Abstract - Residenza Richelmy
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Abstract - Residenza Richelmy
UNIVERSITA’ TELEMATICA “e-Campus” Facoltà di PSICOLOGIA Corso Di Laurea in SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE L’ANZIANO: UN LIBRO DA SFOGLIARE, UNA STORIA DA RACCONTARE PERCORSO PSICOLOGICO RIABILITATIVO DELL’ANZIANO ISTITUZIONALIZZATO Relatore: Prof. FABRIZIO CAVANNA Tesi di Laurea di: PAOLA BORIO Matricola numero: 7189 Anno accademico: 2013/2014 INDICE Introduzione 1.L’INVECCHIAMENTO TRA NORMALITA’ E DEMENZA 1.1 - Invecchiamento cerebrale e deterioramento mentale 1.2 - Epidemiologia del disorientamento mentale 1.3 - Profili neurofisiologici nelle demenze senili 1.4 - Tipologie di demenza 1.5 - Diagnosi clinica delle demenze 1.6 - La demenza di Alzheimer 1.7 - La cura non farmacologica: le principali terapie 1.8 - La prevenzione 2.RESIDENZIALITA’ E CURA PER LA DEMENZA DI ALZHEIMER 2.1 - Preparare l’entrata nella struttura 2.2 - La riabilitazione degli anziani con deterioramento mentale 2.3 - L’assistenza psicologica nelle residenze per anziani 2.4 - Il Conversazionalismo di Lai 2.5 - L'ApproccioCapacitante® di Pietro Vigorelli 2.6 - Il Modello GENTLECARE 2.7 - La Palestra di Vita PdV 3.“MI METTO IN GIOCO” 3.1 - Tirocinio ed esperienza sul campo 3.2 - L’anziano che comunica: storie di vita 3.3 - Il thè con la psicologa 3.4 - Nucleo N.A.T. Conclusioni Bibliografia Ringraziamenti Abstract Questo elaborato ha preso vita dall’esperienza fatta nel corso del tirocinio effettuato durante il mio percorso di studi, presso una struttura residenziale per anziani in provincia di Torino. Mi sono trovata ad osservare e a fare conversazioni con anziani ai quali era stata diagnosticata una probabile demenza di Alzheimer, verso i quali, però, non era applicato uno specifico protocollo di riabilitazione fisico-cognitiva, proprio di questa patologia; gli operatori stessi non avevano avuto un’apposita preparazione e non erano a conoscenza di linee di guida mirate al raggiungimento di obiettivi volti all’aiuto di questi anziani. Il loro operato si limitava a “fare qualcosa” per stimolare la memoria, cercando di mantenerli in movimento per “distrarli” e di contenerli quando di agitano; vengono, perciò, lasciati in ambienti protetti, definiti “nuclei Alzheimer” cercando di aiutarli nelle ADL (activity daily living – attività della vita quotidiana). Da questa osservazione ho voluto e, soprattutto, cercato di sviscerare l’argomento, in maniera tale da capire meglio che cosa bisognasse fare o seguire per cercare di riabilitare o anche solo comunicare con questi pazienti “fragili”. La mia domanda è stata la seguente e proprio da questa domanda è partito il mio lavoro: “che cosa si può e si deve fare di concreto per questi anziani e per le loro famiglie?” “E’ cambiato qualcosa nel modo in cui noi psicologi ci dobbiamo porre nei confronti di queste persone che peggiorano di giorno in giorno?” L’elaborato parte da una panoramica sull’invecchiamento e sulle varie forme di demenza con le loro problematiche ed i loro deficit, per poi soffermarsi in modo più approfondito sulla demenza di Alzheimer; questa forma di demenza viene dapprima trattata a livello neurofisiologico e anatomopatologico, trattando il suo progressivo e distruttivo decorso ed elencando tutte le parti che di volta in volta vengono intaccate con le relative funzioni ad esse collegate e, quindi, inesorabilmente compromesse. La parte relativa alla terapia farmacologia conclude il discorso puramente “tecnico” legato a questa malattia. Molta importanza ho voluto dare alla parte relativa alla descrizione delle maggiori terapie non farmacologiche legate alla riabilitazione ed al trattamento dei pazienti colpiti da demenza di Alzheimer, in quanto penso che questo settore sia più attinente al percorso di studi fatto. Molte sono le strategie e le tecniche che sono state sviluppate per la riabilitazione cognitiva del paziente affetto da demenza e tra queste, abbiamo: terapia di ri-orientamento R.O.T. per la stimolazione spazio-temporale terapia della validazione per la verbalizzazione dei propri sentimenti e delle proprie emozioni la terapia della reminiscenza che vuole stimolare l’anziano a rievocare il proprio passato memory training per la stimolazione delle capacità mnestiche terapia della rimotivazione che ha lo scopo di risvegliare nel malato l’interesse per gli stimoli esterni la Pet therapy con piccoli animali la musicoterapia in quanto il linguaggio sonoro-musicale può rivelarsi un’utile risorsa espressiva e comunicativa l’arte-terapia durante la quale il paziente ha la possibilità di esternare il proprio mondo interiore attività di giardinaggio e orticoltura la Stanza Bianca o “Snoezelen® Room”, una tecnica di rilassamento multi sensoriale Nello specifico, oltre alle tecniche sopracitate, i tre approcci che, a mio parere, meglio si possono utilizzare con questi pazienti “fragili”, soprattutto se ricoverati in una struttura apposita, sono il conversazionalismo di Lai, l’approccio capacitante del Prof. Vigorelli ed il metodo Palestra di Vita ideato dal Prof. Piumetti; un’attenzione particolare è stata anche rivolta al metodo Gentlecare di Moira Jones, anche se lo trovo più difficilmente applicabile nelle nostre strutture in quanto il sistema sanitario attuale di conduzione di una R.S.A. si discosta ancora parecchio dalla gestione innovativa proposta dalla Dott.sa Jones. L’ingresso in una casa di riposo è, per ogni individuo una specie di trauma, un taglio netto con la vita di prima, uno sradicamento dalle proprie abitudini e dalla propria normalità per fare un salto nel buio, nell’ignoto, quasi un salto verso quell’ultima parte della vita che inesorabilmente conduce alla morte. Questi anziani “fragili” e spaesati, catapultati in “questa terra di nessuno” , continuano ad essere, oltre che dei pazienti o dei malati, delle persone, con i loro deficit, ma, indubbiamente, ancora in grado di provare sentimenti ed emozioni. Ed è proprio in questa particolare situazione, che può essere vissuta anche in maniera drammatica dall’anziano ed avere così serie ripercussioni sul suo stato di salute globale, che deve avere un ruolo fondamentale e determinante la figura dello psicologo, in quanto deve essere in grado di guidare l’ospite per far si che questo ritorni a maturare una speranza per il futuro, ritorni a dare un senso alla sua esistenza con ripercussioni, in questo caso, positive per la sua salute psico-fisica. Lo psicologo dovrebbe avere una funzione di appoggio per l’anziano ed essere così un importante stimolo alla vita, fungere da motivazione, da stimolo e da guida assistenziale, sia dal punto di vista fisico che sociale. L’anziano, soprattutto se “fragile”, non deve essere lasciato solo in quanto ha un costante bisogno di punti fermi affinché non debba mai sentirsi inadeguato, solo ed emarginato in mondo che non gli appartiene più. La vecchiaia non è una malattia, un qualcosa di infettivo da debellare a tutti i costi, ma fa parte del ciclo di vita dell’uomo considerato nella sua totalità, ed è proprio grazie alla saggezza tipica di questo periodo che l’anziano sarà in grado di godersi la vita nonostante le imperfezioni con le quali si trova quotidianamente a convivere; la vecchiaia è una normale tappa della vita in cui l’anziano deve continuare ad essere protagonista attivo della sua esistenza. CONCLUSIONI Ogni anziano, ogni ospite di una struttura è un caso a sé ed il primo obiettivo di chiunque lavori o entri in contatto con lui è cercare di recuperare la sua individualità e la sua autostima, riscoprendo potenzialità e capacità che sembravano essere scomparse con l’età ed il deterioramento psico-fisico. L’anziano non è una candela che deve lentamente spegnersi, anzi, un anziano ben integrato e vivo spiritualmente e psicologicamente, può portare ancora molto fuoco ad altre persone. (Cavanna F. Fine serie). E’ stata proprio l’esperienza vissuta nelle due R.S.A. che, oltre ad essersi rivelata per me molto positiva e completa, mi ha permesso di addentrarmi in questa realtà, per me nuova, anche se non sconosciuta; il percorso svolto ha fatto nascere in me la consapevolezza che all’interno di una struttura geriatrica, la figura dello psicologo non può essere intesa come quella classica da “manuale”, ma con gli ospiti, per lo più fragili o dementi, lo psicologo deve essere in grado di modificarsi, di adattarsi sempre ad ogni nuova situazione, diventando alle animatore o compagno di giochi, alle volte confidente dal quale l’anziano si aspetta di ricevere una carezza ed una parola di conforto, senza aver paura di perdere la propria professionalità; è proprio questo “sapersi mettere in gioco” la chiave giusta che permette di entrare in relazione con tutte le persone, sia con gli operatori stessi, ma soprattutto con gli anziani ospiti della struttura, in quanto viene meno quella diffidenza e quella paura che alle volte la figura dello psicologo può creare….”mica sono matto io??”….. Il ruolo dello psicologo all’interno di una struttura geriatrica, come il ruolo di qualsiasi altro operatore, è fondamentale se, e solo se, viene svolto in stretta collaborazione e sinergia con le altre figure che operano all’interno della struttura stessa, per tanto sono indispensabili e fondamentali il dialogo, lo scambio di opinioni ed il colloquio con tutti quelli che quotidianamente interagiscono con gli ospiti; non è sufficiente la compilazione dei PAI o la lettura delle consegne, ma O.S.S., fisioterapisti, infermieri, dottori ed animatori dovrebbero avere un contatto costante, contatto che deve tassativamente avere, come fine ultimo, il bene dell’ospite stesso. In oltre, qualsiasi attività svolta all’interno della struttura non deve essere svolta solo con gli anziani autosufficienti, in quanto molto più facili da gestire, ma deve essere rivolta ad ogni ospite, coinvolgendolo e rendendolo partecipe; forse l’esito del nostro gioco o del nostro lavoro non sarà “perfetto”, ma il nostro fine deve essere quello di stimolare le capacità residue del singolo, per far si che non vadano perse, in quanto sono proprie queste capacità che possono ancora assicurare e garantire alla persona una propria dignità. Inoltre, al di là del rispetto dovuto, fare sentire un anziano meno “invisibile”, coinvolgendolo attivamente in un’attività semplice, o regalandogli anche solo un sorriso e due parole significa concedergli un regalo immenso, che a noi costa ben poco. Dovrebbe essere un’abitudine comune fare visita a chi è ricoverato in ospedali ed ospizi, anche solo per portare un po’ di compagnia; è un esperienza che arricchisce sia il paziente che il visitatore! Dovremmo imparare ad esprimere il nostro affetto ai nostri anziani anche quando la mentalità retrograda o le cose ripetute mille volte li rendono insopportabili. Un giorno potremmo rimpiangere di non aver detto loro “ti voglio bene” una volta in più. BIBLIOGRAFIA: Ass. “Il Laboratorio” (2003) Palestra di vita Animazione psicologica nelle residenze per anziani. Savigliano (CN): L’Artistica Editrice Busato V., Bordin A. (2009) Guida pratica per la stimolazione cognitiva, affettiva, relazionale delle persone anziane istituzionalizzate. Padova: Cleup Cavanna F. (2002) Fine Serie Riflessioni sulla terza e quarta età. La Spezia: Archetipi Jones M. (1999) Gentlecare Un modello positivo di assistenza per l’Alzheimer (L. Bartorelli, Trad.). Roma: Carocci Faber Passafiume D., Di Giacomo D. (2006) La demenza di Alzheimer Guida all’intervento di stimolazione cognitiva e comportamentale. Milano: FrancoAngeli Piumetti P. (2014) Vivere è un’arte Manuale di psicologia dell’invecchiamento. Cantalupa (TO): Effatà Editrice Quaia L. (2006) Alzheimer e riabilitazione cognitiva Esercizi, attività e progetti per stimolare la memoria. Roma: Carocci Faber Vigorelli P. (a cura di) (2004) La conversazione possibile con il malato di Alzheimer. Milano: FrancoAngeli Vigorelli P. (2008) Alzheimer senza paura Manuale di aiuto per i familiari: perché parlare, come parlare. Milano: RCS Libri Vigorelli P. (2011) L’approccio capacitante Come prendersi cura degli anziani fragili e delle persone malate di Alzheimer. Milano: FrancoAngeli Vigorelli P. (2012) Aria nuova nelle case per anziani Progetti capacitanti. Milano: FrancoAngeli Zanon A., Gentile A. (2011) La comunicazione con il paziente istituzionalizzato Un’indagine. Milano: FrancoAngeli http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2012/32/attach/dgr_ 04248_070_30072012.pdf