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1. PSICOLOGIA DELLE ORGANIZZAZIONI: SVILUPPO DELLA
DISCIPLINA
La psicologia così come la sociologia, l'economia, le scienze giuridiche e quelle politecniche, studia l'universo delle
organizzazioni. in modo particolare la psicologia si limita alla trasmissione di principi teorici e normativi.
storicamente la psicologia delle organizzazioni ha una duplice prospettiva:
1) indagine psicologica sull'attività di lavoro individuale o di gruppo
2) orientata alla comprensione del lavoro delle persone nelle nuove condizioni dell'industrializzazione moderna.
Nel 1951 in un convegno di psicologia di Firenze, la psicologia industriale venne ridefinita con il termine di
Psicologia del lavoro, il cui studio oltre a basarsi sulle performance e sulla fatica fisica nel posto di lavoro si basa
anche sulla fatica mentale. per primo Taylor ha affermato che la massima prosperità può esistere solo come
risultato della massima produttività degli uomini e delle macchine e ciò avviene quando vi è una motivazione e
realizzazione delle persone. successivamente molti autori hanno proposte teorie per descrivere i bisogni di stima, la
realizzazione dei singoli e la teoria che l'organizzazione può dare.
LO SCENARIO CONTEMPORANEO
In questo secolo stiamo vivendo un processo di cambiamento delle organizzazioni moderne dovuto a mutamenti
politici, economici e sociali. davanti ad un cambiamento accelerato e di sempre maggiore apertura dei mercati, e
quindi degli scambi culturali con il mondo orientale, noi occidentali abbiamo avuto difficoltà nell'interpretare i
parametri culturali e comportamentali della vita organizzativa. Un es. è l'assimilazione della tecnologia nella
quotidianità della vita organizzativa. nel mondo occidentale, nonostante sia presente più presente e ancora bloccata
dalla cultura delle generazioni dello scorso secolo, le quali preferiscono il faccia a faccia. a differenza del mondo
orientale dove vi è una maggiore assimilazione e disponibilità verso le tecnologie comunicative di rete. di
conseguenza non bisogna considerare i nostri modelli organizzativi come imprescindibili ed esaustivi nel momento
in cui si ha a che fare con questi mondi non occidentalizzati culturalmente. 3 sono gli aspetti che oggi minacciano le
organizzazioni che non sono in grado di adattarsi in modo efficace:
1) instabilità della domanda dei beni e dei servizi
2) generalizzazione globale e segmentazione dei mercati commerciali e comunicativi
3) necessità di una continua competitività di offerta di servizi
Gli unici fattori di successo nelle organizzazioni sono gli uomini con le loro qualità e motivazioni. Le organizzazioni
che non sanno rispondere alle condizioni di varianza con innovazioni di prodotto o con modifiche tecnologiche ai
processi iniziano a mostrare segni di decadenza e si ritroveranno fuori dalla competizione. per le aziende produttive
la sfida si concentra anche sul costo basso della manodopera dei Paesi in via di sviluppo, e che in più tendono a
sviluppare le loro competenze produttive che progressivamente gli permettono di spostarsi in segmenti di mercato
sempre più alti e quindi a competere con le aziende tradizionali, mantenendo i vantaggi per i costi di produzione.
l'adeguamento delle tecnologie di gestione dell'organizzazione di servizi è legato: all'elevarsi e all'estendersi della
domanda di benessere sociale in tutti i suoi aspetti.; incidenza sempre più rilevante dei costi nell'offrire prestazioni
adeguate e competitive. In questo rapido processo di trasformazione le organizzazioni italiane mostrano delle
difficoltà nell'adottare tecnologie adeguate. Lo sviluppo però rappresenta sia una opportunità che una minaccia per
le organizzazioni. Infatti nel mondo industriale quasi tutti gli attuali prodotti-servizi comportano effetti secondari
negativi sulla vita in quanto generano contaminazione.
2. CONOSCERE E ORGANIZZARE
DIVERSE ACCEZIONI DI ORGANIZZAZIONE
•
Denota uno stato di fatto
•
Fa riferimento a una sequenza di azioni, di attività che producono un certo risultato
•
Fa riferimento ad amministrazioni, aziende, imprese
Interesse della psicologia delle organizzazioni è la permanenza, regolarità e si usa il termine PROCESSO. Quindi
l’organizzazione come processo fatto da altri processi all’interno.
RAZIONALITà LIMITATA E STRUTTURATA
Il PROCESSO è un corso d’azioni ordinato. Il MODELLO D COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO è sempre attraversato da
continuità e da cambiamento, da “permanenza” “innovazione”. Le componenti del modello che generano permanenza possono
essere analizzate. Dal punto di vista dei limiti della razionalità vi sono 3 momenti:
ROUTINE: racchiudono problemi già risolti e il ricorso ad esse permette di semplificare l’analisi strategica e di rendere
l’esecuzione più rapida
GERARCHIA: gli obiettivi generali e non operativi vengono trasformati in obiettivi operativi, cioè sono tali per cui esistono criteri
per determinare in che misure particolari, attività o programmi, contribuiscono al conseguimento degli obiettivi.
SCOMPOSIZIONE DEL COMPITO: è improntato nella specializzazione sociale delle competenze per cui i contabili si
occupano di costi e di ricavi; gli ingegneri di impianti e così via
Occorre tener presente che
•
i singoli attori non hanno normalmente coscienza d tutti gli assunti di regolarità e permanenza di un organizzazione che
permettono all’attore di regolarsi lungo il corso di azioni e generano obblighi per gli attori stessi.
•
Non tutto ciò che accade è conforme a tali assunti
Nello studio delle organizzazioni si è soliti distinguere diversi modelli “formali” che si sono evoluti nel tempo:
MODELLO FUNZIONALE: descrive un'unica grande azienda divisa per competenze, appunto le funzioni di amministrazione,
produzione
MODELLO DIVISIONALE: le attività delle grandi aziende sono prima separate per linea di prodotto e poi in funzioni
MODELLO A MATRICE: introduce un criterio di aggregazione orizzontale
La rete è un modello complesso dove il prodotto è ottenuto dalla comunicazione di diverse aziende, ognuna responsabile di
una parte del prodotto o di un segmento del processo.
CONTESTI E TEMPO
Il contesto designa non una particolare situazione, ma bensì una classe di situazioni (nella quale si può cambiare). Una teoria
che ammette che il comportamento possa cambiare (per es nel senso di apprendimento) ha bisogno della nozione di contesto.
EMOZIONI E COLLUSIONI
Trattando dei presupposti cognitivi dell'interazione umana, non si può trascurare il versante emotivo. La nozione di un contesto
lascia, per es un ampio margine per comprendere comportamenti esperti basati sull'intuizione, oppure approcci improntati alla
logica dell'adeguatezza piuttosto che della consequenzialità. Dall'altra parte l'assunto di razionalità procedurale dice che l'attore
tende a giustificare a propria condotta come se questa fosse orientata da decisioni intese a perseguire il miglior risultato
possibile, ma non tutti lo fanno allo stesso modo, ognuno però ha le sue emozioni. L'interazione umana è influenzata dalla
simbolizzazione affettiva: le circostanze della vita ci appaiono banalmente buone o cattive, anche per le emozioni che
sollecitano. L'assunto di razionalità procedurale, sostiene che malgrado le buone intenzioni, l'esito delle decisioni, delle scelte
delle prese di posizione e degli interventi non sia scontato. Inoltre tali istanze affondano le loro radici nelle emozioni
fondamentali del soggetto. Il contesto di interazione presene è vissuto all'interno di un schema. I schemi sono condivisi dai vari
attori coinvolti in quanto inducono ad assumere posizioni simili o complementari. Questo fenomeno può essere espresso sul
piano teorico in maniera diversa. In questo caso parliamo di COLLUSIONE che è il termine che fonda la costruzione delle
relazioni sociali, grazie alle emozioni condivise.
FATTI ISTITUZIONALI
La regolarità del processo comporta di imporre al percorso d'azione una struttura, per esempio una gerarchia tra i numerosi
attori coinvolti. I vari attori convengono sul rappresentare in un certo modo i rapporti interpersonali e sul comportarsi di
conseguenza. Searle muove dalla tesi secondo cui l'origine sempre da una deliberazione radicata in desideri, credenze e
intenzioni. Possiamo introdurre alcune distinzioni. La prima afferma che v sono azioni semplici e complesse che hanno una
struttura interna più o meno articolata. Le azioni complesse decorrono secondo 2 principali forme strutturali: la relazione
causale e la relazione costitutiva. Il contesto ordina l'esperienza, il fatto istituzionale esaurisce invece un insieme di attributi che
aiuta a descrivere un contesto, a identificare i caratteri condivisi. Il fatto istituzionale vincola le condotte pur senza ordinarle. I
fatti istituzionali possono prefigurare il futuro, possono creare obblighi per l'azione pur senza determinarla.
4. L'ORGANIZZAZIONE COME CULTURA
LE ORGANIZZAZIONI SONO CULTURE: LA METAFORA CULTURA
Le organizzazioni non sono fatte solo di strutture, di tecnologia, di norme,di procedure ma sono anche sistemi
culturali entro i quali si confrontano idee, progetti, emozioni, tensioni, conflitti. il termine "cultura" dell'organizzazione
è impiegato per designare:
- valori dominanti di un'organizzazione, le norme che si sviluppano nei gruppi di lavoro e nell'interazione tra i
membri dell'organizzazione
- i modelli di comportamento utilizzati con regolarità e frequenza come ad es. il linguaggio ed i rituali
comportamentali
- le regole del gioco per orientarsi e rimanere all'interno di un'organizzazione che i nuovi assunti devono apprendere
per essere accettati come nuovi membri
- l'atmosfera, il clima che l'organizzazione comunica attraverso l'aspetto e le modalità di interazione tra i membri
dell'organizzazione e i soggetti esterni.
Secondo Selznick la cultura assume un carattere, il quale insieme ai valori crea l'identità dell'organizzazione, ovvero
la percezione che l'organizzazione ha di se stessa. Il carattere di un'impresa, per Selznick, ha 4 caratteristiche:
1) è UN PRODOTTO STORICO ovvero deriva dalle risposte degli agenti esterni che l'organizzazione ha incontrato
nel corso della sua evoluzione
2) è UN TUTTO INTEGRATO
3) è FUNZIONALE AL SODDISFACIMENTO DEI BISOGNI ORGANIZZATIVI
4) è DINAMICO in quanto può generare
Linda Smircich ha distinto 3 modi diversi da intendere la cultura:
1) VARIABILE INDIPENDENTE: esterna all'organizzazione in quanto norme e valori sono costruiti dal contesto
istituzionale e vengono fatti propri dall'organizzazione attraverso processi di isomorfismo istituzionale.
2) VARIABILE DIPENDENTE
3) METAFORA DI BASE
CULTURA E CULTURE ORGANIZZATIVE
La cultura organizzativa è quell'insieme di significati che racchiudono assunti, valori e credenze che un gruppo ha
inventato e scoperto, imparando ad affrontare situazioni problematiche di adattamento all'ambiente esterno e di
integrazione interna. una cultura ha la funzione di generare modelli:
COGNITIVI: che permettono la categorizzazione e l'interpretazione di ciò che accade in un'organizzazione
EMOTIVI e AFFETTIVI: che permettono all'individuo di sviluppare un senso di appartenenza.
Inoltre la cultura aiuta a capire chi è dentro o fuori, chi sono gli amici o i nemici, cioè permette di fare differenza tra
gli individui. Alcuni ricercatori sostengono che all'interno della stessa organizzazione possano convivere più culture,
per es. in forma di sottoculture che si vengono a creare soprattutto quando si lavora a stretto contatto. La Martin,
che è tra gli studiosi che interpretano la cultura in modo "multiprospettico" (non unitario o monolitico), ha identificato
3 paradigmi interpretativi con i quali a letto una stessa organizzazione.
1) PROSPETTIVA DELL'INTEGRAZIONE cultura come insieme di valori comuni che creano armonia, assenza di
conflitti
2) PROSPETTIVA DIFFENZIAZIONE: mancanza di consenso, creazione di sottoculture
3) PROSPETTIVA DELLA FRAMMENTAZIONE viene messa in dubbio l'esistenza della cultura, concentrandosi
sugli aspetti di ambiguità, incoerenza e disordine che caratterizzano la vota organizzativa
SIMBOLISMO INTERPRETATIVO, COSTRUTTIVISMO E IMPLICAZIONI PER LO STUDIO DELLE
ORGANIZZAZIONI
L'affermazione di Geertz in cui sostiene che l'uomo è un animale sospeso (intrappolato) in una rete di significati,
ovvero in una cultura, che egli stesso ha costruito e inventato il più delle volte in maniera consapevole assume una
visione COSTRUTTIVISTA della realtà, secondo la quale l'ordine sociale deriva da processi di negoziazione che
derivano dalla condivisione di esperienze collettive. i costruttivisti ritengono che la realtà (organizzazione) sia
oggettivata ossia socialmente costruita in modo tale da sembrare oggettiva, cosicché essa non è reale in sè ma lo è
nelle sue conseguenze. Gli studiosi interessati all'analisi delle culture organizzative realizzano ETNOGRAFIE che
interpretano i significati attribuiti dagli attori alla loro vita organizzata e lo fanno osservando, descrivendo e
interpretando processi organizzativi. Secondo la prospettiva costruttivista le organizzazioni non esistono ma sono
un artefatto sociale rese vive dal linguaggio, dai riti, dalle tecnologie impiegate. Più che di organizzazione, quindi,
bisognerebbe parlare e teorizzare di attività o processi organizzativi.
LA CULTURA ORGANIZZATIVA: CATEGORIE ANALITICHE E FORME ESPRESSIVE
I contenuti della cultura organizzativa si possono distinguere in varie categorie:
LOGOS: insieme di credenze che indicano le interpretazioni che i soggetti danno a quello che accade
ETHOS: valori che corrispondono a giudizi di preferibilità, decidendo cos'è giusto e sbagliato
PATHOS: la conoscenza organizzativa avviene anche attraverso i sensi
AISTHESIS: ogni cultura definisce ciò che è bello e ciò che non lo è
GENUS: il campo simbolico organizzativo è sessuato, infatti ad es. le regole di comportamento professionale
possono essere diverse per uomini e donne (abbigliamento, tempi di lavoro)
POLIS: ovvero viene esplicitato chi sono i nemici/amici, alleati e non
METHODOS: cosa fare e non e come fare all'interno di un organizzazione
LINGUAGGIO: ha il potere di condizionare i processi di azione oltre che percettivi e di pensiero
MITI: consistono in narrazioni passati che giustificano i comportamenti presenti
STORIE e SAGHE: anedotti ed episodi che caratterizzano la quotidianità della vita organizzativa
RITI e CERIMONIE: i riti sono delle azioni che danno origine alle cerimonie
ARTEFATTI: prodotti concreti e palpabili della vita organizzativa (edifici, decorazioni interne, logistica e design degli
uffici)
CONCLUSIONI
L'APPROCCIO ESTETICO:
- mette in 1° piano sensazioni e sentimenti degli attori
- costringe il ricercatore a lasciare spazio a ciò che sente e prova in modo da comprendere meglio se stesso e ciò
che lo circonda
- vengono colti aspetti trascurati negli studi organizzativi
9. I CLIMI ORGGANIZZATIVI
IL COSTRUTTO DI CLIMA
Il clima organizzativo indica la percezione di un determinato ambiente da parte delle persone, in grado di
condizionare e influire sull’andamento dell’attività in quell’ambiente. Esistono 4 approcci ai climi organizzativi:
APPROCCIO STRUTTURALE: (il clima nasce della costituzione dell’organizzazione). Secondo questo approccio il
clima è una caratteristica dell’organizzazione, un suo attributo. È una caratteristica appartenente all’azienda ed
esiste indipendentemente dalle percezioni individuali dei membri. Secondo questo punto di vista le condizioni della
struttura organizzativa sono la chiave per capire gli atteggiamenti, i valori e le percezioni dei suoi membri. Secondo
FOREHAND e GLIMER il clima è un insieme di caratteristiche che descrivono un organizzazione, che la
distinguono dalle altre organizzazioni, sono durevoli nel tempo e influenzano il comportamento degli individui
all’interno dell’organizzazione. Secondo LITWIN e STRINGER i climi organizzativi variano in base ai diversi tipi di
leadership esercitati, avendo quindi differenti effetti sulle motivazioni, sulle performance e sulla soddisfazione dei
membri. Per loro il clima organizzativo è un insieme di aspettative e di incentivi. Secondo CAMPBELL e i suoi
collaboratori il clima organizzativo è un insieme di attributi di un organizzazione causati dal modo con cui
l’organizzazione si occupa dei suoi membri. Secondo loro il clima è costituito da 4 dimensioni: autonomia
individuale; struttura e posizioni; sistemi di ricompensa; grado di considerazione e di sostegno. Questo approccio è
stato criticato perché non spiega quei risultati di ricerche in cui emergono climi differenti all’interno di una stessa
organizzazione.
APPROCCIO PERCETTIVO: il clima nasce dall'individuo e dagli aspetti per lui significativi. L'approccio percettivo
crede che la realtà esista nella coscienza soggettiva degli individui. Sostiene che le persone reagiscono alle
situazioni non solo sulla base degli eventi oggettivi, ma anche e soprattutto su quegli aspetti che sono
psicologicamente significativi per loro. Seconda questa teoria, la persona percepisce il contesto organizzativo e se
ne crea una rappresentazione psicologica tramite dei processi, fra i quali la comunicazione, la leadership, il modo in
cui vengono prese le decisioni dell'azienda. Più che di clima organizzativo si dovrebbe parlare di CLIMA
PSICOLOGICO (James) che è definito come una “descrizione del contesto fondata su basi percettive ed
elaborazioni psicologiche” od anche come percezione basata sull'esperienza dei membri di un'organizzazione. Tra i
limiti di questo approccio vi è quello di limitare l'origine del clima all'interno del singolo individuo.
APPROCCIO INTERATTIVO: il clima nasce dagli scambi comunicativi fra i membri del gruppo. Questo approccio si
collega a 2 correnti.
1) Fenomenologia di Husserl: parla dell'intersoggettività alla base della quale ci è la conseguenza che gli altri
hanno esperienze simile alle nostre, quindi si costruisce il proprio self usando gli altri come modelli. Il clima,
è quindi, determinato da percezioni comuni che si evolvono nel corso del tempo e degli eventi.
2) Interazionismo simbolico di Mead: secondo Mead il sé di una persona si forma nel corso dell'interazione
sociale sulla base dei significati che li altri attribuiscono al soggetto. All'interno dell'approccio interazionista si
colloca la teoria strutturalista secondo cui il clima è una sorte di struttura prodotta e riprodotta nel corso
dell'interazione e della comunicazione. Il limite di questo approccio è il non spiegare come l'ambiente
influenzi l'interazione tra i membri
APRROCCIO CULTURALE: ci insegna che le persone interpretano e definiscono la realtà tramite la creazione di
una cultura organizzativa. La cultura organizzativa la possiamo definire come l’insieme degli assunti di base di un
gruppo che si sono rivelati validi per far fronte ai problemi di adattamento esterno e interno. La cultura, quindi, è un
insieme di significati condivisi da un gruppo, non si tratta di un processo mentale soggettivo ma di qualcosa che
nasce nel momento dell’interazione tra le persone. Per SCHEIN le organizzazioni sviluppano potenti culture che
guidano il pensiero e il comportamento dei loro dipendenti. Secondo SCHNEIDER gli aspetti che mettono in
relazione CLIMA e CULTURA sono: entrambi sono tentativi di identificare l’ambiente; sono appressi attraverso un
processo di socializzazione tra i membri di un gruppo. Le differenze sono: la cultura ha un alto livello di astrazione
mentre il clima è una manifestazione; il clima è mutevole mentre la cultura è stabile; il clima agisce a livello di
atteggiamenti e valori mentre la cultura opera a livello ideologico e filosofico. Le loro azioni si alternano: il CLIMA si
esprime attraverso gesti mentre la CULTURA si respira nell’aria, è qualcosa di non detto ma impliciti
nell’organizzazione.
SVILUPPI RECENTI :nell’ultimo decennio si è abbandonata l’idea di poter dividere un unico clima all’interno della
stessa organizzazione. Oggi si parla di CLIMA COLLETTIVO inteso come insieme delle percezioni soggettivi dei
differenti gruppi e delle differenti aree che costituiscono la geografia dell’organizzazione. Alcuni studiosi sostengono
che clima e soddisfazione siano in relazione. Si tratta di un rapporto , di una correlazione e non di causa-effetto
perché per clima organizzativo si intende una percezione del mondo esterno e quindi una percezione descrittiva.
Mentre per soddisfazione lavorativa si intende uno stato emotivo, la cui valutazione è piacevolmente emotiva. Il
clima organizzativo si concretizza nella descrizione delle pratiche e delle procedure organizzative ed è un fenomeno
che nasce dallo scambio e dall’interazione tra i membri.
RICERCHE-INTERVENTO E POLITICHE GESTIONALI
Le caratteristiche fondamentali della ricerca/intervento chiamate ACTION STRATEGIES sono 2: ogni intervento
deve essere utile al cliente; sono partecipatorie e condivise. L’action research è UNO STRUMENTO CAPACE DI
INTEGRARE LE MODALITà TORICO- METODOLOGICHE PROPRIE DELL’INDAGINE CON LA FORMAZIONE E
L’INTERVENTO. Gli elementi chiave sull'organizzazione possono ulteriormente essere chiariti e verificati attraverso
l’action research. Principio fondamentale dell’action research è la partecipazione democratica, il ciclo continuo di
analisi della situazione e riconcettualizzazione della stessa attraverso il miglioramento e il coinvolgimento. L’analisi
del clima per i membri dell’organizzazione è importante in quanto viene presieduta attenzione e importanza. Nel
momento in cui viene fatta un’analisi, nei membri dell’organizzazione sorgono delle aspettative che necessitano di
essere negoziate in modo da poter essere realistiche e condivise. In queste analisi, ruolo fondamentale è quello del
consulente, il quale deve possedere conoscenze teoriche, abilità operative e saper interpretare le informazioni
raccolte e dovrà garantire l’anonimato , ritorno delle informazioni e utilizzo dei risultati al fine di migliorare la qualità
della vita lavorativa. Deve facilitare il processo, condividere le problematiche e le chiavi di lettura che gli attori
organizzativi, suggeriscono senza colludere con le parti organizzative.
LE FASI DELL'ANALISI DEL CLIMA
Le precondizioni
Bisogna definire obiettivi realistici, commisurati alla realtà organizzativa, agli strumenti utilizzabili e alle risorse
disponibili. bisogna avere la consapevolezza degli effetti che possono derivare dalla realizzazione di ciascuna fase
del processo, in quanto vi possono essere aspetti positivi e possibili rischi.
ASPETTI POSITIVI: fornire informazioni dettagliate sulla realtà organizzativa in modo da poter impostare
programmi mirati. aiutare a razionalizzare i problemi evitando così di far sorgere tensioni nascoste. Preparare ad
affrontare meglio i cambiamenti. Può costituire un elemento di soddisfazione in quanto i membri si sentono
"soggetti" e non "oggetti" di attenzione da parte dei vertici dell'organizzazione.
POSSIBILI RISCHI: innescare tensioni latenti. Creare frustrazione e sfiducia verso l'organizzazione se le aspettative
di miglioramento attese non avverranno.
LA RICERCA AZIONE PER LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO
Definizioni:
La RICERCA AZIONE è un modo d'intervenire all'interno del contesto organizzativo.
La RICERCA AZIONE è un modo di conoscere nella relazione e attraverso la relazione: la conoscenza in relazione
si definisce all'interno della “comunità di ricerca”, grazie ai cicli di azione e riflessione nei momenti formali di lavoro e
in quelli informali. C'è il rischio che la Ricerca-azione diventi un compito imposto al quale non si ci è potuti sottrarre.
La RICERCA AZIONE è una filosofia, un modo di essere e di vivere che interpreta e vive la partecipazione come
testimonianza e come metodologia: la Ricerca-azione intende raggiungere importanti scopi organizzativi e sociali. È
importante non fare una ricerca sulle persone ma con, per e attraverso le persone.
La RICERCA AZIONE è un processo di cambiamento.
La RICERCA AZIONE è anche una metodologia di ricerca, prevalentemente ma non esclusivamente, qualitativa: è
un esercizio di azione riflessiva e di cooperazione. Essa si svolge in contesti caratterizzati da imprevedibilità, infatti
le interazioni sono precarie e non sempre si ottengono i risultati stabiliti. Lo sviluppo della ricerca è negoziato con i
soggetti organizzativi. È importante che venga costruito un setting che possa facilitare la nascita e la crescita di
rapporti costruttivi e produttivi.
Pratiche:
RICERCA AZIONE CLASSICA SPERIMENTALE DI LEWIN: lo scienziato sociale detta la direzione del
cambiamento auspicato e promuove il coinvolgimento di tutti gli attori. Maggiore sarà la partecipazione, maggiore
sarà il processo di implementazione del cambiamento desiderato.
ACTION SCENCE: si pone l'obiettivo di accedere induttivamente alla cultura di coloro che partecipano alla ricerca,
operando all'interno del loro contesto naturale; in modo da migliorare l'efficacia organizzativa e le relazioni
interpersonali (Ricercatore esperto).
PRATICHE DI RICERCA AZIONE PARTECIPATA: il ricercatore si allontana dal ruolo di esperto che osserva in
maniera distaccata e fa in modo di poter facilitare e sostenere un processo di autosviluppo e di
autoconsapevolezza. Lo scopo è di dar voce a tutti gli attori interessati all'oggetto di studio.
Tempistica:
Non esiste un momento ideale su quando debba essere svolta l'analisi. Essa deve essere svolta quando il
management ritiene che sia il momento più opportuno essendo consapevoli dei vantaggi e rischi che la ricercaintervento comporta. Infatti può avvenire in una fase di stabilità oppure durante un periodo di crisi dell'azienda.
La procedura:
Una procedura corretta non è basata sulla scelta di uno strumento anziché di un altro, ma nella corretta gestione
del processo.
Gli step operativi:
STEP 1 INDIVIDUAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO: creare un team formato da ricercatori/professionisti che
rimanga costante e presente durante tutto il tempo della realizzazione del progetto. Deve controllare la correttezza
delle fasi e tenere informati i vertici dell'organizzazione in modo da adottare decisioni di loro competenza.
STEP 2 DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI GENERALI: sarà negoziato il contenuto e saranno condivisi gli obiettivi
del progetto.
STEP 3 ANALISI PRELIMINARE DEL CONTESTO ORGANIZZATIVO: un'osservazione preliminare diretta della
realtà organizzativa per conoscere gli aspetti non descritti dai vertici. Quindi inserirsi nei reparti, uffici, avere colloqui
informali e interviste semi strutturale ad alcuni testimoni selezionati casualmente però in base ad alcune variabili
come tipo di lavoro, anzianità..
STEP 4 LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI: vengono definiti gli obiettivi realistici che potranno essere
conseguiti e le fasi operative di lavoro
STEP 5 SCELTA DELLA POPOLAZIONE: si deve decidere se coinvolgere una parte o tutta la popolazione
organizzativa
STEP 6 MESSA A PUNTO DELLA METODOLOGIA E SCELTA DEGLI STRUMENTI DI RILEVAZIONE: esistono e
tipi di approccio, che possono anche esser utilizzati congiuntamente
1) APPROCCIO QUANTITATIVO: è di carattere descrittivo, usa questionari strutturati, raccoglie informazioni
direttamente dai soggetti e dà la possibilità di quantificare percezioni e vissuti delle diverse componenti
organizzative
2) APPROCCIO QUALITATIVO: utilizza ciò che emerge dall'incontro e scambio tra ricercatori e intervistatori.
Esistono 2 tipologie di strumento: Taylor-made (strumenti costruiti su misura per quella determinata realtà
organizzativa, la quale è unica e irripetibile; Ready-made (forniscono informazioni utili e scientificamente
garantite per capire a reale situazione climatica di un'organizzazione)
Un esempio di Ready-made è il questionario multidimensionale il quale è molto semplice. Indaga diverse
dimensioni tra cui:
COMUNICAZIONE: disponibilità e chiarezza nella diffusione delle informazioni
AUTONOMIA: organizzazione del lavoro
JOB INVOLVEMENT: coinvolgimento nel lavoro e nell'organizzazione
INNOVATIVITÀ: incentivazione e propensione all'innovatività
È consigliato utilizzare un approccio ibrido in modo da utilizzare procedure e strumenti standardizzati che possono
garantire la scientificità del dato e la confrontabilità con parametri nazionali.
STEP 7 VERIFICA DELLA FUNZIONALITÀ DELLA PROCEDURA E DELLE TECNICHE: viene effettuata una
simulazione della procedura che si vuole adottare, in cui i partecipanti dovranno fornire riflessioni in merito alla
comprensione/chiarezza delle domande e all'adeguatezza/applicabilità della procedura di rilevazioni. In questo
modo si potrà capire se quel tipo di procedimento può essere adeguato a tutti.
STEP 8 RACCOLTA ESTENSIVA DEI DATI: in questa fase i dipendenti parteciperanno attivamente, fornendo
informazioni e interagendo, nei modi e nei tempi stabiliti, con il gruppo di ricerca.
STEP 9 ELABORAZIONI STATISTICHE: i dati dell'organizzazione verranno confrontati con quelli a livelli nazionale
e attraverso significative differenze statistiche si potranno individuare punti di forza e aspetti di criticità.
STEP 10 PRIMA LETTURA DEI RISULTATI E STESURA DEI REPORT PROVVISORIA: una prima lettura verrà
fatta all'interno del team, facendo una prima ipotesi. Successivamente verrà steso un report dettagliato che verrà
discusso con i responsabili dell'organizzazione.
STEP 11 INCONTRO CON I RESPONSABILI/COMMITTENTI: in cui potranno emergere delle linee di azione tese a
sanare situazioni critiche o comunque a modificare situazioni preesistenti che necessitano di interventi ad hoc.
STEP 12 RITORNO DELLE INFORMAZIONI AI PARTECIPANTI: che hanno un duplice motivo:
1) i dipendenti hanno il diritto e l'esigenza di conoscere la situazione globale presente all'interno della loro
organizzazione
2) in più si possono prefigurare nuove modalità di lettura delle informazioni
STEP 13: STESURA DEL REPORT FINALE: terrà conto di tutti i dati emersi. Verranno formulate ipotesi
interpretative e d'intervento per promuovere il cambiamento auspicato e a migliorare la qualità di tutti i lavoratori.
STEP 14 L'OSSERVATORIO PERMANENTE:i dati verranno raccolti nuovamente in modo da avere una visione
organica che consente di prendere decisioni ottimali di politica gestionale e organizzativa.
10. LA LEADERSHIP
In un certo senso si può dire che ci sono tante definizioni di leadership quante sono state le persone che hanno
provato a definirla. Bernard Bass ha raccolto alcuni di questi “tentativi” nel suo Handbook on leadership. La
leadership è: una dimensione della personalità; uno strumento per raggiungere i risultati; un esercizio di influenza;
una forma i persuasione; una relazione di potere. La leadership si differenza dal management:
LEADERSHIP
MANAGEMENT
Relazione di INFLUENZA tesa a realizzare significativi
cambiamenti
Crea strategie e guarda al futuro
Sostiene lo sviluppo dei collaboratori
Riduce confini gerarchici
Agisce come facilitatore
Attenzione ai collaboratori e motiva i collaboratori
Relazione di AUTORITÀ che ha lo scopo di produrre/
vendere, compiere e portare a termine
Pianifica e gestisce il budget
Dirige e controlla i collaboratori
Crea confini gerarchici
Agisce come capo
Attenzione agli oggetti
I PRIMI STUDI: LE TEORIE DEL “GRANDE UOMO”
Le prime ricerche, definite come approccio del “grande uomo” si sono concentrate su quei leader che hanno
raggiunto molta popolarità e che possiedono delle caratteristiche che li rendono “leader naturali”. Obiettivo degli
studi è di individuare ciò che differenzia un leader da un individuo privo di leadership. Sicuramente tra le
caratteristiche del leader vi sono: lealtà, socialità, iniziativa, autostima,persistenza, estroversione, dominanza.
L'APPROCCIO BASATO SUL COMPORTAMENTO
alcuni studiosi tra cui Lewin hanno approfondito l'influenza dello stile di leadership sul comportamento del gruppo,
sia in relazione al clima affettivo, sia per la realizzazione dei compiti. La ricerca di Lewin si basava su un gruppo di
bambini affidati ad un leader adulto al quale gli veniva chiesto di comportarsi come un leader AUTOCRATICO
(centralizzazione dell'autorità; gestisce il potere attraverso il controllo) e DEMOCRATICO (colui che delega l'autorità
agli altri; si affida alle competenze degli altri per portare a termine i compiti; il potere dipende dal rispetto e
dall'influenza dei collaboratori). Durante l'esperimento si visto che con entrambi i tip di leadership, la prestazione
del gruppo era buona. Però dove vi era la LEADERSHIP AUTOCRATICA sorgevano sentimenti negativi sia nei
confronti del leader sia tra i membri del gruppo. Dove invece vi era la LEADERSHIP DEMOCRATICA era presente
un'affettività positiva.
Esistono 2 principali stili di leadership:
1) centrata sul lavoro
2) centrata sulla persona
Dal lavoro dell'Università dell'Ohio sono emerse 2 dimensioni principali di leadership:
1) COMPORTAMENTO DI REALIZZAZIONE: i comportamenti sono finalizzati alla realizzazione del compito.
Solitamente vengono prese decisioni senza coinvolgere altri
2) COMPORTAMENTO DI SOSTEGNO: i comportamenti sono finalizzati al riconoscere i bisogni dei
collaboratori e allo sviluppo delle relazioni. Prendono decisioni insieme agli altri.
DAGLI STILI DI LEADERSHIP ALL'APPROCCIO SITUAZIONALE
Il modello di leadership di Tannenbaum e Schmidt individua in 2 poli opposti la LEADERSHIP CENTRATA SUL
CAPO e la LEADERSHIP CENTRATA SUI SUBORDINATI. Con la leadership centrata sui subordinati si riesce a
raggiungere il maggior numero di obiettivi come: elevare il livelli di motivazione dei collaboratori, migliorare la qualità
delle decisioni prese, sviluppare il lavoro di gruppo, sostenere la crescita dei collaboratori. Costoro, inoltre hanno
individuato 3 elementi che possono orientare la scelta dello stile:
MANAGER: ognuno ha un'idea sulla leadership appropriata
COLLABORATORI: possono variare nell'indipendenza, nell'assunzione di responsabilità
SITUAZIONE: in un dato contesto la cultura organizzativa può scegliere un tipo di leadership
Secondo il lavoro di Blake e Mouton esistono tipi di leader:
LEADER DEBOLE: si sforza quanto basta per mantenere la sua posizione
LEADER MANIPOLATORE: è interessato alla produzione e tratta le persone some strumenti
LEADER AMICHEVOLE: è più interessato ad avere un'atmosfera di lavoro amichevole più che alla produttività
LEADER MODERATO: è interessato sia alla produzione che alle persone
LEADER DELLA SQUADRA ha un elevato interesse per la produzione e per le persone. Si pone l'obiettivo di
ottenere la miglior prestazione possibile.
Lo studioso Fiedler distingue lo stile di leadership in 2 tendenze motivazionali
1) MOTIVAZIONE AL COMPITO: chi cerca di soddisfare il bisogno di realizzare gli obiettivi dati
2) MOTIVAZIONE ALLE RELAZIONI: chi cerca di soddisfare il bisogno di costruire e mantenere relazioni con
i collaboratori
Gli stili poi devono essere valutati in relazione alle caratteristiche della situazione:
RELAZIONE TRA LEADER E FOLLOWER (collaboratori): più positive sono le relazioni, più è facile per il leader
esercitare la sua influenza
STRUTTURA DEL COMPITO: compiti semplici da comprendere consentono al leader di esser maggiormente
influente
IL POTERE DI POSIZIONE: il leader ha maggiore influenza soprattutto quando il potere di posizione è alto.
Quando lo stile del leader non corrisponde a quello richiesti dalla situazione, il leader può tentare di modificare la
situazione agendo sulla struttura del compito o sul potere di posizione.
Il modello proposto da Hersey e Blanchard propone la variabile della maturità dei collaborati quando affrontano il
compito che gli è stato assegnato. Valutata la maturità dei collaboratori il leader può scegliere lo stile più adeguato
ponendo attenzione però sia la compito che alle relazioni:
PRESCRIVERE: con collaboratori di basso livello di maturità. Fornisce istruzioni dettagliate. La decisione finale
verrà presa solo dal leader
VENDERE: con collaboratori di medio-basso livello di maturità. Fornisce specifiche istruzioni e spiega perché
bisogna seguire quel compito. Il leader prende la decisione finale ma può consultarsi con i suoi collaboratori.
COINVOLGERE: con collaboratori di medio-alto livello di maturità. Concentrazione più sull'obiettivo che sulle
spiegazioni. La decisione coinvolge tutti.
DELEGARE: con collaboratori di alto livello di maturità. Vengono chiariti eventuali dubbi. I collaboratori prendono le
decisioni relative al compito.
Questo modello implica una dimensione di sviluppo perché quando i compiti sono complessi è meglio che il leader
sia disposto a Prescrivere e a Vendere. Successivamente quando la maturità dei collaboratori cresce il leader potrà
modificare il proprio stile.
IL MODELLO “PATH GOAL” E LA TEORIA “LEADER-MEMBER EXCHANGE”
Il principale autore del modello PATH-GOAL è House. Il modello cerca di individuare alcuni moderatori situazionali
della relazione tra LEADERSHIP ORINTATA AL COMPITO e LEADERSHIP ORIENTATA ALLA PERSONA, tenendo
in considerazione come il comportamento del leader possa influenzare la prestazione e la soddisfazione dei
collaboratori. Il leader è responsabile della soddisfazione e dei livelli motivazionali dei suoi collaboratori. Questo
modello si concentra su cime il leader influenza la percezione dei collaborati sugli obiettivi e su quale percorso
seguire per raggiungere gli obiettivi. I fattori situazionali dipendono dalle caratteristiche dei collaboratori e del
contesto (quest'ultimo inteso come struttura del compito, autorità formale del leader, gruppo di lavoro). Una volta
definita la situazione, il leader potrà scegliere quale stile adottare:
DIRETTIVO: quando i collaboratori hanno bisogno di essere seguiti. Quando il compito è complesso
SOSTEGNO: quando i collaboratori sono competenti ma hanno bisogno di un supporto da parte del leader. Quando
il
compito è semplice.
PARTECIPATIVO: quando i collaboratori vogliono essere coinvolti . Quando il compito è complesso. Il leader tende
a includere i collaboratori nel processo di decision-marking
REALIZZATIVO: quando i collaboratori sono aperti ad una leadership autocratica. Quando il compito è semplice. Il
leader è sia direttivo che di sostegno.
La teoria LEADER-MEMBER EXCHANGE riguarda la relazione che vi è tra leader e collaboratore e possono
essere di 2 tipi:
IN-GROUP EXCHANGE: quando il leader e i collaboratori sviluppano una partnership caratterizzata da reciprocità e
condivisione
OUT-GROUP EXCHANGE: quando il leader esprime bisogno di controllo attraverso richieste formali
Quando lo scambio bidirezionale leader e membro è elevato, i collaboratori ricompensano i loro leader con
comportamenti di cittadinanza organizzativa e di partecipazione. Inoltre i collaboratori migliorano le loro prestazioni
e si dovrebbero ridurre i casi di turnover.
DALLA LEADERSHIP TRANSIZIONALE ALLA LEADERSHIP TRASFORMAZIONALE
I modelli presentati sin qui si concentrano sulla LEADERSHIP TRANSIZIONALE, le cui caratteristiche sono che il
leader ricompensa i collaboratori per motivarli e che il leader cambia il proprio stile di leadership quando i
collaboratori non riescono a raggiungere l'obiettivo.
La LEADERSHIP TRASFORMAZIONALE consiste nella capacità di svolgere una leadership in grado di far fronte ai
continui cambiamenti dell'azienda. Il buon leader trasformazionale ha la grande capacità di cogliere i segnali deboli
(non ancora divenuti problemi) e ha un'ottima capacità di astrazione e progettazione. La leadership
trasformazionale possiede 4 caratteristiche distintive:
CONSIDERAZIONIE INDIVIDUALE: i leader pongono particolare attenzione a tutti i collaboratori.
STIMOLAZIONE INTELLETTUALE: il leader incoraggia a vedere i vecchi problemi sotto una nuova luce; favorisce
la creatività e sollecita l'utilizzo delle facoltà intellettuali.
LEADERSHIP ISPIRAZIONALE: il leader incita il gruppo e l'individuo a incrementare l'ottimismo e l'entusiasmo
INFLUENZA IDEALIZZANTE: il leader si pone come modello di riferimento per i suoi collaboratori.
LEADERSHIP EMPOWERING E TEAM LEADERSHIP
L'empowering è un obiettivo e una dimensione trasversale del lavoro del leader, il quale crea nuove condizioni di
lavoro affinché i lavoratori occupino una posizione centrale e acquisiscano “potere” per realizzarsi e per rendere
l'impresa più cooperativa. La leadership si può definire EMPOWERING quando: fa in modo che i collaboratori
ricevano informazioni puntuali e continue sulla prestazione organizzativa; fa in modo che i collaboratori possano
apprendere conoscenze e competenze adeguate; dà ai collaboratori il potere di prendere decisioni significative;
aiuta i collaboratori a comprendere il significato e l'impatto del loro lavoro; riconosce ai collaboratori il loro contributo
per il raggiungimento dei risultati dell'organizzazione.
I comportamenti di leadership centrati sulla persona sono legati fortemente all'efficacia del team che si ottiene:
riconoscendo i bisogni individuali e di gruppo; identificando i punti di forza del team; costruendo e consolidando la
fiducia; delegando e condividendo le responsabilità; riconoscendo i risultati raggiunti; facendo in modo che il team
sappia affrontare il cambiamento; motivando il team.
LEADERSHIP OMBRA
Conger ha descritto il LATO OSCURO dei comportamenti e delle azioni nel leader individuandolo nella:
VISIONE: rispecchia i bisogni egoistici del leader; non è misurata sulle risorse; non è flessibile ai cambiamenti
esterni
COMUNICAZIONE: i toni sono eccessivi; si minimizza l'informazione negativa
RELAZIONI: la gestione delle relazioni è scarsa; tra i gruppi di lavoro c'è rivalità; nei gruppi di lavoro c'è
dipendenza.
Secondo alcuni autori:
L'aspirazione al potere, la rinuncia o la fuga da esso, sono riconducibili alle prime esperienze infantili.
La relazione leader-collaboratore consiste nella ripetizione delle relazioni con le figure parentali.
Nella vita organizzativa il narcisismo può causare il rischio della chiusura, annientamento dei processi di lavoro
effettivi.
La perdita di potere può essere vissuta come “non esistenza” soprattutto all'interno delle imprese familiari.
La leadership dovrebbe combattere l'ombra che rappresenta la tossicità nella vita organizzativa e lo deve fare:
gestendo il disagio dei collaboratori di fronte a degli impegni; dedicando attenzione ai problemi di conciliazione
lavoro-vita dei collaboratori; essere disponibili all'ascolto; trasmettere sicurezza riformulando i messaggi difficili.
CONCLUSIONI
La forza della leadership è data dalla sua relazione con i collaboratori, dalla forza della followership. Infatti una
leadership esemplare è impossibile senza l'iniziativa e cooperazione dei follower.
13. CAMBIAMENTO E SVILUPPO ORGANIZZATIVO
LO SCENARIO DEL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
Le organizzazioni cambiano perché spinte a farlo da:
SPINTE ESTERNE: globalizzazione, introduzione di nuove tecnologie, pressioni sociali, politiche, economiche,
nuove caratteristiche della forza lavoro (aumento del tasso occupazionale femminile, alti livelli d'istruzione, le
diverse esigenze dei lavoratori con culture diverse)
SPINTE INTERNE: soddisfazione e motivazione lavorativa (non sempre individuale), calo della produttività,
aumento dell'assenteismo, turnover.
LA DEFINIZIONE DEL CAMBIAMENTO
IL cambiamento nelle organizzazioni consiste in un passaggio da uno stato di funzionamento problematico ad uno
stato in cui l'organizzazione raggiunge il livello di prestazione atteso. Esistono 2 tipi di cambiamento:
NON PIANIFICATO
PIANIFICATO: risultato di uno sforzo specifico volto ad eliminare discrepanze in termini di prestazione con
l'obiettivo di produrre benefici nella direzione sia dell'organizzazione sia dei suoi attori.
I MODELLI DI CAMBIAMENTO
MODELLO DI LEWIN
Secondo Lewin il cambiamento avviene attraverso 3 fasi:
SCONGELAMENTO: quando vi sono delle spinte al cambiamento come diminuzione della prestazione, motivazione
e soddisfazione lavorativa, che devono essere individuate dal management. Si agisce sulle spinte e le resistenze al
cambiamento vengono inibite.
CAMBIAMENTO: le azioni di cambiamento coinvolgono gli attori, i compiti le strutture e le tecnologie
dell'organizzazione.
RICONGELAMENTO: quando si raggiunge uno stato di nuovo equilibrio. I cambiamenti desiderati vengono
rafforzati, stabilizzati ed entrano a far parte della routine quotidiana.
MODELLO DI LUSSIER
Si sviluppa in 5 fasi che mettono in evidenza più puntualmente gli aspetti gestionali del cambiamento sostenendo
che per sensibilizzare tutti gli attori organizzativi, bisogna renderli partecipi dell'esperienza di cambiamento
attraverso processi di comunicazione e monitoraggio del cambiamento. Le 5 fasi sono:
DEFINIRE IL CAMBIAMENTO: chiarire se riguarda aspetti strutturali, tecnologici o sociali.
IDENTIFICARE LE RESISTENZE AL CAMBIAMENTO degli attori organizzativi
PIANIFICARE IL CAMBIAMENTO: progettare e sostenere il cambiamento garantendo la supervisione
PROMUOVERE (ATTIVARE) IL CAMBIAMENTO: rendendo espliciti i possibili effetti del cambiamento sulle
persone; cercare di mettere i nuovi obiettivi in relazione con i valori resistenti; coinvolgere gli attori organizzativi,
accogliendo dubbi, timori, attese nei confronti del cambiamento.
CONTROLLARE IL CAMBIAMENTO: accertarsi che esso esso sia attivo e mantenerlo nel tempo.
MODELLO SISTEMICO
L'approccio sistemico è basato sull'assunto che ogni tipo di cambiamento ha un impatto a cascata all'interno
dell'organizzazione. Il cambiamento in una parte dell'organizzazione coinvolgerà tutte le parte di quella
organizzazione. Il modello sistemico è caratterizzato dall'azione congiunta di 3 componenti in interazione:
INPUT: fa riferimento alla MISSIONE (scopo dell'organizzazione) E VISIONE ( la direzione del cambiamento). A
comparazione tra potenzialità organizzativa e opportunità/minacce esterne permetterà di mettere in atto una
strategia organizzativa per raggiungere gli obiettivi.
OGGETTI DEL CAMBIAMENTO: sono gli aspetti dell'organizzazione che possono cambiare come ad es aspetti
organizzativi (ruoli, procedure, sistema di ricompense); fattori sociali (cultura organizzativa, leadership,
funzionamento del gruppo di lavoro); metodi (flusso produttivo, piani strategici, tecnologie); obiettivi del
cambiamento (risultati previsti ed attesi); fattori organizzativi (le loro conoscenze, motivazioni, atteggiamenti e
comportamenti).
OUTPUT: consistono nei risultati attesi, il cui raggiungimento dipende dal piano strategico adottato. Questi risultati
possono essere di 3 tipi/livelli: organizzativo; di gruppo; individuale.
LE RESISTENZE AL CAMBIAMENTO
Il cambiamento non è soltanto qualcosa di desiderabile, un'opportunità di miglioramento e di trasformazione, ma è
allo stesso tempo qualcosa da cui difendersi, da rifiutare, da osteggiare. Vengono sviluppate delle resistenze che gli
attori del cambiamento (management) devono essere in grado di superarle durante il percorso di trasformazione. La
situazione di cambiamento rappresenta momenti di precarietà, provvisorietà e vulnerabilità. Queste sensazioni
possono generare ansia in coloro che le vivono. Per ridurre queste sensazioni gli individui mettono in atto
comportamenti difensivi finalizzati a generare protezione e sicurezza rispetto all'avanzare del nuovo. Le azioni di
cambiamento organizzativo generano negli individui un'ampia gamma di emozioni che possono andare dal senso di
liberazione da una situazione ritenuta insostenibile, ad un senso di depressione. Le resistenze a cambiamento
riguardano la sfera cognitiva, affettiva e comportamentale. Infatti le resiste provocano un impatto sulle emozioni che
possono influenzare cosa si pensa razionalmente del cambiamento e il comportamento a favore o sfavore del
cambiamento.
RESISTENZE INDIVIDUALI
Le 3 principali fonti di resistenza individuale sono
INCERTEZZA E INSICUREZZA PER IL “NUOVO”: il cambiamento viene percepito come una minaccia per la
propria identità occupazionale, per la riduzione dello stipendio, per la retrocessione o per l'aumento del carico di
lavoro non corrisposto da un aumento degli incentivi.
SELEZIONE PERCETTIVA DELLE INFORMAZIONI: gli individui tendono a selezionare le informazioni in base alle
proprie opinioni e ai propri schemi consolidati e utilizzati abitualmente
ABITUDINI: il cambiamento può mettere in discussione routine e comportamenti consolidati. Ciò significa che anche
se i dipendenti sono favorevoli al cambiamento può accadere che questi cercheranno di rispondere agli stimoli
utilizzando sempre le stesse modalità.
RESISTENZE DI GRUPPO
Sono legate a
DINAMICHE LEGATE AL POTERE E AI CONFLITTI: quando si percepisce che il cambiamento può essere un
vantaggio per alcuni e uno svantaggio per altri.
STRUTTURA E CULTURA ORGANIZZATIVA: vi è più resistenza nelle strutture organizzative caratterizzate da una
suddivisione rigida di ruoli e procedure.
Per alcuni gruppo il cambiamento può rappresentare una minaccia verso quei valori e norme che costituiscono la
cultura di gruppo.
Per affrontare in modo strategico le resistenze è fondamentale, innanzitutto individuare la loro origine. Le resistenze
al cambiamento, infatti, possono essere rivolte: al cambiamento stesso, alle strategie di cambiamento e agli agenti
di cambiamento. Nell'affrontare il cambiamento bisogna tenere informati i dipendenti sulle azioni che verranno
effettuate in modo da cercar di ridurre la loro ansia e di creare una loro apertura al cambiamento.