l` ascolto attivo

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l` ascolto attivo
L’ ASCOLTO ATTIVO
Mariarosaria De Simone
[email protected]
Cosa significa ascoltare?
Non sempre siamo buoni ascoltatori, e
questo influisce molto sulla qualità dei
nostri rapporti interpersonali
Si può imparare ad ascoltare?
?????
Bla bla
SI!
In quale contesto nasce l’apprendimento delle
tecniche di ascolto attivo?
Le tecniche di ascolto attivo nascono all’interno
del concetto di relazione di aiuto
Il concetto di relazione di aiuto nasce con C. Rogers
negli anni 50 e fu da lui sperimentato, all'inizio,
con i reduci della guerra mondiale che erano usciti
fortemente provati da tale esperienza.
Attualmente le tecniche di comunicazione applicate
alla relazione di aiuto trovano spazio in svariati ambiti
di attività, comprendendo le relazioni familiari,
scolastiche, aziendali, interpersonali, in genere,
oltre alla relazione clinica,
caratterizzata dal rapporto psicologo-cliente.
Chi partecipa?
Una relazione di aiuto presuppone l'esistenza di
due soggetti, dei quali, uno è in difficoltà, cioè ha
un problema che lo blocca, impedendogli di
evolvere verso decisioni e dando luogo ad una
situazione di sofferenza e di disagio - e l'altro si
pone attraverso l'esercizio di un ruolo rivolto alla
soluzione del problema. Questo secondo
soggetto prende il nome di "facilitatore", proprio
perché attraverso determinate tecniche di
comunicazione aiuta il soggetto in difficoltà a
trovare la sua strada
Date queste premesse, si ipotizza come valida la seguente
relazione.
Maggiore è la capacità di comunicazione in uno dei due
individui,
più la relazione con l'altro che ne deriva assumerà una
tendenza
alla comunicazione reciproca, che si caratterizzerà per una
sempre
maggiore congruenza, una tendenza alla comprensione
più adeguata delle informazioni da parte di entrambi,
un migliore adattamento psicologico, quindi un migliore
funzionamento di tutti e due e una soddisfazione
reciproca per la relazione intrattenuta.
(Rogers:La Terapia Centrata sul Cliente).
i requisiti essenziali per far sì
che si strutturi una relazione
di aiuto.
a) una minima volontà da parte
di due persone di
relazionarsi;
b) una capacità e una minima
volontà di entrambi di
ricevere informazioni
dall'altro;
c) un rapporto che esiste da un
certo periodo di tempo
Lo strumento principale
di cui si avvale una relazione è
L'ASCOLTO
Per poter praticare un ascolto attivo occorre
sviluppare alcuni atteggiamenti di base e
imparare alcune tecniche
Spesso, il solo fatto di prestare attenzione,
restando in silenzio e rivolgendo lo sguardo al parlante,
crea un clima distensivo in cui la persona si sente
accolta e questo già di per sè permette alla
tensione di defluire
Restando in silenzio e mantenendo il contatto oculare,
l'ascoltatore-facilitatore metacomunica al parlante
che ha interesse per lui, e questo significa anche rispetto.
PERCHE’ NON PROVARE?
esperimento
Cosa è successo?
COSCIENZA E
CAMBIAMENTO
Il parlante, proprio perchè si sente investito da sentimenti positivi,
abbasserà le sue barriere difensive, perchè sente che può fidarsi
(In genere siamo portati a fidarci di chi ci comunica
interesse e rispetto).Spesso le persone si bloccano ad uno
stadio esistenziale perchè non si fidano di se stesse e
non si fidano di se stesse perchè
hanno paura del giudizio degli altri
Mostrare un atteggiamento accettante durante l'ascolto
è come voler dire all'altro che quello che sta dicendo
non è sbagliato, perchè quella è la sua esperienza e
può essere accettata. Di fronte ad un atteggiamento
di accettazione non è improbabile che la persona che
ha un problema riesca a trovare in sè le risorse
per poterlo risolvere.
Secondo la psicologia umanistica
l'essere umano è libero, responsabile e agente discente.
Questi dati vengono presi in considerazione
dall'approccio rogersiano, attraverso il concetto di
"tendenza attualizzante"
La tendenza attualizzante è la tendenza di
ogni individuo a sviluppare le proprie
potenzialità.
Colui che ascolta parte da un
atteggiamento di
fiducia che la tendenza attualizzante di
colui che viene ascoltato si svilupperà
L’arte di “riflettere” dell’ascoltatore è un
modo per stimolare nel soggetto
adeguate capacità di autonoma riflessione.
Mucchielli
Difficoltà abituali e requisiti per porsi in una attitudine di
accettazione incondizionata in una relazione
OSTACOLI
1) Contesto personale
2) Appartenenza ad un gruppo sociale
3) Attenzione al significato intellettuale
Tutte le volte che si suppongono le sensazioni degli
Altri o che gli si attribuiscono intenzioni o secondi fini
con il 95% di probabilità stiamo proiettando la
nostra soggettività NON siamo in un vero ascolto
dell’altro
SI PUO’
PROVARE!
Per saperne di più circa la cornice
filosofica all’interno della quale si
sviluppa la psicologia umanistica
Fenomenologia
ed
esistenzialismo
fenomenologia
E’ lo studio delle essenze, l’essenza è ciò per cui
una cosa è quel che è. Il fenomenologo nelle vesti di spettatore
disinteressato e libero da preconcetti riuscirà a descrivere
quest’universale per cui un fatto è quello che è e non un altro.
Questo indirizzo non propone un sistema di credenze quanto
piuttosto un metodo di indagine nella conoscenza dell’uomo, che
non si può spiegare, come la realtà degli oggetti inanimati, ma si
può comprendere, tentando di immedesimarsi nel modo-di-essere
-nel-mondo di ogni persona, che ha tante manifestazioni mai
generalizzabili (parole, gesti, rappresentazioni, comportamenti)
attraverso un’ attitudine partecipativa e sgombra di pre-concetti al
fine di favorire i processi intrinseci di sviluppo della persona cui ci
accostiamo, confidando nella capacità di auto-regolazione
organismica dell’individuo
Si tratta quindi di sviluppare quindi un’attitudine
a cogliere i fenomeni, e a farlo affinando le capacità percettive e
di ascolto come pure l’abilità a favorire l’aggregazione dei dati
raccolti in insiemi significativi ed unificanti che corrispondono
quanto più possibile alle rappresentazioni dell’interlocutore non
contaminandole con elementi proiettivi o con elaborazioni
concettuali deformanti. L’essenza dell’essere è di svelarsi,
manifestarsi, di apparire, di essere fenomeno, per cui non si
tratta di andare al di là del fenomeno per accedere al noumeno,
ma di andare alla verità ultima del momento, è appunto
attraverso questo che la verità di esprime.
Dall’intenzionalità alla cura
I processi psichici sono caratterizzati dal fatto che la coscienza è
sempre coscienza di, è strutturalmente intenzionata, ciò
permette al soggetto di andare verso l’oggetto, la coscienza
intenziona un oggetto.L’intenzionalità ha un peccato d’origine, di
essere una pura e semplice teoremi, non considera le emozioni,
non mette in gioco la persona che quella coscienza attiva. Se io
voglio dare un valore non soltanto intellettuale e conoscitivo ma
anche fattuale ed emotivo, Heidegger trasforma l’intenzionalità in
cura, si passa dalla fenomenologia all’esistenzialismo
Aver cura è costitutivo dell’esserci, dell’esistere e
quindi esistere significa avere cura di
(carattere pratico dell’esserci) ma soprattutto prendersi cura di (che
vuol dire farsi carico del disagio dell’altro, lo capisco e intervengo
per aiutarlo) perché esserci è essere nella relazione e ciò è cura.
Ricordate!
Qui-ed-ora
Consapevolezza
Responsabilità
qui-ed-ora
Rispetto all’approccio psicoanalitico, in
quello umanistico la persona
ascoltata non è un teatro interiore
che noi dobbiamo andare a scoprire
è con noi, nel qui-ed-ora, e questo
teatro si riproduce nella relazione
con il facilitatore come persona. E’ la
relazione che diventa curativa e si
può cominciare a pensare che non è
solo il passato ma anche il presente
e il futuro che sono importanti
La relazione di aiuto è quindi di tipo
processuale, si interessa più al come che
al perché, e considera il Sé in un continuo
processo di riadattamento creativo tra
l’individuo e l’ambiente, quindi essa è una
teoria organismica. In quest’ottica l’essere
supremo è il divenire (Eraclito nel panta rei
e Orazio nel carpe diem, il buddismo con la
meditazione di Passera), attraverso
l’attenzione al qui ed ora si arriva alla
consapevolezza.
Consapevolezza
La consapevolezza non deve essere intesa come
un’attività deliberata, volontaria ma come
qualcosa che emerge spontaneamente quando
porgo attenzione. Si usa la metafora che
nell’introspezione l’osservazione del contenuto
avviene attraverso la luce di una lampadina che
illumina, nella consapevolezza è come un
fiammifero che si accende, è più legato all’insight.
Il contatto con sé stessi è preventivo per la
salute mentale, posso essere in contatto
con le mie angosce e in qualche modo
troverò qualcosa da fare o semplicemente
imparerò a convivere con le mie angosce.
Molte volte tendiamo a chiudere il senso di vuoto
con un tappo cognitivo. Ma se noi ci
permettiamo di entrare in contatto con il vuoto
questo si riempirà con il senso di identità, con i
miei bisogni insoddisfatti, con la mia storia,
quindi chiudere questo vuoto diventa un ideale, e
ci posso rimanere dentro, analizzarlo, viverlo e
divento più consapevole, di quello che sono,
delle mie angosce, e ciò è più produttivo di una
risposta di fuga
Le zone della consapevolezza si
distinguono in: zona interna, zona
media e zona esterna.
La zona interna si riferisce alla consapevolezza di me, a
livello cinestesico, propriocettivo, è l’insieme di
sensazioni fisiche che mi danno la sensazione di
esistere.
La zona intermedia è la consapevolezza dell’attività
mentale.
La zona esterna si riferisce alla consapevolezza
dell’altro, dell’ambiente esterno, è una consapevolezza
che viene attivata dalla funzione degli organi di senso,
sono consapevole di te attraverso ciò che vedo,sento,
tocco.
Il contatto è pieno se è presente sia a livello
cognitivo, che emozionale, che sensoriale e
relazionale.
Molte volte la consapevolezza di me e dell’altro
viene inficiata dall’attività mentale (Buber e iotu, io-esso)
la capacità di sentire l’altro non passa attraverso
il ragionamento ma attraverso questa presa di
contatto diretto tra me e te, è la relazione
dialogica, è quello che accade in silenzio nello
spazio terapeutico.
La zona intermedia ovviamente non va eliminata,
ma la conoscenza dei propri processi mentali
permette la gestione di questa zona e quindi io
agevolatore so cosa proietto, come funziono
rispetto ad un’altra persona e quindi, controllo e
posso in qualche modo ripulire questa parte ed
entrare in contatto più diretto con l’altro.
Responsabilità
si riferisce alla capacità di rispondere e di dare
risposte a qualcosa d’altro: alla vita,
all’ambiente. Tale concetto implica che la
persona è capace di reagire e di rispondere agli
stimoli. In genere il paziente psichiatrico è colui
che non è responsabile nel senso che non è
capace di dare delle risposte efficaci adeguate
alle situazioni che vive, il paziente non è quindi
responsabile, o per lo meno ha inficiato la sua
responsabilità nella sua capacità di dare risposte
Il senso della relazione di aiuto è portare
il soggetto ascoltato ad essere
responsabile. A volte si può dare un po’
di latte, ma bisogna che si attivi la
capacità di provvedere a sè stesso
sempre in riferimento a questa idea sana
dell’uomo dove il disagio è solo una
perdita, una interruzione della capacità di
badare a sé stesso.
Questo significa
rispettare la dignità
umana