Parere n. 144 – Installazione impianti produzione energia

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Parere n. 144 – Installazione impianti produzione energia
Parere n. 144 – Installazione impianti produzione energia elettrica in fasce di rispetto
comunale
Si chiede parere in merito alla possibilità di assentire l’installazione di impianti di
produzione di energia elettrica dal fonti rinnovabili in aree protette, in aree caratterizzate
da elevata pericolosità geomorfologica (classe III), in fascia di rispetto cimiteriale ed in
fascia di rispetto dei pozzi di captazione delle falde freatiche.
1.
Il parere di che trattasi riguarda problematiche attinenti alla compatibilità urbanistica degli
impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Questo servizio ha già rilasciato numerosi pareri in materia. Si richiamano, in particolare i pareri
n. 159/2008 e nn. 116, 122, 135, 140 e 143 del 2009.
2.
Nella richiesta di consulenza in esame, il Comune riferisce d’aver ricevuto richieste preventive
in ordine alla possibilità di realizzare impianti fotovoltaici di grandi dimensioni (potenza di circa
2-3 MW) insistenti su aree caratterizzate da vincoli assoluti o relativi d’inedificabilità.
Segnatamente:
-
il primo impianto ricadrebbe in area protetta ed in ambito caratterizzato da pericolosità
geomorfologica elevava (classe III indifferenziata);
-
il secondo ricadrebbe nella fascia di metri 200 di rispetto dei pozzi di captazione delle
falde freatiche;
-
la terza installazione ricadrebbe in fascia di rispetto cimiteriale.
3.
Prima di esaminare la compatibilità urbanistica degli interventi (con riferimento ai segnalati
1-13
vincoli d’inedificabilità assoluti o relativi), pare opportuno richiamare sinteticamente la
normativa in materia e le procedure da seguire per l’installazione di impianti fotovoltaici (per
un excursus normativo tendenzialmente completo, si rinvia ai pareri n. 159(2008 e n.
143/2009).
Il principale intervento legislativo in materia è costituito dal D.Lgs. 387/2003, il quale è
espressamente finalizzato a promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche
rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato italiano e comunitario, a
promuovere misure per il perseguimento degli obiettivi indicativi nazionali, a concorrere alla
creazione delle basi per un futuro quadro comunitario in materia ed a favorire lo sviluppo di
impianti di microgenerazione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, in particolare per gli
impieghi agricoli e per le aree montane (art. 1 del citato decreto).
La lettera c) del comma 1 art. 2 del medesimo d. lgs. 387/2003 contempla gli impianti
alimentati da fonti rinnovabili non programmabili: tipicamente, ricorda l’art. 1, comma 3,
della legge 9.1.1991, n. 10, ““il sole””. La disposizione predetta rientra nel complesso, ormai
intenso, di norme tese a ““promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche
rinnovabili alla produzione di elettricità”” (art. 1, comma 1, lettera a) del d. lgs. 387/2003).
Molte altre disposizioni statali e regionali concorrono a formare il corpus normativo
disciplinante l’installazione degli impianti di produzione d’energia da fonti rinnovabili, specie
per quel che concerne le procedure amministrative da seguire per assentire la costruzione
degli impianti stessi. A livello statale si ricordano l’art. 11 del D.lgs. 115/1998, l’art 26 della
L. 10/1991, il D.M. 19.02.2007, l’art, 27, c. 43, L. 99/2009. A livello regionale la L.R.
23/2002 e la L.R. 43/2000, oltre che la L.R. 40/1998 e la L.R. 44/2000.
Orbene, l’art. 12 del citato d.lgs. 29.12.2003 (Razionalizzazione e semplificazione
delle procedure autorizzative) n. 387, nel testo oggi vigente, così dispone:
1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere
connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti,
autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.
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2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell'interno vigenti per le attività
soggette ai controlli di prevenzione incendi.
3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da
fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e
riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le
infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti
ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla
regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del
paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo
strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro
trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del
diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative
concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e
amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive
modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei
trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso
del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima
4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al
quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di
semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed
esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa
in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione
dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di
reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento
di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.
4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per impianti fotovoltaici, ferme
restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente
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deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la
disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.
5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui di cui all’articolo 2, comma 1,
lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le
procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia
inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento
alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli
articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico,
di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e
successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di
generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima
disciplina della denuncia di inizio attività.
6. L'autorizzazione non può essere subordinata nè prevedere misure di compensazione a
favore delle regioni e delle province.
7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c),
possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.
Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore
agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali,
alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui
alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001,
n. 228, articolo 14.
[…]
9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione
di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.
10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività
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culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3.
Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli
impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee
guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione
di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro
il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali.
A questo punto, richiamata la normativa tesa a regolare i procedimenti amministrativi volti ad
assentire la realizzazione di impianti di produzione d’energia da fonti rinnovabili, si formula
uno schema che evidenzia quale sia, nei vari casi considerati dalle norme anzidette, il
procedimento corretto da seguire:
-
Gli impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici
non industriali, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i
cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi, sono considerati
interventi di manutenzione ordinaria; per tale ragione, non sono soggetti né a
permesso di costruire né alla disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli
artt. 22 e 23 del D.P.R. 380/2001; qualora la superficie dell’impianto non sia
superiore a quella del tetto stesso e l’immobile non sia vincolato ai sensi del D.lgs.
n. 42/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio), è sufficiente una
comunicazione preventiva al Comune; ciò indipendentemente dalla potenza
dell’impianto. (art. 11, comma 3, D. lgs. 115/2008).
-
Gli impianti solari termici o fotovoltaici installati sulla copertura di edifici
industriali, integrati e di potenza inferiore ai 20KwP sono qualificati interventi di
manutenzione straordinaria, per i quali – quindi – è necessaria la denuncia di
inizio attività di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. 380/2001 (art. 11, comma 3, D.
lgs. 115/2008 – art. 26, comma 1, L. 10/1991).
-
Analoga procedura vale per gli impianti solari termici o fotovoltaici installati sulla
copertura di edifici a destinazione produttiva, sempre integrati, ma anche se di
potenza superiore ai 20 KwP (art. 11, comma 3, D. lgs. 115/2008 – art. 26 comma
1 L. 10/1991).
-
I campi fotovoltaici installati al suolo di potenza inferiore a 20 KwP richiedono
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la denuncia di inizio attività (art. 12, comma 5, D.Lgs. 387/2003 – art. 5, comma
7 D.M. 19.2.2007).
-
I campi fotovoltaici installati al suolo di potenza superiore a 20 KwP in assenza
di ulteriori autorizzazioni (L.R. 45/89; autorizzazione paesaggistica) sono soggetti
a titolo abilitativo edilizio, previa occorrendo verifica ambientale preliminare
(art. 12 comma 5 D.Lgs. 387/2003 – art. 5, comma 7 D.M. 19.2.2007).
-
I campi fotovoltaici a suolo di potenza superiore a 20 KwP da installare in zone
soggette ad ulteriori autorizzazioni (L.R. 45/89; autorizzazione paesaggistica),
sono soggetti al procedimento unico ex articolo 12, comma 4, del D.Lgs.
387/2003.
E’ opportuno segnalare – in questa sede – che nel precedente parere di questo Servizio n.
135/2009 (riferito ad un impianto fotovoltaico di potenza pari a 997,28), si è fatto riferimento
alla necessità di sottoporre il progetto, in ragione della potenza, a procedimento autorizzatorio
unico. Si precisa che l’autorizzazione unica è necessaria soltanto al ricorrere della duplice
condizione (i) che l’impianto abbia potenza superiore a 20 Kw e (ii) che siano richieste ulteriori
autorizzazioni oltre a quella inerente alla costruzione dell’impianto stesso.
4.
La procedura delineata dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003 (limitata, come s’è visto, alle ipotesi in
cui l’impianto superi una determinata potenza e siano necessarie ulteriori autorizzazioni, ad
esempio di carattere paesaggistico) è caratterizzata da un procedimento unico che si svolge in
conferenza di servizi e che si conclude con il rilascio di una “autorizzazione unica”.
Il soggetto competente alla convocazione della conferenza di servizi, al coordinamento dei
relativi lavori ed al rilascio del provvedimento finale è la Regione che, però, può delegare detta
funzione alla Provincia; in Piemonte, il procedimento è di competenza della Provincia a cui tale
delega è stata effettivamente affidata dalla legge regionale.
La conferenza di servizi viene svolta nel contraddittorio delle sole Amministrazioni che hanno
poteri di controllo sull’impianto, ossia di quei soggetti che, anteriormente all’entrata in vigore
del d. lgs. 387/2003, avrebbero dovuto rilasciare un’autorizzazione. Il procedimento è regolato
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dalle norme procedurali contenute nella L. 241/90, in particolare dalle prescrizioni che
disciplinano la conferenza di servizi.
Nell’ambito del procedimento unico viene svolta, ove necessaria, anche la verifica di conformità
dell’impianto alla disciplina urbanistico – edilizia. L’autorizzazione unica, dunque, esenta dal
richiedere il rilascio del titolo abilitativo edilizio.
Dal momento che la verifica sulla compatibilità urbanistica viene svolta nell’ambito della
conferenza di servizi, l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 d. lgs. 387/2003 sostituisce il titolo
abilitativo edilizio. Ciò conseguentemente comporta che l’atto conclusivo del procedimento
debba, comunque, contenere esso stesso il termine di inizio e di fine lavori e l’eventuale
indicazione dell’importo del contributo di costruzione, laddove necessario (si ricorda, infatti, che
quest’ultimo non è più richiesto per gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili in
base all’art. 17 co. II lett. e DPR 380/2001, mentre è ancora dovuto per gli impianti ibridi per la
sola parte non alimentata da fonti rinnovabili).
Si noti che l’art. 12, c. III, D.Lgs. 387/2003 – modificato dalla L. 244/2007 (cd. Finanziaria
2008) prevede che il rilascio dell’autorizzazione unica costituisce variante al PRGC le cui
prescrizioni siano incompatibili con l’installazione dell’impianto. Consegue che, nel vigente
quadro normativo, la difformità del progetto rispetto al PRGC non è più di per sé elemento
preclusivo al rilascio dell’autorizzazione.
5.
Gli impianti fotovoltaici, quando non ricadono, neppure parzialmente, in aree protette sono
sottoposti alla fase di verifica; se ubicati in aree protette sono invece sottoposti a valutazione di
impatto ambientale. La legge regionale 14.12.1998, n. 40, ha disposto la competenza delle
Provincie ad espletare tali incombenti (allegato B2, n. 36).
Come è noto, il positivo giudizio di V.I.A. ricomprende tutti gli assensi individuati a tal fine
dall’apposita conferenza nella sua prima riunione (articoli 12 e 13 della L.R. 40/1998). Ove
adottato, quindi, il procedimento si pone come alternativa al procedimento unico ex art. 12
D.Lgs. 387/2003.
7-13
L’art. 27, c. 43, L. 99/2009 ha modificato l’all. IV alla Parte seconda del D.lgs. 152/2006
(Codice dell’Ambiente), prevedendo che la Valutazione d’Impatto Ambientale sia necessaria
soltanto per gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore e acqua
calda con potenza complessiva superiore a 1 MW.
6.
Il primo impianto fotovoltaico di cui deve occuparsi il Comune richiedente sarebbe ubicato in
area compresa nel territorio della “Zona di Salvaguardia dei Boschi e delle Rocche del Roero”,
oltre che in area ricadente in classe di pericolosità geomorfologica “III indifferenziata”.
La circostanza che il sito ricada nella predetta “Zona di Salvaguardia” (che è area protetta),
unitamente al fatto che la potenza dell’impianto fotovoltaico sarebbe superiore ad 1 MW,
comporta:
-
la necessità di sottoporre il progetto a Valutazione d’Impatto Ambientale;
-
la necessità di acquisire il nulla osta dell’Ente di gestione dell’area protetta
(esaminando la legge istitutiva dell’area, pare che i poteri di gestione siano
esercitati dal Comune).
L’istanza di autorizzazione dovrà comunque essere esaminata nella conferenza dei servizi
convocata dalla Provincia ed in seno ad essa il Comune dovrà esprimere il predetto nulla osta,
mentre l’autorizzazione unica sarà di competenza provinciale.
L’art. 5 della legge istitutiva dell’area protetta (L.R. 27/2003) stabilisce che, all’interno della
“Zona di Salvaguardia” “l’uso del suolo e l’edificabilità sono consentiti qualora corrispondano
ai fini di cui all’art. 3 e sono disciplinati nel Piano d’Area”. L’Ente preposto all’espressione del
nulla osta (che, si ripete, pare essere il Comune) dovrà pertanto esprimere il preventivo parere
sulla base delle prescrizioni contenute nel Piano d’Area e comunque tenuto conto delle finalità di
cui all’art. 3 L.R. 27/2003.
7.
8-13
Come già rilevato, il primo progetto su cui il Comune dovrà esprimersi ricade, oltre che in area
protetta, in classe III indifferenziata di pericolosità geomorfologica.
Le aree ricadenti in classe III sono considerate “aree in edificate che presentano caratteri
geomorfologici o idrogeologici che le rendono inidonee a nuovi insediamenti”.
La circolare del Presidente della Giunta Regionale 08.05.1996, n. 7 LAP definisce la classe III
come “porzioni di territorio nelle quali gli elementi di pericolosità geomorfologica e di rischio,
derivanti questi ultimi dalla urbanizzazione dell’area, sono tali da impedirne l’utilizzo qualora
inedificate”.
La Nota Tecnica Esplicativa alla Circolare / LAP precisa (pag. 5) che “sono da considerarsi
come elementi di rischio anzitutto l’incolumità delle persone e inoltre, con carattere di priorità
almeno: gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica; le aree su cui
insistono insediamenti produttivi, (…); le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione (…); il
patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante; le aree sede di servizi…”.
Pare, quindi, che la realizzazione di un impianto fotovoltaico (che è insediamento produttivo,
definito dall’Agenzia del Territorio, ai fini ICI, “opificio industriale”) possa comportare aumento
del rischio, in quanto determina incremento del valore economico esposto alla possibilità di
eventi dannosi.
Per tale ragione (pur precisando che nella materia in esame non è possibile esprimere certezze
giuridiche assolute) sembra che la realizzazione dell’impianto fotovoltaico non sia compatibile
con la classe di pericolosità geomorfologica dell’ambito di intervento.
8.
Il secondo impianto fotovoltaico di cui deve occuparsi il Comune richiedente ricade in parte in
fascia di rispetto (200 metri) dei pozzi di captazione delle falde freatiche collegati alla rete
dell’acquedotto comunale.
La disciplina delle zone di rispetto dai pozzi di captazione è oggi contenuta nell’art. 94 del
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D.Lgs. 152/2007.
Il menzionato articolo prevede una zona di tutela assoluta, costituita dall'area immediatamente
circostante le captazioni o derivazioni, che deve essere adeguatamente protetta e dev'essere
adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
La zona di rispetto – avente solitamente raggio di metri 200 – è costituita dalla porzione di
territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da
tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica. In essa sono vietati l'insediamento
di centri di pericolo e lo svolgimento delle attività indicati nell’art. 94, c. IV, D.Lgs. 152/2006.
Dall’esame della norma, non pare che nella citata zona di rispetto sia vietata l’installazione di
impianti fotovoltaici. E’ comunque opportuna un’adeguata istruttoria, volta ad escludere che il
progetto da assentire (costruzione, attivazione e funzionamento dell’impianto fotovoltaico) possa
in qualche modo integrare centro di pericolo od attività vietati in fascia di rispetto dei pozzi di
captazione.
Quanto al procedimento autorizzatorio, deve precisarsi che lo stesso dovrebbe esser preceduto –
in ragione della potenza – dalla verifica di impatto ambientale. La necessità di un’ulteriore
autorizzazione (il nulla osta dell’Ente di gestione dell’area protetta) sembra tuttavia imporre la
necessità di ricorrere al procedimento autorizzatorio unico di cui all’art. 12 D.Lgs. 387/2004.
9.
Il terzo impianto fotovoltaico di cui deve occuparsi il Comune richiedente ricadrebbe in fascia di
rispetto cimiteriale.
Sulla questione, questo Servizio si è già espresso nel parere n. ……del quale si riportano i
passaggi salienti.
“““
[…] l’articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie dispone, come noto, che:
“i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro
abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal
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perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel
comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni
previste dalla legge;
le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di
guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell’ultima salma;
il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 e deve,
inoltre, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in
caso di inadempienza;
il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza non inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il
limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni
locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strada pubbliche almeno
di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi;
per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può
consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione
della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area,
autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La
riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la
realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre”.
Ora, il vincolo cimiteriale ha una triplice finalità:
a) la salvaguardia di esigenze igienico sanitarie;
b) la necessità di mantenere un’area di possibile espansione del perimetro cimiteriale;
c) il rispetto della tranquillità e del decoro dei luoghi di sepoltura.
La norma sopra citata ha pertanto introdotto un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege,
giustificato dalla tutela delle predette finalità.
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La giurisprudenza ha ripetutamente confermato i principi suesposti: vedasi, tra le tante, T.A.R.
Toscana Firenze, sez. I, ordinanza 20 maggio 2009 n. 397; T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 27
novembre 2008, n. 3046; TA.R. Abruzzo L’Aquila, sez. I, 14 ottobre 2008 n. 1141; oltre alla
recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV, 27 ottobre 2009 n. 6547 (“il vincolo posto
dall’articolo 338 del Rd n. 1265/1934 in materia di zona di rispetto cimiteriale è un vincolo di in
edificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni contrarie del
Prg, con conseguente insanabilità delle opere ivi realizzate ai sensi dell’articolo 33 della legge
47/1985”).
Ha addirittura escluso l’ammissibilità in tali zone di costruzioni totalmente interrate (T.A.R.
Toscana Firenze, sez. III, 2 luglio 2008 n. 1712).
Si esclude, poi, che possano essere effettuate valutazioni in fatto sulla concreta compatibilità
dell’opera con l’area cimiteriale che possano in qualche modo portare ad una diversa risposta:
tali valutazioni infatti sono estranee alla disciplina del vincolo di inedificabilità, che si fonda su
circostanze astratte prese in considerazione una volta per tutte dal legislatore (Consiglio di Stato,
sez. IV, n. 4256/2008: “il vincolo di rispetto cimiteriale preclude il rilascio della concessione
edilizia, anche in sanatoria, senza necessitò di valutazioni in ordine alla concreta compatibilità
dell’opera con i valori tutelati dal vincolo”).
Si precisa – ad ulteriore conferma di quanto sovra esposto – che l’articolo 338 del t.u. leggi
sanitarie impone il vincolo di inedificabilità per qualsiasi manufatto edilizio, posto che pone un
divieto generico di costruire, non limitato a determinate fattispecie (quali ad esempio le
abitazioni dove è prevista la stabile residenza di persone): ciò proprio in virtù dei molteplici
interessi pubblici perseguiti.
La struttura ipotizzata, indubbiamente impattante, non pare più rispettosa della “pietas” nei
confronti dei defunti di quanto lo sia un edificio.
La stessa inoltre non rientra tra gli interventi consentiti nelle zone di rispetto cimiteriale dalla
legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56: il comma 5 dell’articolo 27 di tale legge, infatti, ribadisce
il divieto di nuove costruzioni e l’ampliamento di quelle esistenti, ammettendo la manutenzione
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ordinaria e straordinaria e la ristrutturazione, senza aumento di volume, degli edifici esistenti,
“oltreché la realizzazione di parcheggi, di parchi pubblici, anche attrezzati, o di colture arboree
industriali”.
Appare dunque proprio escludere che, nella zona di rispetto cimiteriale, si possa realizzare un
impianto fotovoltaico.
”””
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