Gli effetti del greening sull`agricoltura italiana
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Gli effetti del greening sull`agricoltura italiana
Istituto Nazionale di Economia Agraria Gli effetti del greening sull’ agricoltura italiana a cura di Roberto Henke e Francesco Vanni INEA Roma 2014 Il volume è il risultato di un’attività di ricerca dell’Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE e svolta nell’ambito del progetto “Programma di attivazione del Piano di settore cerealicolo” finanziato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (DM n. 6414 del 30 dicembre 2010). Autori: Introduzione: Roberto Henke e Francesco Vanni Capitolo 1: Roberto Henke Capitolo 2: Maria Rosaria Pupo D’Andrea Capitolo 3: Roberto Solazzo e Francesco Vanni Capitolo 4: Concetta Cardillo e Francesco Vanni Capitolo 5: Orlando Cimino Capitolo 6: Roberto Solazzo, Michele Donati e Filippo Arfini Coordinamento editoriale: Benedetto Venuto Realizzazione copertina e impaginazione: Ufficio Grafico INEA Si ringrazia Andrea Arzeni per la lettura critica di una versione preliminare del lavoro che ha permesso un consistente miglioramento della stesura definitiva. Immagine della copertina: Felice Casorati 1883-1963 “Paesaggio” (1919) cm. 28x30 - olio su cartone ISBN 978 88 8145 409 9 Presentazione Con il lavoro “Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana” l’Inea fornisce un contributo conoscitivo alle attività di supporto al Programma di attuazione del Piano di settore cerealicolo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e, al tempo stesso, offre a tutti gli operatori del settore uno strumento analitico relativo alla recente riforma della PAC. Fin dalla sua istituzione l’Inea fornisce, con i suoi studi, da un lato una documentazione aggiornata e critica delle politiche di sostegno del settore, mettendola a disposizione del decisore pubblico; dall’altro un’analisi rigorosa e fruibile degli effetti economici, ambientali e sociali delle scelte di politica agraria compiute a tutti i livelli istituzionali. Questo lavoro, che si inserisce tra le attività dell’Osservatorio Inea sulle politiche agricole dell’UE, rappresenta un approfondimento del quadro conoscitivo necessario ed utile a comprendere tutte le diverse implicazioni della nuova riforma della PAC, che si è chiusa nel 2014 e che ci accompagnerà per i prossimi sette anni. Il tema del greening, ovvero del legame del sostegno comunitario assicurato all’agricoltura al rispetto di alcuni vincoli ambientali e territoriali da parte degli agricoltori, è centrale per la portata che avrà sull’assetto produttivo, strutturale e ambientale delle aziende specializzate a seminativi. Tuttavia, la sua importanza va anche oltre, perché rappresenta un cambiamento profondo della stessa filosofia dell’intervento pubblico, spostando l’attenzione, con tutti i pro e i contro relativi, dal prodotto agricolo in quanto tale ai comportamenti dei produttori e alla valorizzazione dei beni pubblici prodotti in agricoltura. Il greening rappresenta solo una delle novità della recente riforma, che si è conclusa dopo un lungo processo di dibattito e di negoziazione e che ha ridato spazio alle decisioni nazionali, per una maggiore aderenza degli strumenti di intervento comunitari alle realtà agricole dei singoli Stati membri. L’Inea ha seguito con attenzione il percorso di sviluppo di tali processi, assicurando la sua presenza a tutti i tavoli di discussione predisposti dalla varie istituzioni coinvolte, e oggi con i suoi studi prosegue nell’attività di analisi e di approfondimento necessari per comprendere a pieno gli effetti della riforma della PAC su un’agricoltura così complessa e diversificata come quella italiana. La riforma dei pagamenti diretti, il processo di convergenza, l’aiuto accoppiato, la figura dell’agricolture attivo, il sostegno ai giovani agricoltori e le altre decisioni con cui si è chiuso il negoziato sulla nuova PAC sono tutte oggetto di attenzione da parte dell’Inea che sta lavorando per mettere a disposizione non solo del Ministero di riferimento ma di tutta la comunità professionale, istituzionale e scientifica le proprie analisi, offrendo così il proprio contributo all’avanzamento della conoscenza degli effetti delle politiche sull’intero sistema agroalimentare e rurale nazionale. L’inserimento di questo lavoro sul greening nell’ambito di un’attività di supporto alla realizzazione di un piano di settore così strategico per il nostro Paese come quello cerealicolo testimonia, per l’appunto, la forte influenza delle politiche di sostegno settoriale e territoriale su un sistema complesso e articolato come quello agricolo-alimentare, per il quale non è più possibile analizzare le singole componenti come fossero indipendenti o giustapposte, ma è necessario utilizzare un approccio sistemico valutando tutti i legami III che esistono tra strumenti di sostegno, caratteristiche strutturali delle aziende, comportamenti degli operatori, relazioni contrattuali tra le diverse parti e specificità del territorio. Un sentito ringraziamento va a tutti i ricercatori Inea e ai collaboratori dell’Istituto che con tempismo e con professionalità hanno svolto quest’analisi che va ad arricchire l’offerta di studi e ricerche messa a disposizione dall’Inea per una maggiore conoscenza del settore, a vantaggio non solo degli operatori che ruotano attorno ad esso, ma di tutta la collettività, testimoniando, laddove ve ne fosse ancora necessità, la vitalità e la funzionalità dell’Istituto. Il Commissario straordinario INEA Prof. Giovanni Cannata Indice Introduzione 1 Capitolo 1 Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo5 Capitolo 2 I pagamenti verdi nella riforma della pac 2014-2020 2.1 L’inquadramento della riforma 11 2.2 I pagamenti verdi 16 Capitolo 3 Le pratiche agricole del greening 3.1 Le pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente 19 3.2 L’applicazione del greening e le scelte dell’Italia 23 3.2.1 Il calcolo dei pagamenti verdi 23 3.2.2Rapporti tra greening e II pilastro 24 3.2.3Le pratiche equivalenti 25 3.2.4 Le aree di interesse ecologico 26 Capitolo 4 Il greening in Italia: aziende e superfici interessate 4.1 Obiettivi e metodologia 29 4.2 Diversificazione delle colture 31 4.3 Prato permanente 34 4.4 Aree d’interesse ecologico 37 4.5 Aziende interessate dal greening: un quadro d’insieme 40 Capitolo 5 L’effetto del greening sui redditi aziendali 5.1Introduzione 43 5.2 La coltivazione dei seminativi in Italia 44 5.3 Le regioni selezionate 46 V 5.4 La metodologia di analisi 47 5.4.1 Le aziende rappresentative 47 5.4.2 Gli scenari 49 5.4.3 L’effetto del greening sui redditi aziendali 50 5.4.4 Il ruolo del sostegno pubblico50 5.5 Il sistema monocolturale mais 51 5.5.1Piemonte 51 5.5.2Lombardia 53 5.5.3Veneto 55 5.5.4 Friuli Venezia Giulia57 5.6 Il sistema monocolturale a grano duro 58 5.6.1Marche 58 5.6.2Molise 60 5.6.3Puglia 61 Capitolo 6 L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP 6.1 Obiettivi e metodologia 67 6.2 I risultati del modello 70 6.2.1 L’impatto sull’uso del suolo 70 6.2.2L’impatto sui redditi aziendali73 appendice 1 Il greening dei pagamenti diretti: le proposte a confronto 83 appendice 2 Il greening in Italia: aziende e superfici interessate a livello regionale Piemonte88 Valle d’Aosta 89 Lombardia90 Trentino Alto Adige 91 Veneto92 Friuli Venezia Giulia 93 Liguria94 VI Emilia Romagna 95 Toscana96 Umbria97 Marche98 Lazio 99 Abruzzo100 Molise101 Campania102 Puglia103 Basilicata104 Calabria105 Sicilia106 Sardegna107 appendice 3 Il greening in Italia: aziende e superfici interessate a livello comunale Diversificazione colturale 111 Mantenimento prati permanenti 112 Aree d’interesse ecologico 113 VII Introduzione L’inverdimento (o greening) degli interventi del primo pilastro rappresenta una delle novità più importanti contenuta nei nuovi regolamenti della PAC 2014-2020. Attraverso il pagamento ecologico, infatti, per la prima volta viene esplicitamente legata una quota dei pagamenti diretti ad alcune pratiche agricole ritenute positive per l’ambiente, con l’obiettivo di promuove forme di agricoltura sostenibili, volte a una migliore conservazione della biodiversità e al mantenimento della fertilità del suolo e del paesaggio rurale, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020. Il pagamento verde prevede l’applicazione, sulla superficie ammissibile ai pagamenti diretti, di tre tipi di pratiche agricole: diversificazione delle colture, mantenimento dei prati permanenti, mantenimento o introduzione di aree di interesse ecologico. In contesti specifici, questi requisiti possono essere sostituiti da pratiche “equivalenti” svolte nell’ambito dei programmi ambientali all’interno delle politiche di sviluppo rurale. Dal punto di vista finanziario, il pagamento verde rappresenta la seconda componente per importanza dopo il pagamento di base, pari ad un ammontare del 30% del sostegno al reddito ricevuto dagli agricoltori, con una valore che per l’Italia è dell’ordine di oltre 1.100 milioni di euro annui. L’inverdimento dei pagamenti diretti rappresenta, di fatto, la principale strategia agroambientale della nuova PAC, nonché lo strumento attraverso il quale l’agricoltura dovrebbe fornire beni pubblici ambientali su scala comunitaria. Per questo motivo diventa cruciale analizzare le implicazioni derivanti dall’introduzione del greening a livello nazionale, che probabilmente avrà degli effetti non solo sulla struttura dei costi a carico delle aziende agricole, ma anche sul carico amministrativo e gestionale da parte delle amministrazioni pubbliche. Il greening è stato uno degli elementi più controversi del processo di riforma della PAC 2014-2020 e, rispetto alla prima proposta d’inverdimento dei pagamenti diretti avanzata dalla Commissione europea nel 2011, le disposizioni tecniche relative alle soglie, alle tipologie di superfici ammissibili e al riconoscimento delle pratiche equivalenti sono state profondamente modificate. Il serrato dibattito che ha preceduto l’emanazione delle misure, fortemente orientato dalle sollecitazioni provenienti da alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, e da componenti importanti del mondo produttivo, ha portato a requisiti molto meno rigorosi sul fronte ambientale ma con maggiori punti di contatto tra questa modalità di intervento e le misure del secondo pilastro. L’obiettivo del presente volume è duplice. Il rapporto rappresenta innanzitutto uno strumento informativo rispetto a questa importante innovazione introdotta nella nuova PAC, proponendo una descrizione dettagliata dei requisiti tecnici del greening e delle scelte operate dall’Italia per la sua implementazione. Il secondo obiettivo è invece quello di fornire un contributo di analisi e di riflessione sui possibili effetti del greening sull’agricoltura italiana, soffermandosi sulle tipologie e sulla localizzazione delle aziende maggiormente interessate da queste misure, ma anche sui costi aggiuntivi che queste aziende dovranno sostenere a seguito dell’introduzione dei nuovi vincoli ambientali. 1 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Il primo capitolo offre una retrospettiva sul processo d’inverdimento della PAC, mostrando come l’introduzione del pagamento ecologico sia solo l’ultima tappa di un più lungo processo di revisione di questa politica che risale, di fatto, alla riforma Mac Sharry del 1992. In quell’occasione, infatti, per la prima volta si mise in discussione l’impianto del sostegno fino a quel momento garantito agli agricoltori e si fecero largo i primi strumenti che legavano le politiche agrarie al tema della sostenibilità ambientale. Da allora, la PAC è passata attraverso un intenso processo di riforme che hanno visto progressivamente crescere l’interesse per l’ambiente e la gestione delle risorse naturali in agricoltura e che conseguentemente hanno dato luogo a strumenti di intervento che, con diverso grado di successo, rappresentavano la risposta alla maggiore sensibilità mostrata verso queste tematiche. Nel secondo capitolo viene descritta in dettaglio l’ultima tappa di questo percorso, ovvero l’introduzione del greening nella riforma post-2013, mostrando come lo spacchettamento del pagamento unico e in particolare l’introduzione di un pagamento ecologico sia un importante punto di svolta nel processo d’inverdimento della PAC, in quanto viene rafforzato ancora di più il legame tra i pagamenti diretti e l’introduzione di specifiche pratiche agro-ambientali. Il terzo capitolo offre una descrizione dettagliata dei contenuti tecnici del greening, ovvero le pratiche agricole collegate al pagamento verde e le pratiche equivalenti, soffermandosi in particolare sulle scelte effettuate dell’Italia. Esistono, infatti, alcuni margini di discrezionalità per gli Stati membri nell’applicazione nazionale dei diversi obblighi ambientali, tra cui la possibilità di selezionare le misure equivalenti e le varie tipologie di uso del suolo che possono soddisfare il requisito delle aree d’interesse ecologico che è necessario approfondire per comprendere meglio i punti di forza e di debolezza di questo strumento, soprattutto dal punto di vista della sua efficacia ambientale. Il capitolo offre, infine, qualche spunto di riflessione sul disegno delle politiche agro-ambientali, in particolare riguardo alla modalità di calcolo del pagamento verde e al suo rapporto con gli interventi volontari del secondo pilastro. Al fine di valutare il possibile impatto del greening a livello nazionale, nel quarto capitolo si è tentato di quantificare e localizzare le aziende che dovranno effettuare dei cambiamenti nel loro assetto produttivo per ottemperare ai nuovi vincoli ambientali. Queste simulazioni, basate sui dati del 6° Censimento dell’Istat del 2010, consentono di stimare il numero di aziende e l’estensione delle superfici agricole potenzialmente interessate dai diversi requisiti ambientali associati al pagamento verde. L’utilizzo dei micro-dati censuari ha consentito di individuare il peso percentuale, a livello aziendale, della superficie investita nelle diverse colture e l’estensione dei terreni a riposo, fornendo così stime piuttosto attendibili sull’entità di superfici e aziende potenzialmente interessate dai requisiti del greening. I dati, presentati in forma aggregata nel testo, sono disponibili in forma estesa in appendice, dove sono riportate informazioni dettagliate sulla distribuzione delle aziende e delle superfici interessate dal greening a livello regionale e per zona altimetrica. Nel quinto capitolo viene proposta un’analisi degli effetti economici del greening, soffermandosi sui costi aggiuntivi che le aziende italiane dovranno sostenere a seguito dell’introduzione dei nuovi vincoli ambientali. L’analisi si è concentrata, da un lato, sugli effetti sul margine lordo delle aziende e, dall’altro lato sulla capacità dei pagamenti verdi nel coprire i maggiori costi e/o i mancati redditi che gli agricoltori dovranno affrontare a seguito delle nuove pratiche di inverdimento. Per realizzare queste elaborazioni è stato necessario identificare i sistemi agricoli per i quali gli effetti del greening presumibilmente saranno maggiormente evidenti, ovvero i sistemi monocolturali del mais e del frumento duro. In 2 Introduzione particolare, le elaborazioni si sono concentrate sugli effetti sui redditi per le aziende rappresentative di otto regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia per il sistema monocolturale a mais e Marche, Molise, Puglia e Basilicata per il sistema monocolturale a frumento duro. Il sesto capitolo, infine, si concentra sull’effetto del greening sulle aziende agricole dell’Emilia Romagna. In questa analisi, svolta attraverso un modello di Programmazione Matematica Positiva (PMP), è stato stimato l’impatto del greening sull’ordinamento produttivo e sul reddito delle aziende emiliane, ponendo particolare attenzione agli effetti derivanti dalla possibilità di introdurre colture azotofissatrici sulle aree d’interesse ecologico. Oltre alle misure ambientali, nel capitolo è stato stimato l’effetto della convergenza dei pagamenti diretti, in modo da definire uno scenario complessivo di impatto della nuova riforma a livello regionale. Il presente volume, oltre a fornire un quadro informativo aggiornato sul greening, vuole rappresentare uno strumento di supporto ai decisori pubblici e al mondo produttivo per comprendere meglio la portata e i possibili effetti di questo nuovo strumento di politica agraria sull’agricoltura italiana. Nel complesso, si può affermare con buona approssimazione che il greening avrà nel nostro Paese un effetto limitato sia dal punto di vista del numero delle aziende coinvolte, che della superficie interessata e, in una qualche misura, anche da punto di vista dell’impatto economico. Chiaramente dal punto di vista “micro” si possono presentare situazioni molto differenziate, soprattutto se si pensa alle grandi aziende specializzate a seminativo che sono il vero “target” della misura; tuttavia, si tratta di una tipologia aziendale poco diffusa in Italia e concentrata in specifiche aree del Paese, per cui l’impatto complessivo del greening finisce, in media, con l’essere molto limitato. Per quanto riguarda gli effetti strutturali, le simulazioni riportate nel rapporto mostrano come in Italia il pagamento verde interessi un numero molto limitato di aziende, poiché le dimensioni medie aziendali della nostra agricoltura sono ben al di sotto delle soglie stabilite per il greening. Si stima che le aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione colturale e dall’introduzione delle aree d’interesse ecologico siano circa 107.000 (corrispondenti al 6,6% del totale delle aziende italiane), di cui solamente un terzo interessato da entrambi i requisiti. Le elaborazioni evidenziano inoltre una spiccata concentrazione di queste aziende in areali fortemente specializzati, dove le coltivazioni dei seminativi hanno maggiore carattere intensivo e di monocoltura. Per quanto riguarda gli effetti economici del greening, il rapporto mostra come vi sia un impatto differenziato a seconda delle caratteristiche e della localizzazione delle aziende agricole. Le simulazioni effettuate appaiono utili soprattutto per compiere un’analisi comparata tra le diverse aree, ma anche per testare la redditività delle colture aggiuntive che si dovranno introdurre per rispettare il vincolo della diversificazione colturale laddove attualmente si pratica la monocoltura. Se gli impatti maggiori sono stati osservati per le aziende di pianura specializzate nella produzione del mais, il “costo di inverdimento” è risultato molto differenziato tra le varie regioni, poiché la sua entità dipende, da un lato, dal sistema colturale adottato (mais o frumento duro) e, dall’altro, dalle diverse condizioni locali. In effetti, un risultato differenziato per coltura, e più incisivo laddove si concentrano produzioni e tecniche colturali ritenute a maggior impatto ambientale, potrebbe essere ritenuto coerente con l’obiettivo stesso della misura. Tuttavia, i risultati del rapporto confermano, di fatto, alcune delle posizioni critiche sul greening, che si configura come uno strumento obbligatorio che non premia efficacemente i comportamenti virtuosi degli agricoltori, ma 3 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana soprattutto che non tiene conto dei costi specifici che questi dovranno sostenere a seguito dell’introduzione dei nuovi vincoli ambientali. Per quanto riguarda la remunerazione della produzione di beni pubblici mediante i pagamenti verdi, i risultati ottenuti mostrano come la quota di pagamenti diretti associata alle pratiche agricole del greening non riesca a compensare la diminuzione nel margine lordo per le aziende specializzate nella coltivazione del mais, mentre sembra sufficiente a coprire i costi aggiuntivi delle aziende specializzate nella produzione di grano duro. Questi risultati evidenziano, pertanto, come il pagamento verde non tenga adeguatamente conto delle specificità delle aziende agricole e soprattutto di come non riesca a differenziare i diversi costi sostenuti dagli agricoltori per la produzione dei beni pubblici nelle diverse aree. La scelta dell’Italia di calcolare il pagamento verde come quota del pagamento base percepito dagli agricoltori di fatto accentuerà questa disparità di trattamento, poiché a fronte degli stessi obblighi ambientali saranno elargiti pagamenti di diverso ammontare, determinati dal valore dei titoli in possesso da parte dei singoli beneficiari. In sintesi, pur riconoscendo alla recente riforma della PAC la capacità di accelerare il processo di inglobamento degli aspetti ambientali e, più in generale, della produzione di beni pubblici nel primo pilastro, il rapporto evidenzia i limiti di una strategia agro-ambientale basata sull’inverdimento dei pagamenti diretti. Infatti, se è innegabile che questo tipo di approccio sia stato dettato soprattutto dalla necessità di dare maggiore legittimità ai pagamenti del primo pilastro, nella sua forma attuale il greening non sembra tenere sufficientemente di conto delle diverse specificità territoriali e dei diversi costi di adeguamento per le diverse tipologie aziendali. Il pagamento verde si configura come uno strumento orizzontale e scarsamente flessibile, che nella sua attuale forma non sembra destinato a dare un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale che si vogliono perseguire attraverso la nuova PAC. 4 Capitolo 1 Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo La definizione di un pagamento verde obbligatorio e legato ad alcune specifiche pratiche eco-compatibili è un’importante tappa di un più lungo processo di revisione della PAC, che potremmo far risalire alla riforma Mac Sharry del 1992 (Henke, 2002). In quella occasione, infatti, per la prima volta si mise in discussione l’impianto del sostegno fino a quel momento garantito agli agricoltori e si fecero largo i primi strumenti che legavano le politiche a comportamenti responsabili dal punto di vista della sostenibilità. Da allora, la PAC è passata attraverso un’intensa stagione di riforme che hanno visto progressivamente crescere l’interesse per l’ambiente e la gestione delle risorse naturali in agricoltura e dare luogo a strumenti di intervento che più o meno direttamente mostravano un certo grado di “eco-consapevolezza”, alcuni più di successo che altri (Lutz e Young, 1992; Sardone, 1995; OECD, 1998 e anni vari; Henke 2002). Ed è proprio questo processo che dobbiamo tenere in mente quando parliamo di “rinverdimento” della PAC; naturalmente il percorso di riforma della PAC lungo questi anni non ha riguardato solo il rapporto con l’ambiente ma anche altri aspetti cruciali per la logica del sostegno pubblico in agricoltura: il disaccoppiamento, il tramonto delle politiche dei prezzi e delle organizzazioni comuni di mercato (OCM) a favore di forme di sostegno dirette ai produttori; la crescita della politiche per la aree rurali, e altro ancora (De Filippis, 2014). Tuttavia, il tema del rapporto tra politiche agricole e ambiente è stato centrale nel permeare i processi di cambiamento ed evoluzione della PAC, almeno a partire dai primi anni Novanta in poi. Nella figura 1.1 si ripercorre sinteticamente questo lungo percorso: a sinistra della figura sono riportate le tappe principali del processo e le “parole chiave” che hanno guidato le riforme stesse dal punto di vista del processo di greening; a destra, i principali strumenti messi in campo. L’importanza della riforma Mac Sharry sta nell’avere avviato un processo di ripensamento del sostegno, che da garantito e illimitato (a parte i casi dei settori in cui erano state inserite delle quote di produzione) comincia a prendere la forma di un intervento più articolato: da un lato, infatti, si avvia il processo di parziale disaccoppiamento del sostegno con il riferimento degli importi ad un periodo storicizzato; dall’altro, si introducono le misure di accompagnamento (misure agroambientali, prepensionamento degli agricoltori e misure specifiche per la montagna) che hanno la funzione, per l’appunto, di accompagnare i processi di aggiustamento messi in atto dalla politica dei mercati. Le misure agroambientali, introdotte con il regolamento 2078/1992, sono state una delle politiche di maggiore successo della PAC, sia in termini di risorse ad esse dedicate sia come rispondenza da parte della società civile, contribuendo così a costruire e a giustificare il nuovo modello di sostegno verso cui si sarebbe avviata la PAC nell’immediato futuro. Contemporaneamente, con la stessa riforma si fa strada il concetto di “buona pratica agricola”, cioè uno standard di riferimento dell’attività agricola non incentivato, che stabilisce una sorta di “baseline” al di là del quale si prevede un sistema incentivante. In altre parole, si avvia con questa riforma il riconoscimento del “servizio aggiuntivo” da offrire, da parte dell’agricoltura, per poter avere accesso al sostegno pubblico (Ahner, 2001). 5 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Infine, è sempre nel 1992 che all’interno delle OCM vengono inserite misure che, piuttosto indirettamente, vanno della direzione di un “inverdimento” della PAC: dal setaside obbligatorio per i seminativi alle misure per l’estensivizzazione dell’attività zootecnica (Henke, 2002). Il secondo snodo, forse il più importante dal punto di vista del greening della PAC, è quello di Agenda 2000 del 1999. Uno degli elementi fortemente caratterizzanti la riforma della PAC legata ad Agenda 2000 è quello della definizione del modello di agricoltura europeo costruito sull’idea della multifunzionalità. L’importanza assunta da questo concetto, con tutta la sua ambiguità e sovraccaricato dall’uso strumentale che se n’è fatto ai fini della giustificazione del sostegno all’agricoltura, ha segnato un punto di svolta per il sostegno comunitario ma soprattutto per la rivalutazione del settore agricolo nella società contemporanea: da fanalino di coda dei sistemi economici avanzati, trascurato e negletto dalla centralità del sistema e dallo stile di vita urbani, a nuovo attore sociale investito di responsabilità legate alla stato di salute dei consumatori, all’ambiente, al territorio. Figura 1.1 - Le principali tappe del processo di greening della PAC •Nascita delle misure agroambientali (misure di accompagnamento) Verso un nuovo •Definizione delle buone pratiche agricole modello di •Inverdimento delle OCM sostegno Riforma Mac Sharry •Costruzione del II pilastro della PAC La nascita della •Regolamento orizzontale: modulazione e eco-condizionalità (facoltative) multifunzionalità Agenda 2000 •Modulazione e eco-condizionalità obbligatorie e estensione della condizionalità anche ad altri ambiti •Definizione dei criteri di gestione obbligatoria e delle buone condizioni agronomiche Consolidamento •Disaccoppiamento dei pagamenti diretti e introduzione del "sostegno specifico" (art. 69 del Reg. 1782/2003) della multifunzionalità •Rafforzamento delle politiche a sostegno della qualità la Riforma Fischler •Consolidamento del disaccoppiamento •Rafforzamento della modulazione e definizione delle "nuove sfide": bioenergie, clima, risorse idriche, biodiversità Premiare i •Modifica del regime di aiuti specifici (artt. 68-71 del Reg. 73/2009) comportamenti l'Health Check L'agricoltura e i beni pubblici la riforma post 2013 •Articolazione dei pagamenti disaccoppiati •Introduzione del pagamento verde •Eliminazione degli assi di intervento dalle politiche di sviluppo rurale e individuazione delle priorità •Modifica del regime di aiuti specifici (art. 52 del Reg. 1307/2013) L’impostazione di una nuova PAC all’insegna della multifunzionalità ha segnato anche un altro importante passaggio: il declino di strumenti automatici, trasversali ed impiegati su tutto il territorio nazionale senza alcuna declinazione territoriale, e l’avvio di un processo di avvicinamento dello strumento di intervento alla diversità dell’agricoltura e alle specifiche esigenze delle aree agricole e rurali. 6 Capitolo 1 - Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo Dal punto di vista della scatola degli attrezzi di Agenda 2000, due sono gli elementi caratterizzanti per il greening: la costruzione del II pilastro della PAC, da affiancare al I (più robusto) costituito dalle politiche di mercato e dai crescenti pagamenti diretti, in cui trovano sede le misure di accompagnamento insieme con gli interventi a carattere strutturale, e il cosiddetto regolamento orizzontale, in cui compare per la prima volta l’ecocondizionalità. La nascita del II pilastro è stata, in un certo senso, la consacrazione definitiva delle politiche di sviluppo rurale, la cui importanza da allora è cresciuta in modo sostenuto, così come anche, al loro interno, degli interventi di carattere agroambientale. Il regolamento orizzontale, nell’alveo del I pilastro, interveniva sugli aiuti diretti assicurati all’interno delle OCM, ma in un certo senso creava anche, per la prima volta, un canale di comunicazione tra le risorse in capo all’uno e all’altro dei pilastri, attraverso lo strumento della modulazione. Vale la pena sottolineare, a questo proposito, l’ampio margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri, sia riguardo alla possibilità di applicare incentivi o vincoli di carattere ambientale all’accesso ai pagamenti diretti (condizionalità) sia rispetto alla riallocazione di risorse tra pilastri (modulazione). La prima versione della condizionalità, apparsa nel regolamento 1259/1999, mostra tutto il suo carattere “pioneristico” che è stato anche la sua principale debolezza (Povellato et al., 2001; Henke, 2002). In particolare, rimaneva piuttosto indeterminato nel regolamento il rapporto tra le misure agroambientali collocate nel II pilastro della PAC, la definizione di “requisiti ambientali obbligatori” e “requisiti specifici”, legati ai singoli settori, che rappresentavano i vincoli all’accesso ai pagamenti diretti (I pilastro), e le buone pratiche agricole già introdotte nel 1992. Su questo, infatti, più volte è dovuta intervenire la Commissione per chiarire le relazioni tra i diversi strumenti e anche per assicurare una certa uniformità nel livello di applicazione tra Stati membri. Il tentativo di superare l’approccio pioneristico alla condizionalità avviene con il passaggio successivo: la riforma Fischler del 2003. Nata come una revisione di medio termine di Agenda 2000, questa riforma ha, da un lato, rafforzato l’approccio al sostegno legato alla multifunzionalità, dall’altro, modificato profondamente la struttura e l’importanza dei pagamenti diretti, sancendone definitivamente il disaccoppiamento dalla produzione (Povellato e Velazquez, 2005; Sorrentino et al. 2011; Pupo D’Andrea, 2012). Con questo passaggio, il greening viene rafforzato da diversi elementi: intanto lo stesso disaccoppiamento contribuisce al rallentamento produttivo e ad una minore pressione sulle risorse naturali; inoltre, la condizionalità diventa obbligatoria e estesa ad una serie più ampia di interventi; si rafforza l’orientamento alla qualità dei prodotti (a cui comunque sottintende una maggiore attenzione alle questioni ambientali e alle relazioni tra produzioni e territori); infine, si introducono i pagamenti specifici (accoppiati) per intervenire su comparti con particolari esigenze ambientali o qualitative (articolo 69 del Regolamento 1782/2003). In questa riforma la condizionalità assume le vesti di due diversi interventi: le cosiddette buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA) che permettono di ricevere gli aiuti anche su campi a riposo, purché mantenuti, per l’appunto, in “buone condizioni”, stabilite a livello locale, e i criteri di gestione obbligatoria (CGO), che riguardano il rispetto di normative in tema ambientale e di salute delle piante e degli animali. Anche la modulazione viene resa obbligatoria e rafforzata, a vantaggio delle risorse destinate ai programmi di sviluppo rurale. Insomma, in sostanza, si rafforzano tutte le componenti della PAC che rispondono alle specifiche esigenze dei cittadini e dei consumatori e che rendono il sostegno pubblico meno automatico, garantito e più attento alla 7 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana remunerazione di comportamenti desiderabili da parte degli agricoltori, alla fornitura di servizi e di beni pubblici in agricoltura e delle caratteristiche specifiche dei territori. In particolare, con la riforma Fischler la condizionalità diventa lo strumento principale con cui si giustifica la persistenza di ingenti pagamenti diretti in agricoltura. In sostanza, si avalla il legame teorico tra pagamenti diretti e produzione di beni pubblici, in quanto si sostiene il principio per cui gli agricoltori ricevono un sostegno solo se sono in condizioni di soddisfare la domanda di beni pubblici espressa dalla società. In realtà, la condizionalità resta uno strumento debole di controllo, ed inoltre le sanzioni ad essa legate del tutto insufficienti per rappresentare un deterrente al disimpegno. Con la riforma Fischler la distanza tra l’approccio teorico perseguito dalla Commissione in nome della multifunzionalità e la pratica messa in atto con l’implementazione degli strumenti sembra massima: da un lato si sottolinea la giustificazione del sostegno per la valorizzazione della capacità dell’agricoltura di produrre beni pubblici e servizi alla società; dall’altro si mette in piedi un meccanismo allo stesso tempo blando e complesso che lega i pagamenti diretti ai comportamenti desiderati. Inoltre, si complica sempre di più il rapporto tra i due pilastri, i cui obiettivi cominciano a sovrapporsi e rispetto ai quali le distinzioni in termini di approcci, finalità e risorse si fanno sempre più labili. Anche la riforma Fischler è stata sottoposta ad una valutazione di medio termine: il cosiddetto Health Check (De Filippis, 2008). A differenza, però, di quanto avvenuto nel 2003, questo passaggio rappresenta effettivamente, agli occhi degli studiosi, un “perfezionamento tecnico” di quanto scaturito dalla riforma Fischler, che non modifica nella sostanza l’approccio al sostegno, ma ne conclude, in qualche modo, le modalità di realizzazione (Sorrentino et all., 2011). Con l’Health Check, innanzitutto, si dà un nuovo impulso al processo di disaccoppiamento degli aiuti, che si estende praticamente a tutti i comparti, e si avvia anche un processo di regionalizzazione che, come vedremo successivamente, sarà uno dei cardini della più recente riforma. Per quanto riguarda il regolamento orizzontale, la modulazione si conferma come il principale strumento di rafforzamento finanziario del II pilastro. In quest’occasione inoltre, una parte delle risorse trasferite con la modulazione vengono dedicate alle cosiddette ”nuove sfide”, gran parte delle quali sono di natura ambientale (cambiamenti climatici, risorse idriche, nuove fonti energetiche, biodiversità). La condizionalità, d’altro canto, non è oggetto di particolare attenzione, ed anzi potremmo dire che in qualche modo l’Health Check segna il punto di un suo declino, non tanto come azione, in quanto rimane obbligatoria, quanto come centralità di interesse nel dibattito e nel processo di greening. Del resto, dopo diversi anni di applicazione dei CGO e delle BCAA, risulta piuttosto evidente la scarsa incidenza della condizionalità sui comportamenti delle aziende agricole e, d’altro canto, la scarsa efficacia del complesso sistema di controlli e sanzioni che rende lo strumento molto pesante dal punto di vista amministrativo (Anania, 2008; Corte dei Conti, 2008). In questo passaggio viene modificato anche il sistema degli aiuti accoppiati, assumendo una veste più complessa con gli articoli 68-71 del regolamento 73/2009. Tra questi, è l’articolo 68 che raccoglie l’eredità del vecchio articolo 69, ma in qualche modo ne allarga le funzioni, perché non ha vincoli settoriali e perché i plafond possono essere travasati da un comparto all’altro (Frascarelli, 2008). Dal punto di vista del processo di greening della PAC, permangono le tipologie di intervento a favore degli aspetti ambientali, con il sostegno a tipi specifici di agricoltura, i pagamenti per prodotti in zone vulnerabili, la lotta all’abbandono dei terreni. Anche qui, si ripropone il problema della demarcazione degli 8 Capitolo 1 - Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo interventi ammissibili rispetto a quanto finanziato attraverso le misure agroambientali, per evitare fenomeni di doppia remunerazione. In definitiva, anche questo strumento viene letto come il tentativo, da parte della Commissione europea, di rafforzare la qualificazione e la selettività della spesa agricola in funzione di comportamenti auspicabili ed esigenze specifiche dei territori. La PAC non è più una politica centralizzata e dirigistica come all’inizio del decennio ‘90, ma si avvicina ai fabbisogni locali e si declina con modalità diverse e strumenti selettivi ai territori dei Partner. L’ultima tappa del percorso delineato nella figura 1.1 coincide con la riforma post2013 e, dunque, l’analisi puntuale degli strumenti si rimanda al capitolo ad essa dedicato. Dal punto di vista del processo di greening della PAC, è ovvio che un punto di svolta è rappresentato dallo spacchettamento del pagamento unico e, in particolare dalla presenza di un pagamento ecologico, che rafforza ancora di più il legame tra strumento e obiettivo: con i nuovi pagamenti diretti, infatti, si rende se non altro più evidente, se non più efficace, cosa si va a remunerare con i pagamenti diretti. Come vedremo più in dettaglio nella rassegna delle letteratura recente, uno degli aspetti più critici della definizione di un pagamento ambientale così come concepito dalla riforma è che esso, sostanzialmente, ripropone un approccio simile a quello della condizionalità, cioè uno strumento obbligatorio, non selettivo e incoraggiante comportamenti sostenibili (Matthews, 2011; De Filippis e Frascarelli, 2012). Inoltre, anche con il pagamento verde rischia di verificarsi quanto già visto con la condizionalità, cioè che buona parte di quanto richiesto sia già realizzato dalle pratiche agronomiche vigenti, per cui si finisce col remunerare lo status quo piuttosto che incentivare pratiche più eco-compatibili. Va anche segnalato che molta attività resta comunque esclusa dagli obblighi previsti dal pagamento verde, come nel caso delle superfici a colture permanenti, il regime dei piccoli agricoltori e tutte le aziende inferiori a 10 ettari (green by definition). Riguardo agli altri interventi, va detto che molti di essi possono essere letti, direttamente o indirettamente, come un contributo ad una PAC più “verde” e selettiva, come ad esempio la definizione di “agricoltore attivo”, la cui declinazione a livello nazionale può avere effetti sullo stato di attività e di conservazione dei territori agricoli e rurali, o il regime per i piccoli agricoltori, che semplifica i pagamenti a favore delle piccole aziende. Nell’ambito del II pilastro, l’eliminazione degli assi di intervento e la definizione delle cosiddette priorità, alcune delle quali assumono una specifica declinazione ambientale (misure agroambientali e a favore delle energie rinnovabili). Senza entrare nel dettaglio delle diverse misure, val la pena ricordare qui la misura relativa al sostegno accoppiato (art. 52 del nuovo regolamento 1307/2013). Questa componente del nuovo sistema di aiuti viene considerata come la “naturale” prosecuzione del vecchio articolo 68. In realtà, è stato evidenziato come tale misura si ponga in modo piuttosto diverso rispetto al passato, aumentando il grado di selettività e soprattutto prestando maggiore attenzione al rischio di abbandono dell’attività agricola (De Filippis e Frascarelli, 2012). In conclusione di questo breve excursus, vale la pena richiamare alcune elementi salienti del dibattito che è seguito alla definizione dei pagamenti ecologico della nuova PAC. A questo proposito, vale la pena ricordare che l’intento originario della proposta della Commissione, all’indomani del lancio della nuova riforma della PAC post-2013, era quello di rafforzare il ruolo dell’agricoltura nel perseguire gli obiettivi dichiarati nel documento “Europa 2020”. In particolare, con la definizione di un “pagamento verde” vincolato al rispetto di pratiche agricole ritenute eco-sostenibili, la Commissione si era prefissa l’obiettivo di integrare obiettivi di politica agraria e ambientale a più ampio spettro rispetto a quanto 9 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana raggiungibile con le misure volontarie all’interno dei PSR (Povellato, 2012). Tuttavia, molte sono state le reazioni negative rispetto all’approccio seguito dall’UE. Un recente studio (Westhoek et al. 2012), ad esempio, ha messo in evidenza come l’introduzione di misure verdi nel I pilastro della PAC non potrà avere un impatto significativo sulla qualità delle risorse naturali considerando che, alla resa dei fatti, l’area interessata non supererà il 2% della superficie agricola utilizzata in Europa1. In sostanza, la maggior parte delle critiche, soprattutto sul fronte accademico, alle recenti misure di greening si possono collegare alle loro caratteristiche che le conferiscono le fattezze di una sorta di “super-condizionalità”: si tratta, di fatto, di misure orizzontali, obbligatorie, uguali per tutti i territori e per tutte le colture, che non rispondono né al criterio della remunerazione del bene pubblico ambientale localmente prodotto né a quello dell’adesione volontaria e contrattualizzata tipica delle misure agroambientali, in cui è il singolo soggetto a decidere se e in che misura aderire, ad un programma offerto dall’UE (Jambor e Harvey, 2009; Garrod, 2009). Su questo stesso aspetto è intervenuto Mahé (2012), sottolineando che le misure del greening avrebbero avuto più efficacia se applicate non a livello di singola azienda ma attraverso la definizione di una “griglia territoriale” più ampia ed omogenea dal punto di vista fisico e produttivo. lo stesso autore ricorda che le aree d’interesse ecologico (AIE), per come sono state definite, agiscono tenendo più in conto il livello di fertilità dei terreni che non il loro potenziale valore naturale e di biodiversità. Matthews (2012 e 2013) riconduce la questione ai termini economici: il costo del greening rischia di essere ben maggiore rispetto ai benefici ambientali che esso assicura. Inoltre, il carattere obbligatorio e sanzionatorio del greening è inficiato dalla debolezza dei tagli subiti da coloro che non si adeguano alle misure verdi. Un giudizio piuttosto severo è stato espresso da Bureau (2013), che arriva a sostenere che la PAC, alla fine del processo di riforma post-2013, sarà meno “verde” a causa delle numerose eccezioni che sono state fatte in quanto green by definition e per la mancanza di una chiara equivalenza tra le misure obbligatorie del greening e quelle volontarie nei PSR e in altri programmi locali2. Un’altra questione evidenziata da alcuni studiosi è il rapporto tra le pratiche del greening e le BCAA (Hart e Baldock, 2011). In particolare, gli esperti di tematiche agroambientali hanno evidenziato il parziale sovrapporsi di alcune delle pratiche previste dal primo e anche dalle seconde, con la differenza che nel primo caso sono previsti dei pagamenti e nel secondo si tratta di uno standard minimo. Inoltre, nel caso delle BCAA le pratiche vengono definite a livello locale, o quantomeno regionale, mentre per il greening si tratta, come già ricordato, di misure orizzontali e uguali per tutti i territori e le produzioni. Infine, alcuni autori valutano il greening da un punto di vista squisitamente economico, sostenendo che il costo aggiuntivo attribuibile alle pratiche, piuttosto elevato e quantificabile dal punto di vista gestionale e amministrativo, si giustificherebbe solo a riscontro di un impatto ambientale molto evidente e altrettanto quantificabile, ma non è questo il caso del greening previsto dalla riforma (Roza e Selnes, 2012; Mahé, 2012). In particolare, Westhoek et al. (2012) sottolineano, nel loro lavoro, che tra le misure previste dal greening è soprattutto l’introduzione delle aree d’interesse ecologico ad avere potenzialità positive per la biodiversità e per la riduzione degli effetti inquinanti dell’attività agricola; tuttavia, anche in questo caso la definizione di soglie specifiche per territori e per colture avrebbe potuto portare ad una maggiore efficacia dello strumento. 2 In parte questa questione è stata superata dalle cosiddette misure equivalenti, che però sono certamente un aggravio in termini di gestione amministrativa e di controllo, mentre resta molto difficile da dimostrare la misura dell’equivalenza. 1 10 capitolo 2 I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020 2.1L’inquadramento della riforma Il reg. 1307/2013 del dicembre 2013 stabilisce le norme comuni per i pagamenti diretti. Il regolamento ha visto la luce a tre anni di distanza dalla Comunicazione che ha avviato il processo di revisione della PAC (Commissione europea, 2010) e a due anni dalle proposte legislative sulle quali si sono successivamente concentrati i negoziati (Commissione europea, 2011a). A differenza del passato, quando il processo di adattamento delle proposte iniziali all’andamento delle trattative era stato condotto in maniera assolutamente riservata, le modifiche proposte tanto dal Parlamento europeo quanto dal Consiglio sono state rese immediatamente disponibili, così come la versione consolidata del regolamento che è emersa a seguito degli accordi politici raggiunti dal “trilogo” (cioè dell’interazione istituzionale tra Commissione europea, Parlamento europeo e Presidenza del Consiglio UE) il 26 giugno e il 24 settembre 2013. Di conseguenza, i contenuti del regolamento non hanno suscitato sorprese, mentre qualche novità è possibile reperirla nei Regolamenti delegati che hanno il compito riempire di contenuti la cornice di riferimento del regolamento 1307/2013 e definire i margini di manovra degli Stati membri. Infatti, un elemento fortemente innovativo della nuova PAC è rappresentato proprio dalla flessibilità lasciata agli Stati membri di adattare il sistema dei pagamenti diretti alle specificità dei propri territori e del proprio sistema agricolo. Entro il 1° agosto 2014 ciascun Paese ha dovuto comunicare alla Commissione europea le proprie scelte in merito a una serie di questioni che vanno dalla regionalizzazione dei pagamenti diretti (se pervenire ad un aiuto forfetario nazionale o se suddividere il territorio in regioni entro le quali procedere alla omogeneizzazione dei pagamenti) allo spacchettamento (quali pagamenti attivare, il massimale da dedicare a ciascuno di essi, le eventuali limitazioni territoriali dei pagamenti stessi), dai requisiti minimi (la soglia finanziaria o la soglia fisica da superare per vedersi erogati i pagamenti diretti) all’agricoltore attivo (chi ha diritto a ricevere i pagamenti). Prima di descrivere brevemente i contenuti del regolamento 1307/2013, giova ricordare che la riforma della PAC ha camminato di pari passo con il dibattito sulla dotazione finanziaria del prossimo settennio di programmazione e che alcuni punti salienti della politica agricola – pagamenti verdi, flessibilità tra pilastri, capping, convergenza esterna – erano addirittura contenuti nella comunicazione sul Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per il 2014-2020 (Commissione europea, 2011b)1. Questo conferma l’importanza assunta dalla PAC in un contesto di contenimento delle spese e la necessità di imprimere al sistema dei pagamenti diretti una svolta che, evidentemente, si riteneva le sole forze agricole non 1 Per maggiori dettagli sui contenuti della riforma si rimanda a Pupo D’Andrea (2013), De Filippis, Sandali (2013) e INEA (2013a). 11 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana sarebbero riuscite a realizzare. Il risultato finale delle trattative sul quadro finanziario è stato una riduzione dell’11,3% della dotazione finanziaria per la rubrica 2 (Crescita sostenibile: Risorse naturali) del QFP, rispetto al 2007-2013, nell’ambito della quale il I pilastro della PAC ha subìto una riduzione in linea con quello dell’intera rubrica, mentre per lo sviluppo rurale la perdita è stata del 17% (INEA, 2013b). La riforma prevede un nuovo sistema dei pagamenti diretti che sostituirà, a partire dal 1° gennaio 2015, il regime di pagamento unico. Visto il protrarsi delle trattative, per il 2014 ha rappresentato un periodo transitorio in cui il I pilastro ha mantenuto il vecchio funzionamento applicato, però, a una nuova e più ridotta dotazione finanziaria, in quanto già dal 2014 l’accordo sul QFP esplicherà i propri effetti. Agli Stati membri, tuttavia è consentito di anticipare alcune novità, come il pagamento ridistributivo o l’aumento della dotazione finanziaria per i pagamenti accoppiati. A partire dal 2015, gli aiuti saranno garantiti solo agli “agricoltori attivi”, la cui definizione è demandata agli Stati membri. Il regolamento stabilisce che non è attivo, e quindi non riceverà alcun pagamento diretto, l’agricoltore le cui superfici agricole sono principalmente superfici mantenute naturalmente in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione e che non svolge su tali superfici l’attività minima stabilita dallo Stato membro. Una novità della riforma è la cosiddetta “lista negativa” cioè un elenco di soggetti professionali le cui imprese, per definizione, non possono essere considerate attive (aeroporti, servizi ferroviari, opere idrauliche, servizi immobiliari, terreni sportivi e aree ricreative permanenti) e che quindi non possono ricevere gli aiuti diretti, a meno che non dimostrino la rilevanza dell’attività agricola. Gli Stati membri, oltre a integrare tale lista, possono decidere che nessun pagamento diretto sia concesso a coloro le cui attività agricole formano una parte irrilevante delle loro attività economiche complessive e/o la cui attività principale non consista nell’esercizio di un’attività agricola. Coloro che ricadono nella lista negativa e coloro le cui attività agricole sono irrilevanti o non rappresentano l’attività principale possono ricevere i pagamenti diretti se questi non sono superiori a una soglia, che non può superare 5.000 euro all’anno. Gli Stati membri possono abbassare tale soglia (anche differenziando tra regioni), rendendo di fatto più restrittiva la definizione di agricoltore attivo. Coloro i quali non svolgono le attività minime previste dallo Stato membro non sono considerati agricoltori attivi, anche se ricevono aiuti al di sotto della soglia fissata. Le scelte italiane sul tema dell’agricoltore attivo vanno in direzione di restringere il campo dei beneficiari dei pagamenti diretti. Sono infatti considerati agricoltori attivi per definizione coloro che ricevono meno di 1.250 euro/anno di pagamenti diretti, soglia che sale a 5.000 euro/anno nel caso delle zone con svantaggi naturali. Al di sopra di tali soglie, per essere considerati agricoltori attivi occorrerà dimostrare la rilevanza dell’attività agricola con l’iscrizione all’INPS (come coltivatore diretto, colone, mezzadro o come Imprenditore agricolo professionale) oppure occorre possedere una partita IVA attiva in campo agricolo con dichiarazione IVA annuale. Per coloro le cui superfici ricadono per oltre il 50% in zona montana o svantaggiata basta solo il possesso della partita IVA. L’Italia ha inoltre deciso di estendere la lista negativa comunitaria ai soggetti che svolgono attività di intermediazione creditizia, assicurativa o commerciale e alle Pubbliche amministrazioni2 Il nuovo sistema di pagamenti diretti prevede un set di aiuti, alcuni dei quali sono obbligatori mentre per altri è lasciata agli Stati membri la facoltà di attivarli e in che misura. 2 Sono escluse le Pubbliche Amministrazioni che svolgono attività di formazione o sperimentazione in campo agricolo. 12 Capitolo 2 - I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020 Tutti gli aiuti attingono le risorse da un massimale nazionale, in percentuali variabili. Il pagamento di base è volto al sostegno del reddito degli agricoltori ed è garantito a tutti gli agricoltori attivi. Il pagamento base può essere erogato a livello nazionale o regionale ed è finanziato con la parte del massimale nazionale che resta dopo aver finanziato tutti gli altri aiuti (sia quelli obbligatori che quelli facoltativi). Tale massimale può variare da un minimo del 18% (nel caso in cui lo Stato membro decida di attivare tutti gli aiuti utilizzando le percentuali massime), ad un massimo del 68% (caso in cui lo Stato membro decida di applicare solo gli aiuti obbligatori) (INEA, 2013b). Gli Stati membri possono applicare il pagamento di base a livello regionale. In tal caso definiscono le regioni sulla base delle caratteristiche agronomiche e socio-economiche, del potenziale agricolo regionale o della struttura istituzionale o amministrativa e tra queste suddividono il massimale nazionale per il pagamento di base. Entro il 2019 tutti i titoli del pagamento di base di un Paese o di una “regione” dovranno avere il medesimo valore unitario ad ettaro oppure avviarsi verso valori più uniformi senza obbligatoriamente raggiungere nel 2019 il pieno livellamento degli aiuti ad ettaro. Questa deroga, introdotta a seguito dei negoziati, mira ad attenuare il forte impatto ridistributivo della regionalizzazione che avrebbe colpito gli Stati membri che oggi applicano il pagamento unico secondo il modello storico (come, ad esempio, l’Italia). Questo modello di convergenza degli aiuti prevede che, entro il 2019, nessun agricoltore potrà ricevere un aiuto a ettaro inferiore al 60% del valore medio del pagamento di base nazionale o regionale. Gli Stati membri, inoltre, possono prevedere che nessuno possa perdere più del 30% del valore iniziale dei suoi titoli (che corrisponde al valore dei titoli al 2014 riproporzionato al peso del pagamento base sul massimale nazionale nel 2015, tenendo conto cioè, solo dello spacchettamento). Inoltre, sempre al fine di attenuare l’effetto ridistributivo della regionalizzazione, agli Stati membri che si “avvicinano” ad aiuti più uniformi, è permesso di calcolare il pagamento verde su base individuale, cioè come percentuale del pagamento di base. Di conseguenza, più è alto il pagamento di base, maggiore è il pagamento verde (e minore l’effetto ridistributivo). Il processo di convergenza può essere applicato ricalcando quello utilizzato per avvicinare i valori medi degli aiuti tra Stati membri: entro il 2019, gli agricoltori che hanno un aiuto inferiore al 90% della media nazionale/regionale dovranno recuperare un terzo della differenza (a scelta dello Stato membro tale percentuale può essere portata fino al 100%). A pagare saranno coloro che hanno un aiuto più alto della media. Spetta allo Stato membro definire le modalità di convergenza, vale a dire chi dovrà pagare e secondo quali criteri. Ai fini degli effetti ridistributivi, risulta quindi determinante la scelta delle “regioni” (nell’ambito delle quali avverrà la redistribuzione degli aiuti) e i criteri di ripartizione delle risorse tra “regioni” (che determina il plafond che verrà ridistribuito tra gli agricoltori della regione). In caso di aiuti concentrati geograficamente, infatti, questo permetterebbe di contenere il travaso di risorse tra agricoltori e territori, contenendo l’impatto ridistributivo. Avranno diritto al pagamento di base gli agricoltori che presentano domanda nel 2015 e che avevano diritto a ricevere pagamenti per il 2013. Possono partecipare al regime anche coloro che in quell’anno non hanno ricevuto avuto diritto a ricevere pagamenti e producevano frutta e orticole, patate da consumo, patate da semina, piante ornamentali oppure avevano vigneti. Ha diritto ai titoli di pagamento di base anche chi nel 2014 ha ricevuto titoli dalla riserva nazionale e colui che non ha mai avuto diritti all’aiuto e dimostra che a una certa data del 2013 esercitava un’attività agricola. 13 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Rispetto a oggi quindi, cambia il criterio di determinazione dell’aiuto unitario (non più storico ma forfetario a ettaro nazionale o regionale), la platea dei beneficiari (non più solo quelli storici ma chi possiede terra, fa domanda e dimostra di avere i requisiti) e la superficie a premio (potenzialmente tutta la SAU). Le scelte italiane riguardo al pagamento di base si possono così riassumere: • progressivo avvicinamento dei pagamenti forfetari ad ettaro verso valori più omogenei, senza giungere al 2019 al pieno livellamento (convergenza parziale); • applicazione del cosiddetto modello di convergenza irlandese: i diritti all’aiuto il cui valore iniziale è più basso del 90% della media nazionale al 2019 entro quella data dovranno recuperare 1/3 della differenza. Al 2019 nessun diritto potrà avere un valore più basso del 60% della media nazionale a meno che questo non comporti una perdita superiore al 30% del valore unitario iniziale di coloro stanno sopra la media; • sarà ammissibile agli aiuti tutta la superficie nazionale, compresi i vigneti; • il progressivo livellamento degli aiuti avverrà a livello nazionale considerando l’Italia come “regione unica”. Gli agricoltori che ricevono il pagamento di base devono obbligatoriamente effettuare delle pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente o delle pratiche equivalenti ricevendo per questo il pagamento verde. A tale pagamento è dedicato il 30% del massimale nazionale. Lo Stato membro che applica il pagamento di base a livello regionale, potrà applicare anche il pagamento verde a livello regionale. Le pratiche verdi sono: • la diversificazione delle colture; • il mantenimento del prato permanente esistente; • la costituzione (o il mantenimento) di aree di interesse ecologico (AIE). Diversificazione e aree di interesse ecologico riguardano solo le superfici a seminativo superiori a 10 ettari, nel primo caso, e a 15 ettari, nel secondo. Per un maggior dettaglio sul funzionamento dei pagamenti verdi si rimanda al paragrafo successivo. Il pagamento per i giovani agricoltori è un altro pagamento obbligatorio e ad esso deve essere dedicato fino al 2% del massimale nazionale. Esso assume la forma di un pagamento supplementare annuale ed è destinato ai giovani agricoltori che hanno diritto a ricevere il pagamento di base. Per “giovane agricoltore” si intende colui che ha meno di 40 anni nell’anno della domanda e che si insedia per la prima volta in azienda come capoazienda o che si è insediato nei 5 anni precedenti la domanda. Il pagamento per le aree svantaggiate con vincoli naturali è facoltativo. Ad esso può essere dedicato fino al 5% del massimale nazionale. Esso assume la forma di un aiuto annuale a ettaro ammissibile ricadente nelle zone soggette a vincoli naturali specifici ed è concesso previa attivazione dei titoli. L’aiuto può essere concesso limitato ad alcune regioni individuate sulla base delle caratteristiche dei vincoli naturali e delle condizioni agronomiche. Gli Stati membri possono erogare un sostegno accoppiato volontario a un elenco 14 Capitolo 2 - I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020 di settori e prodotti agricoli individuati nel regolamento3. Il sostegno può essere concesso a quei settori e/o quelle regioni dove specifici tipi di agricoltura o specifici settori affrontano difficoltà e sono importanti per ragioni economiche, sociali o ambientali. Il pagamento è concesso nei limiti necessari a mantenere gli attuali livelli di produzione nella regione interessata. In Italia, al sostegno accoppiato può essere dedicato fino al 15% del massimale nazionale. Esso può essere erogato per: • evitare il rischio di abbandono della produzione; • fornire un’offerta stabile all’industria di trasformazione locale; • compensare gli svantaggi che si trovano ad affrontare gli agricoltori di un particolare settore come conseguenza di continue perturbazioni del relativo mercato. Il pagamento ridistributivo per i primi ettari è un pagamento facoltativo a cui può essere dedicato fino al 30% del massimale nazionale. Esso si assume la forma di un aumento del pagamento di base per i primi ettari di ogni azienda, fino a un massimo di 30 ettari. Questo tetto può essere superato dai Paesi con dimensione media aziendale superiore a 30 ettari. Il regime per i piccoli agricoltori, infine, è un regime semplificato il cui scopo è di snellire gli oneri burocratici a carico di aziende e pubblica amministrazione per aiuti di entità limitata. Chi partecipa al regime riceve sotto forma forfetaria un aiuto di importo compreso tra 500 e 1.250 euro al posto dei singoli aiuti a cui avrebbe diritto annualmente. Gli agricoltori che partecipano al regime sono esonerati dalle pratiche agricole dei pagamenti verdi e sono esclusi dal sistema dei controlli e dal rischio di sanzioni previsti dalla condizionalità. Sugli aiuti superiori a 150.000 euro (al netto di pagamenti verdi e, a scelta dello Stato membro, dei salari e degli stipendi legati all’attività agricola versati e dichiarati nell’anno precedente compresi le imposte e gli oneri previdenziali) si applica un taglio del 5%, che può essere aumentato fino al 100%, trasformando così la riduzione degli aiuti in un capping. Le somme recuperate restano allo Stato membro e andranno in aumento della dotazione per lo sviluppo rurale, senza cofinanziamento nazionale. Se lo Stato membro, tuttavia, applica il pagamento ridistributivo e dedica ad esso più del 5% del massimale nazionale può non applicare la riduzione dei pagamenti. La riforma infine, prevede la possibilità di spostare fino al 15% di risorse dal primo al II pilastro (senza cofinanziamento) o viceversa (la cosiddetta flessibilità tra pilastri). Per quel che riguarda gli altri pagamenti del nuovo sistema di sostegno l’Italia ha adottato le decisioni di seguito riportate: • il pagamento verde sarà calcolato individualmente e il suo valore sarà proporzionale al valore dei diritti al pagamento di base che l’agricoltore ha attivato. Per maggiori dettagli sulle scelte relative al pagamento verde si rimanda al paragrafo 3.2; • al pagamento per i giovani agricoltori è destinato l’1% del massimale nazionale. Il pagamento è concesso per un massimo di 90 ettari e il valore unitario è pari al 25% del valore medio dei diritti all’aiuto detenuti; 3 Il sostegno accoppiato può essere concesso a: cereali, semi oleosi, colture proteiche, legumi da granella, lino, canapa, riso, frutta a guscio, patate da fecola, latte e prodotti lattiero-caseari, sementi, carni ovine e caprine, carni bovine, olio di oliva, bachi da seta, foraggi essiccati, luppolo, barbabietola, canna e cicoria da zucchero, prodotti ortofrutticoli e bosco ceduo a rotazione rapida. 15 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana • al pagamento accoppiato è destinato l’11% del massimale nazionale. I settori interessati a tale pagamento sono la zootecnia da carne (bovina e ovi-caprina), la zootecnia da latte (bovina e bufalina), i seminativi (piante proteiche, leguminose, frumento duro, riso, barbabietola da zucchero, pomodoro da industria), l’olivicoltura; • è stato attivato il regime per i piccoli agricoltori; • non sono stati attivati il pagamento ridistributivo per i primi ettari (si è scelto di applicare la riduzione dei pagamenti di importo più elevato) e il pagamento per le zone con vincoli naturali; • sugli importi del pagamento di base superiori a 150.000 euro al netto del costo del lavoro si applica una riduzione del 50%. Se dopo tale riduzione il pagamento di base supera 500.000 euro la decurtazione sulla parte eccedente sarà del 100%; • non si applica alcuna forma di flessibilità tra pilastri. 2.2I pagamenti verdi La riforma della PAC è nata in un periodo di forti tensioni. La crisi economicofinanziaria, iniziata nel 2009, con un effetto domino ha investito i due emisferi divenendo una crisi di portata mondiale che ha intaccato la disponibilità degli Stati membri dell’UE a finanziare, con la stessa intensità del passato, le politiche comunitarie. Questo ha fatto sì che negli ultimi negoziati sul quadro finanziario pluriennale dell’UE, per la prima volta, l’accordo è stato raggiunto su un ammontare di risorse inferiore a quello del periodo precedente. Il budget 2014-2020, infatti, si è chiuso su 996,7 miliardi di euro (comprese le poste fuori bilancio), il 3,7% in meno di quello del 2007-2013 (che superava di poco 1.000 miliardi di euro) (Consiglio dell’UE, 2013). La PAC, di conseguenza, una delle politiche più importanti dell’UE per la dimensione del suo finanziamento ma anche una delle più discusse per il meccanismo di erogazione degli aiuti tra i beneficiari, è stata tra le politiche sulle quali si è puntato per pervenire a risparmi di spesa. Negli anni immediatamente successivi alla presentazione della Comunicazione della Commissione sul futuro della PAC (Commissione europea, 2010) numerosi sono stati i contributi di accademici e think tank che proponevano una nuova formulazione della PAC e dei suoi pagamenti diretti più orientata all’ottenimento di “beni pubblici” e più sostenibile, soprattutto dal punto di vista ambientale (MiPAAF, INEA, 2010). Le decisioni sulla PAC, come noto, sono il risultato di forze contrapposte che prendono le mosse dall’esecutivo (la Commissione), sono sottoposte all’approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo), sono influenzate dagli Stati membri e dai gruppi di interesse all’interno degli Stati membri che agiscono al fine di accaparrarsi le risorse finanziarie. La PAC può contare su una lobby forte, su interessi ben costituiti e rappresentati e sul perdurare di una sorta di dipendenza dal passato (la path dependency) che attenua la spinta delle forze riformatrici (Iagatti e Sorrentino, 2007). Come la storia insegna, la PAC va avanti a strappi, introducendo le novità su base volontaria per poi renderle obbligatorie dopo un congruo periodo di sperimentazione. Così è stato per il capping e la modulazione (De Filippis et al., 1999, INEA, 2000), così è stato per la regionalizzazione (Pupo D’Andrea, 2009), così è per i pagamenti verdi. Una delle novità della riforma 2014-2020, infatti, è rappresentata dalla componente ambientale dei pagamenti diretti, i cosiddetti pagamenti 16 Capitolo 2 - I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020 verdi, ricevuti per ettaro di superficie a fronte del rispetto di alcune pratiche agricole favorevoli al clima e all’ambiente (Commissione europea, 2013) Tali pagamenti, pur essendo nella forma obbligatori, di fatto si pongono a metà strada tra una sorta di super-condizionalità e i pagamenti volontari (De Filippis, 2012). Infatti, per essere considerata obbligatoria, l’adozione delle pratiche verdi dovrebbe essere accompagnata da un efficace sistema di sanzioni da applicare in caso di inosservanza. Invece, nel regolamento orizzontale (regolamento (UE) n. 1306/2013 - art. 77) si legge che il mancato rispetto delle pratiche verdi comporta, nei casi di maggiore gravità, la mancata corresponsione del solo pagamento verde nei primi due anni (2015 e 2016) alla quale si aggiunge, negli anni successivi, una decurtazione di una quota della somma da erogare per tutti i pagamenti diretti, pari al 20% del pagamento verde nel 2017 e al 25% dal 2018 in poi. Detto più semplicemente, nei primi due anni il mancato rispetto del greening incide solo sul pagamento verde, mentre negli anni successivi incide anche sugli altri aiuti, ma in misura molto limitata. Questo induce ad affermare che, pur mancando un “patto” sotto forma di contratto scritto tra agricoltore e Stato membro, è fuor di dubbio che, almeno nei primi anni, il pagamento verde possa essere assimilato a un pagamento volontario (chi non adotta la pratica non riceve il pagamento verde), mentre negli anni successivi, la fissazione della sanzione come una percentuale limitata di riduzione degli aiuti riduce il grado di volontarietà dei pagamenti verdi, ma non per questo rende il loro rispetto realmente vincolante. Occorre comunque sottolineare che le pratiche per l’inverdimento rappresentano un vincolo, già a partire dal primo anno, per chi intende aderire alle misure agro-ambientali del II pilastro, che dovranno essere disegnate in modo da incorporare nella baseline le pratiche verdi del I pilastro. Si può quindi affermare che anche nel caso del pagamento verde la novità da esso rappresentata sarà testata nel corso dei prossimi anni, per poi divenire realmente obbligatoria (nel senso che il mancato rispetto delle pratiche verdi potrà comportare l’esclusione da tutti i pagamenti diretti) nel futuro periodo di programmazione che partirà dal 2021, sulla base dell’esperienza dei precedenti anni di applicazione. Proprio per la sua novità il pagamento verde sconta anche un indebolimento dei suoi contenuti rispetto alle proposte legislative della Commissione (Commissione europea, 2011b). Questo annacquamento, da una parte, è stato funzionale ad una maggiore adesione delle pratiche “verdi” alle caratteristiche locali delle “agricolture” europee, dall’altra, l’operare del sistema delle equivalenze porterà al temuto collage di applicazioni negli Stati membri, alcune delle quali non garantiranno niente di più di quanto non si stia già facendo oggi con le misure agro-ambientali dello sviluppo rurale o con i regimi nazionali/regionali di certificazione ambientale. Nel capitolo successivo ci si soffermerà con maggior dettaglio sui contenuti del pagamento verde e sulla sua applicazione in Italia. 17 capitolo 3 Le pratiche agricole del greening 3.1Le pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente Il Regolamento (UE) 1307/2013 sui pagamenti diretti sancisce che il pagamento per le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente (Capo 3) si applica a tutte le aziende che ricevono il pagamento di base, con l’esclusione delle superfici coltivate con i metodi dell’agricoltura biologica e di quelle che aderiscono al regime semplificato per i piccoli agricoltori. Come descritto in precedenza (cfr. par. 2.2), il finanziamento di questa componente “verde” rimane associato al 30% del massimale nazionale dei pagamenti diretti. Il mancato rispetto di questi requisiti potrà incidere fino al 125% della quota dei pagamenti verdi percepita dagli agricoltori. Più in dettaglio, il cosiddetto greening prevede l’applicazione, sulla superficie ammissibile ai pagamenti, dei seguenti requisiti: • Diversificazione delle colture (Art. 44). Questo requisito si applica esclusivamente alle aziende con superfici a seminativo superiori a 10 ettari. Sulle superfici comprese tra 10 e 30 ettari che non sono interamente coltivate con colture sommerse per una parte significativa dell’anno, gli agricoltori devono assicurare la presenza contemporanea di almeno due colture, con la coltura principale che non può superare il 75% della superficie totale a seminativo. Sulle superfici a seminativo superiori a 30 ettari le colture presenti devono essere almeno tre1; le due principali non possono superare, congiuntamente, il 95% della superficie e quella principale da sola non può coprire più del 75%. Quest’obbligo non viene applicato nel caso di superfici a seminativo utilizzate per più del 75% per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per terreni a maggese, a condizione che la superficie a seminativo rimanente non superi i 30 ettari. L’esclusione dall’obbligo di diversificazione riguarda anche le aziende la cui superficie agricola ammissibile è costituita per più del 75% da prati permanenti, foraggio o colture sommerse, a condizione che i seminativi non sottoposti a tali impieghi non siano superiori a 30 ettari. • Mantenimento dei prati permanenti (Art. 45). La percentuale dei prati permanenti sulla superficie agricola totale non deve scendere sotto il 5% (l’anno di riferimento è il 2015). Gli Stati membri possono decidere di applicare questo requisito a livello aziendale oppure a livello territoriale (nazionale, regionale o sub-regionale). Inoltre, non è possibile convertire o arare queste superfici se esse sono situate in aree definite ecologicamente sensibili dagli Stati membri ai sensi 1 Ai fini dell’applicazione dell’obbligo di diversificazione, si intende per “coltura”: a) una coltura appartenente a uno qualsiasi dei differenti generi definiti nella classificazione botanica delle colture; b) una coltura appartenente a una qualsiasi delle specie nel caso delle brassicacee, solanacee e cucurbitacee; c) i terreni lasciati a riposo; d) erba o altre piante erbacee da foraggio. 19 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana delle direttive sulla conservazione degli habitat naturali e sulla conservazione degli uccelli. • Introduzione di aree d’interesse ecologico (Art. 46). Questo requisito si applica alle aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari. Sono pertanto escluse le superfici a prato-pascolo e a colture permanenti. Le aree d’interesse ecologico, rappresentate da superfici non coltivate (come siepi, terreni a riposo, terrazzamenti, fasce tampone) ma anche da elementi caratteristici del paesaggio, superfici oggetto d’imboschimento e coperte da colture azoto-fissatrici, devono interessare una superficie corrispondente ad almeno il 5% della copertura a seminativo. Questa quota potrà essere innalzata al 7% nel 2018, a seguito di una valutazione d’impatto presentata dalla Commissione europea accompagnata da una specifica proposta legislativa. Sono escluse dall’applicazione di questo obbligo le aziende la cui superficie ammissibile è costituita per una quota maggiore del 75% da prati permanenti e foraggi o coltivata con colture sommerse per una parte significativa dell’anno, nonché le aziende dove più del 75% della superficie a seminativo è interamente usata per la produzione di erba o altri foraggi erbacei, lasciata a riposo, coltivata con leguminose (o una combinazione di questi) a condizione che la superficie a seminativo rimanente non superi i 30 ettari. Il regolamento prevede, inoltre, l’esenzione da questi obblighi, oltre che per la parte di ciascuna azienda sulla quale si pratica l’agricoltura biologica, anche per le aziende che, a seguito dell’adesione a misure agro-climatico-ambientali o ad alcune tipologie di certificazione, adottano pratiche benefiche per l’ambiente e per il clima che danno benefici equivalenti o maggiori rispetto a quelli del greening (cfr. par. 3.2.2). Rispetto ai requisiti appena descritti, le opzioni lasciate agli Stati membri sono piuttosto limitate ma non certo irrilevanti. La più importante, cui si è già accennato, è la scelta delle modalità di definizione e di calcolo del pagamento ecologico: se esso debba essere calcolato a livello territoriale, cioè in misura uguale per tutti gli agricoltori di una regione o Stato membro, o a livello individuale, cioè differenziato tra i singoli beneficiari. Numerosi paesi, tra cui l’Italia, hanno optato per il calcolo del pagamento ecologico a livello aziendale: una scelta molto discutibile, dettata dalla volontà di ridurre l’effetto redistributivo del passaggio ad un pagamento di base forfetario (cfr. par. 3.2.1). Accanto a questo aspetto finanziario, vi sono alcune questioni “tecniche” demandate alle opzioni nazionali. Nel caso della diversificazione, le questioni più stringenti sono relative al periodo di copertura del suolo di ogni coltura per il calcolo delle percentuali e al trattamento delle policolture. Riguardo al mantenimento dei prati permanenti, spetta agli Stati membri definire un elenco di aree sensibili da escludere dal vincolo e i criteri con cui mantenere il rapporto del 5% fissato a livello comunitario tra superfici a prati e superficie agricola totale. Negli atti delegati è stata inoltre prevista la possibilità di estendere la definizione a zone che soddisfino criteri equivalenti, come alcune zone umide. Tuttavia, le scelte più rilevanti sono quelle che riguardano le aree di interesse ecologico (AIE). Agli Stati membri viene demandata la scelta di quali superfici, tra quelle previste dal regolamento europeo, siano considerate aree di interesse ecologico e, in alcuni casi, con quali criteri possano essere applicate. 20 Capitolo 3 - Le pratiche agricole del greening Negli atti delegati si chiarisce che tra le AIE possono essere inclusi i terreni a riposo, purché su di essi non venga fatta alcuna attività agricola; per quanto riguarda le terrazze, gli elementi caratteristici del paesaggio e le fasce tampone, vengono considerate come AIE quelle che rispettano le norme della condizionalità (buone condizioni agronomiche e ambientali); infine, viene specificato che ogni Stato membro può definire un elenco di colture azoto-fissatrici qualificate come AIE. Gli Stati membri possono inoltre consentire a gruppi di agricoltori di gestire in modo congiunto l’obbligo di introdurre queste aree, contabilizzando collettivamente la superficie da escludere dalla pratica agricola (Comegna e Sacchetto, 2014a) 2. Infine, gli Stati membri possono definire AIE a livello regionale (fino alla metà della quota percentuale) al fine di ottenere aree adiacenti. I requisiti del greening così come definiti nel Reg.1307/2013 si differenziano in maniera considerevole rispetto all’originale proposta legislativa della Commissione europea (2011b), che prevedeva misure molto più stringenti, tra cui l’applicazione della diversificazione sulle superfici a seminativo superiori a 3 ettari, l’obbligo del mantenimento dei prati permanenti a livello aziendale e l’introduzione di aree d’interesse ecologico sul 7% di tutta la superficie agricola (ad esclusione dei prati permanenti). Inoltre, la proposta iniziale, a differenza della versione finale, non prevedeva l’esclusione dai vincoli di greening legata alla specializzazione produttiva delle aziende (per maggiori dettagli si veda l’Appendice 1). In questa sua forma il greening aveva però suscitato numerose critiche da parte del mondo produttivo e dalla maggioranza degli Stati membri, non solo per la dubbia efficacia ambientale dello strumento, ma anche rispetto ai possibili costi aggiuntivi per gli agricoltori e al carico amministrativo e burocratico derivante dalla sua implementazione (Matthews, 2012; 2013). Guardando al sistema complessivo di misure e deroghe previste dal greening nel Regolamento 1307/2013 (tab. 3.1), ci si può chiedere se con esso si sia raggiunta invece una giusta proporzione tra i vantaggi ambientali che si possono conseguire e l’aggravio burocratico-amministrativo connesso all’applicazione delle relative norme (Tangermann, 2011; Matthews, 2012; Mahé, 2012; Comegna e Sacchetto, 2014a). Confrontando il risultato finale con le proposte da cui si era partiti, non c’è dubbio che, come si è detto, il negoziato su questo aspetto della nuova PAC è stato fortemente orientato dalle sollecitazioni provenienti da alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, e da componenti importanti del mondo produttivo. Da questo punto di vista, rispetto al pacchetto iniziale, le norme che sono state varate appaiono molto meno rigorose sul fronte ambientale e sembrano orientate prevalentemente a non pregiudicare gli obiettivi produttivi e la competitività dell’agricoltura europea. Tali norme sono state poi definite con maggior precisione attraverso gli atti delegati che hanno seguito la definizione dell’accordo. In particolare, come sarà illustrato nel paragrafo successivo, insieme alla definizione delle pratiche equivalenti, sono state precisate le norme applicative per le tre pratiche colturali obbligatorie per il pagamento ecologico. 2 L’unico obbligo da rispettare, a questo proposito, è che ciascun agricoltore realizzi all’interno della propria azienda almeno il 50% dell’obbligo che gli compete. 21 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 3.1 - Pratiche agricole, aziende interessate e superfici ammissibili previste dal greening Pratica agricola Aziende interessate Superfici e colture Esenzioni Non si applica a: Diversificazione colturale Mantenimento prati permanenti Aziende con superficie a seminativo > 10 ettari Aziende con prati permanenti e pascoli Seminativi tra 10-30 ha: presenza di almeno 2 colture. La coltura principale deve occupare < 75% della superficie a seminativo; Seminativi > 30 ha: presenza di almeno 3 colture. Le due colture principali devono occupare < 95% della superficie a seminativo e la principale <75% Mantenimento obbligatorio per aziende localizzate in aree designate dagli Stati membri, considerate ecologicamente sensibili; Il rapporto tra prato permanente e superficie agricola totale non deve diminuire di oltre il 5% a livello aziendale o territoriale • agricoltura biologica; • aziende con più del 75% della superficie ammissibile a prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per la coltivazione di colture sommerse e con superficie a seminativi rimanente < 30 ha • aziende con più del 75% della superficie a seminativi utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo e con superficie a seminativi rimanente <30 ha Non si applica a: • agricoltura biologica. Non si applica a: • agricoltura biologica; Aree d’interesse ecologico Aziende con superficie a seminativo > 15 ettari Obbligo di destinare ad AIE una superficie pari al il 5% dei seminativi (possibilità di aumentare al 7% dal 2018) 22 • aziende con più del 75% della superficie ammissibile a prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per la coltivazione di colture sommerse e con superficie a seminativi rimanente < 30 ha • aziende con più del 75% della superficie a seminativi utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo, investiti a colture di leguminose e con superficie a seminativi rimanente < 30 ha Capitolo 3 - Le pratiche agricole del greening 3.2L’applicazione del greening e le scelte dell’Italia 3.2.1 Il calcolo dei pagamenti verdi A partire dal 2015 alle “pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente” corrisponderà il cosiddetto pagamento verde, al quale dovrà essere riservato il 30% del massimale nazionale annuale. In Italia questo importo varierà da 1.170,6 milioni di euro nel 2015 a 1.111,3 milioni nel 2019 (MiPAAF, 2014). Il valore del pagamento verde viene calcolato annualmente ed è dato dal rapporto tra il massimale spettante al greening a livello nazionale o regionale e il valore totale di tutti i diritti all’aiuto attivati in un dato Stato membro. Se lo Stato membro applica il pagamento di base a livello regionale potrà applicare anche il pagamento verde a livello regionale. Inoltre, ciascun Paese può decidere di definire il pagamento ecologico a livello individuale: in questo modo, il valore del pagamento viene calcolato come percentuale del valore totale dei diritti di pagamento che l’agricoltore percepisce per ciascun anno. In questo modo il pagamento verde rimane in parte legato quello storicamente percepito nella situazione pre-riforma. Come già riportato in precedenza, le scelte del nostro paese riguardano l’Italia come regione unica e il pagamento verde “individuale”, ovvero per il calcolo di questa quota di pagamenti diretti come percentuale del valore dei titoli percepiti da ogni agricoltore. Pertanto le aziende agricole che hanno percepito maggiori pagamenti diretti nel periodo pre-riforma otterranno un pagamento verde superiore rispetto alle aziende con basso o nessun sussidio nella precedente riforma. Tale scelta, dettata dalla volontà di attenuare l’effetto ridistributivo della convergenza, di fatto ha accentuato alcuni aspetti critici del greening, tra cui la sua scarsa flessibilità e la sua iniquità, poiché a fronte degli stessi obblighi imposti dalla PAC le aziende beneficeranno di un pagamento verde di diverso ammontare, svincolato dai costi aggiuntivi delle nuove pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente. Nonostante il valore dei pagamenti verdi sia calcolato a livello aziendale, a titolo esemplificativo si riportano di seguito i valori medi per il periodo 2015-2019 a livello regionale e per zona altimetrica (tab. 3.2). I dati mostrano significative variazioni a livello territoriale e per zona altimetrica, derivanti dal modello di convergenza scelto dall’Italia. A livello nazionale il valore medio del pagamento verde per il periodo 2015-2019 è stiamto in circa 92 euro ad ettaro, con notevoli differenze tra le zone montane (62 €/ha), collinari (82 €/ha) e di pianura (118 €/ha). 23 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 3.2 – Il valore dei pagamenti verdi in Italia (€/ha), media 2015-2019 Piemonte Valle d’Aosta Media Montagna Collina Pianura 103 50 72 134 39 39 - - Lombardia 138 48 102 156 Veneto 117 65 91 125 Friuli Venezia Giulia 86 40 79 93 Liguria 68 58 79 - Emilia Romagna 93 57 80 102 Toscana 69 55 70 77 Umbria 91 60 100 - Marche 86 72 88 - Lazio 78 58 77 84 Abruzzo 66 53 75 - Molise 79 65 87 - Campania 101 78 102 143 Puglia 112 87 100 121 77 59 87 76 Basilicata Calabria 149 148 141 175 Sicilia 68 65 69 69 Sardegna 56 52 51 71 P.A. Bolzano 43 43 - - P.A. Trento 52 52 - - 92 62 82 118 Italia 3 Fonte: “PAC2020 - Simulation tool” 3.2.2 Rapporti tra greening e II pilastro L’introduzione del greening nel I pilastro rappresenta un vincolo anche per alcune misure dello sviluppo rurale, in quanto queste dovranno essere disegnate in modo da impedire il doppio finanziamento per le pratiche associate ai pagamenti verdi. L’assenza di una doppia remunerazione degli interventi dovrà essere garantita per le misure nelle quali il beneficiario riceve un pagamento per compensare i maggiori costi e i minori redditi derivanti dalla sottoscrizione volontaria d’impegni di natura ambientale. Le misure interessate sono quelle relative ai pagamenti agro-climatico-ambientali (art. 28 del Reg. 1305/2013), all’agricoltura biologica (art. 29), alle indennità Natura 2000 e a quelle connesse alla direttiva quadro sulle acque (art. 30). Come sarà specificato di seguito, l’interazione degli interventi agro-ambientali con il I pilastro comprende anche la definizione delle cosiddette “pratiche equivalenti”, ovvero quelle pratiche analoghe al greening che, generando effetti ambientali simili, danno diritto ai beneficiari di ricevere automaticamente i pagamenti verdi. 3 Si tratta di uno strumento di simulazione basata su micro-dati forniti da AGEA (2012) sviluppato dall’INEA nell’ambito delle attività di supporto tecnico-scientifico al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, per l’implementazione della riforma della PAC post 2013. Il “Pac2020 - Simulation tool”, è in grado di calcolare per singola azienda l’importo di pagamento di base e pagamento verde dal 2015 al 2019. 24 Capitolo 3 - Le pratiche agricole del greening Per quanto riguarda la “baseline”, nella nuova programmazione la soglia di accesso ai pagamenti di natura ambientale non sarà esclusivamente quella della condizionalità, ma a questa si aggiungeranno i requisiti minimi per l’utilizzo dei fertilizzanti e dei prodotti fitosanitari, eventuali requisiti obbligatori stabiliti da normative nazionali e soprattutto i nuovi requisiti del greening, che si prefigurano come una sorta di baseline aggiuntiva rispetto a quella individuata dalla normativa (Rete Rurale Nazionale, 2014). Infatti, pur non facendo parte della baseline, le pratiche agricole collegate ai pagamenti verdi dovranno essere tenute in conto per la quantificazione dei premi e l’individuazione degli impegni del II pilastro. A questo proposito il meccanismo di demarcazione tra primo e II pilastro si basa sul concetto di equivalenza, che è stato uno degli elementi più discussi durante la fase finale del negoziato sulla PAC, per l’obiettiva difficoltà, sul terreno amministrativo e gestionale, di creare un quadro comune per comparare con i requisiti del greening le pratiche agricole e gli effetti ambientali dei tanti schemi agro-climatico-ambientali adottati negli Stati membri4. Il regolamento prevede che i pagamenti del II pilastro siano concessi solo per gli impegni che vanno oltre i requisiti del greening, mentre in caso d’impegni equivalenti si procederà ad una riduzione dei pagamenti agro-climatico-ambientali. Tale riduzione viene calcolata con modalità differenti se gli impegni volontari sono di natura simile o di natura diversa rispetto alle pratiche del greening. Nel primo caso (ad esempio diversificazione con 4 colture), il calcolo del pagamento riguarda solo le perdite di reddito e i costi aggiuntivi derivanti dall’applicazione degli impegni che vanno al di là delle pratiche del greening (es. differenza di costi per l’introduzione di 4 colture rispetto a 3 colture). Nel secondo caso, ovvero quando non è possibile fare un confronto diretto tra gli impegni, si effettua una riduzione forfettaria dei pagamenti del II pilastro pari ad un terzo del pagamento medio del greening. 3.2.3 Le pratiche equivalenti Nel Reg. 1307/2013 sui pagamenti diretti (Allegato IX) è stata inserita una lista di pratiche agricole che consentono agli agricoltori di soddisfare i requisiti del pagamento ecologico, in quanto i benefici ambientali ottenuti da queste pratiche sono ritenuti equivalenti a quelli del greening. Queste pratiche equivalenti possono essere certificate, oltre che con le misure a carattere ambientale del II pilastro, anche dai sistemi di certificazione nazionale o regionale che hanno effetti simili alle pratiche del greening in termini di biodiversità, qualità del suolo, mantenimento del paesaggio e mitigazione dei cambiamenti climatici (Comegna e Sacchetto, 2014b). Si ricorda, a questo proposito, come l’agricoltura biologica sia ritenuta talmente incisiva dal punto di vista ambientale da sostituire automaticamente i tre requisiti del greening5 , mentre le aziende le cui superfici aziendali ricadono nelle aree designate ai sensi della direttiva Natura 2000 e della Direttiva acque sono tenute al rispetto del greening solo in caso di compatibilità con gli obiettivi delle direttive stesse. In tutti gli altri casi, invece, la definizione delle pratiche equivalenti spetta agli Stati membri in base agli impegni contemplati nel regolamento. A livello nazionale si è optato per includere tra le pratiche equivalenti ammesse tutte quelle elencate nell’allegato IX del 4 5 Sull’equivalenza tra i requisiti del greening e altri schemi ambientali si veda Hart e Menadue (2013). Possono beneficiare della componente di “inverdimento” senza necessità di soddisfare ulteriori obblighi solo le unità aziendali che soddisfano le condizioni stabilite dal regolamento comunitario sull’agricoltura biologica (Reg. (CE) n. 834/2007). 25 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana regolamento, lasciando aperta la possibilità di aggiungere eventuali limitazioni alla scelta degli agricoltori da parte delle autorità regionali competenti. A titolo esemplificativo, nella seguente tabella vengono riportati alcune pratiche che possono sostituire i requisiti ambientali del greening. Tabella 3.3 - Esempi di pratiche equivalenti Pratiche agricole del greening Diversificazione colturale Pratiche equivalenti • Avvicendamento colture • Copertura invernale del suolo • Colture intercalari • Gestione dei prati permanenti applicando specifici criteri, tra cui: un appropriato regime di taglio e il mantenimento elementi caratteristici del paesaggio • Sistema di pascolo estensivo • Set-aside ecologico • Fasce tampone • Bordi e strisce per fauna selvatica • Produzione su seminativi senza irrigazione, concimazione e uso di prodotti fitosanitari Mantenimento prati permanenti Aree d’interesse ecologico Fonte: Allegato IX del Reg.(Ue) 1307/2013 3.2.4 Le aree di interesse ecologico Analogamente alle pratiche equivalenti, anche per definizione delle aree di interesse ecologico è stato lasciato un ampio margine di discrezionalità nell’applicazione nazionale. Lo Stato membro può infatti considerare aree di interesse ecologico le aree elencate nell’articolo 46 del regolamento (UE) n. 1307/2013, oltre alle possibili pratiche equivalenti nell’allegato X dello stesso regolamento. Come evidenziato nella tabella sottostante, l’Italia ha deciso di considerare aree d’interesse ecologico tutte quelle elencate nel regolamento, ad eccezione delle superfici con colture intercalari. Ai fini del calcolo delle aree d’interesse ecologico presenti in ciascuna azienda saranno applicati specifici fattori di conversione e di ponderazione, già previsti ma non stabiliti nell’allegato X del Reg. 1307/2013, e successivamente definiti proprio all’interno degli atti delegati (Reg. UE 639/2014). Tali fattori hanno lo scopo di differenziare i possibili elementi caratteristici stabilendo la corrispondenza tra 1 m2 (o metro lineare) di tali elementi e 1 m2 di aree d’interesse ecologico (tab. 3.5). Tali fattori possono essere distinti tra quelli maggiori di uno (per cui ogni m2 /lineare dell’elemento caratteristico corrisponderà a più m2 di AIE) e quelli al di sotto dell’unità (per i quali sarà necessario riallocare una maggiore superficie per ottenere lo stesso m2 di area ecologica). Per le AIE con fattore di ponderazione maggiore di uno lo Stato membro può decidere di avvalersi dei coefficienti stabiliti dalla Commissione, mentre per quelle con fattore di ponderazione minore di uno, vi è l’obbligo di utilizzare i coefficienti definiti nell’allegato X. 26 Tabella 3.4 - Aree d’interesse ecologico: superfici ammesse e scelte dell’Italia Tipologia di superficie ammesse Scelte dell’Italia a) Terreni lasciati a riposo SI b) Terrazze SI SI c) Elementi caratteristici del paesaggio (compresi quelli non inclusi nella superficie ammissibile) d) Fasce tampone SI e) Superfici agro-forestali SI f) Fasce di ettari ammissibili lungo le zone periferiche delle foreste SI g) Bosco ceduo a rotazione rapida senza impiego di concimi minerali e/o di prodotti fitosanitari SI h) Superfici oggetto di imboschimento SI i) Superfici con colture intercalari NO j) Superfici con colture azoto-fissatrici SI Fonte: Allegato X del Reg.(Ue) 1307/2013 Tra le possibili tipologie di aree ecologiche con coefficienti inferiori all’unità ci sono quelle sulle quali è stata prevista la possibilità di mantenere una produzione agricola. A tale proposito, l’introduzione di superfici produttive tra le possibili AIE, in particolare quelle con colture azotofissatrici, ha suscitato un intenso dibattito tra il mondo produttivo e quello ambientalista. La prima questione riguarda l’assenza, negli atti delegati, di un netto divieto all’uso di pesticidi e fertilizzanti sulle superfici con colture azotofissatrici qualificate come aree d’interesse ecologico. Gli atti delegati contengono, infatti, solo un’indicazione sui criteri di scelta degli elementi caratteristici per le AIE che si rifà al principio della salvaguardia e miglioramento della biodiversità nelle aziende agricole, tenendo conto della necessità di soddisfare gli obiettivi della direttiva 91/676/CEE e della direttiva 2000/60/CE (Commissione europea, 2014b). Viene, invece, demandata agli Stati membri la definizione di specifiche norme sui luoghi in cui si possono coltivare le superfici rispondenti ai requisiti di area di interesse ecologico e soprattutto sull’introduzione di eventuali condizioni aggiuntive relative ai metodi di produzione. Per quanto riguarda i criteri di selezione e d’implementazione delle varie tipologie di queste aree, l’Italia ha incluso nella lista un ampio spettro di colture azoto-fissatrici, tra cui soia, erba medica, cece, fagiolo, fava, pisello, sulla, trifoglio e veccia. È evidente che se non verranno introdotte restrizioni aggiuntive sulle modalità di produzione in queste superfici, la possibilità di soddisfare il requisito delle aree d’interesse ecologico attraverso queste colture ridurrà in maniera significativa l’efficacia ambientale di questo requisito. Un’altra questione che ha suscitato numerose polemiche è quella relativa al fattore di ponderazione per queste colture, inizialmente fissato a 0,3 (ovvero ad 1 ha di colture azoto-fissatrici corrispondono 0,3 ha di aree d’interesse ecologico) e successivamente innalzato a 0,7 (ad 1 ha di colture azoto-fissatrici corrispondono 0,7 ha di aree d’interesse ecologico). A seguito di questa modifica aumenta la superficie complessiva che già rispetta il vincolo di AIE e per l’eventuale quota mancante sarà sufficiente coltivare circa 1,4 ha (invece degli iniziali 3,3 ha) di colture azoto-fissatrici come soia, erba medica e trifoglio per ogni ettaro di aree d’interesse ecologico. Si tratta di una richiesta molto meno onerosa per gli agricoltori rispetto a quanto inizialmente proposto dalla Commissione che, insieme 27 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana alla possibilità di utilizzare pesticidi e fertilizzante su queste aree, rappresenta un’ulteriore attenuazione dell’incisività delle misure di greening. Tabella 3.5 - Fattori di conversione e di ponderazione per il calcolo delle AIE Fattore di conversione (m/ albero/m²) Elementi caratteristici Terreni lasciati a riposo (per m²) Fattore di ponderazione Area di interesse ecologico (se si applicano entrambi i fattori) n.p 1 1 m2 Terrazze (per metro lineare) 2 1 2 m2 Elementi caratteristici del paesaggio 5 2 10 m2 20 1,5 30 m2 5 2 10 m2 n.p 1,5 1,5 m2 6 1,5 9 m2 n.p 1,5 1,5 m2 Fossati (per metro lineare) 3 2 6 m2 Muretti di pietra tradizionali (per metro lineare) 1 1 1 m2 n.p 1 1 m2 1,5 9 m2 n.p 1 1 m2 Siepi/fasce alberate (per metro lineare) Alberi isolati (per albero) Alberi in filari (per metro lineare) Gruppi di alberi/ boschetti nel campo (per m²) Bordi dei campi (per metro lineare) Stagni (per m²) Altri elementi caratteristici non elencati sopra, ma protetti dalla BCAA 7, dal CGO 2 o CGO 3 (per m²) Fasce tampone (per metro lineare) Ettari agroforestali (per m²) Fasce di ettari ammissibili lungo i bordi forestali (per metro lineare) Senza produzione 6 1,5 9 m2 Con produzione 6 0,3 1,8 m2 Superfici con bosco ceduo a rotazione rapida (per m²) n.p 0,3 0,3 m2 Superfici oggetto di imboschimento ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 2, lettera b), punto ii) (per m²) n.p 1 1 m2 Superfici con colture intercalari o manto vegetale (per m²) n.p 0,3 0,3 m2 Superfici con colture azotofissatrici (per m²) n.p 0,7 0,7 m2 Fonte: Allegato X del Reg.(Ue) 1307/2013 28 capitolo 4 Il greening in Italia: aziende e superfici interessate 4.1Obiettivi e metodologia Il capitolo fornisce un’elaborazione quantitativa sul potenziale impatto dell’introduzione del pagamento ecologico in Italia. Le simulazioni qui riportate, realizzate sulla base dei dati del 6° Censimento dell’agricoltura dell’Istat del 2010, forniscono una stima del numero e della localizzazione delle aziende e delle superfici potenzialmente interessate dal greening a livello nazionale1. Per valutare il possibile impatto del greening si è tentato di quantificare e localizzare le aziende che dovranno effettuare dei cambiamenti nel loro assetto produttivo al fine di ottemperare ai nuovi obblighi ambientali. A tale scopo sono stati utilizzati i micro-dati del Censimento Istat del 2010, con una base di riferimento è rappresentata quindi da 1.620.884 aziende agricole, delle quali sono state estratte alcune delle informazioni necessarie ai fini dell’analisi, come ad esempio le superfici coltivate e le superfici a biologico. Al fine di stimare il numero di aziende e l’estensione delle superfici potenzialmente interessati dalla diversificazione colturale e si è proceduto escludendo dall’universo di riferimento le aziende con superficie a seminativi inferiore a 10 ha e le aziende con superfici a biologico, cioè quelle nelle quali tutta la superficie aziendale è investita a biologico. Per le aziende rimanenti è stato calcolato il peso percentuale della superficie investita nelle diverse colture sul totale dei seminativi, al fine di escludere le aziende che avessero più del 75% delle superfici dedicate esclusivamente alla coltivazione del riso, ai prati avvicendati o ai terreni a riposo, o ad una combinazione di queste. Infine, per identificare in misura più approfondita le aziende che potenzialmente dovranno modificare le loro pratiche correnti come risultato della misura di diversificazione colturale, le rimanenti aziende sono state suddivise in due gruppi: (1) aziende con superfici a seminativi tra 10 e 30 ha e (2) aziende con superfici a seminativi superiori a 30 ha. Si è poi individuato, per ogni azienda, il numero delle colture presenti. Per il primo gruppo sono state selezionate le aziende con la presenza di una sola coltura o, nel caso di aziende con più di 2 colture, quelle con la coltura principale coltivata in oltre il 75% della superficie a seminativi. Nel secondo gruppo sono state selezionate invece le aziende con meno di 3 colture e le aziende che, con più di 3 colture, avessero investito oltre il 75% della superficie nella coltura principale2. La somma delle aziende selezionate all’interno dei due gruppi ha quindi consentito di stimare il numero di aziende e la superficie investita potenzialmente interessate dalla misura di diversificazione colturale. 1 Una sintesi dei risultati di queste elaborazioni è stata pubblicata nell’articolo “The effects of CAP greening on Italian agriculture”, apparso su PAGRI/IAP Politica Agricola Internazionale, Vol. 3 (Vanni e Cardillo, 2013). 2 Al fine di semplificare le elaborazioni non è stato considerato il vincolo, presente nel regolamento, che le due colture principali ricoprano al massimo il 95% della superficie. 29 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Relativamente alla stima del numero di aziende potenzialmente interessate dalla seconda misura prevista dal greening, e cioè quella riguardante i prati permanenti, si è proceduto considerando come universo di partenza il totale delle aziende censite, dal quel sono state escluse le aziende con superfici a biologico e sono state considerate le sole aziende con superfici a prati permanenti e pascoli. Si è poi calcolato il peso percentuale delle superfici a prati e pascoli sul totale della superficie agricola utilizzata (Sau). Infine, si è proceduto alla stima delle aziende potenzialmente interessate dell’introduzione delle aree di interesse ecologico (AIE), considerando, all’interno delle aziende censite quelle con superfici a seminativi superiori a 15 ha, che non avessero superfici a biologico, e che non avessero più del 75% della superficie coltivata a riso, prati avvicendati e terreni a riposo o ad una combinazione delle stesse. Da queste aziende sono state poi escluse quelle con superfici a riposo maggiori del 5%, supponendo che tali aziende destineranno ad aree d’interesse ecologico i terreni non coltivati. La disponibilità dei micro-dati censuari ha consentito anche di incrociare le informazioni al fine di poter individuare il numero di aziende potenzialmente influenzate da una singola disposizione o da una combinazione di esse: diversificazione colturale e aree d’interesse ecologico. Il requisito del mantenimento della superficie a prati permanenti non è stato incrociato con gli altri poiché questo requisito in Italia, ad eccezione delle aree ecologicamente sensibili, sarà applicato a livello nazionale. La metodologia presentata pur consentendo di effettuare stime piuttosto attendibili sull’entità di superfici e aziende potenzialmente interessate dal greening, presenta indubbiamente alcuni limiti che vale la pensa sottolineare: • Utilizzando il Censimento dell’agricoltura, sono state considerate tutte le aziende e non solo quelle che ricevono pagamenti diretti. La rilevazione censuaria non consente al momento di distinguere in maniera rigorosa queste ultime aziende, ma tale ostacolo potrebbe essere superato utilizzando le informazioni presenti nella banca dati dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) che, una volta disponibili, potrebbero consentire la realizzazione di un’analisi più accurata del fenomeno. Nonostante ciò va però precisato che, sebbene la simulazione realizzata con i dati Istat possa portare ad una sovrastima del numero di aziende soggette al greening, è tuttavia molto probabile che la quasi totalità delle aziende considerate nello studio, cioè quelle con una superficie a seminativi maggiore di 10 o 15 ha, possa ricevere pagamenti diretti previsti dal I pilastro PAC. • In secondo luogo, al fine di semplificare l’analisi, le elaborazioni hanno considerato solo il numero delle aziende agricole e le superfici potenzialmente interessate dalle singole misure utilizzando una formulazione binaria: ogni azienda può adeguarsi o meno alla singola misura. L’uso di questa approssimazione non ha permesso l’osservazione del diverso grado di non conformità delle aziende agricole alle nuove regole, mentre le modifiche richieste nelle pratiche agricole saranno molto influenzate dalle pratiche agricole correnti. Per una stima più esaustiva dell’impatto complessivo del greening si dovrebbe considerare anche quanto sono lontane dai requisiti del greening le attuali pratiche agricole messe in atto dalle aziende colpite dalle misure. • Nel regolamento è prevista una lista di misure equivalenti che consentiranno agli agricoltori ad avere automaticamente diritto alla componente ecologica dei pagamenti diretti (misure agro-ambientali e/o a certificazioni diverse dall’agricoltura biologica), in quanto i benefici ambientali ottenuti da queste pratiche sono rite30 Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate nuti analoghi a quelli del greening. Per i motivi sottolineati nei punti precedenti nella elaborazione non è stato possibile escludere dal campione queste aziende e neppure le aziende che adotteranno lo schema semplificato per i piccoli agricoltori, anch’esse esenti dall’applicazione dei requisiti dell’inverdimento. • Nel calcolo relativo alla introduzione delle AIE sono stati utilizzati i terreni a riposo come proxy di queste superfici. Tale approssimazione, utilizzata per la stima del numero delle aziende agricole potenzialmente interessate da tale obbligo, potrebbe portare a sottovalutare il numero di aziende che già rispettano il requisito, dal momento che in molte zone risulta rilevante anche la presenza di altri usi del suolo che si qualificano come AIE (come ad esempio terrazze e altre caratteristiche del paesaggio). Va tuttavia detto che tutte queste aree caratterizzate da tale uso del suolo sono particolarmente presenti nelle aziende di medie e piccole dimensioni situate in collina e nelle zone di montagna, mentre i terreni a riposo possono essere considerati una buona proxy per i terreni coltivabili in pianura, dove si trovano le aziende più grandi e dove sono attesi i maggiori impatti del requisito. • Per semplificare i calcoli le aziende che adottano l’agricoltura biologica sono state considerate automaticamente escluse dal greening, mentre in realtà il greening non si applica esclusivamente ai terreni aziendali dove viene praticata l’agricoltura biologica. • Non è stato possibile escludere le aziende localizzate in aree ecologicamente sensibili ai sensi delle direttive sulla conservazione degli habitat naturali e sulla conservazione degli uccelli, ma si ritiene che il numero di queste aziende non sia particolarmente consistente. Nei paragrafi seguenti sono presentati i principali risultati di queste elaborazioni, disaggregati per circoscrizione geografica e per fascia altimetrica. I dati sono disponibili con maggiore in dettaglio in appendice, in cui è stata riportata la distribuzione delle aziende interessate a livello regionale (Appendice 2) e a livello comunale (Appendice 3), in quest’ultimo caso attraverso una rappresentazione cartografica dei risultati. 4.2Diversificazione delle colture L’obbligo della diversificazione colturale, secondo le elaborazioni mostrate in tabella 4.1, è un requisito che interesserà il 3,8% delle aziende italiane (circa 61.000 unità), a cui corrispondono circa 1,9 milioni di ettari a seminativo, pari al 27,8% del totale. Lo scarso numero di aziende coinvolte è prevalentemente dovuto all’applicazione della soglia minima di 10 ettari di superficie a seminativo, un requisito soddisfatto solamente dal 9,7% delle aziende italiane (157.000 unità). Come descritto nel paragrafo precedente, da questa percentuale sono poi state escluse le categorie che non sono tenute ad applicare la diversificazione, ovvero le aziende biologiche e le aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba, colture sommerse o a riposo e, delle oltre 135.000 aziende restanti, sono state escluse le quasi 75.000 che soddisfano già i criteri della diversificazione. 31 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 4.1 - Aziende e superfici potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture Aziende SAU Sup Sem n. ha ha Totale 1.620.884 12.856.048 7.009.311 Aziende con superficie a seminativo 828.390 Aziende con superficie a seminativo > 10 ha 156.892 6.460.318 5.255.889 Aziende convenzionali 144.172 5.644.162 4.692.924 Aziende senza superficie interamente a foraggio, prato permanente e a colture sommerse 135.710 5.256.214 4.413.176 94.551 2.109.760 1.639.444 (A) con 1 coltura 28.433 675.311 477.644 (B) con 2 o più colture ma con coltura principale > 75% 12.234 270.532 215.494 41.159 3.146.453 2.773.731 18.179 1.297.122 1.097.696 Con seminativi tra 10 e 30 ha 7.009.311 di cui: Con seminativi > 30 ha di cui: (C) con 1 o 2 colture (D) con 3 o più colture ma con coltura principale > 75% Sottoposte alla diversificazione colturale (A+B+C+D) 2.136 173.216 157.016 60.982 2.416.181 1.947.850 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 La localizzazione delle aziende potenzialmente interessate dalla misura della diversificazione colturale è prevalentemente collinare. Infatti, come si evince dalla tabella 4.2, è situata in collina circa la metà delle aziende, localizzate per lo più nelle aree del Centro e del Meridione. Tabella 4.2 - Diversificazione delle colture: aziende e superfici interessate per zona altimetrica Aziende (n) Montagna Collina Pianura Totale 4.961 29.334 26.687 60.982 SAU (ha) 225.186 1.139.878 1.051.116 2.416.181 Sup Sem (ha) 140.940 878.846 928.063 1.947.850 Aziende (% su az tot) 1,8 3,5 5,2 3,8 Aziende (% su az con sem) 4,2 7,3 8,7 7,4 7,9 19,8 24,7 18,8 19,0 28,2 29,4 27,8 SAU (%) Sup Sem (%) Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Una percentuale molto elevata di aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione delle colture è localizzata però anche in pianura, ed è diffusa sull’intero territorio nazionale, con una prevalenza delle regioni del Nord. In particolare, va sottolineata l’elevata percentuale delle aziende interessate nelle aree pianeggianti del Nord-Ovest, dove si concentra il 17% a livello nazionale. Come prevedibile, le aziende di montagna, invece, saranno interessate in maniera molto marginale da questo requisito, che interesserà meno del 2% del totale nazionale, con una localizzazione predominante nel Sud e nelle Isole. In termini di SAU, sono le aziende di pianura a far registrare le percentuali più elevate sul totale nazionale, a dimostrazione di una maggiore estensione ed utilizzazione delle stesse, rispetto a quelle localizzate in zone altimetriche più elevate. 32 Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate Tabella 4.3 - Aziende potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture per circoscrizione e zona altimetrica Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Nord-ovest 176 1.258 8.837 10.271 Nord-est 557 1.892 7.688 10.137 850 7.080 1.360 9.290 1.824 9.857 6.151 17.832 Centro Sud Isole 1.554 9.247 2.651 13.452 Italia 4.961 29.334 26.687 60.982 % Nord-ovest 0,6 2,1 16,7 7,1 Nord-est 1,1 4,1 5,0 4,0 Centro 2,1 3,8 5,6 3,7 Sud 1,6 2,8 2,8 2,6 Isole 3,8 5,1 4,6 4,8 Italia 1,8 3,5 5,2 3,8 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010. Come già detto, per le aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione, si registra una superficie a seminativi che rappresenta quasi il 28% del totale nazionale, ma tale percentuale è notevolmente differenziata in base alla circoscrizione geografica e alla zona altimetrica (tab. 4.3). In particolare, nelle aree collinari e pianeggianti del Meridione le superfici a seminativi interessate dalla diversificazione rappresentano tra il 30% ed il 40% circa del totale nazionale. Nelle Isole la diffusione di superfici a seminativi interessate dalla diversificazione risulta ancora più marcata ed interessa tutte le zone altimetriche (tab. 4.4). Tabella 4.4 - Superfici con seminativi potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture per circoscrizione e zona altimetrica Montagna Collina Pianura Totale 34.923 367.665 406.485 Nord-ovest ha 3.896 Nord-est 15.625 59.165 254.460 329.250 Centro 27.101 246.122 46.492 319.714 Sud 45.967 277.703 178.361 502.032 Isole 48.352 260.933 81.084 390.369 Italia 140.940 878.846 928.063 1.947.850 Nord-ovest 19,0 18,6 34,8 32,1 Nord-est 24,5 23,9 20,2 21,0 % Centro 17,5 23,1 27,9 23,0 Sud 13,5 30,0 39,9 29,3 Isole 30,3 37,7 36,6 36,3 Italia 19,0 28,2 29,4 27,8 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010. 33 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana In termini di diffusione a livello territoriale, la tabella 4.5 evidenzia come le aziende maggiormente interessate da questo requisito siano localizzate in Puglia, Sicilia e Lombardia. In particolare la Lombardia fa registrare una presenza di aziende piuttosto alta rispetto al totale dell’intera regione, rappresentando oltre il 10% delle aziende interessate. Le regioni della Valle d’Aosta, Liguria e Trentino Alto Adige sono invece quelle meno coinvolte nell’applicazione della misura in questione. Tabella 4.5 - Aziende e superfici potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture a livello regionale Aziende n. Piemonte % 4.158 Valle d’Aosta Lombardia SAU ha 6,2 174.295 Sup. seminativi % 17,2 ha 150.561 % 27,7 3 0,1 317 0,6 93 27,3 6.095 11,2 280.776 28,5 255.361 35,7 67 0,2 2.930 0,8 1.391 19,5 Trentino-Alto Adige Veneto 4.433 3,7 157.939 19,5 140.218 24,6 Friuli-Venezia Giulia 1.227 5,5 42.693 19,5 37.842 23,3 15 0,1 613 1,4 470 6,9 Emilia-Romagna 4.410 6,0 165.885 15,6 149.799 18,0 Toscana 3.434 4,7 157.467 20,9 127.274 26,5 Liguria Umbria 1.135 3,1 43.214 13,2 33.377 15,8 Marche 2.218 4,9 83.540 17,7 76.032 20,3 Lazio 2.503 2,5 98.367 15,4 83.032 25,8 822 1,2 25.906 5,7 20.743 11,4 1.310 5,0 35.491 18,0 32.609 22,8 Abruzzo Molise Campania 1.816 1,3 52.910 9,6 45.235 16,9 Puglia 9.484 3,5 336.612 26,2 281.146 43,2 Basilicata 3.434 6,6 120.686 23,2 97.225 31,1 966 0,7 40.285 7,3 25.075 16,1 7.996 3,6 291.963 21,0 227.376 33,4 Calabria Sicilia Sardegna Italia 5.456 9,0 304.293 26,4 162.993 41,4 60.982 3,8 2.416.181 18,8 1.947.850 27,8 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010. 4.3Prato permanente Il requisito del mantenimento dei prati permanenti sembra garantire una rigorosa tutela di queste superfici soprattutto nelle zone ecologicamente sensibili, mentre nelle restanti aree, lo Stato Membro deve semplicemente assicurare che il rapporto tra queste superfici e la superficie agricola non scenda al di sotto del 5% 3. Osservando l’andamento complessivo di queste superfici durante gli ultimi quattro decenni (fig. 4.1), si può supporre 3 Nelle elaborazioni presentate in questo paragrafo non è stato possibile includere il dettaglio relativo alle aree designate come sensibili, nelle quali il mantenimento delle superfici a prato permanente dovrà essere assicurato a livello aziendale. 34 Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate come a seguito della decisione di applicare questo requisito a livello nazionale, probabilmente in Italia produrrà effetti ambientali piuttosto limitati. Infatti, la figura mostra una consistente diminuzione sia della superficie agricola che della superficie destinata a prati e pascoli, risultando tra questi due tipi di superfici un rapporto piuttosto stabile, rimasto sempre tra il 25% ed il 30%. 35 20.000 30 15.000 25 10.000 20 5.000 15 0 10 rapporto % 25.000 1970 1973 1975 1977 1980 1983 1985 1987 1990 1993 1995 1997 2000 2003 2005 2007 2010 superficie - 000 ha Figura 4.1 - Evoluzione della SAU e delle superfici a prato permanente e pascolo (1970-2010) (a) Prati permanenti e pascoli (000 ha) (b) SAU (000 ha) rapporto a/b (%) Fonte: elaborazioni su dati Istat Per quanto riguarda i dati più recenti, le elaborazioni rilevano come queste i prati permanenti e i pascoli, escludendo quelli appartenenti alle aziende biologiche, ammontino a oltre 3 milioni di ettari, concentrati in 254.656 aziende (tabella 4.6). Le superfici a prati e pascoli potenzialmente interessate da questo obbligo corrispondono così a circa 90% del totale e al 24% della SAU. Poiché il rapporto tra i terreni a prati permanenti e la superficie agricola totale non dovrà ridursi oltre il 5%, la superficie totale da mantenere corrisponderà a circa 2,93 milioni di ettari. Tabella 4.6 - Aziende e superfici potenzialmente soggette dal requisito del mantenimento dei prati permanenti e pascoli Superficie a prato permanente e pascolo Aziende n. % Con prati permanenti e pascoli 274.486 16,9 3.434.073 26,7 Sottoposte al mantenimento dei prati permanenti* 254.656 15,7 3.084.665 24,0 - - 2.930.432 22,8 di cui superficie da mantenere a prato-pascolo ha % Sau * Sono state escluse le aziende biologiche Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Osservando la distribuzione territoriale delle aziende interessate da questo requisito (tab. 4.7) si rileva la forte concentrazione di queste superfici lungo la dorsale alpina. Piemonte, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia sono infatti le regioni che presentano il numero più elevato di aziende coinvolte, anche se piuttosto consistente appare la presenza di aziende a prati e pascoli nelle due Isole maggiori. In relazione al peso percentuale, di particolare rilievo sembrano i dati relativi alla regione Valle d’Aosta, nella quale circa l’84% delle aziende è potenzialmente coinvolta dal requisito. Anche in Veneto 35 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana si registra una forte presenza di queste aziende, con oltre il 45% del totale regionale e la loro localizzazione è esclusivamente montana, come nel caso della regione precedente e del Trentino. In Piemonte, invece, oltre la metà delle aziende interessate, che pesano oltre il 42% del totale regionale, sono ubicate in collina. Una situazione simile si riscontra anche in Sardegna, dove le aziende interessate rappresentano oltre il 35% e per due tersi si localizzano nelle aree collinari. Per le altre regioni non si evidenziano situazioni particolarmente rilevanti. Tabella 4.7 - Aziende potenzialmente soggette al mantenimento dei prati permanenti e pascoli a livello regionale Aziende n. Montagna % Collina Pianura Distribuzione % 28.427 42,3 25,1 51,5 23,4 Valle d’Aosta 2.974 83,7 100,0 - - Lombardia 3.798 18,8 70,5 29,5 - Trentino-Alto Adige 21.456 39,5 47,9 22,5 29,6 Veneto 16.686 45,5 100,0 - - Friuli-Venezia Giulia 21.310 17,8 20,5 35,4 44,1 4.534 20,3 17,3 46,4 36,3 Emilia-Romagna 12.348 16,8 39,1 38,4 22,4 Toscana 11.646 16,0 42,1 46,5 11,4 Umbria 5.945 16,4 39,2 60,8 - Piemonte Liguria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania 3.565 7,9 37,5 62,5 - 17.672 18,0 31,5 63,8 4,7 5.890 8,8 65,5 34,5 - 3.596 13,7 71,9 28,1 - 13.731 10,0 45,9 51,9 2,2 5.563 2,0 5,4 61,2 33,4 Basilicata 10.932 21,1 70,8 25,6 3,5 Calabria 15.239 11,1 36,5 58,9 4,7 Puglia Sicilia 27.691 12,6 36,9 56,1 7,0 Sardegna 21.653 35,6 11,0 75,8 13,2 254.656 15,7 40,4 45,1 14,5 Italia Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 La tabella 4.8 mette in evidenza la distribuzione territoriale delle superfici interessate e, in questo caso, si denota che è la Sardegna a far registrare la presenza più elevata, con oltre 600.000 ettari, pari a circa un quinto del totale nazionale. Seguono poi il Piemonte, il Veneto e la Sicilia, nelle quali la superficie soggetta al mantenimento di prati e pascoli si aggira sui 300.000 ettari. Dal lato opposto le regioni con una scarsa presenza di superfici a prato e pascolo sono la Lombardia, la Liguria ed il Molise. 36 Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate Tabella 4.8 - Superfici potenzialmente soggette al mantenimento dei prati permanenti e pascoli a livello regionale Superficie a prato permanente e pascolo Montagna ha % 350.101 34,6 49,5 Valle d’Aosta 52.548 94,5 Lombardia 19.191 43,8 230.073 Piemonte Trentino-Alto Adige Collina Pianura Distribuzione % 25,2 25,3 100,0 - - 77,4 22,6 - 23,3 69,3 8,3 22,3 Veneto 317.661 84,1 100,0 - - Friuli-Venezia Giulia 125.796 15,5 55,7 17,5 26,7 Liguria 28.573 13,1 42,3 41,4 16,3 Emilia-Romagna 81.791 7,7 47,6 34,5 17,9 Toscana 77.883 10,3 38,9 55,7 5,4 Umbria 58.914 18,0 58,2 41,8 - Marche 46.021 9,8 71,2 28,8 - Lazio 174.360 27,3 52,1 42,5 5,4 Abruzzo 173.236 38,2 96,7 3,3 - 30.871 15,6 85,6 14,4 - 113.949 20,7 51,2 46,2 2,6 81.817 6,4 2,8 73,7 23,6 Basilicata 127.020 24,5 75,3 22,6 2,1 Calabria 107.153 19,5 54,7 40,0 5,4 Sicilia 252.513 18,2 53,1 41,9 5,0 Molise Campania Puglia Sardegna Italia 635.195 55,1 17,8 73,7 8,5 3.084.665 24,0 54,6 35,6 9,8 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 4.4Aree d’interesse ecologico Per quanto riguarda l’obbligo più discusso e contestato, ovvero l’introduzione di aree di interesse ecologico, si registra purtroppo una mancanza di informazioni specifiche sugli elementi non coltivati citati nel regolamento (terreni lasciati a riposo, terrazze, elementi caratteristici del paesaggio, fasce tampone e superfici oggetto di imboschimento), che rende di fatto difficile stimare l’impatto della misura4. In questo lavoro è stata effettuata una stima approssimativa delle aziende potenzialmente interessate da questo requisito ambientale utilizzando i terreni a riposo come proxy delle aree d’interesse ecologico (cfr. par. 4.1). Come è possibile osservare nella tabella 4.9, le aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari rappresentano il 6,7% del totale, una quota che diminuisce ulteriormente se si escludono le aziende biologiche, le aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba e colture som4 Le informazioni disponibili nel 6° Censimento dell’agricoltura dell’Istat sono relative alla presenza di elementi lineari del paesaggio agrario nella Sau delle aziende agricole durante il triennio 2008-2010, ma non viene quantificata la superficie interessata dalla presenza di tali elementi. 37 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana merse e quelle che hanno una quota di terreni a riposo superiore al 5% della superficie a seminativi. Il numero delle aziende che dovranno effettivamente destinare una quota di SAU ad aree d’interesse ecologico si riduce così a circa 82.000 unità, pari al 5,1% del totale. A questo dato corrisponde una superficie a seminativo pari a 3,4 milioni di ettari e le aree d’interesse ecologico dovranno coprire una superficie pari a 170.000 ettari (5% della superficie a seminativo), che potrebbe essere incrementata a oltre 237.000 ettari a partire dal 2018. Tabella 4.9 - Aziende e superfici potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse ecologico Aziende SAU Sup Sem n. ha ha Totale 1.620.884 12.856.048 7.009.311 Aziende con superficie a seminativo 828.390 Aziende con superficie a seminativo > 15 ha 108.603 5.627.336 4.654.397 Aziende convenzionali 98.569 4.880.736 4.125.303 Aziende senza superficie interamente a foraggio, prato permanente e a colture sommerse 93.190 4.554.844 3.883.974 (A) senza terreni a riposo 78.859 3.720.053 3.160.513 (B) con terreni a riposo <5% superficie a seminativi 3.121 249.958 232.568 81.980 3.970.011 3.393.081 7.009.311 di cui: Sottoposte all’obbligo di individuare AIE (A)+(B) Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Circa la metà delle aziende interessate è ubicata nelle aree pianeggianti e concentrata nel Nord del paese, una percentuale molto alta risiede anche in collina e in questo caso la presenza maggiore di aziende si individua nel Centro, seguito dal Sud e dalle Isole. Le zone montane sono coinvolte solo in maniera molto marginale da questo requisito e le aziende sono localizzate prevalentemente nel Centro-Sud con una forte presenza delle aree meridionali (tabelle 4.10 e 4.11). Tabella 4.10 - Aree di interesse ecologico: aziende e superfici interessate per zona altimetrica Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 7.971 33.197 40.812 81.980 SAU (ha) 374.491 1.581.116 2.014.404 3.970.011 Sup Sem (ha) 259.010 1.284.157 1.849.914 3.393.081 2,9 4,0 8,0 5,1 Aziende (% su az tot) Aziende (% su az con sem) 6,7 8,2 13,3 9,9 SAU (%) 13,2 27,5 47,3 30,9 Sup Sem (%) 35,0 41,2 58,7 48,4 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 38 Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate Tabella 4.11 - Aziende potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse ecologico per circoscrizione e zona altimetrica Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Nord-ovest 225 2.542 15.594 18.361 Nord-est 578 3.072 16.380 20.030 Centro 1.494 10.294 1.558 13.346 Sud 3.816 9.409 4.730 17.955 Isole 1.858 7.880 2.550 12.288 Italia 7.971 33.197 40.812 81.980 % Nord-ovest 0,7 4,2 29,5 12,6 Nord-est 1,1 6,6 10,6 8,0 Centro 3,7 5,5 6,5 5,3 Sud 3,4 2,6 2,1 2,6 Isole 4,5 4,3 4,4 4,4 Italia 2,9 4,0 8,0 5,1 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 In termini di superfici, la distribuzione territoriale ed altimetrica, così come si evince dalla tabella 4.12, ricalca in maniera abbastanza lineare quella appena descritta per le aziende. Le regioni maggiormente interessate dalla misura sono invece la Lombardia e l’Emilia-Romagna, seguite da Puglia e Veneto, mentre la diffusione minore si riscontra in Valle d’Aosta, Liguria e Trentino (tab. 4.13). Tabella 4.12 - Superfici potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse ecologico per circoscrizione e zona altimetrica Montagna Collina Pianura Totale ha Nord-ovest 6.351 93.432 743.090 842.873 Nord-est 19.167 125.306 753.099 897.572 Centro 58.662 476.462 77.657 612.781 Sud 111.061 318.479 175.345 604.885 Isole 63.770 270.477 100.722 434.970 Italia 259.010 1.284.157 1.849.914 3.393.081 66,6 % Nord-ovest 31,0 49,8 70,3 Nord-est 30,0 50,6 59,9 57,2 Centro 37,8 44,7 46,5 44,2 Sud 32,6 34,5 39,2 35,3 Isole 39,9 39,0 45,4 40,5 Italia 35,0 41,2 58,7 48,4 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 39 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 4.13 - Aziende e superfici potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse ecologico a livello regionale Aziende SAU Sup. seminativi n. % 7.612 11,3 356.056 35,2 308.491 56,8 2 0,1 52 0,1 50 14,5 10.727 19,7 568.408 57,6 533.651 74,6 66 0,2 3.822 1,0 1.769 24,7 Veneto 6.952 5,8 322.004 39,7 298.821 52,5 Friuli-Venezia Giulia 2.153 9,6 98.741 45,2 89.151 55,0 20 0,1 786 1,8 681 10,0 10.859 14,8 544.784 51,2 507.832 61,1 4.069 5,6 233.827 31,0 202.162 42,1 Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Liguria Emilia-Romagna Toscana ha % ha % Umbria 2.074 5,7 105.208 32,2 86.654 41,0 Marche 3.967 8,8 195.591 41,5 179.707 47,9 Lazio 3.236 3,3 167.782 26,3 144.258 44,9 Abruzzo 1.552 2,3 66.400 14,6 49.752 27,4 Molise 1.915 7,3 62.930 31,9 57.822 40,5 Campania 3.045 2,2 99.972 18,2 88.545 33,0 Puglia 7.844 2,9 336.007 26,1 285.865 43,9 Basilicata 2.655 5,1 116.629 22,5 92.029 29,4 Calabria Sicilia Sardegna Italia 944 0,7 48.241 8,8 30.873 19,8 6.583 3,0 290.633 20,9 226.781 33,3 5.705 9,4 352.138 30,5 208.189 52,9 81.980 5,1 3.970.011 30,9 3.393.081 48,4 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 4.5Aziende interessate dal greening: un quadro d’insieme Ad eccezione del mantenimento delle foraggere permanenti, che al di fuori delle aree sensibili sarà applicato a scala nazionale, i requisiti della diversificazione colturale e dell’introduzione delle aree d’interesse ecologico determineranno degli effetti diretti sui processi produttivi delle singole aziende. Le aziende potenzialmente interessate da almeno uno di questi due obblighi sono oltre 107.000 (6,6% del totale delle aziende italiane) di cui oltre 35.000 (2,2% del totale) soggette ad entrambi i requisiti. Tabella 4.14 - Aziende potenzialmente soggette al greening Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Solo diversificazione 2.271 13.707 9.814 25.792 Solo AIE 5.281 17.570 23.939 46.790 Diversificazione e AIE Totale 2.690 15.627 16.873 35.190 10.242 46.904 50.626 107.772 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 40 Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate Come si può osservare nella tabella 4.15, la percentuale più alta di queste aziende è concentrata nelle aree di pianura (9,9%), mentre nelle aree collinari e montane ricadono rispettivamente il 5,5% ed il 3,7% di esse. Come riportato in tabella 4.16, queste aziende rappresentano il 13% del totale delle aziende con seminativi. Tabella 4.15 - Distribuzione territoriale delle aziende potenzialmente soggette al greening (%) Montagna Collina Pianura Totale % aziende totali Solo diversificazione 0,8 1,6 1,9 1,6 Solo AIE 1,9 2,1 4,7 2,9 Diversificazione e AIE 1,0 1,9 3,3 2,2 Totale 3,7 5,6 9,9 6,6 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Tabella 4.16 - Distribuzione territoriale delle aziende con seminativi potenzialmente soggette al greening (%) Montagna Collina Pianura Totale % aziende con seminativi Solo diversificazione 1,9 3,4 3,2 3,1 Solo AIE 4,5 4,3 7,8 5,6 Diversificazione e AIE 2,3 3,9 5,5 4,2 Totale 8,7 11,6 16,5 13,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Osservando la distribuzione regionale delle aziende che ci si aspetta possano essere influenzate dai requisiti del greening, la percentuale più alta può essere osservata in Pianura Padana, con un valore particolarmente elevato in Lombardia ed Emilia Romagna, dove sono concentrate le aziende di dimensioni maggiori e altamente specializzate nei seminativi (soprattutto mais). Una percentuale relativamente alta di aziende sarà soggetta ai requisiti del greening anche in alcune regione centrali e meridionali, specialmente nelle Marche, Molise e Sardegna. 41 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 4.17 - Aziende potenzialmente soggette al greening a livello regionale Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli-Venezia Giulia Liguria Div. AIE Div e AIE % aziende totali Totale % aziende con seminativi 1.312 4.766 2.846 8.924 13,3 21,8 2 1 1 4 0,1 0,7 1.545 6.177 4.550 12.272 22,6 34,8 28 27 39 94 0,3 2,3 1.793 4.312 2.640 8.745 7,3 9,5 507 1.433 720 2.660 11,9 13,6 5 10 10 25 0,1 0,3 Emilia-Romagna 1.425 7.874 2.985 12.284 16,7 21,7 Toscana 1.832 2.467 1.602 5.901 8,1 15,0 Umbria 615 1.554 520 2.689 7,4 10,9 Marche 984 2.733 1.234 4.951 11,0 12,6 Lazio 969 1.702 1.534 4.205 4,3 10,1 Abruzzo 460 1.190 362 2.012 3,0 5,0 Molise 747 1.352 563 2.662 10,1 13,9 Campania 831 2.060 985 3.876 2,8 5,7 Puglia 4.102 2.462 5.382 11.946 4,4 13,5 Basilicata 1.950 1.171 1.484 4.605 8,9 13,1 Calabria Sicilia Sardegna Italia 506 484 460 1.450 1,1 3,1 4.079 2.666 3.917 10.662 4,9 10,8 2.100 2.349 3.356 7.805 12,8 26,3 25.792 46.790 35.190 107.772 6,6 13,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 42 capitolo 5 L’effetto del greening sui redditi aziendali 5.1Introduzione Il presente capitolo si pone il duplice obiettivo di valutare gli effetti greening sia in termini di costi aggiuntivi per le aziende agricole italiane, sia in termini di adeguata remunerazione agli agricoltori per la produzione di beni pubblici ambientali. A questo proposito, le domande a cui si è tentato di dare risposta sono le seguenti: • Quali saranno gli effetti del greening sul margine lordo delle aziende cerealicole specializzate? • La quota assegnata ai pagamenti verdi è sufficiente per coprire i maggiori costi (o il mancato reddito) che gli agricoltori dovranno affrontare a seguito delle nuove pratiche di inverdimento previste dalla riforma della PAC? Al fine di rispondere a queste domande si è reso necessario definire e identificare quei sistemi agricoli per i quali gli effetti del greening risultano essere maggiormente evidenti, ovvero le sole aziende agricole specializzate nei seminativi. Sulla base delle informazioni derivanti dal 6° Censimento Generale dell’Agricoltura e dalla banca dati RICA sono state individuate le caratteristiche strutturali delle aziende italiane specializzate nei seminativi, distinte per le diverse regioni e per zone altimetriche (montagna, collina e pianura). Sono state, quindi, individuate sia la SAU media, sia le colture presenti nelle aziende agricole. Infine, per ogni area, è stata “costruita” un’azienda cerealicola rappresentativa di ciascuna zona altimetrica. Individuata l’azienda rappresentativa si sono definiti due scenari: uno pre-riforma e uno post-riforma. Pertanto, per ciascuna azienda rappresentativa sono stati calcolati i margini lordi dell’azienda rappresentativa nei due scenari ipotizzati. Nello specifico, nella simulazione post-riforma sono state introdotte due delle misure previste dal greening: diversificazione colturale e aree di interesse ecologico. L’impatto delle misure del greening (definito in termini di variazione del margine lordo per ettaro) sulle aziende cerealicole specializzate è stato confrontato con la quota di pagamenti diretti che nello scenario post-riforma è condizionata al rispetto degli obblighi verdi (30%) previsti dalla nuova riforma della PAC. La differenza tra questi due margini lordi è stata poi confrontata con il 30% dei nuovi pagamenti diretti, che sono stati calcolati tenendo conto del nuovo ammontare delle risorse disponibili per l’Italia e la regionalizzazione dei pagamenti diretti. Questo consente di capire se i pagamenti legati al greening sono in grado di remunerare gli agricoltori per i costi aggiuntivi (o per il mancato reddito) che devono sostenere per il rispetto degli obblighi ambientali. La variazione che avviene nel margine lordo tra i due scenari può interpretarsi come una sorta di proxy del costo per la produzione dei servizi ambientali forniti dagli agricolto- 43 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana ri, mentre il 30% dei pagamenti diretti (greening) è la remunerazione che viene assegnata all’agricoltore per la produzione di quel bene ambientale. Il metodo utilizzato si differenzia dalla recente letteratura sull’analisi dell’impatto del greening sull’agricoltura italiana (Cardillo et al., 2012; Arfini et al., 2012; Solazzo et al., 2014) principalmente per due aspetti: il primo è dovuto al fatto che sono stati utilizzati le informazioni derivanti dal 6° Censimento Generale dell’Agricoltura per stimare il numero di aziende agricole potenzialmente interessate dall’inverdimento dei pagamenti diretti e, successivamente, le stesse informazioni sono state usate per individuare e definire le caratteristiche strutturali delle aziende cerealicole rappresentative su cui concentrare l’analisi stessa. Il secondo aspetto è legato all’uso delle informazioni economiche presenti nella banca dati della RICA per il calcolo del margine lordo nei due scenari ipotizzati e, quindi, per misurarne la variazione dopo l’attuazione del greening e confrontarla con i pagamenti verdi. Tuttavia, così come sarà evidenziato più diffusamente nel prosieguo del capitolo, il limite della metodologia utilizzata è rappresentato dal fatto di aver ipotizzato per le aziende cerealicole italiane il ricorso alla monocoltura. Questa ipotesi, in alcune aree in esame, non costituisce la realtà dei fatti, ma rappresenta un utile “dato di benchmark” che aiuta nella comprensione e valutazione del potenziale impatto delle nuove “politiche ambientali” messe in atto dall’Unione europea. 5.2La coltivazione dei seminativi in Italia Secondo i dati del 6° Censimento Generale dell’Agricoltura la coltivazione dei seminativi viene praticata da 828.390 aziende, pari a poco oltre il 51% delle aziende agricole italiane. Esse coprono, in termini di superficie agricola utilizzata, oltre 7 milioni di ettari che rappresentano il 54,5% della superficie agricola utilizzata italiana. Tali aziende sono dedite prevalentemente alla coltura dei cereali. Infatti, ben 473.257 unità, (pari ad oltre il 57% delle aziende agricole che praticano la coltivazione dei seminativi), sono interessate dalla coltivazione dei cereali, in particolare frumento duro (202.790), mais (154.824) e frumento tenero (123.599). Invece, la relativa superficie investita rappresenta il 51,6% della superficie totale investita a seminativi. Al fine di comprendere e valutare meglio questi dati bisogna, tuttavia, tener presente che circa il 60% delle aziende agricole cerealicole è localizzato in aree montane o collinari dove, ceteris paribus, le potenzialità produttive sono inferiori e i costi di produzione superiori a quelli che si hanno nelle aree irrigue e di pianura. L’ampia diffusione dei seminativi in Italia si è resa necessaria per spiegare un aspetto della scelta metodologica effettuata in questa analisi. Ovvero, in questo studio si è preferito ripartire i seminativi in due diversi sistemi produttivi che risultano essere anche quelli maggiormente suscettibili all’adeguamento delle misure di greening. Pertanto, vista la specializzazione delle aziende cerealicole italiane, così come risulta dall’analisi delle informazioni provenienti dal 6° Censimento dell’agricoltura, si è scelto come riferimento un sistema produttivo a mais localizzato essenzialmente nelle regioni del Nord Italia e, un sistema produttivo a frumento duro localizzato, soprattutto, nelle regioni del Centro-Sud. Nello specifico, dai dati censuari si evidenzia come la coltivazione del mais coinvolga circa 155.000 aziende ed occupi oltre 890.000 ettari. Oltre il 67% delle aziende maidicole si 44 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali trova localizzato in pianura, mentre la relativa superficie investita rappresenta l’83,5% della superficie agricola totale destinata alla coltivazione del mais. Nel caso del grano (intendendo con ciò la somma tra il frumento tenero e il frumento duro), i dati dell’ultimo Censimento dell’agricoltura evidenziano come la coltivazione di suddette colture coinvolga oltre 326.000 aziende, occupando una superficie di circa 2 milioni di ettari. Le aziende cerealicole che coltivano il frumento si trovano localizzate per il 51,7% in collina, mentre la relativa superficie investita rappresenta circa il 54% della superficie agricola totale destinata alla coltivazione del grano. Un terzo delle aziende cerealicole con la presenza di frumento nel loro ordinamento colturale si trova localizzato in pianura, mentre solo il 15% delle aziende si trova in montagna (tab. 5.1). Tabella 5.1 - Aziende con seminativi e cerealicole con relativa superficie Montagna Collina Pianura Totale Aziende Seminativi Cereali % 118.386 404.041 305.963 828.390 63.288 220.192 189.777 473.257 13,4 46,5 40,1 100,0 Mais 10.243 40.370 104.211 154.824 Grano 48.823 168.864 108.702 326.389 Superficie Seminativi 740.221 3.117.878 3.151.212 7.009.311 Cereali 285.040 1.469.005 1.865.432 3.619.477 7,9 40,6 51,5 100,0 % Mais 15.644 131.667 742.926 890.237 Grano 177.398 1.057.530 727.052 1.961.980 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Per quanto riguarda la distribuzione territoriale di queste colture, l’area maidicola si localizza prevalentemente nel Nord Italia, dove si concentrano circa l’80% delle aziende italiane e il 93% della superficie investita (tab. 5.2). Il 58% delle aziende con grano, al contrario, pari a circa 189.000 unità, si localizza nel Centro-Sud. Queste si ripartiscono per il 41,8% (oltre 136.000 aziende) nel Sud e, per il 16,1%, pari a oltre 52.000 aziende, nel Centro. Le aziende cerealicole che coltivano il grano rappresentano circa il 73% delle aziende con cereali da granella nel Centro Italia e, quasi il 93% nel Meridione (tab. 5.3). Tabella 5.2 - Aziende cerealicole con prevalenza mais e relativa superficie Regioni % Aziende con mais / Aziende cereali da granella % SAU a mais / SAU cereali da granella Aziende SAU Nord Ovest 41.122 399.093 72,8 46,6 Nord Est 82.445 427.777 67,8 50,4 Centro 15.693 13.819 21,7 2,5 Sud 15.251 20.384 9,3 2,2 Isole 313 2.054 0,5 0,5 Italia 154.824 890.237 32,7 24,6 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 45 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 5.3 - Aziende cerealicole con prevalenza grano e relativa superficie Regioni Aziende Nord Ovest % Aziende con grano / Aziende cereali da granella SAU 29.028 170.282 51,4 % SAU a grano / SAU cereali da granella 19,9 Nord Est 57.008 334.941 46,9 39,5 Centro 52.556 398.452 72,7 72,3 136.293 723.870 82,9 76,8 Isole Sud 51.504 334.435 88,1 79,2 Italia 326.389 1.961.980 69,0 54,2 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 5.3Le regioni selezionate Osservando la distribuzione territoriale delle aziende che ci si aspetta possano essere influenzate dai requisiti ambientali del greening (cfr. cap. 4), si rileva come le aziende maggiormente interessate dall’inverdimento dei pagamenti diretti saranno in particolare quelle afferenti ad ordinamenti produttivi specializzati, ed in particolare il sistema monocolturale a mais al Nord e quello monocolturale a grano duro nel Centro-Sud. Per questo motivo, al fine di valutare gli effetti del greening sui redditi aziendali, sono state selezionate otto regioni. Le regioni dove prevale la specializzazione a mais (localizzate nel Nord) sono: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Mentre le regioni dove risulta prevalente la coltivazione del grano (collocate nel Centro-Sud Italia) sono: Marche, Molise, Puglia e Basilicata. Nelle restanti regioni non è stato possibile identificare un sistema a seminativo prevalente. Le aziende cerealicole presenti in tali regioni essendo, pertanto, delle aziende ad ordinamento misto e per le quali si presuppone che l’impatto delle misure di greening sia scarsamente apprezzabile sono state escluse, pertanto, dall’analisi qui presentata. Nella tabella 5.4 sono indicati i criteri che hanno determinato la scelta delle regioni da analizzare, ovvero la concentrazione di superfici a seminativo e la prevalenza delle due colture individuate. Tabella 5.4 - I seminativi nelle regioni selezionate Mais % aziende specializzate in seminativi % sup. a seminativo / SAU Grano duro % mais/ sup. a seminativo % aziende specializzate in seminativi % sup a seminativo/ SAU % grano / superficie a seminativo Piemonte 30,5 53,7 34,0 Marche 48,7 79,4 39,8 Lombardia 41,1 72,5 47,5 Molise 35,8 72,3 40,3 Veneto 53,7 70,2 50,3 Puglia 12,8 50,7 54,9 Friuli V.G. 60,1 74,3 49,1 Basilicata 36,4 60,2 46,0 Italia 23,7 54,5 16,0 Italia 23,7 54,5 28,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 46 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali Queste regioni, in misura della loro specializzazione e della dimensione delle aziende, sono presumibilmente quelle più esposte agli effetti degli obblighi previsti dal greening. Nella tabella 5.5 vengono riportate le quote percentuali delle aziende colpite dalle misure legate al pagamento ecologico (diversificazione e aree d’interesse ecologico). Tabella 5.5 - Aziende a seminativo (%) interessate dalle misure del greening Mais Solo divers. Grano duro Solo AIE Divers. Totale Solo divers. + AIE Solo AIE Divers. Totale + AIE Piemonte 3,2 11,6 6,9 21,8 Marche 3,3 9,1 4,1 16,4 Lombardia 4,4 17,5 12,9 34,8 Molise 6,2 11,3 4,7 22,2 Veneto 2,0 4,7 2,9 9,5 Puglia 8,4 5,0 11,0 24,3 Friuli V.G. 2,6 7,3 3,7 13,6 Basilicata 10,6 6,3 8,0 24,9 Italia 3,1 5,6 4,2 13,0 Italia 3,1 5,6 4,2 13,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 Inoltre, come si può osservare nella tabella 5.6, nelle regioni selezionate il grado di specializzazione delle aziende che, potenzialmente, dovranno sottoporsi all’obbligo della diversificazione colturale è particolarmente elevato, soprattutto per le aziende specializzate nella coltivazione del mais. Infatti, la percentuale delle aziende specializzate nella coltivazione di una sola coltura (monocoltura), ovvero così come prevedono le misure di greening che hanno una coltura che occupa più del 75% della superficie aziendale, è ben al di sopra della media nazionale per entrambi i sistemi produttivi definiti. Tabella 5.6 - Grado di specializzazione delle aziende interessate alla diversificazione colturale % di aziende con mais coltivato su oltre il 75% della SAU Regioni Montagna Collina Pianura % di aziende con grano coltivato su oltre il 75% della SAU Totale Regioni Montagna Collina Pianura Totale Piemonte 45,5 40,6 57,3 53,7 Marche 34,1 48,5 - 46,6 Lombardia 46,7 53,8 62,3 61,4 Molise 27,2 50,8 - 46,4 Veneto 92,6 74,1 64,2 65,5 Puglia 78,3 56,3 62,4 59,7 Friuli V.G. 100 66,5 60,1 61,5 Basilicata 24,3 52,2 50,7 48,1 Italia 4,9 4,1 35,7 18,0 22,7 35,7 20,8 28,1 Italia Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010 5.4La metodologia di analisi 5.4.1 Le aziende rappresentative Una volta definite le regioni da sottoporre all’analisi il passo successivo consiste nella scelta delle aziende in cui andare a stimare l’impatto delle misure di greening. In particolare, 47 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana la scelta delle imprese agricole da sottoporre all’analisi è stata basata su una stratificazione dell’intera popolazione di aziende agricole specializzate nei seminativi che ha tenuto conto, oltre che dell’ordinamento produttivo, anche della loro localizzazione regionale e altimetrica. I dati strutturali (superfici, specializzazione colturale), derivano dalle informazioni provenienti dal 6° Censimento generale dell’agricoltura, mentre le caratteristiche economiche (produzione lorda, pagamenti diretti, costi specifici, margine lordo) derivano dai dati medi contenuti nella banca dati RICA (media riferita agli esercizi contabili 2010-2011). Le aziende agricole presenti nella banca dati RICA con indirizzo produttivo a seminativi sono state suddivise, all’interno di ciascuna regione selezionata, in base all’altimetria (montagna, collina e pianura). In particolare nel campione costante RICA, le aziende a seminativi con una Sau maggiore e/o pari a 10 ettari risultano essere pari a 2.293 unità. L’8,2% di esse si trova localizzata in montagna, il 42,2% in collina e, infine, il 49,6% in pianura. Poiché è impossibile analizzare l’intera popolazione delle aziende cerealicole specializzate coinvolte dalle nuove misure di greening, si è ricorso alla costruzione di un’azienda cerealicola specializzata rappresentativa di ciascuna area presa in esame. Il concetto di azienda rappresentativa è essenzialmente empirico. Infatti, essa rappresenta quell’azienda i cui caratteri siano tipici di una popolazione di aziende, in altre parole l’azienda rappresentativa possiede le caratteristiche medie di un gruppo di aziende sostanzialmente omogeneo. Inoltre, per un’analisi di tipo normale o previsionale, non necessariamente l’azienda rappresentativa deve essere un’azienda reale; essa può essere “costruita” in astratto nelle sue caratteristiche strutturali (De Benedictis e Cosentino, 1979). In particolare, per poter pervenire alla definizione dell’azienda rappresentativa bisogna pertanto, dapprima, ripartire l’intera popolazione delle aziende di un determinato territorio in gruppi omogenei. Nel nostro lavoro questi coincidono con le aziende cerealicole specializzate raggruppate per regione e altimetria. Una volta definiti i vari gruppi, il passaggio successivo consiste nell’individuazione per ciascuno di essi dell’azienda che abbia le caratteristiche selezionate per rappresentare l’intero gruppo. Nel corso del tempo sono stati diversi gli studiosi (Cioffi e Sorrentino, 1997; Cafiero et al., 2005; De Gennaro et al., 2010; Idda et al., 2010; Seccia et al., 2010; Cardillo et al., 2012; Vanni et al., 2013; de Witte e Latacz-Lohmann, 2014) che hanno fatto ricorso al concetto di azienda rappresentativa per analizzare le diverse problematiche e/o i diversi aspetti inerenti la sfera economico-politica delle aziende agricole. Sulla base delle informazioni derivanti dall’analisi effettuata nel precedente capitolo sono state individuate a livello regionale e per ciascuna zona altimetrica (montagna, collina, pianura) alcune aziende cerealicole rappresentative. In particolare, la dimensione media (Sau media) di ciascuna azienda cerealicola rappresentativa è stata calcolata utilizzando il valore medio della Sau per ognuna delle zone altimetriche, mentre la specializzazione colturale è stata identificata sulla base della coltura maggiormente presente tra quelle praticate dalle aziende agricole che ricadono in quella stessa area. Il raccordo tra i dati censuari Istat e le indagini RICA è reso possibile dal fatto che entrambe le fonti utilizzano lo stesso schema di classificazione delle aziende, determinato a livello comunitario. Nella definizione delle aziende rappresentative per le diverse regioni prese in esame, tuttavia, si è dovuto escludere dall’analisi alcune aree. Ciò si è reso necessario o perché alcune di esse non erano sufficientemente rappresentate nella banca dati RICA, o perché 48 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali non risultavano specializzate nella coltivazione del mais o del frumento duro (ad esempio alcune zone di montagna nel Nord Italia o alcune aree di pianura nel Centro-Sud). In definitiva sono state identificate e “costruite” 17 aziende cerealicole specializzate rappresentative: 8 per il sistema produttivo a mais e 9 per il sistema produttivo a frumento duro. 5.4.2 Gli scenari Nel corso del lavoro, oltre alla descrizione ed all’analisi della baseline, è stato ipotizzato e definito un nuovo scenario derivante dell’obbligo di applicazione delle misure del greening. Nello scenario pre-riforma (benchmark) la superficie agricola media è stata calcolata sulla base delle stime derivanti dal 6° Censimento generale dell’agricoltura effettuate nel precedente capitolo, ovvero facendo riferimento alla superficie media delle aziende potenzialmente interessate dal greening per ogni area oggetto di studio. Inoltre, si è supposto che le aziende cerealicole rappresentative siano interamente (100% della Sau) specializzate nella coltivazione della coltura più frequente secondo le informazioni derivanti dal censimento dell’agricoltura. Si è, pertanto, ipotizzato per le diverse aziende rappresentative il ricorso alla monocoltura. Tale assunzione rappresenta anche, di fatto, il limite principale della metodologia di analisi utilizzata in questo studio. Infatti, è probabile che in molti casi le aziende cerealicole reali, al fine di massimizzare il proprio margine lordo stiano già adottando strategie di diversificazione. Se in questi casi l’analisi svolta ha determinato una sovra-stima dell’impatto delle misure di greening, le simulazioni effettuate risultano utili sia per poter effettuare un’analisi comparata tra le diverse aree individuate, sia per un’analisi delle due colture che si propongono per il rispetto del vincolo della diversificazione. In tal modo è stato possibile ricostruire le caratteristiche strutturali ed economiche delle aziende agricole rappresentative ad indirizzo cerealicolo, distinte per regione e altimetria, per le quali è stato misurato l’impatto delle misure di greening (tab. 5.7). Tabella 5.7 - Sintesi della metodologia adottata Campione Costante (2010-2011): 1.794 aziende Mais: Piemonte (289); Lombardia (281); Veneto (393); Friuli Venezia Giulia (124) Grano duro: Marche (238); Molise (164); Puglia (132); Basilicata (145) Numero Aziende Agricole Scenario Pre-riforma Scenario Post-riforma Diversificazione delle colture Una coltura (1): mais o grano duro Tre colture: (1) (mais o grano duro) 75%, (2) 20%, (3) 5% della SAU. La scelta (e l’ordine) della seconda e terza coltura è effettuata sulla base della superficie investita per altimetria in ogni regione. Aree d’interesse ecologico 0% Montagna: 0% della SAU; Collina: 2,5% della SAU; Pianura: 5% della SAU. Dimensione Azienda Media della SAU delle aziende potenzialmente interessate dal greening Montagna: SAU totale; Collina e Pianura: SAU al netto dell’area ecologica Pagamenti diretti Stimati dalla banca dati Rica Stime dei pagamenti diretti regionalizzati Pagamenti Verdi - 30% dei pagamenti diretti regionalizzati Margine Lordo Margine lordo della coltura (1) (mais o grano duro) Margini lordi delle colture (1), (2) e (3) 49 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana 5.4.3 L’effetto del greening sui redditi aziendali Una volta definita l’azienda rappresentativa, si è proceduto al calcolo del margine lordo aziendale per ettaro di Sau utilizzando i valori della produzione lorda e dei costi specifici sostenuti per la coltivazione delle colture assegnate a ciascuna azienda5. Per la definizione dello scenario post-riforma si sono prese in considerazione due delle pratiche agricole benefiche per l’ambiente e il clima che gli agricoltori aventi diritto al pagamento ecologico di base sono tenuti a rispettare: la diversificazione delle colture e l’introduzione delle aree di interesse ecologico6. • Diversificazione delle colture: si è ipotizzata l’introduzione di altre due colture in azienda. Assumendo che la coltura principale occupi il 75% della Sau aziendale, la seconda coltura il 20% della Sau e, infine, la terza coltura introdotta in azienda il restante 5% della superficie agricola. L’ordine della seconda e terza coltura è stato deciso sulla base del valore del loro margine lordo; • Aree di interesse ecologico (AIE): esse consistono in fasce tampone, siepi, terreni a riposo, margini dei campi, etc. Non riuscendo a definire nelle banche dati utilizzate in maniera univoca tutte le voci che compongono le AIE si è preferito ipotizzare che, nello scenario pre-riforma, l’azienda non presenti alcuna area di interesse ecologico (AIE uguale a zero ettari). Nello scenario post-riforma si è imposto, così come previsto dalle misure del greening, che l’aria ad interesse ecologico sia pari al 5% della Sau aziendale totale nel caso delle aziende a seminativi con una superficie superiore e/o pari a 10 ettari. L’impatto delle AIE è stato, pertanto, calcolato riducendo la Sau di ciascuna azienda agricola rappresentativa del 5% e, ancora, si è ipotizzato che l’azienda agricola nello scenario post-riforma non avrebbe dovuto adeguarsi alle tare improduttive imposte dal greening se questa risultasse localizzata in montagna. Per le aziende agricole collinari l’adeguamento delle aree ad interesse ecologico previsto è stato ridotto del 50%, si è cioè ipotizzato che le aziende collinari possedessero già nella baseline una superficie ad AIE pari al 50% di quanto previsto dal greening. Infine, per le aziende localizzate in pianura l’adeguamento ipotizzato è stato pari all’intera soglia (100%) fissata dalle misure introdotte col greening. 5.4.4 Il ruolo del sostegno pubblico Un altro aspetto preso in considerazione è rappresentato dal ruolo svolto dal sostegno pubblico percepito dalle aziende cerealicole italiane specializzate nella coltivazione del mais e del grano. Bisogna ricordare, infatti, come il sostegno pubblico risulti fortemente influenzato non solo dai nuovi “vincoli ambientali” introdotti dalla nuova PAC ma, anche, dalla redistribuzione dei pagamenti diretti del I pilastro. 5 Nel calcolo del margine lordo (ML) sono stati esclusi i pagamenti diretti (nella banca dati Rica essendo i pagamenti disaccoppiati non vengono più associati ad una specifica produzione); per cui tutti i calcoli del ML sono al netto dei pagamenti diretti. 6 Per quanto riguarda, invece, il terzo requisito, ovvero il mantenimento dei prati permanenti nel lavoro svolto si sono mantenute inalterate le superfici destinante ai prati permanenti qualora questi entravano a far parte delle 3 colture selezionate in un’area. Nell’analisi non si è tenuto conto esplicitamente di questo requisito in quanto il conteggio della superficie a prati permanenti in Italia avverrà prevalentemente a livello nazionale (escludendo le zone ecologicamente sensibili) e di fatto non risulterà essere vincolante a livello di singola azienda agricola. 50 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali Nello scenario pre-riforma i pagamenti diretti per ciascuna azienda cerealicola rappresentativa sono stati definiti sulla base dei dati delle aziende presenti nella RICA. Essi sono stati, pertanto, calcolati selezionando tra gli importi totali dei pagamenti ricevuti dagli agricoltori soltanto quelli legati alla presenza dei seminativi. In particolare, nel calcolo dei pagamenti diretti si è definito il valore medio tra il 2010 e il 2011 e, successivamente, si è diviso il valore così ottenuto per gli ettari di Sau di ciascuna azienda cerealicola rappresentativa. Inoltre, nel definire l’ammontare degli aiuti diretti ad ettaro nello scenario post-riforma, non si è tenuto conto dell’articolazione del pagamento unico aziendale nelle diverse voci previste dallo spacchettamento e, pertanto, si è ipotizzando che il plafond nazionale venga destinato per il 30% alla componente greening e, per il rimanente 70% unicamente al pagamento di base. I dati riguardanti i pagamenti diretti per ciascuna azienda rappresentativa derivano dalla banca dati RICA per lo scenario pre-riforma, mentre quelli utilizzati nelle simulazioni post-riforma derivano dal “PAC2020 – Simulation tool”. In particolare, questo strumento è in grado di calcolare per ciascuna azienda l’importo del pagamento di base e del pagamento verde dal 2015 al 2019, stimando il valore dei diritti all’aiuto per singolo agricoltore (Pierangeli, 2014)7. L’analisi delle variazioni del margine lordo aziendale tra lo scenario pre-riforma e quello post-riforma consente di pervenire ad alcune importanti valutazioni sull’impatto atteso dalle misure di greening. Infatti, gli impatti degli effetti delle misure di greening (misurati in termini di variazione del margine lordo aziendale per ettaro) sono stati confrontati con la quota di pagamenti diretti che, nello scenario post-riforma dovrebbero essere subordinati al rispetto da parte degli agricoltori degli obblighi ecologici imposti dalle misure di greening (30%). Questa differenza permette di capire se tale quota è effettivamente in grado di remunerare gli agricoltori dei costi aggiuntivi (o dei mancati redditi) derivanti dal rispetto delle misure di greening. Le stime dell’analisi effettuata sono presentate effettuando il confronto dei risultati (in termini di margine lordo) ottenuti dalle aziende rappresentative di ciascuna area (montagna, collina e pianura) per le diverse regioni nello scenario pre-riforma con quelli dello scenario post-riforma. 5.5Il sistema monocolturale a mais 5.5.1Piemonte Il 6° Censimento generale dell’agricoltura ha rilevato, in Piemonte, poco oltre 67.000 aziende agricole, di cui circa 41.000 con seminativi, per un totale di oltre 543.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a oltre 30.000 che destinano alla coltivazione dei cereali (da granella) oltre 404.000 ettari. Il mais risulta presente in 21.400 aziende, per una superficie totale pari a oltre 164.000 ettari. 7 I principali meccanismi di cui il “PAC2020 – Simulation tool” tiene conto sono: (i) applicazione della convergenza con “modello irlandese”; (ii) incremento del valore dei diritti fino al livello minimo garantito (60% del valore unitario nazionale); (iii) applicazione del vincolo di riduzione massima (-30% del valore unitario iniziale). 51 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Per il Piemonte sono state individuate due aziende rappresentative: una per la collina, con una superficie pari a 27 ettari e l’altra per la pianura, con una superficie di 38,8 ettari. In entrambe le colture identificate da aggiungere all’ordinamento colturale per rispettare il vincolo della diversificazione, sono rappresentate dal frumento tenero e dal prato polifita. L’area di interesse ecologico risulta pari a 0,68 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, ad 1,94 ettari nel caso dell’azienda di pianura (tab. 5.8). Tabella 5.8 -Caratteristiche delle aziende rappresentative in Piemonte Pre-riforma Colture SAU AIE 27,00 - Post - riforma Colture SAU AIE 19,74 0,68 Collina Mais ibrido Mais ibrido Frumento tenero 5,27 Prato Polifita 1,32 Pianura Mais ibrido 38,80 Mais ibrido 27,65 Frumento tenero 7,37 Prato Polifita 1,84 1,94 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 Uno degli obiettivi di questo lavoro è quello di stimare la variazione avvenuta nel valore del margine lordo in conseguenza dell’adozione delle misure di greening da parte delle aziende rappresentative della maiscoltura altamente specializzata. La tabella 5.9 mostra i risultati, in termini di variazione del margine lordo, delle due aziende rappresentative individuate in Piemonte. Dall’analisi della tabella si evince come, in entrambi i casi, l’effetto delle misure di greening si traduce in una riduzione del margine lordo. L’azienda collinare mostra una diminuzione del margine lordo totale di poco oltre 5.400 euro (pari a -201 €/ ha), mentre l’azienda di pianura fa registrare un calo di circa 9.300 euro, pari a -239 euro per ettaro. La riduzione nel margine lordo è dovuta, da un lato, alla riduzione della superficie utilizzata e, dall’altro, al fatto che la coltura principale (il mais) su una parte della superficie coltivata è stata sostituita con due colture addizionali che presentano un margine lordo unitario nettamente inferiore a quello del mais. 52 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali Tabella 5.9 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Piemonte A livello aziendale ML pre-riforma ML post-riforma A livello unitario ML pre-riforma ∆ML ML post-riforma ∆ML Collina 40.139 34.718 -5.421 1.487 1.286 -201 1.430 1.191 -239 Pianura 55.474 46.195 -9.279 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 Un altro aspetto indagato in questo lavoro riguarda il ruolo dei pagamenti verdi, ovvero se questi siano sufficienti a coprire i maggiori costi e/o i mancati redditi derivanti dall’adeguamento alle misure introdotte col greening (tab. 5.10). I dati mostrano come il pagamento verde in entrambi i casi non sia in grado di compensare la riduzione avvenuta nel margine lordo. Anche in questo caso le stime ottenute variano a seconda dell’azienda rappresentativa considerata. L’azienda di collina mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo di -129 euro per ettaro (in pratica il pagamento verde riesce a coprire soltanto il 36% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale), mentre nell’azienda di pianura tale differenza risulta pari a -105 euro per ettaro (il 56% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale). Tabella 5.10 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Piemonte A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV 7.789 5.616 1.953 -3.469 A livello unitario PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV Collina 288 208 72 -129 386 386 134 -105 Pianura 14.970 14.977 5.203 -4.076 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 5.5.2Lombardia Secondo i dati forniti dal 6° Censimento generale dell’agricoltura, in Lombardia, sono presenti poco più di 54.000 aziende agricole, di cui oltre 35.000 con seminativi, per una superficie coltivata a seminativi che supera i 715.000 ettari (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a circa 26.000 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre 450.000 ettari. Il mais risulta presente in poco più di 19.000 aziende, per una superficie totale pari a oltre 234.000 ettari. Anche per la Lombardia sono state costruite due aziende maidicole rappresentative: una per la collina, con una superficie pari a 29 ettari, e una per la pianura, nettamente più grande, con una superficie di 43,2 ettari (tab. 5.11). Le due aziende rappresentative, al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, aggiungono al proprio ordinamento colturale il frumento tenero e l’erba medica. Il loro 53 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana ordine (seconda e terza coltura per estensione) risulta invertito tra l’azienda di collina e quella di pianura: erba medica-frumento tenero in collina e, frumento tenero-erba medica in pianura. L’area di interesse ecologico risulta pari a 0,73 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, di 2,16 ettari nel caso dell’azienda di pianura. Tabella 5.11 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Lombardia Pre-riforma Colture SAU AIE Post - Riforma Colture SAU AIE Collina Mais ibrido 29,00 - Mais ibrido 21,21 Erba medica 5,66 Frumento tenero 1,41 0,73 Pianura Mais ibrido 43,20 - Mais ibrido 30,78 Frumento tenero 8,21 Erba medica 2,05 2,16 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 La tabella 5.12 mostra i risultati, in termini di variazione del valore del margine lordo in seguito all’applicazione delle misure di greening, da parte delle due aziende rappresentative della maiscoltura altamente specializzata lombarda. Le elaborazioni mostrano come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening si traduca in una riduzione del margine lordo aziendale per entrambe le aziende. In particolare, l’azienda di collina presenta una diminuzione del margine lordo totale di poco oltre 3.800 euro (pari a -131 €/ha), mentre l’azienda di pianura registra un calo di oltre 9.800 euro, pari a -229 euro per ettaro. Analogamente al Piemonte, la riduzione del margine lordo è dovuta al fatto che il mais viene sostituito, su una parte della superficie coltivata, con frumento tenero ed erba medica, due colture che presentano un margine lordo inferiore a quello del mais. Tabella 5.12 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Lombardia A livello aziendale ML pre-riforma ML post-riforma ∆ML A livello unitario ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML 1.187 1.055 -131 1.510 1.282 -229 Collina 34.416 30.606 -3.810 Pianura 65.252 55.376 -9.876 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 Gli effetti dell’introduzione delle misure di greening sull’andamento dei pagamenti percepiti dagli agricoltori, in particolare in relazione alla quota legata agli obblighi ecologici e sulla sua capacità di compensare le variazioni dei margini lordi, sono sintetizzati nella tabella 5.13. I risultati ottenuti dalle simulazioni effettuate evidenziano come questi ultimi non riescono a coprire il costo del passaggio al greening. I dati mostrano come per 54 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali l’azienda di collina vi sia una differenza tra pagamenti verdi e variazione nel margine lordo pari a -29 euro per ettaro, invece l’azienda di pianura presenta una differenza pari a -73 euro per ettaro. In sintesi, il pagamento verde dell’azienda maidicola collinare lombarda riesce a compensare il 78% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale. Invece, nel caso dell’azienda di pianura il pagamento verde riesce a coprire il 68% della riduzione nel margine lordo aziendale. Tabella 5.13 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Lombardia A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV A livello unitario PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV 410 294 102 -29 480 449 156 -73 Collina 11.878 8.526 2.971 -840 20.722 19.397 6.746 -3.130 Pianura Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 5.5.3Veneto In Veneto sono presenti poco oltre 119.000 aziende agricole, di cui circa 92.000 con seminativi, per un totale di oltre 569.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a poco più di 71.000 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre 374.000 ettari. Il mais risulta presente in circa 58.000 aziende, per una superficie totale pari a quasi 256.000 ettari. Le due aziende maidicole rappresentative identificate in Veneto sono localizzate una in collina, con una superficie pari a 31,1 ettari, e l’altra in pianura, con una superficie leggermente maggiore, pari a 31,7 ettari. Al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, l’azienda di collina deve introdurre nel proprio ordinamento colturale il frumento tenero e la soia. Invece, l’azienda di pianura introdurrà le stesse colture ma nell’ordine invertito: soia – frumento tenero (tab. 5.14). L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,78 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e di 1,6 ettari nel caso dell’azienda di pianura. Tabella 5.14 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Veneto Pre-riforma Colture SAU AIE Post - Riforma Colture SAU AIE 22,74 0,78 Collina Mais ibrido 31,10 - Mais ibrido Frumento tenero 6,06 Soia 1,52 Pianura Mais ibrido 31,70 - Mais ibrido Soia Frumento tenero 55 22,59 1,59 6,02 1,51 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 La tabella 5.15 mostra la variazione del valore del margine lordo avvenuta in seguito all’applicazione delle misure di greening da parte delle due aziende rappresentative del Veneto. I dati mostrano come tale variazione sia, de facto, uguale nelle due zone altimetriche considerate: l’azienda di collina presenta una diminuzione del margine lordo totale di poco oltre 5.000 euro (pari a -161 €/ha), mentre l’azienda di pianura registra un calo di oltre 5.100 euro, pari a -162 euro per ettaro. Tabella 5.15 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Veneto A livello aziendale ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML 46.998 41.979 -5.018 A livello unitario ML pre-riforma ML post-riforma ∆ML Collina 1.511 1.350 -161 1.438 1.276 -162 Pianura 45.572 40.439 -5.132 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 Analogamente alle aziende lombarde, anche in questo caso la riduzione nel margine lordo è dovuta al fatto che il mais viene in parte sostituito con due colture (frumento tenero e soia), che presentano un margine lordo unitario inferiore a quello del mais oltre, naturalmente, alla riduzione della superficie in conseguenza dell’introduzione delle aree di interesse ecologico. La tabella 5.16 riassume, invece, il grado di compensazione del pagamento verde per le aziende rappresentative individuate in Veneto in relazione alla variazione avvenuta nel margine lordo. L’azienda di collina mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a -70 euro per ettaro, mentre, l’azienda di pianura mostra un risultato leggermente migliore. In tal caso la differenza tra il pagamento greening e la variazione nel margine lordo è pari a -37 euro per ettaro. Le simulazioni hanno evidenziano come i pagamenti verdi riescano a coprire, nel caso delle aziende di collina, il 57% del costo sostenuto per il passaggio alle nuove misure di greening. Invece, nel caso dell’azienda di pianura il pagamento verde riesce a compensare il 77% dei costi relativi all’introduzione degli obblighi ecologici. Tabella 5.16 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Veneto A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV A livello unitario PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV Collina 5.926 8.086 2.816 -2.202 191 260 91 -70 356 359 125 -37 Pianura 11.296 11.380 3.962 -1.170 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 56 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali 5.5.4 Friuli Venezia Giulia Il 6° Censimento generale dell’agricoltura ha rilevato, nel Friuli Venezia Giulia, poco oltre 22.000 aziende agricole, di cui circa 19.600 con seminativi, per una superficie totale a seminativi maggiore di 162.000 ettari (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a 13.601 unità che destinano alla coltivazione dei cereali circa 90.000 ettari. Il mais risulta presente in 12.393 aziende, per una superficie totale pari a circa 74.000 ettari. Ancora una volta sono state individuate e definite due aziende maidicole rappresentative per il Friuli Venezia Giulia: una per la collina, con una superficie pari a 27,9 ettari; l’altra per la pianura con una superficie di 31,6 ettari (tab. 5.17). In questo caso le colture da introdurre nell’ordinamento produttivo, per il rispetto della diversificazione imposta dal greening sono diverse a seconda dell’area considerata. In collina le nuove colture da adottare sono rappresentate dalla soia e dall’erba medica mentre, in pianura dalla soia e dal frumento tenero. L’area di interesse ecologico risulta pari a 0,7 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, ad 1,58 ettari nel caso dell’azienda di pianura. Tabella 5.17 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Friuli Venezia Giulia Pre-riforma Colture Post - Riforma SAU AIE 27,90 - Colture SAU AIE Collina Mais ibrido Mais ibrido 20,40 Soia 5,44 Erba medica 1,36 0,70 Pianura Mais ibrido 31,60 - Mais ibrido 22,52 Soia 6,00 Frumento tenero 1,50 1,58 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 Nella tabella 5.18 vengono presentati i risultati, in termini di variazione del margine lordo, degli effetti delle misure di greening sulle due aziende rappresentative identificate in Friuli. L’analisi della tabella evidenzia come la riduzione del margine lordo a seguito dell’introduzione dei requisiti ambientali del greening varia a seconda della zona altimetrica: l’azienda collinare registra una diminuzione di circa 6.600 euro (pari a -238 €/ha), mentre l’azienda di pianura presenta una perdita di circa 6.000 euro (pari a -192 €/ha). Tabella 5.18 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Friuli Venezia Giulia A livello aziendale ML pre-riforma ML post-riforma ∆ML A livello unitario ML pre-riforma ML post-riforma ∆ML Collina 38.121 31.477 -6.645 1.366 1.128 -238 1.224 1.032 -192 Pianura 38.676 32.605 - 6.071 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 57 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana L’altro aspetto indagato riguarda la capacità dei pagamenti verdi legati al rispetto degli obblighi ecologici di compensare le variazioni nel margine lordo. Osservando i dati in tabella 5.19 si evince come, in entrambe le aree, il pagamento verde non sia in grado di compensare la riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale determinata dall’introduzione delle misure di greening. Anche in questo caso le stime ottenute variano a seconda dell’azienda rappresentativa considerata. L’azienda di collina mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo di -159 euro per ettaro (33% circa della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale), mentre nell’azienda di pianura la differenza risulta pari a -99 euro per ettaro (48% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale). Tabella 5.19 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Friuli Venezia Giulia A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV A livello unitario PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV Collina 9.323 6.305 2.194 -4.450 334 226 79 -159 349 268 93 -99 Pianura 11.016 8.469 2.942 -3.128 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 5.6Il sistema monocolturale a grano duro 5.6.1Marche Il 6° Censimento generale dell’agricoltura certifica la presenza, nelle Marche, di poco meno 45.000 aziende agricole, di cui oltre 39.000 con seminativi, per un totale di circa 375.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a oltre 24.700 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella quasi 182.000 ettari. Il grano risulta presente in più di 20.000 aziende, per una superficie totale pari a poco più di 149.000 ettari. Circa l’81% delle aziende cerealicole specializzate marchigiane (16.297 unità) coltiva il frumento duro, destinando alla coltivazione di questa coltura una superficie di oltre 136.500 ettari. Anche per le Marche sono state identificate due zone altimetriche e, pertanto, sono state costruite due aziende cerealicole rappresentative: una per la montagna con una superficie pari a 35,6 ettari; l’altra per la collina, leggermente più piccola, con una superficie di 34 ettari (tab. 5.19). In questo caso le due colture che le aziende rappresentative devono aggiungere al proprio ordinamento colturale al fine di rispettare il vincolo della diversificazione sono l’erba medica e il girasole. L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,85 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, per quanto detto precedentemente circa la definizione e costruzione dell’azienda tipo, l’AIE risulta nulla nel caso dell’azienda di montagna. 58 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali Tabella 5.20 - Caratteristiche delle aziende rappresentative nelle Marche Pre - riforma Colture Post - Riforma SAU AIE Colture SAU AIE Montagna Frumento duro 35,60 - Frumento duro 26,70 Erba medica 7,12 Girasole 1,78 0,00 Collina Frumento duro 34,10 - Frumento duro 24,94 Erba medica 6,65 Girasole 1,66 0,85 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 La tabella successiva mostra i risultati avvenuti nel valore del margine lordo in seguito all’introduzione delle misure di greening nelle due aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata marchigiana. Secondo queste elaborazioni, a seguito dell’applicazione delle misure di greening l’azienda di montagna mostra una diminuzione del margine lordo totale di 2.200 euro (pari a - 62 €/ha), mentre l’azienda di collina registra un calo di oltre 1.800 euro, pari a -55 euro per ettaro. Tabella 5.21 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative nelle Marche A livello aziendale ML pre-riforma A livello unitario ML post-riforma ∆ ML ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML Montagna 30.267 28.066 -2.201 850 788 -62 708 653 -55 Collina 24.130 22.259 -1.871 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 La tabella 5.22 evidenzia un diverso effetto, pur sé positivo in entrambi i casi, del pagamento verde sulle aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata marchigiana. L’azienda cerealicola di montagna mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a +10 euro per ettaro. Mentre l’azienda cerealicola collinare registra una differenza tra pagamento verde e margine lordo pari a +33 euro per ettaro. I risultati ottenuti evidenziano, pertanto, come il pagamento verde riesca a coprire, in entrambe le zone altimetriche, interamente il costo del passaggio al greening. Tabella 5.22 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative nelle Marche A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV A livello unitario PD pre riforma PD postriforma 239 206 72 10 363 253 88 33 PV ∆ ML + PV Montagna 8.494 7.334 2.549 348 Collina 12.392 8.627 3.004 1.132 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 59 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana 5.6.2Molise Il Molise, secondo le informazioni raccolte col 6° Censimento generale dell’agricoltura, detiene poco più di 26.000 aziende agricole, di cui oltre 19.000 con seminativi, per un totale di circa 143.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a quasi 13.800 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella poco oltre 78.000 ettari. Il grano, invece, risulta presente in 12.173 aziende, per una superficie totale pari a poco più di 57.500 ettari. Circa l’82% delle aziende cerealicole specializzate molisane (9.946 unità) presentano nel proprio ordinamento colturale il frumento duro e, destinano alla coltivazione di questa coltura una superficie di oltre 53.000 ettari. Per l’analisi dell’impatto delle misure di greening nel Molise sono state identificate due zone altimetriche e, quindi, si è proceduto alla costruzione di due aziende cerealicole rappresentative: una per la montagna con una superficie pari a 22,7 ettari; l’altra per la collina, più grande, con una superficie di 25,4 ettari (tab. 5.23). Le due colture che le aziende cerealicole rappresentative devono introdurre al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, sono l’erba medica e l’avena in montagna e, girasole ed orzo per le aziende localizzate in collina. L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,64 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, in conseguenza dei criteri di definizione e costruzione dell’azienda rappresentativa, l’area ecologica risulta nulla nel caso dell’azienda di montagna. Tabella 5.23 - Caratteristiche delle aziende rappresentative nel Molise Pre - riforma Colture SAU AIE 22,70 - Post - Riforma Colture SAU AIE 17,03 0,00 Montagna Frumento duro Frumento duro Erba medica 4,54 Avena 1,14 Collina Frumento duro 25,40 Frumento duro 18,57 Girasole 4,95 Orzo 1,24 0,64 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 Le simulazioni riportate in tabella 5.24 mostrano come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening determini un diverso risultato sul margine lordo aziendale a seconda della zona altimetrica: l’azienda cerealicola di montagna mostra un decremento nel valore del margine lordo totale pari a circa 1.500 euro, ovvero -65 €/ha, mentre l’azienda cerealicola di collina mostra una riduzione nel valore stimato del margine lordo aziendale di circa -1.200 euro, pari a -47 euro per ettaro. 60 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali Tabella 5.24 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative nel Molise A livello aziendale ML postriforma ML pre-riforma ∆ ML A livello unitario ML pre-riforma ML postriforma ∆ ML Montagna 11.005 9.528 -1.477 485 420 -65 629 582 -47 Collina 15.978 14.783 -1.195 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 La tabella 5.25 sintetizza la capacità dei pagamenti verdi di far fronte alla variazione nel margine lordo aziendale. I risultati ottenuti sulle simulazione degli effetti del pagamento verde evidenziano come il pagamento verde introdotto con la nuova riforma della PAC riesca a coprire, in entrambe le aziende rappresentative, l’intero costo del passaggio al greening, consentendo all’azienda di collina di ottenere un piccolo vantaggio dall’adozione di tali misure (+40 €/ha). Tabella 5.25 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Molise A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV 5.338 4.268 1.487 ∆ ML + PV A livello unitario PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV 65 0 Montagna -2 235 188 Collina 6.232 6.350 2.213 1.015 245 250 87 40 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 5.6.3Puglia L’Istat (2010), col 6° Censimento generale dell’agricoltura, certifica la presenza, in Puglia, di circa 272.000 aziende agricole, di cui oltre 88.000 con seminativi, per un totale di ettari coltivati a seminativi maggiore a 651.000. Invece, le aziende cerealicole sono pari a oltre 46.700 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre 405.000 ettari. Il grano risulta presente in circa 43.000 aziende, per una superficie totale pari a poco meno di 358.000 ettari. Circa il 94% delle aziende cerealicole specializzate pugliesi (pari a 40.141 unità) hanno nel proprio ordinamento colturale il frumento duro. Queste destinano alla coltivazione della coltura frumento duro una superficie di oltre 342.500 ettari. Nel caso della Puglia, al fine di analizzare l’impatto delle misure di greening, sono state identificate tre zone altimetriche e, quindi, si è proceduto alla definizione delle tre aziende cerealicole rappresentative: una per la montagna, con una superficie pari a 24,2 ettari; una per la collina, più grande, con una superficie di 29,3 ettari e, infine, una per la pianura, ancora più grande, con una superficie media pari a 30,2 ettari (tab. 5.26). 61 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Le due colture che le aziende cerealicole rappresentative devono introdurre nel proprio ordinamento colturale, al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, sono diverse a seconda della zona altimetrica: prati avvicendati e avena in montagna, in collina le colture da aggiungere sono l’erbaio e l’avena, mentre in pianura le colture che le aziende cerealicole dovranno aggiungere nel proprio ordinamento colturale sono rappresentate dall’avena e dall’orzo. L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,73 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa di collina, 1,5 ettari per l’azienda cerealicola di pianura mentre, in conseguenza dei criteri di definizione e costruzione dell’azienda rappresentativa, l’area di interesse ecologico risulta nulla per l’azienda cerealicola di montagna. Tabella 5.26 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Puglia Pre - riforma Colture Post - Riforma AIE SAU Colture SAU AIE 18,15 0,00 Montagna Frumento duro 24,20 - Frumento duro Prati avvicendati 4,84 Avena 1,21 Collina Frumento duro 29,30 - Frumento duro 21,43 Erbaio 5,71 Avena 1,43 0,73 Pianura Frumento duro 30,20 - Frumento duro 21,52 Avena 5,74 Orzo 1,43 1,51 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 I dati riportati nella tabella 5.27 mostrano come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening determini un diverso risultato sul margine lordo aziendale, a seconda della zona altimetrica. L’azienda cerealicola di montagna mostra una diminuzione nel valore del margine lordo totale pari a - 832 euro, ovvero - 34 €/ha; l’azienda cerealicola di collina evidenzia una riduzione nel valore stimato del margine lordo aziendale di -3.210 euro, pari a -110 euro per ettaro e, infine, l’azienda cerealicola di pianura fa registrare una perdita nel valore del margine lordo totale di poco oltre -1.600 euro, ovvero -53 euro per ettaro. Tabella 5.27 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Puglia A livello aziendale ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML A livello unitario ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML Montagna 8.783 7.951 -832 17.094 13.884 -3.210 10.138 8.531 -1.606 363 329 -34 583 474 -110 336 282 -53 Collina Pianura Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 62 La tabella 5.28 mostra un diverso effetto del pagamento verde sulle aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata pugliese: positivo in due delle zone altimetriche e, negativo nella restante. In particolare, l’azienda cerealicola di montagna evidenzia una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a +53 euro per ettaro; l’azienda cerealicola di collina fa registrare una differenza tra pagamento verde e margine lordo pari a -10 euro per ettaro, mentre l’azienda cerealicola di pianura mostra una differenza pari a +68 euro per ettaro. Tabella 5.28 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Puglia A livello aziendale PD pre- riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV A livello unitario PD pre- riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV Montagna 7.145 6.074 2.109 1.277 295 251 87 53 315 288 100 -10 345 349 121 68 Collina 9.235 8.438 2.939 -271 Pianura 10.409 10.540 3.665 2.059 Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 I risultati ottenuti dalle simulazione evidenziano, pertanto, come il pagamento verde riesca a coprire, nel caso delle aziende cerealicole rappresentative individuate in montagna e pianura, l’intero costo del passaggio al greening, consentendo all’azienda di ottenere un piccolo vantaggio dall’adozione di tali misure. In collina, invece, il pagamento verde non riesce a compensare interamente la variazione registrata nel margine lordo. 5.6.4Basilicata Secondo i dati del 6° Censimento generale dell’agricoltura, in Basilicata, sono presenti quasi 52.000 aziende agricole, di cui poco oltre 35.000 con seminativi, per un totale di circa 312.600 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari a poco più di 23.000 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre 183.000 ettari. Il grano risulta presente in circa 43.000 aziende, per una superficie totale pari a poco meno di 358.000 ettari. Circa l’84% delle aziende cerealicole specializzate lucane (pari a 17.449 unità) presenta nel proprio ordinamento colturale il frumento duro e, destina alla coltivazione di questa coltura una superficie di oltre 136.334 ettari. In Basilicata sono state identificate due aziende cerealicole rappresentative: una per la montagna con una superficie pari a 23,9 ettari; una per la collina, più grande, con una superficie media di 29,3 ettari (tab. 5.29). L’azienda cerealicola rappresentativa della montagna lucana, al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, deve introdurre nel proprio ordinamento colturale, le seguenti due colture: prati avvicendati e orzo, mentre le colture da aggiungere al proprio ordinamento colturale da parte dell’azienda cerealicola rappresentativa della collina lucana sono l’erbaio e l’orzo. 63 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 5.29 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Basilicata Pre - riforma Colture Post - Riforma AIE SAU Colture SAU AIE 17,93 0,00 Montagna Frumento duro 23,90 - Frumento duro Prati avvicendati 4,78 Orzo 1,20 Collina Frumento duro 29,30 - Frumento duro 21,43 Erbaio 5,71 Orzo 1,43 0,73 Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010 Nella tabella 5.30 vengono presentati i risultati delle simulazione effettuate degli effetti dell’introduzione delle misure di greening sul valore del margine lordo nelle due aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata della Basilicata. La tabella evidenzia, in particolare, come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening determini per l’azienda cerealicola di montagna una diminuzione nel valore del margine lordo totale pari a poco oltre 1.000 euro, ovvero 44 €/ha; l’azienda cerealicola di collina evidenzia, invece, una riduzione nel valore stimato del margine lordo aziendale di 472 euro, pari a 16 euro per ettaro. Tabella 5.30 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Basilicata A livello aziendale A livello unitario ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML 7.405 6.347 -1.058 17.245 16.773 -472 ML pre-riforma ML post-riforma ∆ ML Montagna 310 266 -44 589 572 -16 Collina Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 Dall’osservazione della tabella 5.31, si evince come nel caso delle aziende cerealicole rappresentative lucane, il pagamento verde riesca a coprire l’intero costo del passaggio al greening, con una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a +15 euro per ettaro nel caso dell’azienda di montagna e una differenza pari a +71 euro per ettaro per l’azienda di collina. Ciò evidenzia come il pagamento verde riesca a coprire l’intero costo del passaggio al greening. 64 Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali Tabella 5.31 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Basilicata A livello aziendale PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV A livello unitario PD pre riforma PD postriforma PV ∆ ML + PV Montagna 8.570 4.087 1.418 360 9.766 7.354 2.557 2.085 359 171 59 15 251 87 71 Collina Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011 65 333 capitolo 6 L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP 6.1Obiettivi e metodologia L’obiettivo del presente capitolo è di valutare, attraverso lo sviluppo di un modello di Programmazione Matematica Positiva (PMP), l’effetto del greening sulle aziende agricole dell’Emilia-Romagna, focalizzando l’attenzione sulla questione delle colture azotofissatrici qualificate come AIE. Lo scopo è di stimare l’impatto delle tre misure di greening sull’ordinamento produttivo e sul reddito aziendale ponendo attenzione agli effetti derivanti dalla possibilità di produrre azotofissatrici sull’AIE, sia in termini di diffusione di queste colture che di redditività aziendale. Oltre alle misure ambientali, lo studio analizza gli effetti della convergenza dei pagamenti diretti, in modo da definire uno scenario complessivo di impatto della nuova riforma. Le informazioni utilizzate per l’analisi sono estratte dalla banca dati RICA del 2012 e riguardano un campione di 700 aziende agricole della regione Emilia Romagna, di cui 443 in pianura, 177 in collina e 80 in montagna. La RICA rappresenta l’unica banca dati che contiene informazioni economiche dettagliate a livello aziendale e per singolo processo produttivo. I dati estratti riguardano l’uso del suolo, la resa, i prezzi di produzione e i costi specifici per singolo processo produttivo a livello aziendale. Al fine di stimare la convergenza interna dei pagamenti diretti, dalla banca dati RICA sono stati estratti anche i dati sui pagamenti PAC percepiti da ogni azienda agricola, mentre altre variabili descrittive dell’azienda (come la certificazione biologica) sono state utilizzate per meglio definire i criteri di esclusione dai vincoli di greening. Sebbene i risultati siano presentati in forma aggregata a livello territoriale o per specializzazione produttiva, la stima dell’impatto della politica è stata effettuata a livello di singola azienda agricola utilizzando il sistema di pesi della RICA al fine di riportare i risultati a livello regionale e rendere le simulazioni più coerenti con i sistemi di produzione agricola della regione (Solazzo et al., 2014; Consiglio dell’UE, 2009). La PMP (Paris, 1997; Paris e Howitt, 1998; Paris e Arfini, 2000) è in grado di acquisire e successivamente ricostruire le informazioni economiche considerate dall’agricoltore nell’organizzare il proprio piano di produzione, in modo tale da stimare la sua reazione al variare degli scenari di politica e di mercato. Uno dei temi più dibattuti nell’utilizzo di modelli di PMP finalizzati alla valutazione di scenari alternativi di politica riguarda la loro presunta incapacità di catturare il comportamento degli agricoltori rispetto a nuovi processi produttivi assenti nella situazione osservata: i cosiddetti processi latenti. Per processo latente si intende infatti un processo di produzione presente nel campione, perché almeno una delle aziende lo considera nel proprio piano produttivo, ma assente nella singola azienda valutata. Tutti gli elementi necessari all’attivazione di nuovi processi in una determinata azienda possono essere ricostruiti dal modello sulla base delle informazioni, 67 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana strutturali ed economiche, estratte dalle altre aziende presenti nella medesima regione e fascia altimetrica. Grazie al costo latente così ricostruito è possibile, durante la fase di simulazione, apportare modifiche all’ordinamento produttivo iniziale includendo nuovi processi che esistono in forma latente se il loro ritorno economico è maggiore dei processi esistenti (Arfini e Donati, 2013) o, come nel caso del greening, se l’azienda è obbligata a diversificare la struttura produttiva. Quella della stima dei costi latenti a livello aziendale è una condizione necessaria per l’implementazione all’interno di un modello di PMP di uno scenario di greening. Quest’ultimo infatti, a differenza di altri scenari di politica o di mercato, non riguarda solo una riorganizzazione dell’ordinamento produttivo aziendale ma anche una sua modifica: oltre naturalmente all’obbligo di diversificazione anche quello di AIE prevede l’attivazione di nuovi processi in relazione alla possibilità di coltivare azotofissatrici proprio in quelle aziende dove tali colture non risultano attive nella situazione osservata o non raggiungono la quota prevista del 5%. Il modello tiene conto di tutti i requisiti, vincoli e criteri di esclusione previsti dal greening, come riportato nella tabella 6.1. Nel corso del processo di co-decisione del Trilogo, che ha portato alla definizione delle misure di greening, i relativi criteri di applicazione sono diventati più numerosi e complessi rendendo la loro implementazione all’interno del modello più articolata (Arfini et al., 2013; Pierangeli e Solazzo, 2013). Da un lato ci sono le soglie di esclusione dai vincoli di greening, che fanno riferimento al calcolo dell’incidenza di determinate coltivazioni sulla superficie ammissibile (o a seminativi). C’è poi la questione relativa alla definizione del significato di coltura per l’applicazione della diversificazione, che in alcuni casi riguarda il genere botanico e in altri la singola specie. C’è infine la questione relativa all’applicazione dell’AIE: per le aziende che non rientrano nei criteri di esclusione è necessario da un lato calcolare se e in quale misura le aziende rispettano già tale vincolo e in caso contrario stabilire la quota mancante e definire i criteri che le aziende dovranno seguire nell’allocazione di quest’area ecologica. L’esclusione ipso facto è stata considerata solo per le aziende biologiche. Non è stata invece prevista l’esclusione dai vincoli di greening per le aziende destinatarie di pagamenti agroambientali (art. 28 del Reg. 1305/2013), dato che per queste ultime bisognerà valutare caso per caso se possano essere considerate equivalenti a quelle di greening. Lo stesso discorso vale anche per le aziende con altre certificazioni ambientali. Per l’implementazione della misura di diversificazione, oltre naturalmente alle soglie di esclusione legate sia alla superficie aziendale che alla specializzazione in determinate colture (es. foraggere), si è tenuto conto del significato di “coltura” definito dal regolamento. Ad esempio, in base a quest’ultimo tutte le colture appartenenti al genere triticum rappresentano un’unica coltura ai fini della diversificazione. Pertanto nel caso l’azienda abbia superficie sia a grano duro che tenero, è la somma di queste a non dover superare il vincolo del 75% dell’area a seminativi. Nel modello tale vincolo è stato correttamente implementato, mantenendo al tempo stesso la distinzione tra le singole colture in fase di calibrazione e, pertanto, nelle scelte allocative dell’azienda. In pratica, nel caso di un’azienda in cui la somma della superficie a triticum superi il 75% dell’area a seminativi (o il 95% insieme ad un’altra coltura nel caso di un’area maggiore di 30 ha), il modello impone di ridurre tale superficie lasciando però che l’azienda scelga quali di queste colture ridurre e in quale misura, sulla base delle diverse convenienze relative stimate. 68 Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP Tabella 6.1 - L’implementazione delle misure di greening all’interno del modello di PMP SCENARIO GREENING EQUIVALENZA (greening IPSO FACTO) aziende biologiche 1. Diversificazione (sup. a seminativi) 10-30 ha: 2 colture >30 ha: 3 colture 2 colture: < 75% (coltura principale) Limiti per colture 3 colture: < 75% (coltura principale) < 95% (2 colture principali)” - se interamente investiti a colture sommerse Esclusione - se > 75 % (sup.ammissibile) costituita da prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per la coltivazione di colture sommerse e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha - se > 75% (sup. a seminativo) utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha Mantenimento dei prati e pascoli permanenti 2. Prati/pascoli prmanenti massima coversione 5% 3. Area di interesse ecologico (AIE) (sup. a seminativi) Obbligatorietà Esclusione AIE 5% >15 ha (superficie a seminativi) - se > 75 % (sup.ammissibile) costituita da prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per la coltivazione di colture sommerse e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha - se > 75% (sup. a seminativo) utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo, investiti a colture di leguminose e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha - terreni a riposo - colture azoto-fissatrici (fattore di ponderazione 0,7) Fonte: ns elaborazioni su Reg. (EU) No 1307/2013. Riguardo la misura relativa ai prati e pascoli permanenti, nel modello viene previsto che nessuna azienda possa ridurre di oltre il 5% tale superficie rispetto a quella rilevata nella situazione osservata. Più complessa invece è risultata l’implementazione nel modello del vincolo di AIE. Tutti i processi produttivi presenti nella RICA sono stati riclassificati in 48 voci, di cui tre classificate come colture azotofissatrici (soia, erba medica e leguminose) sono state utilizzate, insieme alla superficie a riposo, per il calcolo dell’AIE già presente nelle aziende agricole e dell’eventuale quota di AIE mancante per il raggiungimento del requisito del 5%. Il primo step ha riguardato il calcolo a livello aziendale della superficie ad area ecologica (a riposo più ad azotofissatrici) già presente in azienda nella situazione osservata. Come specificato nell’allegato X (CE, 2014a e 2014b), per la superficie a riposo è stato applicato un fattore di ponderazione pari a 1 (1 ettaro di superficie a riposo equivalente ad 1 ha di AIE), mentre per le colture azotofissatrici tale coefficiente è stato fissato a 0,7. Pertanto le aziende agricole per soddisfare il vincolo di AIE possono, all’interno del modello, 69 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana cidere di destinare superficie a riposo e/o allocare superficie a una o più delle tre colture azoto-fissatrici1, considerando ogni ettaro di tali colture come 0,7 ettari di area ecologica. Oltre all’impatto del greening, il modello valuta i possibili effetti della convergenza del pagamenti diretti. La stima dei nuovi pagamenti, suddivisi tra pagamento di base (70% del massimale nazionale) e pagamento verde (30%), tiene conto della riduzione al 2019 del 10,3% del massimale per l’Italia, della regionalizzazione (considerando l’Italia come regione unica) e del processo di convergenza interno secondo il “modello irlandese”. Alla componente di base del pagamento, aggiornata con la riduzione del massimale previsto per il 2015 (Parlamento europeo e Consiglio dell’UE, 2013), è stato applicato un sistema di convergenza verso la media nazionale stimata al 2019 (204,9 €/ha), prevedendo il recupero di un terzo della differenza dal 90% del valore medio unitario nazionale dello stesso anno, imponendo che nessun diritto all’aiuto abbia un valore unitario inferiore al 60% del valore medio unitario e fissando una riduzione massima del 30% rispetto al valore unitario iniziale; il pagamento verde è stato, inoltre, calcolato come quota della componente di base (Parlamento europeo e Consiglio dell’UE, 2013). 6.2I risultati del modello 6.2.1 L’impatto sull’uso del suolo I risultati sull’ordinamento produttivo, relativi a tutte le aziende RICA dell’Emilia Romagna, mostrano un impatto delle misure di greening più significativo per le colture cerealicole (tab. 6.2). Con l’eccezione di orzo e altri cereali minori, vi è una diminuzione rilevante della superficie per i cereali più comuni nella regione. Da una parte questa riduzione è riconducibile all’obbligo di diversificazione, che impone alle aziende cerealicole specializzate di aumentare (o attivare) superficie destinata ad altri processi produttivi (in particolare altri cereali). Dall’altra parte, incide sui cereali l’obbligo di destinare una quota dei seminativi ad AIE: in molti casi le aziende agricole scelgono le colture cerealicole come AIE, al fine di mantenere altre colture più redditizie presenti nel proprio piano produttivo. Al netto della superficie a riposo e delle colture azotofissatrici, (con fattore di ponderazione 0,7) già presenti nelle aziende considerate, l’AIE aggiuntiva richiesta dalla riforma sarebbe di 9.840 ettari, pari a poco meno dell’1% della superficie agricola regionale. Di questi, in base ai risultati del modello, meno di 900 ettari sarebbero messi a riposo mentre i restanti 9.000 sarebbe distribuiti tra le colture azotofissatrici. Il fattore di ponderazione 0,7, così come modificato dalla Commissione, risulta infatti molto vantaggioso per le aziende interessate dal vincolo di AIE che decidono di attivare o potenziare la superficie ad azotofissatrici, mantenendo così in produzione l’area interessata dal vincolo di greening. In una regione come l’Emilia Romagna le implicazioni politiche sono rilevanti. Metà regione (l’Emilia) destina la maggior parte della produzione di latte ai sistemi del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano DOP. Per il primo, il disciplinare di produzione stabi1 Nel modello è stato previsto un costo di gestione (sfalcio) di 100 € /ha per la superficie a riposo, e un costo di attivazione di 200 € /ha per le colture azotofissatrici nelle aziende che non hanno tali colture nel loro ordinamento produttivo di partenza. Tale costo trova una spiegazione nel cambiamento tecnologico che presumibilmente si troverebbero a dover affrontare le aziende in conseguenza dell’introduzione di un nuovo processo produttivo. 70 Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP lito dal Consorzio del Parmigiano Reggiano impone che la metà del foraggio debba essere prodotto dall’azienda ed è chiaro come l’incentivo a riallocare area ad azotofissatrici, in particolare erba medica, vada nella direzione dell’interesse dei produttori di formaggio di queste DOP. Tabella 6.2 - L’impatto del greening sull’uso del suolo (Emilia Romagna) Colture frumento duro frumento tenero Baseline Scenario Greening (Ha) (Ha) Var. % 62.428 60.343 -3,3 174.941 168.320 -3,8 orzo 22.710 22.451 -1,1 mais 132.217 125.225 -5,3 altri cereali 37.636 38.584 2,5 pomodoro da industria 24.321 24.633 1,3 altre orticole 23.738 23.720 -0,1 146.162 146.162 0,0 36.989 37.019 0,1 colture permanenti barbabietola da zucchero leguminose* 9.751 10.312 5,8 14.407 16.887 17,2 erba medica* 259.074 269.346 4,0 altre foraggere 43.483 43.829 0,8 altre colture 15.748 15.842 0,6 prati/pascoli perm. 92.837 92.906 0,1 sup a riposo 7.148 8.012 12,1 AIE richiesta - 9.841 0,9 1.103.590 1.103.590 soia* Superficie totale (% di SAU) *Colture azotofissatrici Fonte: ns elaborazioni su dati RICA Tra le tre possibili colture azotofissatrici, le aziende preferiscono l’erba medica, molto diffusa nella regione, e la soia piuttosto che le leguminose. Queste ultime, poco diffuse in Emilia Romagna, sono quelle tra le azotofissatrici a mostrare l’incremento più contenuto mentre cresce di oltre 10.000 ha l’area coltivata a erba medica. La tabella 6.3 mostra l’impatto del greening sull’ordinamento produttivo per fascia altimetrica. Gli effetti maggiori delle nuove misure ambientali riguardano la pianura; qui si concentrano infatti le aziende a seminativi con una maggiore dimensione e specializzazione produttiva. Oltre il 90% della nuova AIE richiesta a livello regionale interesserà proprio le aziende di pianura, e, come già evidenziato, la scelta per rispettare questo vincolo ricadrà principalmente sull’erba medica (fig. 6.1). Poco più di 700 ha è invece la nuova area ecologica per le aziende di collina, mentre quelle di montagna risultano sostanzialmente esonerate dalla misura di AIE e, più in generale, dagli effetti del greening. L’unico effetto marginale riscontrabile in questa fascia altimetrica è infatti legato al vincolo di diversificazione che obbliga alcune aziende a riallocare ad altre colture (in particolare erba medica) una parte dell’area a frumento tenero. 71 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 6.3 - L’impatto del greening sull’uso del suolo, per fascia altimetrica (Emilia Romagna) Baseline (Ha) Var. % rispetto al Baseline Pianura Collina Pianura Collina 48.058 14.370 - -3,8 -1,9 - 137.551 31.223 6.167 -4,0 -2,9 -2,9 orzo 8.654 11.272 2.785 1,0 -3,1 0,0 mais Colture frumento duro frumento tenero Montagna Montagna 121.417 10.387 412 -5,7 -0,4 0,0 altri cereali 31.597 4.811 1.228 2,2 5,0 0,0 pomodoro da industria 18.432 5.890 - 2,2 -1,7 - altre orticole 18.512 4.575 652 -0,1 0,1 0,0 108.146 35.783 2.233 0,0 0,0 0,0 33.926 2.522 540 0,0 1,2 0,0 9.035 572 144 5,9 4,8 0,0 13.355 1.052 - 18,1 6,5 - colture permanenti barbabietola da zucchero leguminose* soia* erba medica* 122.453 92.025 44.596 7,4 1,1 0,4 altre foraggere 23.354 13.531 6.598 1,0 0,8 0,1 altre colture 12.504 3.238 6 0,5 0,8 0,0 prati/pascoli perm. 16.579 28.998 47.259 0,0 0,3 0,0 4.945 1.066 1.137 15,8 7,6 0,0 sup a riposo (% di SAU) AIE richiesta Superficie totale 9.115 726 - 1,3 0,3 - 728.516 261.316 113.757 Fonte: ns elaborazioni Figura 6.1 - Distribuzione della superficie allocata come AIE (Emilia Romagna) Pianura Collina 15.000 sup a riposo 10.000 erba medica* (Ha) 5.000 - -5.000 soia* leguminose* erba medica* AIE AIE -10.000 -15.000 *Colture azotofissatrici Fonte: ns elaborazioni 72 Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP 6.2.2 L’impatto sui redditi aziendali L’analisi delle variabili economiche mostra il potenziale impatto sul margine lordo (ML) aziendale sia dei requisiti di greening (ML I livello) che della riforma nel complesso (ML II livello), tenendo conto anche della convergenza dei pagamenti diretti (tab. 6.4). Sulla base dei risultati del modello, il greening comporterebbe una contrazione del margine lordo (I livello) a livello regionale inferiore allo 0,5%. Il valore medio del margine lordo (I livello) nelle aziende analizzate è pari a 2.085 €/ha nel Baseline, con una perdita dello 0,2% nello scenario di greening, corrispondente a meno di 5 €/ha. Tale risultato trova spiegazione, come detto, sia dall’alleggerimento dei vincoli di greening nella versione finale del 17 dicembre 2013, sia nella possibilità di considerare un significativo numero di colture come azotofissatrici qualificate come AIE: ciò comporta un aumento del numero di aziende che, coltivando azotofissatrici, rispettano già il vincolo di AIE o devono destinare una parte limitata della propria superficie ad area ecologica senza apportare importanti cambiamenti nell’ordinamento produttivo di riferimento. L’impatto del greening sul reddito è infatti imputabile principalmente all’obbligo di destinare superficie ad area ecologica piuttosto che al vincolo di diversificazione. Quest’ultimo riguarderà aziende di grandi dimensioni e altamente specializzate che potranno comunque riallocare tale superficie a colture appartenenti allo stesso genere (ad eccezione dei casi precedentemente evidenziati). Per destinare una superficie ad AIE le aziende devono invece togliere dalla produzione tale superficie oppure riallocarla a colture azotofissatrici che in molti casi non sono presenti in queste aziende, con un onere potenzialmente significativo. Considerando soltanto le aziende del campione interessate dal vincolo di AIE, l’impatto del greening sul margine lordo raggiunge quasi l’1%, con una perdita media di redditività di 13 €/ha. Per stimare quanto incida su questo risultato la possibilità di produrre azotofissatrici sull’area ecologica, è stato predisposto nel modello di PMP uno scenario alternativo, nel quale queste colture non sono qualificate come AIE. In questo caso, l’impatto negativo del greening, per le sole aziende interessate dall’AIE, risulta nettamente più elevato rispetto ai 13 €/ha e supera la soglia dei 50 €/ha. È chiaro infatti che in quest’ultimo scenario aumenta il numero di aziende interessate dal vincolo di AIE, che include anche quelle che possiedono azotofissatrici per oltre il 5% di superficie a seminativi nella situazione osservata. La riduzione dei pagamenti diretti comporta una riduzione molto più significativa del margine lordo rispetto alle misure ambientali. La contrazione dei pagamenti a livello regionale è di circa il 10,8%, pari ad una riduzione media di 35 €/ha. Il margine lordo medio (di II livello) delle aziende analizzate è pari a poco più di 2.400 €/ha. L’effetto congiunto del greening e della variazione dei pagamenti diretti determinerebbe una riduzione inferiore al 2% del reddito aziendale nello scenario analizzato (tab. 6.4). Sebbene l’impatto complessivo del greening a livello regionale risulti ridotto, è importante valutare gli effetti per specializzazione produttiva e con un maggiore dettaglio territoriale. L’analisi dei risultati aziendali per specializzazione produttiva (fig. 6.2) evidenzia un maggiore impatto economico negativo del greening per le aziende specializzate in seminativi e granivori. Una parte di queste aziende è infatti soggetta al vincolo di diversificazione e all’obbligo di fornire AIE, a causa di un basso numero di processi produttivi presenti in azienda (in alcuni casi si tratta di monocoltura) su grandi aree a seminativi. Come è logico aspettarsi, è invece praticamente nullo l’impatto sulle aziende specializzate in colture permanenti data l’esclusione di questa tipologia dai vincoli di greening. 73 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 6.4 - L’impatto del greening (ML I livello) e della ridistribuzione dei pagamenti diretti (ML II livello) sulle variabili economiche (Emilia Romagna) Baseline Scenario Greening (Euro/ha) Produz. Lorda Totale 3.354 3.348 -0,2% Costi Variabili 1.268 1.266 -0,2 % ML I livello (greening) 2.085 2.082 -0,2% (-3,2 €/ha) Pagamenti 318,1 283,6 -10,8 % ML II livello (greening + pagamenti) 2.403 2.366 -1,6% (-38 €/ha) (Euro/ha) Var. % Fonte: ns elaborazioni. Analizzando anche l’impatto della redistribuzione dei pagamenti diretti, le aziende specializzate in erbivori e seminativi mostrano una significativa riduzione dei margini lordi di II livello (60-90 €/ha). Nel primo caso, la riduzione del margine lordo è dovuto esclusivamente all’effetto della convergenza dei pagamenti, mentre vi è un effetto combinato del greening e della convergenza per le aziende specializzate in seminativi. Di contro, le aziende specializzate in colture permanenti evidenziano un aumento complessivo di redditività: chiaramente si tratta di aziende che nella situazione pre-riforma hanno ricevuto pagamenti diretti bassi, o in molti casi nulli, e che potranno in futuro beneficiare della redistribuzione degli aiuti. Figura 6.2 - Scomposizione dell’impatto della Riforma (greening e ridistribuzione dei pagamenti diretti) sul Margine Lordo aziendale per specializzazione produttiva (OTE) (Emilia Romagna) Impatto del greening 100 Impatto della redistribuzione dei pagamenti diretti 80 60 (Euro/ha) 40 73 46 20 0 --1 1 -20 -40 -7 7 0 -22 -1 -1 19 0 -1 -1 -5 5 -39 -53 -83 -3 -35 -60 -80 -100 Specializ. in erbivori Specializ. in granivori Poliallevam. Miste coltivaz. ed allevam. Fonte: ns elaborazioni. 74 Policoltura Special. Specializ. coltiv. nei seminativi Permanenti Per manenti Tutte le aziende Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP Il modello di PMP sviluppato per questa analisi è di tipo aziendale e ciò permette di raggiungere il massimo dettaglio territoriale nella rappresentazione dei risultati. La figura 6.3 mostra l’impatto medio a livello comunale dell’applicazione delle misure di greening sul margine lordo aziendale. È evidente come le varie modifiche apportate prima ai regolamenti di base e poi agli atti delegati abbiano determinato un impatto del greening praticamente nullo nelle aree di montagna ed estremamente limitato nel complesso. Solo in alcune aree con una maggiore concentrazione di aziende molto grandi e fortemente specializzate, l’impatto delle nuove misure ambientali risulta significativo. Le zone maggiormente interessate dalle misure di greening risultano quelle delle province di Bologna, Ferrara e Ravenna, dove si concentra il 60-70% della nuova AIE richiesta, per l’elevata presenza di grandi aziende cerealicole. La tabella 6.5 mostra la differenziazione dell’impatto economico della riforma della PAC per fascia altimetrica. L’impatto negativo del greening sul margine lordo, sebbene molto contenuto, risulta maggiore per le aziende in pianura rispetto a quelle situate in collina. Le aziende di montagna, invece, come già evidenziato dalla figura 6.3, non sono interessate dalle misure ambientali. Anche gli effetti negativi della ridistribuzione dei pagamenti sul margine lordo colpiscono maggiormente la pianura rispetto alla collina. In entrambe queste fasce altimetriche si ha pertanto un effetto negativo congiunto delle misure di greening e, soprattutto, della convergenza dei pagamenti. Per le aziende in collina la riduzione media di redditività non supera i 15 €/ha mentre raggiunge quasi i 60 €/ha per quelle in pianura. Di contro nelle aziende di montagna la sostanziale esclusione dalle misure di greening e il contestuale vantaggio derivante dal processo di convergenza dei pagamenti producono un miglioramento della redditività media aziendale in quest’area. Figura 6.3 - Impatto del greening a livello comunale sul ML aziendale (€/ha) Fonte: ns elaborazioni. 75 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Tabella 6.5 - L’impatto del greening (ML I livello) e della ridistribuzione dei pagamenti diretti (ML II livello) sulle variabili economiche, per fascia altimetrica (Emilia Romagna) Pianura Collina Montagna Baseline (Euro/ha) Pianura Collina Montagna Variazioni rispetto al Baseline Produz. Lorda Totale 3.584 3.080 2.505 -0,2% -0,2% -0,0% Costi Variabili 1.315 1.203 1.120 -0,2 % -0,4 % -0,0 % ML I livello (greening) 2.269 1.877 1.385 -0,2% (-4,4 €/ha) -0,1% (-1,4 €/ha) -0,0% (-0,1 €/ha) Pagamenti 352,3 278,6 189,6 -15 % -4,7 % +17,5 % ML II livello (green.+ pagamenti) 2.622 2.156 1.574 -2,2% (-57 €/ha) -0,7% (-15 €/ha) +2,1% (+33 €/ha) Fonte: ns elaborazioni. 76 Riferimenti bibliografici Ahner D. (2001), “Situation and challenges for the CAP”, Agra Europe 20th Anniversary Conference “Outlook 2001”, London. Anania G. (2008), “Il futuro dei pagamenti diretti nell’Health Check della PAC: regionalizzazione, condizionalità e disaccoppiamento”, in De Filippis F. (a cura di), L’Health Check della PAC. Una valutazione delle prime proposte della Commissione, Quaderni del Gruppo 2013, Tellus, Roma. Arfini F. e Donati M. 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The Hague: Netherlands Environmental Assessment Agency. 81 Appendice 1 Il greening dei pagamenti diretti: le proposte a confronto 83 84 Livello di applicazione Riduzione massima 2. PRATI PERMANENTI Esclusione Limite per coltura 1. DIVERSIFICAZIONE (Sup. a seminativi) aziendale 5% aziendale 5% CONSIGLIO DELL'UE nazionale, regionale, subregionale 2 colture: <75% (colt. princip.) 5% del rapporto tra sup. a prato e pascolo permanenti e superficie agricola totale Mantenimento rapporto tra sup. a prati e pascoli permanenti e superficie agricola totale. Divieto di conversione o aratura in zone sensibili designate dallo SM. - se interamente utilizzata per colture sommerse - se > 75 % (sup.ammissibile) prati perman., forag. erbacee o colt. sommerse e sup. a seminat. rimanente < 30 ha - se > 75% (sup. a seminativi) erba, forag. erbacee o a riposo e sup. a seminat. rimanente <30 ha aziendale, con deroghe banazionale, regionale, subregiosate sul rapporto tra sup. a nale o aziendale prato e pascolo permanenti e superficie agricola totale, e sul sistema di monitoraggio dei prati e pascoli permanenti (a livello nazionale, regionale, sub-regionale) 5% Mantenimento sup. prati e pascoli permanente 5% (ad eccezione dei terreni ricchi di carbonio, delle zone umide e dei prati e pascoli seminaturali) Mantenimento rapporto tra sup. a prati e pascoli permanenti e superficie agricola totale ACCORDO FINALE 10-30 ha: 2 colture >30 ha: 3 colture 3 colture: <75% (colt. prin- 3 colture: <75% (colt. princip.) cip.) e <95% (2 colt. princip.) e <95% (2 colt. princip.) 2 colture: <75% (colt. princip.) 10-30 ha: 2 colture >30 ha: 3 colture se > 75% a prato o pascolo - se la coltura principapermanenti o produzione di le erba o altre foraggere erba o foraggere o colture erbacee sommerse e se restante - se > 75% (sup. ammissuperficie agricola ammissisibile) prato o colture bile < 50 ha sommerse - se > 75% (sup. seminativi) erba, foraggere, a riposo o interamente coltivata a leguminose 3 colture: <75% (colt. princip.) e <95% (2 colt. princip.) 3 colture: <70% (colt. princip.) e <95% (2 colt. princip.) - se interamente utilizzata per erba, foraggere, a riposo o a colture sommerse - se > 50 ha a semin. e > 80% (sup. ammissibile) a prato e pascolo o colt. permanenti 2 colture: <80% (colt. princip.) PARLAMENTO EUROPEO (COMAGRI - marzo 2013) 2 colture: >10% (colt. minore) 10-30 ha: 2 colture >30 ha: 3 colture PARLAMENTO EUROPEO (COMAGRI - giugno 2012) 5 - 20 ha: 2 colture > 20 ha : 3 colture Mantenimento sup. Mantenimento sup. prati e prati e pascoli permapascoli permanenti nenti interamente utilizzate per colture erbacee, sommerse, a riposo >5% (colt. minore) <70% (colt. princip.) >3 ha: 3 colture COMMISSIONE EUROPEA Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana 85 prati/pascoli permanenti Area esclusa Esclusione Corridoi di biodiversità (deroghe su decisione dello SM) prati/pascoli permanenti e colture permanenti (associate a pratiche agronomiche) >20 ha (superficie ammissibile) tutte Obbligatorietà PARLAMENTO EUROPEO (COMAGRI -giugno 2012) - 7% - 5% (se gruppi di agricoltoriaree di interesse ecologico continue adiacenti) COMMISSIONE EUROPEA - 7% 3. AREE DI INTERESSE ECOLOGICO (AIE) Segue se > 75% a prato o pascolo permanenti o produzione di erba o foraggere o colture sommerse e se restante superficie agricola ammissibile < 50 ha prati/pascoli permanenti e colture permanenti dal 2016, fino al 3% applicazione a livello regionale su aree contigue >10 ha (superficie a seminativi) - 3% - 5% dal 2016 - 7% dal 2018 (eventuale, su valutazione della Commissione) PARLAMENTO EUROPEO (COMAGRI - marzo 2013) prati/pascoli permanenti e colture permanenti - se > 75 % (sup.ammissibile) prati perman., forag. ebacei o colt. sommerse e sup. a seminat. rimanente < 30 ha - se > 75% (sup. a seminativi) erba, forag. erbacei, a riposo o leguminose e sup. a seminat. rimanente < 30 ha - se > 75% (sup. ammissibile) prato o colture sommerse - se > 75% (sup. seminativi) erba, foraggere o leguminose - fino alla metà della quota di area di interesse ecologico a livello regionale, al fine di ottenere delle aree di interesse ecologico adiacenti. - adempimento collettivo dell’obbligo per gli agricoltori in stretta prossimità. >15 ha (superficie a seminativi) - 5% dal 2016 - 7% dal 2018 (eventuale, su valutazione della Commissione) ACCORDO FINALE prati/pascoli permanenti - fino alla metà della quota di area di interesse ecologico a livello regionale, al fine di ottenere delle aree di interesse ecologico adiacenti. - adempimento collettivo dell’obbligo per gli agricoltori in stretta prossimità. >15 ha (superficie ammissibile meno prati e pascoli permanenti) - 5% dal 2016 - 7% dal 2018 (eventuale, su valutazione della Commissione) CONSIGLIO DELL'UE Appendice 1 - Il greening dei pagamenti diretti: proposte a confronto Aree di interesse ecologico Segue - Terreni a riposo - terrazze - elementi caratteristici del paesaggio (siepi, muri in pietra, ...) - fasce tampone - aree forestate - Terreni a riposo - terrazze - elementi caratteristici del paesaggio (siepi, muri di pietra ...) - fasce tampone - colture azoto-fissatrici - sup. oggetto di imboschimento - Terreni a riposo - terrazze - elementi caratteristici del paesaggio (siepi, muri in pietra, ...) - colture azoto-fissatrici - fasce tampone - aree forestate. (Possibili produzioni senza l’utilizzo di pesticidi o fertilizzanti). - Terreni a riposo - Terreni a riposo - terrazze - terrazze - elementi caratteristici del - elementi caratteristici del paesaggio (siepi, muri in paesaggio (siepi, muri in pietra, ...) pietra, ...) - fasce tampone (senza ferti- fasce tampone lizzazione e pesticidi) - superfici agro-forestali - colture permanenti (20-250 - strisce di superficie lungo i alberi/ha) margini della foresta - superfici agro-forestali -aree a colt. perm. su pendii - strisce di superficie lungo i (>10%) margini della foresta - aree a bosco ceduo a rota-aree a colt. perm. su pendii zione rapida (>10%) - aree forestate - aree a bosco ceduo a rotazio- aree con colture intercalari o ne rapida copertura verde da assogget- aree forestate tare a fattori di ponderazione - aree con colture intercalari o - aree con colture azotocopertura verde da assoggetfissatrici. tare a fattori di ponderazione - aree con colture azotofissatrici. Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana 86 Appendice 2 Il greening in Italia: aziende e superfici interessate a livello regionale 87 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Piemonte Tabella A2.1 - Diversificazione colturale Aziende (n) Montagna Collina Pianura Totale 77 827 3.254 4.158 SAU (ha) 3.166 28.805 142.324 174.295 Sup Sem (ha) 1.896 22.328 126.337 150.561 % Aziende (% su az tot) 0,8 2,4 14,3 6,2 Aziende (% su az con sem) 2,7 4,5 16,6 10,2 SAU (%) 1,5 9,7 28,1 17,2 18,4 16,7 31,6 27,7 Sup Sem (%) Tabella A2.2 - Aree d’interesse ecologico Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 123 1.783 5.706 7.612 SAU (ha) 4.765 83.142 268.149 356.056 Sup Sem (ha) 3.551 64.869 240.070 308.491 25,0 11,3 % Aziende (%su az tot) 1,3 Aziende (%su az con sem) 4,4 9,6 29,1 18,6 SAU (%) 2,3 27,9 52,9 35,2 34,4 48,5 60,1 56,8 Sup Sem (%) 5,2 Tabella A2.3 - Un quadro d’insieme Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Solo diversificazione 31 378 903 1.312 Solo AIE 77 1.334 3.355 4.766 Diversificazione e AIE 46 449 2.351 2.846 154 2.161 6.609 8.924 Totale % aziende totali Solo diversificazione 0,3 1,1 4,0 2,0 Solo AIE 0,8 3,9 14,7 7,1 Diversificazione e AIE 0,5 1,3 10,3 4,2 Totale 1,6 6,2 29,0 13,3 % aziende con seminativi Solo diversificazione 1,1 2,0 4,6 3,2 Solo AIE 2,7 7,2 17,1 11,6 Diversificazione e AIE 1,6 2,4 12,0 6,9 Totale 5,5 11,7 33,7 21,8 88 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Valle d’Aosta Tabella A2.4 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 3 - - 3 317 - - 317 Sup Sem (ha) 93 - - 93 Aziende (% su az tot) 0,1 - - 0,1 Aziende (% su az con sem) 0,5 - - 0,5 SAU (%) 0,6 - - 0,6 27,3 - - 27,3 Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.5 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 2 - - 2 SAU (ha) 52 - - 52 Sup Sem (ha) 50 - - 50 Aziende (% su az tot) 0,1 - - 0,1 Aziende (% su az con sem) 0,4 - - 0,4 SAU (%) 0,1 - - 0,1 14,5 - - 14,5 Aziende (n) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.6 - Un quadro d’insieme Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Solo diversificazione 2 - - 2 Solo AIE 1 - - 1 Diversificazione e AIE 1 - - 1 Totale 4 - - 4 Solo diversificazione 0,1 - - 0,1 Solo AIE 0,0 - - 0,0 Diversificazione e AIE 0,0 - - 0,0 Totale 0,1 - - 0,1 % aziende totali % aziende con seminativi Solo diversificazione 0,4 - - 0,4 Solo AIE 0,2 - - 0,2 Diversificazione e AIE 0,2 - - 0,2 Totale 0,7 - - 0,7 89 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Lombardia Tabella A2.7 - Diversificazione colturale Montagna Pianura Totale 90 422 5.583 6.095 SAU (ha) 5.865 15.422 259.488 280.776 Sup Sem (ha) 1.795 12.238 241.329 255.361 Aziende (% su az tot) 0,7 3,7 18,6 11,2 Aziende (% su az con sem) 4,1 6,9 20,7 17,3 SAU (%) 3,4 16,8 36,0 28,5 25,2 24,6 36,6 35,7 Aziende (n) Collina % Sup Sem (%) Tabella A2.8 - Aree d’interesse ecologico Montagna Pianura Totale 90 749 9.888 10.727 SAU (ha) 4.891 32.005 531.512 568.408 Sup Sem (ha) 2.434 28.197 503.020 533.651 Aziende (% su az tot) 0,7 6,5 33,0 19,7 Aziende (% su az con sem) 4,1 12,3 36,7 30,5 SAU (%) 2,8 34,8 73,7 57,6 34,2 56,8 76,4 74,6 Collina Pianura Totale Aziende (n) Collina % Sup Sem (%) Tabella A2.9 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 47 165 1.333 1.545 Solo AIE 47 492 5.638 6.177 Diversificazione e AIE 43 257 4.250 4.550 137 914 11.221 12.272 Totale % aziende totali Solo diversificazione 0,4 1,4 4,4 2,8 Solo AIE 0,4 4,3 18,8 11,4 Diversificazione e AIE 0,3 2,2 14,2 8,4 Totale 1,1 7,9 37,4 22,6 % aziende con seminativi Solo diversificazione 2,2 2,7 Solo AIE 2,2 8,1 20,9 17,5 Diversificazione e AIE 2,0 4,2 15,8 12,9 Totale 6,3 15,0 41,6 34,8 90 4,9 4,4 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Trentino Alto Adige Tabella A2.10 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 67 - - 67 SAU (ha) 2.930 - - 2.930 Sup Sem (ha) 1.391 - - 1.391 Aziende (% su az tot) 0,2 - - 0,2 Aziende (% su az con sem) 1,7 - - 1,7 SAU (%) 0,8 - - 0,8 19,5 - - 19,5 Aziende (n) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.11 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 66 - - 66 SAU (ha) 3.822 - - 3.822 Sup Sem (ha) 1.769 - - 1.769 Aziende (% su az tot) 0,2 - - 0,2 Aziende (% su az con sem) 1,6 - - 1,6 SAU (%) 1,0 - - 1,0 24,7 - - 24,7 Aziende (n) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.12 - Un quadro d’insieme Montagna Collina Pianura Totale Solo diversificazione 28 - - 28 Solo AIE 27 - - 27 Diversificazione e AIE 39 - - 39 Totale 94 - - 94 n. aziende % aziende totali Solo diversificazione 0,1 - - 0,1 Solo AIE 0,1 - - 0,1 Diversificazione e AIE 0,1 - - 0,1 Totale 0,3 - - 0,3 % aziende con seminativi Solo diversificazione 0,7 - - 0,7 Solo AIE 0,7 - - 0,7 Diversificazione e AIE 1,0 - - 1,0 Totale 2,3 - - 2,3 91 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Veneto Tabella A2.13 - Diversificazione colturale Montagna Pianura Totale 94 320 4.019 4.433 SAU (ha) 5.335 12.132 140.472 157.939 Sup Sem (ha) 2.657 9.968 127.593 140.218 Aziende (% su az tot) 1,7 1,4 4,4 3,7 Aziende (% su az con sem) 7,0 3,4 5,0 4,8 SAU (%) 6,6 12,2 22,3 19,5 47,3 27,1 24,2 24,6 Aziende (n) Collina % Sup Sem (%) Tabella A2.14 - Aree d’interesse ecologico Montagna Pianura Totale 71 375 6.506 6.952 SAU (ha) 5.106 16.412 300.486 322.004 Sup Sem (ha) 2.476 13.612 282.733 298.821 Aziende (% su az tot) 1,3 1,7 7,1 5,8 Aziende (% su az con sem) 5,3 4,0 8,0 7,6 SAU (%) 6,3 16,5 47,6 39,7 44,1 37,1 53,7 52,5 Collina Pianura Totale Aziende (n) Collina % Sup Sem (%) Tabella A2.15 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 39 141 1.613 1.793 Solo AIE 16 196 4.100 4.312 Diversificazione e AIE 55 179 2.406 2.640 516 8.119 8.745 Totale 110 % aziende totali Solo diversificazione 0,7 0,6 1,8 1,5 Solo AIE 0,3 0,9 4,5 3,6 Diversificazione e AIE 1,0 0,8 2,6 2,2 Totale 2,0 2,3 8,9 7,3 2,0 2,0 % aziende con seminativi Solo diversificazione 2,9 1,5 Solo AIE 1,2 2,1 5,1 4,7 Diversificazione e AIE 4,1 1,9 3,0 2,9 Totale 8,2 5,5 10,0 9,5 92 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Friuli Venezia Giulia Tabella A2.16 - Diversificazione colturale Montagna Pianura Totale 6 221 1.000 1.227 191 7.229 35.274 42.693 Sup Sem (ha) 79 6.155 31.607 37.842 Aziende (% su az tot) 0,7 4,6 6,0 5,5 Aziende (% su az con sem) 2,8 5,7 6,5 6,3 SAU (%) 1,5 15,7 22,1 19,5 15,2 21,6 23,7 23,3 Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (%) Collina Tabella A2.17 - Aree d’interesse ecologico Montagna Pianura Totale 4 413 1.736 2.153 125 18.664 79.952 98.741 Sup Sem (ha) 66 15.119 73.966 89.151 Aziende (% su az tot) 0,5 8,6 10,4 9,6 Aziende (% su az con sem) 1,9 10,6 11,2 11,0 SAU (%) 1,0 40,6 50,1 45,2 12,6 53,0 55,5 55,0 Collina Pianura Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (%) Collina Tabella A2.18 - Un quadro d’insieme Montagna Totale n. aziende Solo diversificazione 4 90 413 507 Solo AIE 2 282 1.149 1.433 Diversificazione e AIE 2 131 587 720 Totale 8 503 2.149 2.660 % aziende totali Solo diversificazione 0,5 1,9 2,5 2,3 Solo AIE 0,2 5,9 6,9 6,4 Diversificazione e AIE 0,2 2,7 3,5 3,2 Totale 0,9 10,5 12,9 11,9 % aziende con seminativi Solo diversificazione 1,9 2,3 Solo AIE 0,9 7,3 7,4 7,3 Diversificazione e AIE 0,9 3,4 3,8 3,7 Totale 3,8 12,9 13,9 13,6 93 2,7 2,6 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Liguria Tabella A2.19 - Diversificazione colturale Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 6 9 - 15 SAU (ha) 210 403 - 613 Sup Sem (ha) 113 357 - 470 Aziende (% su az tot) 0,1 0,1 - 0,1 Aziende (% su az con sem) 0,2 0,2 - 0,2 SAU (%) 0,9 2,0 - 1,4 Sup Sem (%) 4,1 8,8 - 6,9 % Tabella A2.20 - Aree d’interesse ecologico Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 10 10 - 20 SAU (ha) 415 370 - 786 Sup Sem (ha) 315 366 - 681 Aziende (% su az tot) 0,2 0,1 - 0,1 Aziende (% su az con sem) 0,4 0,2 - 0,2 SAU (%) 1,7 1,9 - 1,8 11,6 9,0 - 10,0 % Sup Sem (%) Tabella A2.21 - Un quadro d’insieme Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Solo diversificazione 3 2 - 5 Solo AIE 7 3 - 10 Diversificazione e AIE 3 7 - 10 12 - 25 Totale 13 % aziende totali Solo diversificazione 0,1 0,0 - 0,0 Solo AIE 0,1 0,0 - 0,0 Diversificazione e AIE 0,1 0,0 - 0,0 Totale 0,2 0,1 - 0,1 % aziende con seminativi Solo diversificazione 0,1 0,0 - 0,1 Solosegue AIE 0,3 0,1 - 0,1 Diversificazione e AIE 0,1 0,1 - 0,1 Totale 0,5 0,2 - 0,3 94 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Emilia Romagna Tabella A2.22 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 390 1.351 2.669 4.410 SAU (ha) 13.632 49.263 102.990 165.885 Sup Sem (ha) 11.497 43.042 95.260 149.799 Aziende (% su az tot) 4,7 7,0 5,8 6,0 Aziende (% su az con sem) 7,8 9,8 7,1 7,8 SAU (%) 13,4 19,7 14,5 15,6 Sup Sem (%) 22,8 23,6 15,9 18,0 Montagna Collina Pianura 437 2.284 8.138 10.859 SAU (ha) 17.874 107.580 419.330 544.784 Sup Sem (ha) 14.856 96.575 396.401 507.832 Aziende (% su az tot) 5,3 11,9 17,7 14,8 Aziende (% su az con sem) 8,7 16,6 21,6 19,2 SAU (%) 17,6 43,0 58,9 51,2 Sup Sem (%) 29,4 53,0 66,3 61,1 Montagna Collina Pianura Totale Solo diversificazione 125 455 845 1.425 Solo AIE 172 1.388 6.314 7.874 Diversificazione e AIE 265 896 1.824 2.985 Totale 562 2.739 8.983 12.284 Aziende (n) Totale Tabella A2.23 - Aree d’interesse ecologico Aziende (n) Totale Tabella A2.24 - Un quadro d’insieme n. aziende % aziende totali Solo diversificazione 1,5 2,4 1,8 1,9 Solo AIE 2,1 7,2 13,7 10,7 Diversificazione e AIE 3,2 4,7 4,0 4,1 Totale 6,8 14,3 19,5 16,7 % aziende con seminativi Solo diversificazione 2,5 3,3 2,2 2,5 Solo AIE 3,4 10,1 16,7 13,9 Diversificazione e AIE 5,3 6,5 4,8 5,3 11,2 19,9 23,8 21,7 Totale 95 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Toscana Tabella A2.25 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 252 2.787 395 3.434 10.577 131.026 15.863 157.467 7.589 106.238 13.447 127.274 Aziende (% su az tot) 1,9 5,5 4,5 4,7 Aziende (% su az con sem) 5,2 9,6 7,1 8,7 SAU (%) 10,7 22,5 22,1 20,9 Sup Sem (%) 20,7 27,3 24,6 26,5 Collina Pianura Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (ha) Totale % Tabella A2.26 - Aree d’interesse ecologico Montagna Aziende (n) Totale 323 3.300 446 4.069 SAU (ha) 16.979 189.964 26.884 233.827 Sup Sem (ha) 12.493 165.084 24.586 202.162 Aziende (% su az tot) 2,5 6,5 5,1 5,6 Aziende (% su az con sem) 6,6 11,4 8,1 10,3 SAU (%) 17,1 32,6 37,4 31,0 Sup Sem (%) 34,0 42,5 45,0 42,1 Collina Pianura % Tabella A2.27 - Un quadro d’insieme Montagna Totale n. aziende Solo diversificazione 123 1.484 225 1.832 Solo AIE 194 1.997 276 2.467 Diversificazione e AIE 129 1.303 170 1.602 Totale 446 4.784 671 5.901 % aziende totali Solo diversificazione 1,0 3,2 2,8 2,8 Solo AIE 1,6 4,3 3,5 3,7 Diversificazione e AIE 1,1 2,8 2,1 2,4 Totale 3,7 10,4 8,4 8,9 % aziende con seminativi Solo diversificazione 2,8 Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 5,6 4,5 5,1 4,4 7,6 5,5 6,9 2,9 4,9 3,4 4,5 10,0 18,1 13,4 16,5 96 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Umbria Tabella A2.28 - Diversificazione colturale Montagna Pianura Totale 202 933 - 1.135 SAU (ha) 8.580 34.634 - 43.214 Sup Sem (ha) 5.869 27.507 - 33.377 Aziende (% su az tot) 3,0 3,2 - 3,1 Aziende (% su az con sem) 3,9 4,8 - 4,6 SAU (%) 9,5 14,6 - 13,2 12,8 16,6 - 15,8 Aziende (n) Sup Sem (%) Collina Tabella A2.29 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura Totale 438 1.636 - 2.074 SAU (ha) 22.001 83.207 - 105.208 Sup Sem (ha) 15.766 70.887 - 86.654 Aziende (% su az tot) 6,5 5,5 - 5,7 Aziende (% su az con sem) 8,5 8,4 - 8,4 SAU (%) 24,4 35,2 - 32,2 Sup Sem (%) 34,3 42,9 - 41,0 Montagna Collina Pianura Totale Solo diversificazione 110 505 - 615 Solo AIE 346 1.208 - 1.554 92 428 - 520 548 2.141 - 2.689 Aziende (n) Tabella A2.30 - Un quadro d’insieme n. aziende Diversificazione e AIE Totale % aziende totali Solo diversificazione 2,0 2,1 - 2,0 Solo AIE 6,2 4,9 - 5,1 Diversificazione e AIE 1,6 1,7 - 1,7 Totale 9,8 8,7 - 8,9 - 3,0 % aziende con seminativi Solo diversificazione 2,6 Solo AIE 8,0 7,4 - 7,6 Diversificazione e AIE 2,1 2,6 - 2,5 12,7 13,2 - 13,1 Totale 3,1 97 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Marche Tabella A2.31 - Diversificazione colturale Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 302 1.916 - 2.218 SAU (ha) 13.514 70.027 - 83.540 Sup Sem (ha) 10.741 65.291 - 76.032 Aziende (% su az tot) 6,2 4,8 - 4,9 Aziende (% su az con sem) 7,1 5,5 - 5,6 SAU (%) 15,1 18,3 - 17,7 Sup Sem (%) 21,9 20,0 - 20,3 % Tabella A2.32 - Aree d’interesse ecologico Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 523 3.444 - 3.967 SAU (ha) 28.461 167.131 - 195.591 Sup Sem (ha) 21.995 157.712 - 179.707 Aziende (% su az tot) 10,7 8,6 - 8,8 Aziende (% su az con sem) 12,4 9,8 - 10,1 SAU (%) 31,7 43,7 - 41,5 Sup Sem (%) 44,8 48,4 - 47,9 % Tabella A2.33 - Un quadro d’insieme Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Solo diversificazione 145 839 - 984 Solo AIE 366 2.367 - 2.733 Diversificazione e AIE 157 1.077 - 1.234 Totale 668 4.283 - 4.951 % aziende totali Solo diversificazione 3,8 2,7 - 2,9 Solo AIE 9,7 7,7 - 7,9 Diversificazione e AIE Totale 4,2 3,5 - 3,6 17,7 13,9 - 14,3 % aziende con seminativi Solo diversificazione Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 4,5 3,1 - 3,3 11,3 8,8 - 9,1 4,8 4,0 - 4,1 20,5 15,9 - 16,4 98 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Lazio Tabella A.34 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 94 1.444 965 2.503 SAU (ha) 6.218 56.231 35.917 98.367 Sup Sem (ha) 2.902 47.085 33.045 83.032 Aziende (% su az tot) 0,6 2,1 6,3 2,5 Aziende (% su az con sem) 1,8 5,7 8,8 6,0 SAU (%) 4,7 15,4 25,6 15,4 12,4 25,3 29,5 25,8 Aziende (n) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.35 – Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 210 1.914 1.112 3.236 14.047 96.137 57.599 167.782 8.408 82.779 53.071 144.258 Aziende (% su az tot) 1,3 2,8 7,2 3,3 Aziende (% su az con sem) 4,1 7,5 10,2 7,8 SAU (%) 10,6 26,3 41,0 26,3 Sup Sem (%) 36,0 44,5 47,3 44,9 Collina Pianura Totale Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (ha) Totale Tabella A2.36 – Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 37 574 358 969 153 1.044 505 1.702 57 870 607 1.534 247 2.488 1.470 4.205 % aziende totali Solo diversificazione 0,3 1,2 3,3 1,4 Solo AIE 1,4 2,2 4,6 2,4 Diversificazione e AIE 0,5 1,8 5,5 2,2 Totale 2,2 5,2 13,4 6,0 % aziende con seminativi Solo diversificazione 1,0 3,2 4,6 Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 4,2 5,7 6,5 5,7 1,6 4,8 7,8 5,2 6,8 13,7 18,8 14,2 99 3,3 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Abruzzo Tabella A2.37 - Diversificazione colturale Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 261 561 - 822 10.085 15.821 - 25.906 6.806 13.937 - 20.743 Aziende (% su az tot) 1,9 1,1 - 1,2 Aziende (% su az con sem) 2,7 1,8 - 2,0 SAU (%) 4,0 7,8 - 5,7 10,9 11,7 - 11,4 SAU (ha) Sup Sem (ha) % Sup Sem (%) Tabella A2.38 - Aree d’interesse ecologico Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 666 886 - 1.552 SAU (ha) 33.635 32.764 - 66.400 Sup Sem (ha) 20.925 28.827 - 49.752 Aziende (% su az tot) 4,8 1,7 - 2,3 Aziende (% su az con sem) 6,9 2,9 - 3,9 SAU (%) 13,4 16,2 - 14,6 Sup Sem (%) 33,4 24,2 - 27,4 % Tabella A2.39 - Un quadro d’insieme Montagna Collina Pianura Totale n. aziende Solo diversificazione 124 336 - 460 Solo AIE 529 661 - 1.190 Diversificazione e AIE 137 225 - 362 Totale 790 1.222 - 2.012 % aziende totali Solo diversificazione 1,3 1,0 - 1,0 Solo AIE 5,7 1,9 - 2,7 Diversificazione e AIE 1,5 0,6 - 0,8 Totale 8,5 3,5 - 4,5 % aziende con seminativi Solo diversificazione 1,9 1,7 - 1,7 Solo AIE 8,2 3,3 - 4,5 Diversificazione e AIE 2,1 1,1 - 1,4 12,3 6,0 - 7,5 Totale 100 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Molise Tabella A2.40 - Diversificazione colturale Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 243 1.067 - 1.310 SAU (ha) 6.135 29.356 - 35.491 Sup Sem (ha) 5.505 27.104 - 32.609 Aziende (% su az tot) 2,3 6,8 - 5,0 Aziende (% su az con sem) 3,2 9,3 - 6,8 SAU (%) 7,6 25,1 - 18,0 11,5 28,6 - 22,8 Sup Sem (%) Tabella A2.41 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura Totale 618 1.297 - 1.915 SAU (ha) 19.248 43.682 - 62.930 Sup Sem (ha) 17.131 40.691 - 57.822 Aziende (% su az tot) 5,8 8,3 - 7,3 Aziende (% su az con sem) 8,0 11,3 - 10,0 SAU (%) 23,9 37,4 - 31,9 Sup Sem (%) 35,8 42,9 - 40,5 Collina Pianura Aziende (n) Tabella A2.42- Un quadro d’insieme Montagna Totale n. aziende Solo diversificazione 131 616 - 747 Solo AIE 506 846 - 1.352 Diversificazione e AIE 112 451 - 563 Totale 749 1.913 - 2.662 % aziende totali Solo diversificazione 2,0 6,3 - 4,5 Solo AIE 7,7 8,6 - 8,2 Diversificazione e AIE 1,7 4,6 - 3,4 19,5 - 16,2 Totale 11,3 % aziende con seminativi Solo diversificazione Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 2,7 8,6 - 6,2 10,5 11,8 - 11,3 2,3 6,3 - 4,7 15,6 26,6 - 22,2 101 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Campania Tabella A2.43 - Diversificazione colturale Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 465 504 847 1.816 SAU (ha) 15.883 14.954 22.073 52.910 Sup Sem (ha) 11.763 12.920 20.552 45.235 Aziende (% su az tot) 1,5 0,6 3,7 1,3 Aziende (% su az con sem) 2,5 1,4 5,6 2,6 SAU (%) 7,8 5,7 25,9 9,6 10,8 12,9 35,0 16,9 % Sup Sem (%) Tabella A2.44 - Aree d’interesse ecologico Montagna Aziende (n) Collina Pianura Totale 1.626 753 666 3.045 SAU (ha) 52.153 24.889 22.930 99.972 Sup Sem (ha) 45.044 22.185 21.315 88.545 Aziende (% su az tot) 5,1 0,9 2,9 2,2 Aziende (% su az con sem) 8,8 2,1 4,4 4,4 SAU (%) 25,6 9,6 26,9 18,2 Sup Sem (%) 41,3 22,1 36,3 33,0 Collina Pianura % Tabella A2.45 - Un quadro d’insieme Montagna Totale n. aziende Solo diversificazione Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 207 244 380 831 1.368 493 199 2.060 258 260 467 985 1.833 997 1.046 3.876 % aziende totali Solo diversificazione 1,1 0,5 2,8 1,0 Solo AIE 7,3 1,0 1,5 2,6 Diversificazione e AIE 1,4 0,5 3,5 1,2 Totale 9,8 2,1 7,8 4,8 % aziende con seminativi Solo diversificazione Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 1,9 1,2 4,3 12,6 2,4 2,3 5,1 2,4 1,3 5,3 2,4 16,8 4,8 11,9 9,6 102 2,1 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Puglia Tabella A2.46 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 184 4.637 4.663 9.484 SAU (ha) 5.050 162.789 168.772 336.612 Sup Sem (ha) 4.456 135.726 140.963 281.146 Aziende (% su az tot) 10,2 4,8 2,7 3,5 Aziende (% su az con sem) 11,7 15,1 8,3 10,7 SAU (%) 30,6 27,7 24,8 26,2 Sup Sem (%) 33,0 43,6 43,1 43,2 Aziende (n) Totale Tabella A2.47 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 184 4.014 3.646 7.844 SAU (ha) 6.878 168.738 160.391 336.007 Sup Sem (ha) 6.010 141.042 138.812 285.865 Aziende (% su az tot) 10,2 4,2 2,1 2,9 Aziende (% su az con sem) 11,7 13,0 6,5 8,9 SAU (%) 41,6 28,7 23,5 26,1 Sup Sem (%) 44,6 45,4 42,5 43,9 Collina Pianura Totale Aziende (n) Totale Tabella A2.48 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 89 1.870 2.143 4.102 Solo AIE 89 1.247 1.126 2.462 Diversificazione e AIE 95 2.767 2.520 5.382 273 5.884 5.789 11.946 Totale % aziende totali Solo diversificazione 8,9 3,5 2,2 2,7 Solo AIE 8,9 2,3 1,2 1,6 Diversificazione e AIE Totale 9,5 5,2 2,6 3,6 27,3 11,0 6,0 7,9 % aziende con seminativi Solo diversificazione 10,2 10,9 6,9 8,4 Solo AIE 10,2 7,3 3,6 5,0 Diversificazione e AIE 10,9 16,2 8,1 11,0 Totale 31,2 34,4 18,6 24,3 103 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Basilicata Tabella A2.49 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 494 2.660 280 3.434 SAU (ha) 18.924 91.962 9.800 120.686 Sup Sem (ha) 11.825 77.923 7.478 97.225 Aziende (% su az tot) 2,8 9,9 3,8 6,6 Aziende (% su az con sem) 3,6 15,6 6,3 9,8 SAU (%) 10,3 31,8 20,9 23,2 Sup Sem (%) 16,3 36,4 28,8 31,1 Aziende (n) Totale % Tabella A2.50 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 484 2.005 166 2.655 SAU (ha) 24.434 84.666 7.529 116.629 Sup Sem (ha) 13.975 72.368 5.686 92.029 Aziende (% su az tot) 2,8 7,5 2,2 5,1 Aziende (% su az con sem) 3,6 11,7 3,7 7,6 SAU (%) 13,3 29,3 16,0 22,5 Sup Sem (%) 19,3 33,8 21,9 29,4 Collina Pianura Totale Aziende (n) Totale % Tabella A2.51 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 357 1.438 155 1.950 Solo AIE 347 783 41 1.171 Diversificazione e AIE 137 1.222 125 1.484 Totale 841 3.443 321 4.605 % aziende totali Solo diversificazione 3,9 10,2 4,0 7,2 Solo AIE 3,8 5,5 1,1 4,3 Diversificazione e AIE 1,5 8,6 3,2 5,4 Totale 9,1 24,4 8,2 16,9 % aziende con seminativi Solo diversificazione 5,0 Solo AIE 4,9 Diversificazione e AIE 1,9 11,8 38,2 Totale 16,0 104 6,6 10,6 8,7 1,8 6,3 13,6 5,3 8,0 13,7 24,9 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Calabria Tabella A2.52 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 177 428 361 966 10.296 17.427 12.562 40.285 5.613 10.093 9.368 25.075 Aziende (% su az tot) 0,5 0,5 1,9 0,7 Aziende (% su az con sem) 1,3 1,6 6,1 2,1 SAU (%) 6,5 5,7 15,1 7,3 15,9 11,9 26,3 16,1 Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (ha) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.53 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 238 454 252 944 14.293 21.420 12.528 48.241 7.975 13.366 9.532 30.873 Aziende (% su az tot) 0,7 0,5 1,3 0,7 Aziende (% su az con sem) 1,8 1,7 4,2 2,0 SAU (%) 9,0 7,0 15,0 8,8 22,5 15,7 26,8 19,8 Collina Pianura Totale Aziende (n) SAU (ha) Sup Sem (ha) Sup Sem (%) Totale Tabella A2.54 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 77 224 205 506 Solo AIE 138 250 96 484 Diversificazione e AIE 100 204 156 460 Totale 315 678 457 1.450 % aziende totali Solo diversificazione 0,2 0,3 1,1 0,4 Solo AIE 0,4 0,3 0,5 0,4 Diversificazione e AIE 0,3 0,2 0,8 0,3 Totale 0,9 0,8 2,4 1,1 % aziende con seminativi Solo diversificazione 0,6 0,8 Solo AIE 1,0 Diversificazione e AIE 0,7 Totale 2,3 105 3,5 1,1 0,9 1,6 1,0 0,8 2,6 1,0 2,5 7,7 3,1 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Sicilia Tabella A2.55 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 1.096 6.101 799 7.996 SAU (ha) 49.247 210.969 31.747 291.963 Sup Sem (ha) 34.211 170.332 22.832 227.376 Aziende (% su az tot) 2,9 4,2 2,1 3,6 Aziende (% su az con sem) 7,8 8,8 5,0 8,1 SAU (%) 14,1 24,6 17,6 21,0 Sup Sem (%) 25,7 35,4 34,4 33,4 Aziende (n) Totale % Tabella A2.56 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 1.484 4.640 459 6.583 SAU (ha) 69.416 198.248 22.969 290.633 Sup Sem (ha) 50.580 159.813 16.388 226.781 4,0 3,2 1,2 3,0 Aziende (% su az con sem) 10,5 6,7 2,9 6,6 SAU (%) 19,8 23,1 12,7 20,9 Sup Sem (%) 38,0 33,2 24,7 33,3 Collina Pianura Totale Aziende (n) Totale % Aziende (% su az tot) Tabella A2.57 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 454 3.200 425 4.079 Solo AIE 842 1.739 85 2.666 Diversificazione e AIE 642 2.901 374 3.917 1.938 7.840 884 10.662 Totale % aziende totali Solo diversificazione 2,5 4,7 2,3 3,9 Solo AIE 4,7 2,5 0,5 2,5 Diversificazione e AIE Totale 3,6 4,2 2,0 3,7 10,9 11,5 4,8 10,2 % aziende con seminativi Solo diversificazione Solo AIE Diversificazione e AIE Totale 6,8 9,7 12,5 9,5 28,8 106 5,6 8,6 5,3 1,1 5,6 8,8 4,9 8,3 23,8 11,6 22,6 Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale Sardegna Tabella A2.58 - Diversificazione colturale Montagna Collina Pianura 458 3.146 1.852 5.456 SAU (ha) 39.031 191.428 73.834 304.293 Sup Sem (ha) 14.140 90.601 58.252 162.993 Aziende (% su az tot) 12,2 8,3 9,7 9,0 Aziende (% su az con sem) 30,5 18,6 16,5 18,4 SAU (%) 25,5 25,0 31,4 26,4 Sup Sem (%) 53,3 42,8 37,5 41,4 Aziende (n) Totale Tabella A2.59 - Aree d’interesse ecologico Montagna Collina Pianura 374 3.240 2.091 5.705 SAU (ha) 35.897 212.097 104.144 352.138 Sup Sem (ha) 13.190 110.664 84.334 208.189 Aziende (% su az tot) 10,0 8,5 11,0 9,4 Aziende (% su az con sem) 24,9 19,1 18,6 19,2 SAU (%) 23,5 27,7 44,2 30,5 Sup Sem (%) 49,7 52,2 54,3 52,9 Collina Pianura Totale Aziende (n) Totale Tabella A2.60 - Un quadro d’insieme Montagna n. aziende Solo diversificazione 138 1.146 816 2.100 54 1.240 1.055 2.349 Diversificazione e AIE 320 2.000 1.036 3.356 Totale 512 4.386 2.907 7.805 Solo AIE % aziende totali Solo diversificazione 8,1 6,6 9,4 7,6 Solo AIE 3,2 7,2 12,2 8,5 Diversificazione e AIE 18,8 11,6 12,0 12,1 Totale 30,0 25,4 33,6 28,2 % aziende con seminativi Solo diversificazione Solo AIE 20,2 14,9 16,0 15,6 7,9 16,1 20,7 17,4 Diversificazione e AIE 46,9 25,9 20,3 24,9 Totale 75,0 56,9 56,9 57,8 107 Appendice 3 Il greening in Italia: aziende e superfici interessate a livello comunale 109 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Diversificazione colturale Figura A3.1 - Distribuzione delle aziende sottoposte al requisito della diversificazione colturale (% sul totale delle aziende a livello comunale) 110 Appendice 3 - Il greening in I0talia:aziende e superfici interessate a livello comunale Mantenimento prati permanenti Figura A3.2 - Distribuzione superfici a prato e pascolo (% SAU) 111 Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana Aree d’interesse ecologico Figura A3.3 - Distribuzione delle aziende sottoposte all’obbligo di individuare Aree d’Interesse Ecologico (% sul totale delle aziende a livello comunale) 112