 1647 l’incarico di maestro della Real Cappella, il più prestigioso incarico musicale a Napoli. Il trattato di Cerreto è una ben riuscita sintesi tra teoria e pratica. La distribuzione della materia è ben organizzata: dalle nozioni generali del primo libro (definizione della musica, esplicazione degli intervalli), si passa ai modi157 ed alla salmodia del canto fermo del secondo libro, il terzo libro tratta degli aspetti ritmici e dei generi diatonico, cromatico ed enarmonico, il quarto, infine, delle regole del contrappunto, dei canoni e delle intavolature. Il terzo libro è introdotto da un elenco dei nomi de i musici napoletani e compatrioti, che sono stati in questa città di Napoli dall’Anno 1500, infino al dì d’oggi158; nel quarto libro, infine, oltre ad esempi di contrappunto su canti dati - uno dei quali sopra la Bascia di Costantio Festa (pag. 293) - e la esplicazione con esempi 152 Troviamo Trabaci, nel 1602, primo organista della Real Cappella con Mayone secondo organista; quando Trabaci assumerà la direzione della cappella, nel 1614, Mayone diventerà il primo organista. 153 Apel 1972, 643. 154 Trabaci 1615. 155 Apel 1972, 646. 156 Cerreto 1601. 157 A tal proposito Cerreto sostiene che […] essendo nella nostra Pratica Musica solamente sette le spezie del Diapason, le quale son divise in quattro Diapente e tre Diaressaron, per vera considerazione dovremo credere, che non possono essere altro che otto i Modi e non dodici […] il Nono, Decimo, undecimo e Duodecimo (sono) formati con le prime Diapente, e Diatessaron, con le quali si sono l’istessi primi otto Modi moderni…(pag. 96 ). 158 Vedi volume II, tavola n.°1. 48 pratici dell’intavolatura di liuto, vi è una dettagliata descrizione dell’accordatura del liuto ad otto ordini, della chitarra a sette corde, della lira e della viola da gamba159. In merito a quest’ultima, Cerreto scrive che […] è da sapere, che la Viola da Gamba, da altri detta Viola d’Arco è uno strumento nel quale si ritrova l’istessa perfettione, come à quella, che habbiamo veduto nel liuto, non solo per causa della cosa da tastare, & che in una corda stesa si possa inacutire & ingravire (sic) il suono per qualsivoglia intervallo, benche minimo, & insolido (sic), ma anco sonandosi da periti Sonatori quattro, ò cinque Viole insieme, non è dubbio, che essendo ben tocche, che tal suono rende all’orecchie dell’uditori una perfetta, e soave armonia, lo che non fa tanto effetto sonandosi qualsivoglia Cantilena à quattro, ò à cinque da Perito Sonatore di qualsivoglia Strumento per perfetto che sia.160 Per Cerreto, quindi, il “concerto di viole” è la miglior formazione strumentale possibile. Nel 1615 Trabaci sosterrà, invece, che il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del mondo, & in lei si possono sonare ogni cosa con facilità161. E’ nel Seicento che a Napoli l’arte di costruire clavicembali, spinette, virginali e clavicordi, raggiunse un ampio sviluppo ed un alto grado di raffinatezza tecnica ed artistica. Alcuni strumenti, in particolare le spinette rettangolari, “virginali”, sembrano avere caratteristiche organologiche peculiari di una tradizione locale consolidata, presentando, ad esempio, il somiere e le caviglie sulla parte posteriore sinistra rispetto a chi suona, l’attacco delle corde a destra, la tastiera semisporgente. Pietro Cerone162 puntualizza nel suo trattato163 che Adviertan el Compositor y el Maestro de Capilla que no ay instrumento que tenga ensi mas voces de los Clavicembalos, Organos, y Regales, quando son hechos con entera tastadura, o juego de Monochordio. Los quales instrumentos, tuviendo todos una mesma orden y division, nombrarse han debaxo del nombre de Clavicembalo; no como in strumento mayor ò mas noble, mas como aquel que se alarga mas en las vocez, tuviendo por ordinario cinquenta trastes.164 Il privilegio del clavicembalo consiste, quindi, nella maggiore estensione della sua tastiera. L’organo, il clavicordo e l’arpa avevano una tessitura compresa tra il Do1 e il Do5 (45 note con la prima ottava corta165), il clavicembalo poteva scendere fino al Sol-1 (50 note con la prima ottava corta). Gli strumenti musicali sono descritti nel libro ventunesimo del Melopeo, En el qual se tracta en particolar de los conciertos, y conveniencia de los instrumentos musicales; y de su temple166. 159 Vedi volume II, tavola n.°4. Cerreto 1601, 329. 161 Trabaci 1615, 117; vedi Cap. 3.4. 162 Pietro Cerone nacque a Bergamo, molto probabilmente nel 1561; nel 1592 si trasferì in Spagna , quindi a Napoli dove, nel 1609, risulta cantore presso la chiesa dell’Annunziata; passò poi alla real cappella come tenore, sotto la guida di Giovanni Maria Trabaci. Morì a Napoli nel 1625 (Cfr. F. ALBERTO GALLO, Introduzione all’edizione anastatico del Melopeo y maestro, Bologna, Forni, 1969) 163 Cerone 1613. 164 Ibidem, 1041. Il corsivo è nell’originale. 165 Tessitura presa a modello da Antonio Valente nell’Intavolatura de cimbalo del 1576. Vedi Fig. 1.3.2. 166 Cerone 1613, 1037. 160 49 Cerone descrive l’accordatura dell’arpa diatonica, della “Cythara o Citola”, del liuto, della viola da braccio e del violone167. Il clavicembalo, con la sua grande estensione, era probabilmente impiegato nelle grandi formazioni strumentali delle cappelle musicali, mentre per l’uso domestico erano privilegiati i clavicordi, le spinette traverse ed i virginali; essi avevano l’estensione Do 1 – Do 5 (con prima ottava corta), proprio come gli organi168: tutte le musiche composte nel regno di Napoli nel secolo XVII rientrano in questa estensione. Lo studio degli organi seicenteschi napoletani risulta difficoltoso perché sono stati modificati o ricostruiti nei secoli successivi; gli atti notarili sono, quindi, le fonti per ricostruire la tipologia comune degli organi. La fonica più ricorrente degli organi secenteschi è: Principale, VIII, XV, XIX, XXII, XXVI, XXIX, XXXIIII, XXXVI; la Voce Umana compare intorno alla metà dei XVII secolo; i registri da concerto sono rappresentati dai Flauti (4 piedi e in XII). Il Flauto 4’ compare presto negli organi napoletani: Nel compromesso del 22 giugno 1505, fra gli organari Giovanni Mormanno e Giovanni Mattia, di Napoli, e i procuratori della chiesa di santo Eligio è scritto, fra l’altro, di costruire l’organo […] cum octo registris et cum frautis […].169 Durante secoli di dominazione straniera […] hanno prestato servizio a corte o nelle cappelle palatine, organari ed organisti francesi, fiamminghi, tedeschi, soprattutto spagnoli. Ora, è da supporsi che questi artisti fossero informati della situazione e dello sviluppo dell’organaria nei loro paesi d’origine o provenienza: non poterono, non vollero, (o provarono e non ottennero) stimolare gli artigiani locali a moltiplicare i registri, a raddoppiare i manuali, a prolungare e sviluppare la pedaliera con relativa basseria? Pare che ciò non sia accaduto.170 Così come le figura dell’organista e del clavicembalista non erano differenziate, tanti organari sono documentati anche come cembalari. Ecco un elenco dei più importanti171: 1. Beghini Francesco, Lucchese trapiantato a Napoli, fu il costruttore della “sambuca lincea” ideata da Fabio Colonna. 2. De Stefanellis Giovannantonio, la cui attività è documentata già dal 1557. 3. Fabri Alessandro, visse a Napoli tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600. 4. Guarracino Onofrio, il cembalaro partenopeo più noto; sono conservate molte spinette rettangolari (virginali) e traverse (all’italiana). Si conosce un solo clavicembalo del 1651. Nacque a Napoli tra il 1627 e il 1628; la sua attività è documentata fino al 1698. 5. Molinaro Giulio Cesare, morto di peste nel 1656; fu cembalaro della Real Cappella di Napoli (Falconieri) mentre organaro era Carlo Sicola. 6. Noci Crisostomo; nel 1603 costruì l’organo di San Paolo Maggiore sotto la guida di Scipione Stella. 7. Pellegrino Filippo, “organaro y cimbalaro” della Real Cappella dal 20 dicembre 1658. 8. Pesce Giuseppe, collaboratore od apprendista di Alessandro Fabri nel 1595. 9. Sicola Carlo, “organaro e cembalaro assunto nel maggio 1641 dalla Real Cappella per la manutenzione dell’organo, in luogo di Pietro de Biase; morì di peste nel 1656. 167 Vedi volume II, tavola n.°4. La presenza della pedaliera, accoppiata alle prime otto note della tastiera, non allargava l’estensione complessiva degli organi. 169 Romano 1979, 41. 170 Ibidem, 23. 171 Da Nocerino 1998, 88-102. 168 50 3.1 GIOVANNI DE MACQUE Giovanni de Macque nacque a Valenciennes172, nell’Hainaut, Belgio, prima del 1550 . Scipione Cerreto174 lo cita tra i compositori eccellenti della Città di Napoli, che oggi vivono come “Gioan di Macque” e tra i sonatori eccellenti d’Organo della Città di Napoli, che oggi vivono come “Gioan De Macque”; Pietro Cerone175 lo chiama Juan de Macque ma anche Juan de Maque. Sul frontespizio del suo “Libro di Mottetti” del 1596176 viene chiamato Joannis Macque, sul suo contratto di matrimonio177 viene scritto " Io Giovanni Macque". Van der Straeten, nel suo lavoro " La Musique aux Pays-Bas " (1878)178, vede nel nome Macque o De Macque una corruzione italiana del cognome Maecht, De Maecht, De Maeche o Demaecke, nomi molto diffusi nei secoli XVI e XVII nel Brabante e nelle attuali Fiandre orientali. Si deve anche notare che nella parte meridionale dell’attuale Hainaut, esiste un comune denominato Macquenoise, situato sull'Oise; il nome De Macque potrebbe significare " originario di Macque ". Valenciennes, inoltre, appartiene alla stessa provincia di Macquenoise. Venuto in Italia, de Macque si stabilì a Roma: 173 […] Giacché il Macque nel 1576 si qualifica discepolo di Filippo di Monte179 si deve supporre che egli si trasferì in Italia, dove, verosimilmente a Roma, maestro e allievo si sarebbero incontrati. Intorno al 1568 de Macque diventò organista a S. Luigi dei Francesi, dove sembra essere rimasto fino al suo passaggio a Napoli. […] A giudicare dalle sue pubblicazioni, de Macque ebbe un ruolo importante nei circoli avanguardistici della vita musicale romana. Presso il conte Scipione Gonzaga avrà incontrato Luca Marenzio, il Palestrina, Annibale Zoilo, Gio. Bernardino e Gio. Maria Nanino, Annibale Stabile, Francesco Soriano, Gio. Andrea Dragoni, Gio. Battista Boscaglia, Ruggiero Giovanelli e Felice Anerio, membri della “Virtuosa compagnia dei Musicisti”, […]Nel novembre del 1586 egli dedica al napoletano Scipione Pignatello il suo primo libro di madrigali a 4 voci180. Entra al servizio del principe Fabrizio Gesualdo da Venosa, padre del compositore Carlo, nell’accademia del quale, a detta del Cerreto181, s’incontravano 182 musicisti, poeti, teorici e filosofi. Il Secondo Libro De Madrigali a Sei Voci183 è dedicato All’Illustrissimo Et Eccellentissimo Sig. Mio, Et Patrone Osservandissimo, Il Sig. Don Fabritio Gesualdo Principe di Venosa184 172 In una lettera del 1589 (pubblicata in Lippman 1978, 269-271) Giovanni de Macque chiede, tra l’altro, come potere indrizzare lettere a Valencene che è la città ove son nato. 173 Burns 1653, 167; Piscaer 1938, xxvi. 174 Cerreto 1601, 156-157. 175 Cerone 1613, 89 e segg. 176 De Macque 1596. Nel frontespizio vi è anche la conferma del luogo di nascita: Joannis Macque, Valentinatis Belgae. 177 Prota-Giurleo 1930, cit. in Piscaer 1938, xxvi. Nel contratto di matrimonio vi è un ulteriore conferma del luogo di nascita: fiammingo della Citta di Valencena. 178 Cit. in Piscaer 1938, xxvi. 179 Nel frontespizio del suo Primo Libro de Madrigali A sei Voci del 1576 (Lippman 1978, 244). Cfr anche nota 33 del Cap. 1.2. 180 De Macque 1586b. 181 Cerreto impiega il termine “accademia” riferendosi all’intera città di Napoli e non solo al circolo del principe di Venosa. Vedi Cerreto 1601, 155. 182 Clercx-Lejeune 1960, cit. in Lippman 1978, 244-245. 183 De Macque 1589. 184 Lippmann 1978, 245. 51 Alcune vicende degli anni immediatamente successivi al trasferimento di Macque a Napoli sono ricostruibili dall’epistolario185 tra il musicista e Camillo Norimberghi, suo amico, al servizio della famiglia romana dei Caetani186. Giovanni de Macque appare molto contento di vivere nella cerchia musicale di don Fabrizio Gesualdo187 ma, al tempo stesso, è lusingato dall’ipotesi di altri incarichi: […] io era aspettato in Spagna con gran devozione et che quelli cantori fiamenghi della capella di Sua Maestà non volevano altro Organista di me […]188 Un’altra cappella musicale era in contatto col musicista fiammingo: […] ha da saper ch’io mi ritrovo al presente molto irresoluto nel terminare il corso de la vita mia, poi che se venisse in Sicilia la risoluzione di Spagna di un benefitio che aspetta il Maestro di Capella di quel Vice Re, io sarei subito chiamato in quel loco con 25 scudi il mese di provisione […]189 Nel 1585 Arrigo de Guzman Conte di Albadelista aveva preso possesso della carica di viceré del Regno di Sicilia e si era molto preoccupato di elevare il livello musicale della Real Cappella Palatina in Palermo convincendo Filippo II ad intervenire economicamente con un decreto sottoscritto a Madrid il 12 dicembre 1586; il 3 luglio 1587 questo decreto fu reso esecutivo in Palermo dal viceré190. A questa data era maestro di cappella il Canonico Don Luis Ruiz per 240 scudi annui ed il posto di organista era coperto da Bernardo Clavijo del Castillo191 per 185 scudi annui192. Evidentemente de Macque, intuendo il grande fermento che vi era a Palermo per il recente regio decreto, aspettava un aumento degli emolumenti per il maestro della cappella palermitana: ciò non avvenne, Don Luis Ruiz restò al suo posto fino alla sua morte, nel 1595, anno in cui subentrerà Sebastian Raval193. Il Macque ebbe comunque una documentata fama tra i musicisti di Sicilia: egli figura a conclusione dell’antologia “siciliana” di Gio. Pietro Flaccomio Le Risa A Vicenda (Venezia, Giacomo Vincenti 1598) con un madrigale anticipato del suo quarto libro a cinque voci; e nel 1606 Antonio Il Verso lo cita insieme al Luzzaschi, a Giovanni Gabrieli e a Giuseppe Guami come uno del sommi organisti d‘Italia nell’avvertimento “Ai Signori Organisti Musici” dei suoi Brevi Concerti…A 1. 2. 3. 4. 5. 6. 10. 12. Voci…Libro Secondo (Palermo, Gio. Battista Maringo)194 De Macque appare fortemente legato agli ambienti spagnoli: secondo Roland Jackson195, lo stile di Clavijo del Castillo, ricco di “falsas”, influenzò direttamente Giovanni de Macque e, conseguentemente, Giovanni Maria Trabaci196. 185 Ibidem, 252-279. De Macque dedicò a Camillo Caetani nel 1582 il Secondo Libro Di Madrigaletti Et Napoletane A Sei Voci. Cfr. Lipmann 1978, 248. 187 “Stando io qui commodissimamente non so so s’io lasciassi questo servitio per quello”, lettera del 31 gennaio 1586, in Lippmann 1978, 253. 188 Ibidem, 253.. 189 Lettera del 7 aprile 1589, in Lippmann 1978, 269. 190 Tiby 1952, 182. 191 Vedi Cap. 2.2, 52. 192 Tiby 1952, 182. 193 Tiby 1952, 185; vedi Cap. 2.2, 32. 194 Lippmann 1978, 278. 195 Jackson 1964, 269-270. 196 Cfr. Cap. 3.4. 186 52 Nella corrispondenza tra Macque e Norimberghi figurano anche lettere dedicatorie che si riferiscono alla stampa di Ricercate et Canzoni francese197, la prima opera datata da Napoli di Macque (primo Ottobrio 1586) di cui è rimasta, mutila, solo la parte del Tenore198. La perdita delle Ricercate et Canzoni francese comporta una grave lacuna sia nell’opera del Macque sia in quella di Carlo Gesualdo di Venosa. Nella lettera spedita dal Macque il 30 luglio 1586 vi è riportata la dedica del libro delle ricercate, scritta dal Macque ed elaborata da Peranda, segretario al servizio dei Caetani199: All’Ill.mo S.or mio et p(ad)rone oss.mo Il S.r Don Carlo Gesualdo. In questo libro di Ricercate, et Canzoni Francesi, opera uscita da me ne i servitij di V. S. Ill.ma tengono principal luogo tre Ricercate composte da Lei, le quali, presupposta la sua licenza, mando con altre mie alla stampa, non già perch’io non sia certo, ch’ella non desidera laude da cose simili, con tutto ch’in essa apparisca l’Eccellenza del suo ingegno; ma perché conosca che alli compagni ne venirà quella luce et quell’ornamento, che non hanno potuto ricevere alla mia imperfettione […] Con che le bascio humil.te le mani. Di Napoli alli 30 di luglio 1586 - . De Macque mostra di apprezzare l’elaborazione del Peranda ma aggiunge che […] parmi ch’io voglia inferire che detto S.or Don Carlo disprezzi la Musica et che non sia per compiacersi che quest’opere sue sieno laudate, il che è molto alieno da questo signore, poi che oltra che è gran amatore di questa scienza, è riuscito tanto perfetto in essa, che nel sonare di liuto et nel componere ha pochi pari […]200 De Macque è completamente a suo agio nel circolo di Carlo Gesualdo, condivide le sue giornate con Effrem, Fillimarino, Ippolito, Lambardo, Rinaldo e Stella: costoro sono rappresentati nel manoscritto, conservato al British Museum, copiato da Luigi Rossi201. Il clima creato da Carlo Gesualdo è molto propizio alla pratica musicale: lo stesso de Macque lo descrive nella stessa lettera del 30 luglio 1586: Nel resto S.or mio dolciss.° me ne sto fuora alegramte spendendo la magior parte del tempo a studiare sonando, componendo et legendo, siché li giorni passono ch’io non me n’aveggo, et tanto più per le solite amorevolezze ch’io ricevo giornalmente dal S.or Principe mio p(ad)rone. La dedica delle Ricercate et Canzoni francese del 1586, quindi, indicano in Don Carlo Gesualdo il Patrone osservadissimo ma tre anni dopo, nella dedica del Secondo libro De Madrigali, il Patrone osservandissimo è il padre di Carlo, Fabrizio Gesualdo di Venosa. Forse non c’era troppa demarcazione tra i protetti di Fabrizio e quelli di Carlo e, inoltre, l’espressione di Patrone era impiegata in Napoli con molta disinvoltura202. Le ultime lettere a Norimberghi, nel 1589, ci rivelano Macque molto indeciso circa il suo futuro: non disdegnerebbe affatto un ritorno a Roma ma al tempo stesso si sta sempre più affermando nell’ambiente napoletano. Nel 1590, l’anno dello scandalo di Carlo Gesualdo, diventa secondo organista all’Annunziata, nel 1592 sposa la facoltosa napoletana Isabella Tonto, nel 1594 diventa organista presso la Real Cappella di Napoli 197 Macque 1586a. Sartori 1973, 181-186. La parte del Tenore appartiene ad una collezione privata e non è attualmente consultabile. 199 Lippmann 1978, 262-263. 200 Ibidem. 201 Vedi Cap. 3.2. 202 Lippmann 1978, 277. 198 53 diventandone maestro di cappella nel 1599: il destino di Macque è ormai saldamente legato alla città partenopea fino al 1614, l’anno della sua morte.203 La musica strumentale di Giovanni de Macque è giunta ai nostri tramite le seguenti fonti: 1. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 48 (olim 61.4.11). Datazione: circa 1600. Manoscritto in intavolatura italiana per tastiera (due sistemi per pagina di 6+8 linee). 2. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 55 (olim 4.6.3), 1629 (4 libri parte)204. 3. Napoli, Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella: Ms. mus. str. 73 (olim 34.5.28.): Toccate per Organo di varj Autori. Miscellanea del Sig. Donato Cimino, 1675. Manoscritto in intavolatura italiana per tastiera (sistemi di 6+7 linee)205. 4. JOHANN WOLTZ, Nova Musices Organicae Tabulatura, Johann Jacob Genath, Basel 1617, Drittel Theil. (Intavolatura d’organo tedesca)206. 5. London, British Library, Ms Add. 30491: Libro di canzone francese del signor Gioanni Demaqque, 1617 (partitura)207. 6. London, British Library, Ms Add 23623: Gulielmus à Messaus, 1628 (intavolatura italiana di 6+6 righe)208. 7. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale: I-Fn, Magl. XIX. 106 bis. Manoscritto in tre sistemi di partitura a quattro, 1646-47209 8. Berlin, Staatsbibliothek: N. Mus. Ant.pract. 21. Manoscritto in intavolatura tedesca, 1616210. 9. Berlin, Staatsbibliothek: Mus. Ms. 12837. Manoscritto in partitura a tre, quattro e cinque voci, 1702211. 10. Berlin, Staatsbibliothek: Mus. Ms. 13320. Manoscritto in partitura a quattro voci, prima metà del XIX secolo212. 11. Wien, MinoritenKonvent, Klosterbibliothek und Archiv: 728. Manoscritto in partitura a quattro voci, 1722-23213. TOCCATE Intrata d’organo (Fonte 1.) E’ una “toccata avanti la messa”: l’esordio è affidato ad accordi arricchiti da fioriture; in dieci battute si ritorna al tono iniziale dopo una serie di passaggi cromatici. Dalla battuta 11 si delinea la struttura portante della toccata costituita da lunghi passaggi in semicrome alternativamente alla voce superiore ed inferiore mentre le restanti voci stanno ferme con accordi; i trilli, per la maggioranza comincianti dalla nota superiore, sono scritti sempre per esteso. Alla battuta 24 inizia un nuovo episodio con salti discendenti dapprima in semimine, poi in crome; dalla battuta 32 ritornano le fioriture che conducono al pedale di dominante che conclude il brano. Toccata a modo di trombette (Fonte 5.) 203 Prota Giurleo 1960, 186. Edizione moderna: Jackson 1978. 205 Vedi Cap. 5.2. 206 Ristampa anastatica in Forni, coll. “Biblioteca Musica Bononiensis”, Sezione IV, n.° 53, Bologna 1970. 207 Facs. Silbinger 1987a. Vedi Cap. 3.2. 208 Facs. Silbinger 1987b. 209 Ibidem. 210 Carideo 2002,vi. 211 Ibidem, viii. 212 Ibidem, ix-x. 213 Riedel 1963. 204 54 L’imitazione delle trombette è ottenuta con arpeggi su triadi perfette maggiori, con estensione massima di un’ottava: essa appare già nella prima battuta, seguono sei battute con “durezze e ligature”, altre otto battute piene di figurazioni libere e molto rapide. Tra la battuta 16 e 29 compare nuovamente l’imitazione delle trombette: tre voci stanno ferme in accordo ed una presenta il caratteristico arpeggio di otto crome per battuta. Fig. 3.1.1: Toccata a modo di trombette, battuta 15 Macque scrive che Qui è bisogno fermarsi un poco per ogni fin di battuta in sino à questo segno + L’ultima croma dell’arpeggio deve essere quindi un po’ più lunga delle altre ed il ritmo deve essere piuttosto libero. Il segno “+” compare alla battuta 30 che introduce una breve sezione di carattere toccatistico; gli arpeggi riprendono alla battuta 34 ma, questa volta, sono formati da sette crome ed una semiminima. Fig. 3.1.2.: Toccata a modo di trombette, battuta 34 Il ritmo è qui misurato e l’ultima nota è chiaramente più lunga delle altre. Questi passaggi creano delle difficoltà d’esecuzione per la notevole estensione tra voce grave ed acuta, risolvibile con l’aiuto della pedaliera dell’organo mentre al clavicembalo l’esecutore non ha altra possibilità che lasciare subito le semibrevi. Dalla battuta 45 fino alla fine ricompaiono le figurazioni libere molto rapide. PEZZI CON SPERIMENTAZIONI ARMONICHE Macque è stato un pioniere nella sperimentazione armonica, la terminologia da lui impiegata (durezze, ligature, stravaganze) è entrata nel vocabolario dei suoi discepoli. Sono giunti ai nostri giorni quattro brani contraddistinti da sperimentazioni armoniche: Consonanze stravaganti (Fonte 3.), Durezze, e ligature (Fonte 3.), Prime stravaganze (Fonte 5.), Seconde stravaganze (Fonte 5.). In essi vi si riscontrano leggere differenze formali che giustificano la diversità dei titoli. 55 Sia le Prime che le Seconde Stravaganze sono delle toccate che alternano passaggi accordali ricchi di cromatismi con rapide figurazioni toccatistiche. Il pezzo denominato Durezze e ligature è, invece, omoritmico ed è interamente fondato sulla preparazione e risoluzione delle dissonanze; Macque non eccede in cromatismi, le risoluzioni sono canoniche ma il centro d’attrazione tonale viene continuamente spostato e l’ascoltatore si ritrova privo di punti di riferimento finché non giunge alla cadenza finale. Consonanze stravaganti è formalmente molto simile al “Tiento” di tradizione spagnola: l’impianto è omofonico, le quattro voci si muovono con regolarità e simmetria, le fioriture, ben alternate tra le varie voci, movimentano con discrezione il flusso sonoro. Le armonie si succedono inizialmente con regolarità ma, poco a poco, le modulazioni diventano sempre più ardite, si toccano tonalità (Fa#) inconsuete, molto dure per i temperamenti dell’epoca. Fig. 3.1.3.: Consonanze stravaganti, batt. 25-27 CAPRICCI I quattro capricci di Macque non hanno una struttura formale unitaria: tra i compositori dell’area meridionale, il termine capriccio viene impiegato per composizioni brillanti in contrappunto imitato, simili alle canzoni alla francese, ma non legati ad una organizzazione formale precisa. Il Capriccio sopra un soggetto (Fonte 3.), articolato in tre sezioni, ha una struttura formale analoga ad una canzone francese. 1. Battute 1- 47, tempo C, breve soggetto di cinque semiminime; alla battuta 29, in corrispondenza con l’indicazione rivers., il soggetto viene presentato in inversione; alla battuta 42 il soggetto viene diminuito della metà. 2. Battute 47 – 56, tempo I3, soggetto inalterato melodicamente ma modificato al metro ternario 3. Battute 57 – 79, tempo C, soggetto in semiminime presentato contemporaneamente al suo inverso; dalla battuta 61 alla fine il soggetto viene esposto esclusivamente diminuito della metà senza inversioni. Il Capriccio sopra tre soggetti (Fonte 3.) è in sezione unica: l’esordio assomiglia all’esposizione di un ricercare col primo tema che appare in successione all’Alto, al Tenore, al Basso (variato) ed al Canto (variato); il secondo tema appare al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il terzo tema appare al Basso, al Canto, nuovamente al Basso ed all’Alto. Dalla battuta 12 i soggetti vengono diminuiti e in tal veste verranno ripresentati fino alla fine. Ci sono frequenti stretti e riesposizioni a coppia (vedi es.4). 56 Fig. 3.1.4.: Capriccio sopra tre soggetti, batt. 39 – 41. Nella cadenza conclusiva il secondo ed il terzo tema riappaiono nella veste originaria. Il Capriccio sopra re fa mi sol (Fonte 5.) è uno dei brani più complessi e virtuosistici che siano mai stati composti in Italia fino a tutto il XVII secolo. Il capriccio è un continuo alternare tra sezioni che espongono il tema e sezioni libere caratterizzate da rapide figurazioni. Il tema re fa mi sol appare alla prima battuta in tempo ternario affidato al tenore: Fig. 3.1.5.: Capriccio sopra re fa mi sol, batt. 1 -2. La linea melodica del Canto verrà sfruttata ampiamente nel corso del capriccio. La terza battuta presenta un’interessante figurazione al basso denominata sbalzo: Fig. 3.1.6.: Capriccio sopra re fa mi sol, batt. 3. Dalla battuta 4, l’indicazione metrica diventa quaternaria (tempo C), le riproposizioni del tema si trovano alle battute 24 – 26 e 37, a valori di semiminime con entrate in stretto. Dalla battuta 47 alla fine vi è un turbinoso flusso di semicrome alternativamente in ciascuna voce, mentre le altre stanno ferme in semibrevi: la struttura è chiaramente toccatistica. Il Capriccietto (Fonte 5.) è fondato su due soggetti molto marcati trattati in severo contrappunto imitato. 57 Fig. 3.1.7.: Capriccietto, batt. 1 – 2., primo soggetto. Es. Fig. 3.1.8.: Capriccietto, batt. 14, secondo soggetto. Il primo soggetto viene spesso sottoposto ad inversione, il secondo a modifiche nell’incipit; i due soggetti non vengono mai esposti contemporaneamente. Ciascuna delle tre cadenze del primo soggetto vengono sottolineate con passaggi toccatistici, la prima nello stile delle “durezze e ligature”, le altre due con rapide figurazioni in semicrome. CANZONI Le canzoni di Macque si presentano in gruppi abbastanza omogenei a seconda della fonte. Le quattro Canzoni alla Francese (Fonte 4.) dell’intavolatura tedesca di Johann Woltz sono tutte monotematiche ed in un’unica sezione in tempo imperfetto mediato; fa eccezione la terza che è divisa in tre sezioni (prima e terza in tempo perfetto mediato, seconda in tempo ternario). Queste canzoni esordiscono tutte col caratteristico ritmo dattilico, sono scritte in contrappunto imitato a quattro voci e non eccedono in lunghezza. La Canzona francese (Fonte 3.) del Manoscritto Cimino214 è divisa in due sezioni: 1. Battute 1 – 30, tempo imperfetto mediato, divisa a sua volta in due subsezioni con temi differenti, il primo con l’incipit dattilico, il secondo tutto in crome ed acefalo. 2. Battute 31 – 43, tempo ternario, indicazione Allegro del copista; vi sono due temi215 presentati sempre contemporaneamente: 214 Vedi Cap. 5.2. Il tema alla voce inferiore verrà utilizzato da Fasolo nella Brevis modulatio post Agnus More Gallico della Missa Beatae Mariae Virginis. Cfr. Cap. 4.2. 215 58 Fig. 3.1. 9: Canzona francese (dal Manoscritto Cimino), batt. 31. Più complesse appaiono le tre canzoni presenti nel Manoscritto Rossi (Fonte 5.). La Canzon chiamate le due sorelle è l’unione di due canzoni tripartite. Il copista scrive il titolo esteso solo all’inizio della prima parte. I parte a. Battute 1 – 25, tempo C, tema con incipit dattilico, contrappunto imitato a quattro voci. b. Battute 26 – 28, tempi 3/2 e C, tema derivato dal controsoggetto della sezione a. c.Battute 29 – 39, tempo C, variazione del primo soggetto e figurazioni in semicrome in ritmo misurato. II parte a. Battute 1 – 14, tempo C, tema con incipit dattilico leggermente differente di quello della prima parte, contrappunto imitato a quattro voci. b. Battute 15 – 23, tempo 3/2, stesso soggetto modificato ritmicamente. c. Battute. 24 – 33, tempo C, soggetto di a. con contrappunto di 4 crome per minima. Il carattere delle tre sezioni e le loro relazioni interne sono analoghe nelle due parti ma la seconda ha il soggetto inalterato mentre la prima privilegia la tecnica della variazione del soggetto: identica è, quindi, l’organizzazione strutturale mentre diverso è il carattere delle due parti. E’ forse questa la chiave di lettura della curiosa indicazione di due sorelle. Le sezioni C. di entrambe sono particolarmente appropriate all’esecuzione con l’arpa. Sia la Prima Canzon, tripartita con sezione centrale ternaria, che la Seconda Canzon, in sezione unica, hanno frequenti inserzioni virtuosistiche di semicrome particolarmente adatte all’esecuzione arpistica; i diversi soggetti sono sottoposti a diminuzioni, inversioni ed entrate in stretto. La sezione ternaria della Prima Canzon è quasi del tutto identica alla medesima sezione della canzone copiata nel Manoscritto Cimino. DANZE STILIZZATE Il Manoscritto Rossi (Fonte 5.) riporta due danze di Macque. La Prima Gagliarda, in tempo ternario, è in contrappunto imitato; solo in prossimità delle cadenze la scrittura diventa accordale. Vi è il Si bemolle in chiave. La Seconda Gagliarda alterna sezioni accordali ed imitate. La frase iniziale è di sette battute: la cadenza al termine della frase viene ritardata con la ripetizione di un inciso. Il giro armonico del brano è ripetuto due volte: 1. Tonica – dominante: accordi. 2. Dominante – tonica: imitazioni. 3. Tonica – dominante: accordi con diminuzioni. 4. Dominante – tonica: imitazioni e diminuzioni. Nell’altra fonte napoletana (Fonte 2.) la Prima Gagliarda è trascritta ad un quarta inferiore senza alterazione in chiave. 59 PARTITE SOPRA TENORI Le Partite sopra Ruggero (Fonte 5.) furono un modello imitato, in seguito, da Mayone, Trabaci, Salvatore, Storace e, fuori dall’area meridionale, Frescobaldi. Macque articola il pezzo in cinque variazioni ciascuna delle quali presenta una ben determinata figurazione trattata in imitazione; ogni partita assume, così, una fisionomia ben precisa ed il ciclo completo risulta più complesso ed articolato se paragonato alle variazioni su tenori di Antonio Valente216 che si differenziano soltanto nell’intensificazione delle diminuzioni. La prima variazione è accordale con qualche ritardo e semplici fioriture, il basso è perfettamente distinguibile; la seconda variazione ha la voce superiore diminuita in semicrome e tutte le altre con accordi fermi; la terza è invertita rispetto alla seconda con il solo basso diminuito e fiorito; la quarta variazione è prevalentemente fiorita all’acuto con coppie di note discendenti per salto di terza mentre sia la seconda che la terza variazione impiegano note di passaggio per gradi congiunti. La quinta ed ultima variazione è fondata su scale di crome per moto contrario alle voci estreme e le intermedie con semibrevi. L’estensione di queste figurazioni sono incompatibili con l’esecuzione tastieristica a meno che si lascino anzitempo le semibrevi; il problema viene meno se si esegue il brano all’arpa. Vedremo nei prossimi capitoli217 che altri compositori napoletani indicheranno esplicitamente l’adozione dell’arpa in brani o variazioni con estensioni simili a questo di Macque. RICERCARI Macque è il primo compositore di area napoletana che si cimenta nella composizione di un ciclo di dodici ricercari nei dodici toni218 giunto ai nostri giorni attraverso il Manoscritto I-Fn, Magl. XIX. 106 bis della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Fonte 7.). Non potendo consultare la parte mutila del Tenore delle Ricercate et Canzoni francese del 1586219, non è possibile determinare se c’è coincidenza tra quest’ultimi ed i ricercari a noi pervenuti attraverso le altre fonti manoscritte. 1. Ricercare del Primo Tono (Fonte 7.). E’ nel tono naturale con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Basso ed al Canto; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, all’Alto ed al Basso, nuovamente all’Alto ed, infine, al Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 6 all’Alto, al Canto, nuovamente all’Alto, al Tenore ed al Basso. I tre soggetti sono riesposti con molta regolarità nel corso del ricercare con frequenti entrate in stretto. Solo in un caso, alla battuta 30, i tre soggetti vengono esposti contemporaneamente. Il terzo soggetto ha spesso l’incipit modificato. Solo alla fine il secondo soggetto viene diminuito della metà. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 73 battute di brevi. 2. Ricercare del Secondo Tono (Fonte 7.). E’ trasposto alla quarta per B molle con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, all’Alto ed al Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 9 al Tenore ed al Canto. Il primo soggetto viene spesso modificato nell’incipit; vi sono frequenti entrate in stretto e , alla 216 Cap. 1.2, 20-21. Capp. 3.3, 3.4, 5.3. 218 Mischiati 1969a, i. 219 Vedi nota 198. Ricordiamo che nella pubblicazione del 1586 figuravano anche tre ricercari di Carlo Gesualdo da Venosa. 217 60 battuta 69, vi è lo stretto con i tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi. 3. Ricercare del Terzo Tono (Fonti 7., 8.). E’ nel tono naturale con due fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Basso, al Tenore ed al Canto; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 all’Alto. Il ricercare è caratterizzato da otto entrate tematiche simultanee a coppie; tra la battuta 42 e 46 vi è l’entrata simultanea del primo soggetto al Canto ed all’Alto col secondo soggetto al Tenore ed al Basso, seguita dall’entrata simultanea del secondo soggetto al Canto ed all’Alto col primo soggetto al Tenore ed al Basso. L’incipit del primo soggetto (semibreve + 2 minime) viene spesso modificato in tre minime precedute da pausa. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi. 4. Ricercare del Quarto Tono (Fonte 7.) E’ trasposto alla quarta per B molle con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Canto ed al Tenore; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 al Tenore, all’Alto, al Canto ed al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto, al Canto, al Tenore ed al Basso. I tre soggetti sono sottoposti ad inversione, diminuzione ed a modifica dell’incipit. Dalla battuta 55 alla fine vi sono ben otto doppie entrate di coppie di soggetti secondo il seguente schema: (I = primo tema; II = secondo tema; inv. = inverso del tema) Il ricercare conclude con lo stretto tra primo, secondo ed inverso del secondo soggetto. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 70 battute di brevi. 5. Ricercare del Quinto Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto ed al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Tenore; il quarto soggetto appare a partire dalla battuta 10 al Canto. Solo il secondo tema viene diminuito; dalla battuta 29 appaiono coppie di soggetti e dalla battuta 33 appaiono gli stretti. Il ricercare conclude con la contemporanea esposizione del primo, secondo e quarto soggetto. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi. 6. Ricercare del Sesto Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Canto, al Tenore ed al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Canto e all’Alto; il quarto soggetto appare a partire dalla battuta 19 con uno stretto tra Alto e Canto. Macque alleggerisce a volte il flusso sonoro facendo udire solo due delle quattro voci. Gli stretti sono maggiormente concentrati nella parte centrale del pezzo. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi. 7. Ricercare del Settimo Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con due fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso ed all’Alto; il secondo 61 soggetto appare a partire dalla battuta 7 all’Alto ed al Basso; il controsoggetto del primo tema viene accostato a volte anche al secondo tema, altre volte viene esposto autonomamente come fosse esso stesso un tema; alla battuta 60 appare un terzo tema derivato dal secondo. Gli stretti sono maggiormente concentrati nella parte centrale del pezzo; vi è pure qualche entrata tematica simultanea. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi. 8. Ricercare dell’Ottavo Tono (Fonte 7.) E’ nel tono naturale con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, all’Alto ed al Tenore; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore, al Canto ed al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 11 al Basso ed al Tenore. Il secondo soggetto viene presentato con una variante melodica nella chiusa. Vi sono frequenti entrate in stretto ed, alla battuta 81 vi è lo stretto con i tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 84 battute di brevi. 9. Ricercare del Nono Tono (Fonte 7.) E’ nel tono naturale con due fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto ed al Tenore; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 all’Alto ed al Basso; la parte del controsoggetto del primo tema viene spesso esposto autonomamente. Alla battuta 20 Macque inserisce il primo soggetto aumentato del triplo come canto fermo in successione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto. Questa tecnica sarà successivamente impiegata da Mayone, Trabaci e Salvatore. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 112 battute: da 1 a 20 di brevi, da 21 a 92 (sezione col canto fermo) di semibrevi, da 93 alla fine di brevi. 10. Ricercare del Decimo Tono (Fonti 7., 8.) E’ nel tono naturale con quattro fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 all’Alto ed al Canto; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 4 al Basso; il quarto soggetto appare a partire dalla battuta 9 al Tenore. Vi è una stretta correlazione tra i soggetti: il secondo è il controsoggetto del primo nell’esposizione (duplex thema), il terzo ed il quarto sono varianti melodiche del secondo. Il primo soggetto è spesso modificato melodicamente e ritmicamente, il secondo, il terzo ed il quarto sono spesso diminuiti della metà. Vi sono stretti ed entrate simultanee a coppia. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 72 battute di brevi. 11. Ricercare dell’Undecimo Tono (Fonte 7.) E’ trasposto per b molle con tre fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto, controsoggetto del primo (duplex thema) , appare a partire dalla battuta 3 al Tenore; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 6 al Tenore ed al Basso. E’ l’unico ricercare ad avere una sezione centrale ternaria con i soggetti modificati ritmicamente; nella sezione centrale ternaria Macque privilegia le entrate tematiche in coppia, in quelle estreme è più frequente l’entrata in stretto. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato (batt. 1 – 20 e 49 – 72) e ternario (batt. 21 – 48); il ricercare è lungo 72 battute di brevi. 12. Ricercare del Duodecimo Tono (Fonte 7.) E’ trasposto per b molle con due fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 8 all’Alto ed al Canto. Il controsoggetto del primo tema viene esposto autonomamente, anche in diminuzione, a partire dalla battuta 29. Il primo soggetto viene esposto anche in una forma sincopata. Vi è una solo entrata tematica a coppia alla battuta 62; gli stretti sono maggiormente 62 concentrati nella parte centrale del brano. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi. 13. Ricercare del Sesto Tono con tre Fughe e suoi riversi (Fonti 9.,10.,11.) E’ nel tono naturale; il titolo denota il numero delle fughe ed l’artificio contrappuntistico prevalente. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore in inversione, all’Alto ed al Canto in inversione; il secondo soggetto appare alla battuta 7 al Canto ed all’Alto; il terzo soggetto appare alla battuta 8 al Basso. Macque distribuisce equamente le entrate dei temi con i loro rivolti, diminuisce spesso il primo tema e, verso la fine del brano, fa sentire anche doppie entrate di coppie di temi. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 64 battute di brevi. 14. Ricercare dell’Ottavo Tono con quattro Fughe (Fonti 9.,10.,11.) E’ nel tono naturale; anche qui il c’è l’indicazione del numero delle fughe. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 3 al Tenore; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 5 all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il quarto soggetto appare a partire dalla battuta 7 al Canto. Proprio il quarto soggetto è il più soggetto a varianti ritmiche (viene proposto anche in aumentazione) e melodiche. Appena terminata l’esposizione, le entrate in stretto si fanno progressivamente più incalzanti fino alla fine. Alla terzultima battuta vi è l’entrata simultanea delle quattro voci. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 81 battute di brevi. 15. Ricercar Sexti toni a 4 (Fonte 6.) Il materiale tematico di questo pezzo è identico al Capriccietto del Manoscritto Rossi (Fonte 5.) mentre l’organizzazione formale è più concisa; il pezzo è lungo infatti 36 battute contro le 63 del Capriccietto. Il pezzo è nel sesto tono autentico benché vi sia il si bemolle in chiave ma il titolo “ricercar” appare decisamente improprio. Il Manoscritto Rossi (Fonte 5.) riporta nell’indice220 un Ancidetemi passaggiato da Gio: de Macque. Il musicista fiammingo sarebbe stato, quindi, il primo a realizzare la versione “passeggiata” del celebre madrigale di Arcadelt221 imitato, poi, da Mayone, Trabaci, Strozzi e Frescobaldi., ulteriore conferma del ruolo di caposcuola di Macque. L’indice del Manoscritto Rossi riporta un altro pezzo non esistente nella copia pervenutaci, Non ch’io non voglia mai, passaggiato da Gio:de Macque; anche questo madrigale è di Arcadelt222 ma, a differenza del fortunatissimo Ancidetemi, non conosciamo altre versioni di questo madrigale realizzate da altri compositori dell’Italia meridionale. Si segnalano, infine, alcune forti somiglianze tra le opere di Giovanni de Macque e quelle di Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci. 1. Partite sopra Ruggero. Partite III e IV: cfr. Mayone Partite sopra Rogiere, Partite II e XIII. 2. Capriccio sopra re fa mi sol: inizio in ritmo ternario, cfr. Trabaci, Capriccio sopra la fa sol la (I libro). 3. Prima Gagliarda; cfr. Trabaci, Gagliarda Prima (I libro) 4. Toccata à modo di trombette: cfr. Trabaci, Toccata prima (I libro) 5. Ricercare del I Tono, primo soggetto: cfr. Trabaci, Ricercare del I Tono (I libro), primo soggetto. 220 Vedi Cap. 3.2. Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro (Arcadelt 1539) 222 Non ch’io voglia mai venne pure pubblicato nel Primo Libro (Arcadelt 1539) 221 63 3.2 IL MANOSCRITTO “ROSSI” Il manoscritto custodito presso la British Library di Londra con il numero di segnatura Ms Add. 30491 è l’unica fonte musicale di tanti compositori napoletani appartenenti al circolo di Carlo Gesualdo da Venosa nonché di buona parte delle musiche conosciute di Giovanni de Macque223; vi sono incluse anche delle monodie di Peri e Monteverdi (Il Lamento d’Arianna e l’unica copia conosciuta del Lamento d’Olimpia224) ed alcuni madrigali diminuiti per la viola bastarda225. Nel foglio 1 vi è scritto con caratteri cifrati: Libro di canzone francese del signor Gioanni Demaqque Che fù maestro di Luigi Rossi sfortunato E sfortunato fù da quando nacque Poiche 14 anni in corte è stato Nepur un mezzo grosso mai a acquistato In nomine Jesù omne genu flectatur coelestium terrestrium et infernorum Nel foglio 2 appare in coda: Questo libro lo fece fare il duca di Traetta, per me Luigi Rossi e, ancora più in basso: Ce libro es de Don Luis Rossi Da questa indicazione si identifica in Luigi Rossi il copista del manoscritto. Il titolo riferisce delle canzoni alla francese di Giovanni de Macque ma non menziona gli altri autori. Sembrerebbe che i 14 anni passati da Luigi Rossi a corte non gli abbiano donato grosse gratificazioni; è affermato chiaramente che Giovanni de Macque fu suo maestro. Ricordiamo che il musicista fiammingo morì nel 1614 e Luigi Rossi nacque nel 1598: quest’ultimo ha ricevuto, quindi, delle lezioni in età giovanile. Gran parte del manoscritto è stato scritto prima del 1620226, anno in cui Rossi si trasferì a Roma al servizio della famiglia Borghese. Il manoscritto ha la numerazione delle pagine inserita durante la prima stesura e la numerazione dei fogli inserita in una seconda fase. Silbiger227, grazie all’analisi calligrafica, ritiene che il manoscritto sia stato compilato dalla stessa mano, ma in fasi successive; propone, pertanto, le seguenti fasi di stesura: (Ia) Musiche per strumenti da tasto in partitura a quattro pentagrammi, ff. 322’, 27-33’. (Ib) Sezione in formato oblungo, ff. 23-26’ (IIa) Partite sopra Fidele, ff. 51-51’ (IIb) Pezzi per viola bastarda, 223 Vedi Cap. 3.2. Silbinger 1980, 128. 225 La viola bastarda era una piccola viola da gamba nella tessitura del Basso. Lo scarso ma non trascurabile repertorio questo strumento (Dalla Casa 1584) non è stato studiato ancora sistematicamente. 226 Silbiger 1980, 139. 227 Silbiger 1980, 131-133. 224 64 (III) Tavola (IV) Canzon del Principe (V) Le monodie Probabilmente solo la fase V è stata copiata dopo il 1620. Sempre Silbiger228 elabora la seguente scheda che ordina il contenuto del manoscritto in relazione alle fasi di stesura: Numerazione dei fogli 1-2 3-22’ 23-26’ 27-33’ Numerazione delle pagine Contenuto Frontespizio Musiche per strumenti da tasto in partitura a quattro pentagrammi Pezzi intavolati Musiche per strumenti da tasto in partitura a quattro pentagrammi Canzon del Principe Monodie di Monteverdi e Peri Diminuzioni per viola bastarda Monodie, continuazione da pag. 45 Partitura a quattro pentagrammi, Stella Tavola 1-41 43-55 34’-38’ 39-45 45’-46’ 48’-49 50 51-51’ 97? 52-52’ Stesura Ante I? I I I IV V II V II III Ecco il contenuto della “Tavola”, l’indice del manoscritto, con l’indicazione delle pagine: Ancidetemi passaggiato da Gio: de Macque229……………….(senza numero di pagina) Capriccio di Gio:de Macque sopra re, fa, mi, sol230……………………………………40 Capriccietto di Gio:de Macque…………………………………………………………12 Canzon d’Ippolito………………………………………………………………………17 Canzon de Ippolito, sopra Susanna……………………………………………………..20 228 Ibidem, 135 Non presente nel manoscritto. 230 Intavolatura italiana per tastiera. 229 65 Prima Canzon di Stella…………………………………………………………………23 Seconda Canzon breve di Stella………………………………………………………..34 Prima parte Canzon di Gio:de Macque chiamate le Due Sorelle………………………29 Seconda parte Canzon Gio:de Macque…………………………………………………31 Cromatica Canzon di Frabbizio (sic) Fillimarino…..…………………………………..26 Canzon de Rinaldo…………………………………………………………………...…44 Prima Canzon di Gio:de Macque……………………………………………………….47 Seconda Canzon di Gio:de Macque…………………………………………………….50 Cara la vita mia, per la viola bastarda passaggiato da Oratio della Viola (“di Oratio” nel manoscritto)……………………………………………………(senza numero di pagina) Prima Gagliarda di Gio:de Macque…………………………………………………….36 Seconda Gagliarda di Gio:de Macque………………………………………………….38 Prima Gagliarda di Gio Maria Trabbaci……….……………………………………….37 Seconda Gagliarda di Gio Maria Trabbaci….…..……………………………………...40 Gagliarda di Fran:co Lambardo…………………………………………………………34 Io mi son giovinetto passaggiato da Muzio Effrem231…………(senza numero di pagina) Non ch’io non voglia mai, passaggiato da Gio:de Macque232 (senza numero di pagina) Nasce la pena mia, passaggiato da Fran:co Lambardo233……….(senza numero di pagina) Partite sopra la Romanesca di Stella …………………………………………………….1 Partite sopra Ruggiero di Gio: de Macque………………………………………………4 Partite sopra Zefiro de Rinaldo…………………………………………………………..8 Partite sopra Fidele di Fran:co Lambardo234…………………………………………….97 Prima Stravaganze di Gio: de Macque…………………………………………………33 Seconde Stravaganze di Gio: de Macque………………………………………………55 Toccata di Fran:co Lambardo…………………………………………………………...15 Toccata di Gio: de Macque à modo di trombette………………………………………52 Brani del manoscritto non presenti nella tavola Canzon francese del Principe (pagina non numerata) Dell’Arianna del Monte Verde (sic) (pagina non numerata) Di Jacopo Peri; detto Zazzarino (pagina non numerata) Di Monte Verde (sic!) (pagina non numerata) Cara la vita mia (pag. 46) Partimento per sonare – Susanna un giorno (pagina non numerata) Susanna di Oratio235: per la Viola bastarda (pag. 47) 231 Non presente nel manoscritto. Non presente nel manoscritto. 233 Nel manoscritto vi è invece Nasce la pena mia, passaggiato di Gio: Macque. 234 Nel manoscritto non compare l’indicazione dell’autore. 235 Oratio detto del Violone per antichità Napoletano, Cerreto 1601, 160, sub voce “Sonatori eccellenti della Viola d’arco della città di Napoli che oggi non vivono. 232 66 GLI AUTORI Scipione Stella, al secolo Pietro Paolo, nacque a Napoli tra il 1558 e il 1559. Nel 1579 divenne organista presso l’Annunziata di Napoli cui venne affiancato, a partire dal 1590, da Giovanni de Macque. Nel 1594 si trasferisce a Ferrara al seguito di Carlo Gesualdo da Venosa, il 30 gennaio 1598 entra nel monastero di San Paolo Maggiore in Napoli dove, nel 1603, seguirà la costruzione del nuovo organo; due anni dopo venne ordinato sacerdote. Morì a Napoli il 20 maggio 1622236. Poco si conosce della vita di Rinaldo dall’Arpa, arpista virtuoso che accompagnò Carlo Gesualdo da Venosa a Ferrara nel 1594; la sua presenza nella città estense è confermata da lettere scritte da membri della corte di Ferrara.. Morì il 2 agosto 1603237. Di Ippolito si conoscono solo le due canzoni copiate nel manoscritto “Rossi”. Fabrizio Fillimarino, liutista, accompagnò Carlo Gesualdo Ferrara tra il 1594 e il 1596. Francesco Lambardo (o Lambardi) nacque a Napoli intorno al 1587. Già cantore presso l’Annunziata di Napoli tra il 1599 e il 1600, nel 1607 passò alla Real Cappella di Napoli come tenore e, dal 1615 fino al 1642, come organista. Fu anche maestro di cappella del Conservatorio di Santa Maria della Pietà dei Turchini tra il 1626 e il 1630. Morì a Napoli il 25 luglio 1642238. Muzio Effrem nacque a Bari il 4 novembre 1549. Trasferitosi a Napoli, fu a lungo al servizio di Carlo Gesualdo da Venosa. Nel 1615 diventò maestro di cappella della “camera ducale” di Mantova, nel 1619 si trasferì a Firenze dove fu musico della cappella del granduca fino all’ottobre del 1622. Ritornò nel 1622 a Napoli dove morì dopo il 1626239. La figura di Giovanni de Macque240 è preponderante sia per la quantità di brani presenti, sia per l’influenza del suo stile nei brani degli altri autori: entrate tematiche a coppie, passaggi con decime parallele, canzoni con sezioni iniziali ternarie accordali, “durezze e ligature” nell’unica toccata. Solo la Canzon francese del Principe ha elementi originali e si affranca abbastanza dalla scrittura di Macque. Le due gagliarde di Giovanni Maria Trabaci241 rivelano che questi doveva avere qualche legame con il circolo di Carlo Gesualdo. LE MUSICHE Partite sopra la Romanesca di Stella 1. partita accordale col basso ben riconoscibile; 2. incisi anacrusici di crome in contrappunto imitato con frequente entrate a coppia 3. inciso anacrusico in semiminime in contrappunto imitato con frequente entrate a coppia 4. inciso anacrusico in semiminime, diverso dal precedente in contrappunto imitato con frequente entrate a coppia. 236 Larson 1980a, 347. Jackson 1980b, 425. 238 Larson 1980b, 161. 239 Strainchamps 1980, 905. 240 Vedi Cap. 3.1. 241 Vedi Cap. 3.4. 237 67 Queste variazioni colpiscono per l’estrema linearità e razionalità delle figurazioni: ogni partita ha una propria fisionomia costituita da un chiaro inciso melodico; il basso è sempre perfettamente riconoscibile e non è sottoposto a variazioni significative. Partite sopra Ruggiero di Gio: Macque: vedi 3.1. Partite sopra Zefiro de Rinaldo 1. tre voci in accordo con la quarta parte in semiminime; 2. figurazione di ornamento in crome 3. figurazione di ornamento in crome, molto simile alla seconda sezione, con occasionali diminuzioni in semicrome; 4. due voci in semiminime con frequenti passaggi per decime parallele Capriccietto di Gioanni de Macque: vedi 3.1, pag.. Toccata di Fran:co Lambardo E’ l’unica toccata presente nel manoscritto. Inizia nello stile delle “durezze e ligature”, introduce gradatamente delle fioriture per poi lanciarsi in figurazioni di biscrome; dopo una breve sezione con “durezze e ligature” fiorite con trilli, la toccata conclude con figurazioni virtuositiche; l’ultima cadenza è accordale con un semplice ritardo di terza sul V grado. Canzon d’Ippolito In tre sezioni con differenti metri ternari. Batt. 1 – 20: tempo perfetto mediato 3/2 Batt. 20 – 28: tempo imperfetto mediato 3/2 Batt. 28 – 52: tempo perfetto mediato 3. L’inizio è accordale, molto simile al Capriccio sopra re fa mi sol di Giovanni de Macque242, dalla battuta 7 il tema viene proposto in entrate a coppia a distanza di decima; le figurazioni ornamentali diventano progressivamente più rapide. Nella seconda sezione, da battuta 20, viene proposto un nuovo tema trattato in imitazione. Nella terza sezione, da battuta 29 fino alla fine, ritorna il primo tema, anche in inversione, con ornamenti alternativamente all’acuto ed al basso; fanno la loro comparsa anche delle cadenze molto elaborate e ritmicamente complesse. Canzon sopra Susanna d’Ippolito La canzone è politematica ma non ha cambi metrici: l’indicazione è il tempo imperfetto. Il tema iniziale, dattilico, già alla seconda entrata viene trasformato in tre semiminime precedute da pausa; alla battuta 4 compare un controsoggetto in crome che verrà proposto diverse volte anche in inversione. A battuta 25 compare un secondo trattato in contrappunto imitato presentato, a volte, in inversione. Le ultime battute presentano rapide e complesse figurazioni in semicrome. Prima Canzon di Stella E’ nel tempo imperfetto mediato 3/2, è divisa in tre sezioni senza cambi metrici. Le prime otto battute servono da introduzione: quattro presentano il tema in accordi, le altre quattro sono in stile toccatistico. Da battuta 9 il tema viene proposto in imitazioni, inversioni ed entrate a coppia, il controsoggetto di semiminime diventa sempre più serrato fino alla cadenza sul V grado di battuta 15; riprende poi il primo tema in accordi. La seconda sezione, da battuta 20, esordisce col tema accompagnato da crome ma, a battuta 24, interviene un nuovo elemento tematico, caratterizzato da una triade discendente, che viene proposto in entrate ravvicinate. Da battuta 30, che reca scritto “replica”, riappare il primo tema accompagnato da un controsoggetto in semiminime e, da battuta 34 fino alla fine, da figurazioni in crome. Canzon di Frabritio Fillimarino - - Cromatica E’ divisa in cinque sezioni: 1. Batt. 1 -28, tempo imperfetto, soggetto con struttura ad arco: 242 Vedi Cap. 3.2. 68 Fig. 3.2.1.: Canzon Cromatica di Frabbizio Fillimarino: batt. 1-2. Il controsoggetto viene spesso trattato autonomamente in imitazione. 2. Batt. 30 -36, tempo perfetto mediato; il soggetto cromatico viene modificato ritmicamente e viene presentato un nuovo controsoggetto. Fillimarino predilige la doppia entrata a coppie di soggetto e controsoggetto a distanza di decima. Fig. 3.2.2.: Canzon Cromatica di Frabrizio Fillimarino: batt. 31. 3. Batt. 37 -41, tempo imperfetto, nuovo soggetto in contrappunto imitato. 4. Batt. 42 -55, tempo C. 3/2, nuovo soggetto in contrappunto imitato. 5. Batt. 56 – 61, tempo C, stesso soggetto della sezione quarta con trattamento accordale. Canzon di Gio: de Macque chiamate le due Sorelle: vedi Cap. 3.1. Prime Stravaganze di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1. Seconda breve Canzon di Stella Come indica il titolo, è una canzone più breve della precedente ed è divisa in tre sezioni: 1. Batt. 1 – 24, tempo C, in tre subsezioni caratterizzate da un soggetto differente. 2. Batt. 24 -32, tempo C. 3/2, con soggetto ricavato dal primo. 3. Batt. 33 – 49, tempo C, con due soggetti che entrano sempre in coppia, uno in semiminime, l’altro composito con crome e semicrome. Prima Gagliarda di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1. Prima Gagliarda di Trabaci: è la Gagliarda Prima à 4. detto il Galluccio, pubblicata nel Secondo Libro di Ricercate (1615). Seconda Gagliarda di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1. Gagliarda di Fran:co Lambardo E’ nel consueto tempo ternario C. 3/2 ed è bipartita con ritornelli; la struttura è accordale con qualche nota di passaggio. Le cadenze sono tutte fondate sulla successione dei gradi IV-V-I. Seconda Gagliarda di Trabaci: è la Gagliarda seconda pubblicata nel Primo Libro di Ricercate (1603). Capriccio di Gio: de Macque sopra rè, fa mi sol …: vedi Cap. 3.1. Canzon de Rinaldo E’ divisa in tre sezioni: 1. Batt. 1 – 15, tempo imperfetto mediato 3/2, accordale. 2. Batt. 16 – 38, tempo imperfetto, soggetto in minime accompagnato da un flusso continuo di crome; il soggetto viene diminuito a partire dalla battuta 28. 69 3. Batt. 39 – 49, tempo 3, soggetto della seconda sezione modificato ritmicamente in contrappunto imitato con entrate a coppia. Prima Canzon di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1. Seconda Canzon di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1. Toccata di Gio: de Macque a modo di Trombette: vedi Cap. 3.1. Seconde Stravaganze di Gio: de Macque: vedi Cap. 3.1. Canzon francese del Principe Questa canzone è molto interessante per diversi motivi: il principe indicato nel titolo potrebbe essere Carlo Gesualdo di Venosa. Nel manoscritto compaiono due versioni scritte in parallelo, una abbastanza semplice, l’altra estremamente elaborata e diminuita. La versione elaborata colpisce per l’arditezza delle figurazioni, per gli esasperati cromatismi e, soprattutto, per l’originalità delle diminuzioni. E’ l’unico brano del manoscritto che presenta figurazioni non utilizzate da Giovanni de Macque. La canzone apre con un “duplex thema”, elemento abbastanza comune nei ricercari cinquecenteschi e seicenteschi, meno nelle canzoni strumentali. I due soggetti vengono sottoposti a numerose variazioni: diminuzioni, inversioni, sviluppo motivico partendo da piccoli incisi. Su questa intricata trama contrappuntistica si inseriscono le funamboliche cadenze con “trilli gagliardissimi”, come esplicitamente scritto a battuta 11. Le battute che conducono alla cadenza conclusiva sono in stile toccatistico. Ritroveremo cadenze così elaborate solamente nelle conclusioni delle canzoni alla francese di Giovanni Maria Trabaci243 Partite sopra Fidele La paternità di Francesco Lambardo è asserita nella Tavola. Le prime due partite, in tempo ternario, hanno una struttura da danza con brevi incisi in imitazione; le terza e conclusiva partita, presenta nelle varie parti, alternativamente, un ornamento in crome. I pezzi per la viola bastarda sono gli eredi delle ricercate pubblicate nel trattato di Ortiz244; il linguaggio, però, si è evoluto, la ricerca dell’effetto virtuosistico permea interamente i pezzi del manoscritto, le glose che in Ortiz arricchivano la melodia per marcarne meglio l’affetto sono ora moduli per raggiungere effetti spettacolari. La carica emotiva viene ulteriormente enfatizzata. I pezzi per viola bastarda sono distribuiti nel manoscritto in maniera poco ordinata: ecco una tabella che ne riassume la collocazione: Numerazione dei fogli 45’ 46 “Nasce la pena mia” di Gio: de Macque (continuazione del foglio 48) Cara la vita mia 46’ Susanna un giorno 47 47’-48 243 244 Titolo Susanna di Oratio: per la viola bastarda Vedi Cap. 3.4, 91-93. Ortiz 1553. 70 Indicazione Tavola Non presente nella Cara la vita mia per la viola bastarda passaggiato da Oratio della Viola Non presente nella Tavola Non presente 48’ Nasce la pena mia di Gio: de Macque, continua nel foglio 45’ Nasce la pena mia, passaggiato Fran[ces]co Lambardo Non presente manoscritto nel Non presente manoscritto nel Io mi son giovinetto passaggiato di Mutio Effrem Non ch’io voglia mai, passaggiato da Gio: de Macque 49-50 71 3.3 ASCANIO MAYONE Scipione Cerreto245 annovera Ascanio Mayone tra i compositori eccellenti della Città di Napoli, che oggi vivono, i Sonatori eccellenti d’Organo della Città di Napoli, che oggi vivono ed, infine, tra i Sonatori eccellenti dell’Arpa à due ordini, della Città di Napoli, che oggi vivono; nei tre elenchi viene sempre citato come Scanio Maione Napoletano. Non si conosce l’esatta data di nascita che dovrebbe ragionevolmente collocarsi tra il 1570 e il 1580. Pochi documenti segnalano i momenti della sua vita: nel 1593 diventa organista presso la Santa Casa dell’Annunziata di Napoli per otto ducati al mese succedendo a Scipione Stella246, due anni dopo ne diventa maestro di cappella247 dividendo la carica con Camillo Lambardi248. Mayone, allievo di Giovanni de Macque e Giovanni Domenico da Nola249, fu assunto nel 1602 come secondo organista presso la Cappella Reale di Napoli; maestro di cappella era a quel tempo proprio Macque e Giovanni Maria Trabaci copriva il ruolo di primo organista250. Alla morte di Macque (settembre 1614), Trabaci divenne maestro di cappella e Mayone primo organista251. Mantenne, comunque, i contatti con la Santa Casa dell’Annunziata e nel 1621 lo troviamo regolarmente in servizio come organista252. Morì, presumibilmente a Napoli, nel 1627253. L’opera strumentale254 di Mayone è distribuita in quattro pubblicazioni: 1. Primo libro di diversi capricci per sonare, Napoli, Costantino Vitale, 1603. (LibI) 2. Primo libro di ricercari a tre voci, Napoli, Gio. Battista Sottile, 1606. (RicI) 3. Secondo libro di diversi capricci per sonare, Napoli, Gio. Battista Gargano e Lucrezio Nucci, 1609. (LibII) 4. Esempi musicale pubblicati nella Sambuca Lincea di Fabio Colonna, Napoli, Costantino Vitale, 1618. 245 Cerreto 1601, 156-158. Prota Giurleo 1960, 192. 247 Ibidem. 248 Kelton 1961, 20. 249 Stembridge 1981. 250 Cfr. Cap. 3.4, 85. 251 Prota Giurleo 1960, 186. 252 Pannain 1939 cit. in Kelton 1961, 20. 253 Ibidem. 254 Mayone pubblicò pure il Primo Libro di Madrigali (Napoli, G. B. Sottile, 1604), due madrigali nella collezione Teatro de’ Madrigali a 5 voci de diversi excell. Musici napoletani, posti in luce da Scipione Riccio (Napoli, G. B. Gargano, 1609), alcuni dei Salmi delle compiete de diversi musici napoletani, a quattro voci (Napoli, Ottavio Beltramo, 1620); nell’Archivio dei Padri Filippini di Napoli vi sono due opere manoscritte di Mayone: Messe e vespri a 8 voci e Laetatus sum a 9. 246 72 3.3.1 PRIMO LIBRO DI DIVERSI CAPRICCI PER SONARE (1603) Il Primo libro contiene 4 ricercari, 4 canzoni alla francese, un madrigale intavolato, 5 toccate e due serie di variazioni. E’ stampato in partitura con quattro pentagrammi. La dedica: A MARTHOS DE GOROSTIOLA DIGNISSIMO REGENTE DEL COLLATERAL CONSIGLIO per Sua Maestà nel Regno di Napoli. La grandessa, e la magnanimità di V. S. (mio Signor, e padrone) sono tante, e tali, che inclinano, & in un certo senso forsano gli huomini a servirla, & honorarla. Io (oltre la vera inclinazione) obligato per li favori, e gratie, che m’ha fatto, e mi fa di continuo, son forsato (non possendo in tutto conforme devo) dar saggio in parte al mondo del’obligo qual tengo di servirla, ne possendo questo, per l’innata sua generosità, e cortesia, co altro dimostrare, che con affetto d’animo in quel modo, che posso, humilmente li dedico questi Capricci di Musica primitie del mio ingegno. La supplico si degni d’accettarlo, per esser propria, & grata al suo animo: piacciali dunque ritener con questo dono il desiderio mio, essendo più che securo, sotto tal nome, e protettore riceveranno felicissima, e perpetua vita appresso del mondo, e con ciò a V. S. fò riverenza, e la prego per lo ben publico dal cielo felicissimi anni. Da Napoli il dì 4 d’Aprile 1603. Ascanio Mayone. Dell’edizione originale esiste oggi una sola copia conservata presso la British Library. RICERCARI I quattro ricercari di LibI hanno strutture formali simili: sono tutti politematici, il secondo soggetto entra sempre come controsoggetto del primo (duplex thema), gli altri possono, invece, apparire diverse battute avanti; tutti i soggetti sono contemporaneamente presenti nella cadenza finale. Mayone non scrive nei titoli il numero delle fughe né l’indicazione del tono. Ricercar primo. E’ nel primo tono trasportato per b molle con tre fughe. Il terzo soggetto compare per la prima volta alla battuta 38. I soggetti non vengono sottoposti a variazioni ad eccezione dell’incipit del primo tema la cui semibreve iniziale viene spesso trasformata in minima. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 62 battute di brevi. Ricercar secondo. E’ nell’ottavo tono naturale con tre fughe. Il soggetto è un thema triplex: il secondo soggetto appare come controsoggetto del rimo, il terzo come controsoggetto del controsoggetto. Fig. 3.2.1: Ricercar secondo: batt. 1-6. Il ricercare presenta molte entrate tematiche in stretto; spesso gli incipit del primo e secondo soggetto vengono modificati. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 70 battute di brevi. 73 Ricercar terzo. E’ del terzo modo ed è l’unico con quattro fughe. Il soggetto è un thema triplex, il quarto soggetto appare invece alla battuta 21. Il terzo soggetto compare per la prima volta alla battuta 38. Oltre altri stretti vi sono entrate simultanee a distanza di terza o di decima. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 94 battute di brevi. Ricercar quarto. E’ nel primo tono trasportato per b molle con tre fughe. Il terzo soggetto compare per la prima volta alla battuta 38 con una esposizione in tutte le voci mentre gli altri soggetti tacciono. La sincope caratteristica del secondo soggetto viene molto sfruttata da Mayone per passaggi nello stile delle durezze e ligature. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 59 battute di brevi. CANZONI ALLA FRANCESE Le quattro canzoni alla francese di LibI hanno tutte il caratteristico incipit in ritmo dattilico, sono scritte in contrappunto imitato, ci sono stretti, inversioni tematiche, aumentazioni, uso di frammenti tematici del soggetto e del controsoggetto; raramente Mayone introduce un secondo soggetto. Queste canzoni sono molto simili per tessitura e sviluppo tematico alle canzoni di Giovanni de Macque. La Canzon Francese Prima è interamente nel tempo imperfetto senza sezioni ternarie; si possono, tuttavia, individuare tre sezioni delimitate da cadenze: 1. Batt. 1 – 22 2. Batt. 23-34 3. Batt. 35-51 Il soggetto entra all’Alto, Canto, Tenore e Basso, il controsoggetto viene impiegato come soggetto secondario in stretto nella seconda sezione; solo due cadenze, a battuta 34 e 51 hanno trilli. Ad eccezione dell’esposizione del soggetto alla prima battuta, il soggetto non appare nel ritmo dattilico bensì con pausa e tre semiminime. Fig. 3.3.2: Canzon francese prima, batt. 1-5. All’ultima battuta vi è l’indicazione Si replica il principio; probabilmente la replica riguarda solo la prima sezione. La Canzon Francese Seconda è interamente nel tempo imperfetto senza sezioni ternarie; anche in questa canzone si possono individuare tre sezioni delimitate da cadenze: 1. Batt. 1 – 11 2. Batt. 11 - 21 3. Batt. 22 - 29 La prima sezione conclude con rapide figurazioni toccatistiche in semicrome, la seconda ha un breve passaggio di terzine di semicrome al tenore, la terza non ha particolari fioriture. Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso, il controsoggetto non viene impiegato nella seconda sezione mentre nella terza è variato ritmicamente; la seconda sezione presenta un soggetto secondario. 74 La Canzon Francese Terza è chiaramente distinta in tre sezioni con ritmo contrastante: 1. Batt. 1 – 17 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-9 e 10-17. 2. Batt. 18 – 22 (tempo C 3/2) . 3. Batt. 23 – 32 (tempo C). Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso. La canzone ha una scrittura complessa: il controsoggetto diventa soggetto della seconda sezione ma non appare più nella terza, la prima sezione impiega il controsoggetto solo nella prima subsezione per poi trasformarlo ritmicamente e melodicamente nella seconda. Due cadenze (batt. 9 e 32) hanno figurazioni di tipo toccatistico. La Canzon Francese Quarta è in tre sezioni con ritmo contrastante: 1. Batt. 1 –35 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-20 e 21-35. 2. Batt. 36 – 44 (tempo C 3/2) . 3. Batt. 45 – 52 (tempo C). Il soggetto entra al Tenore, Alto, Basso e Canto. Nella prima sezione intervengono parecchi elementi tematici secondari; il soggetto della seconda sezione è ottenuto col controsoggetto variato ed il soggetto invertito. La terza sezione riprende il soggetto accompagnato da elementi secondari della prima sezione senza, però, il controsoggetto. MADRIGALI INTAVOLATI Ancidetemi pur255 E’ la più antica versione intavolata del madrigale di Arcadelt che ci è pervenuta256. L’arrangiamento strumentale di pezzi vocali è il fondamento stesso della musica strumentale. La più antica ed importante fonte di musica per strumento da tasto risale al 1517 ad opera di Andrea Antico257: le sue Frottole intabulate per sonar organo rispettano l’impianto originale vocale fiorendo le principali cadenze con brevi trilli o con brevi passaggi di note di passaggio. A Napoli, il Trattado de glosas258 di Diego Ortiz fornì ai compositori della generazione successiva un vasto vocabolario di diminuzioni da impiegare in tutte le elaborazioni strumentali di brani vocali. Mayone non si discosta dal modello vocale di Arcadelt: la linea del basso, sempre perfettamente riconoscibile, viene diminuita in prossimità di una cadenza importante. Mayone predilige fiorire una voce alla volta con trilli e scale: i trilli sono scritti sempre per esteso in semicrome ma l’esecuzione non necessariamente deve essere misurata: Fig. 3.3.3: A. Mayone, Ancidetemi pur, batt. 4, Basso. TOCCATE 255 Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro di Madrigali d‘Archadelt. La versione di Giovanni De Macque, probabilmente anteriore al 1603, non ci è pervenuta: Cfr. Cap. 3.1, 63. 257 Antico 1517. 258 Ortiz 1553. Vedi Cap. 1.1. 256 75 L’Intrata d’organo259 di Giovanni de Macque è il modello adottato da Mayone per le cinque toccate di LibI. Generalmente le toccate di LibI presentano diverse sezioni stilisticamente contrastanti, separate da cadenze. Le figurazioni delle toccate sono molto simili alle diminuzioni dei madrigali intavolati; nelle toccate, però, lo schema armonico, interamente inventato dal compositore, è spesso più libero e bizzarro. Le toccate ed i madrigali intavolati rispondono alla stessa esigenza musicale: l’improvvisazione mirata all’esaltazione delle caratteristiche espressive degli strumenti impiegati; nei madrigali intavolati il flusso sonoro è incasellato in una preesistente struttura armonica, nelle toccate, invece, tale struttura è interamente affidata alla libertà del compositore. Le toccate di LibI raramente indulgono in passaggi cromatici estremi, abbondano i trilli rapidi, sono pure frequenti le imitazioni del materiale tematico, occasionalmente troviamo artifici contrappustintici quali le inversioni o le diminuzioni. Nella Toccata terza e Toccata quinta appaiono sezioni accordali nello stile delle durezze e ligature; la Toccata quinta, inoltre, conclude con terzine rapidissime in biscrome che devono necessariamente essere eseguite con una certa libertà agogica. Nelle toccate di LibI l’estensione delle parti costringono spesso l’esecutore alla tastiera a lasciare anzitempo alcune note ma la difficoltà viene meno se si esegue il brano all’arpa260. PARTITE Partite sopra Rogiere Le partite sopra “Rogiere” sono interessanti per il paragone che si può istituire con la versione di Giovanni de Macque261. Le modalità di variazione e di diminuzione sono analoghe, ma la serie di Mayone è notevolmente amplificata: ventuno partite contro le cinque del maestro fiammingo. Le partite di Macque sono ordinate secondo un ordine crescente di “diminuzioni”, Mayone, invece, inserisce di tanto in tanto variazioni statiche che interrompono la progressiva accelerazione ritmica. La prima partita è accordale ed il basso del “tenore di Ruggiero” è ben chiaro ed udibile; Mayone fiorisce prevalentemente la parte acuta. La seconda, la quarta e la sesta partita sono diminuite con crome, la terza e la quinta partita sono accordali e senza fioriture; la settima, ottava, nona e decima partita sono diminuite con scale e trilli di semicrome; l’undecima, duodecima, decimaterza, decimaquarta e decimaquinta sfruttano ritmi misti di crome e semicrome, con imitazioni regolari all’interno delle partite; le successive partite proseguono con la tecnica dell’imitazione fino alla vigesimaprima ed ultima partita, interamente scritta in stile toccatistico. Partite sopra Fidele Le dieci Partite sopra Fidele sono più semplici delle Partite sopra Rogiere: ciascuna partita è fondata su una determinata figurazione scrupolosamente rispettata. Il tempo è ternario tranne per l’ultima partita che è in tempo C. Ecco lo schema: - Prima partita: accordale. - Seconda partita: sei minime per battuta. - Terza partita: gruppi di tre minime + semibreve puntata; emiolia conclusiva. - Quarta partita: ritmo ternario di tre semibrevi per battuta con figurazioni miste. - Quinta partita: gruppi di sei minime + breve e semibreve. - Sesta partita: minima puntata + seminimima + quattro minime. - Settima partita: quattro semiminime + minima. - Ottava: dodici semiminime per battuta. 259 Vedi Cap. 3.1, 54. Ricordiamo che Cerreto annovera Mayone anche tra gli eccellentissimi sonatori d’arpa. 261 Cfr. Cap. 3.1, 60. 260 76 - Nona partita: sei minime per battuta. Decima partita: minima + seminima in contrappunto con pause di semiminima e due crome. 3.3.2 PRIMO LIBRO DI RICERCARI A TRE VOCI (1606) Il Primo libro di ricercari comprende diciotto composizioni pubblicate in libri-parte (Canto-Tenore-Basso). Abbiamo già affrontato262 la liceità dell’esecuzione organistica di ricercari pubblicati in libri-parte anche se Mayone non indica alcuna destinazione strumentale per RicI, mentre LibI e LibII sono per sonare. L’indicazione di Primo libro presuppone il desiderio di Mayone di pubblicare altri libri di ricercari probabilmente mai composti. La dedica: A DON GIO. BATTISTA SUARDO CONCOBLETTO. A V. S. (nella cui persona, si come in Ciel le stelle non meno le virtù, che la nobiltà risplendono) dedico questa mia piccola fatica, quale, non per disegno, che ‘l mondo me n’habbia da lodare, ò ingrandire io mando in stampa; ma per far conoscere à tutti con effetto, quanto io li sono servitore, & quando è l’obligo, ch’io li hò, che per non potersi in altro modo dimostrare, se non con affetto d’animo, vengo con questa à farli riverenza: supplicandola si degni (fra l’altre gratie e favori fattemi da lei) accettarla con quella solita innata sua cortesia, e generosità d’animo, restando sicuro (se così restarà servita) c’haveranno sotto la sua protettione immortalità, e defensioni contra l’iniquità; resto pregandoli dal Cielo ogni colmo di felicità. Di Napoli il primo d’Agosto, 1606. Ascanio Mayone. Esiste oggi una sola copia dell’edizione originale conservata presso la biblioteca del Conservatorio di musica “S. Pietro a Majella” di Napoli. I ricercari sono generalmente monotematici, vengono regolarmente impiegati stretti, aumentazioni ed inversioni tematiche; non troviamo diminuzioni o sezioni in stile toccatistico. x Ricercare 1, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 2, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 3, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 4, politematico, tempo imperfetto. Il soggetto A appare sette volte nelle prime diciotto battute; il soggetto B appare alla battuta 13 ed è proposto cinque volte tra le battute 18-23; il soggetto C appare alla battuta 24 ma diventa il più frequente soggetto fino alla fine; i soggetti D ed E appaiono alla battuta 30 come controsoggetto di C; le quattro battute finali hanno C in stretto ed in inversione con la simultanea presenza di C, D ed E. x Ricercare 5, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 6, monotematico, tempo imperfetto (batt. 1-52) e C 3/2 (batt. 53-69). x Ricercare 7, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 8, multitematico, tempo imperfetto. I primi due soggetti sono presentati come duplex thema, il terzo appare alla battuta 27. x Ricercare 9, monotematico, tempo perfetto mediato. x Ricercare 10, monotematico con tema accessorio, tempo imperfetto. x Ricercare 11, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 12, monotematico, tempo imperfetto. x Ricercare 13, monotematico, tempo imperfetto. 262 Cap 2.1, 24. 77 x x x x x Ricercare 14, Canto Fermo Primo263 (Canto), tempo imperfetto. Ricercare 15, Canto Fermo Secondo (Tenore), tempo imperfetto. Ricercare 16, Canto Fermo Terzo (Basso), tempo imperfetto. Ricercare 17, Canon alter alterius in diapente superius, tempo imperfetto. Ricercare 18, multitematico, tempo imperfetto. I quattro soggetti, di due battute ciascuno, sono presentati al Basso sotto forma di tema quadruplo. 3.3.3. SECONDO LIBRO DI DIVERSI CAPRICCI PER SONARE (1609) Il Secondo libro contiene 5 ricercari, 4 canzoni alla francese, un madrigale intavolato, 5 toccate e una serie di variazioni. E’ stampato in partitura con quattro pentagrammi. La dedica: A DON GIO. BATTISTA SUARDO. Il Secondo parto del mio rozzo ingegnio per sonare, hò voluto mio Signore mandar fuora sotto la protettione della sua amorevolezza, & innata cortesia, à cui per obligo di servitù, dovendo tutto me stesso, e non potendo, cerco darli saggio di tributo. Gradisca V. S. il dono, come d’ingegno, ch’è la meglior parte; tanto più come sua professione; e che l’è tanto cara, più che nessun’altra, di quante per ornamento della sua Nobiltà, e grandezza fa professione (segno chiaro d’un animo nobilissimo, e generosissimo) acciò il suo felicissimo Nome; quello ch’in esso manca per mia imperfettione, supplisca la sua grandezza, e perfettione. Resto, con farli mille reverenze e, pregandoli dal cielo quella tranquillità d’animo che desea: da Napoli il dì 28. di luglio 1609. Ascanio Mayone. Il Secondo libro contiene anche un prezioso avvertimento. ALLI STUDIOSI AVERTASI da chi per suo capriccio volesse vedere questa poco fatica del Secondo Libro, perché vi sono diversi capricci, e perché quando si sona con passaggi, ò si adornano opere di passaggi, sempre vi passano alcune note false contra la regola del contrapunto, senza le quali è impossibile, che bello effetto faccia; per questo dico a chi questa opera vederà, che non si scandalizza, e mi giudica di poco osservatore delle regole del contrapunto, delle qual sempre hò fatto professione quanto si è possibile col mio rozzo ingegno di osservare, e chi di questo vuol star sicuro, e li dispiacesse questo modo di sonare; potrà vedere, e servirse delle Ricercate poste nel principio del presente, come ho fatto anco al Primo Libro de miei Capricci quale credo, che siano osservate, acciò ogn’uno si pascha di quello, che più l’aggrata servire; E perché per comodità della Stampa sono stato forzato, (com’anco hò fatto al Primo Libro) mutare le chiave per mezzo l’opere per ogni parte: avertasi anco in questo, acciò che le vedrà, non prenda errore; e più avertasi nelle cadenze dove si fanno trilli, ho signato un semituono solo nella prima nota del detto trillo per breviare il volume; si che il studioso potrà da se considerare il tutto, e con giuditio, che non è stato per non prendere fatica, ò per poca diligentia; ma per comodità della Stampa; & del resto mi rimetto al giudizio delli amorevoli, che so, che mi scuseranno; considerando, che nelle Stampe sempre vi nascondono mancamenti, per 263 Il canto fermo è La Spagna. 78 diligentia, che vi si faccia; e che la mia intentione non è in altro fondata solo (placenti Deo) giovare à chi non sa, e desidera imparare alcuna cosa del mio si pur ve n’è: à Dio. Mayone ci appare in atteggiamento difensivo: i cambi di chiave, l’omissione di alcune alterazioni sono consueti nelle stampe dell’epoca, perché mai deve anticipatamente scusarsi? Che le diminuzioni vadano a volte contro le regole del contrappunto lo aveva già affermato Ortiz nel suo trattato quando descrive le tre maniere per glosare264: La terza maniera si è, uscire de la composition’ e andare a orecchia poco più poco meno non osservando certezza di quel che si sona. La scrittura di Mayone deve esser sembrata molto ardita e, soprattutto, ricca di dissonanze e “stravaganze”, tranquillamente impiegate nelle improvvisazioni ma non tollerate nelle opere a stampa. In effetti, Mayone e, successivamente, Trabaci daranno un forte impulso all’esplorazione delle dissonanze più ardite, estremizzando le libertà armoniche sperimentate dal loro maestro, Giovanni de Macque. Esistono oggi solo due copie di LibII; una si trova presso il Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, l’altra presso la Bibliothèque Nationale di Parigi. Le due copie sono pressoché identiche fino alla pagina 151: quella di Bologna ha la parola “FINIS” alla pagina 152, dopo la fine della Septimadecima delle Partite sopra la Romanesca. L’edizione parigina contiene tre variazioni in più e termina a pagina 160 ma non contiene la parola “FINIS”. RICERCARI I ricercari di LibII sono più complessi e variegati a paragone con LibI: tre ricercari sono su cantus firmus e compaiono maggiori artifici contrappuntisti, due ricercari hanno le indicazioni dei toni. Recercar del decimo tuono. Il tono è naturale e vi sono tre fughe. I primi due soggetti appaiono come duplex thema, il terzo compare per la prima volta alla battuta 25. Il terzo soggetto è proposto spesso in entrate in stretto e simultanee a distanza di terza o di decima. L’ultima cadenza ha l’entrata simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 78 battute di brevi. Recercar del quarto tuono. Il tono è trasposto per b molle e vi sono tre fughe. I primi due soggetti appaiono come duplex thema, il terzo compare per la prima volta alla battuta 21. Gli incipit dei soggetti sono spesso modificati ritmicamente con molte entrate in stretto ma poche entrate simultanee. Anche l’ultima cadenza non ha l’entrata simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto; il ricercare è lungo 63 battute di brevi. Recercar sopra Ave Maris Stella. E’ nel primo tono trasposto per b molle con l’inno dell’ Ave Maris Stella in forma di cantus firmus esposto quattro volte265; il ricercare risulta, così, diviso in quattro sezioni ciascuna con un trattamento contrappuntistico affidato a soggetti differenti: 1. batt. 1-39, cantus firmus al Tenore + un soggetto; 2. batt. 40-78, cantus firmus all’Alto + un soggetto; 3. batt. 79-116, cantus firmus al Basso + un soggetto; 4. batt. 117-155, cantus firmus Canto + due soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. 264 Ortiz 1553, 4f. Nella seconda e terza esposizione del cantus firmus l’intervallo iniziale, un’intervallo di quinta dell’originale gregoriano, viene trasformato in una quarta. 265 79 Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa. E’ nel primo tono trasposto per b molle col cantus firmus in brevi. Il canto fermo di Costantio Festa, conosciuto anche col nome di La Spagna o Il Re di Spagna, era già stato utilizzato in importanti pubblicazioni: Trattado de glosas di Diego Ortiz266, Regole di musica di Rocco Rodio267 e Della Pratica Musica vocale et strumentale di Scipione Cerreto268. Il ricercare di Mayone intreccia tre soggetti al canto fermo: i primi due si presentano sotto forma di duplex thema, il terzo entra alla battuta 27, a ricercare avanzato; i tre soggetti entrano simultaneamente nella cadenza finale. L’indicazione ritmica è il tempo perfetto mediato; il ricercare è lungo 37 battute di brevi. Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa & per sonar all’arpa. E’ nel primo tono naturale con un solo soggetto che si intreccia col cantus firmus in brevi. Il soggetto viene sottoposto a diminuzioni, inversioni, entrate in stretto ed entrate a coppia per terze, seste e decime parallele. Dalla battuta 20 fino alla fine compaiono scale di semicrome ascendenti e discendenti che alleggeriscono la trama contrappuntistica e rendono il ricercare appropriato all’arpa doppia269; l’estensione delle parti rende impossibile tenere le note del canto fermo per tutta la loro durata se si esegue il pezzo al clavicembalo. L’indicazione ritmica è il tempo perfetto mediato; il ricercare è lungo 37 battute di brevi. CANZONI ALLA FRANCESE Le canzoni alla francese di LibII sono molto più complesse rispetto a LibI, le sezioni sono più allargate, gli artifici contrappuntistici sono molto evoluti, specialmente nelle variazioni tematiche, compaiono lunghe fioriture virtuosistiche. La Canzon Francese Prima è in tre sezioni: 1. Batt. 1 – 36 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-19 e 20-36. 2. Batt. 37 – 60 (tempo C 3/2) . 3. Batt. 61 – 78 (tempo C). Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; sia il soggetto che il controsoggetto non mutano mai di funzione in tutte le sezioni ma vengono semplicemente sottoposti a variazione ritmica. Solo la cadenza conclusiva della prima sezione ha una figurazione di tipo toccatistico. La Canzon Francese Seconda è in tre sezioni: 1. Batt. 1 – 14 (tempo C). 2. Batt. 15 – 33 (tempo C 3/2) . 3. Batt. 34 – 80 (tempo C). Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso. La prima sezione è molto breve se paragonata alle altre canzoni di Mayone; il controsoggetto diventa soggetto della seconda sezione, viene sottoposto ad inversioni ed aumentazioni e viene anche proposto in entrate a coppie per terze o seste, retaggio delle coppie di temi spesso impiegate da Giovanni de Macque. La terza sezione ritorna col soggetto e controsoggetto iniziali ma, per ventisei battute, si produce in una pirotecnica successione di scale e trilli rapidissimi; la conclusione della canzone è, comunque, in perfetto stile imitato con coppie di soggetto e controsoggetto per terze. La Canzon Francese Terza è in tre sezioni: 1. Batt. 1 – 36 (tempo C) in due subsezioni: batt. 1-21 e 21-44. 2. Batt. 45 – 58 (tempo C 3/2) . 3. Batt. 59 – 86 (tempo C). 266 Ortiz 1553; vedi Cap. 1.1. Rodio 1609; vedi Cap. 1.2. 268 Cerreto 1601; vedi Cap. 3. 269 Kelton 1961, 103; Fabris 1986, 213 e segg. 267 80 Il soggetto entra al Basso, Tenore, Alto e Canto; la cadenza intermedia a batt. 21 è preceduta da una lunga fioritura in biscrome alla parte acuta; la breve seconda sezione ha soggetto e controsoggetto diversi della prima; la terza sezione riprende il soggetto iniziale accompagnato da scale e trilli di tipo toccatistico. La Canzon Francese Quarta ha l’incipit iniziale leggermente variato rispetto al consueto ritmo dattilico: Fig. 3.2.4.: Canzon Francese Quarta, batt. 1-2. E’ anch’essa in tre sezioni: 1. Batt. 1 – 26 (tempo C). 2. Batt. 27 – 33 (tempo C 3/2) . 3. Batt. 34 – 73 (tempo C). Il soggetto entra al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; le quattro note congiunte discendenti (mi re do si) verranno sfruttate moltissimo nel corso della canzone anche in inversione; questo frammento tematico diventa anche soggetto della seconda sezione. La terza sezione impiega una variante aumentata del soggetto iniziale accompagnata da altri frammenti tematici diminuiti; le battute 58-73 hanno il segno di ritornello. Fra tutte le canzoni di Mayone, la Quarta di LibII è la più complessa nella variazione tematica e nell’impiego degli artifici contrappuntistici. MADRIGALI INTAVOLATI Io mi son giovinetta del Ferabosco diminuito per sonare da Scipione Stella, Gio. Dom. Montella, Ascanio Mayone.270 Nel 1603 Trabaci aveva pubblicato una sua versione sulla ballata di Ferabosco271. Mayone risponde nel 1609 con una versione intavolata “a sei mani”: i tre compositori indicati nel titolo si alternano nella composizione del pezzo senza soluzione di continuità. Questa versione non si discosta affatto dall’impianto di Trabaci, ma sfoggia, specialmente alla fine, maggior virtuosismo esecutivo. Di volta in volta viene indicato in partitura la paternità di ciascuna sezione: Batt. 1 – 6: Montella Batt. 7 – 10: Mayone Batt. 11 – metà 16: Montella Batt. metà 16 – metà 23: Mayone Batt. metà 23 – 24: Montella Batt. 25 – 28: Mayone Batt. 29 – 35: Stella. Io mi son giovinetta presenta un’elaborazione più complessa rispetto ad Ancidetemi pur del Primo libro, vengono diminuite tutte le voci con figurazioni a volte bizzarre, spesso in imitazione. Il modello vocale, punto di riferimento della condotta delle parti, non è più percepibile all’ascolto. 270 Ballata di Domenico Ferabosco, testo di Giovanni Boccaccio, pubblicata nel Primo libro di Madrigali a 4 di diversi eccellentissimi autori, A. Gardane, Venezia, 1542. 271 Vedi Cap 3.4, 98. 81 Dei tre, Montella è il più fedele all’originale vocale mentre Mayone si esprime con le cadenze più pirotecniche; la sezione conclusiva di Stella è la più complessa, le imitazioni sono condotte a lungo con scrittura contrappuntistica densa e grande abilità di sviluppo. TOCCATE Le cinque toccate di LibII sono molto simili stilisticamente a quelle di LibI. Spiccano la Toccata quarta e la Toccata quinta entrambe indicate dall’autore per il Cimbalo Cromatico. I passaggi cromatici sono ben circoscritti all’interno delle toccate: - batt. 1-10 e 21-24 (toccata quarta) - batt. 6-21 e 29-30 (toccata quinta) La Toccata quarta, nello stile delle durezze e ligature, non eccede in cromatismi (ha soltanto il La bemolle ed il re bemolle tra le battute 21-24), la Toccata quinta è, invece, decisamente più ardita: troviamo, in poche battute, tutte le sette note alterate mentre non esiste alcun bemolle. Le altre sezioni delle toccate cromatiche hanno le tipiche figurazioni rapide che risultano molto difficili da eseguire sulla tastiera del clavicembalo cromatico che ha l’ottava divisa in 19 tasti. Fig. 3.2.5: Tastiera di “Cimbalo cromatico” (con prima ottava in sesta, dal Do, e doppiamente spezzata). Da JOHANN BAPTIST SAMBER, Manuductio ad organum, Salzburg, Witwe und Erben, 1704, Parte I, p. 103. La conclusione della quinta toccata, inoltre, con trilli e scale di biscrome alternativamente all’acuto ed al basso, è di straordinaria forza drammatica . PARTITE Partite sopra la Romanesca Le partite sopra la Romanesca mostrano le medesime tecniche compositive riscontrate nelle partite sopra Rogiere con imitazioni di brevi motivi per terze, seste o decime parallele. Il tetracordo discendente è l’elemento che caratterizza quasi tutte le partite: è usato come soggetto autonomo, come elemento costitutivo di figurazioni più ampie, in aumentazione, in diminuzione, in inversione, in terze o seste parallele, con varianti ritmiche. La prima partita è, come negli altri esempi, accordale con fioriture di trilli; tra le poche partite non fondate sul tetracordo segnaliamo la quarta ricca di trilli e la sesta accordale. Le variazioni più funamboliche sono la septimadecima e la vigesima conclusiva; la cadenza che conclude la septimadecima è tra le più brillanti e stravaganti dell’intera opera di Mayone. 82 3.3.4 ESEMPI MUSICALI PUBBLICATI IN “LA SAMBUCA LINCEA” (1618) Fabio Colonna, nel suo trattato “La Sambuca Lincea”272, descrisse il clavicordo di sua invenzione che disponeva di 31 tasti per ottava e che permetteva, quindi, di suonare musiche in 31 tonalità diatoniche, cromatiche ed enarmoniche. Avendo diviso in tre parti il semitono diatonico otteneva due specie di genere enarmonico, molle ed intenso273, ed avendo diviso il tono in due semitoni disuguali otteneva due specie di genere cromatico, molle ed intenso. Fabio Colonna era un botanico ed affrontava i problemi musicali dal punto di vista matematico; volle, tuttavia, che nel suo trattato comparissero degli esempi musicali composti dal Signor Ascanio Maione che senza prattica dell’istromento, per l’eccellenza che tiene nella Musica, à nostra richiesta ha fatto li soscritti esempi, solamente con haver veduto le note dei Tetracordi. Dalli quali esempi potrassi altro virtuoso ad emulatione affaticarsi non solo a farne degli altri regolati, ma più affettuosi e belli, come per l’avvenire ancor da lui procureremo con la prattica dell’istromento qualche leggiadra composizione & lunga, oltre che presto di spera usciranno le composizioni del Padre Stella.274 Mayone compose otto brevi esempi musicali che evidenziano le principali virtù dello strumento enarmonico: contrappunti in consonanza basati sugli antichi generi greci, “strisciate di voce” per quinti di tono, composizioni circolanti per i 31 gradi della scala. Ciascun esempio ha un titolo che specifica l’aspetto musicale trattato, qui riportato in corsivo; la scrittura è contrappuntistica con notazione in partitura con quattro pentagrammi, le battute sono di brevi. 1. Enarmonico molle osservato nel soprano conforme il Tetracordo, & ottacordo, 4 battute sul testo del Kyrie Eleison. 2. Enarmonico molle osservato in fuga da quattro parti, 9 battute sul testo del Kyrie Eleison. 3. Esempio dell’Enarmonico intenso con 4. parti, 7 battute sul testo del Kyrie Eleison. 4. Esempio del Cromatico Intenso nel Soprano conforme l’ottocordo, 5 battute sul testo del Kyrie Eleison. 5. Cromatico Intenso à quattro parti, 14 battute senza testo. 6. Esempio del Cromatico molle con quattro parti, 7 battute sul testo del Kyrie Eleison. 7. Composizione confusa nelli tre geni (sic)275, 13 battute sul testo dello Stabat Mater. 8. Altro esempio dell’autore per Terza, 3 battute senza testo. 9. Altro esempio dell’autore per Quarta & Sesta, 5 battute senza testo. 10. Consonanze sopra i tasti enarmonici dal Diatonico, 5 battute senza testo. 11. Altre Consonanze sopra l’Enarmonico, 3 battute senza testo. 12. Esempio della Quarta & Sesta minore, 7 battute senza testo; qui sono presenti le “strisciate di voce” 272 Vedi Cap. 3.1, 45-46. Le specie “molle” ed “intenso” erano così chiamate perché, passando dalla prima alla seconda, la tensione delle corde aumentava. 274 Colonna 1618, 92. Non si conoscono opere di Padre Stella con scrittura enarmonica. 275 Prima di questo brano è scritto: Del diatonico non se pone essempio per esser cosa volgare, & facile come habbiamo detto di sopra, ma differente dalla usuale diatonica che tiene Cromatico misto nelli tre generi. (Pag. 98) 273 83 13. Esempio della circolatione delli gradi Enarmonici, & Cromatici, Semituoni maggiori, & Tuoni, 51 battute senza testo. In questo contrappunto ogni 2 battute circa, vi è una modulazione alla quinta superiore; la circolazione delle quinte chiude dopo 31 modulazioni. Il cambio tra tonalità con diesis e bemolle avviene con l’enarmonia tra La## e Do doppio bemolle. 84 3.4 GIOVANNI MARIA TRABACI Un documento dell’Archivio Notarile di Napoli276 così recita: Gio. Maria Trabaci, di Montepeloso, al presente domiciliato a Napoli e Maestro della R. Cappella, figlio del quondam Antonio Trabaci e d’Ippolita Galluccio, dà a mutuo a Livia Figura di Napoli, vedova, duc. 300, alla ragione del 9%. Montepeloso, oggi Irsinia, faceva parte della Basilicata, quarta provincia del regno di Napoli, ed era sede vescovile277. Trabaci mantenne delle proprietà nel paese natio anche parecchi anni dopo il trasferimento in Napoli. 28 gennaio 1631 – Giovanni Maria Trabaci, Maestro di Cappella della Reale Cattolica Maestà di questo Regno di Napoli, costituisce suo procuratore il M.co Francesco Lombardo della Terra di Monte Peloso278 Nessun documento ci attesta la data di nascita che sarà avvenuta presumibilmente intorno al 1575. Il primo documento che dichiara la presenza a Napoli di Trabaci risale al primo dicembre del 1594, giorno in cui viene assunto come cantore nella chiesa della SS. Annunziata, dove Camillo Lambardi era maestro di cappella, Ascanio Mayone e Giuseppe Marancia279 rispettivamente primo e secondo organista280. La carriera di Trabaci si intreccia, quindi, con quella di Mayone: nel 1594 Trabaci si trova in situazione subalterna rispetto a Mayone ma le cose cambieranno ben presto. Trabaci, intanto, collauda nel 1597 il nuovo organo dei Filippini svolgendovi, con certezza nel 1601281, l’attività di organista282. Il 30 ottobre 1601 entra come organista nella Cappella Reale, dove era maestro Giovanni de Macque, abbandonando l’incarico di organista all’Annunziata. Mayone arriverà alla Cappella l’anno dopo, nel 1602 come secondo organista: Mayone è, ora, in posizione subalterna rispetto a Trabaci. E’ probabile che tra Mayone e Trabaci ci fosse rivalità e che altri musicisti napoletani parteggiassero per uno o per l’altro: Scipione Cerreto283, ad esempio, non inserisce Trabaci nell’elenco dei Nomi de i Musici Napoletani e Compatrioti, che sono stati in questa Città di Napoli dall’Anno 1500, infino al dì d’oggi284; Mayone, invece, vi compare ben tre volte, onore riservato a nessun altro musicista: tra i compositori, gli organisti e gli arpisti. Nella dedica del 1615, Trabaci sottolineerà la gratitudine nei confronti dell’allora viceré Francesco di Castro per aver caldeggiato la sua nomina a maestro della Real Cappella; l’anno precedente, morto de Macque (settembre 1614), Trabaci ne era diventato il successore, primo italiano ad assumere questo prestigioso incarico285. Mayone diventa primo organista, prendendo il posto lasciato vacante da Trabaci. La Real Cappella di Napoli286, al momento in cui Trabaci ne assume la direzione, è composta da sette soprani, quattro contralti287, tre contralti-tenori, cinque tenori288, sei 276 Protocolli Notaro Francesco Borrelli, 1616, c. 69; cit. in Prota Giurleo 1960, 185. Beltrano 1671, 176. 278 Napoli, Archivio notarile, Prot. Nr. Giacomo de Muro, 1631, c. 53; cit. in Prota Giurleo 1960, 185. 279 Ascanio Mayone prese il posto di Scipione Stella nel 1593; Giuseppe Marancia quello di Giovanni de Macque nel 1594. Vedi Jackson 1964, 19. 280 Prota Giurleo 1960, 185. 281 Jackson 1964, 16. 282 Pannain 1934, xxviii. 283 Vedi volume II, tavola n.°1. 284 Cerreto 1601, 154-160. 285 Vedi Cap 1.1, 1. 286 Prota Giurleo 1960, 187-188. 287 Le voci dei soprani e dei contralti erano affidate ad uomini castrati o falsettisti. 277 85 bassi e contro-bassi, sei violinisti, un cornettista, un trombonista, un liutista, un arpista, due organisti (Ascanio Mayone e Francesco Lambardi) ed un organaro (Alessandro Fabbri)289. Trabaci ridusse drasticamente il numero delle pubblicazioni dopo l'incarico di maestro di cappella; forse divenne meno produttivo a causa delle condizioni turbolente a Napoli seguenti il viceregno di Castro. Con il viceré duca di Ossuna (1616-1620) l’economia napoletana cominciò a deteriorarsi aumentando, così, il disagio del popolo: nel 1620 vi fu una rivolta, la popolazione protestò per la scarsezza del pane e per la circolazione di soldi falsi; una carestia seguì nel 1622. Solamente con l'arrivo del conte di Monterrey (viceré dal 1631 al 1637) vi fu un leggero miglioramento, salvo un drastico peggioramento dopo la sua partenza290. Benché il ruolo di Maestro della Real Cappella fosse il più prestigioso incarico musicale a Napoli, Trabaci restò legato ai Padri Filippini come semplice organista e con un modesto compenso291 ; Forse faceva ciò più per senso di devozione verso i buoni Padri Filippini, che curavano la musica a Napoli in grado superlativo, che per accrescere i suoi proventi; infatti era molto religioso.292 La religiosità di Trabaci si manifestò musicando tanti poemi scritti soprattutto da membri dell’Oratorio dei Filippini: Trabaci dedicò, inoltre, cinque delle sue pubblicazioni alla Madonna (1602, 1605, 1608, 1609, 1630293). Al tempo stesso fu in stretto contatto con nobili napoletani di prim’ordine fra cui Marcantonio de Ponte294, Ottavio e Giovanna di Capua dedicandosi alla composizione di musiche d’occasione295. L’ultima pubblicazione di Trabaci è del 1634296; non conosciamo altri particolari della sua attività fino al 1647, anno della sua morte. Sono anni molto difficili a causa della crisi economica e delle rivolte popolari; si succedono in breve tempo diversi viceré, Medina de las Torres, Alfonso Enriquez, il duca di Arcos. Il 1647 è l’anno della rivolta di Masaniello: Trabaci muore il 31 dicembre nel Convento della Trinità degli Spagnoli nel bel mezzo degli scontri tra don Giovanni d’Austria ed i popolari di Enrico di Lorena297. 288 Fra cui Pietro Cerone, autore del celebre trattato El Melopeo y Maestro. Alessandro Fabri, visse a Napoli tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600. Risulta attivo come organaro e cembalaro (Nocerino 1995, 93). 290 Jackson 1964, 40. 291 Dal 1625 al 1630 venne ricompensato con 2 ducati, 2 tarì e 10 grana più un regalo una tantum d’olio. Prota Giurleo 1960, 189. 292 Ibidem. 293 Mottetti I a 5-8, Napoli, G.G. Carlino, 1602; Messe e mottetti I a 4, Napoli, Vitale, 1605; Salmi I a 4, Venezia, A. Gardano, 1608; Sylvae harmonicae variarum lib. I, Napoli, G.G. Carlino, 1609; Salmi de vespri II a 4, Venezia, Gardano-Magni, 1630. 294 Cui dedicò il primo libro dei madrigali del 1606. 295 Vedi più avanti, a pag 87. 296 Passioni op. 13, Napoli, O. Beltramo, 1634. 297 Successore di Trabaci fu Andrea Falconieri il quale, nel 1650, due anni dopo aver assunto l’incarico, fece pubblicare a Napoli, presso Pietro Paolini e Gioseppe Ricci, Il Primo libro di canzoni…à uno, due, e trè con Basso Continuo dedicato a don Giovanni D’Austria. 289 86 3.4.1 RICERCATE, CANZONE FRANZESE, CAPRICCI, CANTI FERMI, GAGLIARDE, PARTITE DIVERSE, TOCCATE, DUREZZE, LIGATURE, CONSONANZE STRAVAGANTI, ET UN MADRIGALE PASSEGGIATO NEL FINE. Opere tutte da sonare, a quattro voci. DI GIO: MARIA TRABACI, ORGANISTA nella Regia Cappella di Palazzo in Napoli, Nuovamente da lui composto, & dato in luce. LIBRO PRIMO IN NAPOLI, Per Constantino Vitale MDCIII. La dedica: AD OTTAVIO DI CAPOA/ DEL BALZO/ ET D. GIOVANNA DI CAPOA/ SUA MOGLIE. Ai meriti infiniti de’ suoi maggiori, hà V.S. giunto tanto lume/ con le proprie virtù. Che risplende sua casa con tutte le illustri at-/tioni, che potessero farla immortale. Et tra gli altri splendori/ riluce quel della Musica di cui, ò sia ella di voce, ò sia de istro-/menti hà voluto sempre dilettarsi in maniera che ha fatto pro-/fessione anco di imitarla la Signora Donna Giovanna sua con-/sorte nel farla conseguire dalle sue create; Onde è piaciuto alle / Signorie vostre favorire ad ogni modo professori di quella, come sono degnate favor/me loro servitore, che obligato alle molte gratie, & ai continui benefittij ricevuti, han-/ no obligato anco l’animo mio ad esser sempre devotissimo della lor Illustrissima Casa, et/ ad offerirgli tributi di eterno debito, quale io presento hora in queste picciole, & povere/ fatiche, ma che riceveranno augumento, & ricchezza dalla lor buona gratia, de-/ gnandosi riceverle con quella grandezza d’animo con la quale io le presento ad ambe/ due , & pregandoli in tanto dal cielo felicità, & grandezza, li faccio riverenza./ Di Napoli il dì 10. di Settembre. 1603./ Delle SS. VV./ Devotissimo Servitore/ Gio: Maria Trabaci. La nobile famiglia Di Capua promuoveva l’attività musicale in Napoli e, forse, era in competizione con Carlo Gesualdo da Venosa ed il suo entourage298. Le famiglie nobili rivaleggiavano tra loro anche attraverso l’allestimento di sontuose feste allietate da musiche e danze. Gli stessi nobili cantavano accompagnandosi con la chitarra spagnola: il repertorio consisteva per la maggior parte in canzoni spagnole e solo Trabaci, fra i compositori napoletani importanti, ne scrisse un notevole numero299. Il legame tra la famiglia Di Capua e Trabaci era molto forte: oltre all’omaggio ad entrambi i coniugi del Primo libro dei ricercari, il musicista dedicò ad Ottavio le Villanelle del 1606300 ed a Giovanna i Madrigali del 1611301. Trabaci presenta la sua opera come un esempio di disciplina nello studio necessaria per raggiungere elevate competenze: AI LETTORI Queste mie fatiche di Musica da sonarsi sopra qualsivoglia strumento, ma più proportionevolmen-/ te ne gli Organi, e ne i Cimbali, sono state fatte da me con tutta quella osservata diligenza, e chiaro, / e distinto modo, che più possa esser facile à coloro, che vogliano porre in opera viva le presenti note./ Ma si come il Cavallo; quantunque la maestra natura l’habbia formato attissimo al corso; non potrà/ egli giamai però regolatemente correre, se non è guidato dalla disciplina dello sprone, e del freno;/ così queste mie consonanze; ancor che da me siano state composte con molto aggiustamento, 298 Jackson 1964, 33. Larson 1983, 65. 300 Villanelle alla napoletana, Napoli, G. G. Carlino, 1606. 301 Madrigali II a 5, Venezia, A. Gardano, 1611. 299 87 se da voi, benigni/ Lettori, non vi si pone lo studio, e l’ordine, che vi bisogna in dar loro il devuto spirito della attual Musica; facil cosa sarà, ch’elle non appaiano veramente tali ne i vostri motivi, quali in se stesse sono; e così non mia, ma vostra sarà/ la colpa del non riuscito fine del mio intento; il quale non è indrizzato ad altro, che ad amorosamente giovarvi, e dilettarvi. RICERCARI I dodici ricercari del primo libro sono quasi tutti multitematici con indicazione nel titolo del numero dei soggetti. L’autore scrive a volte anche l’artificio contrappuntistico prevalente: inganni, riversi, note che passano per false. I ricercari costituiscono un ciclo unitario nei dodici toni; Trabaci, a differenza di Mayone, segue l’esempio del maestro Giovanni de Macque che aveva già portato a compimento un ciclo di dodici ricercari302: l’ordinata sequenza dei toni, la precisa indicazione del numero dei soggetti e l’indicazioni degli artifici compositivi adottati conferiscono all’opera un carattere teorico-sistematico. Sembra che Trabaci abbia voluto dar saggio di competenza tecnica ponendosi su un piano di superiorità rispetto a Mayone che nello stesso anno303 pubblicò quattro ricercari meno dotti e, soprattutto, senza alcun ordine sistematico di composizione. Fra tutti gli artifici impiegati, si segnalano gli inganni perché sono una caratteristica peculiare dell’opera di Trabaci304. Lo inganno si fa ogni volta, che una parte incominciando un soggetto il conseguente, la seguita non per gl’istessi gradi; ma si bene per gl’istessi nomi di sillabe.305 I nomi delle note gli sono gli stessi ma cambiano gli esacordi di riferimento: la linea melodica viene così modificata. La fig. 3.4.1. mostra un esempio di inganno: Fig. 3.4.1.: Trabaci, Ricercare n. 11 (1615), batt. 6 e 35. Nel primo caso l’intervallo iniziale Ut – Fa appartiene allo stesso esacordo, nel secondo caso il Fa appartiene ad un esacordo diverso per cui cambia l’intervallo. Nei ricercari di Trabaci si incontrano tre tipi di inganni: 1. mutazione di esacordo in un punto del tema; 2. sostituzione di una singola nota del tema; 302 Vedi Cap. 3.1. Vedi Cap. 3.3, 73-74. 304 Jackson 1964, 204-208. 305 Artusi 1603, 45. 303 88 3. inganno con più di una modulazione di esacordo o sostituzione di nota all’interno di un tema. Primo tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore ed all’Alto; il secondo soggetto, controsoggetto del primo (duplex thema), appare a partire dalla battuta 3 al Basso; il terzo soggetto appare a partire dalla battuta 8 al Canto306. Il pezzo è molto affine stilisticamente ai ricercari di Giovanni de Macque con entrate simultanee ed in stretto; l’incipit del primo soggetto è spesso modificato ritmicamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 62 battute di brevi. Secondo tono con quattro fughe Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare nell’esposizione solo all’Alto, il secondo soggetto appare a partire dalla battuta 2 al Canto, il terzo soggetto appare alla battuta 3 all’Alto come controsoggetto del secondo, il Tenore entra solo alla battuta 7 col terzo soggetto ed il Basso alla battuta 11 con il quarto soggetto. Le quattro seminimine discendenti che caratterizzano l’incipit del secondo soggetto e la parte centrale del terzo, vengono spesso sfruttate da Trabaci per entrate in stretto e simultanee alla terza, l’incipit del primo soggetto è spesso modificato ritmicamente; alla fine c’è l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 56 battute di brevi. Terzo tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Tenore alla battuta 6 ed al Basso alla battuta 11; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto; il terzo soggetto appare pure alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del secondo. Il terzo soggetto, articolato ritmicamente, offre molto materiale tematico durante lo sviluppo. La fine del pezzo è caratterizzata dall’entrata in coppie del secondo soggetto al Canto e all’Alto con il terzo soggetto al Tenore ed al Basso. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 40 battute di brevi. Quarto tono con tre fughe, et inganni Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso come controsoggetto del primo (duplex thema); il terzo soggetto appare alla battuta 7 al Basso ed ha l’incipit (tre minime precedute da pausa) identico al secondo. Il ricercare è costruito sopra l’artificio contrappuntistico dell’inganno. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 50 battute di brevi. Quinto tono con quattro fughe, et note che passano per false I quattro soggetti entrano ciascuno in una sola voce: il primo soggetto al Canto, il secondo soggetto al Tenore alla battuta 3, il terzo soggetto alla battuta 4 all’Alto, il quarto soggetto alla battuta 5 al Basso. Le note che passano per false costituiscono un richiamo ai Tientos de falsas di tradizione iberica: le falsas erano le note dissonanti corrispondenti agli intervalli di seconda, quarta e settima impiegate in forma di appoggiatura. Questo procedimento era ben conosciuto presso i compositori italiani ma il termine false, di derivazione spagnola, è un peculiarità di Trabaci. Questo ricercare, oltre alle note che passano per false, è ricco di diminuzioni e trilli scritti per esteso. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 46 battute di brevi. 306 Alla battuta 6, il Tenore fa udire l’incipit del terzo soggetto in diminuzione. 89 Sesto tono con tre fughe, et suoi riversi Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Canto come controsoggetto del primo (duplex thema); il terzo soggetto appare alla battuta 5 al Canto. Il ricercare è costruito sopra l’artificio contrappuntistico dell’inversione tematica: alla battuta 15 Trabaci indica, con la parola Riversi, il punto in cui cominciano le entrate tematiche in inversione. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei tre soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 46 battute di brevi. Benché il tono non sia trasportato, compare in chiave l’indicazioni del Si bemolle. Settimo tono con due fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del primo (duplex thema). Il secondo tema ha un inciso con minima puntata e due crome che viene continuamente impiegato nel corso del ricercare; gli intervalli iniziali dei due soggetti hanno un andamento per moto contrario307 che risulta molto efficace nelle entrate simultanee. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 53 battute di brevi. Ottavo tono sopra Rugiero, con tre fughe Nessuno dei tre soggetti del ricercare è il “tenore di Ruggiero” ma il primo ha una linea melodica sovrapponibile ad esso: Fig. 3.4.2: Ricercare ottavo, batt. 1-3. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore e al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 6 all’Alto e il terzo soggetto appare alla battuta 8 al Canto. Il ricercare è diviso in tre parti con cambiamento ritmico: batt. 1-43 tempo imperfetto mediato, batt. 44-63 tempo perfetto mediato 3/2, batt. 63 -72 tempo imperfetto mediato. Le battute 28- 33 hanno una scrittura più vicina alle canzoni alla francese che ai ricercari e presentano figurazioni in crome e trilli di semicrome. Fig. 3.4.3: Ricercare ottavo, battuta 29. La sezione centrale è caratterizzata da continue entrate tematiche a coppia. Alla fine del ricercare vi è l’entrata simultanea dei tre soggetti. 307 Primo soggetto con quinta ascendente e terza discendente; secondo soggetto con terza discendente e quarta ascendente. 90 Nono tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore e al Canto, il secondo soggetto appare alla battuta 3 all’Alto, il terzo soggetto appare al Basso alla battuta 3 contemporaneamente al secondo soggetto. Anche se non specificato nel titolo, sono presenti inganni e riversi dei soggetti. Alla fine vi l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 50 battute di brevi. Decimo tono trasportato con una fugha sola Il tono è trasportato una quarta sopra per mezzo del Si bemolle. E’ l’unico ricercare monotematico della raccolta: il soggetto entra al Basso, Tenore, Alto e Canto; il controsoggetto, ritmicamente contrastante, è molto sfruttato nello svolgimento del pezzo. Il ricercare è diviso in tre parti con cambiamento ritmico: batt. 1-33 tempo imperfetto mediato, batt. 34-50 tempo perfetto mediato 3/2, batt. 51-63 tempo imperfetto mediato. Le ultime due battute presentano una cadenza fiorita di tipo toccatistico. Undecimo tono trasportato con due fughe Il tono è trasportato una quarta sopra per mezzo del Si bemolle. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Basso come controsoggetto del primo (duplex thema) e, successivamente, pure al Tenore, Alto e Canto. Il ricercare è fondato sulla perfetta regolarità delle entrate tematiche in stretto senza entrate simultanee. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 45 battute di brevi. Duodecimo tono con quattro fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, il secondo tema appare alla battuta 3 all’Alto Basso, il terzo soggetto appare alla battuta 3 come controsoggetto del primo e il quarto soggetto appare alla battuta 5 come controsoggetto del secondo. Il secondo soggetto è il più sfruttato nello svolgimento per la sua varietà ritmica. Il ricercare conclude con l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 47 battute di brevi. CANZONI ALLA FRANCESE Le sette canzoni alla francese pubblicate nel 1603 sono tutte articolate in diverse sezioni che alternano metri binari e ternari. Nella maggioranza dei casi l’impiego del materiale tematico è vario con un soggetto prevalente cui si affiancano soggetti secondari, particolarmente nelle sezioni ternarie. Al termine delle canzoni, od anche al termine delle sezioni intermedie, Trabaci inserisce cadenze riccamente fiorite, simili alle figurazioni libere delle toccate: l’esecutore deve affrontare le complesse figurazioni liberamente, senza rigore ritmico. Le fioriture conclusive erano già state inserite da Giovanni de Macque nelle proprie canzoni, ma in maniera più sobria; anche Mayone occasionalmente inserisce passaggi fioriti ma ne privilegia l’impiego al termine di sezioni interne. Canzone franzesa prima E’ divisa in cinque sezioni: 1: batt. 1-15, tempo C, soggetto con incipit dattilico, cadenza nel tono d’impianto; 2: batt. 16-27, tempo C. 3/2, nuovo soggetto in minime, cadenza sul V grado; 3: batt. 28-32, stesso tempo di B, nuovo soggetto in semiminime, cadenza sul tono d’impianto; 4: batt. 33-36, stesso tempo di B, nuovo soggetto in minime con controsoggetto in semiminime, cadenza nel tono d’impianto; 5: batt. 37- 52, tempo C, ripresa del primo soggetto e conclusione con cadenza fiorita. 91 Canzone franzesa seconda E’ divisa in cinque sezioni: 1: batt. 1-6, tempo imperfetto mediato, soggetto dattilico presentato in forma accordale, cadenza fiorita nel tono d’impianto; 2: batt. 7-17, tempo perfetto mediato 3/2, soggetto in semibrevi, cadenza nel tono d’impianto; 3: batt. 18- 27, stesso tempo di B, soggetto di sei minime ascendenti per grado congiunto, cadenza nel tono d’impianto; 4: batt. 28- 36, tempo imperfetto mediato, soggetto anacrusico in seminimime esposto in forma accordale, cadenza leggermente fiorita nel tono d’impianto; 5: batt. 37-54, tempo imperfetto mediato, soggetto D presentato anche diminuito, estese fioriture in tutta la sezione con cadenza conclusiva in biscrome. Canzone franzesa terza E’ divisa in quattro sezioni: 1: batt. 1-15, tempo C, soggetto dattilico, cadenza nel tono d’impianto; 2: batt. 16-40, tempo C, due soggetti derivati da frammento “a” del primo soggetto, cadenza sul III grado; 3: batt. 41-46, tempo C. 3/2, due soggetti derivati dai frammenti “a” e “c” del primo soggetto 4, cadenza sul tono d’impianto; 5: batt. 47-59, tempo C, soggetto derivato dal frammento “b” del primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto . Fig. 3.4.4., Canzon francesa terza, primo soggetto. Canzone franzesa quarta E’ divisa in sei sezioni: Batt. 1-8, tempo C, sezioni introduttiva con accordi e fioriture; 1: batt. 9-16, tempo C. 3/2, soggetto con minima puntata e semiminime, cadenza sul III grado; 2: batt. 16-20, tempo C. 3/2, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto, cadenza sul III grado; 3: batt. 21- 29, tempo C, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto, cadenza sul III grado; 4: batt. 30-37, tempo C. 3/2, soggetto derivato dai frammenti “a” (inverso) e “c” del primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto; 5: batt. 38-45, tempo C, soggetto derivato dal frammento “c” del primo soggetto, cadenza sul VII grado; 6: batt. 45-65, tempo C, soggetto derivato dai frammenti “a” e “b” del primo soggetto, grande cadenza finale, elaborata e fiorita. Fig. 3.4.5., Canzon francesa quarta, primo soggetto. 92 Canzona franzesa quinta sopra Dunque credete ch’io Il soggetto è tratto dall’omonimo mottetto di Jacob Arcadelt308 pubblicato a Venezia nel 1539. Il rifarsi, per una composizione di genere spigliato come la canzone ad una forma dotta come il madrigale, è certamente insolito; e tanto più lo è nel caso specifico, dato il carattere schiettamente mottettistico della composizione di Arcadelt. In Trabaci, comunque, non vi è molto di più del semplice riferimento: egli mutua dalla pagina dell’autore fiammingo i temi iniziale e finale e li elabora nelle corrispondenti sezioni della canzone.309 La canzone è divisa in cinque sezioni: 1: batt. 1-24, tempo imperfetto mediato, cadenza nel tono d’impianto; 2: batt. 25-32, tempo perfetto mediato 3/2, cadenza nel tono d’impianto; 3: batt. 33-39, tempo imperfetto mediato , cadenza sul IV grado; 4: batt. 39-44, tempo perfetto mediato, cadenza sul tono d’impianto; 5: batt. 45-54, tempo imperfetto mediato, cadenza sul tono d’impianto con leggere fioriture. Canzona franzesa sesta E’ divisa in cinque sezioni: 1: batt. 1-7, tempo imperfetto mediato, soggetto con ritmo dattilico, cadenza nel tono d’impianto; 2: batt. 8-24, tempo perfetto mediato, soggetto nuovo, cadenza sul V grado; 3: batt. 25-37, tempo imperfetto mediato, soggetto nuovo, cadenza sul tono d’impianto; 4: batt. 38-49, tempo perfetto mediato, soggetto della sezione 2 con contrappunto di quattro note contro una, cadenza sul tono d’impianto; 5: batt. 50-62, tempo imperfetto mediato, ripresa del primo soggetto con incipit variato, cadenza finale fiorita. Canzone franzesa settima cromatica E’ divisa in tre sezioni: 1: batt. 1-33, tempo imperfetto mediato, soggetto con incipit dattilico (a) e semifrase cromatica (b); a battuta 13 il soggetto termina con una semifrase in crome (c). Le due forme del soggetto coesisteranno sino al termine della sezione; cadenza sul tono d’impianto; 2: batt. 34-50, tempo perfetto mediato 3/2, soggetto ottenuto con le semifrasi “b” e “c” del primo soggetto, cadenza sul tono d’impianto; 3: batt. 51-62, tempo imperfetto mediato, ripresa del primo soggetto nelle due forme (a+b e a+c variato), cadenza senza particolari fioriture. 308 Arcadelt 1539; questo libro venne ristampato a Napoli nel 1608, 1625, 1628 e 1654, segno evidente di eccezionale fortuna. 309 Mischiati 1969b, vi. 93 Fig. 3.4.6., Canzon franzesa settima cromatica, primo soggetto. CAPRICCI L’influenza stilistica di Giovanni de Macque è molto forte nei capricci di Trabaci: questi ultimi, tuttavia, assomigliano formalmente alle canzoni alla francese più di quanto non somigliassero i capricci di Macque, poco legati ad una organizzazione formale precisa. Capriccio sopra un sogetto solo. Molto simile al Capriccio sopra un soggetto di Giovanni de Macque310, ha una struttura formale analoga ad una canzone francese. E’ monotematico con il soggetto formato da due semifrasi. Fig. 3.4.7.., Capriccio sopra un sogetto solo, battuta 1. 1. Batt. 1-19, tempo C, soggetto (“a” + “b”) con incipit dattilico sviluppato con entrate in stretto, inversioni e diminuzioni. 2. Batt. 20-26,, tempo C. 3/2, soggetto ricavato dalla sezione “a” e controsoggetto da quella “b” con frequenti passaggi per decime parallele. 3. Batt. 27-44, tempo C, soggetto (“a” + “b”) trattato analogamente alla prima sezione; la cadenza conclusiva non presenta particolari fioriture. Capriccio sopra la, fa, sol, la. Il Capriccio sopra re fa mi sol di Macque311 è l’evidente fonte d’ispirazione di Trabaci il quale, però, struttura il suo pezzo in quattro sezioni: 1. Batt 1-11, tempo I3/2, tema affidato al soprano su una struttura accordale; cadenza sul tono d’impianto fiorita. 2. Batt. 12-26, tempo C, tema in semiminime, elaborazione in contrappunto imitato. 3. Batt. 27-33, tempo 3/1, tema in semibrevi con continui stretti. 4. Batt. 34-54, tempo C, tema in semiminime con controsoggetto in semicrome. CANTI FERMI Nella stampa del 1603 figurano quattro Canti Fermi: […] la melodia impiegata è una delle più famose e diffuse durante il Rinascimento e il primo Barocco. Sotto le più varie denominazioni – ma più frequentemente come La Spagna, Il re di Spagna, Bassa Castiglia, Canto fermo di Costantio Festa – essa si presenta in innumerevoli fonti musicali dell’epoca. Anzi presso i cembalisti e organisti 310 311 Cfr. Cap. 3.2, 56. Ibidem, 57. 94 napoletani l’elaborazione di essa come ‘canto fermo’ era con tutta probabilità un esercizio obbligato: si devono infatti ricordare le composizioni basate su di essa di Rocco Rodio, Ascanio Mayone e dello stesso Trabaci nel suo Secondo Libro oltre agli esempi contrappuntistici contenuti nei trattati di Scipione Cerreto e dello stesso Rodio.312 I Canti fermi di Trabaci sono a quattro voci, una per il cantus firmus, le altre con tre soggetti che si intrecciano nello stile del ricercare; Trabaci, però, evitò la denominazione “ricercare” per queste composizioni. Per la loro differenza stilistica esse non furono inserite dopo gli altri ricercari, ma dopo le canzoni francesi e i capricci.313 I Canti fermi, lunghi 37 battute di brevi ed in tempo imperfetto mediato, sono così disposti: x Canto fermo del primo tono, c.f. al Tenore; x Canto fermo secondo del secondo tono, trasportato una quarta alta per b molle, c.f. al Basso; x Terzo Canto fermo del nono tono, c.f. al Tenore; x Canto fermo quarto del primo tono, c.f. al Canto. I quattro Canti fermi iniziano con figurazioni proprie dei ricercari ma, gradatamente, fanno la loro comparsa delle diminuzioni in valori sempre più stretti. Spesso la tessitura ed il tipo di figurazioni impediscono all’organista o al clavicembalista di tenere le note del canto fermo per tutta la loro durata; l’esecuzione all’arpa può ovviare al problema. E’ evidente la similitudine dei quattro canti fermi di Trabaci con il Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa & per sonar all’arpa pubblicato da Mayone nel 1609314. GAGLIARDE Il primo libro contiene otto gagliarde. Trabaci premette alla prima la seguente avvertenza: Queste otto Gagliarde, che seguono adesso ogni una di loro se ritornerà due volte al principio insino al primo segno, & dopoi, che sarà finita, se ricomincierà à dove troverete questo segno [disegno di una mano] Le gagliarde sono prevalentemente accordali, ritmicamente marcate, ma la scrittura è sempre di tipo contrappuntistico: lo stile è sempre raffinato, affiorano figurazioni per decime parallele già udite nei ricercari e nelle canzoni, le combinazioni ritmiche non sono mai scontate. Trabaci organizza le frasi all’interno delle sezioni con grande ingegno. Le gagliarde sono tutte bipartite con ritornello; il punto in cui deve esserci la replica (indicato col disegno della mano) varia a seconda della struttura del brano315: Gagliarda prima: ||:A(a):|| - ||:B(b):|| Gagliarda seconda: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):|| 312 Mischiati 1969b, vi. Per l’impiego del canto fermo La Spagna di Rodio, Cerreto e Mayone vedi rispettivamente i Cap. 1.2, 3. e 3.2. Ricordiamo che il primo impego della Spagna in area napoletana è di Diego Ortiz, con le sei ricercate del secondo libro del Trattado de glosas del 1553. 313 Fischer 1987, 275. 314 Cap. 3.3, 80. 315 Le sezioni vengono indicate con le lettere maiuscole, le frasi al loro interno con le lettere minuscole tra parentesi, la frase che deve essere replicata è sottolineata. . 95 Gagliarda terza: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):|| Gagliarda quarta: ||:A(a):|| - ||:B(a+b):|| Gagliarda quinta: ||:A(a):|| - ||:B(b):|| Gagliarda sesta: ||:A(a):|| - ||:B(b+b’):|| Gagliarda settima: ||:A(a):|| - ||:B(b+c):|| Gagliarda ottava: ||:A(a):|| - ||:B(b):|| Anche in pezzi formalmente semplici, Trabaci non rinuncia all’elaborazione sofisticata delle frasi; il metro ternario, tipico delle gagliarde, viene, in un singolo caso, sostituito dal tempo binario316. PARTITE Trabaci concepisce le partite elaborate in maniera complessa, irregolare, a volte fuorviante rispetto al “tenore” di riferimento; questo fenomeno è più marcato nelle partite pubblicate nel 1603 rispetto a quelle del 1615. Partite sopra Rugiero Trabaci si produce in quindici partite sopra Ruggiero. La prima variazione somiglia tanto all’analoga partita di Macque317, con il basso perfettamente distinguibile e semplici fioriture alle varie parti, le altre variazioni sono fondate ciascuna su un particolare modulo melodico; Trabaci modifica spesso il basso con rivolti e passaggi melodici da renderlo non facilmente percepibile. La sesta partita è cromatica, le partite terza, quarta, settima, ottava, duodecima, terzadecima e quintadecima sono scritte in contrappunto imitato; la terzadecima impiega una figurazione mutuata dal Capriccietto di Macque318; anche la nona partita, fondata su scale di crome per moto contrario alle voci estreme, si ispira alla composizione del maestro fiammingo. Trabaci mostra di assimilare profondamente la lezione di Macque, utilizza nella stessa maniera le figurazioni già sperimentate dal maestro ma spinge al massimo l’elaborazione armonica e, allo stesso tempo, le difficoltà esecutive. Partite sopra Fedele Le partite sopra Fedele si fondano sull’alternanza tra metri ternari e binari: Partite I-II-III: tempo I3/2 Partita IV: tempo C Partite V-VI: tempo 3/2 Partita VII: tempo C. 3/2 Partita VIII - IX: tempo I3/2 Partita X: tempo C Partita XI: tempo C. 3/2 Partita XII: tempo I3/2 Partita XIII-XIV: tempo C. 3/2 Partita XV: tempo C Partita XVI: tempo I3/2 Partita XVII-XVIII: tempo C. 3/2 Partita XIX: tempo C Partita XX: tempo C. 3/2. I tempi ternari sono ricchi di emiolie con continua alternanza tra due gruppi di tre minime e tre gruppi di due minime. Le partite in tempo binario sono scritte in contrappunto imitato. La partita ottava è cromatica. 316 Gagliarda settima, frase c. Vedi le Partite sopra Ruggero , Cap. 3.1, 60. 318 Vedi Cap. 3.1, 57-58. 317 96 Nelle Partite sopra Fedele il basso fondamentale viene sottoposto a modifiche: già nella prima partita, solitamente rispettosa del basso, le note fondamentali vengono arricchite con gradi di passaggio: Gradi fondamentali di Fedele Armonizzazione di Trabaci I – I – IV – III – VI – IV – V – I I – I –II6–III–V-III-IV-V-VI-IV-V La partita decimasettima ha un interessante contrappunto in semiminime con passaggi per moto contrario che raggiungono estensioni scomode per l’esecuzione tastieristica. Ad eccezione di un trillo scritto per esteso nella partita quintadecima, non compaiono mai fioriture. TOCCATE Nelle toccate del primo libro si manifesta apertamente la filiazione stilistica di Trabaci dal suo maestro, Giovanni de Macque. Nella Toccata Prima del secondo tono e Toccata Seconda dell’ottavo tono troviamo tutti gli elementi già sperimentati dal grande organista fiammingo: esordi accordali, lunghi passaggi in crome e semicrome, trilli e diminuzioni fantasiose. Trabaci estremizza un po’ questi elementi ed indulge maggiormente nei virtuosismi. Le toccate di Trabaci sono organizzate secondo uno schema equilibrato tripartito: 1. esordio accordale che si movimenta gradatamente con abbellimenti di trilli e scale; 2. parte più contrappuntistica con imitazioni, figurazioni sempre di tipo brillante; 3. conclusione in cui si fondono gli elementi della seconda parte più gli abbellimenti della prima. Queste sezioni si susseguono sempre senza soluzione di continuità. Molti incisi delle toccate sono delle citazioni di Macque: - imitazione di crome (Capriccietto, Cap. 3.1., 57-58) Fig. 3.4.8..: Toccata prima del secondo tono, batt. 23 - arpeggio discendente (Toccata a modo di trombette, Cap. 3.1.,55) Fig. 3.4.9.: Toccata seconda ottavo tono, batt. 2 97 Con le Durezze e ligature e le Consonanze stravaganti Trabaci adotta la stessa dicitura di Macque. Le Durezze hanno un andamento regolare su un ritmo di quattro minime per battuta e le voci fanno udire continuamente preparazioni e risoluzioni di dissonanze. Le Consonanze stravaganti assomigliano molto alle Durezze e ligature ma si qualificano per una maggiore libertà ritmica e la presenza di fioriture. La composizione si basa su cadenze inusitate arricchite, occasionalmente, dai ritardi: troviamo, quindi, modulazioni improvvise piuttosto che dissonanze. Trabaci aderisce completamente allo stile del suo maestro contribuendo in modo decisivo alla codificazione di questo genere di brani che verrà coltivato anche da Frescobaldi. Nelle sue Consonanze stravaganti Trabaci impiega anche la tecnica dell’inganno in una frase cromatica: Fig.3.4.10.: Consonanze stravaganti, batt. 2-3-4. Al termine della frase ascendente cromatica della voce superiore dovrebbe figurare un Re ma Trabaci applica in quel punto l’inganno del La al posto del Re. Malgrado la “stravaganza” delle modulazioni, le alterazioni sono comprese tra il Mib e il Sol#: Trabaci svilupperà i cromatismi nel 1615, con la pubblicazione del suo Secondo libro. MADRIGALI INTAVOLATI Trabaci pubblica nel 1603 una versione di Io mi son giovinetta319 caratterizzata da uno stile molto brillante: figurazioni rapide, trilli, combinazioni simultanee alle due mani, ma, allo stesso tempo, grande fedeltà alla struttura armonica vocale originaria. Spesso è solo una parte ad essere diminuita e tutte le cadenze coincidono perfettamente; a volte Trabaci mantiene l’omoritmia delle quattro parti. Il risultato finale è molto garbato anche se, specialmente nell’ultima cadenza, Trabaci non pone alcun freno alla propria fantasia. Nel 1609 Mayone pubblicherà una versione della stessa ballata scritta in collaborazione con Montella e Stella320 che non si discosta affatto dall’impianto di Trabaci, ma che sfoggia, specialmente alla fine, un virtuosismo più marcato. 319 Ballata di Domenico Ferabosco, testo di Giovanni Boccaccio, pubblicata nel Primo libro di Madrigali a 4 di diversi eccellentissimi autori, A. Gardane, Venezia, 1542. 320 Vedi Cap 3.3., 81-82. 98 3.4.2 DI GIO: MARIA TRABACI MAESTRO DELLA REAL CAPPELLA DI SUA MAESTA CATTOLICA IN NAPOLI Il secondo Libro de Ricercate, & altri varij Capricci, Con Cento Versi sopra li Otto Officij, & in ogni altra sorte d’occasione. Con due tavole, una di tutta l’Opera, & l’altra dei passi & delle cose più notabili. IN NAPOLI Nella Stamparia di Gio. Giacomo Carlino. 1615 La dedica: ALL’ILLUSTRISSIMO, ET ECCELLENTISS: SIGNOR/ DON PIETRO FERNANDEZ/ DI CASTRO, CONTE/ DI LEMOS/ VICERE PER SUA MAESTA CATTOLICA/ NEL REGNO DI NAPOLI. Agli obblighi infiniti, che devo all’Eccellentissima casa/ di Castro, già che l’Eccellenza del Signor D. Francesco/ per sua generosità si degnò introdurmi della Real/ Cappella per Organista, e V. Eccell. Per sua gran-/ dezza si è degnata onorarmi del carico di Maestro/ di quella, onde ogni mia riputazione, ogni gloria ri-/ conosco; Non potendo corrispondere conforme à quel, che devo, già/ che sarebbe poco effondere tutto il sangue, vengo con questo picciolo/ tributo delle mie fatiche tanti anni sono fatte sotto gli augurij dell’Ec-/ cell. V. frà le quali esce hora in luce il secondo parto di miei varij Ca-/pricci intorno al sonar dell’Organo, & altri varij instromenti i quali/ per se stessi nulli, & invalidi, ricevendo vigore dall’armonia delle ra-/ re virtù dell’Eccell. V. saran così graditi al mondo, che mi recaranno/ sempre animo di voler giovare a quel che della profession della Musi-/ ca si dilettano, con far chiarissimo a tutti, che l’Eccellentissima casa di/ Castro più vero ancor che più umile servitor dè me non habbia. Degnasi V. Eccell. Ricevere il picciolo dono. Et in tanto à lei m’inchi-/ no. Di Napoli li 10. di Aprile 1615./ DI. V. E./ Servitore, e minimo Creato obbligatissimo/ Gio: Maria Trabaci. Il Secondo libro non nasce, quindi, per ingraziarsi un notabile nella speranza di un buon incarico: Trabaci ha assunto l’incarico di maestro della Real Cappella appena un anno prima e sente il dovere di ringraziare pubblicamente il viceré Di Castro. Nell’avvertimento ai lettori ribadisce la necessità della disciplina nello studio già espressa nel Primo libro; ogni strumento può essere utilmente impiegato ma la preferenza di Trabaci è per il clavicembalo e l’organo321. A’ LETTORI Questo mio Secondo Libro de Ricercate, & altri varij Capricci del mio roz-/ zo ingegno (benegno Lettore) bastevoli per ogni Strumento, ma inspecial-/ mente per i Cimbali, e gli Organi, la quale tutto, che da ma sia stata con/ ogni diligenza composta, e chiarezza insieme, per qualunque si gradirà d’esercitar’/ le sue note; però vero è, che senza quei mezi necessarij, che si ricercano alla vivacità/ dello spirito, che l’ho data, non potranno riuscir così dilettevole, e care al mondo,/ quanto elle si convengono d’essere, & in particolar nella Musica così in cose di sonare,/ come anco di cantare, se non vi è una bellissima voce, una leggiadrissima mano, &/ un studio maturo, & particolare, & che si diano quei garbi, & quelli accenti, che/ detta Musica ricerca, facil cosa sarà, che ‘l pensier d’altrui s’indrizzi co’l mio, & con/ questo io sarò per scusato non riuscendo il fine del mio intento, il quale è stato, e stà sem-/ pre pronto per giovarli. A Dio. 321 Trabaci antepone il clavicembalo all’organo; riteneva, forse, che il clavicembalo fosse il migliore strumento per la finalità didattica dell’opera; d’altro canto, i Cento Versi sono chiaramente destinati all’organo con finalità liturgica. 99 RICERCARI I ricercari del 1615 sono più elaborati di quelli del 1603, particolarmente nella variazione ritmica dei soggetti unita alla tecnica degli inganni; Trabaci riesce, così, a tenere vivo l’interesse contrappuntistico ricorrendo poco alla diminuzione e quasi mai all’aumentazione; spesso il terzo soggetto (in semiminime mentre i primi due sono in minime) è l’elemento centrale dello sviluppo e prepara le entrate in stretto dei primi due soggetti. Tutti i ricercari politematici hanno la chiusa con i soggetti suonati contemporaneamente. Primo tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al Canto battuta 10. E’ proprio il terzo soggetto l’elemento tematico più sfruttato nello sviluppo con frequenti entrate in stretto; a battuta 50 Trabaci scrive Due fughe insieme in corrispondenza dell’entrata simultanea del secondo e terzo soggetto. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 63 battute di brevi. Secondo tono con tre fughe, e suoi riversi Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare nell’esposizione all’Alto, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 3 all’Alto come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al Tenore alla battuta 8. L’intero sviluppo del ricercare è condotto con le riesposizioni dei temi e dei loro inversi; alla battuta 60 Trabaci scrive Riverso della terza fugha. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 80 battute di brevi. Terzo tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed al Canto, il secondo soggetto, ritmicamente molto vivace, appare alla battuta 3 al Tenore, il terzo soggetto appare all’Alto alla battuta 5. Anche se non specificato nel titolo, sono presenti inganni e riversi dei soggetti. Alla fine vi è l’entrata simultanea dei soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 65 battute di brevi. Quarto tono con tre fughe, e suoi riversi Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Tenore come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al Basso alla battuta 7 e, subito dopo, all’Alto con una variante ritmica che verrà riproposta più volte nel corso del ricercare. L’inversione tematica è già presente nell’esposizione, a battuta 4 e viene marcata da Trabaci con l’indicazione Riversi della seconda fuga; ritroviamo questa indicazione trentuno battute avanti. A battuta 38 ci sono i Moti contrarij della seconda fugha al Canto con un’entrata simultanea della Seconda fuga e della Fuga principale al Basso ed al Tenore. Alla fine ci sono i contrarij della seconda fuga per inganni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 74 battute di brevi. Quinto tono con quattro fughe. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed all’Alto, il secondo soggetto appare alla battuta 5 al Canto, il terzo soggetto appare al Tenore alla battuta 6 ed il quarto soggetto al Tenore alla battuta 8. Gli inganni e le diminuzioni sono le elaborazioni tematiche predilette da Trabaci: alle battute 70-71 troviamo i due artifici impiegati contemporaneamente: 100 Prima fuga Inganni della prima fuga Fig. 3.4.11.: Ricercare quinto (1615): batt. 1-2 e 70-71 Alla fine vi è l’entrata simultanea dei quattro soggetti. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 75 battute di brevi. Sesto tono Cromatico con una fuga sola Il soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; Fig. 3.4.12.: Soggetto del sesto ricercare. Trabaci utilizza molti inganni indicandoli, a volte, per iscritto (batt.36, 40, 49); compaiono anche figurazioni in crome che riprendono, diminuita, la coda del soggetto. Il ricercare è in tre sezioni ritmicamente contrastanti: Batt. 1-51: tempo imperfetto mediato; Batt. 52-74: tempo perfetto mediato 3/2; Batt. 75-89: tempo imperfetto mediato. Settimo tono con tre fughe In corrispondenza delle prime sei battute del ricercare, sotto il rigo dell’Alto, vi è scritto: Luzas usa questo [disegno di una mano] in principio del suo 7. tono, Ricercar. Lib. 3. Trabaci si riferisce, forse, alla risposta del primo soggetto in parziale inversione: Fig. 3.4.13.: Ricercare del settimo tono, Batt. 1-3, Canto ed Alto. Non è possibile stabilire un confronto col ricercare del settimo tono di Luzzaschi poiché il III libro che lo conteneva non ci è pervenuto. Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto, ed al Basso (variato ritmicamente); il secondo soggetto appare alla battuta 5 al Tenore, il terzo soggetto appare al Canto alla battuta 11. Come in altri ricercari, è il terzo soggetto ad essere maggiormente sfruttato nello sviluppo e, a battuta 31, Trabaci sottolinea la presenza dei Moti contrarij della terza fuga. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 86 battute di brevi. 101 Ottavo tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, all’Alto, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 4 al Tenore come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al Tenore a battuta 7. Trabaci sottolinea la presenza di Inganni della fuga principale alla batt. 44 e 71; i soggetti vengono variati ritmicamente, le diminuzioni diventano sempre più frequenti verso la fine creando forte tensione che si scioglie alla fine, con i tre soggetti esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 84 battute di brevi. Nono tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Canto come controsoggetto del primo (duplex thema), il terzo soggetto appare al Tenore a battuta 4. In questo ricercare è maggiormente presente l’entrata simultanea dei soggetti: Trabaci sottolinea le tre fughe insieme a battuta 60. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 71 battute di brevi. Decimo tono con tre fughe Il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso ed al Tenore con l’incipit variato; il secondo soggetto appare alla battuta 7 all’Alto ed il terzo soggetto appare al Canto alla battuta 9. Il primo ed il terzo soggetto vengono proposti frequentemente in entrate in stretto; è sempre presente la tecnica degli inganni. Alla fine i tre soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 92 battute di brevi. Undecimo tono con tre fughe Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Il primo soggetto appare nell’esposizione solo al Canto, il secondo soggetto appare alla battuta 2 al Tenore, il terzo soggetto appare al Canto a battuta 6 contemporaneamente al secondo soggetto esposto al Basso. Il ricercare non offre particolari variazioni tematiche ad eccezione degli inganni; l’interesse dello sviluppo è tenuto vivo dalle continue entrate simultanee o in stretto. A battuta 75 Trabaci scrive Conclusione in cui appare un raro caso di aumentazione del terzo soggetto; nell’entrata simultanea finale dei tre soggetti, Trabaci annota la Prima fuga per inganni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 79 battute di brevi. Duodecimo tono con quattro fughe Il tono è trasportato una quarta sopra per b molle. Nell’esposizione le quattro voci entrano con un soggetto differente: Il primo soggetto è al Tenore ed al Basso, il secondo soggetto è al Canto, il terzo soggetto è all'Alto, il quarto soggetto è al Basso. I quattro soggetti sono inseriti continuamente in entrate in stretto e vengono variati quasi esclusivamente con gli inganni; il controsoggetto del primo soggetto viene utilizzato come elemento ritmico contrastante. Alla fine i quattro soggetti sono esposti contemporaneamente. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato; il ricercare è lungo 80 battute di brevi. Alla fine del dodicesimo ricercare Trabaci fa stampare la seguente indicazione: Il fine de i Dodici Modi naturali, & seguono appresso Cento Versi sopra li Otto Toni Ecclesiastici, così chiamati, & usati da i nostri antichi , con conseguirli hoggi ancora noi. 102 VERSI I Cento Versi di Trabaci riprendono e sviluppano l’idea dei Versi Spirituali sopra tutte le note, con diversi canoni spartiti per sonar negli organi, Messe, Vespere, et altri officii divini di Antonio Valente322. Il numero dei versi pubblicati da Trabaci è più che doppio di Valente (cento contro quarantatre) per coprire egualmente tutti i toni ecclesiastici. La Premessa di pag.41 è molto interessante: ALLI LETTORI Essendo stato importunato da’ miei amici, ch’io mandassi nelle stampe questo se-/ condo libro di Ricercate, ed altri varij capricci del mio rozzo ingegno, m’è parso/ bene, per giovare al mondo, ed à chi fa professione d’Organista, accompagnare à que-/ ste ricercate Cento versi sopra gli otto Toni Ecclesiastici, per risponder alle Messe, Ve-/ speri, tutti Divini Officij; ed in ogni altra sorte d’occasione, e l’ho scritte in quell’or-/ dine, si come stanno le mie prime Ricercate stampate./ M’occorre (benigno Lettore) dichiarare un dubio sopra questi Cento versi, e di tut-/ ta quest’Opera. (esclusi però i Dodici modi naturali di questo presente mio libro) vi/ sono hoggi al mondo molti della professione, quali credo non siano bene informati,/ ò per dir meglio, non si ricordino (salvo però i buoni) che parlando delli Dodici modi naturali, e precisamente del/ li otto finali Ecclesiastici, li nostri antichi gli hanno messo in uso, e ne hanno serviti di quella medesima maniera/ che oggidì noi stessi ce se serviamo, nulla di meno noi sappiamo, che questi Dodici Toni son fondati sopra que-/ ste sei Corde. D. E. F. G. A. C. e questa divisione sopra una Corda far Primo, e Secondo, e dare il temine a det-/ ti Toni, che nel Canto figurato non passino venti, o ventidue voci al più non è fatto per altro, se non solo per co-/ modità di quanto può salire, e scendere la voce humana; ma se noi trattiamo in cose da sonare, godemo mol-/ te licenze più larghe che non habbiamo in cose da cantare. Per esempio; Io farò una Cantilena per un Cimbalo,/ ò concerto di Violini, o d’altri instromenti i quali ricercano una Musica di Consonanze lontane per lo effet-/ to dell’orecchio questa Cantilena la farò non solamente ventidue voci, ma Cinquanta, se mi sara necessario, e/ secondo l’occasione che mi trasporta, e la scriverò con quelle chiavi si come più comodo mi torna, non/ per questo s’ha da notare, e dire ch’eschi fuori di Tono, e che L’ottavo in caminar tanto in alto diventi settimo,/ e che il Terzo diventi nono, e che il Primo bisognava scriverlo con queste, e con quell’altre chiavi, questa è/ regola di prima scuola, e questo avvertimento, e sottigliezza si dee tenere in un Motetto, in un Madrigale, e parti-/ colarmente in una Ricercata scritta, come potrete veder’ in questi Dodici modi del presente mio Libro, ove co-/ sì nella Composizione, come anco nell’ordine vi s’è riguardato molto chiaro, e distintamente, ma in questa ma-/ teria di Versetti, ò Fioretti (come dimandargli vogliamo) ò in una Toccata non si dee riguardar che scenda, ò che saglia più del ordinario, mi basta ch’io non eschi/ fuor di Tono, e vi lasci in Tono; ma già che la Natura artefice di tutte le cose humane non che inventri-/ ce, e maestra di quella con si bell’ordine hà trovato un istromento di tanto valore, com’e il Cimbalo composto/ di tanti tasti, se non fosse stato al proposito non l’havrebbe prodotto, ed inventato, ond io dovea, e poteva in/ questa sorte d’occasione avalermene, come già ho fatto. A Dio. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------Per non scrivere il Trillo sempre disteso dove si ritroverà questa lettera. T. si fara il Trillo, & la Riditta./ Et tutti quelli versi che stanno con lo Circolo tagliato si soneranno in Battuta stretta, già che dove biso-/ gna ritovarete l’aviso. I versi, analogamente a Valente, possono essere suonati in qualunque ufficio liturgico prestando attenzione solo alla scelta del tono323: sono dei brani piccoli, ma 322 Valente 1580; vedi Cap. 1.2. Per tale motivo Trabaci compone i versi interamente di fantasia, senza attingere a melodie liturgiche preesistenti. 323 103 compiuti, sono dei fioretti, appellativo ripreso nel 1635 da Frescobaldi con i suoi Fiori musicali. Trabaci distingue chiaramente tra gli otto toni ecclesiastici (le cui estensioni sono fondate sulle otto note finali del repertorio gregoriano) ed i dodici modi organizzati secondo il criterio di Glareano324 (…parlando delli Dodici modi naturali, e precisamente del/ li otto finali Ecclesiastici…). In più, Trabaci dichiara che nella musica strumentale moderna non si devono interpretare le estensioni dei toni in maniera vincolante, con regola di prima scuola, poiché le estensioni degli strumenti sono di gran lunga superiori agli ambiti vocali su cui erano basati i toni . Si riporta sotto una tabella che riassume le note finali impiegate da Trabaci nelle due serie di ricercari e nei versi. Fig. 3.4.14: note finali impiegate da Trabaci nei ricercari e nei versi. Trabaci destina dodici versi per ciascun tono ad eccezione dell’ottavo che ne ha sedici. Possiamo distinguere quattro tipi di versi: 1. Versi–intonazione, con inizio accordale e successive fioriture di tipo toccatistico. 2. Versi imitativi, rigorosamente contrappuntistici, con un breve soggetto imitato in tutte le quattro parti. 3. Versi con temi cromatici, miniature del ricercare del Sesto tono Cromatico con una fuga sola. 4. Versi Con Quattro Parte in Canone. Trabaci scrive anche delle indicazioni accessorie utili all’interpretazione del verso: - Allarga la battuta in finale di verso (verso nono del primo tono, verso quarto e decimo del secondo tono, verso quinto del quarto tono, verso secondo del quinto tono, verso secondo del settimo tono, verso decimo del settimo tono, verso settimo dell’ottavo tono). - In battuta stretta all’inizio del verso, con tempo imperfetto mediato (verso duodecimo & ultimo del terzo tono, verso secondo del quarto tono, verso secondo del sesto tono, verso quinto dell’ottavo tono [cromatico]). I versi del settimo tono sono preceduti da un’ulteriore premessa, a pag 70: A’ LETTORI In questo Settimo Tono (benigno Lettore) non hò voluto servirmi delli Otto finali Ecclesia-/stici, l’havrei scritti in G. conforme il Settimo Tono, che stà in queste presente miei (sic) Ricer-/cate. Ma già che in questi Versi seguita l’Ottavo Tono con l’istesso finale di G. & nell’istessa/ corda se ritrova ancora il Secondo Tono, mi hà parso bene per variar corda, scrivere questo Set-/timo Tono in un’altra maniera: mi potrai dir, benigno Lettore, che per variar corda si poteva/ fare il suo finale in D. per b. & quello è vero finale delli Otto Toni Ecclesiastici, & così lo scrive/ in certi suoi versi intavolate Claudio da Corregio, & altri Autori antichi: Ma non mi hò voluto/ io servire dell’uno, ne dell’altro, perché avendo fatto il suo finale in D,sol,re, saria stato l’istessa/ corda del Primo Tono: ma in questo Settimo Tono hò voluto fare il suo fine in C, sol,fa,ut, dove è/ vero finale del 324 Glareano nel Dodekachordon (Basilea, 1547) ha aggiunto agli otto originali due modi a partire dal la e due a partire dal do, chiamati rispettivamente Eolio, Ipoeolio, Ionico ed Ipoionico; tale teoria venne accolta da Andrea Gabrieli nei suoi ricercari pubblicati postumi a Venezia nel 1587 e 1589. Anche Pietro Cerone (Melopeo y maestro, 1613) distingue tra gli otto toni del canto gregoriano (Libro III) ed i dodici toni della musica polifonica (Libro XVI) 104 Settimo Tono delli Dodici modi finti, si bene quello si scrive co’l mezzo del b./ io l’hò scritto co’l mezo del [b quadro] dove è ancora Settimo Tono Naturale; ma una quinta più bassa, e/ l’hò scritto di questa maniera per causa, che mentre questi Versi io l’hò fatti per rispondere à/ Messe à Vespere, & in tutti i Divini Officij, & imparticolare (sic) questo Settimo Tono serve nella Glo-/ria della Messa della Madonna: Ma per concludere il nostro ragionamento, sappia, che tutti i/ Toni si possono trasportare in tutti quei luochi dove si ritrova la loro specie della Diapente, & Dia-/tesaron, & questo lo scrive Oratio Tigri lib. 3. Cap. 30. & nell’istesso libro à Cap. 5. ne fa inven-/zione Marco Padoano. Stati sano. Trabaci vuole variare, quindi, la finale del settimo tono (Sol) per non farla coincidere con le finali dell’ottavo e del secondo tono; non trasporta il tono, tuttavia, al Re per b molle (come ha fatto Claudio Merulo) ma in Do che è la finale del Settimo tono finto. Avrebbe dovuto impiegare il b molle ma preferisce trasportare il tono alla quinta bassa senza armatura in chiave. Sarebbe, questa, l’intonazione migliore per il Gloria della Messa della Madonna. Come giustificazione per la cadenza in Do viene citato una passo dal Compendio della musica di Orazio Tigrini325: tutti i Toni si possono trasportare in tutti quei luochi dove si ritrova la loro specie della Diapente, & Diatesaron.326 TOCCATE Le toccate del secondo libro testimoniano la maturità artistica di Trabaci, deciso ad esplorare via nuove e, soprattutto, meno legato allo stile di Giovanni de Macque. Sia la Toccata prima a Quattro che la Toccata seconda, & ligature per l’Arpa impiegano l’organizzazione tripartita già riscontrata nel primo libro. La toccata seconda per l’arpa raggiunge in certi punti grande estensione tra le voci estreme. Benché il titolo richiami le tecnica dei ritardi dissonanti, la toccata procede più nello stile delle consonanze stravaganti. La Toccata Terza, & Ricercar sopra il Cimbalo Cromatico è preceduta da una fra le avvertenze più importanti del Secondo libro: In questa materia del Cimbalo Cromatico mi è venuta occasione in alcune parti fare certi Semitonij con/ sei piedi e questo l’ho fatto per dare certe Terze maggiore sopra D. semitonato, ch’è secondo la mia inten-/zione, che mi è occorsa non ho possuto (sic!), ne ho voluto far di meno; ma sappia (benigno lettore) che queste Cor-/de nel Cimbalo Cromatico non si ritrovano; ma si bene dell’Armonico li troverete, e neanco ne’ Cinque ri-/ghi si possono scrivere, perché avendo io da G. semitonato calar un mezo Tono. Se io segnava di questa/ maniera [es. 1] è un tono giusto, Segnandola di quest’altra maniera [es. 2] è più di un mezo tono./ Ma di quest’altro modo [es. 3] è scarza, & come che nel Cimbalo Croma-/tico, ò in armonico ogni corda, & ogni segno ha il suo distinto effetto, e/ non sta bene che in una occasione volendosi servire de un b & poi in un’altra di quella stessa/ corda servirsi per semitonio, questa è Raggion falsa, e chi la scrive non sta bene; tanto, che bisogna per for-/za per calar questo mezo Tono, essendo segno novo mi ho voluto servire di alcune figure dell’istessa Musica/ signarlo di questa maniera [es. 4] & non volendo segnare sei piedi, & acciò, che sia-/no intese queste Corde in Armoniche bisognaria fare dette note Gialle, ò ros-/se, che noteriano i Tasti del Cimbalo in Armonico, che essendo l’Armonico due/ Come più alto della prima Tastiatura Cromatica con dare a dette note i segni giusti, anderiano benissime/ i Terze Maggiori, e Minori: ma per non confondere la mente del Lettore farò fine in questo capo, & mi basta/ essere inteso solo quel che à me bisogna, & in questa Toccata per una, o due corde, che 325 Tigrini 1588. Benché la teoria rinascimentale ammettesse il trasporto dei toni in qualunque grado mediante l’uso delle relative chiavi, tale uso si limitò alla quarta o quinta superiore ed inferiore. 326 105 mancassero, tutte/ quelle terze, che non si ponno far Maggiore si facciano Minore, già che non sono Cadenze finale. Esempio 1: Esempio 2: Esempio 3: Esempio 4: Trabaci avverte che alcune note indicate in partitura (il Fa##, terza maggiore sopra il Re#) non si trovano nel clavicembalo cromatico (con l’ottava divisa in 19 note) ma, al tempo stesso, non incoraggia l’esecuzione del brano su una strumento con tastiera più frazionata, ad esempio, un archicembalo con l’ottava divisa in 31 note. Trabaci conosceva gli strumenti costruiti da Padre Stella e da Fabio Colonna327, ne è conferma l’allusione ai colori giallo e rosso degli “ordini enarmonici” dello strumento di Stella: con l’avvertenza alla Toccata Terza, & Ricercar sopra il Cimbalo Cromatico Trabaci dimostra di essere al corrente degli studi condotti sugli intervalli cromatici ed enarmonici ma, al tempo stesso, si mantiene abbastanza estraneo ad essi: se questa estraneità fosse volontaria o forzata, non siamo in grado attualmente di stabilirlo. La Toccata terza & ricercar esordisce in maniera analoga alle altre toccate con accordi che vengono progressivamente arricchiti da fioriture e trilli. A battuta 28 inizia la sezione contrappuntistica che si trasforma gradatamente in ricercare; il primo soggetto, cromatico, appare al Basso a battuta 32; sei battute più avanti, sempre al Basso entra il secondo soggetto;il terzo appare a battuta 42 al Canto.Il ricercare procede attraverso consonanze stravaganti toccando molte tonalità coi diesis; a battuta 78 appare un quarto soggetto cromatico discendente cui è affidata la conclusione del ricercare. La cadenza finale è composta con l’entrata in stretto alle quattro voci del quarto soggetto. La Toccata Quarta a Cinque è l’unica toccata composta in area napoletana a cinque voci. Essa è uniforme nella struttura: all’esordio accordale segue subito una successione di scale, trilli in semicrome alternativamente in una delle cinque voci; dalla battuta 24 la scrittura diventa più fitta perché tutte le voci muovono per crome o semicrome concludendo senza fioriture. 327 Vedi Cap.3. 106 CANONI SU CANTO FERMO I due ricercari sopra il Tenor di Constantio Festa sono un ulteriore elemento della sfida tra Mayone e Trabaci. Trabaci inizia nel 1603 con i quattro Canti fermi, contrappunti su cantus firmus; Mayone risponde nel 1609 con i due ricercari sopra il tenore di Costanzo Festa nel 1609, politematici, più elaborati dei Canti fermi; Trabaci prosegue la gara con questi due ricercari (specificando, stavolta, il nome di Costanzo Festa) ed innalzando la difficoltà compositiva: due ricercari sopra il canto fermo con le altre parti in canone. Trabaci scrive nel titolo il procedimento adottato: 1. Ricercar sopra il Tenor de Constantio festa à 4 con due parte in Canone senza regola. 2. Sopra il stesso Canto fermo à 5 con Tre Parte in Canone senza Regola. Ma per forza di contrapunto. I canoni sono condotti con rigore, le cadenze (con inganni o nello stile delle Durezze e Ligature) intervengono ogni 8 – 10 battute ma non interrompono il flusso musicale; sia nel primo che nel secondo ricercare, Trabaci si riserva una parte libera che gli consente di dare un valore musicale alle composizioni agevolando la realizzazione delle cadenze. Dal punto di vista tecnico il risultato è eccezionale ma a prezzo di sofferenze per l’esecutore: le lunghe note del canto fermo, i continui incroci delle parti in canone e l’estensione delle voci, rendono i ricercari, specialmente il secondo, molto difficili da eseguire. L’autore stesso specifica, con una chiosa alla fine del secondo ricercare canonico, che Se non fusse per l’obligo del canto fermo si potria fare assai di miglior garbo. GAGLIARDE Le gagliarde del secondo libro, analogamente al primo, sono precedute da un’avvertenza: Ogni una di queste gagliarde se ritornerà due volte al principio in sino al primo segno. Et dopoi finite se replicarà da questo segno [disegno di una mano]. Et tutte quelle Gagliarde, che ritroverete à 4 stanno benissimo come stanno adesso.Ma volendosi sonare à Cinque con le viole, ò Concerto di Viole, la Quinta parte di tutte queste gagliarde à 4 stà nella fine del presente Libro, già che è parte agiunta dopoi, senza guastare le Quattro parte. L’alternativa dell’esecuzione di gagliarde e canzoni alla francese con il concerto di viole, frequente nella scuola napoletana, verrà proposta anche nelle canzoni di Giovanni Salvatore328 e di Gregorio Strozzi329. A differenza di quest’ultimi, Trabaci sembra voler sottolineare una certa differenza tra l’esecuzione alla tastiera e con gli strumenti ad arco. Non è chiaro se l’opportunità dell’esecuzione a cinque parti delle gagliarde con le aggiunte a fine libro330 sia esclusiva del concerto di viole; d’altra parte, cinque delle nove gagliarde sono in partenza scritte a cinque voci e non vi è alcuna indicazione che ne sconsigli l’esecuzione alla tastiera. Dopo l’ultima gagliarda vi è, a pag. 114, la Canzona Francese à 4, la qual Canzona stà stampata nel primo libro de miei Ricercate, ma qui stà bene in ordinata per concerto de Viole ad Arco, ò Violini. Questa versione presenta delle significative differenze rispetto alla versione del primo libro, particolarmente nell’ articolazione delle sezioni e nelle fioriture: la scrittura 328 Cap. 5.1 Cap. 5.3. 330 Le quinte parti delle gagliarde “Galluccio”, “Talianella” e “Moregnina” si trovano a pag. 132, l’ultima del secondo libro. 329 107 è più omoritmica, gli intrecci delle parti sono più semplici e non c’è la cadenza finale complessa ed articolata. Le gagliarde del secondo libro hanno tutte un titolo: 1. Gagliarda Prima à 4 detto il Galluccio. 2. Gagliarda Seconda à 4 detta la Morosetta. 3. Gagliarda Terza à 4 detta la Talianella. 4. Gagliarda Quarta à 4 detta la Morenigna. 5. Gagliarda Prima à 5 detta la Galante. 6. Gagliarda Seconda à 5 detta la Scabrosetta. 7. Gagliarda Terza à 5 sopra la Mantoana. 8. Gagliarda Quarta à 5 alla Spagnola. 9. Gagliarda Quinta Cromatica à cinque detta la Trabacina. Le gagliarde del secondo libro sono più raffinate rispetto al primo; prevale il contrappunto imitato e le sezioni accordali fungono da elemento di contrasto come nelle canzoni alla francese. La somiglianza con le canzoni è confermata dalla presenza di temi in ritmo dattilico all’esordio e dall’uso frequente dei tempi binari; lo stile della gagliarda è mantenuto nelle concatenazioni armoniche, con le tipiche cadenze (IV – V – I) e le progressioni. L’autore ha voluto pure inserire una gagliarda cromatica dandole il proprio nome: la Trabacina. In questo brano alcune progressioni terminano su accordi con il La# o il Re#, note presenti solo dei clavicembali cromatici; se si disponeva di un normale clavicembalo con 12 tasti per ottava, è probabile che si impiegasse un temperamento equabile proprio come affermerà, all’inizio del XVIII secolo, Domenico Scorpione331. D’altro canto sembra poco probabile che i violisti sapessero differenziare un La# dal Sib con la stessa precisione di un clavicembalo cromatico. PARTITE L’unica serie di partite del secondo libro sono introdotte dalla seguente dichiarazione: Partite artificiose sopra il Tenor de Zefiro con alcune Partite approportionate per l’Arpa, haver-/tendo però, che se in questo presente libro stà intitolate alcune cose per l’Arpa, non per questo si/ soprasedisca il Cimbalo, perche il Cimbalo è Signor di tutti l’istromenti del mondo, & in lei si/ possono sonare ogni cosa con facilità Trabaci pone il clavicembalo in posizione di privilegio rispetto agli altri strumenti: si trova, quindi, sulla linea di pensiero di Cerone332 piuttosto che di Cerreto333. Le partite sono, comunque, approportionate per l’Arpa: prima di Trabaci, nel 1609, Mayone aveva destinato all’arpa il secondo ricercare sopra il canto fermo di Costantio Festa; Gregorio Strozzi334 indicherà l’arpa nella sonata di Basso solo Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet sublevantem pubblicata nel 1683 e la Romanesca con partite pubblicata nel 1687. Paragonando le partite sopra Zefiro con Ruggero e Fedele del 1603, notiamo che il basso viene presentato senza alterazioni in quasi tutte le variazioni. La prima partita esordisce con accordi per proseguire, poi, in rigoroso contrappunto; anche le partite terza, quarta, quinta sono in contrappunto imitato. La partita decima è un piccolo ricercare con due fughe, la prima delle quali è l’incipit del basso di Zefiro; la 331 Vedi Cap. 1, 3-4. Cerone 1613, , cfr. Cap.3., 49. 333 Cerreto 1601, cfr. Cap 3., 49. 334 Vedi Cap. 5.3. 332 108 Partita Duodecima, & ultima con due parti in Canone senza regola conclude la serie con uno sfoggio di erudizione contrappuntistica. Trabaci è l’unico compositore napoletano ad introdurre esplicitamente degli artifici contrappuntistici nelle partite sopra tenori: il canone si svolge nelle due voci superiori, il Tenore è l’unica parte libera mentre il Basso si concede qualche variazione rispetto alle altre partite. L’impiego dell’arpa è indicato nelle partite seconda, ottava, nona ed undecima. Nella seconda ed ottava vi è un ininterrotto flusso di crome che si alterna nelle varie parti, reminiscenza della quinta partita sopra Ruggero di Macque; la partita nona è caratterizzata dalla costante presenza di quattro semiminime per battuta, con una predilezione per le decime parallele; la partita undecima è composta sopra la cellula ritmica di croma e due semicrome, figurazione molto brillante e leggera particolarmente adatta all’esecuzione arpistica. MADRIGALI INTAVOLATI Ancidetemi pur, Per l’Arpa di Arcadelt335è il madrigale prescelto da Trabaci per concludere il suo secondo libro. Nel primo libro abbiamo notato un certo autocontrollo nell’elaborazione di Io mi son giovinetta. Nel secondo libro, invece, Trabaci dà fondo a tutta la fantasia di compositore ed a tutto il virtuosismo di esecutore. Trabaci sembra voglia metter in ombra il lavoro di Mayone: tutte le frasi sono sviluppate con più virtuosismo; ad eccezione della prima battuta, non c’è mai un solo passaggio accordale, le figurazioni in biscrome raggiungono i limiti tecnici di esecuzione, vi sono lunghi trilli ad una mano mentre l’altra ha delle diminuzioni. Trabaci stesso indica all’inizio che Questo madrigale particolarmente si sonerà in Battuta larga. Dopo Trabaci, Frescobaldi e Strozzi pubblicheranno una loro versione di Ancidetemi pur, senza mai superare Trabaci nel puro virtuosismo. 335 Ancidetemi pur venne pubblicato nel 1539 a Venezia nel Primo Libro di Madrigali d‘Archadelt. 109 4. LA MUSICA PER ORGANO E CLAVICEMBALO IN SICILIA NEL XVII SECOLO Il regno di Filippo III (1598-1621) fu un periodo di eccezionali difficoltà economiche per la Sicilia perché si venivano altrove sviluppando delle nuove vie commerciali che rivaleggiavano con quelle del Mediterraneo. Il commercio siciliano fu anche penalizzato dalla penuria di moneta; il prezzo dei terreni agricoli era triplicato e gran parte di essi erano finiti nella mani di pochi nobili ma anche il ceto aristocratico si era indebitato fortemente. Nel 1611 il viceré, il duca di Ossuna, usò la mano forte per invertire la tendenza negativa: poco tollerante verso i privilegi locali, si impegnò in un profondo risanamento economico anche se continuamente osteggiato degli aristocratici. Riuscì a migliorare la situazione economica generale ma quando, nel 1618, cominciò la guerra dei Trent’anni, fu chiesto alla Sicilia di contribuire alla causa degli Asburgo e proprio questo fatto, alla fine, annullò tutti i risultati conseguiti da Ossuna. Nell’ultimo decennio della guerra dei Trent’anni si aggravò la crisi politica ed economica in Sicilia. Il viceré, marchese de Los Velez, era un mediocre uomo politico per nulla capace ad affrontare una situazione così difficile. Il malcontento popolare sfocerà in una violenta rivolta a Palermo nel 1647 (in concomitanza con Napoli) cui farà seguito quella di Messina del 1674.336 […] La Sicilia della fine del Cinquecento e della prima metà del Seicento si presenta apparentemente, solo apparentemente, come un centro musicale quasi autonomo e indipendente da quello partenopeo: si ricordi la grande considerazione in cui a Napoli era tenuto Pietro Vinci […]La Sicilia, anzi, appare capace di attirare musicisti regnicoli, in particolare calabresi. Dalla Calabria, infatti, vennero in Sicilia Giandomenico La Martoretta e Achille Falcone; mentre altri, pur non risultando attivi nell’isola, stamparono loro opere presso editori siciliani (es.: Giovanni Maria Papalia a Messina). Nella seconda metà del Seicento figurano attivi in Sicilia altri due musicisti calabresi: Michelangelo Falsetti e Domenico Scorpione (quest’ultimo, però, proveniente da Bologna e Roma). Appare sorprendente che fra i tanti musicisti venuti in Sicilia da altre regioni del centro e del nord Italia attratti dal prestigio delle istituzioni musicali dell’isola, soprattutto quelle di Palermo e Messina (basterà ricordare, tra questi – oltre lo spagnolo Sebastiano Raval e il borgognone Claudio Pari . Eliseo Ghibellino di Osimo, Giulio Scala di Siena, Giovan Battista Fasolo di Asti, Bartolomeo Montalbano di Bologna, i romani Vincenzo Tozzi e Paolo Lorenzani, Francesco Maria Stiava da Lucca, nonché Giovanni Antonio Pandolfi Mealli di Montepulciano, ma proveniente nientemeno che dalla cappella arciducale di Innsbruck, e quel Bernardo Storace di incerta origine), appare sorprendente, dicevo, che in Sicilia non figuri attivo in cariche di prestigio alcun musicista partenopeo.337 L’editoria siciliana vive un momento felice nei primi due decenni del XVII secolo, i musicisti locali non ricorrono quasi del tutto più agli editori veneziani338 ma, a partire dal 1620, inizia un lento ma costante declino. La Real Cappella Palatina di Palermo accusa una situazione difficile: a Sebastiano Raval, maestro di cappella tra il 1595 e il 1604, ed a Vincenzo Gallo, maestro tra il 1604 e il 1624, non succedono più musicisti di alto profilo artistico. 336 Mack Smith 1983, 250-265. Donato 1987, 575-576. 338 Prima del 1588, in assenza di editori locali, i musicisti siciliani stampavano le loro opere quasi esclusivamente a Venezia (Cfr. Donato 1987, 569-573). 337 110 L’epoca non è certo tra le più floride per la musica sacra; in particolare poi la nostra Cappella è da considerare in decadenza: i musici son pochi e poco zelanti; i salari, dati i tempi, sono scarsi.339 La cappella del duomo di Messina, fondata nel 1558, non poteva vantare la tradizione musicale della Real Cappella Palatina di Palermo, fondata nel 1132 da Ruggero II340, ma il confronto con la capitale del viceregno servì da stimolo affinché Messina mostrasse un alto livello anche sotto l’aspetto musicale. […]La cappella messinese, pur non essendo certo una grossa cappella musicale, tuttavia non si può definire semplicisticamente come una normale cappella di provincia. Il senato messinese, del resto, cercò sempre di mantenerla ad un livello artistico di notevole prestigio. Solo così, infatti, si spiega la continua ricerca sul mercato musicale italiano e straniero di abili musicisti, capaci di conferirle quel prestigio del quale una città come Messina, sempre desiderosa di maggiori autonomie politiche ed in perenne concorrenza con la capitale dell’isola, aveva strettamente bisogno. Non per nulla lo stesso viceré conte di Santo Stefano nel 1679, subito dopo la repressione della rivolta antispagnola, dovette ufficialmente riconoscere che la musica, ed in particolare la cappella musicale del duomo era “alimento” necessario ed insopprimibile della città di Messina.341 La somma di denaro disponibile per la cappella musicale, tuttavia, venne ridimensionata a seguito del fallimento della rivolta antispagnola e rimase invariata almeno fino al 1722. In questi anni fu maestro di cappella il frate conventuale di origine calabrese Domenico Scorpione342 Nel XVII secolo vengono pubblicate solo tre opere significative per organo e clavicembalo, composte da autori con cittadinanza siciliana acquisita: i Canoni, Oblighi et Sonate in varie maniere sopra l’Ave maris stella pubblicati a Palermo nel 1641 da Gioanpietro del Buono343 musicista napoletano trasferitosi a Palermo al servizio di don Luigi Gaetani principe del Cassaro; l’ Annuale che contiene tutto quello, che deve far un Organista, per risponder al Choro tutto l’Anno pubblicato a Venezia nel 1645 da Giovan Battista Fasolo344, frate francescano dell’ordine dei minori conventuali, nato ad Asti e trasferitosi in Sicilia prima del 1659; la Selva di varie compositioni d’intavolatura per cimbalo et organo pubblicate nel 1664 a Venezia da Bernardo Storace345, a quel tempo vice maestro della cappella del duomo di Messina, ma di cui si sconoscono altri dati biografici. 339 Tiby 1952, 190. Ibidem, 179. 341 Donato 1988, 163. 342 Cfr Cap 1., 3-4. 343 Cap. 4.1 344 Cap. 4.2. 345 Cap. 4.3. 340 111 4.1 GIOANPIETRO DEL BUONO Solo un’opera di Gioanpietro Del Buono è giunta ai nostri giorni: Canoni, oblighi e sonate in varie maniere sopra l’Ave maris stella, a 3.4.5.6.7 et 8 voci, e le sonate a 4. Ecco il frontespizio: CANONI O B L I GH I , E T S O N A T E IN VARIE MANIERE SOPRA L’AVE MARIS STELLA DI GIOANPIETRO DEL BUONO A TRE, QUATTRO, CINQUE, SEI, SETTE, ET OTTO VOCI, E LE SONATE A QUATTRO [Stemma] IN PALERMO, Appresso Ant. Martarello, & Santo d’Angelo Impr. Abbas Gelosus Vic. Gen. Impr.de Denti P. La dedica: AL SIGNOR GIO. AMBROSIO SCRIBANI Persuaso non dal mio genio, ma dalle instanze d’amici a publicare queste mie compositioni, adherisco al loro sentimento. Le dedico però à V.S. perche à lei sola l’hò destinate in ossequio delle sue virtù, e in testimonio della mia osservanza; e perch’ella più 112 volte s’è compiacciuta d’applauderle col suo affetto per honorarle, godano tuttavia il privilegio de’ suoi favori, accettandole come tributo della mia devozione, ond’è contrassegnata la memoria de gl’obblighi che le professo, & a V. S. con vero affetto riverisco con baciarle le mani, da Palermo li 20 d’Aprile 1641. Di V.S. Affettionatissimo Servitore Gio. Pietro del Buono Giovanni Ambrosio Scrivani era un facoltoso nobiluomo genovese il quale, trasferitosi in Sicilia, svolgeva l’attività di banchiere prestando grosse somme di denaro alla corte regia346. Sia il frontespizio che la dedica sono avari di notizie biografiche; La qualifica di “palermitano” attribuitagli dai compilatori del catalogo Gaspari manca invero sul manoscritto bolognese, nel quale furon messi in partitura tutti i suoi canoni ed obblighi347. Antonio La Greca, nel dedicare a don Luigi Gaetani principe del Cassaro e marchese di Sortino la sua Armonia sacra di vari mottetti348, scrive che […]i cultori della musica trovarono sempre fortunato alloggio appo i suoi progenitori; e fra gli altri quel cigno di Sebeto, don Gio. Pietro del Buono, che lasciando l’onde di questo venne a fabbricarsi il nido nel Parnaso della sua casa. Questi, non iscordatosi della proprietà del Buono, onde nomatasi, incominciò a diffonder se stesso e communicar la virtù che fino alle stelle, e lasciando di sé ben degna memoria, sarà per eternarla, attesa la magnificenza del luogo, ove lungamente glorioso ne visse.349 Il Sebeto è il fiume, oggi coperto, che passa per Napoli: l’appellativo di cigno del Sebeto indica, così, che Del Buono fosse napoletano di nascita e palermitano d’adozione. Le avvertenze sono ricche di informazioni: AI BENEGNI LETTORI Mando in luce queste mie opere di Canoni, Obblighi, e Sonate sopra il Canto fermo dell’Ave Maris Stella, ove benche così eminentemente, e con tanto artificio molti anni sono vi fabbricò quel si celebre huomo Francesco Soriano, nulladimeno hò voluto far sopra l’istesso Canto fermo, acciò ciaschedun curioso conosca quanto sia infinita questa scienza, che avendo il Soriano con tanta varietà fattovi sopra tante opere, ancor io ne abbi fatte altre cento in così poco tempo che hò cominciato questa opera, e pur vedranno alcuni Canoni, con qualche stravaganza, & anco le composizioni con tutte le parti obligate, cose, che sopra Canto fermo, patiscono non poca difficoltà. Compatiscano perciò quando ritrovassero qualche errore, ò di stampa, ò di composizione, perche l’Obblighi, e Canoni piglian qualche licenza. Si avertisce, che i # e b. posti sopra le linee servono per le parti, che seguono li Canoni, & anco s’avvertisce, che l’Obblighi, e Canoni, che van di note di Semibrevi, e minime, come quasi tutto sono, si han da cantare con molta velocità, e battuta prestissima; e così anco le Sonate, essendosi scritte in detta 346 Giuffrida, cit. in Carapezza 1984, 131. Ibidem, 132. Gaspari 1890/R1961, 298. 348 La Greca 1657. 349 Ficola 1988, 77. 347 113 maniera per aversi à sonar con più facilità, nel rimanente mi rimetto al giudicio del buon Sonatore, e Cantanti, a i quali priego dal Signore ogni bene. Del Buono indica in Francesco Soriano350 l’ispiratore della sua opera ma è totalmente originale nella decisione di inserire le 14 sonate di cimbalo. La sistematicità nell’affrontare i canoni e gli obblighi secondo un rigido ordine cominciando dagli intervalli più piccoli per finire con i più ampi richiama un altro importante precedente in area napoletana: le Regole di Musica di Rocco Rodio la cui prima pubblicazione è precedente al 1601351. Ecco il piano dell’opera: N.° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 TITOLO A TRE VOCI (incluso il cantus firmus) Can. All’unisono à mezza pausa, che và imitando il principio All’unisono à mezza pausa con l’obligo di non caminar di grado All’unisono alla pausa Alla seconda alta al sospiro Resolutione della seconda alta Alla seconda alta à due pause Resolutione della seconda alta Alla seconda alta à tre pause Resolutione della seconda alta Alla seconda alta a quattro pause Resolutione della seconda alta Alla seconda bassa a mezza pausa Resolutione della seconda bassa Alla seconda bassa alla pausa. Il Canto fermo si canta per ottava alta Resolutione della seconda bassa Alla seconda bassa a due pause Alla terza alta a mezza pausa Alla terza alta alla pausa Alla terza alta à quattro pause Alla terza bassa a mezza pausa Alla terza bassa alla pausa Alla terza bassa a sei pause Alla quarta alta a mezza pausa Alla quarta alta alla pausa Alla quarta alta a due pause Alla quarta alta a quattro pause Alla quarta alta a sei pause Alla quarta alta a sei pause Alla quarta bassa a mezza pausa 350 CHIAVI Tenore Soprano Basso Baritono Tenore Tenore352 Contralto Contralto Contralto Contralto Contralto Basso Basso Tenore Baritono Tenore Tenore Contralto Tenore Baritono Mezzosoprano Contralto Contralto Contralto Tenore Contralto Contralto Basso Soprano Francesco Soriano pubblicò nel 1610 a Roma, presso G. B Robletti, i Canoni et Obblighi di cento, e diece sorte, sopra l’Ave maris stella…a 3,4,5,6,7,et 8 voci. 351 Cfr. cap. 1.2.2. 352 Del Buono riscrive alla fine l’incipit in chiave di violino ed indica: la parte, che segue legge per questa chiave. 114 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 Alla quarta bassa alla pausa Alla quarta bassa alla pausa Alla quarta bassa a due pause Alla quarta bassa a quattro pause Alla quarta bassa a sei pause Alla quarta bassa à otto pause Alla quarta bassa a diece pause Alla quinta alta a due pause Alla quinta alta a sei pause Alla quinta bassa à mezza pausa Alla quinta bassa à due pause Alla sesta alta alla pausa Alla sesta bassa alla pausa Alla sesta bassa a due pause Alla settima alla pausa. Il Canto fermo si canta per ottava alta Alla settima bassa a mezza pausa Alla settima bassa alla pausa Alla ottava alta alla pausa Alla ottava bassa a quattro pause Alla nona alta alla pausa Alla nona bassa a due pause Alla decima alta a sei pause Alla decima bassa ad otto pause, il canto fermo si canta per ottava sopra Riverso alla settima a due pause Resolutione del riverso alla settima Riverso alla decimaterza a sei pause Resolutione del riverso alla decimaterza Contrario alla sesta bassa alla pausa Resolutione Riversi di più sorte a mezza pausa (All’unisono, Alla seconda, Alla terza, Alla quarta, Alla quinta, Alla sesta, Alla settima, All’ottava) Resolutione dei riversi Riversi di più sorte sopra una corda a mezza pausa (All’ottava, Alla settima, Alla sesta, Alla quinta, Alla quarta, Alla terza, Alla seconda, All’unisono) Resolutione dei riversi Utrique medium. Diversi ad invicem canones, pausae unicuique prout loca. Resolutio partis superioris Resolutio partis inferioris A QUATTRO VOCI Alla ottava bassa al sospiro, & alla duodecima bassa alla minima 115 Tenore Tenore Mezzosoprano Tenore Tenore Soprano Tenore Tenore Basso Tenore Tenore Baritono Contralto Tenore Baritono Contralto Soprano Tenore Contralto Baritono Soprano Basso Soprano Mezzosoprano Violino Soprano Basso Contralto Contralto Contralto Contralto Baritono Violino (8va) Soprano (7ma, 6ta, 5ta, 4ta, 3za, 2da) Contr. (Unis.) Soprano Soprano Soprano Soprano 59 Resolutione della duodecima bassa All’unisono à mezza pausa, & alla pausa Alla ottava bassa à mezza pausa, & alla quarta bassa alla pausa Alla ottava bassa, & alla quarta bassa a due pause Resolutione della quarta bassa Alla seconda alta, è seconda bassa à quattro pause Resolutione della seconda alta Resolutione ella seconda bassa Alla quinta bassa mezza pausa, & alla quinta alta a due pause, e mezza. Resolutione della quinta bassa Resolutione della quinta alta Obligo a tutte le parti di minime puntate 60 Obligo a tutte le parti di semibrevi col punto 61 Obligo a tutte le parti di lunghi, e brevi 54 55 56 57 58 62 63 Il canto fermo si canta con questo tempo nel quale vanno a brevi a battuta (tutte brevi) Obligo a tutte le brevi, e semibrevi Il canto fermo si canta per l’istesso tempo di queste parti Obligo a tutte le parti di semibrevi, e minime, che toccano del cromatico 64 Obligo a tutte le parti di minime, seminime 65 Canone alla seconda bassa alla pausa Resolutione della seconda bassa Quarta parte libera Canone cancherizzato, la parte che cancherizza non fa semitoni se non quelli segnati sopra fuori delli righi Resolutione della parte cancherizzata Quarta parte libera In questo canone cantano quattro, mezza pausa un dopo l’altro, cioè il primo canta coma stà, il secondo aspettando mezza pausa canta per ottava alta, il terzo aspettando una pausa canta come stà, il quarto aspettando una pausa e mezza canta per ottava alta. Resolutione delle due parti che cantano per ottava alta 66 67 116 Basso Tenore Mezzosoprano Mezzosoprano Tenore Basso Basso Basso Tenore Basso Mezzosoprano Soprano (C) Contralto (A) Basso (B) Soprano (C) Contralto (A) Basso (B) Mezzosop.(C) Baritono (A) Basso (B) Tenore Soprano (C) Contralto (A) Basso (B) Soprano (C) Contralto (A) Basso (B) Soprano (C) Contralto (A) Basso (B) Soprano Mezzosoprano Basso Soprano Soprano Basso Baritono Soprano 72 A CINQUE VOCI In questo canone cantano quattro, mezza pausa un dopo l’altro, cioè il primo canta coma stà, il secondo aspettando mezza pausa canta per ottava bassa, il terzo aspettando una pausa per quinta alta, il quarto aspettando una pausa e mezza canta per quarta bassa. Resolutione delle due parti che cantano per quinta alta Canon in diapente a due pause, con le decime basse tanto alla parte che guida, quanto alla parte che siegue Resolutione della decima bassa di questa parte che guida Resolutione della diapente Resolutione della decima bassa della diapente Canone in diapente à due pause, alla parte che guida và una parte in decima sopra, & alla parte che siegue ancora Resolutione della decima sopra della parte che guida Canone in subdiapason a due pause, insieme con la parte che guida và una parte in terza bassa, & alla subdiapason và insieme una parte in decima alta Resolutione della decima alta alla subdiapason Dui Canoni alla quinta alla pausa 73 Resolutione della quinta alta del primo Canone Resolutione della quinta alta del secondo Canone Obligo à tutte le parti di calar di ottava 68 69 70 71 74 Obligo a tutte le parti di salir di ottava. Il canto fermo si canta con il tempo di queste parti 75 Obligo à tre parti di brevi, e semibrevi, & una parte di semibrevi, e minime. Il canto fermo canta il tempo di queste parti 76 Obligo à tre parti di semibrevi, e minime, & una parte di brevi, e semibrevi 117 Contralto Soprano Contralto Basso Soprano Basso Basso Mezzosoprano Contralto Soprano (I) (II) Soprano Contralto Basso Tenore Soprano (C) Contralto (A) Tenore (T) Basso (B) Soprano (C) Contralto (A) Tenore (T) Basso (B) Soprano (C I) Contralto (C II) Basso (B I) Basso (B II) Soprano (C) Contralto (A) Tenore (T) Basso (B) 77 78 79 80 81 Obligo di dui Zoppi, e dui Ciechi353 A SEI VOCI Canone alla ottava alta à mezza pausa. Alla quinta bassa ad una pausa, Alla quarta alta ad una pausa e mezza, & alla undecima alta à due pause. Resolutione della quarta alta Resolutione della undecima alta Resolutione della quinta bassa Obligo, che à ciascheduna parte cantan dui, & anco al canto fermo canta una altra parte in terza sopra In questa parte canta una parte in decima alta insieme Resolutione della parte che canta insieme col Canto fermo A SETTE VOCI In quinta parte cantan sei, cioè il primo canta come stà, il secondo aspettando mezza pausa canta per ottava alta, il terzo aspettando una pausa canta anco per ottava alta, il quarto aspettando due pause canta per quarta alta, il quinto aspettando due pause e mezza canta anco per quarta alta, & il sesto aspettando tre pause canta per undecima alta. Resolutione della seconda, e terza parte, che cantano per ottava alta Relatione (sic) della quarta, e quinta parte, che cantan per quarta alta Resolutione della sesta parte, che canta per undecima alta. SETTE VOCI, Con tre Canoni Il Canto fermo porta una parte in Canone di diverse maniere, e si canta per ottava alta come stà qui, la parte del Tenore porta un Canone alla quinta bassa, e la parte del Basso porta una parte in Canone alla seconda alta à due pause, & un Canone alla quinta bassa alla pausa. Alla seconda alta à due pause, e riverso alla quinta alta à quattro pause Resolutione della seconda alta Resolutione del Riverso Riverso alla quinta, Canone alla quinta bassa, Canone alla quarta bassa, Canone alla quarta 353 Soprano (C) Contralto (A) Tenore (T) Basso (B) Tenore Contralto Violino Basso Soprano Basso Contralto Basso Mezzosoprano Tenore Tenore Tenore Tenore Baritono Soprano Soprano I “dui Zoppi” sono le parti dell’Alto e del Basso che alternano, dall’inizio alla fine, minime e semiminime; i “dui ciechi” sono il Canto ed il Tenore che alternano semiminime e crome, tutte note nere. 118 82 83 Senza numero 84 alta, Canone alla quinta alta, Riverso alla terza. Resolutione delli Canoni del Cantofermo A OTTO VOCI In questa parte sette, cioè quattro in unisono, e tre in ottava alta tutti di sospir un dopo l’altro, avvertendo che la prima parte canta come stà, la seconda per ottava, la terza in unisono, la quarta per ottava, la quinta in unisono, la sesta per ottava, e la settima in unisono. Resolutione delle tre parti, che cantan per ottava alta, le quali van per mezza pausa l’una dopo l’altra. A OTTO VOCI. Tre canoni insieme Uno alla quinta, l’altra alla sesta & alla settima alta, e l’altro alla ottava alta. Alla quinta a due pausa Alla sesta a due pause, & alla settima alta à quattro pause Alla ottava alta a mezza pausa XIIII sonate di cimbalo Canone ultimo a 5 v. di molto studio Mezzosoprano Tenore Soprano Contralto Basso Basso Tenore L’originalità e la genialità di Del Buono si esprimono, però, nelle sonate per clavicembalo. Le 14 sonate di cimbalo costituiscono il più antico esempio di tale denominazione354: non solo esse non trovano evidentemente riscontro alcuno nell’opera di Soriano, ma appaiono come una composizione più unica che rara nella storia della musica strumentale, o meglio come una summa coerente e organica di forme diverse.355 Eccone lo schema generale: 354 355 Newman 1956, 296 – 310. Carapezza 1984, 133. 119 Il cantus firmus è affidato sempre al Tenore ad eccezione della XIV Sonata che lo presenta all’Alto. Netto e precisamente intenzionato è il loro piano tonale complessivo. Il modo dorico del canto fermo è mantenuto non trasposto nelle prime dieci sonate, è trasposto quindi alla diatessaron nell’undecima e duodecima, e infine “un tono più basso” nelle ultime due; e nella quartadecima “il canto fermo si suona per ottava alta”. Insomma RE – SOL – DO – do: la modulazione tonale ascende di quarta, scende di quinta e sale infine d’ottava, passando da una chiave senza accidenti a un bemolle, a due bemolli in chiave.356 Le sonate possono essere raggruppate in quattro sezioni:357 Prima sezione: diatonica 1. Ricercare – Fantasia 2. Toccata – Fantasia 3. Canzon francese 4. Canzon francese Seconda sezione: cromatica 5. Ricercare: Fuga cromatica358 6. Fantasia – Canzon francese 7. Toccata Stravagante, e per cimbalo cromatico 356 Carapezza 1984, 133. Ibidem, 137. 358 Le parole in corsivo sono nell’originale. 357 120 Terza sezione: mista 8. Toccata di arpeggi 9. Toccata in hoquetus 10. Canzon francese Quarta sezione: trasposta a) alla quarta alta 11. Canzon francese 12. Fantasia – Toccata b) un tono più basso 13. Ricercare – Fantasia 14. Toccata - Fantasia Nelle avvertenze Del Buono informa il giudizioso e buon sonatore che tutti i pezzi […] si han da cantare con molta velocità e battuta prestissima; e così anco le Sonate, le quali benché la maggior parte saranno scritte di crome, nondimeno si sonaran presto. E’ una dichiarazione di virtuosismo: l’esecuzione delle sonate diventa quasi una sfida, a volte spinta ai limiti delle possibilità fisiche dell’esecutore. Le battute 37 – 38 della VI sonata sono emblematiche: la mano destra deve eseguire una lunga serie di doppie note in sesta difficilissime da suonare con il tactus alla breve. Fig. 4.1.1: Del Buono, Sonata VI, batt. 37-38. Anche le sonate II, IV, VIII e XII risultano difficili a causa della velocità delle semicrome. L’unico problema d’esecuzione è costituito dai trilli. Essi talvolta sono scritti per disteso, talaltra sono suggeriti dalla lettera t., posta sempre con estrema precisione sulla nota da rompere. La prima volta che questo segno appare, sul basso della penultima misura della IV sonata, il trillo è tuttavia figurato in semicrome per disteso, e fornisce così il modello da adottare nei luoghi analoghi successivi.359 Il segno t. viene proposto in due maniere: trillo libero sopra una nota intera e trillo misurato sopra note ribattute tante volte quante si vuole ripetuto il trillo stesso. Altre volte Del Buono scrive i trilli per esteso che iniziano sempre dalla nota reale: questi ultimi concordano perfettamente con l’esecuzione del trillo misurato sopra note 359 Carapezza 1984, 139. 121 ribattute. Questa soluzione risulta utile nell’interpretazione dei trilli impiegati da Gregorio Strozzi360. L’ostentato virtuosismo potrebbe essere la giustificazione del termine sonata data da Del Buono. Abbiamo diversi esempi di composizioni polifoniche per strumento a tastiera su canto fermo in area napoletana ma non compare mai la dicitura di sonata: Rocco Rodio361 qualifica i suoi pezzi su canto fermo Fantasie, Ascanio Mayone362 adotta Ricercare sopra l’Ave maris Stella e Ricercare sopra il canto fermo di Costantio Festa, Giovanni Maria Trabaci363 impiega semplicemente Canto fermo e Giovanni Salvatore364 include nella sua opera il Ricercar sopra l’hinno d’Iste confessor. Questi precedenti rientrano tutti nella categoria dei ricercari, dotti per costruzione polifonica ma lontani dal virtuosismo; il luogo deputato per lo sfoggio delle abilità esecutive erano, piuttosto, le canzoni e le partite. Del Buono stravolge questa consuetudine: le sue sonate sono pezzi di bravura e l’impiego del canto fermo appare come il filo conduttore che lega i singoli pezzi in un contesto unico: è, comunque, una forma strumentale nuova e, per di più, per un determinato strumento365. Considerare le sonate come partite autonome di un unico Capriccio366 è perfettamente lecito, anche se non specificato dall’autore: vi è un equilibrio nella varietà espressiva. La sonata II è un’intensificazione della sonata I, lo stesso dicasi per la IV rispetto alla III; la sonata V, Fuga cromatica, spezza la fluidità delle sonate precedenti indulgendo nel vasto vocabolario dei cromatismi elaborato dai maestri napoletani; terminata questa pausa di riflessione, ecco la sonata VI, la più funambolica di tutte; la sonata VII, Stravagante, e per il cimbalo cromatico, riprende ed amplifica le formule già impiegate nella V raggiungendo il culmine delle sperimentazioni cromatiche inaugurate da Giovanni De Macque367, perfezionate dai suoi allievi Mayone368 e Trabaci369 ed assorbite da Frescobaldi; come la sonata V, anche la VII ferma il turbinio agogico, subito ripreso dalla sonata VIII ed esasperato dai contrasti ritmici della IX; le sonate X ed XI, di contro, riportano il flusso sonoro nell’alveo della fissità ritmica del tempo quaternario e preparano l’esplosione delle fioriture della sonata XII; le battute 37 – 40 di questa sonata sono una ripresa magistrale delle fioriture cadenzali impiegate da Trabaci nelle Canzoni alla francese; le sonate XIII e XIV sembrano quasi riportare la calma recuperando la compostezza alterata nelle sonate precedenti. Suonare da cima a fondo le 14 sonate risulta, così, un’esperienza esaltante per l’esecutore e coinvolgente per l’ascoltatore. 360 Vedi Cap. 5.3, 183. Cfr, Cap 1.3. 362 Cfr. Cap. 3.3. 363 Cfr. 3.4 364 Cfr. Cap 5.1. 365 Giova ricordare che nella tradizione napoletana l’ambiguità strumentale non si limitava solo all’alternativa organo/clavicembalo, ma si estendeva anche all’arpa, al liuto ed al concerto di viole. 366 Cfr. Carapezza 1984, 133. 367 Cfr. Cap. 3.2. 368 Cfr. Cap. 3.3. 369 Cfr. Cap. 3.4. 361 122 4.2 GIOVAN BATTISTA FASOLO Un grande contributo allo sviluppo della musica organistica viene dato nel 1645 da Giovan Battista Fasolo, piemontese d’Asti, francescano dell’ordine dei Minori Conventuali di San Francesco, come apprendiamo dal frontespizio dell’Annuale, l’opera sua più conosciuta e l’unica destinata ad avere una ricezione quasi ininterrotta fino ai nostri giorni. Possiamo ipotizzare una sua permanenza a Napoli grazie ad un suo Magnificat a cinque voci e continuo ed un’elaborazione dell’ XI Salmo presenti nella raccolta di Bartolomeo Cappello “Sacra animorum Pharmaca Musicis quinque vocum concinentibus contexta” pubblicata a Napoli nel 1650370; il trasferimento in Sicilia viene attestato dallo stesso Fasolo che, nelle “Arie spirituali e morali” (opus 9, Palermo, 1659), si qualifica Maestro di cappella dell’arcivescovo di Monreale (Palermo)371. Non sappiamo se Fasolo fosse già in Sicilia nel 1645, anno in cui l’Annuale vide la luce. Le intenzioni dell’autore sono ben espresse nel frontespizio dell’opera: ANNUALE Che contiene tutto quello, che deve far un Organista, per risponder al Choro tutto l’Anno. Cioè tutti gl’Hinni delli Vesperi, tutte le Messe, cioè doppia, che serve ad ambe le classi, della Domenica, e della Beatissima Vergine Madre di Dio. Sono regolate sotto l’ordine de Toni Ecclesiastici: otto Magnificat, i cui Versetti per pigliare tutti li toni possono servire à tutte l’occorrenze di risposte, ciascuno hà sua risposta breve per l’Antifona; otto Ricercate, otto Canzoni francese; quattro Fughe, la prima sopra la Bergamasca, la seconda sopra la Girometta, la terza sopra la Bassa fiamenga, la quarta sopra Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La; la Salve Regina, e il Te Deum laudamus. DI FRA GIOVANBATTISTA FASOLO D’Asti, dell’Ordine de Minori Convent. Di S. Francesco. O P E R A O T T A V A. CON PRIVILEGIO [Stemma] 370 371 Walter 1977, 1 Walter 1977, 1. Vedi anche Lo Coco 1985, 188. 123 IN VENETIA Appresso Alessandro Vincenti. MDCXXXXV. L’ “Avvertimento” è un manifesto di prassi esecutiva: ALLI STUDIOSI Questa Opera è ordinata alli Canti fermi, onde gl’Hinni sempre pigliano le note istesse del Canto fermo; Alcuni hanno una parte de Versetti grave, altra parte allegra, e più brevi. Ciascun hinno hà l’ultimo verso in terzetto, alludendo alla Santissima Trinità, di cui parlano le ultime strofe: Con la mano sinistra soneranno le due parti rimesse, con la mano destra la parte di sopra, alla ottava alta dandoli la misura del Choro. Altri Hinni particolari di ponno ridurre à questi. Le Messe si devono sonare gravi: Molti Versetti pigliano le istesse note, che tace il Choro; così anco il Te Deum laudamus. Se li Graduali Offertorij saranno troppo brevi, potranno sonare una Ricercata, ò vero una delle Canzoni delli otto Toni, che ho atteso alla brevità. Li otto toni per il Magnificat sono regolati come sopra gl’altri. Se l’Antifona sarà breve, si potrà pigliare una delle fughe sopra gl’obligho (sic), ò vero una delle Canzoni secondo il Tono, che caderà. Gl’Hinni si devono sonare spiritosi, senza partirsi dal grave. Le Messe contengono canti fermi trà li Versi, Canzonette brevi, Ricercate brevissime; e la elevazione delli versi, tanto canti fermi, quanto fughe, vogliono essere sonate allegre, e dove sono crome, ò simicrome, si soneranno, come fossero meze puntate, che la cantilena riesce più spiritosa. Le Canzonette alcune preferiscono il sito naturale, & è fatto per qual varietà, così anco le Ricercate, il tutto si sonerà con misura, hora interrotta, & hor sostenuta, non togliendo la natura del tempo. La elevazione vuol essere gravissima; Non guardino, che le figure siano ò bianche ò negre, mà faccino cadere (godere?) le ligature, sostenendole alquanto più della sua misura. Le Ricercate delli otto Toni cominciano gravi, nel mezo alcuni si rompono per metà con varietà di sogetti, & alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno stringere alquanto. Le otto Canzoni francese sono di natura allegre, è necessario darle una misura non troppo larga, ne troppo stretta per evitare ogni difficoltà, faccino godere li sogetti distinguendoli dalle fughe, con percuotere il tasto di polso battendolo, acciò spicchi; Così ancora si farà alle fughe sopra li quattro obblighi. Il rimanente si rimette alla disposizione de prudenti Studiosi. Vivete felici. Anche la dedica offre spunti alla comprensione della genesi dell’opera: All’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor, e Padron mio Osservandissimo, Il Signor Duca di Montalto Principe di Paternò etc. Molti anni sono fui richiesto dà alcuni miei scolari, e da altri della professione di fare un Annuale continente tutto quello che deve fare un Organista per rispondere con l’Organo al Choro; Presi l’assonto, e con progresso di tempo lo tirai à fine. Questo è l’ottavo parto del mio pigro ingegno, si arrossisce di comparire avanti al cospetto dell’E.V. non perché fosse così semplice (perché stando sotto il glorioso suo nome viene esaltato, e arricchito), mà perché stà imbrattato con l’inchiostro della mia penna; spero nella innata benignità di V. E. che non solo non lo sprezzerà ma con magnanimo core aggradirà il mio devoto affetto; Mentre le auguro dal Cielo il compimento de gli eroici desiderij di V. E. Alla quale humilemente m’inchino. Di Venetia li 27. Aprile 1645. Di V. E. Humilissimo, e Devotissimo servo. Fra’ Gio: Battista Fasolo. L’Annuale è stampato in partitura a quattro pentagrammi seguendo la prassi dei compositori napoletani. Si conservano oggi sette esemplari del XVII secolo: - Vienna, Musikarchiv des MinoritenKonvents; 124 - Monaco, Bayerische Staatsbibliothek - Regensburg, Bischofliche Bibliotek - Assisi, Biblioteca Comunale (2 esemplari) - Montecassino, Biblioteca dell’Abbazia - Napoli, Biblioteca del Conservatorio Ad Assisi, nel Settecento, si fece una copia dei dodici pezzi liberi dell’Annuale. Altre due copie si trovano presso l’archivio musicale del MinoritenKonvents di Vienna (ms. XIV. 728, trascrizione parziale ms. di P.A. Giessel, ca1725) e a Berlino, Deutche Staatsbibliotethek (Mus. Ms. 40266, trascrizione completa ms. di P.A. Widmann, ca 1775)372. Pierre Denis373 afferma che François Couperin conoscesse l’opera di Fasolo attraverso J. J. Froberger. In particolare, il Dialogue sur les grandes jeux nell’Agnus della Messe des Paroisses di Couperin (1690) ha lo stesso soggetto e la medesima tonalità della Brevis modulatio post Agnus della messa in duplicibus diebus, sintomo d’ampia e duratura circolazione dell’Annuale. La raccolta segue fedelmente lo svolgimento dell’anno liturgico; anche Antonio Valente374, Giovanni Maria Trabaci375 e Giovanni Salvatore376 si erano proposti lo stesso scopo, ma la scrupolosità e la precisione di Fasolo sono incomparabili. Egli si preoccupa di realizzare una pubblicazione che sia allo stesso tempo pratica, moderata nella richiesta di competenze esecutive e di buona qualità. Fra le musiche liturgiche pubblicate in Italia meridionale dopo il 1600, data di promulgazione del Caeremoniale Episcoporum377, l’Annuale è il lavoro più sistematico e scrupoloso per gli organisti del suo tempo. Fasolo appare estremamente ossequiente nei confronti del Caeremoniale non prevedendo alcun versetto per il Credo ed utilizzando un linguaggio austero ben compenetrato nel contrappunto tradizionale; il canto liturgico cui si riferiscono i versi è sempre ben presente e riconoscibile. E’ possibile identificare quattro sezioni fondamentali nella stesura dell’Annuale: 1. Versetti per diciannove inni preceduti dal Te Deum; 2. Versetti e pezzi liberi per le tre messe più comuni; 3. Versetti e pezzi liberi per il Magnificat seguiti dalla Salve Regina; 4. Venti pezzi liberi “dotti”, cioè otto ricercari, otto canzoni e quattro fughe. L’Annuale segue un ordine inverso rispetto la pubblicazione di Giovanni Salvatore del 1641 che pone i pezzi “dotti” (ricercari e canzoni alla francese) all’inizio seguiti dai pezzi funzionali alla liturgia (toccate e versi per le tre messe più in uso). L’Annuale manifesta col suo stesso nome l’intenzione di servire per tutto l’anno liturgico, ma è necessaria una certa flessibilità. Fasolo stesso, nell’Avvertimento, scrive che Altri Hinni particolari si ponno ridurre à questi […] Se li Graduali Offertorij saranno troppo brevi, potranno sonare una Ricercata, ò vero una delle Canzoni delli otto Toni, che ho atteso alla brevità ed ancora. Li otto toni per il Magnificat sono regolati come sopra gl’altri. Se l’Antifona sarà breve, si potrà pigliare una delle fughe sopra gl’obligho, ò vero una delle Canzoni secondo il Tono, che caderà.. 372 Bacciagaluppi 1999,43 Denis 1968, 61-63. 374 Vedi Cap. 1.2 375 Vedi Cap. 3.4 376 Vedi Cap. 5.1 377 Il Caeremoniale Episcoporum venne promulgato da papa Clemente VIII il 14 luglio 1600 e pubblicato a Roma nel 1606: regola, tra l’altro, l’uso dell’organo in chiesa in relazione ai compiti della schola cantorum. 373 125 L’Avvertimento non serve solo per organizzare il materiale musicale presente nella pubblicazione, ma è soprattutto una finestra aperta sulla prassi organistica della prima metà del XVII secolo e nulla vieta di applicare i “consigli” di Fasolo ad altre pubblicazioni coeve. La scelta dei pezzi liberi veniva fatta seguendo l’unico criterio vincolante della scelta del tono corretto: i Versetti per pigliare tutti li toni possono servire à tutte l’occorrenze di risposte. Il destinatario ideale dell’Annuale è un organista di buon livello, ma i pezzi mantengono un carattere poco appariscente, direi “francescano” e senz’altro piuttosto conservatore, tant’è vero che Fasolo stesso qualifica alcuni versetti “più moderni”. Spesso l’organista assumeva anche il compito di istruire i giovani378. Nella dedicatoria emerge la funzione pedagogica oltre che liturgica: Molti anni sono fui richiesto dà alcuni miei scolari, e da altri della professione di fare un Annuale continente tutto quello, che deve fare un Organista per rispondere con l’Organo al Choro; Presi l’assonto, e con progresso di tempo lo tirai à fine. Nel 1635 il sorrentino Tomaso Anfora nell’Avvertimento ai lettori dei Motetti op. VI del Fasolo”379, scrive: …fra pochi giorni uscirà in luce il suo annuale il qual contiene tutto quello, che deve fare in tutto l’anno chi risponde con l’organo alle divine lodi, incominciando da gli Hinni, tutte le tre Messe, cioè doppia, che serve ad ambe le classi, la Messa della Domenica, e quella della Beatissima Vergine Maria, e sono regolate secondo la forma Romana, gli otto Magnificat secondo gli toni ecclesiastici, con la risposta alle antifone. Otto ricercate; altre tante canzoni francesi. Quattro obblighi sopra diversi sogetti, e altri capricci, che per brevità tralascio, opera degna di qualsivoglia ingegno applicato à questa virtù. Ricevete per hora (benegnissimi lettori) questi pochi che accompagnati con l’opera serviranno al Mondo, per testimonio della sua virtù. Vivete felici. L’Annuale, dunque, è stato lungamente meditato dal suo autore se dieci anni prima della sua pubblicazione era già completo ed annunciato di imminente pubblicazione. Commentando l’Avvertimento, Claudio Bacciagaluppi380 traccia il seguente schema: x Agogica Inni: 1. Alcuni hanno una parte di Versetti brevi, altra parte allegra, e più brevi. 2. Con la mano destra [sonerà] la parte disopra [del terzetto finale], alla ottava alta dandogli la misura del Coro. 3. Gli inni si devono sonare spiritosi, senza partirsi dal grave. Messe: 1. Le Messe si devono sonare gravi. 378 Un atto notarile vergato a Sclafani Bagni (nell’attuale provincia di Palermo) il 21 giugno 1654 ci informa che il Diacono Francesco Putrusino di Cammarata (attuale provincia di Agrigento) si obbliga a servire per cinque anni in qualità di organista, impegnandosi a suonare tutti i sabati ed i giorni festivi; si impegna, inoltre, ad insegnare musica a dodici sacerdoti di Sclafani dando a tutti una lezione di musica al giorno ed una lezione “di tasto” a quattro di essi. Citato in Termotto 2003, 88. Sempre all’organista spettava il compito di sovrintendere alla costruzione o al restauro di un organo, Cfr. Cannizzaro 2002. 379 Trascritto integralmente in Bacciagaluppi 1999,87. 380 Bacciagaluppi 1999, 60. 126 2. La elevazione dei versi, tanto canti fermi, quanto fughe, vogliono essere sonate allegre, e dove sono crome, ò semicrome, si soneranno, come fossero mezze puntate, che la cantilena riesce più spiritosa. 3. Le Canzonette […], così ancora le Ricercate, il tutto si sonerà con misura, ora ininterrotta, ed ora sostenuta, non togliendo la natura del tempo. 4. La elevazione vuol essere gravissima; non guardino, che le figure siano ò bianche ò negre, ma faccino cadere [recte: godere] le ligature, sostenendole alquanto più della sua misura. Pezzi liberi: 1. Le Ricercate degli otto Toni cominciano gravi, nel mezzo alcuni si rompono per metà con varietà di soggetti, e alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno stringere alquanto. 2. Le otto Canzoni francese sono di natura allegre. x Tecnica organistica Inni: 1. Ciascun inno ha l’ultimo verso in terzetto, alludendo alla Santissima Trinità, di cui parlano le ultime strofe: Con la mano sinistra soneranno le sue parti rimesse, con la mano destra la parte di sopra, alla ottava alta. Pezzi liberi: 2. Le otto Canzoni francese […], è necessario darle una misura non troppo larga, né troppo stretta per evitare ogni difficoltà, faccino godere li soggetti distinguendoli dalle fughe, con percuotere il tasto di polso battendolo, acciò spicchi; Così anco si farà alla fughe sopra li quattro obblighi. Alcuni termini impiegati da Fasolo meritano qualche precisazione. La misura del Choro è un’indicazione con la quale si invita l’organista a suonare il cantus firmus alla velocità cui lo canta il coro. I termini grave e allegro sono antitetici; da notare che le Elevazioni hanno l’indicazione di Largo. Nelle canzoni Fasolo privilegia le indicazioni di presto ed adagio. La elevazione delli versi potrebbe indicare il tactus della battuta. Il termine spiritoso sembra riferirsi al fraseggio unitamente all’indicazione di suonare le crome e le semicrome come fossero mezze puntate. Potrebbe essere un riferimento alla pratica francese delle notes inégales anche se Fasolo, all’occorrenza, scrive per esteso il ritmo puntato.. Il tactus deve essere libero con misura hora ininterrotta e hor sostenuta nelle Canzonette e nelle Ricercate. Il Largo Assai deve permettere di far godere le ligature. L’indicazione agogica in parole ha la precedenza sulla notazione mensurale. I versi in Terzetto, cioè a tre voci, si eseguono con la mano sinistra impegnata nelle due parti gravi e la destra che suona la parte acuta all’ottava sopra creando, così, grande distanza tra le voci. Spesso la distribuzione delle parti è compatibile con l’uso di registri solistici spezzati per cui si crea l’illusione di un’esecuzione su due manuali; la distanza della voce superiore dalle altre due è tale da farla comunque emergere sfruttando la diversità timbrica che uno stesso registro ha tra la regione bassa ed alta della tastiera. E’ necessario suonare la canzoni con un tempo allegro ma tale da consentirne la perfetta articolazione; i soggetti delle canzoni devono essere ben spiccati con percuotere il tasto battendolo. 127 TE DEUM – Il primo versetto del testo viene intonato dal coro (Te Deum laudamus) e completato dall’organo (te Dominum confitemur); a seguire si alternano quasi regolarmente coro e organo sino in fondo: 1. Te Deum laudamus (coro), Te Dominum confitemur (organo) 2. Te aeternum Patrem omnis terra veneratur. (coro) 3. Tibi omnes angeli, tibi Caeli et universae Potestates (secondo verso dell’organo) 4. Tibi Cherubim et Seraphim incessabili voce proclamant (coro) 5. Sanctus (terzo verso dell’organo) 6. Sanctus (coro) 7. Sanctus Dominus Deus Sabaoth (quarto verso dell’organo) 8. Pleni sunt caeli et terra maiestatis gloriae tuae (coro) 9. Te gloriosus Apostolorum chorus (quinto verso dell’organo) 10. Te prophetarum laudabilis numerus (coro) 11. Te Martyrum candidatus laudat exercitus (sesto verso dell’organo) 12. Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia (coro) 13. Patrem immensae maiestatis (settimo verso dell’organo) 14. Venerandum tuum verum, et unicum Filium (coro) 15. Sanctum quoque Paraclitum Spiritum (ottavo verso dell’organo) 16. Tu rex gloriae, Christe (coro) 17. Tu Patris sempiternus es Filius (nono verso dell’organo) 18. Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum (coro) 19. Tu devicto mortis aculeo aperuisti credentibus regna caelorum (manca verso dell’organo, forse era pure affidato al coro) 20. Tu ad dexteram Dei sedes, in gloria Patris (coro) 21. Judex crederis esse venturus (decimo verso dell’organo) 22. Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti (coro) 23. Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari (undicesimo verso dell’organo) 24. Salvum fac populum tuum Domine, et benedic hereditatis tuae (coro) 25. Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum (dodicesimo verso dell’organo) 26. Per singulos dies, benedicimus te (coro) 27. Et laudamus nomen tuum in saeculum et in saeculum seculi (tredicesimo verso dell’organo) 28. Dignare Domine die isto sine peccato nos custodire (coro) 29. Miserere nostri Domine, miserere nostri (quattordicesimo verso dell’organo) 30. Fiat misericordia tua Domine super nos, quemadmodum speravimus in te (coro) 31. In te Domine speravi: non confundar in aeternum (quindicesimo ed ultimo verso dell’organo). Gli inni hanno un numero variabile di versetti: alcuni sono in stile severo, altri più moderni ed allegri, altri in trio alludendo alla Santissima Trinità. Ecco l’elenco completo degli inni: 1. Hinno per tutte le Domeniche: Lucis creator optime Undecimo Tono, tre versetti; 2. Hinno per le feste della Beatissima Vergine Maria: Ave Maris stella, quattro versi cui si aggiungono altri quattro versi facili, e più moderni, l’ultimo dei quali ha la seguente indicazione: Il presente Terzetto, e tutti gli altri che seguiranno, si soneranno con un registro solo: e il Soprano all’Ottava sopra, se piace. 128 3. Hinno per il Santissimo Natale di Nostro Signore, e per la Festa degli Innocenti. Serve anco alla festa di tutti i Santi: Christe redemptor omnium, del quinto tono, quattro versetti di cui l’ultimo è un Terzetto con il Canto fermo di misura corista. Il Soprano si può sonare alla Ottava alta. 4. Hinno per il giorno del Epifania: Hostis Herodes impie, tre versi di cui il terzo Terzetto alla forma del Choro. 5. Hinno per la Domenica in Albis, e per le feste degli Apostoli nel Tempo Pascale: Ad cenam providi del undecimo Tono trasportato una seconda sotto per comodità del Choro, tre versetti più altri tre più allegri. 6. Hinno per la Ascensione: Jesu nostra redemptio Del terzo tono, cinque versetti di cui l’ultimo è un terzetto. 7. Hinno per la festa della Santissima Trinità, e per tutti i Sabbati dell’anno: O lux (beata Trinitas), due versetti. 8. Hinno nella Festa della Pentecoste. Del ottavo Tono trasportato alla quarta bassa: Veni creator Spiritus, tre versetti più altri quattro così definiti dall’autore: Li seguenti versi sono più allegri li hò trasportati una Seconda di sotto alla natura del tono per facilitarli, che il diesis è troppo scabroso sotto il tempo maggior perfetto e imperfetto, chi avrà prattica, e velocità di mano le potrà ridurre alla quarta bassa; l’ultimo verso è definito: Sopra l’aria del Canto fermo a tre. Quando si trasporta si potrà sonare il Soprano all’ottava alta. 9. Nella festa del Santissimo: Pange lingua, cinque versetti. Dopo i primi due, Fasolo indica gli Altri più moderni; l’ultimo è un terzetto. 10. Nella Festa di San Giovanni Battista: Ut queant laxis. Tre versetti, l’ultimo è definito Senza la misura del Choro. 11. Nella festa di San Pietro Apostolo: Aurea luce, Del terzo tono. 12. Nel commune delli Apostoli: Exultet luminum, del quarto tono, tre versetti più altri quattro più allegri; l’ultimo è un terzetto con il Canto fermo che camina alla misura del Choro. Il Soprano si può sonare all’ottava alta che farà bono effetto. 13. Hinno del terzo tono. Nel comune de’ Martiri: Deus tuorum militum: tre versi, il secondo Allegro, il terzo con Il Contralto all’ottava ad libitum. Sempre Fasolo scrive Nel comune delli Apostoli, e Martiri del tempo Paschale, si piglia sopra l’Hinno Ad çenam agni providi. 14. Nelle feste de’ più Martiri: Sanctorum meritis, quattro versetti di cui l’ultimo Terzetto alla misura del Choro. 15. Hinno nel comune dè Confessori Pontefici, e non Pontefici: Iste Confessor, cinque versetti. Il terzo è un Terzetto grave, e largo assai si Suonerà per far godere li scontri delle parti; il quarto è un Altro Terzetto con la misura del Choro. Il Soprano si può Sonare all’ottava alta. 16. Nelle Feste delle Vergini. Jesu corona virginium. 17. Nelle Feste delle Sante Vedove: Fortem virili pectore. 129 18. In festo Sancti Patris mei Francisci: Proles de coelo prodiit. Himnus Quinti Toni accidentalis, translatus ad quartam inferior, ut modulatur Chorus. Sei versetti; dopo i primi tre Fasolo annota: Alii antecedentibus moderniores; l’ultimo è definito Modulus choristicus, pars acuta ad Diapason intensum. Nel quinto versetto dell’inno si riconoscono sette battute tratte dal Capriccio sopra ut re mi fa sol la di Frescobaldi381 19. In secundis Vesperis et ad processiones: Decus morum dux minorum. Himnus Octavi Toni accidentalis. Cinque versetti l’ultimo dei quali è Modulus choristicus. Nell’organizzazione dei versetti delle messe, Fasolo appare molto vicino alla concezione di Giovanni Salvatore: entrambi affrontano le messe in maniera sistematica ed ordinata benché il napoletano elabori solo le parti dell’Ordinario; comune è nel primo versetto del Kyrie con l’impiego della melodia gregoriana in “cantus firmus”. Salvatore si distingue solo per l’inserzione di versetti in stile toccatistico non basati sul gregoriano che mai Fasolo impiega per i suoi. Nell’Annuale sono presenti le tre messe più frequentemente elaborate per l’”alternatim”: x MISSA IN DOMINICIS DIEBUS (Messa Orbis Factor, XI del Kyriale) x MISSA IN DUPLICIBUS DIEBUS (Messa Cunctipotens o Apostolorum, IV del Kyriale) x MISSA BEATAE MARIAE VIRGINIS (Cum jubilo, IX del Kyriale). Ecco in tabella la distribuzione dei versetti per ciascuna messa: 381 Cfr. Cera 2003, 100. 130 Fasolo introduce l’organo direttamente al primo Kyrie senza far cenno ad alcuna Toccata avanti la messa che, pur quasi sempre improvvisata, era di corrente prassi. Gabrieli, Frescobaldi, Salvatore ed altri hanno esplicitamente scritto toccate per introdurre la messa ma Adriano Banchieri382 descrive l’uso di far coincidere il brano per l’Introito col primo versetto del Kyrie. L’Annuale offre un altro dubbio circa la prassi dell’alternanza dei versetti del Kyrie: nella Messa della Domenica, infatti, i versetti sono solo quattro (Primum Kyrie, Christe, Aliud Kyrie, Kyrie Ultimum) mentre le altre due messe, come le pubblicazioni degli altri autori di quel tempo, hanno cinque versetti (il Kyrie constava di 9 versetti, 5 dispari affidati all’organo, 4 pari al coro). Fasolo impiega la dicitura Brevis modulatio post Epistolam in luogo della più frequente canzon dopo l’epistola; in realtà la Brevis modulatio post Epistolam di Fasolo è una canzone strumentale in sezione unica (Messa della Domenica), tripartita (Messa degli Apostoli) e bipartita (Messa della Madonna). La Gravis modulatio Pro Offertorio corrisponde stilisticamente ai Ricercari Dopo il Credo di Frescobaldi383. Nelle Messe della Domenica e della Madonna vengono fusi il Benedictus e l’Elevazione (Benedictus et Elevatio simul), prassi che si riscontra anche in messe organistiche francesi. Fasolo compone otto Magnificat negli otto toni ecclesiastici, more regulantur choristico ad breviorem formam dando, così, un’impostazione sistematica alla serie dei versetti. L’organizzazione dei Magnificat di Fasolo prevede il primo versetto diviso tra officiante (Magnificat) ed organista che completa il versetto (…anima mea Dominum), i versi pari dal 2° al 12° affidati all’officiante, i versi dispari dal 3° all’11° affidati all’organista. Al termine del cantico vi è un breve brano (sostituibile da una fuga o da una canzona a seconda del tono384) da eseguire in luogo dell’antifona post Magnificat; Fasolo scrive anche indicazioni accessorie: x Magnificat Primi Toni: Pulsetur loco Antiphonae post Magnificat. Autenticus maioris perfectionis accidentalis385. x Magnificat Secundi toni : Post Magnificat loco Antiphonae. Brevis modulatio x Magnificat Tertii Toni: Post Magnificat. Brevis modulatio loco Antiphonae x Magnificat Quarti Toni: Brevis modulatio. Post Magnificat loco Antiphonae x Magnificat Quinti Toni, traslatus ad quarta inferior: Loco Antiphonae post Magnificat (Brevis modulatio) x Magnificat Sexti Toni: Brevis modulatio. Post Magnificat loco Antiphonae. x Magnificat Septimi Toni, Traslatus ad quartam inferius commoditatis causa: Post Magnificat loco Antiphonae. Brevis molulatio x Magnificat Octavi Toni: Post Magnificat loco Antiphonae (Brevis modulatio). Anche la Salve Regina è stata scritta in versetti per l’alternanza; il primo versetto è preceduto dalle quattro note dell’incipit della melodia gregoriana mentre gli altri non hanno alcuna dicitura. Valentino Donella386 propone la seguente divisione: Salve regina (intonazione) 382 Banchieri 1605, 99 Frescobaldi 1635. 384 Cfr. introduzione “Alli studiosi” 385 E’ interessante la sottolineatura di Fasolo che il pezzo è nel primo modo autentico perfetto ma con diversi accidenti: in effetti ricorrono frequentemente il si bemolle, il fa e il do diesis. 386 Donella 1986, 301. 383 131 Mater misericordiae (organo , versus primus) Vita dulcedo (coro) Ad te clamamus (organo , versus secundus) Ad te suspiramus (coro) Eja ergo (organo, versus tertius) Et Jesum (coro) O clemens (organo, versus quartus) O pia (coro) O dulcis Virgo Maria (organo, versus quintus) Le otto Ricercate costituiscono la sezione “dotta” dell’Annuale in perfetta linea con le pubblicazioni di Mayone387, Trabaci388 e Salvatore389. Giovan Battista Fasolo, come Giovanni Salvatore, resta fedele agli otto toni tradizionali e non prende in considerazione la composizione di dodici ricercari nei dodici toni. Fasolo scrive nell’Avvertimento che Le Ricercate delli otto Toni cominciano gravi, nel mezo alcuni si rompono per metà con varietà di sogetti, e alcune seguitano il primo tempo; queste nella metà si potranno stringere alquanto. Le otto Ricercate potevano essere liberamente impiegate dall’organista, specialmente negli offertori; esse sono monotematiche (ad eccezione dell’ottava che è bitematica) in un’unica sezione, a quattro voci con prevalenza di note bianche e chiavi basse, con le stanghette di battuta segnate ad ogni breve, salvo passare ad un intervallo di semibreve per marcare un cambiamento di tactus; per tutte le ricercate l’indicazione ritmica è il “tempo imperfetto”. La Ricercata Prima del primo tono è una citazione del soggetto e del controsoggetto della “Fantasia cromatica” di J. P. Sweelinck390. All’identità del soggetto non corrisponde, però, un’identità formale: la fantasia di Sweelick procede, infatti, con un’intensificazione progressiva di diminuzioni e sezioni contrastanti verso il climax conclusivo, Fasolo preferisce una struttura “ad arco” con un addensamento delle parti ed una maggiore vivacità ritmica al centro della ricercata per allentare la tensione verso la fine; Fasolo, infine, non trasforma mai il soggetto per diminuzione. La Ricercata Seconda del secondo tono ecclesiastico è pure costruita con la struttura “ad arco” riscontrata nella prima; il soggetto, esposto nel secondo tono trasportato una quarta superiore “per b molle” è identico al soggetto della canzona quinta come pure il primo controsoggetto. Terminata l’esposizione, Fasolo fa seguire un episodio libero in crome con le stanghette poste ad ogni semibreve per segnalare che queste nella metà si potranno stringere alquanto benché non sia semplice stabilire quanto il tactus possa essere accelerato. La Ricercata Terza del terzo tono presenta una struttura in tutto simile alla seconda ricercata con una significativa differenza: l’episodio centrale in crome con l’accelerazione del tactus sfrutta la diminuzione del soggetto e l’enfatizzazione del ribattuto presente nella testa del soggetto. Tale economia di materiale conferisce alla ricercata un’unità e coerenza che non si riscontra nella precedente. 387 Cfr. Cap 3.3. Cfr Cap. 3.4. 389 Cfr. Cap. 5.1. 390 Cfr Cera 2003, 101. 388 132 La Ricercata Quarta del quarto tono ha un episodio in crome molto dilatato che ha inizio alla battuta 29; le crome riprendono in diminuzione un frammento del controsoggetto che viene rimbalzato tra le quattro voci quasi fino alla fine della ricercata. Benché le ultime cinque battute non presentino più la figurazione rapida in crome, le stanghette continuano ad essere frapposte per semibreve. La Ricercata Quinta del quinto tono non presenta alcuna sezione contrastante con variazione del tactus se si eccettuano due misure in semibreve coincidenti con l’entrata del soggetto al basso. La ricercata procede con molta regolarità sfruttando principalmente la caratteristica scala tematica ascendente di semiminime presentata spesso in inversione; la cadenza conclusiva si fonda su una breve cadenza composta sul Do, quinto grado, che risolve sul Fa, nota caratteristica del quinto tono. La Ricercata Sesta del sesto tono è scritta con il Si b in chiave pur essendo nel sesto tono naturale (evidentemente il Si b non rappresenta una trasposizione ma è indicato per la estrema ricorrenza durante il brano); come la Ricercata Quinta non presenta alcuna sezione contrastante (vi è una singola misura con fioriture di crome al basso a 12 battute dalla fine) ed ha la stessa scala ascendente di semiminime che non viene, però, proposta in inversione durante lo svolgimento del brano. Nella Ricercata Settima del settimo tono Fasolo riprende la struttura “ad arco” limitatamente, però, all’addensamento delle parti mentre non si riscontrano battute “strette” in semibrevi ; la tensione, così, viene creata da sincopi e contrattempi tra le parti finché non si allenta molto gradatamente verso la fine rimarcata da un pedale alla voce superiore. La Ricercata Ottava dell’ottavo tono è la più complessa dal punto di vista formale essendo, infatti, l’unica ad avere tre sezioni; in più è bitematica col secondo soggetto che si trasforma in controsoggetto del primo nella terza ed ultima sezione: si avvicina, quindi, alla forma della canzone. Questa Ricercata non presenta battute “strette” né particolari addensamenti di voci o intensificazioni ritmiche. Fasolo ha voluto dare un ordine sistematico secondo la teoria modale anche nelle canzoni; è una novità poiché nessuno prima di lui si era preoccupato di ciò. Persino Giovanni Maria Trabaci391, che tanta cura aveva a sua volta profuso nella pubblicazione dei suoi ricercari e dei versetti, ha pubblicato sette canzoni nel suo primo libro del 1603 senza un ordine sistematico nella scelta dei modi ed una sola nel secondo libro del 1615. Fasolo, invece, riutilizza l’ordine già scelto per le ricercate con l’unica eccezione nella terza canzone che è in un tono misto di quarto e di terzo. Le canzoni del Fasolo sono spesso divise in tre sezioni con il soggetto della seconda sezione che contrasta ritmicamente e melodicamente con il soggetto d’apertura, generalmente col caratteristico ritmo dattilico; nella terza sezione, poi, il secondo soggetto funge da controsoggetto del primo, oppure il primo ritorna in doppio contrappunto con un nuovo controsoggetto più movimentato. I soggetti vengono sottoposti sia a diminuzione che a variazione ritmica e melodica. La notazione è in note nere, le chiavi sono spesso alte e le stanghette sono poste ad ogni breve. Come spesso accade nell’Annuale, Fasolo è molto preciso nelle didascalie circa il modo di ciascuna canzona. Primo Tono accidentale. Canzone Prima. In questo caso, come nel brano alla fine del primo Magnificat, il primo tono è corredato da diversi segni di alterazione: i più frequenti sono il Sib , il Fa e Do# ma ricorrono anche il Mib ed il Sol#; tutte le cadenze sono tonali. Il soggetto presenta delle analogie col tema della Canzon prima di Tarquinio Merula392. La canzone è in tre sezioni (nei tempi C – 6/4 – C), il 391 392 Cfr. Cap 3.3. Cera 2003, 102. 133 controsoggetto della prima sezione diventa soggetto nella seconda sezione, la terza sezione riprende il soggetto393 e il controsoggetto della prima. Secondo Tono trasportato alla quarta alta. Canzon Seconda. Il secondo tono è trasportato per mezzo del B molle. La canzone è in tre sezioni (tutte in tempo C e con indicazione di ritornello): prima e terza sezione coi medesimi soggetto e controsoggetto, la seconda con un soggetto indipendente non derivato da altre sezioni. La Canzone seconda ricalca il tema e buona parte dell’esposizione della Canzona quarta del secondo libro di toccate di Frescobaldi , trasposta un tono sopra e curiosamente in modo minore anziché maggiore. Il tema della Canzona di Frescobaldi viene variato da Fasolo con note ribattute in ritmo dattilico e una “figura circulans” ma lo sviluppo contrappuntistico fino a metà di battuta 8 coincide chiaramente con quello di Frescobaldi; il brano di Fasolo prosegue in modo del tutto autonomo.394 Tono misto di quarto col diesis e di terzo per seconda parte, con la cadenza naturale. Canzon Terza. La canzone è in quattro sezioni (tutte in tempo C): I, III e IV nel quarto modo con Fa diesis, II nel terzo modo naturale, l’unica ad avere la cadenza modale caratteristica del proprio modo. Ecco la distribuzione dei temi: I sezione: tema A (soggetto)395 II sezione: tema B (soggetto) III sezione: tema A diminuito (soggetto), tema B (controsoggetto) IV sezione: tema A modificato (soggetto), tema B modificato (controsoggetto). Quarto Tono naturale. Canzon Quarta. Questa canzone esordisce con 8 battute in forma di toccata, genere peraltro non rappresentato nell’Annuale. Le tre sezioni (nei tempi C- 6/8 – C) hanno lo stesso soggetto, modificato ritmicamente nella sezione centrale. Quinto Tono trasportato alla quarta. Canzon Quinta. Il brano, senza alterazione del b molle, si divide in tre parti (nei tempi C – C3/2 – C), di cui la seconda svolge in ritmo ternario un secondo soggetto contrastante col primo della prima parte, e termina con un breve “Adagio” cadenzante. La terza rielabora il primo soggetto sfociando in una coda di passaggi in semicrome. Sesto Tono naturale. Canzone Sesta. E’ insolitamente bipartita (nei tempi C – C3/2) e, pur essendo nel sesto tono naturale, presenta il Si bemolle in chiave dall’inizio. La prima sezione è molto lunga se paragonata alle altre canzoni, la seconda impiega lo stesso soggetto variato ritmicamente. Nella Canzona sesta Fasolo attinge di nuovo al secondo libro di toccate [di Frescobaldi], introducendo da battuta 61 quasi tutta la bellissima sezione imitativa cromatica della Toccata settima, questa volta senza trasposizione.396 Settimo Tono. Canzon Settima. Il brano presenta delle similitudini con la quinta canzone: si divide in tre parti (nei tempi C – C3/2 – C) con la seconda sezione che termina con una cadenza di tre battute in stile toccatistico. Vi è un unico soggetto, identico nella prima e nella terza sezione ma con controsoggetti differenti, variato ritmicamente ma non melodicamente nella seconda. 393 Il primo tema della Canzon Prima è identico in tre composizioni di Tarquinio Merula: Capriccio, Canzon (I) e Canzon “La Loda”, cfr. T. MERULA, Composizioni per organo e cembalo a cura di Alan Curtis, Brescia, 1961, Paideia. 394 Cera 2003, 106-107. 395 Dopo l’esposizione del primo soggetto, Fasolo introduce tre battute e mezze molto simili al Capriccio sopra ut re mi fa sol la di Frescobaldi. Cfr Cera 2003, 107. 396 Cera 2003,102. 134 Ottavo Tono. Canzon Ottava. Questa canzone presenta una grande densità contrappuntistica e fluisce dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità; il soggetto cromatico, ricavato dal soggetto della Canzone terza del secondo libro di toccate di Frescobaldi e solo lievemente modificato, non varia durante il corso del brano ad eccezione delle battute 54-55 in cui la testa del soggetto è trasformata diatonicamente e proposta in aumentazione. Come il ricercare ottavo ha molte caratteristiche della canzone, così la canzone ottava ha molte caratteristiche del ricercare; i due brani, quindi, sono idealmente collegati da Fasolo che dimostra di avere attenzione all’equilibrio macrotestuale dell’Annuale397. Le quattro fughe sopra obblighi sono basate su un solo soggetto che, nel corso del pezzo, è sottoposto a variazioni di tipo diverso. Le fughe si dividono in due o tre sezioni e si trova sempre un controsoggetto che sostituisce quello usato nella prima esposizione ma che non viene mai impiegato come soggetto indipendente. La notazione è in note nere, le chiavi sono spesso alte e le stanghette sono poste ad ogni breve. Anche in questa parte dell’Annuale il pensiero corre alla produzione organistica di Girolamo Frescobaldi. Frederic Hammond398 ha rimarcato che i Capricci del 1624 ed i Fiori Musicali del 1635 del ferrarese contengono pezzi sopra tutti i quattro soggetti impiegati da Fasolo nelle sue fughe. Non si avverte, tuttavia, l’influenza compositiva di Frescobaldi nelle fughe di Fasolo, il quale segue il modello formale delle canzoni monotematiche. Sopra la Bergamasca. Fuga Prima. Benché sia difficile stabilire una relazione tra data di composizione e data di pubblicazione, è interessante istituire un paragone con la “Canzone Francese Quarta ed Ultima, del Settimo Tuono Naturale sopra il Ballo della Bergamasca” di Giovanni Salvatore399. Salvatore espone compiutamente il tema della Bergamasca mentre Fasolo fa intervenire la risposta già alla quinta nota del tema, ma entrambi presentano il soggetto nella sua veste melodica più consueta. Nella sua Bergamasca, Salvatore all’esposizione del tema fa seguire quattro variazioni caratterizzate da differenti trattamenti contrappuntistici; Fasolo preferisce tre sezioni (nei tempi C – C3/2 – C) con un episodio contrastante centrale ed un ritorno variato alla forma iniziale nella terza sezione che va a concludere con una coda in semicrome dove si sente al basso (battute 62 – 65) l’intero tema della Bergamasca come non si era udito nelle esposizioni delle tre sezioni. Girometta. Fuga Seconda. Molto più semplice appare la struttura formale della seconda fuga sopra la melodia popolare della “Girometta”: due sezioni in tempo C di cui la prima è in imitazione, la seconda presenta il soggetto sia in diminuzione che in aumentazione. Le seconda sezione viene denominata da Fasolo “Fuga d’inganno” forse per la presenza del Fa diesis nel soggetto che fa distare la seconda nota del tema di un tono dalla prima mentre nella prima sezione vi è un semitono. Sopra la Bassa Fiamenga. Fuga Terza La fuga è tripartita con tutte le sezioni in tempo C; la prima sezione è in stile imitativo, la seconda elabora solo la parte iniziale del soggetto (solo una volta il soggetto viene proposto integralmente ma col secondo inciso trasportato una quarta sopra, batt. 43 - 44) con un controsoggetto diverso, la terza riprende il soggetto così come proposto all’inizio ma il controsoggetto ha una forte caratterizzazione con ritmo puntato. Sopra Ut, Re, [Mi, Fa, Sol, La,] Fuga Quarta. Questa fuga, la più lunga delle quattro, ha anch’essa tre sezioni: la prima imitativa, la seconda contrastante in un tactus più lento con stanghette ad ogni breve, la terza più vivace e libera. Le tre sezioni 397 Bacciagaluppi 1999, 74. Hammond 1979, 115 – 116, nota 68. 399 Vedi Cap.5.1, 152. 398 135 presentano una coerenza strutturale generata dal criterio delle entrate del soggetto che si fanno progressivamente sempre più ravvicinate. I pezzi che impiegano il tema dell’esacordo ascendente assumono in opere di altri autori il carattere programmatico dell’esplorazione di ogni recesso della tecnica compositiva e, per tale motivo, vengono collocati all’inizio delle raccolte; in Fasolo non si avverte questa esigenza . Il respiro di questa fuga, tuttavia, è decisamente più ampio e severo se paragonato alle altre tre. L’Annuale di Fasolo ha frequenti “colte citazioni”, soprattutto di Frescobaldi. Anche Giovanni Battista Fasolo doveva essere ripieno di ardore frescobaldiano e questo è confermato non solo dalle numerose citazioni ma anche dallo stile generale della musica contenuta nell’Annuale, generalmente assai vicina al Frescobaldi contrappuntistico piuttosto che a quello delle Toccate. Nella scrittura imitativa dei versetti e delle Ricercate ritroviamo la passione per i ritardi frequenti e il movimento tranquillo delle parti. Molti temi e controsoggetti delle Canzoni sono memori delle strutture ritmiche che Frescobaldi usa nel medesimo genere; anche la scrittura rallentata che conclude ogni sezione si ritrova in Fasolo, e così per molti altri dettagli riconducibili a Frescobaldi. L’Annuale apparve nel 1645, solo due anni dopo la morte di Frescobaldi e a ventuno e diciotto anni rispettivamente all’uscita del Capricci (1624) e del Secondo libro di Toccate (1627), le opere più spesso citate da Fasolo; perciò difficilmente Fasolo avrebbe potuto far passare inosservati i numerosi prestiti inseriti nelle sue musiche. Dunque prevarrebbe l’idea di citazione.[…]La visione si fa ancor meno rosea pensando alla lunghissima citazione di Sweelinck, musicista senz’altro sconosciuto in Italia ai tempi di Fasolo e che era facile contrabbandare in silenzio.400 Probabilmente Fasolo non ebbe intenzioni disoneste nel riportare, a volte anche integralmente, sezioni di brani di altri autori: la natura stessa dell’Annuale, compendio di musiche per la liturgia, potrebbe giustificare la citazione di altri autori; Fasolo non ricorre mai a musiche preesistenti nei brani esclusivamente liturgici (Inni, Magnificat, Versetti, etc) mentre le citazioni abbondano nei pezzi a destinazione liturgica non univoca (Ricercari , Canzoni, Fughe), eseguibili in momenti diversi: la presenza di altri autori dimostrerebbe l’impiego nella liturgia di brani per organo non pensati necessariamente per essa. Ai nostri occhi sarebbe sembrato più opportuno, tuttavia, sottolineare chiaramente la provenienza delle citazioni sul modello dell’ Adjunctum Frescobaldicum inserito da frate Spiridonis a Monte Carmelo (al secolo Johann Nenning) nel terzo volume della sua Nova instructio pro pulsandis organis401, trattato di composizione e di improvvisazione organistica pubblicato in Bamberga nel 1670. 400 401 Cera 2003, 114-115. Ed. moderna a cura di Edoardo Bellotti, Andromeda Editrice, Colledara (Te), 2003. 136 4.3 BERNARDO STORACE Il frontespizio della Selva di Varie Composizioni per Cimbalo ed Organo è l’unica fonte biografica di Bernardo Storace. SELVA DI VARIE COMPOSITIONI D’INTAVOLATURA PER CIMBALO ED ORGANO OVE SI CONTENGONO Capricci, e Partite Sopra Diverse Arie Toccate, Canzoni, e Recercari Correnti, Gagliarde, Balletti, Ciaccone Passagagli Sopra Varij Toni E nel Fine Una Pastorale DI BERNARDO STORACE VICE MAESTRO DI CAPPELLA DELL’ILLmo SENATO DELLA NOBILE ED ESEMPLARE CITTA’ DI MESSINA In Venetia 1664 Con Licenza de Superiori Il frontespizio è decorato con motivi floreali e con raffigurazioni di strumenti musicali: un’arpa, una viola da braccio, una viola da gamba, un liuto, una tiorba ed un organo portativo. Nella pagina successiva sono raffigurati due angeli nell’atto di aprire una tenda su uno sfondo bianco che avrebbe probabilmente dovuto accogliere la dedica: la Selva è l’unica fra le pubblicazioni esaminate in questo studio ad essere sprovvista di dedica. La Selva di Varie Composizioni, unica opera conosciuta di Bernardo Storace, è pervenuta ai nostri giorni in un unico esemplare che si trova nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli402 ; […] assai difficili risultano gli agganci culturali, che devono basarsi quasi unicamente su considerazioni inerenti i tratti stilistici delle varie composizioni in essa contenute. Purtroppo non ci rimane neppure il nome dello stampatore che nel 1664 curò a Venezia l’edizione della raccolta facendola incidere su lastre di rame, procedimento notoriamente costoso e perciò riservato alle pubblicazioni più prestigiose. L’accurata ed elegante grafia dell’incisore, che si svolge sui due righi dell’intavolatura italiana per tastiera, mette in risalto il trattamento virtuosistico e tipicamente strumentale delle voci. In questo lo Storace si rivela più vicino alla scuola cembalo-organistica del nord che ai coevi compositori dell’area meridionale, nei quali l’uso dei quattro righi corrisponde ad 402 Segnatura NA0059 137 una maggior fedeltà a tecniche di scrittura tradizionali. A questi ultimi lo legano d’altra parte almeno una certa particolare predilezione per gli intervalli cromatici e il conseguente modo un po’ eccentrico di porre le dissonanze. Il non costante uso delle quattro voci, che sempre più diventerà una caratteristica idiomatica della letteratura clavicembalistica, indurrebbe anche a non considerare casuale il fatto che nella dicitura presente sul frontespizio della raccolta il Cimbalo si anteposto all’Organo.403 La Selva è l’unica pubblicazione di un compositore del sud d’Italia in intavolatura italiana per tutto il XVII secolo; i manoscritti, invece, la impiegano più frequentemente. Nel Manoscritto Rossi404, risalente ai primi anni del 1600, un capriccio di De Macque è intavolato, l’intero Manoscritto Cimino405 del 1675 impiega l’intavolatura così come Gaetano Greco per i suoi pezzi per clavicembalo406 risalenti alla fine del XVII secolo. L’opera di Storace può essere divisa in quattro parti: 1. partite sopra “tenori” (Capriccio sopra il Passo e Mezzo, Passo e Mezzo, Altro Passo e Mezzo, Romanesca, Aria sopra la Spagnoletta, Monica, Partite sopra il Cinque Passi, Follia) 2. variazioni su basso ostinato (quattro Passagagli ed una Ciaccona); 3. danze stilizzate (Balletto, Ballo della Battaglia, due Correnti) 4. pezzi organistici (due Toccate e Canzoni, due Ricercari ed una Pastorale). Tenendo sempre ben presente l’ambivalenza strumentale di tutti i brani, a mio parere, il titolo dell’opera rispecchia la distribuzione dei brani: i brani elencati ai punti 1., 2. e 3. appaiono più appropriati al clavicembalo, i brani al punto 4. sono manifestamente organistici. PARTITE SOPRA TENORI La Selva inizia con tre brani sopra il Passo e mezzo; Storace non apre la sua pubblicazione con brani contrappuntistici “dotti”. Egli impiega il termine di Capriccio solo per il primo dei tre brani lasciando la semplice indicazione di Passo e mezzo e Altro Passo e mezzo per gli altri due. Il Capriccio è fondato sul passo e mezzo moderno, gli altri due sul passo e mezzo antico; le singole “partite” sono dilatate poiché Storace impiega le note fondamentali del passo e mezzo arricchite da ornamenti armonici: le otto note fondamentali del “passo e mezzo nuovo” (I – IV – I – V – I - IV – I – V – I) coprono 18 battute di semibrevi. Ecco lo schema armonico della prima variazione: Basso fondamentale del passo e mezzo I – LA Gradi intermedi (ornamento armonico) 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) - 7(sol) – 1(la) 1(re) – 4(sol) – 5(la) – 1(re) – 7(do#) – 6(si) 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) – 7(sol#) – 6(fa#) 1(mi) – 4(la) – 5(si) – 1(mi) – 7(re) – 1(mi) 1(la) – 7(sol) – 1(la) 1(re) – 4(sol) – 5(la) – 1(re) – 5(la) 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) – 5(mi) IV – RE I – LA V – MI I – LA IV – RE I – LA 403 Introduzione all’edizione anastatica curata da Laura Alvini, S.P.E.S, Firenze, 1982. Vedi Cap. 3.2. 405 Vedi Cap. 5.2 406 Lippman, 1987, 285-306. 404 138 V – MI 1(mi) – 4(la) – 5(si) – 1(mi) – 6(do#) – 7(re) – 1(mi) 1(la) – 4(re) – 5(mi) – 1(la) I – LA Questo schema armonico resta inalterato per altre tre variazioni, per poi arricchirsi di cadenze sospese intermedie e di progressioni nell’ultima variazione. La scrittura di Storace non è rigidamente vincolata alle quattro voci, è orientata all’esaltazione dei rapporti tonali e preannuncia forme e stilemi propri della letteratura clavicembalistica del XVIII secolo; convivono, però, espressioni tipiche frescobaldiane quali le doppie tirate in semicrome. Storace varia spesso l’andamento metrico delle variazioni impiegando anche nomi di danze (gagliarda e corrente). Ecco lo schema ritmico delle variazioni dei tre “Passi e mezzo”. x Capriccio sopra il passo e mezzo Prima Parte – tempo C. Seconda Parte – tempo C. Terza Parte – tempo C. Quarta Parte – tempo C. Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2 Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2 Settima Parte – CORRENTE – tempo 6/4 Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 12/8 (anche 8/12 e C) x Passo e mezzo Prima Parte – tempo C. Seconda Parte – tempo C. Terza Parte – tempo C. Quarta Parte – tempo C. Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2 Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2 Settima Parte – CORRENTE – tempo 3/4 Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 3/4 x Altro passo e mezzo Prima Parte – tempo C. Seconda Parte – tempo C. Terza Parte – tempo C. Quarta Parte – tempo C. Quinta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2 Sesta Parte – GAGLIARDA – tempo 3/2 Settima Parte – CORRENTE – tempo 3/4 Ottava e ultima Parte – CORRENTE – tempo 3/4 Le altre partite sono la Romanesca, l’Aria sopra la Spagnoletta, la Monica, il Capriccio sopra Ruggiero, le Partite sopra il cinque Passi e la Follia. Qui le note dei “tenori” coincidono con il basso fondamentale delle singole partite; in ciascuna partita della Romanesca la cadenza conclusiva del “tenore” viene ripetuta407. A differenza dei Passi e mezzo, le partite sopra i “tenori” non presentano cambi di metro ad eccezione di Monica e la Follia. x Romanesca: sei parti in tempo C. 407 Cfr. Cap. 5.3, 186. 139 x x x x x Aria sopra la Spagnoletta: sei parti in tempo 6/4. Monica: prime sei parti in tempo C, settima e ottava in tempo 12/8 (corrente). Capriccio sopra Ruggiero: nove parti in tempo C. Partite sopra il cinque Passi: 15 parti in tempo C. Follia:le prime tredici parti in tempo 6/4, dalla quattordicesima alla diciottesima in tempo 3/2. Storace predilige il criterio intensivo nell’articolazione delle variazioni: le prime sono sempre ben fissate nella struttura armonica, le successive presentano delle figurazioni sempre più diminuite; ciascuna partita viene caratterizzata da una chiara figurazioni ritmica. In presenza di metri ternari è frequente il salto di ottava tra le due voci gravi che marca il senso tonale del passaggio: la nota all’ottava grave giunge alternativamente dopo una o due pause (Fig 4.3.1.) creando un forte accento ritmico. Fig. 4.3.1.: Storace, Capriccio sopra Ruggiero, batt. 2-3. Nei metri binari, Storace impiega con più regolarità le imitazioni contrappuntistiche tra le varie parti; generalmente vengono diminuite prima le voci acute e successivamente quelle gravi. VARIAZIONI SU BASSO OSTINATO Storace pubblica quattro Passagagli ed una Ciaccona così articolati: N.° di frasi Tonalità Passagagli pag. 43 Prima partita Seconda partita 31 8 La min. La min. 3/2 3/2 Terza partita Quarta partita Quinta partita Sesta partita 7 13 19 20 La min La min La min La min. 3/2 6/4 6/4 6/4 Passagagli pag. 50 Prima partita Seconda partita 27 14 Do min. Do min. 3/2 6/8 Terza & Ultima partita 20 Do min. 3/2 Passagagli pag. 56 Prima partita 13 Re min. 3/2 Titolo Sottotitoli Tempo 140 Altro modo Altro modo A tempo Seconda partita 14 Re min. 3/2 Passa ad altro tono Prima partita 1 4 Modul. La min. 3/2 3/2 Seconda partita Terza partita Quarta partita Passa ad altro tono Prima partita Seconda partita 7 5 8 1 11 9 La min. La min. La min. Modul. Mi min. Mi min. 3/2 3/2 3/2 3/2 3/2 12/8 Passa ad altro tono Prima partita Seconda & ultima partita 1 11 10 Modul. Si min. Si min. 12/8 3/2 3/2 Passagagli pag. 65 (Senza titolo) Passa ad altro tono (Senza titolo) Passa ad altro tono (Senza titolo) 21 1 15 1 36 Fa min. Modul. Sib min. Modul. Mib magg. ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ Ciaccona Prima parte 51 3/1 (Frase modulatoria) Seconda parte 1 13 (Frase modulatoria) Terza parte 1 15 (Frase modulatoria) Quarta & ultima parte 1 27 Do magg. Modul. Fa magg. Modul. Sib magg. Modul. Do magg. Modo pastorale Modo pastorale Altro tono Vario Ordinario Altro modo pastorale A tempo Grave Allegro 3/1 9/8 9/8 9/8 9/8 3/1 I Passagagli sono generalmente in tempo ternario mentre la Ciaccona privilegia l’organizzazione metrica senaria. […] ciaccona e passacagli sono contraddistinti da due “bassi armonici” molto affini: nel giro di due o di quattro battute il basso si porta dalla tonica alla dominante, per ricadere sulla tonica alla ripresa del basso stesso. Nei passacagli il basso scende generalmente per grado congiunto dalla tonica al sesto grado per poi esporre la formula cadenzante ([terzo], quarto e quinto grado); nella ciaccona il basso suole invece portarsi direttamente dalla tonica alla dominante, poi al sesto grado, indi cadenzare in modo analogo, se non del tutto identico ai passacagli.408 408 Tagliavini 1983, 124. Si veda anche Hudson 1967. 141 Storace impiega il cambio di tempo come elemento distintivo di sezioni differenti a volte scrivendo indicazioni quali “modo pastorale”, “a tempo”, “grave”, “allegro”, “vario” ed “ordinario”. Il “modo pastorale” si caratterizza per l’imitazione degli stilemi tipici delle musiche siciliane per zampogna409. Storace impiega diverse formule armoniche per differenziare le varie partite ma non cambia mai formula all’interno di esse. La tabella410 mostra la tipologia e la frequenza delle formule armoniche impiegate da Storace. I Passagagli e la Ciaccona di Storace rappresentano il punto di massimo sviluppo di queste forme musicali nel XVII secolo; si avverte l’influenza dello stile di Frescobaldi411 ma Storace mostra una sensibilità tonale molto più spiccata. Anche le figurazioni melodiche sono concepite a supporto delle relazioni tonali, sono organizzate ritmicamente in maniera rigida e solo in due casi si trovano delle cadenze conclusive nello stile libero di toccata: al termine del terzo Passagaglio e della Ciaccona. DANZE STILIZZATE Storace inserisce due balletti e due correnti. Il primo Balletto è diviso in sei sezioni, cinque in tempo quaternario, l’ultima in tempo ternario e denominata “corrente”; le sei sezioni ripetono lo stesso schema armonico risultante da due semifrasi ripetute (la prima nel tono d’impianto, la seconda modulante). La scrittura, di tipo clavicembalistico, indulge in frequenti salti di ottava al basso che marcano i tempi forti delle battute. Il Ballo della Battaglia ha la seguente struttura formale: AABCADA. Il tema principale (A) è pomposo e solenne, il basso marca per il tutto il pezzo i tempi forti delle battute e si odono, nelle sezioni secondarie, effetti di eco. Adriano Banchieri, nell’edizione del 1611 dell’Organo suonarino dichiara che è […] permesso per consuetudine il giorno di Pasqua di Resurrezione suonare una battaglia che sia onesta & conforme alla sacra Sequenza Paschale, Mors et vita duello[…]412 Il genere della “battaglia” ha avuto anche grande diffusione presso gli organisti spagnoli. Nella forma iberica il pezzo è generalmente tripartito: l’appello alle armi con frequenti note ribattute ad imitazione delle trombe ed effetti d’eco, il combattimento con lunghe sequenze di accordi insistiti, la vittoria con carattere di marcia trionfale. Anche in Spagna le “battaglie” venivano suonate nel giorno di Pasqua a simboleggiare la vittoria della vita sulla morte413. In Italia solo Frescobaldi ha pubblicato un “Capriccio sopra la battaglia”414 mentre nessun compositore napoletano o siciliano ad eccezione di Storace ne ha scritto. Il Ballo della Battaglia di Storace non segue la tripartizione del modello spagnolo ma gli stilemi tipici sono tutti presenti benché stilizzati e sintetizzati. Le due Correnti sono scritte nel convenzionale metro ternario e presentano una scrittura abbastanza semplice; si riscontra frequentemente il tipico salto d’ottava al basso. 409 Vedasi in questo stesso capitolo l’analisi della Pastorale. Vedi volume II, tavola n.° 4. 411 Le monumentali Cento partite del 1637 costituiscono il più alto contributo dato da Frescobaldi all’inserimento dei passacagli e delle ciaccone nel repertorio per strumento da tasto in Europa. 412 Citato in Donati 2003, 145. 413 Ancora oggi alcuni organisti spagnoli suonano regolarmente una “battaglia” la domenica di Pasqua. 414 Frescobaldi 1637. 410 142 PEZZI ORGANISTICI Gli ultimi brani della Selva appaiono stilisticamente molto appropriati all’organo: vi sono lunghe note tenute, non ci sono più i salti di ottava al basso per marcare i tempi forti delle battute, le figurazioni prediligono maggiormente i gradi congiunti. Quando Storace inserì nella Selva le due Toccate e Canzon, c’era stato un solo precedente nell’Italia meridionale di fusione di due forme musicali: la Toccata e Ricercare del secondo libro di Giovanni Maria Trabaci (1615)415. Storace non opta, però, per la non soluzione di continuità tra i brani: sia le toccate che le canzoni possono essere eseguite indipendentemente. Le toccate ricalcano le caratteristiche elaborate e perfezionate da Mayone, Trabaci e Salvatore, le canzoni appaiono, invece, un po’ semplici: la prima, infatti, è in un’unica sezione in tempo quaternario, la seconda è in due sezioni (tempo C e C3) con cadenza conclusiva in stile toccatistico molto affine agli esempi di Trabaci. Il primo Ricercar dell’undicesimo tono trasportato è a quattro voci, con tre fughe ed è diviso in quattro sezioni: I sezione – soggetto A416 (tenore – canto – alto – basso) II sezione – soggetto B cromatico (basso – tenore – alto – canto) III sezione – soggetto C (alto – tenore – canto – baso) IV sezione – combinazione dei tre soggetti E’ un ricercare politematico, organizzato in sezioni che presentano a turno i soggetti; questa forma non ha riscontri in nessun altro compositore dell’Italia meridionale del XVII secolo essendo, infatti, preferito il ricercare multitematico in cui i differenti soggetti sono trattati contemporaneamente. Il secondo Recercar del terzo tono naturale è pure a quattro voci con due fughe. Non vi sono sezioni distinte ma i due soggetti non si accavallano mai nell’esposizione: esordisce il soggetto A con quattro entrate (Alto – Tenore – Canto – Basso) cui seguono altrettante entrate del soggetto B (Canto – Tenore – Alto – Basso). Nel corso del ricercare i due soggetti si intrecciano alla maniera di Trabaci o di Salvatore. I ricercari sono gli unici brani della Selva che mantengono dall’inizio alla fine la distribuzione rigorosa delle quattro voci, la scrittura è rigorosa ed osservata, il contrappunto è fluido e non cade mai di interesse; entrambi i ricercari concludono con una cadenza plagale preceduta da una risoluzione di sensibile sul quarto grado: Fig. 4.3.2: Storace, Recercar primo, batt. 137-138. La Pastorale che chiude la Selva, è una trascrizione delle sonate natalizie delle zampogne a paro della Sicilia orientale e della provincia di Messina in particolare. 415 Cfr. cap. 3.4, 105. Il soggetto A è identico al tema del Ricercar con obligo di cantar la quinta parte senza toccarla di Frescobaldi pubblicato nei Fiori Musicali (1635). 416 143 La figurazione ritmica, l’accompagnamento per terze della seconda voce, l’ostinato ripetersi delle medesime cellule melodiche e l’evidente modularità della costruzione fanno pensare all’intera “Prima parte” della Pastorale come alla dilatazione di una toccata introduttiva di quelle zampogne a paro che Bernardo Storace senza dubbio sentiva suonare, in occasione del Natale, per le strade e nelle chiese di Messina dai pastori discesi dai colli che circondano la città.417 La Pastorale si suddivide in quattro parti dalle indicazioni ritmiche differenti: la prima è in tempo C, la seconda in 3/2 e 6/4 (il cambio metrico coincide con l’indicazione di “Aria”), la terza parte, con l’indicazione di “Allegro”, è in C come pure la “Quarta ed ultima parte”. La struttura complessiva della composizione ricalca del resto, in forma ampliata, la successione di movimenti delle sonate natalizie delle zampogne a paro della Sicilia orientale, che prevede, appunto, una breve toccata, cui seguono senza soluzione di continuità un’aria in tempo lento e un movimento di danza.418 La pastorale di Storace potrebbe essere eseguita così com’è su una zampogna messinese: la lunga nota al pedale equivale alla note “re” del bordone, le due voci affidate alla tastiera hanno la tessitura compatibile ai due “chanter” . L’organista deve solo tener presente la differente modalità di emissione sonora delle canne labiali dell’organo rispetto alle ance doppie dello strumento popolare. La Selva di Storace spicca per originalità nel panorama musicale dell’Italia meridionale del XVII secolo. I maestri napoletani hanno certamente influito nel carattere inquieto delle toccate e nella sapienza contrappuntistica dei ricercari ma gran parte della Selva sembra essere idealmente legata all’opera di Frescobaldi. Storace è l’unico dei meridionali a scrivere Passagagli e Ciaccone e solo Frescobaldi prima di lui aveva dedicato a strumenti da tasto questo genere di composizioni. Storace, sfrutta una vasta gamma di “tenori” per le variazioni, operando scelte molto simili a quelle di Frescobaldi. Anche la composizione di Battaglie e di Pastorali, generi totalmente sconosciuti ai napoletani fino a tutto il XVII secolo, accomunano Storace e Frescobaldi. La diffusione del cognome di Storace è particolarmente estesa sia in Campania che nel Lazio per cui non è da escludere che Storace fosse laziale e, quindi, abbia subito l’influsso dell’arte di Frescobaldi, e che solo in una seconda fase sia entrato in contatto con la scuola tastieristica napoletana durante il suo soggiorno a Messina, unico episodio conosciuto e documentato della sua vita. 417 Staiti 1997,134. A questa stessa pubblicazione si rimanda per la comparazione e l’analisi dettagliata delle formule melodiche. 418 Ibidem, 134 144 5. LA CONCLUSIONE DI UN CICLO Con il Secondo libro delle ricercate di Giovanni Maria Trabaci, stampato nel 1615, la pubblicazione di opere destinate agli strumenti a tastiera si ridusse drastimente. Tutta l’editoria napoletana ebbe un calo a partire dal 1613 per diventare un vero e proprio crollo dopo il 1623419. Gravi difficoltà economiche e finanziarie provocate dalla politica monetaria del governo causarono a Napoli moti e tumulti. Pressione tributaria progressivamente accelerata, difficoltà annonarie e monetarie sempre più presenti, una inflazione di grandi proporzioni e l’influenza di una congiuntura economica recessiva sul lungo periodo portarono l’emarginazione e le tensioni sociali ai limiti estremi. Bastò, quindi, un fatto occasionale come l’imposizione di una nuova gabella sulla frutta per scatenare il 7 luglio 1647 la rivolta di Masaniello. Questi moriva solo dieci giorni dopo, ma la rivolta durò fino al 5 aprile dell’anno seguente.420 Altri gravi problemi tormentarono Napoli. Nel 1656 la funestò una peste di inaudita violenza. Si possono stimare al 60% della popolazione gli abitanti che ne furono falciati. Benché ancora una volta una grande immigrazione e la forte spinta demografica postepidemica la ripopolassero velocemente, alla fine del sec XVII Napoli aveva all’incirca il 25% in meno degli abitanti del 1656421 L’attività musicale non poté non essere stravolta dall’infausto evento. Una ventina di musici della real cappella è colpita dalla peste e scompare dal registro di pagamento: muoiono tra gli altri Ansalone, Boccia, Coya, “Petrillo”, Guarino, Letizia, Magnati, Romano, Scotto, Zuena, i due organari Molinaro e Sicola (al cui posto sarà assunto un unico personaggio nel 1658, Filippo Pelegrino “organaro y cimbalaro” con stipendio raddoppiato a 12 ducati). Tanti altri importanti musici napoletani muoiono in questa fatale congiuntura. In data 29 luglio 1656, il registro della Scrivania di Razione reca la notizia della scomparsa del maestro di cappella Andrea Falconieri422. Passeranno due anni prima che venga nominato un nuovo maestro: sarà Filippo Coppola, un napoletano già assunto nella real cappella come organista nel 1656423. Tra il 1615 e il 1700 furono pubblicate a Napoli solo due opere per strumenti da tasto: i Ricercari a quattro voci, canzoni francesi, toccate e versi di Giovanni Salvatore (1641) ed i Capricci da sonare cembali e organi di Gregorio Strozzi (1687); tra le due pubblicazioni si colloca il Manoscritto Cimino (1675), prezioso documento che getta luce sulla prassi organistica della seconda metà del XVII secolo e sulla circolazione delle musiche degli autori più influenti. 419 Pompilio 1983, 87-88. Galasso 1983, 26. 421 Galasso 1983, 26-27. 422 Fabris 1987a, 71. 423 Filippo Coppola era nato a Napoli nel 1628 ed aveva studiato musica fin da ragazzo con Giovan Maria Sabino, dopo la cui morte (1649) divenne maestro all’Annunziata. Nel 1656 fu assunto nella real cappella, dapprima come organista, e due anni dopo come maestro. Nel 1660 divenne anche maestro al Tesoro di S. Gennaro e, poco dopo, maestro di cappella presso i Filippini; morì nel 1680 e venne rimpiazzato dal veneziano Andrea Ziani. Due anni prima, Coppola aveva impedito che avesse effetto una delibera che ne decretava la sostituzione con Provenzale al Tesoro di S. Gennaro (Fabris 1987a, 71-72). 420 145 5.1 GIOVANNI SALVATORE Una annotazione presente sul frontespizio della Selectio concentica Psalmorum quinque vocibus inscripta multorum, pubblicata da Fra Bartolomeo Cappelli presso Ottavio Beltramo nel 1645424, reca scritto: “Ad usum d. Joannis Salvatore Castri Veneris”. Il luogo di nascita sarebbe, quindi, Castelvenere, oggi in provincia di Benevento. Giovanni Salvatore era nel 1682 insegnante presso il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo425 all’età di settentadue anni: l’anno di nascita, quindi, è il 1610. Ulisse Prota Giurleo426 sostiene che furono suoi maestri Giovanni Maria Sabino ed Erasmo de Bartolo427, meglio conosciuto come Padre Raimo. Il legame di Giovanni Salvatore con Padre Raimo è testimoniato da una scritta autografa nell’ultima facciata della parte dell’organo della Messa a cinque voci, autografa, D. Joanne auctore, conservata presso l’archivio dei Padri Filippini di Napoli428: Laus Deo atque Beat.me Virgini Mariae. A Beato Philippo Nerio. Jam, mi Erasme, tua adimplevi mandata; corrige nunc quaeso quod fieri jussisti. Anno D.ni 1640, Die 4 8bris (sic). Esattamente un anno dopo la Messa, Giovanni Salvatore fa pubblicare i RICERCARI / A QUATTRO VOCI / CANZONI FRANCESI / TOCCATE / ET VERSI / Per rispondere nelle Messe con l’Organo al Choro, / COMPOSTE / DAL R. D. GIOVANNI SALVATORE / Organista nella Real Chiesa di San Severino de’ / RR. PP. Benedettini di Napoli. / LIBRO PRIMO. / IN NAPOLI, appresso Ottavio Beltramo, MDCXXXXI. / CON LICENZA DE’ SUPERIORI. Il frontespizio ci fornisce nuove informazioni sul compositore: fu prete ed organista in San Severino a Napoli; non sappiamo se prima dell’incarico di organista a San Severino fu organista presso altre chiese. L’indicazione di Primo Libro fa supporre, inoltre, che Giovanni Salvatore intendesse successivamente cimentarsi in qualche altra pubblicazione di musica organistica. Giovanni Salvatore fu insegnante presso il Conservatorio alla Pietà dei Turchini tra il 1662 e il 1673 ed ai Poveri di Gesù Cristo429 dal 1675 al 1688, anno in cui Don Gennaro Ursino lo sostituì nell’insegnamento. La morte deve essere sopraggiunta subito dopo poiché a partire da quell’epoca non abbiamo più notizie di Giovanni Salvatore. 424 Cfr.Prota-Giurleo 1962, 115. Ibidem, 117. 426 Ibidem, 116-117; Giovanni Maria Sabino nacque a Turi (Bari) verso la fine del XVI secolo. Fu prete, insegnò presso il Conservatorio della Pietà dei Turchini (1622-26), fu organista presso le chiesa di San Barbara in Castel Nuovo (1627), quella dei Filippini (1630), all’Annunziata (1634) succedendo a Camillo lombardi. Morì nel 1649. 427 Ibidem, 116-117; Erasmo De Bartolo nacque a Gaeta nel 1606. Fu cantore della Real Cappella di Napoli. Nel 1636 entra nell’Ordine Oratoriano dei Filippini dove continuò la sua attività di compositore fino alla morte giunta nel 1656. 428 Ibidem, 116. 429 Di Giacomo 1929, 158-160. 425 146 5.1.1 RICERCARI A QUATTRO VOCI, CANZONI FRANCESI, TOCCATE ET VERSI per rispondere nelle Messe con l’Organo al Choro (1641) L’unico esemplare a stampa dell’opera si conserva al British Museum di Londra: proviene ex libris Antimi Liberati Fulginatis430, e quindi ex libris Thome Carapella Cerritanensis da identificarsi col musicista Tommaso Carapella nato a Cerreto Sannita nel 1653 e morto a Napoli nel 1736. Il libro dei Ricercari è l’unica opera esclusivamente strumentale data alle stampe da Giovanni Salvatore. Ecco la dedica: Alla Molt’Illustre Signora, & Padrona mia Osservandissima Signora Adriana Basile431. Già che la famosa Impresa del Basilisco di V. S. che col suo maestevole sibilare doma le più crude fiere; che nutrano i deserti Libici, pennelleggia al vivo all’occhi d’Intendenti la Musica, la quale in guisa di canoro Serpe, sprigionato dall’antro della bocca, serpeggiando per lo labirinto dell’orecchio, morde l’udito, ed avvelena dolcemente i sensi, non istimi V.S. leggerezza di sentimento, se la riverisco qual trasumanata Imperatrice, c’ha per insegna l’istessa Musica, quando del Basilisco, à cui concesse Natura un candido diadema, vien riconosciuta da tutti qual signora, che porta la corona del secolo Musicale; aggiungendovi, ch’il sibilante grido della sua cantatrice fama mai trovò passione sì fiera, che non la frenasse, soggiogando sotto il suo Imperio la miglior parte di musici. E trovasi anco pellegrino ingegno, che non contento di sì sollevato titolo, l’assomigli all’Aurora, mentre ravvisa, che dall’occhi del suo Basilico Serpe scatena per le foci delle pupille una porporeggiante luce, proprio freggio dell’Alba, che trà lucidi crepuscoli imporporata lampeggia. Basta ogni conceputo ingrandimento di lode è convenevole, ma non adeguato all’eccesso del mostruoso ingegno di V.S. quale se riconosco per celebrata Reina del mondo musicale, inchino l’urna d’un divoto core con la rozza mano di Sonatrice Composizione, acciò col dolce latte della sua cortesissima gentilezza, traboccante da sì regnante Giunone, me venga invitto Alcide trà le deitati della musica pomposamente annoverato. Che se l’ammiro come luminosa Aurora del Canto, che nell’oriente anco della gloria hà sbendato il Sole della Musica qual stridente Uccelletto, ricoverato all’ombre del mio poco savere gli offero un salutevole tributo di sonora carta: In somma ,sia come si voglia, non condanni per sfacciato ardimento la presente Compositione, che riguardando dalla Casata Basile gittarsi la base della musica, hà fatto ricorso alla favorevole protettione di V.S. 430 Di Antimo Liberati abbiamo una famosa Lettera scritta in risposta ad una del Sig Ovidio Persapegi che gli fa istanza di voler vedere, ed esaminare i Componimenti di Musica fatti dalli cinque Concorrenti nel Concorso per il posto di Maestro di Cappella della metropolitana di Milano fatto sotto il dì 18 Agosto 1684 (Roma, 1685, Mascardi) ricca di giudizi sui più importanti compositori del suo tempo ma utile anche per risalire al criterio con cui venivano formulati i giudizi. Cfr Prota-Giurleo 1962, 116-117. 147 acciò tiranneggiata dalla propria debolezza, non traballi per gli montuosi dirupi di malediche lingue, alle cui scosse intatta sempre visse V. S. alla quale di nuovo offero l’interno d’un obbligato core. Napoli il primo di Ottobre 1641 Di V.S. molt’Illustre Humilissimo Servo Giovanni Salvatore Adriana (o Andreana) Basile è l’unica donna napoletana del Cinque e Seicento di cui si sa che abbia composto musica; il suo repertorio comprendeva ben 300 canzoni in italiano e spagnolo che si accompagnava all’arpa o alla chitarra432. Nata a Posillipo tra il 1580 e 1583, durante la sua carriera di cantante fu a Mantova, Firenze, Modena, Roma e Napoli dove probabilmente morì dopo il 1642. Fu in contatto con le famiglie dei Gonzaga, Carafa, Barberini. Al tempo della dedica del 1641, Adriana Basile era in stretti rapporti con Don Alvarez de Toledo, Duca di Alba e Viceré di Napoli. Probabilmente Giovanni Salvatore, agli inizi della sua carriera di musicista, pensò che dedicare i suoi ricercari ad Adriana Basile equivaleva ad ingraziarsi il Viceré di Napoli. Colpisce, comunque, il tono della dedica incentrata esclusivamente sull’esaltazione dei valori musicali; Adriana Basile è la Molt’Illustre Signora, & Padrona mia Osservandissima destinataria della dedica per le sue grandi virtù di musicista piuttosto che per privilegio di casato. La stampa del 1641 contiene otto ricercari, quattro canzoni alla francese, due toccate e versi per tre messe: per le Domeniche dell’anno, per gli Apostoli e feste doppie, per la Madonna. Viene utilizzato il sistema in partitura a quattro pentagrammi tipico dei musicisti napoletani. Negli otto ricercari, tutti a quattro voci, Giovanni Salvatore si allaccia idealmente all’opera di Giovanni de Macque e Giovanni Maria Trabaci che avevano composto dei cicli di ricercari nei dodici toni accogliendo pienamente la teoria espressa da Glareano433. Salvatore, invece, resta fedele agli otto toni tradizionali mostrando di condividere il punto di vista espresso da Scipione Cerreto434: […] essendo nella nostra Pratica Musica solamente sette le spezie del Diapason, le quale son divise in quattro Diapente e tre Diaressaron, per vera considerazione dovremo credere, che non possono essere altro che otto i Modi e non dodici […] essendo infatti […] il Nono, Decimo, undecimo e Duodecimo […] formati con le prime Diapente, e Diatessaron, con le quali si sono l’istessi primi otto Modi moderni […] Nei casi di toni trasportati e finti, Salvatore non segue le indicazioni di Cerreto435: un tono trasportato viene indifferentemente indicato come tuono finto o tuono 432 Parisi 1980,839-840. Vedi nota 329, Cap. 3.4. 434 Scipione Cerreto 1601, 96 e segg. 435 Per tanto si deve considerare che tali otto Modi incitati, ò vero Trasportati sono della medesima natura delli primi otto mostrati (gli otto toni naturali, n. d. s.)… ma in altri luoghi dell’Introduttorio di Guidone … e perciò si dicono Modi acquisiti per b molle (Cerreto 1601, 112). I modi fitti, ò finti… sono stati da Musici detti con questo nome…perché si fingono le quattro Diapente, & tre Diatessaron con due maniere di segni, alcuni con tre b molli, & alcun altri con tre h quadri (corrispondenti ai nostri #, n.d.s.), 433 148 trasportato. Ciascun ricercare ha un‘intestazione che indica il tono e il numero dei temi impiegati. Ricercare del Primo Tuono Naturale con tre Fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Canto, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Tenore, al Soprano, all’Alto ed al Basso; il terzo soggetto appare alla battuta 7 al Canto, all’Alto con qualche variante ritmica, al Tenore ed al Basso. L’esposizione termina con una cadenza al tono d’impianto. C’è un’altra cadenza marcata tra le battute 44 e 45 il cui modello verrà ripetuto per la chiusa finale. Il primo soggetto appare nel ricercare altre19 volte con la variazione frequente del valore della prima nota che da semibreve, diventerà minima ed anche seminimima; in tre casi il tema è diminuito mentre non si riscontrano inversioni o aumentazioni. Il secondo soggetto appare altre 19 volte con qualche occasionale modificazione ritmica e melodica; il tema non ha inversioni, diminuzioni o aumentazioni. Il Terzo soggetto appare altre 27 volte con variazioni ritmiche all’incipit e diminuzioni. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato436. Ricercare Secondo, del Secondo Tuono alla quarta alta, con 2 fughe, e suoi Riversi: l’inversione tematica è utilizzata già nell’esposizione in maniera simmetrica. Il primo soggetto, infatti, appare al Canto, in inversione all’Alto, al Tenore ed al Basso con inversione; il secondo soggetto appare alla battuta 3 al Canto, con inversione all’Alto, al Tenore ed al Basso con inversione. Il primo soggetto appare altre 40 volte alternandosi quasi regolarmente col suo inverso; spesso il tema appare diminuito, in due casi è presentato in doppia entrata col suo inverso.Il secondo soggetto appare altre 19 volte anch’esso alternandosi col suo inverso, in due casi è presentato in doppia entrata col suo inverso; un frammento tematico, tuttavia, viene impiegato molto frequentemente dando l’impressione di un maggior numero di entrate. E’ notevole la cadenza d’inganno che precede l’ultimo ingresso dei due temi in doppia entrata con i reciproci inversi. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato. Ricercare Terzo del Terzo Tuono Naturale, con tre Fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Basso un’ottava sotto modificando l’originale salto iniziale di quinta in salto d‘ottava, all’Alto ed al Basso; il secondo soggetto appare per due volte di fila all’Alto, una volta al Basso, al Canto, di nuovo al Basso ed al Tenore in stretto; il terzo soggetto appare al Tenore, al Canto, nuovamente al Tenore ed al Canto. Il primo soggetto compare altre 12 volte una delle quali in diminuzione e, altrove, con varianti ritmiche ed entrate in stretto; il secondo soggetto compare 17 volte con diminuzioni, varianti ritmiche ed entrate in stretto, tocca a questo tema l’ultima chiara entrata tematica al soprano; il terzo soggetto compare 16 volte con varianti ritmiche ed entrate in stretto; vi è alla battuta 24 una riesposizione del terzo tema con entrate al Basso, Tenore, Alto e Canto in stretto. Il flusso contrappuntistico è sovente interrotto da cadenze la prima delle quali occorre dopo appena quattro battute; il senso tonale del rapporto tra tonica e dominante è fortemente marcato nella cadenza che precede l’ultima entrata contemporanea dei tre temi. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato. Ricercare Quarto del quarto Tuono trasportato con 4 Fughe, e Cantofermo: è il ricercare più complesso di tutta la raccolta. Il primo soggetto dal caratteristico incedere cromatico appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto variato ritmicamente; il secondo soggetto appare all’Alto, al Basso, al Canto ed al Tenore; il terzo soggetto appare al Basso, all’Alto, al Tenore ed al Canto. Il quarto (Cerreto 1601, 116). In realtà i bemolli o i diesis in chiave sono solo due in quanto il terzo era la ripetizione all’ottava di un’alterazione già scritta (ad esempio, Mi b in primo spazio e in quinta linea della chiave di tenore). 436 Cerreto 1601, 198. 149 soggetto appare all’Alto, al Basso, al Tenore ed al Canto. Alla battuta 43 Salvatore inserisce in successione i quattro temi sotto forma di canti fermi con valore di brevi nel seguente ordine: primo soggetto al Basso, secondo soggetto al Canto, terzo soggetto all’Alto e quarto soggetto al Tenore; alla battuta 72 il ritmo diventa ternario per trasformarsi alla battuta 84 in quaternario; il ricercare si chiude con un doppio pedale in ottava al Canto ed al Basso. Il primo soggetto appare 15 volte sempre diminuito nella sezione con i canti fermi e variato ritmicamente nella sezione ternaria; il secondo soggetto appare 23 volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il terzo soggetto appare 20 volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il quarto soggetto appare 22 volte con diminuzioni, varianti ritmiche e melodiche dell’incipit; al quarto tema è affidato il compito di passare dalla sezione ternaria a quella finale. Salvatore passa da una sezione all’altra senza soluzione di continuità ad eccezione della cadenza dominante-tonica che introduce la sezione ternaria. Le indicazioni ritmiche sono: tempo imperfetto mediato nelle prime due sezioni, tre note contro due (semibreve col punto = semibreve) nella sezione ternaria, tempo imperfetto437. Ricercare Quinto del Quinto Tuono Naturale con tre Fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Basso, al Canto, al Tenore e nuovamente al Canto; il secondo soggetto appare al Tenore, all’Alto, al Basso ed all’Alto con una falsa entrata; il terzo soggetto appare al Basso, al Canto, al Tenore e nuovamente al Canto. Il primo soggetto appare nel ricercare altre 16 volte con la variazione frequente del valore dell’incipit; non si riscontrano inversioni, diminuzioni o aumentazioni. Il secondo soggetto appare altre 20 volte con frequenti diminuzioni. Il Terzo soggetto appare altre 26 volte fra cui tre entrate doppie senza variazioni ritmiche e melodiche ad eccezione di due frammenti (batt. 44/45) in cui l’incipit del tema viene trattato in inversione e diminuzione. Le cadenze meritano un’attenzione particolare: una corrisponde alla classica cadenza doppia consonante, due hanno il ritardo di terza ed altre due fanno sentire il ritardo di terza simultaneamente alla risoluzione. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Ricercare Sesto del Sesto Tuono finto con tre Fughe: il ricercare esordisce con le quattro entrate del solo primo soggetto all’Alto, al Tenore, al Canto ed al Basso; il secondo soggetto appare alla battuta 6 all’Alto, al Basso, al Canto ed al Tenore; il terzo soggetto appare alla battuta 7 al Basso, al Tenore, al Canto ed all’Alto. Il primo soggetto appare altre 18 volte, a volte diminuito, con la variazione ritmica e melodica dell’incipit: il salto di quinta discendente viene trasformato in ottava discendente. Il secondo soggetto appare altre 16 volte con frequenti diminuzioni. Il Terzo soggetto appare altre 21 volte ma frammenti di esso vengono continuamente riesposti. Anche in questo ricercare occorre una volta il ritardo di terza simultaneamente alla risoluzione (batt. 48), oltre a due cadenze doppie e l’ultima con un basso marcato sui gradi IV-V-I. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato. Ricercare Settimo del Settimo Tuono Naturale con 4 Fughe: il primo soggetto appare nell’esposizione al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto; il secondo soggetto appare all’Alto, al Tenore ed al Canto con l’incipit variato, nuovamente all’Alto ed al Basso; il terzo soggetto appare all’Alto, al Canto, al Tenore ed al Basso con l’incipit variato. Il quarto soggetto appare al Basso, poi all’Alto, al Tenore con l’incipit variato ed al Canto. Tutte le entrate tematiche sono comprese tra la prima e l’ultima proposizione del primo soggetto. Il primo soggetto non appare più ad eccezione di due entrate acefale oltre a riproposizioni dell’incipit; il secondo soggetto appare altre 18 volte con varianti ritmiche; il terzo soggetto appare altre 17 volte con diminuzioni e varianti ritmiche; il quarto soggetto appare altre 19 volte con rare diminuzioni e varianti ritmiche. Spicca all’ascolto l’impiego del terzo tema diminuito in progressione alle 437 Cerreto 1601, 197. 150 battute 37 e 39; il salto di quinta discendente del quarto tema viene spesso usato in cadenza V-I. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto mediato. Ricercare Ottavo ed ultimo dell’Ottavo Tuono Naturale con tre Fughe sopra l’Hinno d’ Iste Confessor: asse portante del ricercare è l’inno Histe Confessor che viene esposto come canto fermo in semibrevi al Basso, Canto, Alto e Tenore il cui trattamento ricorda il Ricercare sopra L’Ave Maris Stella pubblicato nel 1609 da Ascanio Mayone. I tre temi derivano da tre diverse semifrasi della melodia dell’inno. Il primo soggetto, derivato dalle prime sette note dell’inno, appare all’Alto, al Canto, al Tenore ma non al Basso poiché l’entrata è sostituita dal canto piano. L’incipit del primo tema ha due semibrevi per cui l’ingresso del canto fermo al posto del tema viene pienamente dissimulato. Il secondo soggetto appare alla terza battuta al contralto, poi al Canto ed al Tenore. Il terzo soggetto appare all’Alto, al Soprano ed al Tenore. Il primo soggetto appare solo altre 8 volte quasi sempre con l’incipit cambiato in minima + semibreve ed una volta in diminuzione; il secondo soggetto altre 19 volte con frequenti varianti ritmiche, alle battute 78/81 due volte di fila nella stessa voce; il terzo soggetto appare altre 13 volte con varianti melodiche e ritmiche. Tra la battuta 64 e 78 Salvatore impiega in rapide proposte e risposte un inciso del primo tema diminuito. L’indicazione ritmica è il tempo imperfetto. Le canzoni di Salvatore hanno una struttura formale che segna il passaggio dalla canzona alla sonata438. Tre delle quattro canzoni hanno una sezione centrale in ritmo ternario e due di esse presentano una ripresa del primo tema. La Canzon Francese Prima, del Settimo Tuono Naturale esordisce col tema accompagnato da un controsoggetto puntato (batt. 1/27) che viene sostituito nelle ultime battute della sezione da una figurazione di quartine acefale di crome; tale figurazione caratterizza le successive battute (27/41) che confluiscono nella sezione ternaria (42/54). L’incipit della battuta 41 in crome viene aumentato in tre minime nella sezione ternaria e continuamente migra da una voce all’altra. La sezione finale (55/76) riprende il tema delle prime battute accompagnato, stavolta, da una figurazione continua in semicrome rotta da semicrome puntate e biscrome; nella penultima battuta vi è una cadenza in stile di toccata dall’estensione ridotta se paragonata alle cadenza conclusive delle canzoni di Trabaci. La Canzone Francese Seconda, del Nono Tuono Naturale reca sotto il titolo: Questa Canzone può sonarsi con il Concerto Viole. Rispetto alla prima canzone la tessitura delle quattro voci è più omogenea e meglio si presta ad una esecuzione per gruppo d’archi o per ogni sorte di strumenti. La canzone è tripartita secondo il seguente schema: A: prima sezione (batt. 1/23) con ritmo quaternario, incipit accordale che introduce il tema della prima sezione caratterizzato da note in crome ribattute e semicrome che procedono per gradi congiunti, trattamento contrappuntistico sapientemente alternato a momenti accordali a volte armonicamente arditi, cadenza nel tono d’impianto; seconda sezione (batt. 23/38) con passaggi accordali modulanti e brevi frammenti in crome e semicrome alternati con frequenti pause di crome, cadenza una terza minore del tono d’impianto. B: sezione in ritmo ternario (batt. 39/58) del tutto analoga ritmicamente alla sezione ternaria della prima canzone, cadenza una quinta sopra del tono d’impianto. C: prima sezione (Batt. 58/69), ripresa della prima sezione di A; seconda sezione (batt.70/79) col tema iniziale aumentato accompagnato da un contrappunto di quattro note contro una con cadenza finale nel tono d‘impianto. 438 Apel 1972, 719-720. 151 Anche la Canzone Francese Terza, del Primo Tuono Finto reca sotto il titolo la dicitura Questa Canzone può sonarsi con il Concerto Viole. La canzone è quadripartita secondo il seguente schema: A: ( batt. 1/20) sezione in ritmo quaternario, presenta il classico incipit in ritmo dattilico delle canzoni strumentali seguito da crome e semicrome che procedono per gradi congiunti, cadenza nel tono d’impianto; B: (batt. 20/53) sezione in ritmo quaternario, inizia con accordi e, dopo una cadenza interna un tono sopra il tono d’impianto, si sviluppa con l’inserimento di temi cromatici, cadenza nel tono d’impianto. C: (batt. 54/83) sezione in ritmo ternario con accordi alternati da risposta a due a due, cadenza nel tono d’impianto. D: (batt. 83/102) ripresa di A. La Canzone Francese Quarta ed Ultima, del Settimo Tuono Naturale sopra il Ballo detto la Bergamasca assomiglia formalmente ad un capriccio ed utilizza come motivo conduttore il tema della Bergamasca già impiegato da G. M. Trabaci nell’ottavo Ricercare439 del 1603 e da G. Frescobaldi nel penultimo brano dei Fiori Musicali pubblicati nel 1635 . Il pezzo è diviso in cinque sezioni nessuna delle quali è in ritmo ternario. Il tema della Bergamasca è sempre facilmente udibile e non è soggetto a variazioni ritmiche ad eccezione della terza sezione (batt. 53/67) che presenta il tema diminuito; la quarta (batt. 68/91) e la quinta sezione (batt. 92/112) adottano un contrappunto ritmico molto regolare per accompagnare il tema, due note contro una nella quarta sezione e quattro note contro una nella quinta; la penultima battuta presenta una breve cadenza in stile di toccata. Le due toccate contengono tutti gli artifici idiomatici sperimentati in precedenza da Macque, Mayone e Trabaci con dissonanze, bruschi cambiamenti ritmici, ascese e discese melodiche rapide, cadenze improvvise su toni lontani ma il linguaggio di Salvatore è più morbido ed è chiara la tendenza a collegare i vari movimenti in maniera più progressiva. La Toccata Prima del Primo Tuono finto (primo tono trasportato una quarta sopra) presenta una sezione centrale in ritmo ternario e conclude con un pedale di dominante abbastanza esteso se paragonato alle toccate di altri compositori napoletani; tra il pedale e l’ultimo accordo, però, si interpone un passaggio al basso in note brevi in stile toccatistico. La Toccata Seconda del Nono Tuono Naturale non presenta sezioni ritmiche contrastanti ma predilige l’uso di stravaganze armoniche; anch’essa conclude con un lungo pedale di dominante che risolve sull’accordo finale con una breve fioritura al basso. Con i Versi per rispondere nelle Messe con l’organo al choro si conclude la stampa del 1641. I brevi versetti sono distribuiti nelle tre messe principali, della Domenica, degli Apostoli e Feste Doppie e della Madonna. In ciascuna messa si trovano cinque versetti per il Kyrie, nove per il Gloria, due per il Sanctus e uno per l’Agnus Dei: è musica strettamente funzionale all’alternanza dell’organo con il coro. Nei versetti vengono riproposte in maniera molto sintetica tutte le figurazioni già impiegate nei ricercari, nelle canzoni e nelle toccate; a volte, la citazione di altri brani della stampa del 1641. Ad esempio, il verso primo per il Sanctus della Messa delle 439 Trabaci intitola Ricercare dell’VIII tono sopra Ruggiero, con tre fughe ma, piuttosto che utilizzare il tradizionale basso noto col nome di “Ruggiero”, impiega un tema che si sovrappone benissimo ad esso. Nel 1620 Benedetto Sanseverino pubblica a Milano l’ Intavolatura facile delli passacagli, ciaccone, sarabande, spagnolette, fulie pavaniglie, pass’e mezzi, correnti & altre varie suonate composti & accomodate per la chitarra alla spagnola intitolando Bergamasca un pezzo che impiega proprio la formula del Basso di Ruggiero. 152 domeniche evoca chiaramente la prima toccata ed il verso secondo dello stesso Sanctus della Messa delle domeniche richiama chiaramente la prima sezione della prima canzone francese. Messa della domenica Kyrie I Kyrie II Kyrie III Kyrie IV Kyrie V Gloria I Gloria II Gloria III Gloria IV Gloria V Gloria VI Gloria VII Gloria VIII Gloria IX Sanctus I Sanctus II Agnus Dei Ricercare su canto fermo Canzone Canzone cromatica Canzone in sezione ternaria Toccata Toccata Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Toccata Toccata Canzone Canzone Messa degli Apostoli e Feste Doppie Kyrie I Kyrie II Kyrie III Kyrie IV Kyrie V Gloria I Gloria II Gloria III Gloria IV Gloria V Gloria VI Gloria VII Gloria VIII Gloria IX Sanctus I Sanctus II Agnus Dei Canzone con canto fermo Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Ricercare Toccata Canzone Canzone Canzone Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Ricercare Canzone Toccata Canzone Canzone Messa della Madonna Kyrie I Kyrie II Kyrie III Ricercare Canzona Canzone in sezione ternaria 153 Kyrie IV Kyrie V Gloria I Gloria II Gloria III Gloria IV Gloria V Gloria VI Gloria VII Gloria VIII Gloria IX Sanctus I Sanctus II Agnus Dei Canzone Canzone Toccata Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Canzone in sezione ternaria Canzone Canzone Canzone in sezione ternaria Toccata Toccata Canzone Canzone 5.1.2. PEZZI PRESENTI NEL MANOSCRITTO CIMINO Nel manoscritto compilato da Donato Cimino nel 1675440 vi sono sei pezzi di Giovanni Salvatore. A differenza dell’edizione a stampa, i pezzi sono in intavolatura per tastiera. La prima toccata441, nel nono tono naturale, ha molte affinità con le due toccate della raccolta stampata ma impiega procedimenti meno arditi: le modulazioni sono meno brusche, le figurazioni ritmiche sono molto regolari e simmetriche; vi è, verso la fine, una sezione accordale indicata con Largo cui segue un lungo pedale sulla dominante che risolve sull’ultimo accordo senza le fioriture al basso. La seconda toccata442 è quasi identica alla prima toccata del 1641 fino alla battuta 25, prosegue poi per due battute senza modulazioni ai toni lontani; conclude, poi, sul pedale di dominante che risolve alla tonica con la caratteristica ornamentazione al basso. In questa toccata è interessante osservare come gli ornamenti siano scritti a volte per esteso a differenza dell’edizione a stampa. Il Capriccio del primo tono443 è in quattro sezioni di cui la terza in metro ternario secondo lo schema già incontrato nella seconda e terza canzone francese del 1641. Il tema, (la la la sol la| sib fa sol la) esordisce con la dicitura Melanconico e largo; l’ultima sezione impiega il tema, modificato rispetto alla prima sezione, accompagnato da un contrappunto di quattro note contro una fino ad un pedale di dominante che conclude direttamente sull’ultimo accordo. Il quarto brano, Durezze Ligature444, si ispira alle simili toccate di De Macque, Trabaci e Frescobaldi ma, rispetto ad essi, non indulge troppo in passaggi arditi evitando il senso di intederminatezza tonale; alcune durezze, tuttavia, sono notevoli. Le due correnti445, unici esempi di musica derivata da danze nell’intera opera di Giovanni Salvatore, sono in tempo C ¾446. Del carattere di danza si riscontra la 440 Cfr. Cap. 5.2 Intitolata nel manoscritto Toccata Joannis Salvatore. 442 Intitolata nel manoscritto Toccata eiusdem. 443 Intitolato nel manoscritto Capriccio del pmo Tono. eiusdem. 444 Intitolata nel manoscritto “Durezze Ligature del Sigr Don Giovanni Salvatore 445 Intitolate rispettivamente “Corrente pma del Sigr D. Gio: Salvatore” e “Corrente Seconda del Medmo”. 446 La prima corrente è suddivisa in misure dei sei semiminime per cui se ne deduce che l’indicazione del metro completa vuol significare che tre semiminime hanno la durata del tempo ordinario. 441 154 tendenza ad alternare l’accento sulla prima semiminima con l’accento sulla seconda delle tre semiminime. 155 5.2 IL MANOSCRITTO CIMINO Il manoscritto Cimino, custodito presso la biblioteca del Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella in Napoli, segnatura Ms. mus. str. 73 (olim 34.5.28.), contiene 142 fogli, con due sistemi di 6 + 7 linee foglio; c'è una pagina di titolo e ci sono due iscrizioni, una sul foglio 112v e l’altra sul foglio 118v. La maggior parte del manoscritto è apparentemente scritta dalla stessa mano. Una sezione corta (f. 105r 110r) denota una calligrafia diversa, meno accurata, ed un'altra sezione (f. 134r - 141r), benché simile alla maggior parte del manoscritto, è copiata più distrattamente. Sono presenti diversi travasi d’inchiostro, specialmente nelle prime pagine. L’intestazione del manoscritto è: Toccate per Organo di varj Autori Anno 1675 Miscellanea del Sig. Donato Cimino Subito sotto vi è l’elenco degli autori: Cimino > 1 a 56 Boerio Francesco 57 = 59 Cimino 69 a 104 Salvatore Giovanni 105 a 112 = 119 = 129 Frescobaldi . - 113 a 115 – Da Macque Giovanni 120 – 128 Ansalone Giacinto 131 = Pasquino Ercole 135 a 142 Sul lato superiore sinistro della pagina di titolo appare scritto Rondin-- e sul lato inferiore destro appare Rond. La Prof.ssa Anna Mondolfi, in una lettera indirizzata a Lawrence Oncley447 afferma che il nome Cimino posto al principio di alcune composizioni è di mano tarda e Le posso anche dire che tale nome è stato posto da un bibliotecario di questa Biblioteca che si chiamava Rondinella, vissuto nella seconda metà dell’ottocento. Anche l’intestazione del manoscritto è stata scritta dal Rondinella mentre i nomi dei compositori non sempre appaiono all’inizio dei pezzi. TITOLO N.° del foglio 1r 3r 5r 7r 9r 9v 10 v Toccata primo t° Toccata 3° t° Toccata 8° t° Canzona Fantasia Canzona Canzona 447 Cit. in Oncley 1966, 2. 156 Canzona Fuga Fuga Canzona 8° tono Ricercar crom. Canzona 2° tuono Canzona Canzona 2° t° Canzona 2° t° Canzona Canzona 6° t° Canzona 2° t° Doppo’ lunga procella; comparisce nel Ciel l’Iride bella Con sette fila Sanson della sua chioma, L’altiero stuol del Filisteo di coma Ricercata sopa G solreut Trono reale Maesta Pace Chi dura vince, chi segue pur giunge, chi brama dolcezze fia che si punge Verita Fenice Fedeltà Aspettar di godere, ne saper quando e’ pazzia d’un cuor, che muore amando Gelosia Se’ credi in questo mondo haver sollazzo, t’inganni, poco speri, e gia’ sei pazze (sic) Non si stima quel ben che vien’ in fretta, Ma’ gli prezza piu, che piu s’aspetta Innocenza Farfalla Breve diletto Costanza Pazienza (Senza titolo) di Franco Boerio Toccata e Fuga in D solre di Franco Boerio Verso primo, secondo, terzo, quarto Ricercare ottavo Tuono Ricercare secondo Tuono (Senza titolo) (Senza titolo) (Messa d’organo) Per le feste doppie Introito Chirie primo, secondo, terzo, ultimo Gloria primo Verso, secondo, terzo, quarto, quinto et per lo sesto, settimo e per l’ottavo, nono, ultimo Doppo’ l’Epistola 157 11 v 12 r 13 r 14 v 17 v 20 v 22 v 24 r 25 v 27 v 29 v 31 v 32 v 33 v 35 v 38 r 40 r 43 r 44 r 46 r 46 v 47 r 48 r 49 v 50 v 52 r 52 v 53 r 54 r 54 v 55 v 56 v 59 r 61 r 63 r 64 r 65 v 67 v 69 r 69 r 69 v 70 v 73 r Toccata per l’Offertorio Fuga Toccata Per L’Elevatione Agnus Dei Postcommunio Toccata per la messa seguende Messa festiva (Kyrie 1°), 2°, 3°, 4°, 5° Gloria verso p°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6°, 7°, 8°, 9° Doppo L’Epistola Offertorio Sanctus (1°), 2° Per L’Elevazione Agnus Dei p°, 2° Benedicamus Domino Kyrie pmo della Messa, secondo Kyrie, Terzo Kyrie, Quarto Kyrie, Quinto Kyrie Per il Kyrie p°, per il Kyrie 2°, per il Kyrie 3°, per il Kyrie 4°, per il Kyrie 5° Gloria pmo verso, secondo verso, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo Altri versi per la Gloria, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo Per L’Epistola Altro verso p l’Epta Alleluia Alleluia Per l’Offertorio Fuga Toccata per l’Organo Toccata – Joannis Salvatore Toccata – eiusdem Capriccio del pmo Tono. Eiusdem Canzona del Frescobaldi Canzona del Frescobaldi Durezza - Ligature del Sigr Don Giovanni Salvatore Consonanze stravaganti del Sigr Gio Macque Durezze, e Ligatura di Gio. Macque Capriccio sopra un sogetto. Macque Capriccio sopra tre sogetti. Macque Canzona francese di Gio. Macque Corrente pona del Sigr D. Gio: Salvatore Corrente Seconda del Medmo Canzona francese di Giacinto Ansalone Durezze Canzona del Ercole Pasquino Durezze e ligature del dett (Senza titolo) 158 74 r 74 v 75 v 76 v 78 r 78 v 79 r 79 v 79 v 80 v 83 r 83 r 84 r 84 v 85 v 86 v 87 r 89 r 91 r 93 v 97 v 97 v 98 v 98 v 99 r 99 v 101 r 105 r 108 r 110 v 113 r 115 v 119 r 120 r 121 r 122 v 125 r 127 r 129 r 130 r 131 r 134 r 135 r 137 v 141 v L’attribuzione dei pezzi a Francesco Boerio, Giovanni Salvatore, Giovanni De Macque, Giacinto Ansalone ed Ercole Pasquini è chiara mentre l’attribuzione degli altri pezzi, malgrado le scritte del Rondinella, presenta qualche difficoltà. Nel foglio 112 v Donato Cemino scrive: Ad m Rdo D D Joanne Salvatore Pauperum Jesu opti precla= Neapoli (sic) rissimo modulatore et Cenobij Virginis Mariae Carmelitarum Musices prefecto anno Dni et Jubilei 1675 16 Mensjs die Virginis Carmelites Subdiaconus Donatus Cemino exaravi. Al foglio 118 v troviamo anche: Ecco qui la virtù, ch’ al Mondo è quella Qual doppo morte è più lucente, e bella Anno iubilaei 1675 mense ???? (in parentesi graffa) vigilia Nativitatis gloriae Virginis Die Sabbathi in Conserv Pauperum IHS XPSI Donato Cimino elucubrante Abbiamo poche notizie su Donato Cimino. Prota-Giurleo448 lo collega ad una famiglia illustre di organari napoletani dal nome Cimino che operarono nel XVIII secolo. Il bibliotecario Rondinella conclude che Cemino fosse il compositore di tutte le opere anonime. Il Prof. Mondolfi449 suggerisce che queste opere furono scritte da Salvatore con Cimino semplice copista. Il fatto che molte opere nel manoscritto sono chiaramente attribuite a compositori (Salvatore incluso) tenderebbe a sostenere il punto di vista di Rondinella. Pure scarse sono le notizie sui compositori Boerio ed Ansalone. Prota-Giurleo450 ha ricostruito alcuni dati biografici su Giacinto Ansalone, nato a Napoli, in Castelnuovo, dal musicista Tarquinio e da Bartolomea Terradilavoro il 13 marzo 1606. Fu Maestro di Cappella al Conservatorio della Pietà dei Turchini dal 1630 al 1656 e Maestro alla Chiesa Reale di Monteoliveto; pubblicò nel 1656, presso Ottavio Beltramo, i Psalmi de Vespere a 4 voci, con un Laudate Pueri alla Venetiana. Sul frontespizio di questo libro appaiono le insegne di famiglia della famiglia di Ansalone. Giacinto, come molti altri suoi familiari, morì durante la terribile peste che devastò Napoli nel 1656. I Psalmi unitamente alla canzona del manoscritto Cimino sono le uniche composizioni conosciute di Ansalone. 448 Prota-Giurleo 1961, 111. “Le due note manoscritte, che si trovano alle pagine 112v e 118v, dicono semplicemente che il Cimino ha copiato le musiche del Salvatore. Infatti: Subdiaconus Donatus Cimino exaravi dice in italiano (Io) Suddiacono Donato Cimino ho delineato, disegnato, copiato. La seconda frase: Donato Cemino elucubrante indica, ancora in italiano, ha copiato di notte (elucubrante) Donato Cemino. Quindi mi pare che tutta la questione sia risolta.” (Lettera di Mondolfi, in Oncley 1966) 450 Oncley 1966, 6. 449 159 Nulla si conosce di Francesco Boerio: le due opere presenti nel manoscritto, una senza titolo, l'altra intitolata Toccata e fuga, sono le uniche musiche conosciute di questo compositore. Gli altri autori citati all’interno del manoscritto sono, invece, tra i più celebrati compositori del XVII secolo: Giovanni de Macque, Girolamo Frescobaldi, Giovanni Salvatore ed Ercole Pasquini. PEZZI SENZA INDICAZIONE DI AUTORE ATTRIBUIBILI A DONATO CIMINO TOCCATE Le quattro toccate del manoscritto sono stilisticamente simili, con l’alternanza tra rapide figurazioni e brevi motivi imitativi; non ci sono indicazioni di cambi di metro o di tempo, le successioni armoniche sono più fluide ed i moduli ritmici non hanno l’inquietudine delle toccate di Mayone o Trabaci. Sia la Toccata n.°1 (Toccata del primo tono, foglio 1r) che la Toccata n.°2 (Toccata del terzo tono, foglio 3r) mostrano un elevato livello virtuosistico, eredi delle toccate di Mayone, Trabaci e Salvatore; le tirate di semicrome che dall’unisono divergono per moto contrario ricordano anche le toccate di Frescobaldi. La Toccata n.° 3 (Toccata dell’ottavo tono, foglio 5r) ha la chiara indicazione dell’uso del pedale. E’ il primo esempio nell’area napoletana di toccata con esplicita indicazione del pedale451; seguirà nel 1687 la Toccata per pedarole e senza di Gregorio Strozzi452. La Toccata n.° 4 (Toccata per l’Organo, foglio 101r) si trova staccata dalle altre tre e precede la serie di pezzi di Giovanni Salvatore: è un brano di grande virtuosismo particolarmente accentuato nella lunga serie di semicrome a distanza di decima che prepara la cadenza finale. La toccata di Durezze (foglio 134r) è un’interessante manifestazione dell’evoluzione dello stile di falsas453 inaugurato nell’Italia meridionale dall’organista spagnolo Clavijo Del Castillo e portato a perfezione stilistica da Giovanni de Macque e, successivamente, da Giovanni Maria Trabaci, Gioan Pietro Del Buono e Girolamo Frescobaldi: le dissonanze di Cimino sono più ammorbidite, meno stravaganti ed emerge una linea melodica cantabile. CANZONI Ci sono dodici canzoni, tutte nella prima parte del manoscritto: cinque di esse hanno una singola sezione, le rimanenti sette hanno tre o più sezioni. Le canzoni n.° 2 (foglio n° 9v), n.° 3 (foglio n.° 10v) e n.° 4 (foglio n.°11v), in un’unica sezione, sono piuttosto corte. La n.° 2 e n.° 3 cominciano con il tipico tema di canzona e concludono con un breve passaggio in figurazioni rapide. Le altre due canzoni in sezione unica, la n.° 1 (foglio 7r) e n.° 7 (foglio 22v) hanno diversi temi. Secondo un'altra fonte454 la canzona n.° 7 fu composta da Ercole Pasquini ma sarebbe l'unico esempio nel manoscritto di omissione di attribuzione. Le canzoni n.° 5 (foglio 14v), n.° 6 (foglio n.° 20v), n.° 8 (foglio n.° 24r), n.° 9 (foglio n.° 25v), n.° 10 (foglio n.° 27v), n.° 11 (il foglio n.° 29v) e n.° 12 (foglio n.°31v) sono in più sezioni. Il loro schema formale è così rappresentabile: 451 Il primo esempio italiano è la Toccata del primo tono di Annibale Padovano, pubblicata a Venezia nel 1604. 452 Cfr. Cap 5.3. 453 Cfr. Cap 2. 454 Codice Chigi Q VIII 206, f. 137r, Canzona di Ercole. In questo manoscritto sono trascritte solo le prime due pagine della canzona. (Cfr Shindle 1966) 160 Canzona n.° 5: sezione I in tempo C, un tema sezione II in tempo 3/4, un tema sezione III in tempo 6/8, un tema sezione IV in tempo C, un tema Canzona n.° 6: sezione I in tempo C, un tema sezione II in tempo 3/2, un tema sezione III in tempo C, un tema Canzona n.° 8: sezione I in tempo C, due temi sezione II in tempo 6/4, un tema sezione III in tempo C, un tema Canzona n.° 9: sezione I in tempo C, due temi sezione II in tempo 3/2, un tema sezione III in tempo C, un tema Canzona n.° 10: sezione I in tempo C, un tema sezione II in tempo 6/4, un tema sezione III in tempo C, un tema sezione IV in tempo 6/4, un tema sezione V in tempo C, un tema Canzona n.° 11: sezione I in tempo C, due temi sezione II in tempo 3/2, un tema sezione III in tempo C, un tema Canzona n.° 12: sezione I in tempo C, un tema sezione II in tempo 6/4, un tema sezione III in tempo C, un tema Ci sono molte relazioni e derivazioni tematiche fra le varie sezioni di una stessa canzona. RICERCARI Il Ricercare cromatico (foglio 17 v), basato su una scala cromatica discendente, è il più impegnativo tra i ricercari contenuti nel manoscritto. Le sezioni mostrano cambi metrici similmente alle sezioni delle canzoni ma, a differenza di esse, alcune sezioni sono separate da episodi rapidi in stile toccatistico nei quali non appare il tema. - Batt. 1/21, soggetto A in tempo 4/4. - Batt. 22/33, soggetto B (derivato da A) in tempo 6/4. - Batt. 34/37, episodio in tempo 4/4. - Batt. 38/54, soggetto A (con diverso controsoggetto) in tempo 4/4. - Batt. 55/67 soggetto C in tempo 6/4. - Batt. 68/69, episodio in 4/4. - Batt. 70/79, soggetto D in tempo 6/4. - Batt. 80/83 episodio conclusivo in tempo 4/4. La Ricercata sopra G solreut (foglio 35r) è in tempo ternario e non presenta particolari artifici contrappuntistici; potrebbe forse meglio adattarsi la denominazione di capriccio. L’andamento ritmico, indicato con C3/2, unito ad una tessitura che suggerisce l’uso del pedale in note ribattute (batt. 24-38) conferiscono al pezzo un carattere pastorale. La ricercata è bipartita: la prima sezione inizia con un soggetto trattato in imitazione che, gradatamente, si polarizza in ripetute cadenze dominantetonica, la seconda sezione è interamente costruita su un sequenza di terze parallele ripetute ascenzionalmente quattordici volte al culmine della quale vi è scritto Flor ch’è 161 nato il bel Giesu, dolce e gradito; la sequenza, poi, continua con la stessa figurazione melodica discendente ripetuta quindici volte fino alla cadenza finale. Il Ricercare dell’ottavo Tuono (n.3, foglio 63r) ed il Ricercare del secondo Tuono (n.4, foglio 64r), entrambi in tempo C, sono corti (ventinove e ventiquattro misure rispettivamente), sono entrambi in sezione unica, con soggetto brillante trattato in imitazione. Nel Ricercare n.°3, il tema in ottavi viene inframmezzato con passaggi brillanti in sedicesimi. La cadenza finale presenta il trillo preparato con una doppia iterazione ritmica di croma puntata con semicroma. Il Ricercare n.°4, con un soggetto molto brillante, non presenta particolari artifici contrappuntistici e conclude con una semplice cadenza dominante-tonica. In entrambi i pezzi (a cui, per la verità, l’attribuzione di ricercari appare un po’ pretenziosa) si sente l’influsso forte dello stile di Girolamo Frescobaldi, benché fortemente semplificato. FUGHE In tutto il manoscritto appaiono due pezzi intitolati Fuga. La prima Fuga inizia proprio nel punto dove termina la Canzona n.° 4 ed è nella stessa tonalità di Sol maggiore. All'inizio del foglio seguente, 13r, il termine Fuga appare di nuovo indicando, apparentemente, l'inizio di un'altra composizione, ma la somiglianza tematica tra Fuga n.1 ed i temi delle due sezioni della Fuga n.2 è notevole. Si potrebbe ipotizzare che la Canzona n.4, la Fuga n.1 e la Fuga n.2 siano sezioni di un'unica "suite" di pezzi. La Fuga n.1 è monotematica ed in un'unica sezione, la Fuga n.2 è in due sezioni, la prima in tempo 3/2 e la seconda in tempo C. Nella casella 35 della seconda fuga vi è un errore di scrittura nella voce centrale che reca un movimento in più. FANTASIA Solo una composizione in stile imitativo viene intitolata Fantasia e si trova al foglio 9r. E’ un pezzo breve, monotematico e in un’unica sezione. Il tema viene ripresentato senza modifiche durante tutta la composizione e l’autore indulge volentieri nell’impiego di ligature. PEZZI INTITOLATI La parte del manoscritto compresa tra i fogli 32r e 55r contiene dei pezzi i cui titoli sono costituiti da singole parole (Trono reale - Maestà – Pace - Verità – Fedeltà – Innocenza - Farfalla- Costanza- Pazienza- Breve Diletto) o da intere frasi o proverbi (Doppo' lunga procella; comparisce nel Ciel l'Iride bella - Con sette fila Sanson della sua chioma, L'altiero stuol del Filisteo di coma - Chi dura vince, chi segue pur giunge, chi brama dolcezze fia che si punge - Aspettar di godere, ne saper quando e' pazzia d'un cuor, che muore amando- Se' credi in questo mondo haver sollazzo, t'inganni, poco speri, e gia' sei pazze - Non si stima quel ben che vien' in fretta, Ma' gli prezza più, che più s'aspetta). I brani sono monotematici in unica sezione, hanno un tema corto con risposte in imitazione; ci sono, tuttavia, dei passaggi omofonici in quattro parti. I procedimenti armonici sono semplici con accordi di triade in stato fondamentale o in primo rivolto; raramente troviamo accordi in secondo rivolto o accordi di settima. Normalmente questi pezzi restano confinati nell’ambito della tonalità principale con qualche eccezione: nelle ultime dieci misure di Maestà vi sono ben otto cambi tonali. 162 E’ difficile poter scorgere un chiaro intento programmatico ma qualche procedimento può essere “interpretato”: nella Ricercata sopra G solreut, la lunga progressione ascendente al culmine della quale troviamo il riferimento alla nascita di Gesù ci induce ad immaginare un fiore che sboccia, i temi di Trono Reale e Maestà richiamano lo squillo delle trombe del palazzo reale, la leggiadria del tema di Farfalla risulta appropriata al titolo; anche l’abbondanza di passaggi omofonici a quattro voci in Pace conferisce al pezzo un senso di tranquillità. Di contro, non si riesce a scorgere alcuna Lunga procella e neanche L’altiero stuol del Filisteo; in Se' credi in questo mondo haver sollazzo, t'inganni, poco speri, e gia' sei pazze avremmo benissimo potuto trovar traccia degli inganni così abilmente trattati da Giovanni Maria Trabaci che Donato Cimino, se non di persona, sicuramente di fama doveva conoscere455. Malgrado l’incostanza dell’intento programmatico, questi 18 pezzi rappresentano un unicum nella musica organistica dell’Italia meridionale. PEZZI SENZA TITOLO Dei tre pezzi senza titolo, due di essi appaiono prima delle messe d’organo (fogli 65v e 67v), il terzo conclude il manoscritto (foglio 141v). Il primo di questi pezzi è in due sezioni, la prima in tempo C, la seconda in C3/2. Il tema acefalo di apertura della prima sezione presenta interessanti caratteristiche cromatiche enfatizzate dal salto di settima diminuita discendente ed è a valori larghi. Le ultime misure di questa sezione sono basate su un motivo presentato alla precedente misura 18; un pedale di dominante conduce direttamente alla seconda sezione. Il tema della seconda sezione, senza alcuna relazione con la prima, è un arricchimento della triade perfetta maggiore sul Sol vivificato dal ritmo ternario. Il secondo pezzo è in un singola sezione basato su due temi distinti. Il primo tema è acefalo esattamente come il tema del pezzo precedente e le altre voci rispondono con ingressi molto rapidi in stretto. Sia il primo che il secondo pezzo senza titolo, qualificabili come ricercari, mostrano un livello di complessità contrappuntistica mai raggiunto in nessun altra composizione imitativa in questo manoscritto. L’ultimo pezzo senza titolo (f. 141v) viene attributo ad Ercole Pasquini dal Rondinella che scrisse nel frontespizio: Pasquino Ercole 135 a 142. In realtà se Ercole Pasquini viene chiaramente citato come autore della Canzona al foglio 135r e delle Durezze e ligature al foglio 137v, non ci sarebbe stato motivo alcuno di omettere la paternità anche in quest’ultimo pezzo; è da preferire l’ipotesi che l’attribuzione al Pasquini sia una distrazione del Rondinella quanto scrisse l’elenco456. Quest’ ultimo pezzo è chiaramente in stile di canzona monotematica ed in un’unica sezione; al contrario dei due precedenti pezzi, il tessuto contrappuntistico è praticamente assente ad eccezione delle risposte al tema delle prime battute, il ritmo fluisce abbastanza regolarmente e solo nelle ultime battute una cadenza alla voce superiore in semicrome dà una scossa ritmica. VERSETTI E MESSE Alle pagine 61r, 61v, 62r e 62v si trovano quattro versi separati da tutti gli altri. I quattro versi, composti nel primo modo gregoriano, non hanno relazione con melodie 455 E’ a dir poco sospetta la latitanza nel manoscritto di opere di Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci, aggravata dalla presenza di opere del loro comune maestro Giovanni De Macque; è anche da sottolineare l’assenza di opere di Gregorio Strozzi. 456 L’edizione delle opere per tastiera di Ercole Pasquini , curata da W. Richard Shindle, n.° 12 della collana Corpus of Early Music (1966), include questo brano ma lo colloca in un’appendice. Lo Shindle dichiara chiaramente nell’introduzione, pag. IX, che il pezzo è anonimo nel manoscritto Cimino e non reca alcun titolo. 163 gregoriane; non si può stabilire, inoltre, l’esatta utilizzazione di essi ed il loro numero, quattro in totale, non è conforme ad alcuna alternanza prevista per l’Ordinario della Messa. La distribuzione dei pezzi all’interno delle messe non è ordinata come nelle precedenti pubblicazioni di Valente457, Trabaci458, Salvatore459 e Fasolo460. Sia Valente che Trabaci hanno ordinato i loro versetti col criterio del raggruppamento modale, Giovanni Salvatore ha preferito raggruppare i versi per ciascuna delle tre messe più frequenti, mentre Fasolo ha puntigliosamente coperto ogni esigenza liturgica dell’organista secondo le disposizioni emanate dal Caeremoniale episcoporum461. Nel manoscritto Cimino troviamo versi per l’Ordinario della messa accanto a pezzi per il Proprio similmente ai Fiori Musicali di Girolamo Frescobaldi462. Il manoscritto Cimino ha l’aspetto di miscellanea per uso personale che comprende tre messe: 1. Messa per le feste doppie (dal foglio 69r al 78v) 2. Messa festiva (dal foglio 78v al 86v) 3. Messa (senza indicazione) (dal foglio 87r al 100v) Ecco in tabella la distribuzione dei pezzi per ciascuna messa: Parti Introito Messa per le feste doppie Introito (toccata) Messa festiva Kyrie 4 versetti Toccata per la messa seguende 5 versetti Gloria 9 versetti 9 versetti Graduale Doppo’ l’Epistola Doppo L’Epistola - - Alleluja Credo Offertorio Sanctus, Benedictus Toccata per l’offertorio + Fuga e Toccata - Offertorio 2 versetti 457 Valente, 1580; cfr. Cap.1.2 Trabaci, 1615; cfr Cap. 3.4 459 Salvatore, 1641; cfr. Cap. 5.1 460 Fasolo, 1645; cfr. Cap. 4.2 461 Cfr. cap. 4.2 462 Frescobaldi, 1635 458 164 Messa senza indicazione - 5 +5 versetti 10 +10 versetti Per L’Epistola Altro verso per l’Epistola Alleluia Alleluia (abbozzo) Per L’Offertorio - Elevazione Agnus Dei Communio Deo Gratias Per L’Elevazione - Per L’Elevazione 2 versetti Postcommunio - - - Benedicamus Domino I versi delle messe sono generalmente brevi e sono composti in stile imitativo alternato allo stile toccatistico463. La prima messa, benché denominata per le feste doppie, deriva tematicamente dalla messa Cum jubilo IX del Kyriale, normalmente definita Della Madonna. Tale derivazione tematica si circoscrive, comunque, solo ai versi del primo Kyrie i quali sono quattro invece che cinque464. La Toccata per l’offertorio è molto breve (appena 7 battute), è seguita da una fuga nello stesso tono seguita, a sua volta, da un’altra toccata una terza sotto. Gli ultimi due brani servono forse per il Sanctus ed il Benedictus . La Messa festiva è completa ad eccezione dell’Alleluja e del Communio. L’ultima messa, senza alcuna indicazione, ha i versetti del Kyrie, del Gloria e dell’Alleluja duplicati benché il secondo Alleluia sia una semplice modulazione; anche i versi per l’Epistola sono due. L’unico brano per l’Offertorio conclude la Messa. Le due toccate per l’Elevazione (prima e seconda messa) seguono lo stile di Durezze e ligature (con poche “durezze”) a conferma che la scelta stilistica dei brani era pienamente condivisa dagli organisti del XVI secolo così come era sempre suonata una canzona per l’Epistola o il Postcommunio. Il manoscritto differisce dalle altre raccolte seicentesche nei brani per l’Offertorio, tradizionalmente composti nello stile del Ricercare (ovvero gravis modulatio), qui scritti in stile toccatistico brillante. L’Introito della Messa per le Feste Doppie, la Toccata d’apertura ed il primo Kyrie della Messa Festiva sono nel tipico stile delle toccate; il Kyrie in forma di toccata è un’ulteriore conferma dell’interscambiabilità tra la toccata avanti la messa ed il primo verso del Kyrie465. COMPOSIZIONI CON INDICAZIONE DELL’AUTORE Francesco Boerio La prima composizione di Franceso Boerio (f. 63r) non ha titolo, è nello stile di canzona in due sezioni, la prima in tempo C, la seconda in tempo ¾; non vi è relazione tematica tra la prima e la seconda parte. La seconda composizione (f.59r), intitolata Toccata in D solre, ha l’indicazione appresso Fuga scritta sull’ultimo accordo: è uno dei primi esempi nella letteratura 463 Il modello più pertinente sembra la pubblicazione di Giovanni Salvatore (1641). Anche nella MISSA IN DOMINICIS DIEBUS di Giovan Battista Fasolo (1645) troviamo quattro versi in luogo dei canonici cinque; cfr Cap. 4.2 465 “[…] potrà l’accorto Organista servirsi de gli primi (versi) lasciando la voce nelle finali de gli secondi; avertendo in tutte le Messe, che la repetitione dell’Introito servirà per il primo Kyrie” (Banchieri, 1605, pag. 3 del Primo Registro). 464 165 organistica in cui una toccata è espressamente unita ad una fuga466. La toccata mantiene ancora un po’ del carattere inquieto di Mayone e Trabaci ma è armonicamente molto più levigata; la fuga inizia con un tema molto breve impiegato per le imitazioni delle prime dieci misure, le successive nove misure sono basate su un nuovo materiale tematico e le ultime quattro costituiscono il pedale di dominante che conduce alla cadenza finale. Giacinto Ansalone L’unica composizione attribuita a Giacinto Ansalone è la canzona francese (f.131r) di sessantadue misure in un’unica sezione, la canzone più lunga e più complessa del manoscritto. Il tema di apertura presenza il caratteristico ritmo dattilico seguito da una successione di terze spezzate ascendenti, elemento tematico che verrà riproposto e sviluppato in seguito; alla misura 20, le terze vengono ornate con trilli; alla misura 30 si trova una serie di figurazioni in semicrome molto complesse dal punto di vista tecnico; alla misura 51 ritornano le terze spezzate sia ascendenti che discendenti che conducono alla cadenza finale ornata a sua volta con rapide semicrome. Giovanni Salvatore Per i sei brani di Giovanni Salvatore si rimanda al capitolo 5.1. Girolamo Frescobaldi La presenza nel manoscritto di due canzoni di Girolamo Frescobaldi (1583-1643) è un segnale della fama raggiunta dall’organista e compositore ferrarese nella seconda metà del XVII secolo. Le due canzoni di Frescobaldi presenti nel manoscritto Cimino erano già state incluse nei Fiori Musicali, pubblicati a Venezia nel 1635 presso Alessandro Vincenti. Il brano al foglio 113r è la Canzon dopo l’Epistola della Messa delli Apostoli, il brano al foglio 115v è la Canzon post il Comune della Messa Della Domenica. Giovanni De Macque Per i quattro brani di Giovanni De Macque si rimanda al capitolo 3.1. Ercole Pasquini Ercole Pasquini (ca 1555 – dopo il 1620), concittadino di Frescobaldi, ne fu anche il predecessore all’organo di San Pietro a Roma e ne subì la concorrenza. Il manoscritto include solo Pasquini e Frescobaldi quali rappresentanti della scuola organistica romana, nonché unici compositori che non operarono a Napoli. La Canzona del Ercole Pasquino (f. 135r) è in tre sezioni: la prima in tempo C, la seconda con indicazione di metro “3”, e la terza nuovamente in tempo C. Le Durezze e ligature del detto (Pasquini) impiegano fedelmente il procedimento armonico indicato nel titolo, con i tipici valori larghi che cedono il posto, però, a crome più fluenti verso la fine le brano. 466 Prima di Boerio, Annibale Padovano pubblicò nel 1604 una Toccata et Ricercare d’Organo; in area meridionale Giovanni Maria Trabaci nel Secondo Libro dei Ricercari (1615) pubblicò una Toccata e Ricercare (Cfr. Cap. 3.4,105) e Bernardo Storace nella sua Selva (1664) pubblicò due Toccate e Canzon (Cfr. Cap. 4.2, 143). 166 5.3 GREGORIO STROZZI Siamo in possesso di poche notizie concernenti la vita di Strozzi. Ulisse ProtaGiurleo467 indica in San Severino in Lucania il luogo di nascita ed afferma pure che fosse allievo di Giovanni Maria Sabino ed organista presso la chiesa della Sant'Annunziata in Napoli, assunto nel 1634 “per essere musico di grande abilità e valore” per tre ducati al mese468; tre anni dopo, “pei suoi meriti eccezionali come organista e compositore” ebbe un aumento di due ducati, con la promessa di diventare Primo Organista o Maestro di Cappella alla prima vacanza. Nel 1643, tuttavia, era ancora Organista ordinario del secondo coro. Nel 1645 fu nominato cappellano della Chiesa Madre di Amalfi469. C’è anche un contratto nel quale lo Strozzi dichiara di prendersi la responsabilità per l'istruzione della musica di un giovane chiamato Francesco Mansione470. Le notizie desunte dalle ricerche d’archivio sono integrate dalle indicazioni dei frontespizi delle sue opere: fu “Reverendo e Regio Abbate, Dottor Napoletano dell’una e l’altra legge, e Protonotario Apostolico”. Gregorio Strozzi visse contemporaneamente a Giovanni Salvatore, entrambi non napoletani di nascita ma accolti nella città partenopea a seguito di importanti incarichi. Di Strozzi colpisce, però, la differente cronologia delle sue pubblicazioni, essendo l’unico dei compositori napoletani a pubblicare le sue opere strumentali alla fine della sua vita, come coronamento della propria attività musicale. 5.3.1. ELEMENTORUM MUSICAE PRAXIS (1683) Con quest’opera, Gregorio Strozzi chiude la tradizione del duo strumentale, iniziata nel 1521 con Eustachio Romano471, che aveva raggiunto il culmine qualitativo tra il 1560 e il 1605472. A questo punto il felice equilibrio rinascimentale si scioglie, e dal duo cinquecentesco si sviluppano due filoni: il primo che […] si trasforma in duetto concertato su basso continuo e rinunzia, per l’arte e per lo spettacolo, ad ogni funzione teorica e didattica; il secondo, strutturalmente fedele alla lettera della tradizione ma non allo spirito, che invece mantiene ed anzi irrigidisce la severità contrappuntistica, e in modo sempre più gretto assolve unicamente una funzione d’indottrinamento dogmatico473. Gregorio Strozzi cerca sempre di mantenere alto l’interesse musicale pur trattando con rigore gli esempi musicali. Ogni brano è titolato con un nome, proverbio o modo di dire. 467 Prota-Giurleo 1962, 118-121. Ibidem. 469 Ibidem. 470 Ibidem. 471 Romano 1521. 472 Cfr. Cap. 1.3 e 2.1 473 Carapezza 1971, xxviii – xxix. 468 167 Il frontespizio della pubblicazione reca scritto: ELEMENTORUM MUSICAE PRAXIS Utilis non tantum incipientibus, sed proficientibus, & perfectis. Incipientibus ad facilitatem artis, Proficientibus ad delectationem, & perfectionem, Perfectis ad eruditionem compositionis. Accedit Nexus, & Sympatya Musicae, & Astronomiae AUCTORE REV. AC REGIO ABB. D. GREGORIO STROZZIO V.I.D. NEAPOL: AC APOSTOLICO PROTON: Pars prima, & seconda, Opus tertium. NEAPOLI, M.DC.LXXXIII. Typis Novelli de Bonis Typographi Archiepiscopalis. Superiorum permissu. La dedica si trova nella pagina seguente: TIBI AUGUSTISSIMA TRINITAS Primae, Ingenitae, Ineffabili Harmoniae, Ad monadem TRIADI, ad numerum Unisonae; Ad tempus Aeternae, ad modos Incommutabili; Uno Ore, uno Verbo, uno Spiritu, Absolutissimae; Primigeniae totius harmoniae Parenti; E Qua Tempus tempora, numeri numerum, modi modum Caeli, Sidera, Elementa Symphonismum Mirabili rerum omnium concentu hauriunt Hanc Elementorum Musicae praxin ultimam tuae echum harmoniae Deiecto humi ad Maiestatis tuae NUMEN vultu. D.D.D. Gregorius Strozzius. 168 Seguono le avvertenze al lettore: LECTORI TYPOGRAPHUS Siste lector, ne te aurium ita abripiat voluptas, ut Musicas statim in notas involes, eaque negligas, quae in operis vestibulo nosse operae pretium fuerit. ELEMENTORUM MUSICAE PRAXIN libri titulus praefert. Habet nimirum Musica disciplinis caeteris par, atque omnium decus elementa, quibus constet. Initio, cum rudis adhuc esset, ac paupere censu, e Grammatica primam literarum hebdomadem mutuata est: huic suos illa numeros illigavit, ac primum sibi alphabetum confecit; At cum id non tam bellè aptèque ad rudium institutionem caderet, GUIDO ARITINUS, e sacra Benedicti famiglia Philosophus, idemque Musicus, novis numerorum elementis, novoque veluti alphabeto Musicen auxit. Is cum ad modos musicos in Divi Ioannis pervigilio sacer ille hymnus caneretur: UT QUEANT LAXIS RESONARE FIBRIS, rapta è singulis carminibus gemina syllaba : UT scilicet, & RE, ex primo; MI, & FA, ex secundo; SOL, & LA, ex tertio, eas septem Alphabeti literis addidit, atque ex omnium complexu viginti literarum quoddam veluti sistema statuit, quo conformari, & graves, & mediae, & acutae voces commodiùs possent; ratus fore aliquando, ut praetermissa prima literarum hebdomade sex illae syllabae in perfectius Musicae alphabetum cederent. Id planè accidit, & ad faciliorem canentium normam, & ad Musicae ornamentum; ut enim è quatuor tantum elementis omnis in hoc Orbis Theatro rerum concentus existit, ita è sex tantummodo elementis omnis Musicae Symphonia gignitur. Id Auctor, ut opere, ac praxi veluti digito demostret, opus multo ungue, multoque elaboratum, expolitumque pumice profert. Habent hic Rudes, quo Musicae veluti mysterijs initientur; habent Provectiores quod discant, habent demum Perfecti disciplinae huius Antistites, quod vel aemulationem, vel admirationem provocet. Ob oculos quippe Auctor exhibet Genus Musicae Quantitativum, quod Totum huius facultatis Continens dixeris. Amplectitur enim absolutas quatuor dotes, omnesque numeros, Modi maiori perfecti, Minoris perfecti, Temporis perfecti, & Prolationis perfectae. Habes etiam Quinque genera proportionum, Multiplicem, Superparticularem, Superpartientem; Multiplicem Super particularem, & Multiplicem super partientem, iuxtà mentem Euclidis, & Clavij in suis elementis lib.V. Quin etiam Mirabilis planè Compositionis paradigma, ubi omnes Musicae nexus solvit; adeò ut nihil vel scribi, vel centum ad Choros Cani propemodum possit, quin eos dumtaxat consonos dissonosque numeros reperias quos ipse nectit solvitque. Demum egregiè facit ad constructionem duplicium contrapunctorum atque ad peritiam promptè tangenti cymbalum. Accedit, ad eruditionem, atque ornamentum Astonomiae, ac Musicae faedus, atque alter veluti symphonismus; Zodiaci siquidem signis duodecim tonos, quos aiunt Regulares; Septem vero Planetis; eorumque naturae atque indoli musicum Diapason accomodat; tum Dignitates essentiales, atque Accidentales, Aspectus, Configurationesque siderum harmonicis numeris ad amussim exprimit, ac refert: adeò ut quemamodum Astronomus oculis, ita & Musicus auribus, ac superbissimo earum iudicio Celeste thema rectificare facili iucundoque negotio possit. Nec id 169 mirum videri cuiquam debet, quando è Platone, ac Pythagora totam hanc rerum universitatem non nisi musicam harmoniam esse didicimus, & ab Isidoro lib. 3.c.16. nullam sine Musica perfectam esse posse disciplinam. Haec satis ad operis rationem, quod ubi nocturna diurnaque versaveris manu Auctoris ingenium, absulutamque artis peritiam, vel si Aristarchus sis, suspicies; ac Musicae gratulaberis, quam vel è Coelo in terras devocat, vel è terris effert in Coelum, ut liquidiùs sonet, ac puriùs. Vale. E’ il tipografo che si rivolge ai lettori, delineando i principi compositivi ed i pregi dell’opera. Vengono sottolineati i legami tra gli elementi costitutivi della musica ed i fondamenti della grammatica, si espone brevemente l’elaborazione teorica di Guido d’Arezzo e si accenna alle proporzioni ritmiche tramandate dalla teoria rinascimentale. Sia nell’intestazione che nelle avvertenze si specifica che l’opera non è tanto utile agli studenti alle prime armi, quanto, piuttosto, a far progredire nella conoscenza coloro che sono già ben introdotti nell’arte. Grazie a quest’opera, si possono imparare tutti gli artifici contrappuntistici ma, al tempo stesso, si può sviluppare la capacità di suonare agevolmente il clavicembalo. La musica, infine, “che fa scendere dal Cielo in Terra e dalla Terra porta in Cielo”, è intimamente legata all’astronomia al punto che ciò che l’astronomo interpreta con la vista viene inteso dal musicista con l’udito. Il grande sapiente è colui che […] accosta i dodici toni che si dicono regolari con i segni dello zodiaco, accosta le sette note del Diapason alla natura ed all’indole dei sette pianeti […]Né deve sembrare strano a qualcuno allorché impariamo da Platone e da Pitagora che l’universo intero non può esistere senza l’armonia della musica, e dai libri 3 e 16 di Isidoro impariamo che nessuna disciplina può essere perfetta senza musica. La pagina successiva alle avvertenze contiene due epigrammi anonimi. Ad Rev. ac Regium Abbatem Ac V.I.D. atque Apost. Prot. D.D. Gregorium Strozzium Epigramma Inc. Auth. Arbiter exposito Phaebus dum praesidet Orbi Temperat ad numeros mixta elementa suos; Hinc omnis rerum discors concordia mundo est, Hinc canit aeternum noxque diesque melos. Par opus ingenio praestas, dum musica misces Arbiter innumeris, STROZZI, elementa modis. Scilicet hinc vario sese modulamine fundit Altius harmonico quicquid in Orbe latet. Ergo Naturae genium dum sedulus arte Assequeris, merito tu mihi Phaebus eris. DDDDDDDDDDDDDDDDDDD 170 Ad eundem Epigramma. Edere inauditum celesti è pegmate carmen, Sidera, Pythagorae, fabula nota fuit: Ast tua sideribus dum faedere carmina nectis, Ars est, quae quondam fabula vana fuit. Segue il contenuto dell’opera. TITOLO Labor improbus omnia vincit (Stampati solo nella parte del Tenor) INDICAZIONI ACCESSORIE Contrapunctum duplum ad decimam cum suis observationibus, & potest cani 12. modis, & tribus, & quatuor vocibus. Nemo sibi solus, ad universa sufficiens est. Diversa ab alijs virtute valemus In via sumus, qua via pergimus Adhereat lingua faucibus meis, si non meminero tui Omnium rerum principia parva sunt, sed suis progressionibus usa augentur Frusta iacitur rete, ante oculos pennatorum Nihil est in intellectu, quin praefuerit in sensu Ego autem gloriabor in infirmitatibus Contralto Tenore Ave maris Stella Magnus esse vis? À minimo incipe. CHIAVI Duplum ad x. cum suis observ: PARS MATUTINA Canon. Disce puer Ut queant laxis resonare fibris, & c. Soprano/ Soprano Soprano/ Soprano Canon Ludus puerorum Canon Soprano/ Soprano Canon Soprano/ Soprano Canon Soprano/ Soprano Soprano/ Soprano Soprano/ Tenore Varijs artibus Vinciuntur Soprano/Contralto Soprano/Contralto 171 meis Os Regis observo, & praecepta iuramenti Dei Depone sarcinam, & invenies (habebis) medicinam Cogitationes consilijs roborantur Nulla aetas fera est ad discendum Cito nauseat, quidquid sine labore possidetur Criminosus, iudex alterius esse non potest Soprano/ Tenore Soprano/ Basso Mezzosoprano/Contralto Contralto/ Tenore Contralto/ Baritono Tenore/ Basso (indicato nell’indice) (Non stampato nella parte del Tenor benché sia citato nell’indice) Basso/ Basso (indicato nell’indice) Omnia vitia in sene senescunt, avarizia sola iuvenescit. (Non stampato nella parte del Tenor benché sia citato nell’indice) Facilis est vincere non repugnantibus Danda est remissio animis Ars deluditur arte Fili à iuventute tua excipe doctrinam Quae in iuventute non congregasti, quomodo in senectude invenies Aeoliam rabiem, totis exercet arenis Frater qui adiuvantur à fratre, quasi Civitas firma. Soprano/ Basso Soprano/ Tenore Contralto/ Tenore Soprano/ Contralto Soprano/ Contralto Soprano/ Tenore Tenore / Tenore(indicato nell’indice) (Non stampato nella parte del Tenor benché sia citato nell’indice) Recupera proximum, secundum virtutem tuam. Canon A diapente superius Post duo tempora. & c. (Non stampato nella parte del Cantus; citato nell’indice solo al Tenor) 172 Basso In medio seniorum ne adijcias loqui. Canon Basso (Non stampato nella parte del Cantus; citato nell’indice solo al Tenor) Homo sanctus, in sapientia manet sicut Sol. Eccl.27 (Miniatura di un sole con scritta: Melpomene. Quid lucidius Sole? & hic deficit. Eccl. 17. Simbolo zodiacale del Leone) Stultus sicut luna mutantur. Eccl. 27 (Miniatura di una luna con scritta: Clio. Simbolo del Sole e del Cancro) Simulator, ore decipit amicum suum (Semplice scritta: Euterpe. Simboli di Mercurio e della Vergine) Vir iniquus iactat amicum suum, & ducit eum per viam non bonam ( Polinnia. Simboli di Saturno, Mercurio, Capricorno e Gemelli) Humilia animam tuam presbitero, & caput tuum magnato ( Erato. Simboli di Giove e dei Pesci) Mulieris bonae, beatus vir. & c. ( Erato, Talia. Simboli di Giove, Venere, dei Gemelli, Pesci ed Acquario) Dorius, sive I. tonus Naturalis Hilaris, Ecclesiasticus. Serius Soprano/ Tenore Hypodorius, sive II ton. Nat. Ad diapason superium Mestus, flebilis Mezzosoprano/Contralto Phrygius, sive III tonus Naturalis: Acerrimus, durus Contralto/ Tenore Hypofrygius, sive IV. Tonus naturalis. Ad diapente superium Mezzosoprano/Mezzosoprano Lydius, sive V. tonus naturalis Petulans, criticus Violino/ Contralto Hypolidius, sive VI tonus naturalis Pius, devotus, lenis Baritono/ Baritono 173 Homo perversus, suscitat lites ( Tersicore. Simboli di Marte e Scorpione) Boni fine malis in ..ac vita, esse non possunt ( Melpomene Tersicore. Simboli del Sole, Marte, Leone e Capricorno) Festina tempus, & memento finis ( Erato, Talia, Euterpe. Simboli di Giove, Venere, Mercurio, Pesci, Toro e Vergine) Liberat animas testis fidelis, & profert mendacia versipellis ( Erato, Euterpe. Simboli di Giove, Mercurio, Pesci e Vergine) Virum de mille unum reperi, mulierem ex omnibus non inveni ( Thalia. Simboli di Venere e Toro) Amico, & inimico noli narrare sensum tuum ( Talia, Euterpe, Tersicore. Simboli di Venere, Mercurio, Marte, Toro, Vergine e Capricorno) Virus conciliat amicitias, atque conservat. Myxolydius, sive VII tonus naturalis Indignans, rixosus, superbus Soprano/ Contralto Hypermixolydius, sive VIII tonus naturalis Magnificus, felicis Tenore/ Tenore Aeolius, sive IX tonus naturalis Suavis, delectabilis Soprano/ Contralto Hypoeolius, sive X tonus naturalis Mitis, amabilis Tenore/ Tenore Ionius, sive XI tonus naturalis Iucundus, floridus Violino/ Soprano Hypoionius, sive XII tonus naturalis Speciosus, varius Contralto/ Contralto Canon Tenore (Non stampato nella parte del Cantus; citato nell’indice solo al Tenor) 174 Primus addiscendi ardor, nobiliats est magistri. Ambr.de virg. Lib.2. Omni tempore diligit, qui amicus est Arcta est via Caeli, lata vero, quae ducit ad perditionem Vitasti saxa grandia, vide ne obruaris Arena Gaudent brevitate Moderni Si cadendum est è Caelo, cecidisse Velim Amor amore Conciliatur Qui prius respondet quam audiat, stultum se esse demonstrat Qui spernit pauca, paulatim decidet Per durum iter anhelat gloria Qui navigant mare, enarrant pericola Eius Per nigredinem, humanitas non mutatur Durum est assueta Delinquere Non semper fluvius, aureas habet scuras Timidus miles vencere rarò solet Ferrum ferro Exacuitur Qui rem intelligit, viam ad salutem excogitat Omnis natura vult esse conservatrix sui PARS VESPERTINA Musicam docet Amor. Canon Canon Tenore/ Tenore Soprano/ Soprano Soprano/ Soprano Soprano/ Contralto Soprano/ Soprano Contralto/ Basso Soprano/ Contralto Soprano/Mezzosoprano Violino/ Violino Soprano/Mezzosoprano Mezzosoprano/Baritono Soprano/ Soprano Soprano/ Soprano Soprano/ Soprano Tenore/ Basso Contralto/ Contralto Ottava bandita (Tema ricavato dalle seguenti sillabe: La so la far fal la mi fa dor mi re mi fa) 175 Mezzosoprano/Contralto Soprano/ Soprano Non bene pro toto venditur auro libertas Omnia si perdes, famam servare memento Nili aratores, Caelum non Aspiciunt Idem servare amicum cum prudentia, quod acquirere imperium. Soprano/ Soprano Violino/ Soprano Soprano/Mezzosoprano Canon ad diapente inferius. Post unum tempus Tenore Canon Retrogrado Soprano (Non stampato nella parte del Tenor; citato nell’indice solo al Cantus) Non progredi in via Dei, est Retrogredi (Non stampato nella parte del Cantus; citato nell’indice solo al Tenor) Omnia tempus habent, & suis spatijs trasferunt universa sub. Ecc. 3 In labijs sapientis invenitur sapientia. Parab. Sal. C.1 Quod sit in Urbe, sit in Orbe. (Non stampato nella parte del Tenor; citato nell’indice solo al Cantus) Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet sublevantem se. Eccl. 4 Quantitativum Genus V.Genera Proportionum Cuncti nexus Musicae soluti E rit C oncentus O mnium, notas audire tuas. Canon ad unis. Sonata di Basso solo - Per Cimbalo, & Arpa ò Leuto. - Cimbalo & Arpa - Piano, e vi si può diminuire Soprano/ Tenore Soprano/ Contralto Soprano /Basso Già Zarlino474 e Cerone475 si erano occupati del rapporto tra il carattere dei modi, le influenze delle sfere celesti e delle muse; Strozzi amplia ulteriormente il rapporto aggiungendo i simboli dello zodiaco. La sonata di Basso solo conclusiva476 (“Vae Soli, quia cum ceciderit, non habet sublevantem”) è l’unico pezzo con l’esplicita destinazione degli strumenti da impiegare: 474 Zarlino 1561. Cerone 1613. 476 Cfr. Fabris 1986, 233-236. 475 176 il clavicembalo, l’arpa ed il liuto. L’enigma del canone (“Guai a chi è solo: se cade non ha nessuno che lo rialzi”) indica che gli strumenti devono costantemente dialogare: Strozzi indica all’inizio di ogni sezione quali strumenti devono intervenire. Nella seconda, il clavicembalo e l’arpa devono continuamente dialogare, alternandosi in brevi sezioni che si rincorrono fino al tutti conclusivo. Analizzando le alterazioni del brano, risulta che l’autore evita di affidare all’arpa cromatismi fuori dal tono d’impianto mentre non ha alcuna difficoltà ad affidarli al clavicembalo. Per una strana contraddizione, dunque, l’arpa di fine Settecento sembra tornare verso le sue origini cinquecentesche di strumento “semichromatico”, come provano anche l’abbandono graduale delle impervie file incrociate di corde e la ricerca di nuove soluzioni organologiche (uncini prima, poi i definitivi pedali). Probabilmente si era spenta da tempo la tradizione di virtuosi napoletani; l’arpa non era insegnata nei conservatori e lo strumento venne riassorbito, con effetti coloristici, nell’anonimato dell’orchestra settecentesca d’impianto scarlattiano.477 Strozzi eviterà di affidare all’arpa difficili cromatismi anche nelle variazioni XI e XII della Romanesca con partite, Tenori e Ritorn[elli] pubblicata nei Capricci del 1687. 5.3.2. CAPRICCI DA SONAR CEMBALI ET ORGANI (1687) E’ l’opera che corona la carriera di compositore di Strozzi. Con essa, si chiude definitivamente l’era delle opera omnia collecta478 inaugurata quasi cento anni prima da Antonio Valente. Strozzi era quasi coetaneo di Giovanni Salvatore ma le loro opere strumentali, affini per stile compositivo, vengono pubblicate a distanza di quarantasei anni: 1641 per Salvatore e 1687 per Strozzi. Giovanni Salvatore è perfettamente inserito nel suo tempo, Gregorio Strozzi appare, invece, un sapiente compositore nostalgico di un modo di comporre che non ritrova più tra i suoi contemporanei. Le musiche presenti nel manoscritto Cimino479, risalente al 1675, ci danno la misura del mutamento della musica organistica napoletana dopo la metà del XVII secolo. Laura Alvini480 ritiene che la presenza di modelli compositivi piuttosto arcaici e di elementi stilistici non sempre omogenei tra loro fa presumere che lo Strozzi abbia scelto per la pubblicazione del 1687 brani composti in un vasto arco di tempo. Il frontespizio della pubblicazione di Gregorio Strozzi reca scritto: CAPRICCI DA SONARE CEMBALI, ET ORGANI Del Rev. e Regio Abb. D. GREGORIO STROZZI Dottor Napoletano dell’una, e l’altra legge, e Protonotario Apostolico 477 Fabris 1986, 236. Cfr. Apel 1972. 479 Cfr. Cap. 5.2 480 Introduzione all’edizione anastatica della stampa della biblioteca del Conservatorio di Napoli curata da Laura Alvini, S.P.E.S, Firenze, 1979 478 177 OPERA QUARTA (Stemma) IN NAPOLI M.DC.LXXXVII Per Novello de Bonis Stampatore Arcivescovale. Con licenza de’ Superiori La dedica si trova nella pagina seguente: A voi Gloriosi, Arcangeli Michaele, Gabriele, e Rafaele A Tè Angelo mio Custode: Ed à voi Tutti Angelici Cori, Con profondissimo inchino riverente prostrato, Presento questo piccol tributo del mio povero ingegno. In honore della Passione di N. S. Giesù Cristo Divulgai i Responsorij, Ecclesiastico ufficio della Settimana santa Alla Gran Reina del Cielo L’Officio del Santo Natale, per quel che alla Musica s’appertiene; Poscia all’Augustissima Triade Principio d’ogn’armonia, i miei Elementi Armonici. Hor nella mia cadente età Consacro à Voi Questi Capricci da sonar Cembali, et Organi, etc. Non inutili divertimenti da occupazioni più gravi. Tenue è il dono Ma non è tenue la riverenza, e l’affetto, Che à Voi lo porge. Se vi degnate di gradirlo, Se di volgervi benigno l’orecchio, Mentre animando le Chiese, ove assistete, Farà un rozzo, e debol’eco alle Vostre armonie. Impetratemi, vi priego, Il perdono delle mie colpe; A fin congiunto à vostri Cori nel Cielo, Esalti con cantici di eterna lode Il nostro Dio, Che con volto à terra inchinato Insieme con Voi benedice, et aora Il vostro umilissimo servo Gregorio Strozzi. Nella dedica Strozzi elenca tutte le sue opere: i Responsoria, sua opera prima, in onore della passione di Gesù Cristo; l’opera seconda, L’Officio del Santo Natale, dedicata alla Madonna; l’opera terza, Elementorum musicae praxis, contributo 178 dell’abate napoletano alla teoria e alla didattica, dedicata alla Santissima Trinità, simbolo della perfezione e dell’equilibrio. I Capricci, infine, ad angeli ed arcangeli, chiudono questa tetralogia interamente dedicata al mondo ultraterreno. I termini con cui lo Strozzi si rivolge agli angeli appartengono al tipico frasario delle dediche, normalmente indirizzate a nobili e potenti; già Giovanni Salvatore481 aveva preferito Adriana Basile, una musicista, ai potenti napoletani ma Gregorio Strozzi va decisamente oltre negando qualunque legame con uomini e mecenati, preoccupandosi soltanto del valore della propria musica, debole eco dei celestiali concenti. I capricci per organo e cembalo non sono, però, inutili divertimenti: la musica strumentale non è oasi di svago e neanche un semplice momento propedeutico, ha una sua dignità ed un suo valore, può figurare tra i migliori esempi dell’ingegno umano che può dedicarli a Dio, principio di ogni intelletto. Le pagine successive contengono due sonetti ed un epigramma anonimi. Al Signor Abbate D. Gregorio Strozzi Per la sua eruditissima opera intitolata, Capricci Musicali. SONETTO I.A. Figlio di volontà freneticante, Nasce il Capriccio ad infestar le menti, Bizzarria del voler, Estro baccante, Tiranno di pensier, fabro di stenti. Appena è conceputo, e in uno istante, Vola precipitoso al par de’ venti, Non sa in fasce vagir bambin gigante, Poiche legge non hà, tutto ardimenti. Tuo gloria è sol, gran STROZZI, è sol tuo vanto A cui san palme dar terreno arsicci, Frenar sue frenesie con dolce incanto. Contumace il suo brio se avvien, che aggricci, Tu lo sai regolar, col metro del canto, S’anche Musici son per te i CAPRICCI. All’istesso Al brillar di tua lira i primi accenti Chinò Febo l’orecchio; e poiche il brìo De gli armonici tuoi CAPRICCI udìo Giunger dell’arte à gli ultimi portenti; Tosto rivolse al Cielo i lumi intenti, Sollecito à mirar il biondo Dio, Se la lira d’Orfeo tua man rapìo 481 Cfr. Cap. 5.1 179 Da le sfere à formar sì bei concenti. Indi, disse, hor che in STROZZI emula Cetra A la cetra d’Orfeo ne scopre il prelo; Già che questa non cadde à lui da l’Etra Presso di lei, comanda il Dio di delo, Mentre cotanto il suo gran merto impetra, Ch’ella trà gli astri si sospenda in Cielo. Ad eundem P. P. A. S. I. Epigramma. Inclusos làèrtiades quondam utre tulisse, Et Boreas iactet, nutiferosque notos. Artis fama tuae praestantior, inclyte STROZZA, Ad tua namque, aurae, iussa repente ruunt. Includique optant cannis, perque organa gaudent, In numerum doctos mille ciere sonos. Quae malora putas miracula? Claudere ventos, Reddere an armonicos edocuisse sonos? Il piano dell’opera prevede tre capricci, tre ricercari, tre sonate, quattro toccate, un madrigale intavolato (Ancidetemi pur di Arcadelt), partite sopra la Romanesca, tre gagliarde, otto correnti, tre balli, un’aria con partite ed, infine, una Toccata de Passagagli. Viene prevalentemente impiegato il sistema in partitura a quattro pentagrammi che già da tempo non era più in uso presso i compositori dell’Italia meridionale; si trovano anche pezzi in partitura a tre e due pentagrammi. Capriccio primo con partite sopra ut re mi fa sol la del 12. tono naturale. E’ un pezzo molto lungo, ben 311 battute, ripartite in nove sezioni. Abbiamo già sottolineato nel capitolo dedicato a Giovan Battista Fasolo482 che pezzi che impiegano il tema dell’esacordo ascendente assumono il carattere programmatico dell’esplorazione di ogni recesso della tecnica compositiva ed esecutiva e, per tale motivo, vengono collocati all’inizio delle raccolte; abbiamo altresì notato che in Fasolo questa esigenza non è avvertita ma in Strozzi la collocazione d’apertura è rispettata. Il linguaggio musicale impiegato da Strozzi è dotto ed elevato; il modo prescelto, il dodicesimo, è rispettato ma la prima casella presenta l’esacordo in semibrevi trasportato di una quinta (sol, la, si, do, re, mi); in realtà, per tutto il brano, ad eccezione della seconda sezione, la prima entrata tematica dell’esacordo sarà sempre nel tono naturale. 482 Cfr Cap. 4.2 180 Le sezioni quinta e nona terminano con una figurazione caratteristica di Strozzi: l’accordo finale presenta la parte del basso con due note che compiono un salto di ottava discendente, la prima delle quali è in unisono col tenore. Capriccio secondo del settimo tono naturale Il secondo capriccio, lungo 100 battute, è decisamente più breve del primo ma non rinuncia allo stile dotto ed elevato del primo. La prima sezione, in tempo C, presenta un tema che inizia con un salto di quinta ascendente e chiude con due salti di quarta ascendente; il controsoggetto è in crome; tutta la prima sezione è in contrappunto rigoroso. La seconda sezione, in tempo C, ha il soggetto brillante derivato dalla prima sezione; nelle ultime battute, tre delle quattro voci indulgono in lunghe note tenute mentre soltanto in un voce è presente la figurazione in semicrome. La terza sezione, in tempo C• 3/2, riprende le sette note del soggetto iniziale adattate, però, al nuovo metro; le tre battute conclusive in tempo C conducono all’accordo finale con brevi figurazioni toccatistiche in semicrome per moto contrario. Tutte le sezioni del capriccio concludono col caratteristico salto discendente del basso. Capriccio terzo del decimo tono trasportato Il terzo capriccio, lungo 119 battute, mantiene il livello stilistico dei primi due. 181 La prima sezione, in tempo C, ha il soggetto acefalo con quattro semiminime e sei crome costruito con intervalli congiunti inframezzati da qualche salto di terza e di quarta; la sezione è in contrappunto rigoroso. La seconda sezione, in tempo C, ha il soggetto ottenuto dall’aggravamento del primo con un controggetto in crome e mantiene complessivamente lo stesso carattere della prima sezione. Questa sezione conclude col caratteristico salto discendente del basso. La terza sezione, in tempo C• 3/2, riprende il tema iniziale adattato al nuovo metro; le ultime battute (da 112 a 117) sono in stile di toccata; nella penultima battuta (118) vi è il salto di ottava al basso stavolta, però, ascendente. La stampa del 1687 contiene tre ricercate, tutte a quattro voci e in tempo imperfetto mediato; Strozzi non manifesta interesse all’esposizione sistematica in tutti i toni e, scegliendo per la terza ricercata il nono tono naturale, mostra di accogliere la teoria espressa da Glareano nel Dodekachordon (1547), conformemente con quanto fatto da Trabaci e non condiviso da Salvatore483. Tutte le ricercate di Strozzi hanno l’indicazione del tono e del numero di soggetti e sono assimilabili per stile e scrittura ai ricercari di Mayone, Trabaci e Salvatore. Ricercata prima del primo tono naturale con quattro soggetti Il primo soggetto appare nell’esposizione al Canto, al Basso, al Tenore ed all’Alto; il secondo soggetto appare solo al Canto e al Basso; il terzo soggetto appare al Tenore, all’Alto ed al Canto; il quarto soggetto appare al Canto, al Tenore, al Basso ed all’Alto. Il primo soggetto appare soltanto un’altra volta completo ed altre due volte modificato; il secondo soggetto appare altre 17 volte di cui 2 in diminuzione; il terzo soggetto appare altre 13 volte ma l’incipit in semiminime viene abbondantemente impiegato in progressioni; il quarto soggetto appare altre 14 volte di cui una in inversione. Ricercata Seconda del secondo tono trasportato con tre soggetti Il primo soggetto appare al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto ; il secondo soggetto appare al Tenore, al Basso, al Canto ed all’Alto; il terzo soggetto appare alla battuta 19 al Tenore, al Basso, all’Alto ed al Canto. Il primo soggetto appare nel ricercare altre 9 volte, il secondo soggetto appare altre 12 volte ed il terzo soggetto appare altre 14 volte di cui 4 in diminuzione. Alle caselle 168/171 appare il quarto soggetto della prima ricercata in imitazione canonica tra Alto e Tenore: è un fenomeno che non ha riscontri in altre pubblicazioni di maestri napoletani. Conclude la ricercata un pedale di Dominante al Tenore. Ricercata terza del nono tono naturale con due soggetti Il primo soggetto appare al Canto, all’Alto, al Tenore ed al Basso; il secondo soggetto appare nella medesima successione. Il primo soggetto appare altre 12 ed il secondo soggetto appare altre 20 volte. Le tre sonate di Strozzi destarono già l’attenzione di Willy Apel484 in quanto costituiscono una testimonianza contemporanea al ben noto fatto che la sonata barocca si sviluppò dalla canzone. A differenza dei più antichi brani per tastiera contrassegnati come Sonata (Banchieri, Del Buono), quelli di Strozzi non appartengono alla storia della sonata solo 483 484 Vedi cap. 5.1 Apel 1972, 1002-1006. 182 nominalmente, ma anche di fatto. Ciascuna Sonata consta di tre movimenti collegati tematicamente l’uno all’altro, di cui quello centrale è in ritmo ternario485. Anche le canzoni di Salvatore486 hanno una struttura formale di transizione dalla canzona alla sonata: tre delle quattro canzoni, infatti, hanno una sezione centrale in ritmo ternario due di esse presentano una ripresa del primo tema. Gregorio Strozzi, a differenza di Salvatore, usa l’appellativo di Sonata per questo genere di composizione detta da altri impropriamente Canzona Francese. Nei capricci e ricercate iniziali, Strozzi non impiega mai segni di ornamentazione i quali fanno la loro comparsa proprio con le sonate per poi essere impiegati in tutti gli altri pezzi della pubblicazione. The only stenographic ornamentation used is that denoted by tr. They often seem haphazardly placed. Close examination reveals that the ornaments are not precisely fixed in meaning and may vary according to context. For instance, the beginning and/or ending of a trill may be written out in ordinary notes; the main part of the trill is represented by a longer note or by repeated notes. The sign tr. may appear at any point in the entire partially notated ornament. Several repeated notes seem invariably to require the insertion of the upper diatonic tone after each. The proper interpretation is usually clear from the context if it is understood that tr. Often calls for the elaboration of a whole passage rather than a single note487. Si tratterebbe, così, di un simbolo stenografico indicante il trillo misurato. If I am correct in assuming that the repeated notes denote a trill with the upper auxiliary, then this is an effective, if clumsy, device for notating a measured trill. Each note maintains its written rhythmic placement; thus repeated eighth-notes denote a slower trill than repeated sixteenths. Such a system would enable the composer to show exactly where a trill is to be ended, as in Ex. 4. Dr Apel has commented on this question, suggesting an instrumental counterpart for the old vocal trillo of the Camerata. This explanation, however, would not cover those instances where a beginning and ending of a trill is given. Thus I think my solution has broader application and leads to more satisfactory results.488 Il simbolo tr sulle note ribattute potrebbe essere, quindi, la controparte tastieristica del trillo vocale realizzata attraverso un rapido dibattimento dello stesso tasto489 anche indicare un trillo più rapido di quello scritto per esteso. Questa tecnica esecutiva difficilmente può essere impiegata in un clavicembalo per evidenti limiti del meccanismo della leva del tasto; su un organo antico, viceversa, tale tecnica è più facilmente ottenibile e le turbolenze che si vengono a creare nei transitori d’attacco generano un suono molto simile al trillo vocale. Anche Gioanpietro Del Buono490 usa l’indicazione del trillo sulle note ribattute e la sua esecuzione appropriata sembra essere proprio il trillo misurato; va sottolineato che le musiche di Del Buono sono chiaramente destinate al clavicembalo. Sonata prima per Cembali et Organo à modo Italiano con pensiero del secondo tono naturale all’ottava sopra, detta da altri impropriamente Canzona Francese. 485 Ibidem Cfr. Cap. 5.1 487 Hudson 1967a, xii. 488 Hudson 1967b, 215. 489 Tagliavini 1975, 356-8. 490 Cfr. Cap. 4.2., 121-122. 486 183 Strozzi è consapevole che la Canzona Francese ha mutato pelle, è diventata qualcos’altro; gli originali modelli vocali sono molto distanti dalla nuove esigenze espressive. Sopravvive in questa sonata il ritmo dattilico d’apertura ma senza note ribattute giacché le prime tre note del soggetto sono una triade minore arpeggiata. La prima sezione (batt. 1 – 21), in tempo C, impiega lo stile imitato in tutte le voci con frequenti incroci delle parti che ne rendono particolarmente difficoltosa l’esecuzione alla tastiera. La seconda sezione (batt. 22 – 48), in tempo C• 3/2, presenta il soggetto adeguato al nuovo metro; Strozzi impiega la scrittura in note bianche con inserzione di note nere per segnalare le emiolie. La terza sezione (batt. 72 – 107) presenta le prime otto caselle in stile omofonico con abbondanza di trilli; Strozzi scrive l’indicazione Piano riferendosi, forse, più all’andamento che all’intensità sonora. La cadenza sulla dominante alla battuta 80 prepara il ritorno al tactus iniziale col soggetto riproposto in aumentazione; è compito del controsoggetto in crome e semicrome, presentato contemporaneamente alla prima entrata del soggetto, mantenere il carattere spigliato della composizione fino alla fine. Un pedale di dominante di quattro battute prepara l’accordo finale. Sonata seconda del settimo tono naturale La seconda sonata è più chiaramente quadripartita. La prima sezione (batt. 1 – 20), in tempo C, impiega lo stile imitato in tutte le voci, non indulge troppo in incroci di parti le quali sono, invece, spesso in posizione molto lata. La seconda sezione (batt. 21 – 35), in tempo C• 3/2, ha il tema derivato dalla prima sezione, è tutta in note bianche e procede con strette imitazioni del tema alle quattro voci. La terza sezione (batt. 36 – 56), in tempo C, invoglia l’esecutore ad una interpretazione ritmicamente molto libera. E’una sezione omofonica con fioriture che si alternano tra le varie voci, è evidente il richiamo alla tecnica dell’ornamentazione vocale ed abbondano i trilli e i tremoli. La quarta sezione (batt. 57 – 69), in tempo C, ritorna allo stile della prima sezione; come nella prima sonata, il controsoggetto è presentato contemporaneamente alla prima entrata del soggetto derivato, a sua volta, dal soggetto della prima sezione. Sonata terza con pensiero dell’undecimo tono trasportato, all’ottava sotto La terza sonata ha la medesima struttura della seconda La prima sezione (batt. 1 – 21), in tempo C, è caratterizzata dal tipico incipit da canzone ed impiega lo stile imitato in tutte le voci; si riscontrano frequenti incroci di parti. Le fioriture della battuta 31 sono molto ardite armonicamente, in particolare l’urto tra il La# del Basso e il La naturale dell’Alto; il segno tr. va interpretato in relazione alle risoluzioni scritte per esteso dallo stesso autore ma il compito non è semplice poiché il segno appare in punti diversi dei vari ornamenti. La seconda sezione (batt. 22 – 34), in tempo C• 3/2, ha il tema derivato dalla prima sezione, è in note bianche. Alla battuta 55 vi è una innaturale posizione del segno tr. giustificabile, forse, da problemi di spazio nella stampa. La terza sezione (batt. 35 – 50) ha l’indicazione di Largo à battuta: le battute 35 – 45, in tempo ) 3/2 , sono in stile accordale con qualche indicazione di trillo; le caselle 46 – 50, in tempo C, hanno figurazioni di tipo toccatistico. La quarta sezione (batt. 51 – 83), in tempo C, ritorna allo stile della prima sezione col medesimo soggetto presentato in inversione; anche qui il controsoggetto in crome è presentato contemporaneamente alla prima entrata del soggetto. 184 Toccata prima per Cembali, & Organi, con pedarole, e senza. Il titolo della toccata richiama alla mente le toccate quinta e sesta di Frescobaldi, pubblicate nel 1637491,"Sopra i pedali per l’organo, e senza"; è il secondo esempio di uso esplicito del pedale in area napoletana, dopo la Toccata n.°3 del manoscritto Cimino492. Strozzi scrive le note del pedale sotto forma di Brevi nel rigo inferiore oppure con brevi frasi: quest’ultime, solo tre in totale, si trovano alle battute 51, 71 e 78: si tocchi b mi gravissimo si tocchi de sol re gravissimo si tocchi e la mi gravissimo Nel caso del de sol re (secondo rigo in chiave di baritono, corrispondente al Re 2) e dell’ e la mi (secondo spazio in chiave di baritono, corrispondente al Mi 2), l’indicazione significa che l’organista deve suonare col pedale la nota un’ottava sotto (Re 1 e Mi 1) mentre il b mi (primo rigo in chiave di baritono, corrispondente al Si 1) può essere suonato un’ottava sotto solo su un organo fornito di tastiera con controttava. La discrezionalità dell’impiego delle note al pedale è, comunque, ben specificata dall’autore nel titolo (con pedarole, e senza) e nella destinazione cembalistica oltre che organistica del brano. La toccata ripropone tutti i problemi interpretativi degli abbellimenti già incontrati nelle sonate. Il pezzo è in sezione unica con cambiamenti di tempo: C all’inizio, C 6/4 alla battuta 39, nuovamente C alla battuta 51. Strozzi ha riunito in questa toccata tutte le figurazioni impiegate da Mayone, Trabaci, Salvatore e Frescobaldi. Toccata seconda - Toccata terza Le due toccate sono in stile omofonico con fioriture che si alternano nelle varie voci; Strozzi evita con cura di fiorire due voci contemporaneamente. Già Giovanni Salvatore nelle sue toccate493 aveva impiegato un linguaggio più morbido rispetto a Mayone e Trabaci collegando i vari movimenti in maniera più progressiva e sfumata; Gregorio Strozzi, seguendo anche la lezione di Frescobaldi, impiega un linguaggio ancora più levigato. Nella stampa si incontrano spesso le indicazioni arpeggiando su passaggi accordali in valori larghi. Strozzi impiega volentieri figurazioni in ritmo lombardo accompagnandolo con diciture quali gruppeggiando (battuta 29 della Toccata seconda) ed accentando (battuta 65 della Toccata terza). Toccata quarta per l’elevazione Questa toccata, dall’evidente destinazione liturgica, non si differenzia stilisticamente dalle due toccate precedenti. Anche qui troviamo indicazioni di arpeggio sull’accordo iniziale ed all’inizio di un passaggio a valori larghi (batt. 14) e l’indicazione accentando (batt. 12 e 32) in corrispondenza di ritmo lombardo. Un lungo pedale di dominante conduce all’accordo finale che presenta il salto discendente del basso già incontrato nei capricci. Ancidetemi dell’Arcadelt, diminuito nel suo proprio tono Gregorio Strozzi è l’ultimo compositore napoletano a cimentarsi nell’elaborazione del madrigale Ancidetemi pur di Arcadelt. Ai lavori di Mayone (1603) e Trabaci (1615), si era aggiunto nel 1627 il madrigale d’Archadelt passagiato di Girolamo Frescobaldi494: piuttosto che di imitazione o d’influenza dei compositori napoletani su Frescobaldi, 491 Frescobaldi 1937. Vedi cap. 5.2. 493 Vedi cap. 5.1. 494 Frescobaldi 1637. 492 185 sarebbe più corretto parlare di una vera e propria sfida495, cimento a cui non volle sottrarsi Strozzi. Probabilmente la sua versione risale a parecchi anni prima della pubblicazione. L’elaborazione di Strozzi ripropone tutti gli artifici retorici usati dai suoi predecessori ma ne amplia ed estremizza l’idioma. Romanesca con Partite, Tenori e Ritorn.[elli] La Romanesca con Partite, Tenori e Ritornelli è una composizione molto ampia e complessa. Anche in questo caso Strozzi si dimostra l’ultimo depositario di una tradizione alimentata da Antonio Valente, Francesco Lambardo, Ascanio Mayone, Giovanni Maria Trabaci, Bernardo Storace e, uscendo dall’area meridionale, Girolamo Frescobaldi. La Romanesca Strozzi è così strutturata: 1. Prima parte con Ritornello496, Tempo C. 2. Parte seconda, tempo C. 3. Parte terza, tempo C. 4. Tenore, tempo C. 5. Parte quarta con Ritornello, tempo C. 6. Parte quinta, tempo C. 7. Tenore secondo 8. Parte sesta 9. Parte settima con Ritornello, tempo C. 10. Parte ottava, tempo C. 11. Parte nona, tempo C. 12. Parte decima, tempo C 12/8. 13. Tenor terzo, tempo C. 14. Parte undecima per Arpa, Viola, ecc., tempo C 12/8. 15. Parte duodecima per Arpa, tempo C. 16. Parte decimaterza, tempo C 6/4. 17. Tenor quarto, tempo C. 18. Parte decimaquarta, tempo C. 19. Parte decimaquinta con 18 Ritornelli nel binario Il termine Ritornello indica la ripetizione della seconda cadenza del basso fondamentale della Romanesca497; anche i 18 Ritornelli nel binario sono composti sopra la seconda cadenza. Strozzi è l’unico compositore ad esplicitare per iscritto il Ritornello: Mayone, Frescobaldi e Storace nelle loro Partite sopra la Romanesca ripetono la seconda cadenza del basso senza alcuna indicazione specifica. Il termine Tenore è posto in corrispondenza delle parti omofoniche, spesso arricchito da consonanze stravaganti. Strozzi impiega tutti gli artifici retorici impiegati dai suoi predecessori estremizzandoli; affascinano, però, le cadenze d’inganno che spesso modificano l’armonia del basso fondamentale, specialmente nei Tenori e nella Parte decimaquinta con i 18 Ritornelli nel binario. La Gagliarda prima è caratterizzata dall’abbondanza di emiolie, la Gagliarda seconda ha la prima sezione in tempo C• 3/2 e la seconda in tempo C, la Gagliarda terza, e per concerto de viole è la più elaborata: la prima sezione è in tempo C, la seconda in tempo ) 3/2, la terza in tempo C con valori larghi e l’ indicazione di piano, 495 Hammond 2002, 253. Viene impiegato il corsivo per tutte le indicazioni presenti nell’originale. 497 Cfr. le note 41 e 42 del Cap. 1.2. 496 186 la quarta, sempre in tempo C, è introdotta dall’indicazione di stretto e procede a valori più rapidi. Le otto Correnti, tutte in tempo ternario, sono stampate in due modi differenti. In coda alle prime tre, stampate in partitura con quattro pentagrammi, Strozzi scrive: In queste Gagliarde, e Correnti descritte à quattro parti fuor de l’uso delle Intavolature, il sonatore potrà accomodare le mani alle positioni comuni, che con osservar per lo più le parti del Basso, e del Soprano, s’haverà à sufficienza l’aria, che si desidera. Le altre cinque correnti sono stampate sotto forma di monodia con basso in due pentagrammi; il pentagramma superiore è sempre in chiave di violino, quello inferiore in chiave di basso, baritono o tenore. Strozzi scrive che li numeri sotto, e sopra frapposti nelle riga, denotano le corde da supplir le consonanze. I numeri sopra il rigo inferiore si interpretano come un nomale basso continuo, i numeri sul rigo superiore vanno interpretati in relazione alle note di quel rigo contando gli intervalli dall’alto verso il basso. Esempio: Fa Fa 4 3 = Do La Dopo la Corrente quinta e la Corrente sesta vi sono rispettivamente il Balletto primo ed il Balletto secondo: i balletti, in tempo binario, sono pure stampati in due pentagrammi. La Corrente settima, e per Organetti498, ò Flauti è l’unica recante la destinazione strumentale. Mascara sonata, e ballata da più Cavalieri Napoletani nel Regio Palazzo. La Mascara era un tipo di spettacolo molto apprezzato nella corte napoletana in cui si esibivano attori, cantori, musicisti e danzatori499. Il pezzo, scritto in partitura con tre pentagrammi, è diviso in cinque parti più un ritornello; ciascuna parte può essere arricchita con improvvisazioni. - La prima battuta è separata da tutte le altre e presenta un tema che cadenza in Do. - La seconda battuta ha l’indicazione di prima parte e ripete lo stesso tema della battuta introduttiva; prosegue per un’altra battuta senza modulare. - La seconda parte occupa le battute 4-5 e cadenza in Re. - La terza parte occupa le battute 6-8 e cadenza in Fa. - La quarta parte occupa le battute 9-10 e cadenza in Sol. - La quinta parte occupa le battute 11-12 e cadenza in Do ripetendo la battuta iniziale. - I ritornelli iniziano alla battuta 14 e proseguono fino alla cadenza finale in Do; Strozzi ricorre al simbolo della mano per indicare il ritornello come nelle Gagliarde. - Sotto la prima e l’ultima battuta dei ritornelli c’è scritto rispettivamente: s’accompagni la I parte e s’accompagnino l’altre parti. Il brano può essere eseguito una volta da cima a fondo con la prima ripetizione del ritornello introdotta solo dalla prima parte e la seconda ripetizione dalle altre parti in successione; quest’ordine è compatibile con le modulazioni delle cinque parti. 498 Gli organetti erano organi piccoli costruiti su base 4’ che venivano impiegati con altri strumenti. Cfr. anche Agazzari 1607. 499 Cfr. D’Alessandro 1983, 160-164; Ciapparelli 1985, 379-392. 187 1. 2. 3. 4. Euphonia, Aria con partite. Il pezzo è così costituito: Esposizione dell’aria in stile prevalentemente accordale, tempo C. Parte prima con obbligo di semicrome500 in contrappunto di semicrome alternato nelle singole parti, tempo C. Parte seconda di consonanze in stile accordale; nella prima battuta della sezione vi è l’indicazione di piano, nelle battute successive c’è una continua alternanza di indicazioni di piano e forte. Parte terza di proporzione, in tempo C 3/2 e note bianche; nella prima battuta vi è l’indicazione di stretto. Toccata de Passacagli, e ciascheduno può sonarsi à solo. E’ evidente l’affinità terminologica tra la Toccata de Passacagli, e ciascheduno può sonarsi à solo e le Cento Partite sopra Passacagli di Girolamo Frescobaldi501. Strozzi struttura la toccata in 50 passacagli, tutti numerati, di quattro battute ciascuno, non vincolando l’esecutore all’esecuzione integrale; non si presentano, a differenza dei passacagli di Frescobaldi, problemi di aggiustamento ritmico poiché il pezzo di Strozzi è in tempo C• 3/2 senza cambi metrici. Strozzi evita la monotonia impiegando tante formule differenti di passacagli502. 500 Viene impiegato il corsivo per tutte le indicazioni presenti nell’originale Li Passacagli si potranno separatamente sonare, conforme à chi più piacerà con aggiustare il tempo il tempo dell’una è altra parte cossi delle Ciaccone. (Frescobaldi 1637). 502 Vedi volume II, tavola n.°4. 501 188 FONTI AGAZZARI, AGOSTINO 1607 Del sonare sopra ‘l basso con tutti li stromenti, Siena, Domenico Falcini. ANTICO, ANDREA 1517 Frottole intabulate da sonar organo, Roma, A. Antico. ARCADELT, JACOB 1539 Il primo libro di madrigali a quattro con nova giunta impressi, Venezia, Gardane. BANCHIERI, ADRIANO 1605 L’Organo suonarino, Venezia, Ricciardo Amadino. BERMUDO, JUAN 1555 Declaraciòn de istrumentos musicales, Osuna. CABEZON (DE), ANTONIO 1578 Obras de musica, Madrid (Ed. moderna a cura di HIGINIO ANGLES, Barcelona, Istituto espanol de musicologia, 1966) CALI’, GIOVAN BATTISTA 1605 Il Primo Libro di Ricercari a due voci, Amadino, Venezia CERONE, PIETRO 1613 El melopeo y maestro, Napoli, G. B. Gargano e L. Nucci (ed. anastatica, Bologna, Forni, 1969). CERRETO, SCIPIONE 1601 Della pratica musica vocale, et estrumentale, Napoli, G. Carlino (ed. anastatica, Bologna, Forni, 2003). 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