Gli effetti del greening sull`agricoltura italiana

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Gli effetti del greening sull`agricoltura italiana
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Gli effetti del greening
sull’ agricoltura italiana
a cura di
Roberto Henke e Francesco Vanni
INEA
Roma 2014
Il volume è il risultato di un’attività di ricerca dell’Osservatorio sulle politiche agricole
dell’UE e svolta nell’ambito del progetto “Programma di attivazione del Piano di settore
cerealicolo” finanziato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (DM n.
6414 del 30 dicembre 2010).
Autori:
Introduzione: Roberto Henke e Francesco Vanni
Capitolo 1: Roberto Henke
Capitolo 2: Maria Rosaria Pupo D’Andrea
Capitolo 3: Roberto Solazzo e Francesco Vanni
Capitolo 4: Concetta Cardillo e Francesco Vanni
Capitolo 5: Orlando Cimino
Capitolo 6: Roberto Solazzo, Michele Donati e Filippo Arfini
Coordinamento editoriale: Benedetto Venuto
Realizzazione copertina e impaginazione: Ufficio Grafico INEA
Si ringrazia Andrea Arzeni per la lettura critica di una versione preliminare del lavoro che
ha permesso un consistente miglioramento della stesura definitiva.
Immagine della copertina:
Felice Casorati
1883-1963
“Paesaggio” (1919)
cm. 28x30 - olio su cartone
ISBN 978 88 8145 409 9
Presentazione
Con il lavoro “Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana” l’Inea fornisce un contributo conoscitivo alle attività di supporto al Programma di attuazione del Piano di settore
cerealicolo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e, al tempo stesso,
offre a tutti gli operatori del settore uno strumento analitico relativo alla recente riforma
della PAC.
Fin dalla sua istituzione l’Inea fornisce, con i suoi studi, da un lato una documentazione aggiornata e critica delle politiche di sostegno del settore, mettendola a disposizione
del decisore pubblico; dall’altro un’analisi rigorosa e fruibile degli effetti economici, ambientali e sociali delle scelte di politica agraria compiute a tutti i livelli istituzionali.
Questo lavoro, che si inserisce tra le attività dell’Osservatorio Inea sulle politiche
agricole dell’UE, rappresenta un approfondimento del quadro conoscitivo necessario ed
utile a comprendere tutte le diverse implicazioni della nuova riforma della PAC, che si è
chiusa nel 2014 e che ci accompagnerà per i prossimi sette anni.
Il tema del greening, ovvero del legame del sostegno comunitario assicurato all’agricoltura al rispetto di alcuni vincoli ambientali e territoriali da parte degli agricoltori,
è centrale per la portata che avrà sull’assetto produttivo, strutturale e ambientale delle
aziende specializzate a seminativi. Tuttavia, la sua importanza va anche oltre, perché rappresenta un cambiamento profondo della stessa filosofia dell’intervento pubblico, spostando l’attenzione, con tutti i pro e i contro relativi, dal prodotto agricolo in quanto tale ai
comportamenti dei produttori e alla valorizzazione dei beni pubblici prodotti in agricoltura.
Il greening rappresenta solo una delle novità della recente riforma, che si è conclusa
dopo un lungo processo di dibattito e di negoziazione e che ha ridato spazio alle decisioni
nazionali, per una maggiore aderenza degli strumenti di intervento comunitari alle realtà
agricole dei singoli Stati membri. L’Inea ha seguito con attenzione il percorso di sviluppo
di tali processi, assicurando la sua presenza a tutti i tavoli di discussione predisposti dalla
varie istituzioni coinvolte, e oggi con i suoi studi prosegue nell’attività di analisi e di approfondimento necessari per comprendere a pieno gli effetti della riforma della PAC su
un’agricoltura così complessa e diversificata come quella italiana.
La riforma dei pagamenti diretti, il processo di convergenza, l’aiuto accoppiato, la
figura dell’agricolture attivo, il sostegno ai giovani agricoltori e le altre decisioni con cui si
è chiuso il negoziato sulla nuova PAC sono tutte oggetto di attenzione da parte dell’Inea
che sta lavorando per mettere a disposizione non solo del Ministero di riferimento ma di
tutta la comunità professionale, istituzionale e scientifica le proprie analisi, offrendo così il
proprio contributo all’avanzamento della conoscenza degli effetti delle politiche sull’intero
sistema agroalimentare e rurale nazionale.
L’inserimento di questo lavoro sul greening nell’ambito di un’attività di supporto alla
realizzazione di un piano di settore così strategico per il nostro Paese come quello cerealicolo testimonia, per l’appunto, la forte influenza delle politiche di sostegno settoriale e
territoriale su un sistema complesso e articolato come quello agricolo-alimentare, per il
quale non è più possibile analizzare le singole componenti come fossero indipendenti o
giustapposte, ma è necessario utilizzare un approccio sistemico valutando tutti i legami
III
che esistono tra strumenti di sostegno, caratteristiche strutturali delle aziende, comportamenti degli operatori, relazioni contrattuali tra le diverse parti e specificità del territorio.
Un sentito ringraziamento va a tutti i ricercatori Inea e ai collaboratori dell’Istituto
che con tempismo e con professionalità hanno svolto quest’analisi che va ad arricchire
l’offerta di studi e ricerche messa a disposizione dall’Inea per una maggiore conoscenza
del settore, a vantaggio non solo degli operatori che ruotano attorno ad esso, ma di tutta la
collettività, testimoniando, laddove ve ne fosse ancora necessità, la vitalità e la funzionalità
dell’Istituto.
Il Commissario straordinario INEA
Prof. Giovanni Cannata
Indice
Introduzione
1
Capitolo 1
Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo5
Capitolo 2
I pagamenti verdi nella riforma della pac 2014-2020
2.1 L’inquadramento della riforma
11
2.2 I pagamenti verdi
16
Capitolo 3
Le pratiche agricole del greening
3.1 Le pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente
19
3.2 L’applicazione del greening e le scelte dell’Italia
23
3.2.1 Il calcolo dei pagamenti verdi
23
3.2.2Rapporti tra greening e II pilastro
24
3.2.3Le pratiche equivalenti
25
3.2.4 Le aree di interesse ecologico
26
Capitolo 4
Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
4.1 Obiettivi e metodologia
29
4.2 Diversificazione delle colture
31
4.3 Prato permanente
34
4.4 Aree d’interesse ecologico
37
4.5 Aziende interessate dal greening: un quadro d’insieme
40
Capitolo 5
L’effetto del greening sui redditi aziendali
5.1Introduzione
43
5.2 La coltivazione dei seminativi in Italia
44
5.3 Le regioni selezionate
46
V
5.4 La metodologia di analisi
47
5.4.1 Le aziende rappresentative
47
5.4.2 Gli scenari
49
5.4.3 L’effetto del greening sui redditi aziendali
50
5.4.4 Il ruolo del sostegno pubblico50
5.5 Il sistema monocolturale mais
51
5.5.1Piemonte
51
5.5.2Lombardia
53
5.5.3Veneto
55
5.5.4 Friuli Venezia Giulia57
5.6 Il sistema monocolturale a grano duro
58
5.6.1Marche
58
5.6.2Molise
60
5.6.3Puglia
61
Capitolo 6
L’analisi d’impatto del greening in
Emilia Romagna attraverso un modello di PMP
6.1 Obiettivi e metodologia
67
6.2 I risultati del modello
70
6.2.1 L’impatto sull’uso del suolo
70
6.2.2L’impatto sui redditi aziendali73
appendice 1
Il greening dei pagamenti diretti: le proposte a confronto
83
appendice 2
Il greening in Italia: aziende e superfici interessate a livello regionale
Piemonte88
Valle d’Aosta
89
Lombardia90
Trentino Alto Adige
91
Veneto92
Friuli Venezia Giulia
93
Liguria94
VI
Emilia Romagna
95
Toscana96
Umbria97
Marche98
Lazio
99
Abruzzo100
Molise101
Campania102
Puglia103
Basilicata104
Calabria105
Sicilia106
Sardegna107
appendice 3
Il greening in Italia: aziende e superfici interessate a livello comunale
Diversificazione colturale
111
Mantenimento prati permanenti
112
Aree d’interesse ecologico
113
VII
Introduzione
L’inverdimento (o greening) degli interventi del primo pilastro rappresenta una delle
novità più importanti contenuta nei nuovi regolamenti della PAC 2014-2020. Attraverso il
pagamento ecologico, infatti, per la prima volta viene esplicitamente legata una quota dei
pagamenti diretti ad alcune pratiche agricole ritenute positive per l’ambiente, con l’obiettivo
di promuove forme di agricoltura sostenibili, volte a una migliore conservazione della biodiversità e al mantenimento della fertilità del suolo e del paesaggio rurale, in linea con gli
obiettivi della strategia Europa 2020.
Il pagamento verde prevede l’applicazione, sulla superficie ammissibile ai pagamenti
diretti, di tre tipi di pratiche agricole: diversificazione delle colture, mantenimento dei prati
permanenti, mantenimento o introduzione di aree di interesse ecologico. In contesti specifici, questi requisiti possono essere sostituiti da pratiche “equivalenti” svolte nell’ambito dei
programmi ambientali all’interno delle politiche di sviluppo rurale.
Dal punto di vista finanziario, il pagamento verde rappresenta la seconda componente
per importanza dopo il pagamento di base, pari ad un ammontare del 30% del sostegno al
reddito ricevuto dagli agricoltori, con una valore che per l’Italia è dell’ordine di oltre 1.100
milioni di euro annui.
L’inverdimento dei pagamenti diretti rappresenta, di fatto, la principale strategia agroambientale della nuova PAC, nonché lo strumento attraverso il quale l’agricoltura dovrebbe
fornire beni pubblici ambientali su scala comunitaria. Per questo motivo diventa cruciale
analizzare le implicazioni derivanti dall’introduzione del greening a livello nazionale, che
probabilmente avrà degli effetti non solo sulla struttura dei costi a carico delle aziende
agricole, ma anche sul carico amministrativo e gestionale da parte delle amministrazioni
pubbliche.
Il greening è stato uno degli elementi più controversi del processo di riforma della
PAC 2014-2020 e, rispetto alla prima proposta d’inverdimento dei pagamenti diretti avanzata dalla Commissione europea nel 2011, le disposizioni tecniche relative alle soglie, alle
tipologie di superfici ammissibili e al riconoscimento delle pratiche equivalenti sono state
profondamente modificate. Il serrato dibattito che ha preceduto l’emanazione delle misure,
fortemente orientato dalle sollecitazioni provenienti da alcuni Stati membri, tra cui l’Italia,
e da componenti importanti del mondo produttivo, ha portato a requisiti molto meno rigorosi sul fronte ambientale ma con maggiori punti di contatto tra questa modalità di intervento
e le misure del secondo pilastro.
L’obiettivo del presente volume è duplice. Il rapporto rappresenta innanzitutto uno
strumento informativo rispetto a questa importante innovazione introdotta nella nuova
PAC, proponendo una descrizione dettagliata dei requisiti tecnici del greening e delle scelte
operate dall’Italia per la sua implementazione.
Il secondo obiettivo è invece quello di fornire un contributo di analisi e di riflessione
sui possibili effetti del greening sull’agricoltura italiana, soffermandosi sulle tipologie e sulla
localizzazione delle aziende maggiormente interessate da queste misure, ma anche sui costi aggiuntivi che queste aziende dovranno sostenere a seguito dell’introduzione dei nuovi
vincoli ambientali.
1
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Il primo capitolo offre una retrospettiva sul processo d’inverdimento della PAC, mostrando come l’introduzione del pagamento ecologico sia solo l’ultima tappa di un più lungo
processo di revisione di questa politica che risale, di fatto, alla riforma Mac Sharry del 1992.
In quell’occasione, infatti, per la prima volta si mise in discussione l’impianto del sostegno
fino a quel momento garantito agli agricoltori e si fecero largo i primi strumenti che legavano le politiche agrarie al tema della sostenibilità ambientale. Da allora, la PAC è passata
attraverso un intenso processo di riforme che hanno visto progressivamente crescere l’interesse per l’ambiente e la gestione delle risorse naturali in agricoltura e che conseguentemente hanno dato luogo a strumenti di intervento che, con diverso grado di successo,
rappresentavano la risposta alla maggiore sensibilità mostrata verso queste tematiche.
Nel secondo capitolo viene descritta in dettaglio l’ultima tappa di questo percorso,
ovvero l’introduzione del greening nella riforma post-2013, mostrando come lo spacchettamento del pagamento unico e in particolare l’introduzione di un pagamento ecologico sia
un importante punto di svolta nel processo d’inverdimento della PAC, in quanto viene rafforzato ancora di più il legame tra i pagamenti diretti e l’introduzione di specifiche pratiche
agro-ambientali.
Il terzo capitolo offre una descrizione dettagliata dei contenuti tecnici del greening,
ovvero le pratiche agricole collegate al pagamento verde e le pratiche equivalenti, soffermandosi in particolare sulle scelte effettuate dell’Italia. Esistono, infatti, alcuni margini di
discrezionalità per gli Stati membri nell’applicazione nazionale dei diversi obblighi ambientali, tra cui la possibilità di selezionare le misure equivalenti e le varie tipologie di uso del
suolo che possono soddisfare il requisito delle aree d’interesse ecologico che è necessario
approfondire per comprendere meglio i punti di forza e di debolezza di questo strumento,
soprattutto dal punto di vista della sua efficacia ambientale. Il capitolo offre, infine, qualche
spunto di riflessione sul disegno delle politiche agro-ambientali, in particolare riguardo alla
modalità di calcolo del pagamento verde e al suo rapporto con gli interventi volontari del
secondo pilastro.
Al fine di valutare il possibile impatto del greening a livello nazionale, nel quarto capitolo si è tentato di quantificare e localizzare le aziende che dovranno effettuare dei cambiamenti nel loro assetto produttivo per ottemperare ai nuovi vincoli ambientali. Queste
simulazioni, basate sui dati del 6° Censimento dell’Istat del 2010, consentono di stimare
il numero di aziende e l’estensione delle superfici agricole potenzialmente interessate dai
diversi requisiti ambientali associati al pagamento verde. L’utilizzo dei micro-dati censuari
ha consentito di individuare il peso percentuale, a livello aziendale, della superficie investita
nelle diverse colture e l’estensione dei terreni a riposo, fornendo così stime piuttosto attendibili sull’entità di superfici e aziende potenzialmente interessate dai requisiti del greening.
I dati, presentati in forma aggregata nel testo, sono disponibili in forma estesa in appendice,
dove sono riportate informazioni dettagliate sulla distribuzione delle aziende e delle superfici interessate dal greening a livello regionale e per zona altimetrica.
Nel quinto capitolo viene proposta un’analisi degli effetti economici del greening, soffermandosi sui costi aggiuntivi che le aziende italiane dovranno sostenere a seguito dell’introduzione dei nuovi vincoli ambientali. L’analisi si è concentrata, da un lato, sugli effetti
sul margine lordo delle aziende e, dall’altro lato sulla capacità dei pagamenti verdi nel coprire i maggiori costi e/o i mancati redditi che gli agricoltori dovranno affrontare a seguito
delle nuove pratiche di inverdimento. Per realizzare queste elaborazioni è stato necessario
identificare i sistemi agricoli per i quali gli effetti del greening presumibilmente saranno
maggiormente evidenti, ovvero i sistemi monocolturali del mais e del frumento duro. In
2
Introduzione
particolare, le elaborazioni si sono concentrate sugli effetti sui redditi per le aziende rappresentative di otto regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia per il sistema
monocolturale a mais e Marche, Molise, Puglia e Basilicata per il sistema monocolturale a
frumento duro.
Il sesto capitolo, infine, si concentra sull’effetto del greening sulle aziende agricole
dell’Emilia Romagna. In questa analisi, svolta attraverso un modello di Programmazione
Matematica Positiva (PMP), è stato stimato l’impatto del greening sull’ordinamento produttivo e sul reddito delle aziende emiliane, ponendo particolare attenzione agli effetti derivanti
dalla possibilità di introdurre colture azotofissatrici sulle aree d’interesse ecologico. Oltre
alle misure ambientali, nel capitolo è stato stimato l’effetto della convergenza dei pagamenti
diretti, in modo da definire uno scenario complessivo di impatto della nuova riforma a livello regionale.
Il presente volume, oltre a fornire un quadro informativo aggiornato sul greening,
vuole rappresentare uno strumento di supporto ai decisori pubblici e al mondo produttivo
per comprendere meglio la portata e i possibili effetti di questo nuovo strumento di politica
agraria sull’agricoltura italiana.
Nel complesso, si può affermare con buona approssimazione che il greening avrà nel
nostro Paese un effetto limitato sia dal punto di vista del numero delle aziende coinvolte,
che della superficie interessata e, in una qualche misura, anche da punto di vista dell’impatto economico. Chiaramente dal punto di vista “micro” si possono presentare situazioni
molto differenziate, soprattutto se si pensa alle grandi aziende specializzate a seminativo
che sono il vero “target” della misura; tuttavia, si tratta di una tipologia aziendale poco diffusa in Italia e concentrata in specifiche aree del Paese, per cui l’impatto complessivo del
greening finisce, in media, con l’essere molto limitato.
Per quanto riguarda gli effetti strutturali, le simulazioni riportate nel rapporto mostrano come in Italia il pagamento verde interessi un numero molto limitato di aziende, poiché
le dimensioni medie aziendali della nostra agricoltura sono ben al di sotto delle soglie stabilite per il greening. Si stima che le aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione colturale e dall’introduzione delle aree d’interesse ecologico siano circa 107.000 (corrispondenti al 6,6% del totale delle aziende italiane), di cui solamente un terzo interessato
da entrambi i requisiti. Le elaborazioni evidenziano inoltre una spiccata concentrazione di
queste aziende in areali fortemente specializzati, dove le coltivazioni dei seminativi hanno
maggiore carattere intensivo e di monocoltura.
Per quanto riguarda gli effetti economici del greening, il rapporto mostra come vi sia
un impatto differenziato a seconda delle caratteristiche e della localizzazione delle aziende
agricole. Le simulazioni effettuate appaiono utili soprattutto per compiere un’analisi comparata tra le diverse aree, ma anche per testare la redditività delle colture aggiuntive che si
dovranno introdurre per rispettare il vincolo della diversificazione colturale laddove attualmente si pratica la monocoltura. Se gli impatti maggiori sono stati osservati per le aziende
di pianura specializzate nella produzione del mais, il “costo di inverdimento” è risultato
molto differenziato tra le varie regioni, poiché la sua entità dipende, da un lato, dal sistema
colturale adottato (mais o frumento duro) e, dall’altro, dalle diverse condizioni locali. In
effetti, un risultato differenziato per coltura, e più incisivo laddove si concentrano produzioni e tecniche colturali ritenute a maggior impatto ambientale, potrebbe essere ritenuto
coerente con l’obiettivo stesso della misura. Tuttavia, i risultati del rapporto confermano,
di fatto, alcune delle posizioni critiche sul greening, che si configura come uno strumento
obbligatorio che non premia efficacemente i comportamenti virtuosi degli agricoltori, ma
3
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
soprattutto che non tiene conto dei costi specifici che questi dovranno sostenere a seguito
dell’introduzione dei nuovi vincoli ambientali.
Per quanto riguarda la remunerazione della produzione di beni pubblici mediante i
pagamenti verdi, i risultati ottenuti mostrano come la quota di pagamenti diretti associata
alle pratiche agricole del greening non riesca a compensare la diminuzione nel margine
lordo per le aziende specializzate nella coltivazione del mais, mentre sembra sufficiente a
coprire i costi aggiuntivi delle aziende specializzate nella produzione di grano duro. Questi
risultati evidenziano, pertanto, come il pagamento verde non tenga adeguatamente conto
delle specificità delle aziende agricole e soprattutto di come non riesca a differenziare i diversi costi sostenuti dagli agricoltori per la produzione dei beni pubblici nelle diverse aree.
La scelta dell’Italia di calcolare il pagamento verde come quota del pagamento base percepito dagli agricoltori di fatto accentuerà questa disparità di trattamento, poiché a fronte degli
stessi obblighi ambientali saranno elargiti pagamenti di diverso ammontare, determinati dal
valore dei titoli in possesso da parte dei singoli beneficiari.
In sintesi, pur riconoscendo alla recente riforma della PAC la capacità di accelerare
il processo di inglobamento degli aspetti ambientali e, più in generale, della produzione
di beni pubblici nel primo pilastro, il rapporto evidenzia i limiti di una strategia agro-ambientale basata sull’inverdimento dei pagamenti diretti. Infatti, se è innegabile che questo
tipo di approccio sia stato dettato soprattutto dalla necessità di dare maggiore legittimità ai
pagamenti del primo pilastro, nella sua forma attuale il greening non sembra tenere sufficientemente di conto delle diverse specificità territoriali e dei diversi costi di adeguamento
per le diverse tipologie aziendali. Il pagamento verde si configura come uno strumento orizzontale e scarsamente flessibile, che nella sua attuale forma non sembra destinato a dare un
contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale che si
vogliono perseguire attraverso la nuova PAC.
4
Capitolo 1
Il greening della PAC: le principali tappe di un
lungo processo
La definizione di un pagamento verde obbligatorio e legato ad alcune specifiche pratiche eco-compatibili è un’importante tappa di un più lungo processo di revisione della
PAC, che potremmo far risalire alla riforma Mac Sharry del 1992 (Henke, 2002). In quella
occasione, infatti, per la prima volta si mise in discussione l’impianto del sostegno fino a
quel momento garantito agli agricoltori e si fecero largo i primi strumenti che legavano le
politiche a comportamenti responsabili dal punto di vista della sostenibilità. Da allora, la
PAC è passata attraverso un’intensa stagione di riforme che hanno visto progressivamente
crescere l’interesse per l’ambiente e la gestione delle risorse naturali in agricoltura e dare
luogo a strumenti di intervento che più o meno direttamente mostravano un certo grado di
“eco-consapevolezza”, alcuni più di successo che altri (Lutz e Young, 1992; Sardone, 1995;
OECD, 1998 e anni vari; Henke 2002). Ed è proprio questo processo che dobbiamo tenere
in mente quando parliamo di “rinverdimento” della PAC; naturalmente il percorso di riforma della PAC lungo questi anni non ha riguardato solo il rapporto con l’ambiente ma anche
altri aspetti cruciali per la logica del sostegno pubblico in agricoltura: il disaccoppiamento,
il tramonto delle politiche dei prezzi e delle organizzazioni comuni di mercato (OCM) a
favore di forme di sostegno dirette ai produttori; la crescita della politiche per la aree rurali, e altro ancora (De Filippis, 2014). Tuttavia, il tema del rapporto tra politiche agricole e
ambiente è stato centrale nel permeare i processi di cambiamento ed evoluzione della PAC,
almeno a partire dai primi anni Novanta in poi. Nella figura 1.1 si ripercorre sinteticamente
questo lungo percorso: a sinistra della figura sono riportate le tappe principali del processo
e le “parole chiave” che hanno guidato le riforme stesse dal punto di vista del processo di
greening; a destra, i principali strumenti messi in campo.
L’importanza della riforma Mac Sharry sta nell’avere avviato un processo di ripensamento del sostegno, che da garantito e illimitato (a parte i casi dei settori in cui erano
state inserite delle quote di produzione) comincia a prendere la forma di un intervento più
articolato: da un lato, infatti, si avvia il processo di parziale disaccoppiamento del sostegno
con il riferimento degli importi ad un periodo storicizzato; dall’altro, si introducono le misure di accompagnamento (misure agroambientali, prepensionamento degli agricoltori e
misure specifiche per la montagna) che hanno la funzione, per l’appunto, di accompagnare
i processi di aggiustamento messi in atto dalla politica dei mercati. Le misure agroambientali, introdotte con il regolamento 2078/1992, sono state una delle politiche di maggiore
successo della PAC, sia in termini di risorse ad esse dedicate sia come rispondenza da
parte della società civile, contribuendo così a costruire e a giustificare il nuovo modello di
sostegno verso cui si sarebbe avviata la PAC nell’immediato futuro.
Contemporaneamente, con la stessa riforma si fa strada il concetto di “buona pratica
agricola”, cioè uno standard di riferimento dell’attività agricola non incentivato, che stabilisce una sorta di “baseline” al di là del quale si prevede un sistema incentivante. In altre
parole, si avvia con questa riforma il riconoscimento del “servizio aggiuntivo” da offrire, da
parte dell’agricoltura, per poter avere accesso al sostegno pubblico (Ahner, 2001).
5
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Infine, è sempre nel 1992 che all’interno delle OCM vengono inserite misure che,
piuttosto indirettamente, vanno della direzione di un “inverdimento” della PAC: dal setaside obbligatorio per i seminativi alle misure per l’estensivizzazione dell’attività zootecnica (Henke, 2002).
Il secondo snodo, forse il più importante dal punto di vista del greening della PAC,
è quello di Agenda 2000 del 1999. Uno degli elementi fortemente caratterizzanti la riforma della PAC legata ad Agenda 2000 è quello della definizione del modello di agricoltura
europeo costruito sull’idea della multifunzionalità. L’importanza assunta da questo concetto, con tutta la sua ambiguità e sovraccaricato dall’uso strumentale che se n’è fatto ai
fini della giustificazione del sostegno all’agricoltura, ha segnato un punto di svolta per il
sostegno comunitario ma soprattutto per la rivalutazione del settore agricolo nella società
contemporanea: da fanalino di coda dei sistemi economici avanzati, trascurato e negletto
dalla centralità del sistema e dallo stile di vita urbani, a nuovo attore sociale investito di
responsabilità legate alla stato di salute dei consumatori, all’ambiente, al territorio.
Figura 1.1 - Le principali tappe del processo di greening della PAC
•Nascita delle misure agroambientali (misure di accompagnamento)
Verso un nuovo •Definizione delle buone pratiche agricole
modello di
•Inverdimento delle OCM
sostegno
Riforma Mac
Sharry
•Costruzione del II pilastro della PAC
La nascita della •Regolamento orizzontale: modulazione e eco-condizionalità (facoltative)
multifunzionalità
Agenda 2000
•Modulazione e eco-condizionalità obbligatorie e estensione della condizionalità anche ad altri ambiti
•Definizione dei criteri di gestione obbligatoria e delle buone condizioni agronomiche
Consolidamento •Disaccoppiamento dei pagamenti diretti e introduzione del "sostegno specifico" (art. 69 del Reg. 1782/2003)
della
multifunzionalità •Rafforzamento delle politiche a sostegno della qualità
la Riforma
Fischler
•Consolidamento del disaccoppiamento
•Rafforzamento della modulazione e definizione delle "nuove sfide": bioenergie, clima, risorse idriche,
biodiversità
Premiare i
•Modifica
del regime di aiuti specifici (artt. 68-71 del Reg. 73/2009)
comportamenti
l'Health Check
L'agricoltura e i
beni pubblici
la riforma post
2013
•Articolazione dei pagamenti disaccoppiati
•Introduzione del pagamento verde
•Eliminazione degli assi di intervento dalle politiche di sviluppo rurale e individuazione delle priorità
•Modifica del regime di aiuti specifici (art. 52 del Reg. 1307/2013)
L’impostazione di una nuova PAC all’insegna della multifunzionalità ha segnato anche un altro importante passaggio: il declino di strumenti automatici, trasversali ed impiegati su tutto il territorio nazionale senza alcuna declinazione territoriale, e l’avvio di un
processo di avvicinamento dello strumento di intervento alla diversità dell’agricoltura e
alle specifiche esigenze delle aree agricole e rurali.
6
Capitolo 1 - Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo
Dal punto di vista della scatola degli attrezzi di Agenda 2000, due sono gli elementi
caratterizzanti per il greening: la costruzione del II pilastro della PAC, da affiancare al I
(più robusto) costituito dalle politiche di mercato e dai crescenti pagamenti diretti, in cui
trovano sede le misure di accompagnamento insieme con gli interventi a carattere strutturale, e il cosiddetto regolamento orizzontale, in cui compare per la prima volta l’ecocondizionalità.
La nascita del II pilastro è stata, in un certo senso, la consacrazione definitiva delle
politiche di sviluppo rurale, la cui importanza da allora è cresciuta in modo sostenuto, così
come anche, al loro interno, degli interventi di carattere agroambientale. Il regolamento
orizzontale, nell’alveo del I pilastro, interveniva sugli aiuti diretti assicurati all’interno delle
OCM, ma in un certo senso creava anche, per la prima volta, un canale di comunicazione
tra le risorse in capo all’uno e all’altro dei pilastri, attraverso lo strumento della modulazione. Vale la pena sottolineare, a questo proposito, l’ampio margine di discrezionalità lasciato
agli Stati membri, sia riguardo alla possibilità di applicare incentivi o vincoli di carattere
ambientale all’accesso ai pagamenti diretti (condizionalità) sia rispetto alla riallocazione
di risorse tra pilastri (modulazione).
La prima versione della condizionalità, apparsa nel regolamento 1259/1999, mostra
tutto il suo carattere “pioneristico” che è stato anche la sua principale debolezza (Povellato
et al., 2001; Henke, 2002). In particolare, rimaneva piuttosto indeterminato nel regolamento il rapporto tra le misure agroambientali collocate nel II pilastro della PAC, la definizione di “requisiti ambientali obbligatori” e “requisiti specifici”, legati ai singoli settori, che
rappresentavano i vincoli all’accesso ai pagamenti diretti (I pilastro), e le buone pratiche
agricole già introdotte nel 1992. Su questo, infatti, più volte è dovuta intervenire la Commissione per chiarire le relazioni tra i diversi strumenti e anche per assicurare una certa
uniformità nel livello di applicazione tra Stati membri.
Il tentativo di superare l’approccio pioneristico alla condizionalità avviene con il passaggio successivo: la riforma Fischler del 2003. Nata come una revisione di medio termine
di Agenda 2000, questa riforma ha, da un lato, rafforzato l’approccio al sostegno legato
alla multifunzionalità, dall’altro, modificato profondamente la struttura e l’importanza dei
pagamenti diretti, sancendone definitivamente il disaccoppiamento dalla produzione (Povellato e Velazquez, 2005; Sorrentino et al. 2011; Pupo D’Andrea, 2012). Con questo passaggio, il greening viene rafforzato da diversi elementi: intanto lo stesso disaccoppiamento
contribuisce al rallentamento produttivo e ad una minore pressione sulle risorse naturali;
inoltre, la condizionalità diventa obbligatoria e estesa ad una serie più ampia di interventi;
si rafforza l’orientamento alla qualità dei prodotti (a cui comunque sottintende una maggiore attenzione alle questioni ambientali e alle relazioni tra produzioni e territori); infine,
si introducono i pagamenti specifici (accoppiati) per intervenire su comparti con particolari esigenze ambientali o qualitative (articolo 69 del Regolamento 1782/2003). In questa
riforma la condizionalità assume le vesti di due diversi interventi: le cosiddette buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA) che permettono di ricevere gli aiuti anche su
campi a riposo, purché mantenuti, per l’appunto, in “buone condizioni”, stabilite a livello
locale, e i criteri di gestione obbligatoria (CGO), che riguardano il rispetto di normative
in tema ambientale e di salute delle piante e degli animali.
Anche la modulazione viene resa obbligatoria e rafforzata, a vantaggio delle risorse
destinate ai programmi di sviluppo rurale. Insomma, in sostanza, si rafforzano tutte le
componenti della PAC che rispondono alle specifiche esigenze dei cittadini e dei consumatori e che rendono il sostegno pubblico meno automatico, garantito e più attento alla
7
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
remunerazione di comportamenti desiderabili da parte degli agricoltori, alla fornitura di
servizi e di beni pubblici in agricoltura e delle caratteristiche specifiche dei territori.
In particolare, con la riforma Fischler la condizionalità diventa lo strumento principale con cui si giustifica la persistenza di ingenti pagamenti diretti in agricoltura. In
sostanza, si avalla il legame teorico tra pagamenti diretti e produzione di beni pubblici,
in quanto si sostiene il principio per cui gli agricoltori ricevono un sostegno solo se sono
in condizioni di soddisfare la domanda di beni pubblici espressa dalla società. In realtà,
la condizionalità resta uno strumento debole di controllo, ed inoltre le sanzioni ad essa
legate del tutto insufficienti per rappresentare un deterrente al disimpegno. Con la riforma
Fischler la distanza tra l’approccio teorico perseguito dalla Commissione in nome della
multifunzionalità e la pratica messa in atto con l’implementazione degli strumenti sembra
massima: da un lato si sottolinea la giustificazione del sostegno per la valorizzazione della
capacità dell’agricoltura di produrre beni pubblici e servizi alla società; dall’altro si mette
in piedi un meccanismo allo stesso tempo blando e complesso che lega i pagamenti diretti
ai comportamenti desiderati. Inoltre, si complica sempre di più il rapporto tra i due pilastri, i cui obiettivi cominciano a sovrapporsi e rispetto ai quali le distinzioni in termini di
approcci, finalità e risorse si fanno sempre più labili.
Anche la riforma Fischler è stata sottoposta ad una valutazione di medio termine: il
cosiddetto Health Check (De Filippis, 2008). A differenza, però, di quanto avvenuto nel 2003,
questo passaggio rappresenta effettivamente, agli occhi degli studiosi, un “perfezionamento
tecnico” di quanto scaturito dalla riforma Fischler, che non modifica nella sostanza l’approccio al sostegno, ma ne conclude, in qualche modo, le modalità di realizzazione (Sorrentino
et all., 2011).
Con l’Health Check, innanzitutto, si dà un nuovo impulso al processo di disaccoppiamento degli aiuti, che si estende praticamente a tutti i comparti, e si avvia anche un
processo di regionalizzazione che, come vedremo successivamente, sarà uno dei cardini
della più recente riforma. Per quanto riguarda il regolamento orizzontale, la modulazione si conferma come il principale strumento di rafforzamento finanziario del II pilastro.
In quest’occasione inoltre, una parte delle risorse trasferite con la modulazione vengono
dedicate alle cosiddette ”nuove sfide”, gran parte delle quali sono di natura ambientale
(cambiamenti climatici, risorse idriche, nuove fonti energetiche, biodiversità). La condizionalità, d’altro canto, non è oggetto di particolare attenzione, ed anzi potremmo dire che in
qualche modo l’Health Check segna il punto di un suo declino, non tanto come azione, in
quanto rimane obbligatoria, quanto come centralità di interesse nel dibattito e nel processo di greening. Del resto, dopo diversi anni di applicazione dei CGO e delle BCAA, risulta
piuttosto evidente la scarsa incidenza della condizionalità sui comportamenti delle aziende
agricole e, d’altro canto, la scarsa efficacia del complesso sistema di controlli e sanzioni che
rende lo strumento molto pesante dal punto di vista amministrativo (Anania, 2008; Corte
dei Conti, 2008).
In questo passaggio viene modificato anche il sistema degli aiuti accoppiati, assumendo una veste più complessa con gli articoli 68-71 del regolamento 73/2009. Tra questi,
è l’articolo 68 che raccoglie l’eredità del vecchio articolo 69, ma in qualche modo ne allarga
le funzioni, perché non ha vincoli settoriali e perché i plafond possono essere travasati
da un comparto all’altro (Frascarelli, 2008). Dal punto di vista del processo di greening
della PAC, permangono le tipologie di intervento a favore degli aspetti ambientali, con il
sostegno a tipi specifici di agricoltura, i pagamenti per prodotti in zone vulnerabili, la lotta
all’abbandono dei terreni. Anche qui, si ripropone il problema della demarcazione degli
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Capitolo 1 - Il greening della PAC: le principali tappe di un lungo processo
interventi ammissibili rispetto a quanto finanziato attraverso le misure agroambientali,
per evitare fenomeni di doppia remunerazione. In definitiva, anche questo strumento viene
letto come il tentativo, da parte della Commissione europea, di rafforzare la qualificazione
e la selettività della spesa agricola in funzione di comportamenti auspicabili ed esigenze
specifiche dei territori. La PAC non è più una politica centralizzata e dirigistica come all’inizio del decennio ‘90, ma si avvicina ai fabbisogni locali e si declina con modalità diverse
e strumenti selettivi ai territori dei Partner.
L’ultima tappa del percorso delineato nella figura 1.1 coincide con la riforma post2013 e, dunque, l’analisi puntuale degli strumenti si rimanda al capitolo ad essa dedicato.
Dal punto di vista del processo di greening della PAC, è ovvio che un punto di svolta è
rappresentato dallo spacchettamento del pagamento unico e, in particolare dalla presenza
di un pagamento ecologico, che rafforza ancora di più il legame tra strumento e obiettivo:
con i nuovi pagamenti diretti, infatti, si rende se non altro più evidente, se non più efficace,
cosa si va a remunerare con i pagamenti diretti.
Come vedremo più in dettaglio nella rassegna delle letteratura recente, uno degli
aspetti più critici della definizione di un pagamento ambientale così come concepito dalla
riforma è che esso, sostanzialmente, ripropone un approccio simile a quello della condizionalità, cioè uno strumento obbligatorio, non selettivo e incoraggiante comportamenti sostenibili (Matthews, 2011; De Filippis e Frascarelli, 2012). Inoltre, anche con il pagamento
verde rischia di verificarsi quanto già visto con la condizionalità, cioè che buona parte di
quanto richiesto sia già realizzato dalle pratiche agronomiche vigenti, per cui si finisce col
remunerare lo status quo piuttosto che incentivare pratiche più eco-compatibili. Va anche
segnalato che molta attività resta comunque esclusa dagli obblighi previsti dal pagamento
verde, come nel caso delle superfici a colture permanenti, il regime dei piccoli agricoltori
e tutte le aziende inferiori a 10 ettari (green by definition).
Riguardo agli altri interventi, va detto che molti di essi possono essere letti, direttamente o indirettamente, come un contributo ad una PAC più “verde” e selettiva, come
ad esempio la definizione di “agricoltore attivo”, la cui declinazione a livello nazionale
può avere effetti sullo stato di attività e di conservazione dei territori agricoli e rurali, o il
regime per i piccoli agricoltori, che semplifica i pagamenti a favore delle piccole aziende.
Nell’ambito del II pilastro, l’eliminazione degli assi di intervento e la definizione delle cosiddette priorità, alcune delle quali assumono una specifica declinazione ambientale (misure
agroambientali e a favore delle energie rinnovabili).
Senza entrare nel dettaglio delle diverse misure, val la pena ricordare qui la misura relativa al sostegno accoppiato (art. 52 del nuovo regolamento 1307/2013). Questa componente
del nuovo sistema di aiuti viene considerata come la “naturale” prosecuzione del vecchio
articolo 68. In realtà, è stato evidenziato come tale misura si ponga in modo piuttosto diverso rispetto al passato, aumentando il grado di selettività e soprattutto prestando maggiore
attenzione al rischio di abbandono dell’attività agricola (De Filippis e Frascarelli, 2012).
In conclusione di questo breve excursus, vale la pena richiamare alcune elementi salienti del dibattito che è seguito alla definizione dei pagamenti ecologico della nuova PAC.
A questo proposito, vale la pena ricordare che l’intento originario della proposta della Commissione, all’indomani del lancio della nuova riforma della PAC post-2013, era quello di
rafforzare il ruolo dell’agricoltura nel perseguire gli obiettivi dichiarati nel documento “Europa 2020”. In particolare, con la definizione di un “pagamento verde” vincolato al rispetto
di pratiche agricole ritenute eco-sostenibili, la Commissione si era prefissa l’obiettivo di
integrare obiettivi di politica agraria e ambientale a più ampio spettro rispetto a quanto
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Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
raggiungibile con le misure volontarie all’interno dei PSR (Povellato, 2012). Tuttavia, molte sono state le reazioni negative rispetto all’approccio seguito dall’UE. Un recente studio
(Westhoek et al. 2012), ad esempio, ha messo in evidenza come l’introduzione di misure
verdi nel I pilastro della PAC non potrà avere un impatto significativo sulla qualità delle
risorse naturali considerando che, alla resa dei fatti, l’area interessata non supererà il 2%
della superficie agricola utilizzata in Europa1. In sostanza, la maggior parte delle critiche,
soprattutto sul fronte accademico, alle recenti misure di greening si possono collegare alle
loro caratteristiche che le conferiscono le fattezze di una sorta di “super-condizionalità”: si
tratta, di fatto, di misure orizzontali, obbligatorie, uguali per tutti i territori e per tutte le
colture, che non rispondono né al criterio della remunerazione del bene pubblico ambientale localmente prodotto né a quello dell’adesione volontaria e contrattualizzata tipica delle
misure agroambientali, in cui è il singolo soggetto a decidere se e in che misura aderire, ad
un programma offerto dall’UE (Jambor e Harvey, 2009; Garrod, 2009).
Su questo stesso aspetto è intervenuto Mahé (2012), sottolineando che le misure
del greening avrebbero avuto più efficacia se applicate non a livello di singola azienda ma
attraverso la definizione di una “griglia territoriale” più ampia ed omogenea dal punto di
vista fisico e produttivo. lo stesso autore ricorda che le aree d’interesse ecologico (AIE), per
come sono state definite, agiscono tenendo più in conto il livello di fertilità dei terreni che
non il loro potenziale valore naturale e di biodiversità.
Matthews (2012 e 2013) riconduce la questione ai termini economici: il costo del
greening rischia di essere ben maggiore rispetto ai benefici ambientali che esso assicura.
Inoltre, il carattere obbligatorio e sanzionatorio del greening è inficiato dalla debolezza dei
tagli subiti da coloro che non si adeguano alle misure verdi.
Un giudizio piuttosto severo è stato espresso da Bureau (2013), che arriva a sostenere
che la PAC, alla fine del processo di riforma post-2013, sarà meno “verde” a causa delle
numerose eccezioni che sono state fatte in quanto green by definition e per la mancanza di
una chiara equivalenza tra le misure obbligatorie del greening e quelle volontarie nei PSR
e in altri programmi locali2.
Un’altra questione evidenziata da alcuni studiosi è il rapporto tra le pratiche del greening e le BCAA (Hart e Baldock, 2011). In particolare, gli esperti di tematiche agroambientali hanno evidenziato il parziale sovrapporsi di alcune delle pratiche previste dal primo e
anche dalle seconde, con la differenza che nel primo caso sono previsti dei pagamenti e nel
secondo si tratta di uno standard minimo. Inoltre, nel caso delle BCAA le pratiche vengono
definite a livello locale, o quantomeno regionale, mentre per il greening si tratta, come già
ricordato, di misure orizzontali e uguali per tutti i territori e le produzioni.
Infine, alcuni autori valutano il greening da un punto di vista squisitamente economico, sostenendo che il costo aggiuntivo attribuibile alle pratiche, piuttosto elevato e quantificabile dal punto di vista gestionale e amministrativo, si giustificherebbe solo a riscontro
di un impatto ambientale molto evidente e altrettanto quantificabile, ma non è questo il
caso del greening previsto dalla riforma (Roza e Selnes, 2012; Mahé, 2012).
In particolare, Westhoek et al. (2012) sottolineano, nel loro lavoro, che tra le misure previste dal greening è soprattutto l’introduzione delle aree d’interesse ecologico ad avere potenzialità positive per la biodiversità e per la riduzione degli effetti inquinanti dell’attività agricola; tuttavia, anche in questo caso la definizione di soglie specifiche
per territori e per colture avrebbe potuto portare ad una maggiore efficacia dello strumento.
2 In parte questa questione è stata superata dalle cosiddette misure equivalenti, che però sono certamente un aggravio in termini di gestione amministrativa e di controllo, mentre resta molto difficile da dimostrare la misura
dell’equivalenza.
1
10
capitolo 2
I pagamenti verdi nella riforma
della PAC 2014-2020
2.1L’inquadramento della riforma
Il reg. 1307/2013 del dicembre 2013 stabilisce le norme comuni per i pagamenti
diretti. Il regolamento ha visto la luce a tre anni di distanza dalla Comunicazione che ha
avviato il processo di revisione della PAC (Commissione europea, 2010) e a due anni dalle
proposte legislative sulle quali si sono successivamente concentrati i negoziati (Commissione europea, 2011a).
A differenza del passato, quando il processo di adattamento delle proposte iniziali
all’andamento delle trattative era stato condotto in maniera assolutamente riservata, le
modifiche proposte tanto dal Parlamento europeo quanto dal Consiglio sono state rese immediatamente disponibili, così come la versione consolidata del regolamento che è emersa
a seguito degli accordi politici raggiunti dal “trilogo” (cioè dell’interazione istituzionale tra
Commissione europea, Parlamento europeo e Presidenza del Consiglio UE) il 26 giugno
e il 24 settembre 2013. Di conseguenza, i contenuti del regolamento non hanno suscitato
sorprese, mentre qualche novità è possibile reperirla nei Regolamenti delegati che hanno
il compito riempire di contenuti la cornice di riferimento del regolamento 1307/2013 e definire i margini di manovra degli Stati membri. Infatti, un elemento fortemente innovativo
della nuova PAC è rappresentato proprio dalla flessibilità lasciata agli Stati membri di adattare il sistema dei pagamenti diretti alle specificità dei propri territori e del proprio sistema
agricolo. Entro il 1° agosto 2014 ciascun Paese ha dovuto comunicare alla Commissione
europea le proprie scelte in merito a una serie di questioni che vanno dalla regionalizzazione dei pagamenti diretti (se pervenire ad un aiuto forfetario nazionale o se suddividere
il territorio in regioni entro le quali procedere alla omogeneizzazione dei pagamenti) allo
spacchettamento (quali pagamenti attivare, il massimale da dedicare a ciascuno di essi, le
eventuali limitazioni territoriali dei pagamenti stessi), dai requisiti minimi (la soglia finanziaria o la soglia fisica da superare per vedersi erogati i pagamenti diretti) all’agricoltore
attivo (chi ha diritto a ricevere i pagamenti).
Prima di descrivere brevemente i contenuti del regolamento 1307/2013, giova ricordare che la riforma della PAC ha camminato di pari passo con il dibattito sulla dotazione
finanziaria del prossimo settennio di programmazione e che alcuni punti salienti della politica agricola – pagamenti verdi, flessibilità tra pilastri, capping, convergenza esterna – erano addirittura contenuti nella comunicazione sul Quadro Finanziario Pluriennale (QFP)
per il 2014-2020 (Commissione europea, 2011b)1. Questo conferma l’importanza assunta
dalla PAC in un contesto di contenimento delle spese e la necessità di imprimere al sistema
dei pagamenti diretti una svolta che, evidentemente, si riteneva le sole forze agricole non
1
Per maggiori dettagli sui contenuti della riforma si rimanda a Pupo D’Andrea (2013), De Filippis, Sandali (2013)
e INEA (2013a).
11
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
sarebbero riuscite a realizzare. Il risultato finale delle trattative sul quadro finanziario è
stato una riduzione dell’11,3% della dotazione finanziaria per la rubrica 2 (Crescita sostenibile: Risorse naturali) del QFP, rispetto al 2007-2013, nell’ambito della quale il I pilastro
della PAC ha subìto una riduzione in linea con quello dell’intera rubrica, mentre per lo
sviluppo rurale la perdita è stata del 17% (INEA, 2013b).
La riforma prevede un nuovo sistema dei pagamenti diretti che sostituirà, a partire
dal 1° gennaio 2015, il regime di pagamento unico.
Visto il protrarsi delle trattative, per il 2014 ha rappresentato un periodo transitorio
in cui il I pilastro ha mantenuto il vecchio funzionamento applicato, però, a una nuova e
più ridotta dotazione finanziaria, in quanto già dal 2014 l’accordo sul QFP esplicherà i propri effetti. Agli Stati membri, tuttavia è consentito di anticipare alcune novità, come il pagamento ridistributivo o l’aumento della dotazione finanziaria per i pagamenti accoppiati.
A partire dal 2015, gli aiuti saranno garantiti solo agli “agricoltori attivi”, la cui definizione è demandata agli Stati membri. Il regolamento stabilisce che non è attivo, e quindi
non riceverà alcun pagamento diretto, l’agricoltore le cui superfici agricole sono principalmente superfici mantenute naturalmente in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione
e che non svolge su tali superfici l’attività minima stabilita dallo Stato membro. Una novità
della riforma è la cosiddetta “lista negativa” cioè un elenco di soggetti professionali le cui
imprese, per definizione, non possono essere considerate attive (aeroporti, servizi ferroviari, opere idrauliche, servizi immobiliari, terreni sportivi e aree ricreative permanenti)
e che quindi non possono ricevere gli aiuti diretti, a meno che non dimostrino la rilevanza
dell’attività agricola. Gli Stati membri, oltre a integrare tale lista, possono decidere che
nessun pagamento diretto sia concesso a coloro le cui attività agricole formano una parte
irrilevante delle loro attività economiche complessive e/o la cui attività principale non consista nell’esercizio di un’attività agricola. Coloro che ricadono nella lista negativa e coloro
le cui attività agricole sono irrilevanti o non rappresentano l’attività principale possono
ricevere i pagamenti diretti se questi non sono superiori a una soglia, che non può superare
5.000 euro all’anno. Gli Stati membri possono abbassare tale soglia (anche differenziando
tra regioni), rendendo di fatto più restrittiva la definizione di agricoltore attivo. Coloro i
quali non svolgono le attività minime previste dallo Stato membro non sono considerati
agricoltori attivi, anche se ricevono aiuti al di sotto della soglia fissata.
Le scelte italiane sul tema dell’agricoltore attivo vanno in direzione di restringere il
campo dei beneficiari dei pagamenti diretti. Sono infatti considerati agricoltori attivi per
definizione coloro che ricevono meno di 1.250 euro/anno di pagamenti diretti, soglia che
sale a 5.000 euro/anno nel caso delle zone con svantaggi naturali. Al di sopra di tali soglie,
per essere considerati agricoltori attivi occorrerà dimostrare la rilevanza dell’attività agricola con l’iscrizione all’INPS (come coltivatore diretto, colone, mezzadro o come Imprenditore agricolo professionale) oppure occorre possedere una partita IVA attiva in campo
agricolo con dichiarazione IVA annuale. Per coloro le cui superfici ricadono per oltre il
50% in zona montana o svantaggiata basta solo il possesso della partita IVA. L’Italia ha
inoltre deciso di estendere la lista negativa comunitaria ai soggetti che svolgono attività di
intermediazione creditizia, assicurativa o commerciale e alle Pubbliche amministrazioni2
Il nuovo sistema di pagamenti diretti prevede un set di aiuti, alcuni dei quali sono obbligatori mentre per altri è lasciata agli Stati membri la facoltà di attivarli e in che misura.
2
Sono escluse le Pubbliche Amministrazioni che svolgono attività di formazione o sperimentazione in campo agricolo.
12
Capitolo 2 - I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020
Tutti gli aiuti attingono le risorse da un massimale nazionale, in percentuali variabili.
Il pagamento di base è volto al sostegno del reddito degli agricoltori ed è garantito a
tutti gli agricoltori attivi. Il pagamento base può essere erogato a livello nazionale o regionale ed è finanziato con la parte del massimale nazionale che resta dopo aver finanziato
tutti gli altri aiuti (sia quelli obbligatori che quelli facoltativi). Tale massimale può variare
da un minimo del 18% (nel caso in cui lo Stato membro decida di attivare tutti gli aiuti
utilizzando le percentuali massime), ad un massimo del 68% (caso in cui lo Stato membro
decida di applicare solo gli aiuti obbligatori) (INEA, 2013b).
Gli Stati membri possono applicare il pagamento di base a livello regionale. In tal
caso definiscono le regioni sulla base delle caratteristiche agronomiche e socio-economiche, del potenziale agricolo regionale o della struttura istituzionale o amministrativa e tra
queste suddividono il massimale nazionale per il pagamento di base.
Entro il 2019 tutti i titoli del pagamento di base di un Paese o di una “regione” dovranno avere il medesimo valore unitario ad ettaro oppure avviarsi verso valori più uniformi senza obbligatoriamente raggiungere nel 2019 il pieno livellamento degli aiuti ad ettaro.
Questa deroga, introdotta a seguito dei negoziati, mira ad attenuare il forte impatto ridistributivo della regionalizzazione che avrebbe colpito gli Stati membri che oggi applicano
il pagamento unico secondo il modello storico (come, ad esempio, l’Italia). Questo modello
di convergenza degli aiuti prevede che, entro il 2019, nessun agricoltore potrà ricevere un
aiuto a ettaro inferiore al 60% del valore medio del pagamento di base nazionale o regionale. Gli Stati membri, inoltre, possono prevedere che nessuno possa perdere più del 30%
del valore iniziale dei suoi titoli (che corrisponde al valore dei titoli al 2014 riproporzionato
al peso del pagamento base sul massimale nazionale nel 2015, tenendo conto cioè, solo
dello spacchettamento). Inoltre, sempre al fine di attenuare l’effetto ridistributivo della
regionalizzazione, agli Stati membri che si “avvicinano” ad aiuti più uniformi, è permesso
di calcolare il pagamento verde su base individuale, cioè come percentuale del pagamento
di base. Di conseguenza, più è alto il pagamento di base, maggiore è il pagamento verde (e
minore l’effetto ridistributivo). Il processo di convergenza può essere applicato ricalcando
quello utilizzato per avvicinare i valori medi degli aiuti tra Stati membri: entro il 2019, gli
agricoltori che hanno un aiuto inferiore al 90% della media nazionale/regionale dovranno
recuperare un terzo della differenza (a scelta dello Stato membro tale percentuale può
essere portata fino al 100%). A pagare saranno coloro che hanno un aiuto più alto della
media. Spetta allo Stato membro definire le modalità di convergenza, vale a dire chi dovrà
pagare e secondo quali criteri.
Ai fini degli effetti ridistributivi, risulta quindi determinante la scelta delle “regioni”
(nell’ambito delle quali avverrà la redistribuzione degli aiuti) e i criteri di ripartizione delle
risorse tra “regioni” (che determina il plafond che verrà ridistribuito tra gli agricoltori della regione). In caso di aiuti concentrati geograficamente, infatti, questo permetterebbe di
contenere il travaso di risorse tra agricoltori e territori, contenendo l’impatto ridistributivo.
Avranno diritto al pagamento di base gli agricoltori che presentano domanda nel
2015 e che avevano diritto a ricevere pagamenti per il 2013. Possono partecipare al regime
anche coloro che in quell’anno non hanno ricevuto avuto diritto a ricevere pagamenti e
producevano frutta e orticole, patate da consumo, patate da semina, piante ornamentali
oppure avevano vigneti. Ha diritto ai titoli di pagamento di base anche chi nel 2014 ha ricevuto titoli dalla riserva nazionale e colui che non ha mai avuto diritti all’aiuto e dimostra
che a una certa data del 2013 esercitava un’attività agricola.
13
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Rispetto a oggi quindi, cambia il criterio di determinazione dell’aiuto unitario (non
più storico ma forfetario a ettaro nazionale o regionale), la platea dei beneficiari (non più
solo quelli storici ma chi possiede terra, fa domanda e dimostra di avere i requisiti) e la
superficie a premio (potenzialmente tutta la SAU).
Le scelte italiane riguardo al pagamento di base si possono così riassumere:
• progressivo avvicinamento dei pagamenti forfetari ad ettaro verso valori più omogenei, senza giungere al 2019 al pieno livellamento (convergenza parziale);
• applicazione del cosiddetto modello di convergenza irlandese: i diritti all’aiuto il
cui valore iniziale è più basso del 90% della media nazionale al 2019 entro quella
data dovranno recuperare 1/3 della differenza. Al 2019 nessun diritto potrà avere
un valore più basso del 60% della media nazionale a meno che questo non comporti una perdita superiore al 30% del valore unitario iniziale di coloro stanno
sopra la media;
• sarà ammissibile agli aiuti tutta la superficie nazionale, compresi i vigneti;
• il progressivo livellamento degli aiuti avverrà a livello nazionale considerando
l’Italia come “regione unica”.
Gli agricoltori che ricevono il pagamento di base devono obbligatoriamente effettuare delle pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente o delle pratiche equivalenti
ricevendo per questo il pagamento verde. A tale pagamento è dedicato il 30% del massimale
nazionale. Lo Stato membro che applica il pagamento di base a livello regionale, potrà applicare anche il pagamento verde a livello regionale.
Le pratiche verdi sono:
• la diversificazione delle colture;
• il mantenimento del prato permanente esistente;
• la costituzione (o il mantenimento) di aree di interesse ecologico (AIE).
Diversificazione e aree di interesse ecologico riguardano solo le superfici a seminativo superiori a 10 ettari, nel primo caso, e a 15 ettari, nel secondo. Per un maggior dettaglio
sul funzionamento dei pagamenti verdi si rimanda al paragrafo successivo.
Il pagamento per i giovani agricoltori è un altro pagamento obbligatorio e ad esso
deve essere dedicato fino al 2% del massimale nazionale. Esso assume la forma di un pagamento supplementare annuale ed è destinato ai giovani agricoltori che hanno diritto a
ricevere il pagamento di base. Per “giovane agricoltore” si intende colui che ha meno di 40
anni nell’anno della domanda e che si insedia per la prima volta in azienda come capoazienda o che si è insediato nei 5 anni precedenti la domanda.
Il pagamento per le aree svantaggiate con vincoli naturali è facoltativo. Ad esso può
essere dedicato fino al 5% del massimale nazionale. Esso assume la forma di un aiuto annuale a ettaro ammissibile ricadente nelle zone soggette a vincoli naturali specifici ed è
concesso previa attivazione dei titoli. L’aiuto può essere concesso limitato ad alcune regioni individuate sulla base delle caratteristiche dei vincoli naturali e delle condizioni agronomiche. Gli Stati membri possono erogare un sostegno accoppiato volontario a un elenco
14
Capitolo 2 - I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020
di settori e prodotti agricoli individuati nel regolamento3. Il sostegno può essere concesso a
quei settori e/o quelle regioni dove specifici tipi di agricoltura o specifici settori affrontano
difficoltà e sono importanti per ragioni economiche, sociali o ambientali. Il pagamento
è concesso nei limiti necessari a mantenere gli attuali livelli di produzione nella regione
interessata. In Italia, al sostegno accoppiato può essere dedicato fino al 15% del massimale
nazionale. Esso può essere erogato per:
• evitare il rischio di abbandono della produzione;
• fornire un’offerta stabile all’industria di trasformazione locale;
• compensare gli svantaggi che si trovano ad affrontare gli agricoltori di un particolare settore come conseguenza di continue perturbazioni del relativo mercato.
Il pagamento ridistributivo per i primi ettari è un pagamento facoltativo a cui può essere dedicato fino al 30% del massimale nazionale. Esso si assume la forma di un aumento
del pagamento di base per i primi ettari di ogni azienda, fino a un massimo di 30 ettari.
Questo tetto può essere superato dai Paesi con dimensione media aziendale superiore a 30
ettari.
Il regime per i piccoli agricoltori, infine, è un regime semplificato il cui scopo è di
snellire gli oneri burocratici a carico di aziende e pubblica amministrazione per aiuti di
entità limitata. Chi partecipa al regime riceve sotto forma forfetaria un aiuto di importo
compreso tra 500 e 1.250 euro al posto dei singoli aiuti a cui avrebbe diritto annualmente.
Gli agricoltori che partecipano al regime sono esonerati dalle pratiche agricole dei pagamenti verdi e sono esclusi dal sistema dei controlli e dal rischio di sanzioni previsti dalla
condizionalità. Sugli aiuti superiori a 150.000 euro (al netto di pagamenti verdi e, a scelta
dello Stato membro, dei salari e degli stipendi legati all’attività agricola versati e dichiarati
nell’anno precedente compresi le imposte e gli oneri previdenziali) si applica un taglio del
5%, che può essere aumentato fino al 100%, trasformando così la riduzione degli aiuti in
un capping. Le somme recuperate restano allo Stato membro e andranno in aumento della
dotazione per lo sviluppo rurale, senza cofinanziamento nazionale. Se lo Stato membro,
tuttavia, applica il pagamento ridistributivo e dedica ad esso più del 5% del massimale nazionale può non applicare la riduzione dei pagamenti.
La riforma infine, prevede la possibilità di spostare fino al 15% di risorse dal primo al
II pilastro (senza cofinanziamento) o viceversa (la cosiddetta flessibilità tra pilastri).
Per quel che riguarda gli altri pagamenti del nuovo sistema di sostegno l’Italia ha
adottato le decisioni di seguito riportate:
• il pagamento verde sarà calcolato individualmente e il suo valore sarà proporzionale al valore dei diritti al pagamento di base che l’agricoltore ha attivato. Per
maggiori dettagli sulle scelte relative al pagamento verde si rimanda al paragrafo
3.2;
• al pagamento per i giovani agricoltori è destinato l’1% del massimale nazionale.
Il pagamento è concesso per un massimo di 90 ettari e il valore unitario è pari al
25% del valore medio dei diritti all’aiuto detenuti;
3
Il sostegno accoppiato può essere concesso a: cereali, semi oleosi, colture proteiche, legumi da granella, lino, canapa,
riso, frutta a guscio, patate da fecola, latte e prodotti lattiero-caseari, sementi, carni ovine e caprine, carni bovine, olio
di oliva, bachi da seta, foraggi essiccati, luppolo, barbabietola, canna e cicoria da zucchero, prodotti ortofrutticoli e
bosco ceduo a rotazione rapida.
15
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
• al pagamento accoppiato è destinato l’11% del massimale nazionale. I settori interessati a tale pagamento sono la zootecnia da carne (bovina e ovi-caprina), la
zootecnia da latte (bovina e bufalina), i seminativi (piante proteiche, leguminose,
frumento duro, riso, barbabietola da zucchero, pomodoro da industria), l’olivicoltura;
• è stato attivato il regime per i piccoli agricoltori;
• non sono stati attivati il pagamento ridistributivo per i primi ettari (si è scelto di
applicare la riduzione dei pagamenti di importo più elevato) e il pagamento per le
zone con vincoli naturali;
• sugli importi del pagamento di base superiori a 150.000 euro al netto del costo
del lavoro si applica una riduzione del 50%. Se dopo tale riduzione il pagamento
di base supera 500.000 euro la decurtazione sulla parte eccedente sarà del 100%;
• non si applica alcuna forma di flessibilità tra pilastri.
2.2I pagamenti verdi
La riforma della PAC è nata in un periodo di forti tensioni. La crisi economicofinanziaria, iniziata nel 2009, con un effetto domino ha investito i due emisferi divenendo
una crisi di portata mondiale che ha intaccato la disponibilità degli Stati membri dell’UE
a finanziare, con la stessa intensità del passato, le politiche comunitarie. Questo ha fatto
sì che negli ultimi negoziati sul quadro finanziario pluriennale dell’UE, per la prima volta, l’accordo è stato raggiunto su un ammontare di risorse inferiore a quello del periodo
precedente. Il budget 2014-2020, infatti, si è chiuso su 996,7 miliardi di euro (comprese le
poste fuori bilancio), il 3,7% in meno di quello del 2007-2013 (che superava di poco 1.000
miliardi di euro) (Consiglio dell’UE, 2013). La PAC, di conseguenza, una delle politiche
più importanti dell’UE per la dimensione del suo finanziamento ma anche una delle più
discusse per il meccanismo di erogazione degli aiuti tra i beneficiari, è stata tra le politiche
sulle quali si è puntato per pervenire a risparmi di spesa.
Negli anni immediatamente successivi alla presentazione della Comunicazione della
Commissione sul futuro della PAC (Commissione europea, 2010) numerosi sono stati i
contributi di accademici e think tank che proponevano una nuova formulazione della PAC
e dei suoi pagamenti diretti più orientata all’ottenimento di “beni pubblici” e più sostenibile, soprattutto dal punto di vista ambientale (MiPAAF, INEA, 2010).
Le decisioni sulla PAC, come noto, sono il risultato di forze contrapposte che prendono le mosse dall’esecutivo (la Commissione), sono sottoposte all’approvazione del Consiglio
e del Parlamento europeo), sono influenzate dagli Stati membri e dai gruppi di interesse
all’interno degli Stati membri che agiscono al fine di accaparrarsi le risorse finanziarie.
La PAC può contare su una lobby forte, su interessi ben costituiti e rappresentati e sul
perdurare di una sorta di dipendenza dal passato (la path dependency) che attenua la
spinta delle forze riformatrici (Iagatti e Sorrentino, 2007). Come la storia insegna, la PAC
va avanti a strappi, introducendo le novità su base volontaria per poi renderle obbligatorie
dopo un congruo periodo di sperimentazione. Così è stato per il capping e la modulazione
(De Filippis et al., 1999, INEA, 2000), così è stato per la regionalizzazione (Pupo D’Andrea,
2009), così è per i pagamenti verdi. Una delle novità della riforma 2014-2020, infatti, è
rappresentata dalla componente ambientale dei pagamenti diretti, i cosiddetti pagamenti
16
Capitolo 2 - I pagamenti verdi nella riforma della PAC 2014-2020
verdi, ricevuti per ettaro di superficie a fronte del rispetto di alcune pratiche agricole favorevoli al clima e all’ambiente (Commissione europea, 2013)
Tali pagamenti, pur essendo nella forma obbligatori, di fatto si pongono a metà strada
tra una sorta di super-condizionalità e i pagamenti volontari (De Filippis, 2012).
Infatti, per essere considerata obbligatoria, l’adozione delle pratiche verdi dovrebbe
essere accompagnata da un efficace sistema di sanzioni da applicare in caso di inosservanza. Invece, nel regolamento orizzontale (regolamento (UE) n. 1306/2013 - art. 77) si
legge che il mancato rispetto delle pratiche verdi comporta, nei casi di maggiore gravità,
la mancata corresponsione del solo pagamento verde nei primi due anni (2015 e 2016) alla
quale si aggiunge, negli anni successivi, una decurtazione di una quota della somma da
erogare per tutti i pagamenti diretti, pari al 20% del pagamento verde nel 2017 e al 25% dal
2018 in poi. Detto più semplicemente, nei primi due anni il mancato rispetto del greening
incide solo sul pagamento verde, mentre negli anni successivi incide anche sugli altri aiuti,
ma in misura molto limitata. Questo induce ad affermare che, pur mancando un “patto”
sotto forma di contratto scritto tra agricoltore e Stato membro, è fuor di dubbio che, almeno nei primi anni, il pagamento verde possa essere assimilato a un pagamento volontario
(chi non adotta la pratica non riceve il pagamento verde), mentre negli anni successivi, la
fissazione della sanzione come una percentuale limitata di riduzione degli aiuti riduce il
grado di volontarietà dei pagamenti verdi, ma non per questo rende il loro rispetto realmente vincolante.
Occorre comunque sottolineare che le pratiche per l’inverdimento rappresentano un
vincolo, già a partire dal primo anno, per chi intende aderire alle misure agro-ambientali
del II pilastro, che dovranno essere disegnate in modo da incorporare nella baseline le
pratiche verdi del I pilastro.
Si può quindi affermare che anche nel caso del pagamento verde la novità da esso
rappresentata sarà testata nel corso dei prossimi anni, per poi divenire realmente obbligatoria (nel senso che il mancato rispetto delle pratiche verdi potrà comportare l’esclusione
da tutti i pagamenti diretti) nel futuro periodo di programmazione che partirà dal 2021,
sulla base dell’esperienza dei precedenti anni di applicazione.
Proprio per la sua novità il pagamento verde sconta anche un indebolimento dei
suoi contenuti rispetto alle proposte legislative della Commissione (Commissione europea,
2011b). Questo annacquamento, da una parte, è stato funzionale ad una maggiore adesione delle pratiche “verdi” alle caratteristiche locali delle “agricolture” europee, dall’altra,
l’operare del sistema delle equivalenze porterà al temuto collage di applicazioni negli Stati
membri, alcune delle quali non garantiranno niente di più di quanto non si stia già facendo
oggi con le misure agro-ambientali dello sviluppo rurale o con i regimi nazionali/regionali
di certificazione ambientale.
Nel capitolo successivo ci si soffermerà con maggior dettaglio sui contenuti del pagamento verde e sulla sua applicazione in Italia.
17
capitolo 3
Le pratiche agricole del greening
3.1Le pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente
Il Regolamento (UE) 1307/2013 sui pagamenti diretti sancisce che il pagamento per
le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente (Capo 3) si applica a tutte le aziende che ricevono il pagamento di base, con l’esclusione delle superfici coltivate con i metodi
dell’agricoltura biologica e di quelle che aderiscono al regime semplificato per i piccoli
agricoltori. Come descritto in precedenza (cfr. par. 2.2), il finanziamento di questa componente “verde” rimane associato al 30% del massimale nazionale dei pagamenti diretti. Il
mancato rispetto di questi requisiti potrà incidere fino al 125% della quota dei pagamenti
verdi percepita dagli agricoltori.
Più in dettaglio, il cosiddetto greening prevede l’applicazione, sulla superficie ammissibile ai pagamenti, dei seguenti requisiti:
• Diversificazione delle colture (Art. 44). Questo requisito si applica esclusivamente alle aziende con superfici a seminativo superiori a 10 ettari. Sulle superfici comprese tra 10 e 30 ettari che non sono interamente coltivate con colture
sommerse per una parte significativa dell’anno, gli agricoltori devono assicurare
la presenza contemporanea di almeno due colture, con la coltura principale che
non può superare il 75% della superficie totale a seminativo. Sulle superfici a
seminativo superiori a 30 ettari le colture presenti devono essere almeno tre1;
le due principali non possono superare, congiuntamente, il 95% della superficie
e quella principale da sola non può coprire più del 75%. Quest’obbligo non viene applicato nel caso di superfici a seminativo utilizzate per più del 75% per la
produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per terreni a maggese, a
condizione che la superficie a seminativo rimanente non superi i 30 ettari. L’esclusione dall’obbligo di diversificazione riguarda anche le aziende la cui superficie agricola ammissibile è costituita per più del 75% da prati permanenti, foraggio
o colture sommerse, a condizione che i seminativi non sottoposti a tali impieghi
non siano superiori a 30 ettari.
• Mantenimento dei prati permanenti (Art. 45). La percentuale dei prati permanenti sulla superficie agricola totale non deve scendere sotto il 5% (l’anno di
riferimento è il 2015). Gli Stati membri possono decidere di applicare questo
requisito a livello aziendale oppure a livello territoriale (nazionale, regionale o
sub-regionale). Inoltre, non è possibile convertire o arare queste superfici se esse
sono situate in aree definite ecologicamente sensibili dagli Stati membri ai sensi
1
Ai fini dell’applicazione dell’obbligo di diversificazione, si intende per “coltura”: a) una coltura appartenente a uno
qualsiasi dei differenti generi definiti nella classificazione botanica delle colture; b) una coltura appartenente a
una qualsiasi delle specie nel caso delle brassicacee, solanacee e cucurbitacee; c) i terreni lasciati a riposo; d) erba
o altre piante erbacee da foraggio.
19
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
delle direttive sulla conservazione degli habitat naturali e sulla conservazione
degli uccelli.
• Introduzione di aree d’interesse ecologico (Art. 46). Questo requisito si applica
alle aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari. Sono pertanto
escluse le superfici a prato-pascolo e a colture permanenti. Le aree d’interesse
ecologico, rappresentate da superfici non coltivate (come siepi, terreni a riposo,
terrazzamenti, fasce tampone) ma anche da elementi caratteristici del paesaggio,
superfici oggetto d’imboschimento e coperte da colture azoto-fissatrici, devono
interessare una superficie corrispondente ad almeno il 5% della copertura a seminativo. Questa quota potrà essere innalzata al 7% nel 2018, a seguito di una
valutazione d’impatto presentata dalla Commissione europea accompagnata da
una specifica proposta legislativa. Sono escluse dall’applicazione di questo obbligo le aziende la cui superficie ammissibile è costituita per una quota maggiore
del 75% da prati permanenti e foraggi o coltivata con colture sommerse per una
parte significativa dell’anno, nonché le aziende dove più del 75% della superficie a
seminativo è interamente usata per la produzione di erba o altri foraggi erbacei,
lasciata a riposo, coltivata con leguminose (o una combinazione di questi) a condizione che la superficie a seminativo rimanente non superi i 30 ettari.
Il regolamento prevede, inoltre, l’esenzione da questi obblighi, oltre che per la parte
di ciascuna azienda sulla quale si pratica l’agricoltura biologica, anche per le aziende che,
a seguito dell’adesione a misure agro-climatico-ambientali o ad alcune tipologie di certificazione, adottano pratiche benefiche per l’ambiente e per il clima che danno benefici
equivalenti o maggiori rispetto a quelli del greening (cfr. par. 3.2.2).
Rispetto ai requisiti appena descritti, le opzioni lasciate agli Stati membri sono piuttosto limitate ma non certo irrilevanti. La più importante, cui si è già accennato, è la scelta
delle modalità di definizione e di calcolo del pagamento ecologico: se esso debba essere
calcolato a livello territoriale, cioè in misura uguale per tutti gli agricoltori di una regione
o Stato membro, o a livello individuale, cioè differenziato tra i singoli beneficiari. Numerosi
paesi, tra cui l’Italia, hanno optato per il calcolo del pagamento ecologico a livello aziendale: una scelta molto discutibile, dettata dalla volontà di ridurre l’effetto redistributivo del
passaggio ad un pagamento di base forfetario (cfr. par. 3.2.1).
Accanto a questo aspetto finanziario, vi sono alcune questioni “tecniche” demandate
alle opzioni nazionali.
Nel caso della diversificazione, le questioni più stringenti sono relative al periodo di
copertura del suolo di ogni coltura per il calcolo delle percentuali e al trattamento delle
policolture.
Riguardo al mantenimento dei prati permanenti, spetta agli Stati membri definire un
elenco di aree sensibili da escludere dal vincolo e i criteri con cui mantenere il rapporto del
5% fissato a livello comunitario tra superfici a prati e superficie agricola totale. Negli atti
delegati è stata inoltre prevista la possibilità di estendere la definizione a zone che soddisfino criteri equivalenti, come alcune zone umide.
Tuttavia, le scelte più rilevanti sono quelle che riguardano le aree di interesse ecologico (AIE). Agli Stati membri viene demandata la scelta di quali superfici, tra quelle previste dal regolamento europeo, siano considerate aree di interesse ecologico e, in alcuni casi,
con quali criteri possano essere applicate.
20
Capitolo 3 - Le pratiche agricole del greening
Negli atti delegati si chiarisce che tra le AIE possono essere inclusi i terreni a riposo,
purché su di essi non venga fatta alcuna attività agricola; per quanto riguarda le terrazze,
gli elementi caratteristici del paesaggio e le fasce tampone, vengono considerate come AIE
quelle che rispettano le norme della condizionalità (buone condizioni agronomiche e ambientali); infine, viene specificato che ogni Stato membro può definire un elenco di colture
azoto-fissatrici qualificate come AIE.
Gli Stati membri possono inoltre consentire a gruppi di agricoltori di gestire in modo
congiunto l’obbligo di introdurre queste aree, contabilizzando collettivamente la superficie
da escludere dalla pratica agricola (Comegna e Sacchetto, 2014a) 2. Infine, gli Stati membri
possono definire AIE a livello regionale (fino alla metà della quota percentuale) al fine di
ottenere aree adiacenti.
I requisiti del greening così come definiti nel Reg.1307/2013 si differenziano in maniera considerevole rispetto all’originale proposta legislativa della Commissione europea
(2011b), che prevedeva misure molto più stringenti, tra cui l’applicazione della diversificazione sulle superfici a seminativo superiori a 3 ettari, l’obbligo del mantenimento dei prati
permanenti a livello aziendale e l’introduzione di aree d’interesse ecologico sul 7% di tutta
la superficie agricola (ad esclusione dei prati permanenti). Inoltre, la proposta iniziale, a
differenza della versione finale, non prevedeva l’esclusione dai vincoli di greening legata
alla specializzazione produttiva delle aziende (per maggiori dettagli si veda l’Appendice 1).
In questa sua forma il greening aveva però suscitato numerose critiche da parte del mondo
produttivo e dalla maggioranza degli Stati membri, non solo per la dubbia efficacia ambientale dello strumento, ma anche rispetto ai possibili costi aggiuntivi per gli agricoltori
e al carico amministrativo e burocratico derivante dalla sua implementazione (Matthews,
2012; 2013).
Guardando al sistema complessivo di misure e deroghe previste dal greening nel Regolamento 1307/2013 (tab. 3.1), ci si può chiedere se con esso si sia raggiunta invece una
giusta proporzione tra i vantaggi ambientali che si possono conseguire e l’aggravio burocratico-amministrativo connesso all’applicazione delle relative norme (Tangermann, 2011;
Matthews, 2012; Mahé, 2012; Comegna e Sacchetto, 2014a). Confrontando il risultato finale con le proposte da cui si era partiti, non c’è dubbio che, come si è detto, il negoziato su
questo aspetto della nuova PAC è stato fortemente orientato dalle sollecitazioni provenienti
da alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, e da componenti importanti del mondo produttivo.
Da questo punto di vista, rispetto al pacchetto iniziale, le norme che sono state varate appaiono molto meno rigorose sul fronte ambientale e sembrano orientate prevalentemente
a non pregiudicare gli obiettivi produttivi e la competitività dell’agricoltura europea. Tali
norme sono state poi definite con maggior precisione attraverso gli atti delegati che hanno
seguito la definizione dell’accordo. In particolare, come sarà illustrato nel paragrafo successivo, insieme alla definizione delle pratiche equivalenti, sono state precisate le norme
applicative per le tre pratiche colturali obbligatorie per il pagamento ecologico.
2
L’unico obbligo da rispettare, a questo proposito, è che ciascun agricoltore realizzi all’interno della propria azienda almeno il 50% dell’obbligo che gli compete.
21
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 3.1 - Pratiche agricole, aziende interessate e superfici ammissibili previste dal greening
Pratica agricola Aziende
interessate
Superfici e colture
Esenzioni
Non si applica a:
Diversificazione
colturale
Mantenimento
prati permanenti
Aziende con
superficie a
seminativo > 10
ettari
Aziende con
prati permanenti e pascoli
Seminativi tra 10-30 ha:
presenza di almeno 2 colture.
La coltura principale deve occupare < 75% della superficie
a seminativo;
Seminativi > 30 ha: presenza
di almeno 3 colture. Le due
colture principali devono occupare < 95% della superficie
a seminativo e la principale
<75%
Mantenimento obbligatorio
per aziende localizzate in aree
designate dagli Stati membri,
considerate ecologicamente
sensibili;
Il rapporto tra prato permanente e superficie agricola
totale non deve diminuire di
oltre il 5% a livello aziendale o
territoriale
• agricoltura biologica;
• aziende con più del 75% della superficie ammissibile a prato permanente, utilizzata per
la produzione di erba o altre piante erbacee
da foraggio o per la coltivazione di colture
sommerse e con superficie a seminativi rimanente < 30 ha
• aziende con più del 75% della superficie a
seminativi utilizzata per la produzione di erba
o altre piante erbacee da foraggio, per terreni
lasciati a riposo e con superficie a seminativi
rimanente <30 ha
Non si applica a:
• agricoltura biologica.
Non si applica a:
• agricoltura biologica;
Aree d’interesse
ecologico
Aziende con
superficie a
seminativo > 15
ettari
Obbligo di destinare ad AIE
una superficie pari al il 5%
dei seminativi (possibilità di
aumentare al 7% dal 2018)
22
• aziende con più del 75% della superficie ammissibile a prato permanente, utilizzata per
la produzione di erba o altre piante erbacee
da foraggio o per la coltivazione di colture
sommerse e con superficie a seminativi rimanente < 30 ha
• aziende con più del 75% della superficie a
seminativi utilizzata per la produzione di erba
o altre piante erbacee da foraggio, per terreni
lasciati a riposo, investiti a colture di leguminose e con superficie a seminativi rimanente
< 30 ha
Capitolo 3 - Le pratiche agricole del greening
3.2L’applicazione del greening e le scelte dell’Italia
3.2.1 Il calcolo dei pagamenti verdi
A partire dal 2015 alle “pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente”
corrisponderà il cosiddetto pagamento verde, al quale dovrà essere riservato il 30% del
massimale nazionale annuale. In Italia questo importo varierà da 1.170,6 milioni di euro
nel 2015 a 1.111,3 milioni nel 2019 (MiPAAF, 2014).
Il valore del pagamento verde viene calcolato annualmente ed è dato dal rapporto tra
il massimale spettante al greening a livello nazionale o regionale e il valore totale di tutti i
diritti all’aiuto attivati in un dato Stato membro. Se lo Stato membro applica il pagamento di
base a livello regionale potrà applicare anche il pagamento verde a livello regionale. Inoltre,
ciascun Paese può decidere di definire il pagamento ecologico a livello individuale: in questo
modo, il valore del pagamento viene calcolato come percentuale del valore totale dei diritti di
pagamento che l’agricoltore percepisce per ciascun anno. In questo modo il pagamento verde
rimane in parte legato quello storicamente percepito nella situazione pre-riforma.
Come già riportato in precedenza, le scelte del nostro paese riguardano l’Italia
come regione unica e il pagamento verde “individuale”, ovvero per il calcolo di questa
quota di pagamenti diretti come percentuale del valore dei titoli percepiti da ogni agricoltore. Pertanto le aziende agricole che hanno percepito maggiori pagamenti diretti nel
periodo pre-riforma otterranno un pagamento verde superiore rispetto alle aziende con
basso o nessun sussidio nella precedente riforma. Tale scelta, dettata dalla volontà di
attenuare l’effetto ridistributivo della convergenza, di fatto ha accentuato alcuni aspetti
critici del greening, tra cui la sua scarsa flessibilità e la sua iniquità, poiché a fronte degli
stessi obblighi imposti dalla PAC le aziende beneficeranno di un pagamento verde di diverso ammontare, svincolato dai costi aggiuntivi delle nuove pratiche agricole benefiche
per il clima e per l’ambiente.
Nonostante il valore dei pagamenti verdi sia calcolato a livello aziendale, a titolo
esemplificativo si riportano di seguito i valori medi per il periodo 2015-2019 a livello regionale e per zona altimetrica (tab. 3.2). I dati mostrano significative variazioni a livello
territoriale e per zona altimetrica, derivanti dal modello di convergenza scelto dall’Italia.
A livello nazionale il valore medio del pagamento verde per il periodo 2015-2019 è stiamto
in circa 92 euro ad ettaro, con notevoli differenze tra le zone montane (62 €/ha), collinari
(82 €/ha) e di pianura (118 €/ha).
23
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 3.2 – Il valore dei pagamenti verdi in Italia (€/ha), media 2015-2019
Piemonte
Valle d’Aosta
Media
Montagna
Collina
Pianura
103
50
72
134
39
39
-
-
Lombardia
138
48
102
156
Veneto
117
65
91
125
Friuli Venezia Giulia
86
40
79
93
Liguria
68
58
79
-
Emilia Romagna
93
57
80
102
Toscana
69
55
70
77
Umbria
91
60
100
-
Marche
86
72
88
-
Lazio
78
58
77
84
Abruzzo
66
53
75
-
Molise
79
65
87
-
Campania
101
78
102
143
Puglia
112
87
100
121
77
59
87
76
Basilicata
Calabria
149
148
141
175
Sicilia
68
65
69
69
Sardegna
56
52
51
71
P.A. Bolzano
43
43
-
-
P.A. Trento
52
52
-
-
92
62
82
118
Italia
3
Fonte: “PAC2020 - Simulation tool”
3.2.2 Rapporti tra greening e II pilastro
L’introduzione del greening nel I pilastro rappresenta un vincolo anche per alcune
misure dello sviluppo rurale, in quanto queste dovranno essere disegnate in modo da impedire il doppio finanziamento per le pratiche associate ai pagamenti verdi. L’assenza di
una doppia remunerazione degli interventi dovrà essere garantita per le misure nelle quali
il beneficiario riceve un pagamento per compensare i maggiori costi e i minori redditi derivanti dalla sottoscrizione volontaria d’impegni di natura ambientale. Le misure interessate
sono quelle relative ai pagamenti agro-climatico-ambientali (art. 28 del Reg. 1305/2013),
all’agricoltura biologica (art. 29), alle indennità Natura 2000 e a quelle connesse alla direttiva quadro sulle acque (art. 30). Come sarà specificato di seguito, l’interazione degli
interventi agro-ambientali con il I pilastro comprende anche la definizione delle cosiddette
“pratiche equivalenti”, ovvero quelle pratiche analoghe al greening che, generando effetti
ambientali simili, danno diritto ai beneficiari di ricevere automaticamente i pagamenti
verdi.
3
Si tratta di uno strumento di simulazione basata su micro-dati forniti da AGEA (2012) sviluppato dall’INEA
nell’ambito delle attività di supporto tecnico-scientifico al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali,
per l’implementazione della riforma della PAC post 2013. Il “Pac2020 - Simulation tool”, è in grado di calcolare per
singola azienda l’importo di pagamento di base e pagamento verde dal 2015 al 2019.
24
Capitolo 3 - Le pratiche agricole del greening
Per quanto riguarda la “baseline”, nella nuova programmazione la soglia di accesso ai
pagamenti di natura ambientale non sarà esclusivamente quella della condizionalità, ma a
questa si aggiungeranno i requisiti minimi per l’utilizzo dei fertilizzanti e dei prodotti fitosanitari, eventuali requisiti obbligatori stabiliti da normative nazionali e soprattutto i nuovi
requisiti del greening, che si prefigurano come una sorta di baseline aggiuntiva rispetto a
quella individuata dalla normativa (Rete Rurale Nazionale, 2014). Infatti, pur non facendo
parte della baseline, le pratiche agricole collegate ai pagamenti verdi dovranno essere tenute in conto per la quantificazione dei premi e l’individuazione degli impegni del II pilastro.
A questo proposito il meccanismo di demarcazione tra primo e II pilastro si basa sul
concetto di equivalenza, che è stato uno degli elementi più discussi durante la fase finale
del negoziato sulla PAC, per l’obiettiva difficoltà, sul terreno amministrativo e gestionale,
di creare un quadro comune per comparare con i requisiti del greening le pratiche agricole e gli effetti ambientali dei tanti schemi agro-climatico-ambientali adottati negli Stati
membri4. Il regolamento prevede che i pagamenti del II pilastro siano concessi solo per gli
impegni che vanno oltre i requisiti del greening, mentre in caso d’impegni equivalenti si
procederà ad una riduzione dei pagamenti agro-climatico-ambientali. Tale riduzione viene
calcolata con modalità differenti se gli impegni volontari sono di natura simile o di natura
diversa rispetto alle pratiche del greening. Nel primo caso (ad esempio diversificazione con
4 colture), il calcolo del pagamento riguarda solo le perdite di reddito e i costi aggiuntivi
derivanti dall’applicazione degli impegni che vanno al di là delle pratiche del greening (es.
differenza di costi per l’introduzione di 4 colture rispetto a 3 colture). Nel secondo caso,
ovvero quando non è possibile fare un confronto diretto tra gli impegni, si effettua una riduzione forfettaria dei pagamenti del II pilastro pari ad un terzo del pagamento medio del
greening.
3.2.3 Le pratiche equivalenti
Nel Reg. 1307/2013 sui pagamenti diretti (Allegato IX) è stata inserita una lista di
pratiche agricole che consentono agli agricoltori di soddisfare i requisiti del pagamento
ecologico, in quanto i benefici ambientali ottenuti da queste pratiche sono ritenuti equivalenti a quelli del greening. Queste pratiche equivalenti possono essere certificate, oltre
che con le misure a carattere ambientale del II pilastro, anche dai sistemi di certificazione
nazionale o regionale che hanno effetti simili alle pratiche del greening in termini di biodiversità, qualità del suolo, mantenimento del paesaggio e mitigazione dei cambiamenti
climatici (Comegna e Sacchetto, 2014b). Si ricorda, a questo proposito, come l’agricoltura
biologica sia ritenuta talmente incisiva dal punto di vista ambientale da sostituire automaticamente i tre requisiti del greening5 , mentre le aziende le cui superfici aziendali ricadono nelle aree designate ai sensi della direttiva Natura 2000 e della Direttiva acque sono
tenute al rispetto del greening solo in caso di compatibilità con gli obiettivi delle direttive
stesse. In tutti gli altri casi, invece, la definizione delle pratiche equivalenti spetta agli Stati
membri in base agli impegni contemplati nel regolamento. A livello nazionale si è optato
per includere tra le pratiche equivalenti ammesse tutte quelle elencate nell’allegato IX del
4
5
Sull’equivalenza tra i requisiti del greening e altri schemi ambientali si veda Hart e Menadue (2013).
Possono beneficiare della componente di “inverdimento” senza necessità di soddisfare ulteriori obblighi solo le
unità aziendali che soddisfano le condizioni stabilite dal regolamento comunitario sull’agricoltura biologica (Reg.
(CE) n. 834/2007).
25
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
regolamento, lasciando aperta la possibilità di aggiungere eventuali limitazioni alla scelta
degli agricoltori da parte delle autorità regionali competenti. A titolo esemplificativo, nella
seguente tabella vengono riportati alcune pratiche che possono sostituire i requisiti ambientali del greening.
Tabella 3.3 - Esempi di pratiche equivalenti
Pratiche agricole del greening
Diversificazione colturale
Pratiche equivalenti
•
Avvicendamento colture
•
Copertura invernale del suolo
•
Colture intercalari
•
Gestione dei prati permanenti applicando specifici criteri, tra cui: un
appropriato regime di taglio e il mantenimento elementi caratteristici del
paesaggio
•
Sistema di pascolo estensivo
•
Set-aside ecologico
•
Fasce tampone
•
Bordi e strisce per fauna selvatica
•
Produzione su seminativi senza irrigazione, concimazione e uso di prodotti
fitosanitari
Mantenimento prati permanenti
Aree d’interesse ecologico
Fonte: Allegato IX del Reg.(Ue) 1307/2013
3.2.4 Le aree di interesse ecologico
Analogamente alle pratiche equivalenti, anche per definizione delle aree di interesse
ecologico è stato lasciato un ampio margine di discrezionalità nell’applicazione nazionale. Lo Stato membro può infatti considerare aree di interesse ecologico le aree elencate
nell’articolo 46 del regolamento (UE) n. 1307/2013, oltre alle possibili pratiche equivalenti
nell’allegato X dello stesso regolamento.
Come evidenziato nella tabella sottostante, l’Italia ha deciso di considerare aree d’interesse ecologico tutte quelle elencate nel regolamento, ad eccezione delle superfici con
colture intercalari.
Ai fini del calcolo delle aree d’interesse ecologico presenti in ciascuna azienda saranno applicati specifici fattori di conversione e di ponderazione, già previsti ma non stabiliti
nell’allegato X del Reg. 1307/2013, e successivamente definiti proprio all’interno degli atti
delegati (Reg. UE 639/2014). Tali fattori hanno lo scopo di differenziare i possibili elementi
caratteristici stabilendo la corrispondenza tra 1 m2 (o metro lineare) di tali elementi e 1 m2
di aree d’interesse ecologico (tab. 3.5). Tali fattori possono essere distinti tra quelli maggiori di uno (per cui ogni m2 /lineare dell’elemento caratteristico corrisponderà a più m2 di
AIE) e quelli al di sotto dell’unità (per i quali sarà necessario riallocare una maggiore superficie per ottenere lo stesso m2 di area ecologica). Per le AIE con fattore di ponderazione
maggiore di uno lo Stato membro può decidere di avvalersi dei coefficienti stabiliti dalla
Commissione, mentre per quelle con fattore di ponderazione minore di uno, vi è l’obbligo
di utilizzare i coefficienti definiti nell’allegato X.
26
Tabella 3.4 - Aree d’interesse ecologico: superfici ammesse e scelte dell’Italia
Tipologia di superficie ammesse
Scelte dell’Italia
a) Terreni lasciati a riposo
SI
b) Terrazze
SI
SI
c) Elementi caratteristici del paesaggio
(compresi quelli non inclusi nella superficie
ammissibile)
d) Fasce tampone
SI
e) Superfici agro-forestali
SI
f) Fasce di ettari ammissibili lungo le zone periferiche delle foreste
SI
g) Bosco ceduo a rotazione rapida senza impiego di concimi minerali e/o di prodotti fitosanitari
SI
h) Superfici oggetto di imboschimento
SI
i) Superfici con colture intercalari
NO
j) Superfici con colture azoto-fissatrici
SI
Fonte: Allegato X del Reg.(Ue) 1307/2013
Tra le possibili tipologie di aree ecologiche con coefficienti inferiori all’unità ci sono
quelle sulle quali è stata prevista la possibilità di mantenere una produzione agricola. A
tale proposito, l’introduzione di superfici produttive tra le possibili AIE, in particolare quelle con colture azotofissatrici, ha suscitato un intenso dibattito tra il mondo produttivo e
quello ambientalista. La prima questione riguarda l’assenza, negli atti delegati, di un netto
divieto all’uso di pesticidi e fertilizzanti sulle superfici con colture azotofissatrici qualificate come aree d’interesse ecologico. Gli atti delegati contengono, infatti, solo un’indicazione
sui criteri di scelta degli elementi caratteristici per le AIE che si rifà al principio della
salvaguardia e miglioramento della biodiversità nelle aziende agricole, tenendo conto della
necessità di soddisfare gli obiettivi della direttiva 91/676/CEE e della direttiva 2000/60/CE
(Commissione europea, 2014b). Viene, invece, demandata agli Stati membri la definizione
di specifiche norme sui luoghi in cui si possono coltivare le superfici rispondenti ai requisiti di area di interesse ecologico e soprattutto sull’introduzione di eventuali condizioni
aggiuntive relative ai metodi di produzione.
Per quanto riguarda i criteri di selezione e d’implementazione delle varie tipologie di
queste aree, l’Italia ha incluso nella lista un ampio spettro di colture azoto-fissatrici, tra cui
soia, erba medica, cece, fagiolo, fava, pisello, sulla, trifoglio e veccia. È evidente che se non
verranno introdotte restrizioni aggiuntive sulle modalità di produzione in queste superfici,
la possibilità di soddisfare il requisito delle aree d’interesse ecologico attraverso queste
colture ridurrà in maniera significativa l’efficacia ambientale di questo requisito.
Un’altra questione che ha suscitato numerose polemiche è quella relativa al fattore
di ponderazione per queste colture, inizialmente fissato a 0,3 (ovvero ad 1 ha di colture
azoto-fissatrici corrispondono 0,3 ha di aree d’interesse ecologico) e successivamente innalzato a 0,7 (ad 1 ha di colture azoto-fissatrici corrispondono 0,7 ha di aree d’interesse
ecologico). A seguito di questa modifica aumenta la superficie complessiva che già rispetta
il vincolo di AIE e per l’eventuale quota mancante sarà sufficiente coltivare circa 1,4 ha
(invece degli iniziali 3,3 ha) di colture azoto-fissatrici come soia, erba medica e trifoglio
per ogni ettaro di aree d’interesse ecologico. Si tratta di una richiesta molto meno onerosa
per gli agricoltori rispetto a quanto inizialmente proposto dalla Commissione che, insieme
27
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
alla possibilità di utilizzare pesticidi e fertilizzante su queste aree, rappresenta un’ulteriore
attenuazione dell’incisività delle misure di greening.
Tabella 3.5 - Fattori di conversione e di ponderazione per il calcolo delle AIE
Fattore di conversione (m/
albero/m²)
Elementi caratteristici
Terreni lasciati a riposo (per m²)
Fattore di
ponderazione
Area di interesse
ecologico
(se si applicano
entrambi i fattori)
n.p
1
1 m2
Terrazze (per metro lineare)
2
1
2 m2
Elementi caratteristici del paesaggio
5
2
10 m2
20
1,5
30 m2
5
2
10 m2
n.p
1,5
1,5 m2
6
1,5
9 m2
n.p
1,5
1,5 m2
Fossati (per metro lineare)
3
2
6 m2
Muretti di pietra tradizionali (per metro lineare)
1
1
1 m2
n.p
1
1 m2
1,5
9 m2
n.p
1
1 m2
Siepi/fasce alberate (per metro lineare)
Alberi isolati (per albero)
Alberi in filari (per metro lineare)
Gruppi di alberi/ boschetti nel campo (per m²)
Bordi dei campi (per metro lineare)
Stagni (per m²)
Altri elementi caratteristici non elencati sopra,
ma protetti dalla BCAA 7, dal CGO 2 o CGO 3 (per m²)
Fasce tampone (per metro lineare)
Ettari agroforestali (per m²)
Fasce di ettari ammissibili lungo i bordi forestali (per metro lineare) Senza produzione
6
1,5
9 m2
Con produzione
6
0,3
1,8 m2
Superfici con bosco ceduo a rotazione rapida (per m²)
n.p
0,3
0,3 m2
Superfici oggetto di imboschimento ai sensi dell’articolo 32,
paragrafo 2, lettera b), punto ii) (per m²)
n.p
1
1 m2
Superfici con colture intercalari o manto vegetale (per m²)
n.p
0,3
0,3 m2
Superfici con colture azotofissatrici (per m²)
n.p
0,7
0,7 m2
Fonte: Allegato X del Reg.(Ue) 1307/2013
28
capitolo 4
Il greening in Italia: aziende e superfici
interessate
4.1Obiettivi e metodologia
Il capitolo fornisce un’elaborazione quantitativa sul potenziale impatto dell’introduzione del pagamento ecologico in Italia. Le simulazioni qui riportate, realizzate sulla base
dei dati del 6° Censimento dell’agricoltura dell’Istat del 2010, forniscono una stima del
numero e della localizzazione delle aziende e delle superfici potenzialmente interessate dal
greening a livello nazionale1.
Per valutare il possibile impatto del greening si è tentato di quantificare e localizzare
le aziende che dovranno effettuare dei cambiamenti nel loro assetto produttivo al fine di
ottemperare ai nuovi obblighi ambientali. A tale scopo sono stati utilizzati i micro-dati
del Censimento Istat del 2010, con una base di riferimento è rappresentata quindi da
1.620.884 aziende agricole, delle quali sono state estratte alcune delle informazioni necessarie ai fini dell’analisi, come ad esempio le superfici coltivate e le superfici a biologico.
Al fine di stimare il numero di aziende e l’estensione delle superfici potenzialmente
interessati dalla diversificazione colturale e si è proceduto escludendo dall’universo di riferimento le aziende con superficie a seminativi inferiore a 10 ha e le aziende con superfici a
biologico, cioè quelle nelle quali tutta la superficie aziendale è investita a biologico.
Per le aziende rimanenti è stato calcolato il peso percentuale della superficie investita nelle diverse colture sul totale dei seminativi, al fine di escludere le aziende che avessero
più del 75% delle superfici dedicate esclusivamente alla coltivazione del riso, ai prati avvicendati o ai terreni a riposo, o ad una combinazione di queste.
Infine, per identificare in misura più approfondita le aziende che potenzialmente dovranno modificare le loro pratiche correnti come risultato della misura di diversificazione
colturale, le rimanenti aziende sono state suddivise in due gruppi: (1) aziende con superfici
a seminativi tra 10 e 30 ha e (2) aziende con superfici a seminativi superiori a 30 ha.
Si è poi individuato, per ogni azienda, il numero delle colture presenti. Per il primo
gruppo sono state selezionate le aziende con la presenza di una sola coltura o, nel caso di
aziende con più di 2 colture, quelle con la coltura principale coltivata in oltre il 75% della
superficie a seminativi. Nel secondo gruppo sono state selezionate invece le aziende con
meno di 3 colture e le aziende che, con più di 3 colture, avessero investito oltre il 75% della
superficie nella coltura principale2. La somma delle aziende selezionate all’interno dei due
gruppi ha quindi consentito di stimare il numero di aziende e la superficie investita potenzialmente interessate dalla misura di diversificazione colturale.
1 Una sintesi dei risultati di queste elaborazioni è stata pubblicata nell’articolo “The effects of CAP greening on Italian agriculture”, apparso su PAGRI/IAP Politica Agricola Internazionale, Vol. 3 (Vanni e Cardillo, 2013).
2 Al fine di semplificare le elaborazioni non è stato considerato il vincolo, presente nel regolamento, che le due colture
principali ricoprano al massimo il 95% della superficie.
29
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Relativamente alla stima del numero di aziende potenzialmente interessate dalla
seconda misura prevista dal greening, e cioè quella riguardante i prati permanenti, si è
proceduto considerando come universo di partenza il totale delle aziende censite, dal quel
sono state escluse le aziende con superfici a biologico e sono state considerate le sole aziende con superfici a prati permanenti e pascoli. Si è poi calcolato il peso percentuale delle
superfici a prati e pascoli sul totale della superficie agricola utilizzata (Sau).
Infine, si è proceduto alla stima delle aziende potenzialmente interessate dell’introduzione delle aree di interesse ecologico (AIE), considerando, all’interno delle aziende
censite quelle con superfici a seminativi superiori a 15 ha, che non avessero superfici a
biologico, e che non avessero più del 75% della superficie coltivata a riso, prati avvicendati
e terreni a riposo o ad una combinazione delle stesse. Da queste aziende sono state poi
escluse quelle con superfici a riposo maggiori del 5%, supponendo che tali aziende destineranno ad aree d’interesse ecologico i terreni non coltivati.
La disponibilità dei micro-dati censuari ha consentito anche di incrociare le informazioni al fine di poter individuare il numero di aziende potenzialmente influenzate da
una singola disposizione o da una combinazione di esse: diversificazione colturale e aree
d’interesse ecologico. Il requisito del mantenimento della superficie a prati permanenti
non è stato incrociato con gli altri poiché questo requisito in Italia, ad eccezione delle aree
ecologicamente sensibili, sarà applicato a livello nazionale.
La metodologia presentata pur consentendo di effettuare stime piuttosto attendibili
sull’entità di superfici e aziende potenzialmente interessate dal greening, presenta indubbiamente alcuni limiti che vale la pensa sottolineare:
• Utilizzando il Censimento dell’agricoltura, sono state considerate tutte le aziende
e non solo quelle che ricevono pagamenti diretti. La rilevazione censuaria non
consente al momento di distinguere in maniera rigorosa queste ultime aziende,
ma tale ostacolo potrebbe essere superato utilizzando le informazioni presenti
nella banca dati dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) che, una volta
disponibili, potrebbero consentire la realizzazione di un’analisi più accurata del
fenomeno. Nonostante ciò va però precisato che, sebbene la simulazione realizzata con i dati Istat possa portare ad una sovrastima del numero di aziende soggette
al greening, è tuttavia molto probabile che la quasi totalità delle aziende considerate nello studio, cioè quelle con una superficie a seminativi maggiore di 10 o 15
ha, possa ricevere pagamenti diretti previsti dal I pilastro PAC.
• In secondo luogo, al fine di semplificare l’analisi, le elaborazioni hanno considerato solo il numero delle aziende agricole e le superfici potenzialmente interessate
dalle singole misure utilizzando una formulazione binaria: ogni azienda può adeguarsi o meno alla singola misura. L’uso di questa approssimazione non ha permesso l’osservazione del diverso grado di non conformità delle aziende agricole
alle nuove regole, mentre le modifiche richieste nelle pratiche agricole saranno
molto influenzate dalle pratiche agricole correnti. Per una stima più esaustiva
dell’impatto complessivo del greening si dovrebbe considerare anche quanto sono
lontane dai requisiti del greening le attuali pratiche agricole messe in atto dalle
aziende colpite dalle misure.
• Nel regolamento è prevista una lista di misure equivalenti che consentiranno agli
agricoltori ad avere automaticamente diritto alla componente ecologica dei pagamenti diretti (misure agro-ambientali e/o a certificazioni diverse dall’agricoltura
biologica), in quanto i benefici ambientali ottenuti da queste pratiche sono rite30
Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
nuti analoghi a quelli del greening. Per i motivi sottolineati nei punti precedenti
nella elaborazione non è stato possibile escludere dal campione queste aziende e
neppure le aziende che adotteranno lo schema semplificato per i piccoli agricoltori, anch’esse esenti dall’applicazione dei requisiti dell’inverdimento.
• Nel calcolo relativo alla introduzione delle AIE sono stati utilizzati i terreni a
riposo come proxy di queste superfici. Tale approssimazione, utilizzata per la
stima del numero delle aziende agricole potenzialmente interessate da tale obbligo, potrebbe portare a sottovalutare il numero di aziende che già rispettano il
requisito, dal momento che in molte zone risulta rilevante anche la presenza di
altri usi del suolo che si qualificano come AIE (come ad esempio terrazze e altre
caratteristiche del paesaggio). Va tuttavia detto che tutte queste aree caratterizzate da tale uso del suolo sono particolarmente presenti nelle aziende di medie e
piccole dimensioni situate in collina e nelle zone di montagna, mentre i terreni
a riposo possono essere considerati una buona proxy per i terreni coltivabili in
pianura, dove si trovano le aziende più grandi e dove sono attesi i maggiori impatti del requisito.
• Per semplificare i calcoli le aziende che adottano l’agricoltura biologica sono state
considerate automaticamente escluse dal greening, mentre in realtà il greening
non si applica esclusivamente ai terreni aziendali dove viene praticata l’agricoltura biologica.
• Non è stato possibile escludere le aziende localizzate in aree ecologicamente sensibili ai sensi delle direttive sulla conservazione degli habitat naturali e sulla
conservazione degli uccelli, ma si ritiene che il numero di queste aziende non sia
particolarmente consistente.
Nei paragrafi seguenti sono presentati i principali risultati di queste elaborazioni, disaggregati per circoscrizione geografica e per fascia altimetrica. I dati sono disponibili con
maggiore in dettaglio in appendice, in cui è stata riportata la distribuzione delle aziende
interessate a livello regionale (Appendice 2) e a livello comunale (Appendice 3), in quest’ultimo caso attraverso una rappresentazione cartografica dei risultati.
4.2Diversificazione delle colture
L’obbligo della diversificazione colturale, secondo le elaborazioni mostrate in tabella 4.1, è un requisito che interesserà il 3,8% delle aziende italiane (circa 61.000 unità),
a cui corrispondono circa 1,9 milioni di ettari a seminativo, pari al 27,8% del totale. Lo
scarso numero di aziende coinvolte è prevalentemente dovuto all’applicazione della soglia minima di 10 ettari di superficie a seminativo, un requisito soddisfatto solamente
dal 9,7% delle aziende italiane (157.000 unità). Come descritto nel paragrafo precedente,
da questa percentuale sono poi state escluse le categorie che non sono tenute ad applicare la diversificazione, ovvero le aziende biologiche e le aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba, colture sommerse o a riposo e, delle oltre
135.000 aziende restanti, sono state escluse le quasi 75.000 che soddisfano già i criteri
della diversificazione.
31
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 4.1 - Aziende e superfici potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture
Aziende
SAU
Sup Sem
n.
ha
ha
Totale
1.620.884
12.856.048
7.009.311
Aziende con superficie a seminativo
828.390
Aziende con superficie a seminativo > 10 ha
156.892
6.460.318
5.255.889
Aziende convenzionali
144.172
5.644.162
4.692.924
Aziende senza superficie interamente a foraggio, prato permanente e a colture sommerse
135.710
5.256.214
4.413.176
94.551
2.109.760
1.639.444
(A) con 1 coltura
28.433
675.311
477.644
(B) con 2 o più colture ma con coltura principale > 75%
12.234
270.532
215.494
41.159
3.146.453
2.773.731
18.179
1.297.122
1.097.696
Con seminativi tra 10 e 30 ha
7.009.311
di cui:
Con seminativi > 30 ha
di cui:
(C) con 1 o 2 colture
(D) con 3 o più colture ma con coltura principale > 75%
Sottoposte alla diversificazione colturale (A+B+C+D)
2.136
173.216
157.016
60.982
2.416.181
1.947.850
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
La localizzazione delle aziende potenzialmente interessate dalla misura della diversificazione colturale è prevalentemente collinare. Infatti, come si evince dalla tabella 4.2, è situata in
collina circa la metà delle aziende, localizzate per lo più nelle aree del Centro e del Meridione.
Tabella 4.2 - Diversificazione delle colture: aziende e superfici interessate per zona altimetrica
Aziende (n)
Montagna
Collina
Pianura
Totale
4.961
29.334
26.687
60.982
SAU (ha)
225.186
1.139.878
1.051.116
2.416.181
Sup Sem (ha)
140.940
878.846
928.063
1.947.850
Aziende (% su az tot)
1,8
3,5
5,2
3,8
Aziende (% su az con sem)
4,2
7,3
8,7
7,4
7,9
19,8
24,7
18,8
19,0
28,2
29,4
27,8
SAU (%)
Sup Sem (%)
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Una percentuale molto elevata di aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione delle colture è localizzata però anche in pianura, ed è diffusa sull’intero territorio
nazionale, con una prevalenza delle regioni del Nord. In particolare, va sottolineata l’elevata percentuale delle aziende interessate nelle aree pianeggianti del Nord-Ovest, dove
si concentra il 17% a livello nazionale. Come prevedibile, le aziende di montagna, invece,
saranno interessate in maniera molto marginale da questo requisito, che interesserà meno
del 2% del totale nazionale, con una localizzazione predominante nel Sud e nelle Isole. In
termini di SAU, sono le aziende di pianura a far registrare le percentuali più elevate sul
totale nazionale, a dimostrazione di una maggiore estensione ed utilizzazione delle stesse,
rispetto a quelle localizzate in zone altimetriche più elevate.
32
Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
Tabella 4.3 - Aziende potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture per circoscrizione e zona altimetrica
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Nord-ovest
176
1.258
8.837
10.271
Nord-est
557
1.892
7.688
10.137
850
7.080
1.360
9.290
1.824
9.857
6.151
17.832
Centro
Sud
Isole
1.554
9.247
2.651
13.452
Italia
4.961
29.334
26.687
60.982
%
Nord-ovest
0,6
2,1
16,7
7,1
Nord-est
1,1
4,1
5,0
4,0
Centro
2,1
3,8
5,6
3,7
Sud
1,6
2,8
2,8
2,6
Isole
3,8
5,1
4,6
4,8
Italia
1,8
3,5
5,2
3,8
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010.
Come già detto, per le aziende potenzialmente interessate dalla diversificazione, si
registra una superficie a seminativi che rappresenta quasi il 28% del totale nazionale, ma
tale percentuale è notevolmente differenziata in base alla circoscrizione geografica e alla
zona altimetrica (tab. 4.3). In particolare, nelle aree collinari e pianeggianti del Meridione
le superfici a seminativi interessate dalla diversificazione rappresentano tra il 30% ed il
40% circa del totale nazionale. Nelle Isole la diffusione di superfici a seminativi interessate
dalla diversificazione risulta ancora più marcata ed interessa tutte le zone altimetriche
(tab. 4.4).
Tabella 4.4 - Superfici con seminativi potenzialmente soggette alla diversificazione delle
colture per circoscrizione e zona altimetrica
Montagna
Collina
Pianura
Totale
34.923
367.665
406.485
Nord-ovest
ha
3.896
Nord-est
15.625
59.165
254.460
329.250
Centro
27.101
246.122
46.492
319.714
Sud
45.967
277.703
178.361
502.032
Isole
48.352
260.933
81.084
390.369
Italia
140.940
878.846
928.063
1.947.850
Nord-ovest
19,0
18,6
34,8
32,1
Nord-est
24,5
23,9
20,2
21,0
%
Centro
17,5
23,1
27,9
23,0
Sud
13,5
30,0
39,9
29,3
Isole
30,3
37,7
36,6
36,3
Italia
19,0
28,2
29,4
27,8
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010.
33
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
In termini di diffusione a livello territoriale, la tabella 4.5 evidenzia come le aziende
maggiormente interessate da questo requisito siano localizzate in Puglia, Sicilia e Lombardia. In particolare la Lombardia fa registrare una presenza di aziende piuttosto alta
rispetto al totale dell’intera regione, rappresentando oltre il 10% delle aziende interessate.
Le regioni della Valle d’Aosta, Liguria e Trentino Alto Adige sono invece quelle meno coinvolte nell’applicazione della misura in questione.
Tabella 4.5 - Aziende e superfici potenzialmente soggette alla diversificazione delle colture a livello regionale
Aziende
n.
Piemonte
%
4.158
Valle d’Aosta
Lombardia
SAU
ha
6,2
174.295
Sup. seminativi
%
17,2
ha
150.561
%
27,7
3
0,1
317
0,6
93
27,3
6.095
11,2
280.776
28,5
255.361
35,7
67
0,2
2.930
0,8
1.391
19,5
Trentino-Alto Adige
Veneto
4.433
3,7
157.939
19,5
140.218
24,6
Friuli-Venezia Giulia
1.227
5,5
42.693
19,5
37.842
23,3
15
0,1
613
1,4
470
6,9
Emilia-Romagna
4.410
6,0
165.885
15,6
149.799
18,0
Toscana
3.434
4,7
157.467
20,9
127.274
26,5
Liguria
Umbria
1.135
3,1
43.214
13,2
33.377
15,8
Marche
2.218
4,9
83.540
17,7
76.032
20,3
Lazio
2.503
2,5
98.367
15,4
83.032
25,8
822
1,2
25.906
5,7
20.743
11,4
1.310
5,0
35.491
18,0
32.609
22,8
Abruzzo
Molise
Campania
1.816
1,3
52.910
9,6
45.235
16,9
Puglia
9.484
3,5
336.612
26,2
281.146
43,2
Basilicata
3.434
6,6
120.686
23,2
97.225
31,1
966
0,7
40.285
7,3
25.075
16,1
7.996
3,6
291.963
21,0
227.376
33,4
Calabria
Sicilia
Sardegna
Italia
5.456
9,0
304.293
26,4
162.993
41,4
60.982
3,8
2.416.181
18,8
1.947.850
27,8
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010.
4.3Prato permanente
Il requisito del mantenimento dei prati permanenti sembra garantire una rigorosa tutela di queste superfici soprattutto nelle zone ecologicamente sensibili, mentre nelle
restanti aree, lo Stato Membro deve semplicemente assicurare che il rapporto tra queste
superfici e la superficie agricola non scenda al di sotto del 5% 3. Osservando l’andamento
complessivo di queste superfici durante gli ultimi quattro decenni (fig. 4.1), si può supporre
3 Nelle elaborazioni presentate in questo paragrafo non è stato possibile includere il dettaglio relativo alle aree designate come sensibili, nelle quali il mantenimento delle superfici a prato permanente dovrà essere assicurato a
livello aziendale.
34
Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
come a seguito della decisione di applicare questo requisito a livello nazionale, probabilmente in Italia produrrà effetti ambientali piuttosto limitati. Infatti, la figura mostra una
consistente diminuzione sia della superficie agricola che della superficie destinata a prati
e pascoli, risultando tra questi due tipi di superfici un rapporto piuttosto stabile, rimasto
sempre tra il 25% ed il 30%.
35
20.000
30
15.000
25
10.000
20
5.000
15
0
10
rapporto %
25.000
1970
1973
1975
1977
1980
1983
1985
1987
1990
1993
1995
1997
2000
2003
2005
2007
2010
superficie - 000 ha
Figura 4.1 - Evoluzione della SAU e delle superfici a prato permanente e pascolo (1970-2010)
(a) Prati permanenti e pascoli
(000 ha)
(b) SAU (000 ha)
rapporto a/b (%)
Fonte: elaborazioni su dati Istat
Per quanto riguarda i dati più recenti, le elaborazioni rilevano come queste i prati
permanenti e i pascoli, escludendo quelli appartenenti alle aziende biologiche, ammontino
a oltre 3 milioni di ettari, concentrati in 254.656 aziende (tabella 4.6). Le superfici a prati
e pascoli potenzialmente interessate da questo obbligo corrispondono così a circa 90% del
totale e al 24% della SAU. Poiché il rapporto tra i terreni a prati permanenti e la superficie
agricola totale non dovrà ridursi oltre il 5%, la superficie totale da mantenere corrisponderà a circa 2,93 milioni di ettari.
Tabella 4.6 - Aziende e superfici potenzialmente soggette dal requisito del mantenimento
dei prati permanenti e pascoli
Superficie a prato permanente e
pascolo
Aziende
n.
%
Con prati permanenti e pascoli
274.486
16,9
3.434.073
26,7
Sottoposte al mantenimento dei prati permanenti*
254.656
15,7
3.084.665
24,0
-
-
2.930.432
22,8
di cui superficie da mantenere a prato-pascolo
ha
% Sau
* Sono state escluse le aziende biologiche
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Osservando la distribuzione territoriale delle aziende interessate da questo requisito (tab. 4.7) si rileva la forte concentrazione di queste superfici lungo la dorsale alpina.
Piemonte, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia sono infatti le regioni che presentano il numero più elevato di aziende coinvolte, anche se piuttosto consistente appare
la presenza di aziende a prati e pascoli nelle due Isole maggiori. In relazione al peso
percentuale, di particolare rilievo sembrano i dati relativi alla regione Valle d’Aosta, nella
quale circa l’84% delle aziende è potenzialmente coinvolta dal requisito. Anche in Veneto
35
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
si registra una forte presenza di queste aziende, con oltre il 45% del totale regionale e la
loro localizzazione è esclusivamente montana, come nel caso della regione precedente
e del Trentino. In Piemonte, invece, oltre la metà delle aziende interessate, che pesano
oltre il 42% del totale regionale, sono ubicate in collina. Una situazione simile si riscontra anche in Sardegna, dove le aziende interessate rappresentano oltre il 35% e per due
tersi si localizzano nelle aree collinari. Per le altre regioni non si evidenziano situazioni
particolarmente rilevanti.
Tabella 4.7 - Aziende potenzialmente soggette al mantenimento dei prati permanenti e pascoli a livello regionale
Aziende
n.
Montagna
%
Collina
Pianura
Distribuzione %
28.427
42,3
25,1
51,5
23,4
Valle d’Aosta
2.974
83,7
100,0
-
-
Lombardia
3.798
18,8
70,5
29,5
-
Trentino-Alto Adige
21.456
39,5
47,9
22,5
29,6
Veneto
16.686
45,5
100,0
-
-
Friuli-Venezia Giulia
21.310
17,8
20,5
35,4
44,1
4.534
20,3
17,3
46,4
36,3
Emilia-Romagna
12.348
16,8
39,1
38,4
22,4
Toscana
11.646
16,0
42,1
46,5
11,4
Umbria
5.945
16,4
39,2
60,8
-
Piemonte
Liguria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
3.565
7,9
37,5
62,5
-
17.672
18,0
31,5
63,8
4,7
5.890
8,8
65,5
34,5
-
3.596
13,7
71,9
28,1
-
13.731
10,0
45,9
51,9
2,2
5.563
2,0
5,4
61,2
33,4
Basilicata
10.932
21,1
70,8
25,6
3,5
Calabria
15.239
11,1
36,5
58,9
4,7
Puglia
Sicilia
27.691
12,6
36,9
56,1
7,0
Sardegna
21.653
35,6
11,0
75,8
13,2
254.656
15,7
40,4
45,1
14,5
Italia
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
La tabella 4.8 mette in evidenza la distribuzione territoriale delle superfici interessate e, in questo caso, si denota che è la Sardegna a far registrare la presenza più elevata, con
oltre 600.000 ettari, pari a circa un quinto del totale nazionale. Seguono poi il Piemonte,
il Veneto e la Sicilia, nelle quali la superficie soggetta al mantenimento di prati e pascoli si
aggira sui 300.000 ettari. Dal lato opposto le regioni con una scarsa presenza di superfici a
prato e pascolo sono la Lombardia, la Liguria ed il Molise.
36
Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
Tabella 4.8 - Superfici potenzialmente soggette al mantenimento dei prati permanenti e
pascoli a livello regionale
Superficie a prato
permanente e pascolo
Montagna
ha
%
350.101
34,6
49,5
Valle d’Aosta
52.548
94,5
Lombardia
19.191
43,8
230.073
Piemonte
Trentino-Alto Adige
Collina
Pianura
Distribuzione %
25,2
25,3
100,0
-
-
77,4
22,6
-
23,3
69,3
8,3
22,3
Veneto
317.661
84,1
100,0
-
-
Friuli-Venezia Giulia
125.796
15,5
55,7
17,5
26,7
Liguria
28.573
13,1
42,3
41,4
16,3
Emilia-Romagna
81.791
7,7
47,6
34,5
17,9
Toscana
77.883
10,3
38,9
55,7
5,4
Umbria
58.914
18,0
58,2
41,8
-
Marche
46.021
9,8
71,2
28,8
-
Lazio
174.360
27,3
52,1
42,5
5,4
Abruzzo
173.236
38,2
96,7
3,3
-
30.871
15,6
85,6
14,4
-
113.949
20,7
51,2
46,2
2,6
81.817
6,4
2,8
73,7
23,6
Basilicata
127.020
24,5
75,3
22,6
2,1
Calabria
107.153
19,5
54,7
40,0
5,4
Sicilia
252.513
18,2
53,1
41,9
5,0
Molise
Campania
Puglia
Sardegna
Italia
635.195
55,1
17,8
73,7
8,5
3.084.665
24,0
54,6
35,6
9,8
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
4.4Aree d’interesse ecologico
Per quanto riguarda l’obbligo più discusso e contestato, ovvero l’introduzione di aree
di interesse ecologico, si registra purtroppo una mancanza di informazioni specifiche sugli
elementi non coltivati citati nel regolamento (terreni lasciati a riposo, terrazze, elementi
caratteristici del paesaggio, fasce tampone e superfici oggetto di imboschimento), che rende di fatto difficile stimare l’impatto della misura4.
In questo lavoro è stata effettuata una stima approssimativa delle aziende potenzialmente interessate da questo requisito ambientale utilizzando i terreni a riposo come proxy
delle aree d’interesse ecologico (cfr. par. 4.1). Come è possibile osservare nella tabella 4.9,
le aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari rappresentano il 6,7% del
totale, una quota che diminuisce ulteriormente se si escludono le aziende biologiche, le
aziende con superficie prevalentemente dedicata alla produzione di erba e colture som4
Le informazioni disponibili nel 6° Censimento dell’agricoltura dell’Istat sono relative alla presenza di elementi
lineari del paesaggio agrario nella Sau delle aziende agricole durante il triennio 2008-2010, ma non viene quantificata la superficie interessata dalla presenza di tali elementi.
37
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
merse e quelle che hanno una quota di terreni a riposo superiore al 5% della superficie a
seminativi. Il numero delle aziende che dovranno effettivamente destinare una quota di
SAU ad aree d’interesse ecologico si riduce così a circa 82.000 unità, pari al 5,1% del totale. A questo dato corrisponde una superficie a seminativo pari a 3,4 milioni di ettari e le
aree d’interesse ecologico dovranno coprire una superficie pari a 170.000 ettari (5% della
superficie a seminativo), che potrebbe essere incrementata a oltre 237.000 ettari a partire
dal 2018.
Tabella 4.9 - Aziende e superfici potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse ecologico
Aziende
SAU
Sup Sem
n.
ha
ha
Totale
1.620.884
12.856.048
7.009.311
Aziende con superficie a seminativo
828.390
Aziende con superficie a seminativo > 15 ha
108.603
5.627.336
4.654.397
Aziende convenzionali
98.569
4.880.736
4.125.303
Aziende senza superficie interamente a foraggio, prato permanente
e a colture sommerse
93.190
4.554.844
3.883.974
(A) senza terreni a riposo
78.859
3.720.053
3.160.513
(B) con terreni a riposo <5% superficie a seminativi
3.121
249.958
232.568
81.980
3.970.011
3.393.081
7.009.311
di cui:
Sottoposte all’obbligo di individuare AIE (A)+(B)
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Circa la metà delle aziende interessate è ubicata nelle aree pianeggianti e concentrata nel Nord del paese, una percentuale molto alta risiede anche in collina e in questo
caso la presenza maggiore di aziende si individua nel Centro, seguito dal Sud e dalle Isole.
Le zone montane sono coinvolte solo in maniera molto marginale da questo requisito e le
aziende sono localizzate prevalentemente nel Centro-Sud con una forte presenza delle aree
meridionali (tabelle 4.10 e 4.11).
Tabella 4.10 - Aree di interesse ecologico: aziende e superfici interessate per zona altimetrica
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
7.971
33.197
40.812
81.980
SAU (ha)
374.491
1.581.116
2.014.404
3.970.011
Sup Sem (ha)
259.010
1.284.157
1.849.914
3.393.081
2,9
4,0
8,0
5,1
Aziende (% su az tot)
Aziende (% su az con sem)
6,7
8,2
13,3
9,9
SAU (%)
13,2
27,5
47,3
30,9
Sup Sem (%)
35,0
41,2
58,7
48,4
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
38
Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
Tabella 4.11 - Aziende potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse
ecologico per circoscrizione e zona altimetrica
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Nord-ovest
225
2.542
15.594
18.361
Nord-est
578
3.072
16.380
20.030
Centro
1.494
10.294
1.558
13.346
Sud
3.816
9.409
4.730
17.955
Isole
1.858
7.880
2.550
12.288
Italia
7.971
33.197
40.812
81.980
%
Nord-ovest
0,7
4,2
29,5
12,6
Nord-est
1,1
6,6
10,6
8,0
Centro
3,7
5,5
6,5
5,3
Sud
3,4
2,6
2,1
2,6
Isole
4,5
4,3
4,4
4,4
Italia
2,9
4,0
8,0
5,1
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
In termini di superfici, la distribuzione territoriale ed altimetrica, così come si evince dalla tabella 4.12, ricalca in maniera abbastanza lineare quella appena descritta per le
aziende. Le regioni maggiormente interessate dalla misura sono invece la Lombardia e
l’Emilia-Romagna, seguite da Puglia e Veneto, mentre la diffusione minore si riscontra in
Valle d’Aosta, Liguria e Trentino (tab. 4.13).
Tabella 4.12 - Superfici potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di interesse
ecologico per circoscrizione e zona altimetrica
Montagna
Collina
Pianura
Totale
ha
Nord-ovest
6.351
93.432
743.090
842.873
Nord-est
19.167
125.306
753.099
897.572
Centro
58.662
476.462
77.657
612.781
Sud
111.061
318.479
175.345
604.885
Isole
63.770
270.477
100.722
434.970
Italia
259.010
1.284.157
1.849.914
3.393.081
66,6
%
Nord-ovest
31,0
49,8
70,3
Nord-est
30,0
50,6
59,9
57,2
Centro
37,8
44,7
46,5
44,2
Sud
32,6
34,5
39,2
35,3
Isole
39,9
39,0
45,4
40,5
Italia
35,0
41,2
58,7
48,4
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
39
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 4.13 - Aziende e superfici potenzialmente soggette all’introduzione delle aree di
interesse ecologico a livello regionale
Aziende
SAU
Sup. seminativi
n.
%
7.612
11,3
356.056
35,2
308.491
56,8
2
0,1
52
0,1
50
14,5
10.727
19,7
568.408
57,6
533.651
74,6
66
0,2
3.822
1,0
1.769
24,7
Veneto
6.952
5,8
322.004
39,7
298.821
52,5
Friuli-Venezia Giulia
2.153
9,6
98.741
45,2
89.151
55,0
20
0,1
786
1,8
681
10,0
10.859
14,8
544.784
51,2
507.832
61,1
4.069
5,6
233.827
31,0
202.162
42,1
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
ha
%
ha
%
Umbria
2.074
5,7
105.208
32,2
86.654
41,0
Marche
3.967
8,8
195.591
41,5
179.707
47,9
Lazio
3.236
3,3
167.782
26,3
144.258
44,9
Abruzzo
1.552
2,3
66.400
14,6
49.752
27,4
Molise
1.915
7,3
62.930
31,9
57.822
40,5
Campania
3.045
2,2
99.972
18,2
88.545
33,0
Puglia
7.844
2,9
336.007
26,1
285.865
43,9
Basilicata
2.655
5,1
116.629
22,5
92.029
29,4
Calabria
Sicilia
Sardegna
Italia
944
0,7
48.241
8,8
30.873
19,8
6.583
3,0
290.633
20,9
226.781
33,3
5.705
9,4
352.138
30,5
208.189
52,9
81.980
5,1
3.970.011
30,9
3.393.081
48,4
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
4.5Aziende interessate dal greening: un quadro d’insieme
Ad eccezione del mantenimento delle foraggere permanenti, che al di fuori delle aree
sensibili sarà applicato a scala nazionale, i requisiti della diversificazione colturale e dell’introduzione delle aree d’interesse ecologico determineranno degli effetti diretti sui processi
produttivi delle singole aziende. Le aziende potenzialmente interessate da almeno uno di
questi due obblighi sono oltre 107.000 (6,6% del totale delle aziende italiane) di cui oltre
35.000 (2,2% del totale) soggette ad entrambi i requisiti.
Tabella 4.14 - Aziende potenzialmente soggette al greening
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
2.271
13.707
9.814
25.792
Solo AIE
5.281
17.570
23.939
46.790
Diversificazione e AIE
Totale
2.690
15.627
16.873
35.190
10.242
46.904
50.626
107.772
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
40
Capitolo 4 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
Come si può osservare nella tabella 4.15, la percentuale più alta di queste aziende è
concentrata nelle aree di pianura (9,9%), mentre nelle aree collinari e montane ricadono
rispettivamente il 5,5% ed il 3,7% di esse. Come riportato in tabella 4.16, queste aziende
rappresentano il 13% del totale delle aziende con seminativi.
Tabella 4.15 - Distribuzione territoriale delle aziende potenzialmente soggette al greening (%)
Montagna
Collina
Pianura
Totale
% aziende totali
Solo diversificazione
0,8
1,6
1,9
1,6
Solo AIE
1,9
2,1
4,7
2,9
Diversificazione e AIE
1,0
1,9
3,3
2,2
Totale
3,7
5,6
9,9
6,6
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Tabella 4.16 - Distribuzione territoriale delle aziende con seminativi potenzialmente soggette al greening (%)
Montagna
Collina
Pianura
Totale
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
1,9
3,4
3,2
3,1
Solo AIE
4,5
4,3
7,8
5,6
Diversificazione e AIE
2,3
3,9
5,5
4,2
Totale
8,7
11,6
16,5
13,0
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Osservando la distribuzione regionale delle aziende che ci si aspetta possano essere
influenzate dai requisiti del greening, la percentuale più alta può essere osservata in Pianura Padana, con un valore particolarmente elevato in Lombardia ed Emilia Romagna,
dove sono concentrate le aziende di dimensioni maggiori e altamente specializzate nei
seminativi (soprattutto mais). Una percentuale relativamente alta di aziende sarà soggetta
ai requisiti del greening anche in alcune regione centrali e meridionali, specialmente nelle
Marche, Molise e Sardegna.
41
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 4.17 - Aziende potenzialmente soggette al greening a livello regionale
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Div.
AIE
Div e AIE
% aziende
totali
Totale
% aziende con
seminativi
1.312
4.766
2.846
8.924
13,3
21,8
2
1
1
4
0,1
0,7
1.545
6.177
4.550
12.272
22,6
34,8
28
27
39
94
0,3
2,3
1.793
4.312
2.640
8.745
7,3
9,5
507
1.433
720
2.660
11,9
13,6
5
10
10
25
0,1
0,3
Emilia-Romagna
1.425
7.874
2.985
12.284
16,7
21,7
Toscana
1.832
2.467
1.602
5.901
8,1
15,0
Umbria
615
1.554
520
2.689
7,4
10,9
Marche
984
2.733
1.234
4.951
11,0
12,6
Lazio
969
1.702
1.534
4.205
4,3
10,1
Abruzzo
460
1.190
362
2.012
3,0
5,0
Molise
747
1.352
563
2.662
10,1
13,9
Campania
831
2.060
985
3.876
2,8
5,7
Puglia
4.102
2.462
5.382
11.946
4,4
13,5
Basilicata
1.950
1.171
1.484
4.605
8,9
13,1
Calabria
Sicilia
Sardegna
Italia
506
484
460
1.450
1,1
3,1
4.079
2.666
3.917
10.662
4,9
10,8
2.100
2.349
3.356
7.805
12,8
26,3
25.792
46.790
35.190
107.772
6,6
13,0
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
42
capitolo 5
L’effetto del greening sui redditi aziendali
5.1Introduzione
Il presente capitolo si pone il duplice obiettivo di valutare gli effetti greening sia in
termini di costi aggiuntivi per le aziende agricole italiane, sia in termini di adeguata remunerazione agli agricoltori per la produzione di beni pubblici ambientali. A questo proposito,
le domande a cui si è tentato di dare risposta sono le seguenti:
• Quali saranno gli effetti del greening sul margine lordo delle aziende cerealicole
specializzate?
• La quota assegnata ai pagamenti verdi è sufficiente per coprire i maggiori costi (o
il mancato reddito) che gli agricoltori dovranno affrontare a seguito delle nuove
pratiche di inverdimento previste dalla riforma della PAC?
Al fine di rispondere a queste domande si è reso necessario definire e identificare
quei sistemi agricoli per i quali gli effetti del greening risultano essere maggiormente evidenti, ovvero le sole aziende agricole specializzate nei seminativi.
Sulla base delle informazioni derivanti dal 6° Censimento Generale dell’Agricoltura
e dalla banca dati RICA sono state individuate le caratteristiche strutturali delle aziende
italiane specializzate nei seminativi, distinte per le diverse regioni e per zone altimetriche
(montagna, collina e pianura). Sono state, quindi, individuate sia la SAU media, sia le colture presenti nelle aziende agricole. Infine, per ogni area, è stata “costruita” un’azienda
cerealicola rappresentativa di ciascuna zona altimetrica.
Individuata l’azienda rappresentativa si sono definiti due scenari: uno pre-riforma
e uno post-riforma. Pertanto, per ciascuna azienda rappresentativa sono stati calcolati i
margini lordi dell’azienda rappresentativa nei due scenari ipotizzati.
Nello specifico, nella simulazione post-riforma sono state introdotte due delle misure
previste dal greening: diversificazione colturale e aree di interesse ecologico.
L’impatto delle misure del greening (definito in termini di variazione del margine
lordo per ettaro) sulle aziende cerealicole specializzate è stato confrontato con la quota di
pagamenti diretti che nello scenario post-riforma è condizionata al rispetto degli obblighi
verdi (30%) previsti dalla nuova riforma della PAC.
La differenza tra questi due margini lordi è stata poi confrontata con il 30% dei nuovi
pagamenti diretti, che sono stati calcolati tenendo conto del nuovo ammontare delle risorse disponibili per l’Italia e la regionalizzazione dei pagamenti diretti. Questo consente di
capire se i pagamenti legati al greening sono in grado di remunerare gli agricoltori per i
costi aggiuntivi (o per il mancato reddito) che devono sostenere per il rispetto degli obblighi ambientali.
La variazione che avviene nel margine lordo tra i due scenari può interpretarsi come
una sorta di proxy del costo per la produzione dei servizi ambientali forniti dagli agricolto-
43
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
ri, mentre il 30% dei pagamenti diretti (greening) è la remunerazione che viene assegnata
all’agricoltore per la produzione di quel bene ambientale.
Il metodo utilizzato si differenzia dalla recente letteratura sull’analisi dell’impatto del
greening sull’agricoltura italiana (Cardillo et al., 2012; Arfini et al., 2012; Solazzo et al.,
2014) principalmente per due aspetti: il primo è dovuto al fatto che sono stati utilizzati le
informazioni derivanti dal 6° Censimento Generale dell’Agricoltura per stimare il numero
di aziende agricole potenzialmente interessate dall’inverdimento dei pagamenti diretti e,
successivamente, le stesse informazioni sono state usate per individuare e definire le caratteristiche strutturali delle aziende cerealicole rappresentative su cui concentrare l’analisi
stessa. Il secondo aspetto è legato all’uso delle informazioni economiche presenti nella
banca dati della RICA per il calcolo del margine lordo nei due scenari ipotizzati e, quindi,
per misurarne la variazione dopo l’attuazione del greening e confrontarla con i pagamenti
verdi.
Tuttavia, così come sarà evidenziato più diffusamente nel prosieguo del capitolo, il
limite della metodologia utilizzata è rappresentato dal fatto di aver ipotizzato per le aziende
cerealicole italiane il ricorso alla monocoltura. Questa ipotesi, in alcune aree in esame,
non costituisce la realtà dei fatti, ma rappresenta un utile “dato di benchmark” che aiuta
nella comprensione e valutazione del potenziale impatto delle nuove “politiche ambientali”
messe in atto dall’Unione europea.
5.2La coltivazione dei seminativi in Italia
Secondo i dati del 6° Censimento Generale dell’Agricoltura la coltivazione dei seminativi viene praticata da 828.390 aziende, pari a poco oltre il 51% delle aziende agricole
italiane. Esse coprono, in termini di superficie agricola utilizzata, oltre 7 milioni di ettari
che rappresentano il 54,5% della superficie agricola utilizzata italiana.
Tali aziende sono dedite prevalentemente alla coltura dei cereali. Infatti, ben 473.257
unità, (pari ad oltre il 57% delle aziende agricole che praticano la coltivazione dei seminativi), sono interessate dalla coltivazione dei cereali, in particolare frumento duro (202.790),
mais (154.824) e frumento tenero (123.599). Invece, la relativa superficie investita rappresenta il 51,6% della superficie totale investita a seminativi.
Al fine di comprendere e valutare meglio questi dati bisogna, tuttavia, tener presente
che circa il 60% delle aziende agricole cerealicole è localizzato in aree montane o collinari
dove, ceteris paribus, le potenzialità produttive sono inferiori e i costi di produzione superiori a quelli che si hanno nelle aree irrigue e di pianura.
L’ampia diffusione dei seminativi in Italia si è resa necessaria per spiegare un aspetto
della scelta metodologica effettuata in questa analisi. Ovvero, in questo studio si è preferito ripartire i seminativi in due diversi sistemi produttivi che risultano essere anche
quelli maggiormente suscettibili all’adeguamento delle misure di greening. Pertanto, vista
la specializzazione delle aziende cerealicole italiane, così come risulta dall’analisi delle
informazioni provenienti dal 6° Censimento dell’agricoltura, si è scelto come riferimento
un sistema produttivo a mais localizzato essenzialmente nelle regioni del Nord Italia e, un
sistema produttivo a frumento duro localizzato, soprattutto, nelle regioni del Centro-Sud.
Nello specifico, dai dati censuari si evidenzia come la coltivazione del mais coinvolga
circa 155.000 aziende ed occupi oltre 890.000 ettari. Oltre il 67% delle aziende maidicole si
44
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
trova localizzato in pianura, mentre la relativa superficie investita rappresenta l’83,5% della
superficie agricola totale destinata alla coltivazione del mais.
Nel caso del grano (intendendo con ciò la somma tra il frumento tenero e il frumento
duro), i dati dell’ultimo Censimento dell’agricoltura evidenziano come la coltivazione di
suddette colture coinvolga oltre 326.000 aziende, occupando una superficie di circa 2 milioni di ettari. Le aziende cerealicole che coltivano il frumento si trovano localizzate per il
51,7% in collina, mentre la relativa superficie investita rappresenta circa il 54% della superficie agricola totale destinata alla coltivazione del grano. Un terzo delle aziende cerealicole
con la presenza di frumento nel loro ordinamento colturale si trova localizzato in pianura,
mentre solo il 15% delle aziende si trova in montagna (tab. 5.1).
Tabella 5.1 - Aziende con seminativi e cerealicole con relativa superficie
Montagna
Collina
Pianura
Totale
Aziende
Seminativi
Cereali
%
118.386
404.041
305.963
828.390
63.288
220.192
189.777
473.257
13,4
46,5
40,1
100,0
Mais
10.243
40.370
104.211
154.824
Grano
48.823
168.864
108.702
326.389
Superficie
Seminativi
740.221
3.117.878
3.151.212
7.009.311
Cereali
285.040
1.469.005
1.865.432
3.619.477
7,9
40,6
51,5
100,0
%
Mais
15.644
131.667
742.926
890.237
Grano
177.398
1.057.530
727.052
1.961.980
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale di queste colture, l’area maidicola
si localizza prevalentemente nel Nord Italia, dove si concentrano circa l’80% delle aziende
italiane e il 93% della superficie investita (tab. 5.2). Il 58% delle aziende con grano, al contrario, pari a circa 189.000 unità, si localizza nel Centro-Sud. Queste si ripartiscono per il
41,8% (oltre 136.000 aziende) nel Sud e, per il 16,1%, pari a oltre 52.000 aziende, nel Centro. Le aziende cerealicole che coltivano il grano rappresentano circa il 73% delle aziende
con cereali da granella nel Centro Italia e, quasi il 93% nel Meridione (tab. 5.3).
Tabella 5.2 - Aziende cerealicole con prevalenza mais e relativa superficie
Regioni
% Aziende con mais /
Aziende cereali da granella
% SAU a mais /
SAU cereali da granella
Aziende
SAU
Nord Ovest
41.122
399.093
72,8
46,6
Nord Est
82.445
427.777
67,8
50,4
Centro
15.693
13.819
21,7
2,5
Sud
15.251
20.384
9,3
2,2
Isole
313
2.054
0,5
0,5
Italia
154.824
890.237
32,7
24,6
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
45
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 5.3 - Aziende cerealicole con prevalenza grano e relativa superficie
Regioni
Aziende
Nord Ovest
% Aziende con grano /
Aziende cereali da granella
SAU
29.028
170.282
51,4
% SAU a grano / SAU cereali
da granella
19,9
Nord Est
57.008
334.941
46,9
39,5
Centro
52.556
398.452
72,7
72,3
136.293
723.870
82,9
76,8
Isole
Sud
51.504
334.435
88,1
79,2
Italia
326.389
1.961.980
69,0
54,2
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
5.3Le regioni selezionate
Osservando la distribuzione territoriale delle aziende che ci si aspetta possano essere
influenzate dai requisiti ambientali del greening (cfr. cap. 4), si rileva come le aziende maggiormente interessate dall’inverdimento dei pagamenti diretti saranno in particolare quelle
afferenti ad ordinamenti produttivi specializzati, ed in particolare il sistema monocolturale
a mais al Nord e quello monocolturale a grano duro nel Centro-Sud.
Per questo motivo, al fine di valutare gli effetti del greening sui redditi aziendali, sono
state selezionate otto regioni. Le regioni dove prevale la specializzazione a mais (localizzate nel Nord) sono: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Mentre le regioni
dove risulta prevalente la coltivazione del grano (collocate nel Centro-Sud Italia) sono:
Marche, Molise, Puglia e Basilicata.
Nelle restanti regioni non è stato possibile identificare un sistema a seminativo prevalente. Le aziende cerealicole presenti in tali regioni essendo, pertanto, delle aziende ad
ordinamento misto e per le quali si presuppone che l’impatto delle misure di greening sia
scarsamente apprezzabile sono state escluse, pertanto, dall’analisi qui presentata.
Nella tabella 5.4 sono indicati i criteri che hanno determinato la scelta delle regioni
da analizzare, ovvero la concentrazione di superfici a seminativo e la prevalenza delle due
colture individuate.
Tabella 5.4 - I seminativi nelle regioni selezionate
Mais
% aziende
specializzate
in seminativi
% sup. a
seminativo /
SAU
Grano duro
% mais/
sup. a
seminativo
% aziende
specializzate
in seminativi
% sup a
seminativo/ SAU
% grano /
superficie a
seminativo
Piemonte
30,5
53,7
34,0
Marche
48,7
79,4
39,8
Lombardia
41,1
72,5
47,5
Molise
35,8
72,3
40,3
Veneto
53,7
70,2
50,3
Puglia
12,8
50,7
54,9
Friuli V.G.
60,1
74,3
49,1
Basilicata
36,4
60,2
46,0
Italia
23,7
54,5
16,0
Italia
23,7
54,5
28,0
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
46
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
Queste regioni, in misura della loro specializzazione e della dimensione delle aziende, sono presumibilmente quelle più esposte agli effetti degli obblighi previsti dal greening.
Nella tabella 5.5 vengono riportate le quote percentuali delle aziende colpite dalle misure
legate al pagamento ecologico (diversificazione e aree d’interesse ecologico).
Tabella 5.5 - Aziende a seminativo (%) interessate dalle misure del greening
Mais
Solo
divers.
Grano duro
Solo
AIE
Divers.
Totale
Solo
divers.
+ AIE
Solo
AIE
Divers.
Totale
+ AIE
Piemonte
3,2
11,6
6,9
21,8
Marche
3,3
9,1
4,1
16,4
Lombardia
4,4
17,5
12,9
34,8
Molise
6,2
11,3
4,7
22,2
Veneto
2,0
4,7
2,9
9,5
Puglia
8,4
5,0
11,0
24,3
Friuli V.G.
2,6
7,3
3,7
13,6
Basilicata
10,6
6,3
8,0
24,9
Italia
3,1
5,6
4,2
13,0
Italia
3,1
5,6
4,2
13,0
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
Inoltre, come si può osservare nella tabella 5.6, nelle regioni selezionate il grado di
specializzazione delle aziende che, potenzialmente, dovranno sottoporsi all’obbligo della
diversificazione colturale è particolarmente elevato, soprattutto per le aziende specializzate nella coltivazione del mais. Infatti, la percentuale delle aziende specializzate nella
coltivazione di una sola coltura (monocoltura), ovvero così come prevedono le misure di
greening che hanno una coltura che occupa più del 75% della superficie aziendale, è ben al
di sopra della media nazionale per entrambi i sistemi produttivi definiti.
Tabella 5.6 - Grado di specializzazione delle aziende interessate alla diversificazione colturale
% di aziende con mais coltivato
su oltre il 75% della SAU
Regioni
Montagna
Collina
Pianura
% di aziende con grano coltivato
su oltre il 75% della SAU
Totale
Regioni
Montagna
Collina
Pianura
Totale
Piemonte
45,5
40,6
57,3
53,7
Marche
34,1
48,5
-
46,6
Lombardia
46,7
53,8
62,3
61,4
Molise
27,2
50,8
-
46,4
Veneto
92,6
74,1
64,2
65,5
Puglia
78,3
56,3
62,4
59,7
Friuli V.G.
100
66,5
60,1
61,5
Basilicata
24,3
52,2
50,7
48,1
Italia
4,9
4,1
35,7
18,0
22,7
35,7
20,8
28,1
Italia
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 6° Censimento dell’Agricoltura 2010
5.4La metodologia di analisi
5.4.1 Le aziende rappresentative
Una volta definite le regioni da sottoporre all’analisi il passo successivo consiste nella
scelta delle aziende in cui andare a stimare l’impatto delle misure di greening. In particolare,
47
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
la scelta delle imprese agricole da sottoporre all’analisi è stata basata su una stratificazione
dell’intera popolazione di aziende agricole specializzate nei seminativi che ha tenuto conto,
oltre che dell’ordinamento produttivo, anche della loro localizzazione regionale e altimetrica.
I dati strutturali (superfici, specializzazione colturale), derivano dalle informazioni
provenienti dal 6° Censimento generale dell’agricoltura, mentre le caratteristiche economiche (produzione lorda, pagamenti diretti, costi specifici, margine lordo) derivano dai dati
medi contenuti nella banca dati RICA (media riferita agli esercizi contabili 2010-2011).
Le aziende agricole presenti nella banca dati RICA con indirizzo produttivo a seminativi sono state suddivise, all’interno di ciascuna regione selezionata, in base all’altimetria
(montagna, collina e pianura). In particolare nel campione costante RICA, le aziende a seminativi con una Sau maggiore e/o pari a 10 ettari risultano essere pari a 2.293 unità. L’8,2% di
esse si trova localizzata in montagna, il 42,2% in collina e, infine, il 49,6% in pianura.
Poiché è impossibile analizzare l’intera popolazione delle aziende cerealicole specializzate coinvolte dalle nuove misure di greening, si è ricorso alla costruzione di un’azienda
cerealicola specializzata rappresentativa di ciascuna area presa in esame.
Il concetto di azienda rappresentativa è essenzialmente empirico. Infatti, essa rappresenta quell’azienda i cui caratteri siano tipici di una popolazione di aziende, in altre
parole l’azienda rappresentativa possiede le caratteristiche medie di un gruppo di aziende
sostanzialmente omogeneo. Inoltre, per un’analisi di tipo normale o previsionale, non necessariamente l’azienda rappresentativa deve essere un’azienda reale; essa può essere “costruita” in astratto nelle sue caratteristiche strutturali (De Benedictis e Cosentino, 1979).
In particolare, per poter pervenire alla definizione dell’azienda rappresentativa bisogna pertanto, dapprima, ripartire l’intera popolazione delle aziende di un determinato territorio in gruppi omogenei. Nel nostro lavoro questi coincidono con le aziende cerealicole
specializzate raggruppate per regione e altimetria. Una volta definiti i vari gruppi, il passaggio successivo consiste nell’individuazione per ciascuno di essi dell’azienda che abbia le
caratteristiche selezionate per rappresentare l’intero gruppo.
Nel corso del tempo sono stati diversi gli studiosi (Cioffi e Sorrentino, 1997; Cafiero
et al., 2005; De Gennaro et al., 2010; Idda et al., 2010; Seccia et al., 2010; Cardillo et al.,
2012; Vanni et al., 2013; de Witte e Latacz-Lohmann, 2014) che hanno fatto ricorso al
concetto di azienda rappresentativa per analizzare le diverse problematiche e/o i diversi
aspetti inerenti la sfera economico-politica delle aziende agricole.
Sulla base delle informazioni derivanti dall’analisi effettuata nel precedente capitolo sono state individuate a livello regionale e per ciascuna zona altimetrica (montagna,
collina, pianura) alcune aziende cerealicole rappresentative. In particolare, la dimensione
media (Sau media) di ciascuna azienda cerealicola rappresentativa è stata calcolata utilizzando il valore medio della Sau per ognuna delle zone altimetriche, mentre la specializzazione colturale è stata identificata sulla base della coltura maggiormente presente tra
quelle praticate dalle aziende agricole che ricadono in quella stessa area.
Il raccordo tra i dati censuari Istat e le indagini RICA è reso possibile dal fatto che
entrambe le fonti utilizzano lo stesso schema di classificazione delle aziende, determinato
a livello comunitario.
Nella definizione delle aziende rappresentative per le diverse regioni prese in esame,
tuttavia, si è dovuto escludere dall’analisi alcune aree. Ciò si è reso necessario o perché
alcune di esse non erano sufficientemente rappresentate nella banca dati RICA, o perché
48
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
non risultavano specializzate nella coltivazione del mais o del frumento duro (ad esempio
alcune zone di montagna nel Nord Italia o alcune aree di pianura nel Centro-Sud).
In definitiva sono state identificate e “costruite” 17 aziende cerealicole specializzate rappresentative: 8 per il sistema produttivo a mais e 9 per il sistema produttivo a frumento duro.
5.4.2 Gli scenari
Nel corso del lavoro, oltre alla descrizione ed all’analisi della baseline, è stato ipotizzato e definito un nuovo scenario derivante dell’obbligo di applicazione delle misure del
greening.
Nello scenario pre-riforma (benchmark) la superficie agricola media è stata calcolata
sulla base delle stime derivanti dal 6° Censimento generale dell’agricoltura effettuate nel
precedente capitolo, ovvero facendo riferimento alla superficie media delle aziende potenzialmente interessate dal greening per ogni area oggetto di studio. Inoltre, si è supposto
che le aziende cerealicole rappresentative siano interamente (100% della Sau) specializzate
nella coltivazione della coltura più frequente secondo le informazioni derivanti dal censimento dell’agricoltura. Si è, pertanto, ipotizzato per le diverse aziende rappresentative il
ricorso alla monocoltura.
Tale assunzione rappresenta anche, di fatto, il limite principale della metodologia di
analisi utilizzata in questo studio. Infatti, è probabile che in molti casi le aziende cerealicole reali, al fine di massimizzare il proprio margine lordo stiano già adottando strategie di diversificazione. Se in questi casi l’analisi svolta ha determinato una sovra-stima dell’impatto
delle misure di greening, le simulazioni effettuate risultano utili sia per poter effettuare
un’analisi comparata tra le diverse aree individuate, sia per un’analisi delle due colture che
si propongono per il rispetto del vincolo della diversificazione.
In tal modo è stato possibile ricostruire le caratteristiche strutturali ed economiche
delle aziende agricole rappresentative ad indirizzo cerealicolo, distinte per regione e altimetria, per le quali è stato misurato l’impatto delle misure di greening (tab. 5.7).
Tabella 5.7 - Sintesi della metodologia adottata
Campione Costante (2010-2011): 1.794 aziende
Mais: Piemonte (289); Lombardia (281); Veneto (393); Friuli Venezia Giulia (124)
Grano duro: Marche (238); Molise (164); Puglia (132); Basilicata (145)
Numero
Aziende Agricole
Scenario Pre-riforma
Scenario Post-riforma
Diversificazione delle
colture
Una coltura (1): mais o grano duro
Tre colture: (1) (mais o grano duro) 75%, (2) 20%, (3)
5% della SAU. La scelta (e l’ordine) della seconda e
terza coltura è effettuata sulla base della superficie
investita per altimetria in ogni regione.
Aree d’interesse
ecologico
0%
Montagna: 0% della SAU; Collina: 2,5% della SAU;
Pianura: 5% della SAU.
Dimensione Azienda
Media della SAU delle aziende potenzialmente interessate dal greening
Montagna: SAU totale; Collina e Pianura: SAU al
netto dell’area ecologica
Pagamenti diretti
Stimati dalla banca dati Rica
Stime dei pagamenti diretti regionalizzati
Pagamenti Verdi
-
30% dei pagamenti diretti regionalizzati
Margine Lordo
Margine lordo della coltura (1) (mais o
grano duro)
Margini lordi delle colture (1), (2) e (3)
49
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
5.4.3 L’effetto del greening sui redditi aziendali
Una volta definita l’azienda rappresentativa, si è proceduto al calcolo del margine
lordo aziendale per ettaro di Sau utilizzando i valori della produzione lorda e dei costi specifici sostenuti per la coltivazione delle colture assegnate a ciascuna azienda5.
Per la definizione dello scenario post-riforma si sono prese in considerazione due
delle pratiche agricole benefiche per l’ambiente e il clima che gli agricoltori aventi diritto
al pagamento ecologico di base sono tenuti a rispettare: la diversificazione delle colture e
l’introduzione delle aree di interesse ecologico6.
• Diversificazione delle colture: si è ipotizzata l’introduzione di altre due colture
in azienda. Assumendo che la coltura principale occupi il 75% della Sau aziendale, la seconda coltura il 20% della Sau e, infine, la terza coltura introdotta in
azienda il restante 5% della superficie agricola. L’ordine della seconda e terza
coltura è stato deciso sulla base del valore del loro margine lordo;
• Aree di interesse ecologico (AIE): esse consistono in fasce tampone, siepi, terreni a riposo, margini dei campi, etc. Non riuscendo a definire nelle banche dati
utilizzate in maniera univoca tutte le voci che compongono le AIE si è preferito
ipotizzare che, nello scenario pre-riforma, l’azienda non presenti alcuna area di
interesse ecologico (AIE uguale a zero ettari). Nello scenario post-riforma si è
imposto, così come previsto dalle misure del greening, che l’aria ad interesse ecologico sia pari al 5% della Sau aziendale totale nel caso delle aziende a seminativi
con una superficie superiore e/o pari a 10 ettari. L’impatto delle AIE è stato, pertanto, calcolato riducendo la Sau di ciascuna azienda agricola rappresentativa del
5% e, ancora, si è ipotizzato che l’azienda agricola nello scenario post-riforma non
avrebbe dovuto adeguarsi alle tare improduttive imposte dal greening se questa
risultasse localizzata in montagna. Per le aziende agricole collinari l’adeguamento delle aree ad interesse ecologico previsto è stato ridotto del 50%, si è cioè ipotizzato che le aziende collinari possedessero già nella baseline una superficie ad
AIE pari al 50% di quanto previsto dal greening. Infine, per le aziende localizzate
in pianura l’adeguamento ipotizzato è stato pari all’intera soglia (100%) fissata
dalle misure introdotte col greening.
5.4.4 Il ruolo del sostegno pubblico
Un altro aspetto preso in considerazione è rappresentato dal ruolo svolto dal sostegno
pubblico percepito dalle aziende cerealicole italiane specializzate nella coltivazione del
mais e del grano. Bisogna ricordare, infatti, come il sostegno pubblico risulti fortemente
influenzato non solo dai nuovi “vincoli ambientali” introdotti dalla nuova PAC ma, anche,
dalla redistribuzione dei pagamenti diretti del I pilastro.
5
Nel calcolo del margine lordo (ML) sono stati esclusi i pagamenti diretti (nella banca dati Rica essendo i pagamenti
disaccoppiati non vengono più associati ad una specifica produzione); per cui tutti i calcoli del ML sono al netto
dei pagamenti diretti.
6 Per quanto riguarda, invece, il terzo requisito, ovvero il mantenimento dei prati permanenti nel lavoro svolto si
sono mantenute inalterate le superfici destinante ai prati permanenti qualora questi entravano a far parte delle
3 colture selezionate in un’area. Nell’analisi non si è tenuto conto esplicitamente di questo requisito in quanto il
conteggio della superficie a prati permanenti in Italia avverrà prevalentemente a livello nazionale (escludendo le
zone ecologicamente sensibili) e di fatto non risulterà essere vincolante a livello di singola azienda agricola.
50
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
Nello scenario pre-riforma i pagamenti diretti per ciascuna azienda cerealicola rappresentativa sono stati definiti sulla base dei dati delle aziende presenti nella RICA. Essi
sono stati, pertanto, calcolati selezionando tra gli importi totali dei pagamenti ricevuti dagli agricoltori soltanto quelli legati alla presenza dei seminativi. In particolare, nel calcolo
dei pagamenti diretti si è definito il valore medio tra il 2010 e il 2011 e, successivamente,
si è diviso il valore così ottenuto per gli ettari di Sau di ciascuna azienda cerealicola rappresentativa. Inoltre, nel definire l’ammontare degli aiuti diretti ad ettaro nello scenario
post-riforma, non si è tenuto conto dell’articolazione del pagamento unico aziendale nelle
diverse voci previste dallo spacchettamento e, pertanto, si è ipotizzando che il plafond
nazionale venga destinato per il 30% alla componente greening e, per il rimanente 70%
unicamente al pagamento di base.
I dati riguardanti i pagamenti diretti per ciascuna azienda rappresentativa derivano
dalla banca dati RICA per lo scenario pre-riforma, mentre quelli utilizzati nelle simulazioni
post-riforma derivano dal “PAC2020 – Simulation tool”. In particolare, questo strumento
è in grado di calcolare per ciascuna azienda l’importo del pagamento di base e del pagamento verde dal 2015 al 2019, stimando il valore dei diritti all’aiuto per singolo agricoltore
(Pierangeli, 2014)7.
L’analisi delle variazioni del margine lordo aziendale tra lo scenario pre-riforma e
quello post-riforma consente di pervenire ad alcune importanti valutazioni sull’impatto
atteso dalle misure di greening. Infatti, gli impatti degli effetti delle misure di greening (misurati in termini di variazione del margine lordo aziendale per ettaro) sono stati confrontati con la quota di pagamenti diretti che, nello scenario post-riforma dovrebbero essere
subordinati al rispetto da parte degli agricoltori degli obblighi ecologici imposti dalle misure di greening (30%). Questa differenza permette di capire se tale quota è effettivamente
in grado di remunerare gli agricoltori dei costi aggiuntivi (o dei mancati redditi) derivanti
dal rispetto delle misure di greening.
Le stime dell’analisi effettuata sono presentate effettuando il confronto dei risultati
(in termini di margine lordo) ottenuti dalle aziende rappresentative di ciascuna area (montagna, collina e pianura) per le diverse regioni nello scenario pre-riforma con quelli dello
scenario post-riforma.
5.5Il sistema monocolturale a mais
5.5.1Piemonte
Il 6° Censimento generale dell’agricoltura ha rilevato, in Piemonte, poco oltre 67.000
aziende agricole, di cui circa 41.000 con seminativi, per un totale di oltre 543.000 ettari
coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a oltre 30.000
che destinano alla coltivazione dei cereali (da granella) oltre 404.000 ettari. Il mais risulta
presente in 21.400 aziende, per una superficie totale pari a oltre 164.000 ettari.
7
I principali meccanismi di cui il “PAC2020 – Simulation tool” tiene conto sono: (i) applicazione della convergenza
con “modello irlandese”; (ii) incremento del valore dei diritti fino al livello minimo garantito (60% del valore unitario nazionale); (iii) applicazione del vincolo di riduzione massima (-30% del valore unitario iniziale).
51
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Per il Piemonte sono state individuate due aziende rappresentative: una per la collina, con una superficie pari a 27 ettari e l’altra per la pianura, con una superficie di 38,8
ettari. In entrambe le colture identificate da aggiungere all’ordinamento colturale per rispettare il vincolo della diversificazione, sono rappresentate dal frumento tenero e dal
prato polifita. L’area di interesse ecologico risulta pari a 0,68 ettari nel caso dell’azienda
rappresentativa collinare e, ad 1,94 ettari nel caso dell’azienda di pianura (tab. 5.8).
Tabella 5.8 -Caratteristiche delle aziende rappresentative in Piemonte
Pre-riforma
Colture
SAU
AIE
27,00
-
Post - riforma
Colture
SAU
AIE
19,74
0,68
Collina
Mais ibrido
Mais ibrido
Frumento tenero
5,27
Prato Polifita
1,32
Pianura
Mais ibrido
38,80
Mais ibrido
27,65
Frumento tenero
7,37
Prato Polifita
1,84
1,94
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
Uno degli obiettivi di questo lavoro è quello di stimare la variazione avvenuta nel valore del margine lordo in conseguenza dell’adozione delle misure di greening da parte delle
aziende rappresentative della maiscoltura altamente specializzata. La tabella 5.9 mostra i
risultati, in termini di variazione del margine lordo, delle due aziende rappresentative individuate in Piemonte. Dall’analisi della tabella si evince come, in entrambi i casi, l’effetto
delle misure di greening si traduce in una riduzione del margine lordo. L’azienda collinare
mostra una diminuzione del margine lordo totale di poco oltre 5.400 euro (pari a -201 €/
ha), mentre l’azienda di pianura fa registrare un calo di circa 9.300 euro, pari a -239 euro
per ettaro.
La riduzione nel margine lordo è dovuta, da un lato, alla riduzione della superficie
utilizzata e, dall’altro, al fatto che la coltura principale (il mais) su una parte della superficie coltivata è stata sostituita con due colture addizionali che presentano un margine lordo
unitario nettamente inferiore a quello del mais.
52
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
Tabella 5.9 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Piemonte
A livello aziendale
ML pre-riforma
ML post-riforma
A livello unitario
ML pre-riforma
∆ML
ML post-riforma
∆ML
Collina
40.139
34.718
-5.421
1.487
1.286
-201
1.430
1.191
-239
Pianura
55.474
46.195
-9.279
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
Un altro aspetto indagato in questo lavoro riguarda il ruolo dei pagamenti verdi,
ovvero se questi siano sufficienti a coprire i maggiori costi e/o i mancati redditi derivanti
dall’adeguamento alle misure introdotte col greening (tab. 5.10). I dati mostrano come il
pagamento verde in entrambi i casi non sia in grado di compensare la riduzione avvenuta
nel margine lordo. Anche in questo caso le stime ottenute variano a seconda dell’azienda
rappresentativa considerata. L’azienda di collina mostra una differenza tra pagamenti verdi
e margine lordo di -129 euro per ettaro (in pratica il pagamento verde riesce a coprire soltanto il 36% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale), mentre nell’azienda di
pianura tale differenza risulta pari a -105 euro per ettaro (il 56% della riduzione avvenuta
nel margine lordo aziendale).
Tabella 5.10 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Piemonte
A livello aziendale
PD
pre riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
7.789
5.616
1.953
-3.469
A livello unitario
PD
pre riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
Collina
288
208
72
-129
386
386
134
-105
Pianura
14.970
14.977
5.203
-4.076
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
5.5.2Lombardia
Secondo i dati forniti dal 6° Censimento generale dell’agricoltura, in Lombardia, sono
presenti poco più di 54.000 aziende agricole, di cui oltre 35.000 con seminativi, per una
superficie coltivata a seminativi che supera i 715.000 ettari (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a circa 26.000 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da
granella oltre 450.000 ettari. Il mais risulta presente in poco più di 19.000 aziende, per una
superficie totale pari a oltre 234.000 ettari.
Anche per la Lombardia sono state costruite due aziende maidicole rappresentative:
una per la collina, con una superficie pari a 29 ettari, e una per la pianura, nettamente più
grande, con una superficie di 43,2 ettari (tab. 5.11).
Le due aziende rappresentative, al fine di rispettare il vincolo della diversificazione,
aggiungono al proprio ordinamento colturale il frumento tenero e l’erba medica. Il loro
53
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
ordine (seconda e terza coltura per estensione) risulta invertito tra l’azienda di collina e
quella di pianura: erba medica-frumento tenero in collina e, frumento tenero-erba medica
in pianura.
L’area di interesse ecologico risulta pari a 0,73 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, di 2,16 ettari nel caso dell’azienda di pianura.
Tabella 5.11 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Lombardia
Pre-riforma
Colture
SAU
AIE
Post - Riforma
Colture
SAU
AIE
Collina
Mais ibrido
29,00
-
Mais ibrido
21,21
Erba medica
5,66
Frumento tenero
1,41
0,73
Pianura
Mais ibrido
43,20
-
Mais ibrido
30,78
Frumento tenero
8,21
Erba medica
2,05
2,16
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
La tabella 5.12 mostra i risultati, in termini di variazione del valore del margine lordo
in seguito all’applicazione delle misure di greening, da parte delle due aziende rappresentative della maiscoltura altamente specializzata lombarda. Le elaborazioni mostrano come
l’effetto dell’applicazione delle misure di greening si traduca in una riduzione del margine
lordo aziendale per entrambe le aziende. In particolare, l’azienda di collina presenta una
diminuzione del margine lordo totale di poco oltre 3.800 euro (pari a -131 €/ha), mentre
l’azienda di pianura registra un calo di oltre 9.800 euro, pari a -229 euro per ettaro. Analogamente al Piemonte, la riduzione del margine lordo è dovuta al fatto che il mais viene
sostituito, su una parte della superficie coltivata, con frumento tenero ed erba medica, due
colture che presentano un margine lordo inferiore a quello del mais.
Tabella 5.12 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Lombardia
A livello aziendale
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ML
A livello unitario
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
1.187
1.055
-131
1.510
1.282
-229
Collina
34.416
30.606
-3.810
Pianura
65.252
55.376
-9.876
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
Gli effetti dell’introduzione delle misure di greening sull’andamento dei pagamenti
percepiti dagli agricoltori, in particolare in relazione alla quota legata agli obblighi ecologici e sulla sua capacità di compensare le variazioni dei margini lordi, sono sintetizzati
nella tabella 5.13. I risultati ottenuti dalle simulazioni effettuate evidenziano come questi
ultimi non riescono a coprire il costo del passaggio al greening. I dati mostrano come per
54
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
l’azienda di collina vi sia una differenza tra pagamenti verdi e variazione nel margine lordo
pari a -29 euro per ettaro, invece l’azienda di pianura presenta una differenza pari a -73
euro per ettaro. In sintesi, il pagamento verde dell’azienda maidicola collinare lombarda
riesce a compensare il 78% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale. Invece,
nel caso dell’azienda di pianura il pagamento verde riesce a coprire il 68% della riduzione
nel margine lordo aziendale.
Tabella 5.13 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Lombardia
A livello aziendale
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
410
294
102
-29
480
449
156
-73
Collina
11.878
8.526
2.971
-840
20.722
19.397
6.746
-3.130
Pianura
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
5.5.3Veneto
In Veneto sono presenti poco oltre 119.000 aziende agricole, di cui circa 92.000
con seminativi, per un totale di oltre 569.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le
aziende cerealicole sono pari, invece, a poco più di 71.000 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre 374.000 ettari. Il mais risulta presente in circa 58.000
aziende, per una superficie totale pari a quasi 256.000 ettari.
Le due aziende maidicole rappresentative identificate in Veneto sono localizzate una
in collina, con una superficie pari a 31,1 ettari, e l’altra in pianura, con una superficie leggermente maggiore, pari a 31,7 ettari. Al fine di rispettare il vincolo della diversificazione,
l’azienda di collina deve introdurre nel proprio ordinamento colturale il frumento tenero
e la soia. Invece, l’azienda di pianura introdurrà le stesse colture ma nell’ordine invertito:
soia – frumento tenero (tab. 5.14). L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,78 ettari nel
caso dell’azienda rappresentativa collinare e di 1,6 ettari nel caso dell’azienda di pianura.
Tabella 5.14 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Veneto
Pre-riforma
Colture
SAU
AIE
Post - Riforma
Colture
SAU
AIE
22,74
0,78
Collina
Mais ibrido
31,10
-
Mais ibrido
Frumento tenero
6,06
Soia
1,52
Pianura
Mais ibrido
31,70
-
Mais ibrido
Soia
Frumento tenero
55
22,59
1,59
6,02
1,51
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
La tabella 5.15 mostra la variazione del valore del margine lordo avvenuta in seguito
all’applicazione delle misure di greening da parte delle due aziende rappresentative del Veneto. I dati mostrano come tale variazione sia, de facto, uguale nelle due zone altimetriche
considerate: l’azienda di collina presenta una diminuzione del margine lordo totale di poco
oltre 5.000 euro (pari a -161 €/ha), mentre l’azienda di pianura registra un calo di oltre
5.100 euro, pari a -162 euro per ettaro.
Tabella 5.15 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Veneto
A livello aziendale
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
46.998
41.979
-5.018
A livello unitario
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ML
Collina
1.511
1.350
-161
1.438
1.276
-162
Pianura
45.572
40.439
-5.132
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
Analogamente alle aziende lombarde, anche in questo caso la riduzione nel margine lordo è dovuta al fatto che il mais viene in parte sostituito con due colture (frumento
tenero e soia), che presentano un margine lordo unitario inferiore a quello del mais oltre,
naturalmente, alla riduzione della superficie in conseguenza dell’introduzione delle aree di
interesse ecologico.
La tabella 5.16 riassume, invece, il grado di compensazione del pagamento verde per
le aziende rappresentative individuate in Veneto in relazione alla variazione avvenuta nel
margine lordo. L’azienda di collina mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine
lordo pari a -70 euro per ettaro, mentre, l’azienda di pianura mostra un risultato leggermente migliore. In tal caso la differenza tra il pagamento greening e la variazione nel margine
lordo è pari a -37 euro per ettaro. Le simulazioni hanno evidenziano come i pagamenti verdi riescano a coprire, nel caso delle aziende di collina, il 57% del costo sostenuto per il passaggio alle nuove misure di greening. Invece, nel caso dell’azienda di pianura il pagamento
verde riesce a compensare il 77% dei costi relativi all’introduzione degli obblighi ecologici.
Tabella 5.16 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Veneto
A livello aziendale
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
Collina
5.926
8.086
2.816
-2.202
191
260
91
-70
356
359
125
-37
Pianura
11.296
11.380
3.962
-1.170
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
56
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
5.5.4 Friuli Venezia Giulia
Il 6° Censimento generale dell’agricoltura ha rilevato, nel Friuli Venezia Giulia, poco
oltre 22.000 aziende agricole, di cui circa 19.600 con seminativi, per una superficie totale
a seminativi maggiore di 162.000 ettari (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece, a 13.601 unità che destinano alla coltivazione dei cereali circa 90.000 ettari. Il mais
risulta presente in 12.393 aziende, per una superficie totale pari a circa 74.000 ettari.
Ancora una volta sono state individuate e definite due aziende maidicole rappresentative per il Friuli Venezia Giulia: una per la collina, con una superficie pari a 27,9 ettari;
l’altra per la pianura con una superficie di 31,6 ettari (tab. 5.17). In questo caso le colture
da introdurre nell’ordinamento produttivo, per il rispetto della diversificazione imposta
dal greening sono diverse a seconda dell’area considerata. In collina le nuove colture da
adottare sono rappresentate dalla soia e dall’erba medica mentre, in pianura dalla soia e dal
frumento tenero. L’area di interesse ecologico risulta pari a 0,7 ettari nel caso dell’azienda
rappresentativa collinare e, ad 1,58 ettari nel caso dell’azienda di pianura.
Tabella 5.17 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Friuli Venezia Giulia
Pre-riforma
Colture
Post - Riforma
SAU
AIE
27,90
-
Colture
SAU
AIE
Collina
Mais ibrido
Mais ibrido
20,40
Soia
5,44
Erba medica
1,36
0,70
Pianura
Mais ibrido
31,60
-
Mais ibrido
22,52
Soia
6,00
Frumento tenero
1,50
1,58
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
Nella tabella 5.18 vengono presentati i risultati, in termini di variazione del margine
lordo, degli effetti delle misure di greening sulle due aziende rappresentative identificate in
Friuli. L’analisi della tabella evidenzia come la riduzione del margine lordo a seguito dell’introduzione dei requisiti ambientali del greening varia a seconda della zona altimetrica:
l’azienda collinare registra una diminuzione di circa 6.600 euro (pari a -238 €/ha), mentre
l’azienda di pianura presenta una perdita di circa 6.000 euro (pari a -192 €/ha).
Tabella 5.18 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Friuli
Venezia Giulia
A livello aziendale
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ML
A livello unitario
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ML
Collina
38.121
31.477
-6.645
1.366
1.128
-238
1.224
1.032
-192
Pianura
38.676
32.605
- 6.071
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
57
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
L’altro aspetto indagato riguarda la capacità dei pagamenti verdi legati al rispetto
degli obblighi ecologici di compensare le variazioni nel margine lordo. Osservando i dati
in tabella 5.19 si evince come, in entrambe le aree, il pagamento verde non sia in grado di
compensare la riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale determinata dall’introduzione delle misure di greening. Anche in questo caso le stime ottenute variano a seconda
dell’azienda rappresentativa considerata. L’azienda di collina mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo di -159 euro per ettaro (33% circa della riduzione avvenuta
nel margine lordo aziendale), mentre nell’azienda di pianura la differenza risulta pari a -99
euro per ettaro (48% della riduzione avvenuta nel margine lordo aziendale).
Tabella 5.19 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Friuli Venezia Giulia
A livello aziendale
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
Collina
9.323
6.305
2.194
-4.450
334
226
79
-159
349
268
93
-99
Pianura
11.016
8.469
2.942
-3.128
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
5.6Il sistema monocolturale a grano duro
5.6.1Marche
Il 6° Censimento generale dell’agricoltura certifica la presenza, nelle Marche, di poco
meno 45.000 aziende agricole, di cui oltre 39.000 con seminativi, per un totale di circa
375.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari, invece,
a oltre 24.700 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella quasi 182.000
ettari. Il grano risulta presente in più di 20.000 aziende, per una superficie totale pari a
poco più di 149.000 ettari. Circa l’81% delle aziende cerealicole specializzate marchigiane
(16.297 unità) coltiva il frumento duro, destinando alla coltivazione di questa coltura una
superficie di oltre 136.500 ettari.
Anche per le Marche sono state identificate due zone altimetriche e, pertanto, sono
state costruite due aziende cerealicole rappresentative: una per la montagna con una superficie pari a 35,6 ettari; l’altra per la collina, leggermente più piccola, con una superficie
di 34 ettari (tab. 5.19). In questo caso le due colture che le aziende rappresentative devono
aggiungere al proprio ordinamento colturale al fine di rispettare il vincolo della diversificazione sono l’erba medica e il girasole. L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,85 ettari
nel caso dell’azienda rappresentativa collinare e, per quanto detto precedentemente circa
la definizione e costruzione dell’azienda tipo, l’AIE risulta nulla nel caso dell’azienda di
montagna.
58
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
Tabella 5.20 - Caratteristiche delle aziende rappresentative nelle Marche
Pre - riforma
Colture
Post - Riforma
SAU
AIE
Colture
SAU
AIE
Montagna
Frumento duro
35,60
-
Frumento duro
26,70
Erba medica
7,12
Girasole
1,78
0,00
Collina
Frumento duro
34,10
-
Frumento duro
24,94
Erba medica
6,65
Girasole
1,66
0,85
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
La tabella successiva mostra i risultati avvenuti nel valore del margine lordo in seguito all’introduzione delle misure di greening nelle due aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata marchigiana. Secondo queste elaborazioni, a seguito dell’applicazione
delle misure di greening l’azienda di montagna mostra una diminuzione del margine lordo
totale di 2.200 euro (pari a - 62 €/ha), mentre l’azienda di collina registra un calo di oltre
1.800 euro, pari a -55 euro per ettaro.
Tabella 5.21 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative nelle
Marche
A livello aziendale
ML pre-riforma
A livello unitario
ML post-riforma
∆ ML
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
Montagna
30.267
28.066
-2.201
850
788
-62
708
653
-55
Collina
24.130
22.259
-1.871
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
La tabella 5.22 evidenzia un diverso effetto, pur sé positivo in entrambi i casi, del
pagamento verde sulle aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata marchigiana. L’azienda cerealicola di montagna mostra una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a +10 euro per ettaro. Mentre l’azienda cerealicola collinare registra una
differenza tra pagamento verde e margine lordo pari a +33 euro per ettaro. I risultati ottenuti evidenziano, pertanto, come il pagamento verde riesca a coprire, in entrambe le zone
altimetriche, interamente il costo del passaggio al greening.
Tabella 5.22 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative nelle Marche
A livello aziendale
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre
riforma
PD postriforma
239
206
72
10
363
253
88
33
PV
∆ ML + PV
Montagna
8.494
7.334
2.549
348
Collina
12.392
8.627
3.004
1.132
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
59
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
5.6.2Molise
Il Molise, secondo le informazioni raccolte col 6° Censimento generale dell’agricoltura, detiene poco più di 26.000 aziende agricole, di cui oltre 19.000 con seminativi, per
un totale di circa 143.000 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole
sono pari, invece, a quasi 13.800 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella poco oltre 78.000 ettari. Il grano, invece, risulta presente in 12.173 aziende, per una
superficie totale pari a poco più di 57.500 ettari. Circa l’82% delle aziende cerealicole specializzate molisane (9.946 unità) presentano nel proprio ordinamento colturale il frumento
duro e, destinano alla coltivazione di questa coltura una superficie di oltre 53.000 ettari.
Per l’analisi dell’impatto delle misure di greening nel Molise sono state identificate
due zone altimetriche e, quindi, si è proceduto alla costruzione di due aziende cerealicole
rappresentative: una per la montagna con una superficie pari a 22,7 ettari; l’altra per la collina, più grande, con una superficie di 25,4 ettari (tab. 5.23). Le due colture che le aziende
cerealicole rappresentative devono introdurre al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, sono l’erba medica e l’avena in montagna e, girasole ed orzo per le aziende localizzate in collina. L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,64 ettari nel caso dell’azienda
rappresentativa collinare e, in conseguenza dei criteri di definizione e costruzione dell’azienda rappresentativa, l’area ecologica risulta nulla nel caso dell’azienda di montagna.
Tabella 5.23 - Caratteristiche delle aziende rappresentative nel Molise
Pre - riforma
Colture
SAU
AIE
22,70
-
Post - Riforma
Colture
SAU
AIE
17,03
0,00
Montagna
Frumento duro
Frumento duro
Erba medica
4,54
Avena
1,14
Collina
Frumento duro
25,40
Frumento duro
18,57
Girasole
4,95
Orzo
1,24
0,64
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
Le simulazioni riportate in tabella 5.24 mostrano come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening determini un diverso risultato sul margine lordo aziendale a seconda
della zona altimetrica: l’azienda cerealicola di montagna mostra un decremento nel valore
del margine lordo totale pari a circa 1.500 euro, ovvero -65 €/ha, mentre l’azienda cerealicola di collina mostra una riduzione nel valore stimato del margine lordo aziendale di circa
-1.200 euro, pari a -47 euro per ettaro.
60
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
Tabella 5.24 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative nel
Molise
A livello aziendale
ML postriforma
ML pre-riforma
∆ ML
A livello unitario
ML pre-riforma
ML postriforma
∆ ML
Montagna
11.005
9.528
-1.477
485
420
-65
629
582
-47
Collina
15.978
14.783
-1.195
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
La tabella 5.25 sintetizza la capacità dei pagamenti verdi di far fronte alla variazione
nel margine lordo aziendale. I risultati ottenuti sulle simulazione degli effetti del pagamento verde evidenziano come il pagamento verde introdotto con la nuova riforma della PAC
riesca a coprire, in entrambe le aziende rappresentative, l’intero costo del passaggio al
greening, consentendo all’azienda di collina di ottenere un piccolo vantaggio dall’adozione
di tali misure (+40 €/ha).
Tabella 5.25 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Molise
A livello aziendale
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
5.338
4.268
1.487
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
65
0
Montagna
-2
235
188
Collina
6.232
6.350
2.213
1.015
245
250
87
40
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
5.6.3Puglia
L’Istat (2010), col 6° Censimento generale dell’agricoltura, certifica la presenza, in
Puglia, di circa 272.000 aziende agricole, di cui oltre 88.000 con seminativi, per un totale
di ettari coltivati a seminativi maggiore a 651.000. Invece, le aziende cerealicole sono pari
a oltre 46.700 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre 405.000 ettari. Il grano risulta presente in circa 43.000 aziende, per una superficie totale pari a poco
meno di 358.000 ettari. Circa il 94% delle aziende cerealicole specializzate pugliesi (pari a
40.141 unità) hanno nel proprio ordinamento colturale il frumento duro. Queste destinano
alla coltivazione della coltura frumento duro una superficie di oltre 342.500 ettari.
Nel caso della Puglia, al fine di analizzare l’impatto delle misure di greening, sono
state identificate tre zone altimetriche e, quindi, si è proceduto alla definizione delle tre
aziende cerealicole rappresentative: una per la montagna, con una superficie pari a 24,2
ettari; una per la collina, più grande, con una superficie di 29,3 ettari e, infine, una per la
pianura, ancora più grande, con una superficie media pari a 30,2 ettari (tab. 5.26).
61
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Le due colture che le aziende cerealicole rappresentative devono introdurre nel proprio ordinamento colturale, al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, sono diverse a seconda della zona altimetrica: prati avvicendati e avena in montagna, in collina
le colture da aggiungere sono l’erbaio e l’avena, mentre in pianura le colture che le aziende cerealicole dovranno aggiungere nel proprio ordinamento colturale sono rappresentate
dall’avena e dall’orzo. L’area d’interesse ecologico risulta pari a 0,73 ettari nel caso dell’azienda rappresentativa di collina, 1,5 ettari per l’azienda cerealicola di pianura mentre, in
conseguenza dei criteri di definizione e costruzione dell’azienda rappresentativa, l’area di
interesse ecologico risulta nulla per l’azienda cerealicola di montagna.
Tabella 5.26 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Puglia
Pre - riforma
Colture
Post - Riforma
AIE
SAU
Colture
SAU
AIE
18,15
0,00
Montagna
Frumento duro
24,20
-
Frumento duro
Prati avvicendati
4,84
Avena
1,21
Collina
Frumento duro
29,30
-
Frumento duro
21,43
Erbaio
5,71
Avena
1,43
0,73
Pianura
Frumento duro
30,20
-
Frumento duro
21,52
Avena
5,74
Orzo
1,43
1,51
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
I dati riportati nella tabella 5.27 mostrano come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening determini un diverso risultato sul margine lordo aziendale, a seconda della
zona altimetrica. L’azienda cerealicola di montagna mostra una diminuzione nel valore del
margine lordo totale pari a - 832 euro, ovvero - 34 €/ha; l’azienda cerealicola di collina
evidenzia una riduzione nel valore stimato del margine lordo aziendale di -3.210 euro, pari
a -110 euro per ettaro e, infine, l’azienda cerealicola di pianura fa registrare una perdita nel
valore del margine lordo totale di poco oltre -1.600 euro, ovvero -53 euro per ettaro.
Tabella 5.27 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Puglia
A livello aziendale
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
A livello unitario
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
Montagna
8.783
7.951
-832
17.094
13.884
-3.210
10.138
8.531
-1.606
363
329
-34
583
474
-110
336
282
-53
Collina
Pianura
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
62
La tabella 5.28 mostra un diverso effetto del pagamento verde sulle aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata pugliese: positivo in due delle zone altimetriche
e, negativo nella restante. In particolare, l’azienda cerealicola di montagna evidenzia una
differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a +53 euro per ettaro; l’azienda cerealicola di collina fa registrare una differenza tra pagamento verde e margine lordo pari a -10
euro per ettaro, mentre l’azienda cerealicola di pianura mostra una differenza pari a +68
euro per ettaro.
Tabella 5.28 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Puglia
A livello aziendale
PD pre- riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre- riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
Montagna
7.145
6.074
2.109
1.277
295
251
87
53
315
288
100
-10
345
349
121
68
Collina
9.235
8.438
2.939
-271
Pianura
10.409
10.540
3.665
2.059
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
I risultati ottenuti dalle simulazione evidenziano, pertanto, come il pagamento verde
riesca a coprire, nel caso delle aziende cerealicole rappresentative individuate in montagna
e pianura, l’intero costo del passaggio al greening, consentendo all’azienda di ottenere un
piccolo vantaggio dall’adozione di tali misure. In collina, invece, il pagamento verde non
riesce a compensare interamente la variazione registrata nel margine lordo.
5.6.4Basilicata
Secondo i dati del 6° Censimento generale dell’agricoltura, in Basilicata, sono presenti quasi 52.000 aziende agricole, di cui poco oltre 35.000 con seminativi, per un totale
di circa 312.600 ettari coltivati a seminativi (Istat, 2010). Le aziende cerealicole sono pari
a poco più di 23.000 unità che destinano alla coltivazione dei cereali da granella oltre
183.000 ettari. Il grano risulta presente in circa 43.000 aziende, per una superficie totale
pari a poco meno di 358.000 ettari. Circa l’84% delle aziende cerealicole specializzate lucane (pari a 17.449 unità) presenta nel proprio ordinamento colturale il frumento duro e,
destina alla coltivazione di questa coltura una superficie di oltre 136.334 ettari.
In Basilicata sono state identificate due aziende cerealicole rappresentative: una per
la montagna con una superficie pari a 23,9 ettari; una per la collina, più grande, con
una superficie media di 29,3 ettari (tab. 5.29). L’azienda cerealicola rappresentativa della
montagna lucana, al fine di rispettare il vincolo della diversificazione, deve introdurre nel
proprio ordinamento colturale, le seguenti due colture: prati avvicendati e orzo, mentre le
colture da aggiungere al proprio ordinamento colturale da parte dell’azienda cerealicola
rappresentativa della collina lucana sono l’erbaio e l’orzo.
63
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 5.29 - Caratteristiche delle aziende rappresentative in Basilicata
Pre - riforma
Colture
Post - Riforma
AIE
SAU
Colture
SAU
AIE
17,93
0,00
Montagna
Frumento duro
23,90
-
Frumento duro
Prati avvicendati
4,78
Orzo
1,20
Collina
Frumento duro
29,30
-
Frumento duro
21,43
Erbaio
5,71
Orzo
1,43
0,73
Fonte: ns elaborazioni su dati Istat, 2010
Nella tabella 5.30 vengono presentati i risultati delle simulazione effettuate degli
effetti dell’introduzione delle misure di greening sul valore del margine lordo nelle due
aziende rappresentative della cerealicoltura specializzata della Basilicata. La tabella evidenzia, in particolare, come l’effetto dell’applicazione delle misure di greening determini
per l’azienda cerealicola di montagna una diminuzione nel valore del margine lordo totale
pari a poco oltre 1.000 euro, ovvero 44 €/ha; l’azienda cerealicola di collina evidenzia,
invece, una riduzione nel valore stimato del margine lordo aziendale di 472 euro, pari a 16
euro per ettaro.
Tabella 5.30 - Effetti del greening sul margine lordo delle aziende rappresentative in Basilicata
A livello aziendale
A livello unitario
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
7.405
6.347
-1.058
17.245
16.773
-472
ML pre-riforma
ML post-riforma
∆ ML
Montagna
310
266
-44
589
572
-16
Collina
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
Dall’osservazione della tabella 5.31, si evince come nel caso delle aziende cerealicole
rappresentative lucane, il pagamento verde riesca a coprire l’intero costo del passaggio al
greening, con una differenza tra pagamenti verdi e margine lordo pari a +15 euro per ettaro
nel caso dell’azienda di montagna e una differenza pari a +71 euro per ettaro per l’azienda
di collina. Ciò evidenzia come il pagamento verde riesca a coprire l’intero costo del passaggio al greening.
64
Capitolo 5 - L’effetto del greening sui redditi aziendali
Tabella 5.31 - I pagamenti verdi delle aziende rappresentative in Basilicata
A livello aziendale
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
A livello unitario
PD pre
riforma
PD postriforma
PV
∆ ML + PV
Montagna
8.570
4.087
1.418
360
9.766
7.354
2.557
2.085
359
171
59
15
251
87
71
Collina
Fonte: ns elaborazioni su dati Rica, 2010-2011
65
333
capitolo 6
L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna
attraverso un modello di PMP
6.1Obiettivi e metodologia
L’obiettivo del presente capitolo è di valutare, attraverso lo sviluppo di un modello di
Programmazione Matematica Positiva (PMP), l’effetto del greening sulle aziende agricole
dell’Emilia-Romagna, focalizzando l’attenzione sulla questione delle colture azotofissatrici
qualificate come AIE. Lo scopo è di stimare l’impatto delle tre misure di greening sull’ordinamento produttivo e sul reddito aziendale ponendo attenzione agli effetti derivanti dalla
possibilità di produrre azotofissatrici sull’AIE, sia in termini di diffusione di queste colture
che di redditività aziendale. Oltre alle misure ambientali, lo studio analizza gli effetti della
convergenza dei pagamenti diretti, in modo da definire uno scenario complessivo di impatto della nuova riforma.
Le informazioni utilizzate per l’analisi sono estratte dalla banca dati RICA del 2012 e
riguardano un campione di 700 aziende agricole della regione Emilia Romagna, di cui 443
in pianura, 177 in collina e 80 in montagna. La RICA rappresenta l’unica banca dati che
contiene informazioni economiche dettagliate a livello aziendale e per singolo processo
produttivo.
I dati estratti riguardano l’uso del suolo, la resa, i prezzi di produzione e i costi specifici per singolo processo produttivo a livello aziendale. Al fine di stimare la convergenza
interna dei pagamenti diretti, dalla banca dati RICA sono stati estratti anche i dati sui
pagamenti PAC percepiti da ogni azienda agricola, mentre altre variabili descrittive dell’azienda (come la certificazione biologica) sono state utilizzate per meglio definire i criteri
di esclusione dai vincoli di greening. Sebbene i risultati siano presentati in forma aggregata
a livello territoriale o per specializzazione produttiva, la stima dell’impatto della politica è
stata effettuata a livello di singola azienda agricola utilizzando il sistema di pesi della RICA
al fine di riportare i risultati a livello regionale e rendere le simulazioni più coerenti con i
sistemi di produzione agricola della regione (Solazzo et al., 2014; Consiglio dell’UE, 2009).
La PMP (Paris, 1997; Paris e Howitt, 1998; Paris e Arfini, 2000) è in grado di acquisire e successivamente ricostruire le informazioni economiche considerate dall’agricoltore
nell’organizzare il proprio piano di produzione, in modo tale da stimare la sua reazione
al variare degli scenari di politica e di mercato. Uno dei temi più dibattuti nell’utilizzo
di modelli di PMP finalizzati alla valutazione di scenari alternativi di politica riguarda la
loro presunta incapacità di catturare il comportamento degli agricoltori rispetto a nuovi
processi produttivi assenti nella situazione osservata: i cosiddetti processi latenti. Per processo latente si intende infatti un processo di produzione presente nel campione, perché
almeno una delle aziende lo considera nel proprio piano produttivo, ma assente nella singola azienda valutata. Tutti gli elementi necessari all’attivazione di nuovi processi in una
determinata azienda possono essere ricostruiti dal modello sulla base delle informazioni,
67
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
strutturali ed economiche, estratte dalle altre aziende presenti nella medesima regione
e fascia altimetrica. Grazie al costo latente così ricostruito è possibile, durante la fase
di simulazione, apportare modifiche all’ordinamento produttivo iniziale includendo nuovi
processi che esistono in forma latente se il loro ritorno economico è maggiore dei processi
esistenti (Arfini e Donati, 2013) o, come nel caso del greening, se l’azienda è obbligata a
diversificare la struttura produttiva. Quella della stima dei costi latenti a livello aziendale
è una condizione necessaria per l’implementazione all’interno di un modello di PMP di
uno scenario di greening. Quest’ultimo infatti, a differenza di altri scenari di politica o di
mercato, non riguarda solo una riorganizzazione dell’ordinamento produttivo aziendale ma
anche una sua modifica: oltre naturalmente all’obbligo di diversificazione anche quello di
AIE prevede l’attivazione di nuovi processi in relazione alla possibilità di coltivare azotofissatrici proprio in quelle aziende dove tali colture non risultano attive nella situazione
osservata o non raggiungono la quota prevista del 5%.
Il modello tiene conto di tutti i requisiti, vincoli e criteri di esclusione previsti dal
greening, come riportato nella tabella 6.1. Nel corso del processo di co-decisione del Trilogo, che ha portato alla definizione delle misure di greening, i relativi criteri di applicazione
sono diventati più numerosi e complessi rendendo la loro implementazione all’interno del
modello più articolata (Arfini et al., 2013; Pierangeli e Solazzo, 2013). Da un lato ci sono le
soglie di esclusione dai vincoli di greening, che fanno riferimento al calcolo dell’incidenza
di determinate coltivazioni sulla superficie ammissibile (o a seminativi). C’è poi la questione relativa alla definizione del significato di coltura per l’applicazione della diversificazione, che in alcuni casi riguarda il genere botanico e in altri la singola specie. C’è infine la
questione relativa all’applicazione dell’AIE: per le aziende che non rientrano nei criteri di
esclusione è necessario da un lato calcolare se e in quale misura le aziende rispettano già
tale vincolo e in caso contrario stabilire la quota mancante e definire i criteri che le aziende dovranno seguire nell’allocazione di quest’area ecologica.
L’esclusione ipso facto è stata considerata solo per le aziende biologiche. Non è stata
invece prevista l’esclusione dai vincoli di greening per le aziende destinatarie di pagamenti
agroambientali (art. 28 del Reg. 1305/2013), dato che per queste ultime bisognerà valutare
caso per caso se possano essere considerate equivalenti a quelle di greening. Lo stesso discorso vale anche per le aziende con altre certificazioni ambientali.
Per l’implementazione della misura di diversificazione, oltre naturalmente alle soglie
di esclusione legate sia alla superficie aziendale che alla specializzazione in determinate
colture (es. foraggere), si è tenuto conto del significato di “coltura” definito dal regolamento. Ad esempio, in base a quest’ultimo tutte le colture appartenenti al genere triticum rappresentano un’unica coltura ai fini della diversificazione. Pertanto nel caso l’azienda abbia
superficie sia a grano duro che tenero, è la somma di queste a non dover superare il vincolo
del 75% dell’area a seminativi. Nel modello tale vincolo è stato correttamente implementato, mantenendo al tempo stesso la distinzione tra le singole colture in fase di calibrazione
e, pertanto, nelle scelte allocative dell’azienda. In pratica, nel caso di un’azienda in cui la
somma della superficie a triticum superi il 75% dell’area a seminativi (o il 95% insieme ad
un’altra coltura nel caso di un’area maggiore di 30 ha), il modello impone di ridurre tale
superficie lasciando però che l’azienda scelga quali di queste colture ridurre e in quale misura, sulla base delle diverse convenienze relative stimate.
68
Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP
Tabella 6.1 - L’implementazione delle misure di greening all’interno del modello di PMP
SCENARIO GREENING
EQUIVALENZA
(greening IPSO FACTO)
aziende biologiche
1. Diversificazione
(sup. a seminativi)
10-30 ha: 2 colture
>30 ha: 3 colture
2 colture: < 75% (coltura principale)
Limiti per colture
3 colture: < 75% (coltura principale)
< 95% (2 colture principali)”
- se interamente investiti a colture sommerse
Esclusione
- se > 75 % (sup.ammissibile) costituita da prato permanente, utilizzata per la
produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per la coltivazione di
colture sommerse e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha
- se > 75% (sup. a seminativo) utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha
Mantenimento dei prati e pascoli permanenti
2. Prati/pascoli prmanenti
massima coversione
5%
3. Area di interesse ecologico (AIE)
(sup. a seminativi)
Obbligatorietà
Esclusione
AIE
5%
>15 ha (superficie a seminativi)
- se > 75 % (sup.ammissibile) costituita da prato permanente, utilizzata per la
produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o per la coltivazione di
colture sommerse e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha
- se > 75% (sup. a seminativo) utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo, investiti a colture di leguminose e la superficie a seminativi rimanente < 30 ha
- terreni a riposo
- colture azoto-fissatrici (fattore di ponderazione 0,7)
Fonte: ns elaborazioni su Reg. (EU) No 1307/2013.
Riguardo la misura relativa ai prati e pascoli permanenti, nel modello viene previsto
che nessuna azienda possa ridurre di oltre il 5% tale superficie rispetto a quella rilevata
nella situazione osservata.
Più complessa invece è risultata l’implementazione nel modello del vincolo di AIE.
Tutti i processi produttivi presenti nella RICA sono stati riclassificati in 48 voci, di cui
tre classificate come colture azotofissatrici (soia, erba medica e leguminose) sono state
utilizzate, insieme alla superficie a riposo, per il calcolo dell’AIE già presente nelle aziende
agricole e dell’eventuale quota di AIE mancante per il raggiungimento del requisito del 5%.
Il primo step ha riguardato il calcolo a livello aziendale della superficie ad area ecologica (a riposo più ad azotofissatrici) già presente in azienda nella situazione osservata.
Come specificato nell’allegato X (CE, 2014a e 2014b), per la superficie a riposo è stato applicato un fattore di ponderazione pari a 1 (1 ettaro di superficie a riposo equivalente ad 1
ha di AIE), mentre per le colture azotofissatrici tale coefficiente è stato fissato a 0,7. Pertanto le aziende agricole per soddisfare il vincolo di AIE possono, all’interno del modello,
69
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
cidere di destinare superficie a riposo e/o allocare superficie a una o più delle tre colture
azoto-fissatrici1, considerando ogni ettaro di tali colture come 0,7 ettari di area ecologica.
Oltre all’impatto del greening, il modello valuta i possibili effetti della convergenza
del pagamenti diretti. La stima dei nuovi pagamenti, suddivisi tra pagamento di base (70%
del massimale nazionale) e pagamento verde (30%), tiene conto della riduzione al 2019
del 10,3% del massimale per l’Italia, della regionalizzazione (considerando l’Italia come
regione unica) e del processo di convergenza interno secondo il “modello irlandese”. Alla
componente di base del pagamento, aggiornata con la riduzione del massimale previsto
per il 2015 (Parlamento europeo e Consiglio dell’UE, 2013), è stato applicato un sistema
di convergenza verso la media nazionale stimata al 2019 (204,9 €/ha), prevedendo il recupero di un terzo della differenza dal 90% del valore medio unitario nazionale dello stesso
anno, imponendo che nessun diritto all’aiuto abbia un valore unitario inferiore al 60% del
valore medio unitario e fissando una riduzione massima del 30% rispetto al valore unitario
iniziale; il pagamento verde è stato, inoltre, calcolato come quota della componente di base
(Parlamento europeo e Consiglio dell’UE, 2013).
6.2I risultati del modello
6.2.1 L’impatto sull’uso del suolo
I risultati sull’ordinamento produttivo, relativi a tutte le aziende RICA dell’Emilia
Romagna, mostrano un impatto delle misure di greening più significativo per le colture
cerealicole (tab. 6.2). Con l’eccezione di orzo e altri cereali minori, vi è una diminuzione
rilevante della superficie per i cereali più comuni nella regione. Da una parte questa riduzione è riconducibile all’obbligo di diversificazione, che impone alle aziende cerealicole
specializzate di aumentare (o attivare) superficie destinata ad altri processi produttivi (in
particolare altri cereali). Dall’altra parte, incide sui cereali l’obbligo di destinare una quota
dei seminativi ad AIE: in molti casi le aziende agricole scelgono le colture cerealicole come
AIE, al fine di mantenere altre colture più redditizie presenti nel proprio piano produttivo.
Al netto della superficie a riposo e delle colture azotofissatrici, (con fattore di ponderazione 0,7) già presenti nelle aziende considerate, l’AIE aggiuntiva richiesta dalla riforma
sarebbe di 9.840 ettari, pari a poco meno dell’1% della superficie agricola regionale. Di
questi, in base ai risultati del modello, meno di 900 ettari sarebbero messi a riposo mentre
i restanti 9.000 sarebbe distribuiti tra le colture azotofissatrici. Il fattore di ponderazione 0,7, così come modificato dalla Commissione, risulta infatti molto vantaggioso per le
aziende interessate dal vincolo di AIE che decidono di attivare o potenziare la superficie ad
azotofissatrici, mantenendo così in produzione l’area interessata dal vincolo di greening.
In una regione come l’Emilia Romagna le implicazioni politiche sono rilevanti. Metà
regione (l’Emilia) destina la maggior parte della produzione di latte ai sistemi del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano DOP. Per il primo, il disciplinare di produzione stabi1 Nel modello è stato previsto un costo di gestione (sfalcio) di 100 € /ha per la superficie a riposo, e un costo di attivazione di 200 € /ha per le colture azotofissatrici nelle aziende che non hanno tali colture nel loro ordinamento
produttivo di partenza. Tale costo trova una spiegazione nel cambiamento tecnologico che presumibilmente si
troverebbero a dover affrontare le aziende in conseguenza dell’introduzione di un nuovo processo produttivo.
70
Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP
lito dal Consorzio del Parmigiano Reggiano impone che la metà del foraggio debba essere
prodotto dall’azienda ed è chiaro come l’incentivo a riallocare area ad azotofissatrici, in
particolare erba medica, vada nella direzione dell’interesse dei produttori di formaggio di
queste DOP.
Tabella 6.2 - L’impatto del greening sull’uso del suolo (Emilia Romagna)
Colture
frumento duro
frumento tenero
Baseline
Scenario Greening
(Ha)
(Ha)
Var. %
62.428
60.343
-3,3
174.941
168.320
-3,8
orzo
22.710
22.451
-1,1
mais
132.217
125.225
-5,3
altri cereali
37.636
38.584
2,5
pomodoro da industria
24.321
24.633
1,3
altre orticole
23.738
23.720
-0,1
146.162
146.162
0,0
36.989
37.019
0,1
colture permanenti
barbabietola da zucchero
leguminose*
9.751
10.312
5,8
14.407
16.887
17,2
erba medica*
259.074
269.346
4,0
altre foraggere
43.483
43.829
0,8
altre colture
15.748
15.842
0,6
prati/pascoli perm.
92.837
92.906
0,1
sup a riposo
7.148
8.012
12,1
AIE richiesta
-
9.841
0,9
1.103.590
1.103.590
soia*
Superficie totale
(% di SAU)
*Colture azotofissatrici
Fonte: ns elaborazioni su dati RICA
Tra le tre possibili colture azotofissatrici, le aziende preferiscono l’erba medica, molto diffusa nella regione, e la soia piuttosto che le leguminose. Queste ultime, poco diffuse
in Emilia Romagna, sono quelle tra le azotofissatrici a mostrare l’incremento più contenuto
mentre cresce di oltre 10.000 ha l’area coltivata a erba medica.
La tabella 6.3 mostra l’impatto del greening sull’ordinamento produttivo per fascia
altimetrica. Gli effetti maggiori delle nuove misure ambientali riguardano la pianura; qui
si concentrano infatti le aziende a seminativi con una maggiore dimensione e specializzazione produttiva. Oltre il 90% della nuova AIE richiesta a livello regionale interesserà proprio le aziende di pianura, e, come già evidenziato, la scelta per rispettare questo vincolo
ricadrà principalmente sull’erba medica (fig. 6.1). Poco più di 700 ha è invece la nuova area
ecologica per le aziende di collina, mentre quelle di montagna risultano sostanzialmente
esonerate dalla misura di AIE e, più in generale, dagli effetti del greening. L’unico effetto
marginale riscontrabile in questa fascia altimetrica è infatti legato al vincolo di diversificazione che obbliga alcune aziende a riallocare ad altre colture (in particolare erba medica)
una parte dell’area a frumento tenero.
71
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 6.3 - L’impatto del greening sull’uso del suolo, per fascia altimetrica (Emilia Romagna)
Baseline (Ha)
Var. % rispetto al Baseline
Pianura
Collina
Pianura
Collina
48.058
14.370
-
-3,8
-1,9
-
137.551
31.223
6.167
-4,0
-2,9
-2,9
orzo
8.654
11.272
2.785
1,0
-3,1
0,0
mais
Colture
frumento duro
frumento tenero
Montagna
Montagna
121.417
10.387
412
-5,7
-0,4
0,0
altri cereali
31.597
4.811
1.228
2,2
5,0
0,0
pomodoro da industria
18.432
5.890
-
2,2
-1,7
-
altre orticole
18.512
4.575
652
-0,1
0,1
0,0
108.146
35.783
2.233
0,0
0,0
0,0
33.926
2.522
540
0,0
1,2
0,0
9.035
572
144
5,9
4,8
0,0
13.355
1.052
-
18,1
6,5
-
colture permanenti
barbabietola da zucchero
leguminose*
soia*
erba medica*
122.453
92.025
44.596
7,4
1,1
0,4
altre foraggere
23.354
13.531
6.598
1,0
0,8
0,1
altre colture
12.504
3.238
6
0,5
0,8
0,0
prati/pascoli perm.
16.579
28.998
47.259
0,0
0,3
0,0
4.945
1.066
1.137
15,8
7,6
0,0
sup a riposo
(% di SAU)
AIE richiesta
Superficie totale
9.115
726
-
1,3
0,3
-
728.516
261.316
113.757
Fonte: ns elaborazioni
Figura 6.1 - Distribuzione della superficie allocata come AIE (Emilia Romagna)
Pianura
Collina
15.000
sup a riposo
10.000
erba medica*
(Ha)
5.000
-
-5.000
soia*
leguminose*
erba medica*
AIE
AIE
-10.000
-15.000
*Colture azotofissatrici
Fonte: ns elaborazioni
72
Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP
6.2.2 L’impatto sui redditi aziendali
L’analisi delle variabili economiche mostra il potenziale impatto sul margine lordo
(ML) aziendale sia dei requisiti di greening (ML I livello) che della riforma nel complesso
(ML II livello), tenendo conto anche della convergenza dei pagamenti diretti (tab. 6.4). Sulla base dei risultati del modello, il greening comporterebbe una contrazione del margine
lordo (I livello) a livello regionale inferiore allo 0,5%.
Il valore medio del margine lordo (I livello) nelle aziende analizzate è pari a 2.085
€/ha nel Baseline, con una perdita dello 0,2% nello scenario di greening, corrispondente
a meno di 5 €/ha. Tale risultato trova spiegazione, come detto, sia dall’alleggerimento
dei vincoli di greening nella versione finale del 17 dicembre 2013, sia nella possibilità di
considerare un significativo numero di colture come azotofissatrici qualificate come AIE:
ciò comporta un aumento del numero di aziende che, coltivando azotofissatrici, rispettano già il vincolo di AIE o devono destinare una parte limitata della propria superficie ad
area ecologica senza apportare importanti cambiamenti nell’ordinamento produttivo di
riferimento. L’impatto del greening sul reddito è infatti imputabile principalmente all’obbligo di destinare superficie ad area ecologica piuttosto che al vincolo di diversificazione.
Quest’ultimo riguarderà aziende di grandi dimensioni e altamente specializzate che potranno comunque riallocare tale superficie a colture appartenenti allo stesso genere (ad
eccezione dei casi precedentemente evidenziati). Per destinare una superficie ad AIE le
aziende devono invece togliere dalla produzione tale superficie oppure riallocarla a colture azotofissatrici che in molti casi non sono presenti in queste aziende, con un onere
potenzialmente significativo. Considerando soltanto le aziende del campione interessate
dal vincolo di AIE, l’impatto del greening sul margine lordo raggiunge quasi l’1%, con una
perdita media di redditività di 13 €/ha. Per stimare quanto incida su questo risultato la
possibilità di produrre azotofissatrici sull’area ecologica, è stato predisposto nel modello di
PMP uno scenario alternativo, nel quale queste colture non sono qualificate come AIE. In
questo caso, l’impatto negativo del greening, per le sole aziende interessate dall’AIE, risulta
nettamente più elevato rispetto ai 13 €/ha e supera la soglia dei 50 €/ha. È chiaro infatti
che in quest’ultimo scenario aumenta il numero di aziende interessate dal vincolo di AIE,
che include anche quelle che possiedono azotofissatrici per oltre il 5% di superficie a seminativi nella situazione osservata.
La riduzione dei pagamenti diretti comporta una riduzione molto più significativa del
margine lordo rispetto alle misure ambientali. La contrazione dei pagamenti a livello regionale è di circa il 10,8%, pari ad una riduzione media di 35 €/ha. Il margine lordo medio (di
II livello) delle aziende analizzate è pari a poco più di 2.400 €/ha. L’effetto congiunto del
greening e della variazione dei pagamenti diretti determinerebbe una riduzione inferiore
al 2% del reddito aziendale nello scenario analizzato (tab. 6.4).
Sebbene l’impatto complessivo del greening a livello regionale risulti ridotto, è importante valutare gli effetti per specializzazione produttiva e con un maggiore dettaglio
territoriale. L’analisi dei risultati aziendali per specializzazione produttiva (fig. 6.2) evidenzia un maggiore impatto economico negativo del greening per le aziende specializzate
in seminativi e granivori. Una parte di queste aziende è infatti soggetta al vincolo di diversificazione e all’obbligo di fornire AIE, a causa di un basso numero di processi produttivi
presenti in azienda (in alcuni casi si tratta di monocoltura) su grandi aree a seminativi.
Come è logico aspettarsi, è invece praticamente nullo l’impatto sulle aziende specializzate
in colture permanenti data l’esclusione di questa tipologia dai vincoli di greening.
73
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 6.4 - L’impatto del greening (ML I livello) e della ridistribuzione dei pagamenti diretti (ML II livello) sulle variabili economiche (Emilia Romagna)
Baseline
Scenario Greening
(Euro/ha)
Produz. Lorda Totale
3.354
3.348
-0,2%
Costi Variabili
1.268
1.266
-0,2 %
ML I livello
(greening)
2.085
2.082
-0,2%
(-3,2 €/ha)
Pagamenti
318,1
283,6
-10,8 %
ML II livello
(greening + pagamenti)
2.403
2.366
-1,6%
(-38 €/ha)
(Euro/ha)
Var. %
Fonte: ns elaborazioni.
Analizzando anche l’impatto della redistribuzione dei pagamenti diretti, le aziende
specializzate in erbivori e seminativi mostrano una significativa riduzione dei margini lordi
di II livello (60-90 €/ha). Nel primo caso, la riduzione del margine lordo è dovuto esclusivamente all’effetto della convergenza dei pagamenti, mentre vi è un effetto combinato
del greening e della convergenza per le aziende specializzate in seminativi. Di contro, le
aziende specializzate in colture permanenti evidenziano un aumento complessivo di redditività: chiaramente si tratta di aziende che nella situazione pre-riforma hanno ricevuto
pagamenti diretti bassi, o in molti casi nulli, e che potranno in futuro beneficiare della
redistribuzione degli aiuti.
Figura 6.2 - Scomposizione dell’impatto della Riforma (greening e ridistribuzione dei pagamenti diretti) sul Margine Lordo aziendale per specializzazione produttiva (OTE) (Emilia
Romagna)
Impatto del greening
100
Impatto della redistribuzione dei pagamenti diretti
80
60
(Euro/ha)
40
73
46
20
0
--1
1
-20
-40
-7
7
0
-22
-1
-1
19
0
-1
-1
-5
5
-39
-53
-83
-3
-35
-60
-80
-100
Specializ.
in erbivori
Specializ.
in granivori
Poliallevam.
Miste
coltivaz.
ed allevam.
Fonte: ns elaborazioni.
74
Policoltura
Special.
Specializ.
coltiv.
nei seminativi
Permanenti
Per
manenti
Tutte le
aziende
Capitolo 6 - L’analisi d’impatto del greening in Emilia Romagna attraverso un modello di PMP
Il modello di PMP sviluppato per questa analisi è di tipo aziendale e ciò permette di
raggiungere il massimo dettaglio territoriale nella rappresentazione dei risultati. La figura
6.3 mostra l’impatto medio a livello comunale dell’applicazione delle misure di greening sul
margine lordo aziendale. È evidente come le varie modifiche apportate prima ai regolamenti di base e poi agli atti delegati abbiano determinato un impatto del greening praticamente
nullo nelle aree di montagna ed estremamente limitato nel complesso. Solo in alcune aree
con una maggiore concentrazione di aziende molto grandi e fortemente specializzate, l’impatto delle nuove misure ambientali risulta significativo. Le zone maggiormente interessate dalle misure di greening risultano quelle delle province di Bologna, Ferrara e Ravenna,
dove si concentra il 60-70% della nuova AIE richiesta, per l’elevata presenza di grandi
aziende cerealicole.
La tabella 6.5 mostra la differenziazione dell’impatto economico della riforma della
PAC per fascia altimetrica. L’impatto negativo del greening sul margine lordo, sebbene molto contenuto, risulta maggiore per le aziende in pianura rispetto a quelle situate in collina.
Le aziende di montagna, invece, come già evidenziato dalla figura 6.3, non sono interessate
dalle misure ambientali. Anche gli effetti negativi della ridistribuzione dei pagamenti sul
margine lordo colpiscono maggiormente la pianura rispetto alla collina. In entrambe queste fasce altimetriche si ha pertanto un effetto negativo congiunto delle misure di greening
e, soprattutto, della convergenza dei pagamenti. Per le aziende in collina la riduzione media
di redditività non supera i 15 €/ha mentre raggiunge quasi i 60 €/ha per quelle in pianura.
Di contro nelle aziende di montagna la sostanziale esclusione dalle misure di greening e il
contestuale vantaggio derivante dal processo di convergenza dei pagamenti producono un
miglioramento della redditività media aziendale in quest’area.
Figura 6.3 - Impatto del greening a livello comunale sul ML aziendale (€/ha)
Fonte: ns elaborazioni.
75
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Tabella 6.5 - L’impatto del greening (ML I livello) e della ridistribuzione dei pagamenti diretti (ML II livello) sulle variabili economiche, per fascia altimetrica (Emilia Romagna)
Pianura
Collina
Montagna
Baseline (Euro/ha)
Pianura
Collina
Montagna
Variazioni rispetto al Baseline
Produz. Lorda Totale
3.584
3.080
2.505
-0,2%
-0,2%
-0,0%
Costi Variabili
1.315
1.203
1.120
-0,2 %
-0,4 %
-0,0 %
ML I livello
(greening)
2.269
1.877
1.385
-0,2%
(-4,4 €/ha)
-0,1%
(-1,4 €/ha)
-0,0%
(-0,1 €/ha)
Pagamenti
352,3
278,6
189,6
-15 %
-4,7 %
+17,5 %
ML II livello
(green.+ pagamenti)
2.622
2.156
1.574
-2,2%
(-57 €/ha)
-0,7%
(-15 €/ha)
+2,1%
(+33 €/ha)
Fonte: ns elaborazioni.
76
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79
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
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81
Appendice 1
Il greening dei pagamenti diretti: le proposte a
confronto
83
84
Livello di applicazione
Riduzione massima
2. PRATI PERMANENTI
Esclusione
Limite per coltura
1. DIVERSIFICAZIONE
(Sup. a seminativi)
aziendale
5%
aziendale
5%
CONSIGLIO DELL'UE
nazionale, regionale, subregionale
2 colture: <75% (colt. princip.)
5% del rapporto tra sup. a
prato e pascolo permanenti e
superficie agricola totale
Mantenimento rapporto tra
sup. a prati e pascoli permanenti e superficie agricola
totale.
Divieto di conversione o aratura in zone sensibili designate
dallo SM.
- se interamente utilizzata per
colture sommerse
- se > 75 % (sup.ammissibile)
prati perman., forag. erbacee o
colt. sommerse e sup. a seminat. rimanente < 30 ha
- se > 75% (sup. a seminativi)
erba, forag. erbacee o a riposo
e sup. a seminat. rimanente
<30 ha
aziendale, con deroghe banazionale, regionale, subregiosate sul rapporto tra sup. a
nale o aziendale
prato e pascolo permanenti
e superficie agricola totale,
e sul sistema di monitoraggio dei prati e pascoli permanenti (a livello nazionale,
regionale, sub-regionale)
5%
Mantenimento sup. prati e
pascoli permanente
5% (ad eccezione dei terreni
ricchi di carbonio, delle zone
umide e dei prati e pascoli
seminaturali)
Mantenimento rapporto
tra sup. a prati e pascoli
permanenti e superficie
agricola totale
ACCORDO FINALE
10-30 ha: 2 colture
>30 ha: 3 colture
3 colture: <75% (colt. prin- 3 colture: <75% (colt. princip.)
cip.) e <95% (2 colt. princip.)
e <95% (2 colt. princip.)
2 colture: <75% (colt.
princip.)
10-30 ha: 2 colture
>30 ha: 3 colture
se > 75% a prato o pascolo
- se la coltura principapermanenti o produzione di
le erba o altre foraggere
erba o foraggere o colture
erbacee
sommerse e se restante
- se > 75% (sup. ammissuperficie agricola ammissisibile) prato o colture
bile < 50 ha
sommerse
- se > 75% (sup. seminativi)
erba, foraggere, a riposo
o interamente coltivata a
leguminose
3 colture: <75% (colt. princip.) e <95% (2 colt. princip.)
3 colture: <70% (colt. princip.)
e <95% (2 colt. princip.)
- se interamente utilizzata per
erba, foraggere, a riposo o a
colture sommerse
- se > 50 ha a semin. e > 80%
(sup. ammissibile) a prato e
pascolo o colt. permanenti
2 colture: <80% (colt. princip.)
PARLAMENTO EUROPEO
(COMAGRI - marzo 2013)
2 colture: >10% (colt. minore)
10-30 ha: 2 colture
>30 ha: 3 colture
PARLAMENTO EUROPEO
(COMAGRI - giugno 2012)
5 - 20 ha: 2 colture
> 20 ha : 3 colture
Mantenimento sup.
Mantenimento sup. prati e
prati e pascoli permapascoli permanenti
nenti
interamente utilizzate
per colture erbacee,
sommerse, a riposo
>5% (colt. minore)
<70% (colt. princip.)
>3 ha: 3 colture
COMMISSIONE
EUROPEA
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
85
prati/pascoli permanenti
Area esclusa
Esclusione
Corridoi di
biodiversità
(deroghe su decisione dello SM)
prati/pascoli permanenti e
colture permanenti (associate
a pratiche agronomiche)
>20 ha (superficie ammissibile)
tutte
Obbligatorietà
PARLAMENTO EUROPEO
(COMAGRI -giugno 2012)
- 7%
- 5% (se gruppi di agricoltoriaree di interesse ecologico
continue adiacenti)
COMMISSIONE
EUROPEA
- 7%
3. AREE DI INTERESSE
ECOLOGICO
(AIE)
Segue
se > 75% a prato o pascolo
permanenti o produzione di
erba o foraggere o colture
sommerse e se restante superficie agricola ammissibile
< 50 ha
prati/pascoli permanenti e
colture permanenti
dal 2016, fino al 3% applicazione a livello regionale su
aree contigue
>10 ha (superficie a seminativi)
- 3%
- 5% dal 2016
- 7% dal 2018 (eventuale, su
valutazione della Commissione)
PARLAMENTO EUROPEO
(COMAGRI - marzo 2013)
prati/pascoli permanenti e
colture permanenti
- se > 75 % (sup.ammissibile)
prati perman., forag. ebacei o
colt. sommerse e sup. a seminat. rimanente < 30 ha
- se > 75% (sup. a seminativi)
erba, forag. erbacei, a riposo o
leguminose e sup. a seminat.
rimanente < 30 ha
- se > 75% (sup. ammissibile)
prato o colture sommerse
- se > 75% (sup. seminativi)
erba, foraggere o leguminose
- fino alla metà della quota di
area di interesse ecologico a
livello regionale, al fine di ottenere delle aree di interesse
ecologico adiacenti.
- adempimento collettivo
dell’obbligo per gli agricoltori
in stretta prossimità.
>15 ha (superficie a seminativi)
- 5% dal 2016
- 7% dal 2018 (eventuale, su
valutazione della Commissione)
ACCORDO FINALE
prati/pascoli permanenti
- fino alla metà della quota di
area di interesse ecologico a
livello regionale, al fine di ottenere delle aree di interesse
ecologico adiacenti.
- adempimento collettivo
dell’obbligo per gli agricoltori
in stretta prossimità.
>15 ha (superficie ammissibile
meno prati e pascoli permanenti)
- 5% dal 2016
- 7% dal 2018 (eventuale, su
valutazione della Commissione)
CONSIGLIO DELL'UE
Appendice 1 - Il greening dei pagamenti diretti: proposte a confronto
Aree di interesse
ecologico
Segue
- Terreni a riposo
- terrazze
- elementi caratteristici del paesaggio
(siepi, muri in pietra,
...)
- fasce tampone
- aree forestate
- Terreni a riposo
- terrazze
- elementi caratteristici del
paesaggio (siepi, muri di
pietra ...)
- fasce tampone
- colture azoto-fissatrici
- sup. oggetto di imboschimento
- Terreni a riposo
- terrazze
- elementi caratteristici del
paesaggio (siepi, muri in
pietra, ...)
- colture azoto-fissatrici
- fasce tampone
- aree forestate.
(Possibili produzioni senza
l’utilizzo di pesticidi o fertilizzanti).
- Terreni a riposo
- Terreni a riposo
- terrazze
- terrazze
- elementi caratteristici del
- elementi caratteristici del
paesaggio (siepi, muri in
paesaggio (siepi, muri in
pietra, ...)
pietra, ...)
- fasce tampone (senza ferti- fasce tampone
lizzazione e pesticidi)
- superfici agro-forestali
- colture permanenti (20-250
- strisce di superficie lungo i
alberi/ha)
margini della foresta
- superfici agro-forestali
-aree a colt. perm. su pendii
- strisce di superficie lungo i
(>10%)
margini della foresta
- aree a bosco ceduo a rota-aree a colt. perm. su pendii
zione rapida
(>10%)
- aree forestate
- aree a bosco ceduo a rotazio- aree con colture intercalari o
ne rapida
copertura verde da assogget- aree forestate
tare a fattori di ponderazione
- aree con colture intercalari o
- aree con colture azotocopertura verde da assoggetfissatrici.
tare a fattori di ponderazione
- aree con colture azotofissatrici.
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
86
Appendice 2
Il greening in Italia: aziende e superfici interessate
a livello regionale
87
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Piemonte
Tabella A2.1 - Diversificazione colturale
Aziende (n)
Montagna
Collina
Pianura
Totale
77
827
3.254
4.158
SAU (ha)
3.166
28.805
142.324
174.295
Sup Sem (ha)
1.896
22.328
126.337
150.561
%
Aziende (% su az tot)
0,8
2,4
14,3
6,2
Aziende (% su az con sem)
2,7
4,5
16,6
10,2
SAU (%)
1,5
9,7
28,1
17,2
18,4
16,7
31,6
27,7
Sup Sem (%)
Tabella A2.2 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
123
1.783
5.706
7.612
SAU (ha)
4.765
83.142
268.149
356.056
Sup Sem (ha)
3.551
64.869
240.070
308.491
25,0
11,3
%
Aziende (%su az tot)
1,3
Aziende (%su az con sem)
4,4
9,6
29,1
18,6
SAU (%)
2,3
27,9
52,9
35,2
34,4
48,5
60,1
56,8
Sup Sem (%)
5,2
Tabella A2.3 - Un quadro d’insieme
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
31
378
903
1.312
Solo AIE
77
1.334
3.355
4.766
Diversificazione e AIE
46
449
2.351
2.846
154
2.161
6.609
8.924
Totale
% aziende totali
Solo diversificazione
0,3
1,1
4,0
2,0
Solo AIE
0,8
3,9
14,7
7,1
Diversificazione e AIE
0,5
1,3
10,3
4,2
Totale
1,6
6,2
29,0
13,3
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
1,1
2,0
4,6
3,2
Solo AIE
2,7
7,2
17,1
11,6
Diversificazione e AIE
1,6
2,4
12,0
6,9
Totale
5,5
11,7
33,7
21,8
88
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Valle d’Aosta
Tabella A2.4 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
3
-
-
3
317
-
-
317
Sup Sem (ha)
93
-
-
93
Aziende (% su az tot)
0,1
-
-
0,1
Aziende (% su az con sem)
0,5
-
-
0,5
SAU (%)
0,6
-
-
0,6
27,3
-
-
27,3
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.5 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
2
-
-
2
SAU (ha)
52
-
-
52
Sup Sem (ha)
50
-
-
50
Aziende (% su az tot)
0,1
-
-
0,1
Aziende (% su az con sem)
0,4
-
-
0,4
SAU (%)
0,1
-
-
0,1
14,5
-
-
14,5
Aziende (n)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.6 - Un quadro d’insieme
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
2
-
-
2
Solo AIE
1
-
-
1
Diversificazione e AIE
1
-
-
1
Totale
4
-
-
4
Solo diversificazione
0,1
-
-
0,1
Solo AIE
0,0
-
-
0,0
Diversificazione e AIE
0,0
-
-
0,0
Totale
0,1
-
-
0,1
% aziende totali
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
0,4
-
-
0,4
Solo AIE
0,2
-
-
0,2
Diversificazione e AIE
0,2
-
-
0,2
Totale
0,7
-
-
0,7
89
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Lombardia
Tabella A2.7 - Diversificazione colturale
Montagna
Pianura
Totale
90
422
5.583
6.095
SAU (ha)
5.865
15.422
259.488
280.776
Sup Sem (ha)
1.795
12.238
241.329
255.361
Aziende (% su az tot)
0,7
3,7
18,6
11,2
Aziende (% su az con sem)
4,1
6,9
20,7
17,3
SAU (%)
3,4
16,8
36,0
28,5
25,2
24,6
36,6
35,7
Aziende (n)
Collina
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.8 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Pianura
Totale
90
749
9.888
10.727
SAU (ha)
4.891
32.005
531.512
568.408
Sup Sem (ha)
2.434
28.197
503.020
533.651
Aziende (% su az tot)
0,7
6,5
33,0
19,7
Aziende (% su az con sem)
4,1
12,3
36,7
30,5
SAU (%)
2,8
34,8
73,7
57,6
34,2
56,8
76,4
74,6
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
Collina
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.9 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
47
165
1.333
1.545
Solo AIE
47
492
5.638
6.177
Diversificazione e AIE
43
257
4.250
4.550
137
914
11.221
12.272
Totale
% aziende totali
Solo diversificazione
0,4
1,4
4,4
2,8
Solo AIE
0,4
4,3
18,8
11,4
Diversificazione e AIE
0,3
2,2
14,2
8,4
Totale
1,1
7,9
37,4
22,6
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
2,2
2,7
Solo AIE
2,2
8,1
20,9
17,5
Diversificazione e AIE
2,0
4,2
15,8
12,9
Totale
6,3
15,0
41,6
34,8
90
4,9
4,4
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Trentino Alto Adige
Tabella A2.10 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
67
-
-
67
SAU (ha)
2.930
-
-
2.930
Sup Sem (ha)
1.391
-
-
1.391
Aziende (% su az tot)
0,2
-
-
0,2
Aziende (% su az con sem)
1,7
-
-
1,7
SAU (%)
0,8
-
-
0,8
19,5
-
-
19,5
Aziende (n)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.11 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
66
-
-
66
SAU (ha)
3.822
-
-
3.822
Sup Sem (ha)
1.769
-
-
1.769
Aziende (% su az tot)
0,2
-
-
0,2
Aziende (% su az con sem)
1,6
-
-
1,6
SAU (%)
1,0
-
-
1,0
24,7
-
-
24,7
Aziende (n)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.12 - Un quadro d’insieme
Montagna
Collina
Pianura
Totale
Solo diversificazione
28
-
-
28
Solo AIE
27
-
-
27
Diversificazione e AIE
39
-
-
39
Totale
94
-
-
94
n. aziende
% aziende totali
Solo diversificazione
0,1
-
-
0,1
Solo AIE
0,1
-
-
0,1
Diversificazione e AIE
0,1
-
-
0,1
Totale
0,3
-
-
0,3
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
0,7
-
-
0,7
Solo AIE
0,7
-
-
0,7
Diversificazione e AIE
1,0
-
-
1,0
Totale
2,3
-
-
2,3
91
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Veneto
Tabella A2.13 - Diversificazione colturale
Montagna
Pianura
Totale
94
320
4.019
4.433
SAU (ha)
5.335
12.132
140.472
157.939
Sup Sem (ha)
2.657
9.968
127.593
140.218
Aziende (% su az tot)
1,7
1,4
4,4
3,7
Aziende (% su az con sem)
7,0
3,4
5,0
4,8
SAU (%)
6,6
12,2
22,3
19,5
47,3
27,1
24,2
24,6
Aziende (n)
Collina
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.14 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Pianura
Totale
71
375
6.506
6.952
SAU (ha)
5.106
16.412
300.486
322.004
Sup Sem (ha)
2.476
13.612
282.733
298.821
Aziende (% su az tot)
1,3
1,7
7,1
5,8
Aziende (% su az con sem)
5,3
4,0
8,0
7,6
SAU (%)
6,3
16,5
47,6
39,7
44,1
37,1
53,7
52,5
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
Collina
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.15 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
39
141
1.613
1.793
Solo AIE
16
196
4.100
4.312
Diversificazione e AIE
55
179
2.406
2.640
516
8.119
8.745
Totale
110
% aziende totali
Solo diversificazione
0,7
0,6
1,8
1,5
Solo AIE
0,3
0,9
4,5
3,6
Diversificazione e AIE
1,0
0,8
2,6
2,2
Totale
2,0
2,3
8,9
7,3
2,0
2,0
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
2,9
1,5
Solo AIE
1,2
2,1
5,1
4,7
Diversificazione e AIE
4,1
1,9
3,0
2,9
Totale
8,2
5,5
10,0
9,5
92
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Friuli Venezia Giulia
Tabella A2.16 - Diversificazione colturale
Montagna
Pianura
Totale
6
221
1.000
1.227
191
7.229
35.274
42.693
Sup Sem (ha)
79
6.155
31.607
37.842
Aziende (% su az tot)
0,7
4,6
6,0
5,5
Aziende (% su az con sem)
2,8
5,7
6,5
6,3
SAU (%)
1,5
15,7
22,1
19,5
15,2
21,6
23,7
23,3
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (%)
Collina
Tabella A2.17 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Pianura
Totale
4
413
1.736
2.153
125
18.664
79.952
98.741
Sup Sem (ha)
66
15.119
73.966
89.151
Aziende (% su az tot)
0,5
8,6
10,4
9,6
Aziende (% su az con sem)
1,9
10,6
11,2
11,0
SAU (%)
1,0
40,6
50,1
45,2
12,6
53,0
55,5
55,0
Collina
Pianura
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (%)
Collina
Tabella A2.18 - Un quadro d’insieme
Montagna
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
4
90
413
507
Solo AIE
2
282
1.149
1.433
Diversificazione e AIE
2
131
587
720
Totale
8
503
2.149
2.660
% aziende totali
Solo diversificazione
0,5
1,9
2,5
2,3
Solo AIE
0,2
5,9
6,9
6,4
Diversificazione e AIE
0,2
2,7
3,5
3,2
Totale
0,9
10,5
12,9
11,9
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
1,9
2,3
Solo AIE
0,9
7,3
7,4
7,3
Diversificazione e AIE
0,9
3,4
3,8
3,7
Totale
3,8
12,9
13,9
13,6
93
2,7
2,6
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Liguria
Tabella A2.19 - Diversificazione colturale
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
6
9
-
15
SAU (ha)
210
403
-
613
Sup Sem (ha)
113
357
-
470
Aziende (% su az tot)
0,1
0,1
-
0,1
Aziende (% su az con sem)
0,2
0,2
-
0,2
SAU (%)
0,9
2,0
-
1,4
Sup Sem (%)
4,1
8,8
-
6,9
%
Tabella A2.20 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
10
10
-
20
SAU (ha)
415
370
-
786
Sup Sem (ha)
315
366
-
681
Aziende (% su az tot)
0,2
0,1
-
0,1
Aziende (% su az con sem)
0,4
0,2
-
0,2
SAU (%)
1,7
1,9
-
1,8
11,6
9,0
-
10,0
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.21 - Un quadro d’insieme
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
3
2
-
5
Solo AIE
7
3
-
10
Diversificazione e AIE
3
7
-
10
12
-
25
Totale
13
% aziende totali
Solo diversificazione
0,1
0,0
-
0,0
Solo AIE
0,1
0,0
-
0,0
Diversificazione e AIE
0,1
0,0
-
0,0
Totale
0,2
0,1
-
0,1
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
0,1
0,0
-
0,1
Solosegue
AIE
0,3
0,1
-
0,1
Diversificazione e AIE
0,1
0,1
-
0,1
Totale
0,5
0,2
-
0,3
94
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Emilia Romagna
Tabella A2.22 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
390
1.351
2.669
4.410
SAU (ha)
13.632
49.263
102.990
165.885
Sup Sem (ha)
11.497
43.042
95.260
149.799
Aziende (% su az tot)
4,7
7,0
5,8
6,0
Aziende (% su az con sem)
7,8
9,8
7,1
7,8
SAU (%)
13,4
19,7
14,5
15,6
Sup Sem (%)
22,8
23,6
15,9
18,0
Montagna
Collina
Pianura
437
2.284
8.138
10.859
SAU (ha)
17.874
107.580
419.330
544.784
Sup Sem (ha)
14.856
96.575
396.401
507.832
Aziende (% su az tot)
5,3
11,9
17,7
14,8
Aziende (% su az con sem)
8,7
16,6
21,6
19,2
SAU (%)
17,6
43,0
58,9
51,2
Sup Sem (%)
29,4
53,0
66,3
61,1
Montagna
Collina
Pianura
Totale
Solo diversificazione
125
455
845
1.425
Solo AIE
172
1.388
6.314
7.874
Diversificazione e AIE
265
896
1.824
2.985
Totale
562
2.739
8.983
12.284
Aziende (n)
Totale
Tabella A2.23 - Aree d’interesse ecologico
Aziende (n)
Totale
Tabella A2.24 - Un quadro d’insieme
n. aziende
% aziende totali
Solo diversificazione
1,5
2,4
1,8
1,9
Solo AIE
2,1
7,2
13,7
10,7
Diversificazione e AIE
3,2
4,7
4,0
4,1
Totale
6,8
14,3
19,5
16,7
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
2,5
3,3
2,2
2,5
Solo AIE
3,4
10,1
16,7
13,9
Diversificazione e AIE
5,3
6,5
4,8
5,3
11,2
19,9
23,8
21,7
Totale
95
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Toscana
Tabella A2.25 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
252
2.787
395
3.434
10.577
131.026
15.863
157.467
7.589
106.238
13.447
127.274
Aziende (% su az tot)
1,9
5,5
4,5
4,7
Aziende (% su az con sem)
5,2
9,6
7,1
8,7
SAU (%)
10,7
22,5
22,1
20,9
Sup Sem (%)
20,7
27,3
24,6
26,5
Collina
Pianura
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (ha)
Totale
%
Tabella A2.26 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Aziende (n)
Totale
323
3.300
446
4.069
SAU (ha)
16.979
189.964
26.884
233.827
Sup Sem (ha)
12.493
165.084
24.586
202.162
Aziende (% su az tot)
2,5
6,5
5,1
5,6
Aziende (% su az con sem)
6,6
11,4
8,1
10,3
SAU (%)
17,1
32,6
37,4
31,0
Sup Sem (%)
34,0
42,5
45,0
42,1
Collina
Pianura
%
Tabella A2.27 - Un quadro d’insieme
Montagna
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
123
1.484
225
1.832
Solo AIE
194
1.997
276
2.467
Diversificazione e AIE
129
1.303
170
1.602
Totale
446
4.784
671
5.901
% aziende totali
Solo diversificazione
1,0
3,2
2,8
2,8
Solo AIE
1,6
4,3
3,5
3,7
Diversificazione e AIE
1,1
2,8
2,1
2,4
Totale
3,7
10,4
8,4
8,9
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
2,8
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
5,6
4,5
5,1
4,4
7,6
5,5
6,9
2,9
4,9
3,4
4,5
10,0
18,1
13,4
16,5
96
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Umbria
Tabella A2.28 - Diversificazione colturale
Montagna
Pianura
Totale
202
933
-
1.135
SAU (ha)
8.580
34.634
-
43.214
Sup Sem (ha)
5.869
27.507
-
33.377
Aziende (% su az tot)
3,0
3,2
-
3,1
Aziende (% su az con sem)
3,9
4,8
-
4,6
SAU (%)
9,5
14,6
-
13,2
12,8
16,6
-
15,8
Aziende (n)
Sup Sem (%)
Collina
Tabella A2.29 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
Totale
438
1.636
-
2.074
SAU (ha)
22.001
83.207
-
105.208
Sup Sem (ha)
15.766
70.887
-
86.654
Aziende (% su az tot)
6,5
5,5
-
5,7
Aziende (% su az con sem)
8,5
8,4
-
8,4
SAU (%)
24,4
35,2
-
32,2
Sup Sem (%)
34,3
42,9
-
41,0
Montagna
Collina
Pianura
Totale
Solo diversificazione
110
505
-
615
Solo AIE
346
1.208
-
1.554
92
428
-
520
548
2.141
-
2.689
Aziende (n)
Tabella A2.30 - Un quadro d’insieme
n. aziende
Diversificazione e AIE
Totale
% aziende totali
Solo diversificazione
2,0
2,1
-
2,0
Solo AIE
6,2
4,9
-
5,1
Diversificazione e AIE
1,6
1,7
-
1,7
Totale
9,8
8,7
-
8,9
-
3,0
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
2,6
Solo AIE
8,0
7,4
-
7,6
Diversificazione e AIE
2,1
2,6
-
2,5
12,7
13,2
-
13,1
Totale
3,1
97
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Marche
Tabella A2.31 - Diversificazione colturale
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
302
1.916
-
2.218
SAU (ha)
13.514
70.027
-
83.540
Sup Sem (ha)
10.741
65.291
-
76.032
Aziende (% su az tot)
6,2
4,8
-
4,9
Aziende (% su az con sem)
7,1
5,5
-
5,6
SAU (%)
15,1
18,3
-
17,7
Sup Sem (%)
21,9
20,0
-
20,3
%
Tabella A2.32 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
523
3.444
-
3.967
SAU (ha)
28.461
167.131
-
195.591
Sup Sem (ha)
21.995
157.712
-
179.707
Aziende (% su az tot)
10,7
8,6
-
8,8
Aziende (% su az con sem)
12,4
9,8
-
10,1
SAU (%)
31,7
43,7
-
41,5
Sup Sem (%)
44,8
48,4
-
47,9
%
Tabella A2.33 - Un quadro d’insieme
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
145
839
-
984
Solo AIE
366
2.367
-
2.733
Diversificazione e AIE
157
1.077
-
1.234
Totale
668
4.283
-
4.951
% aziende totali
Solo diversificazione
3,8
2,7
-
2,9
Solo AIE
9,7
7,7
-
7,9
Diversificazione e AIE
Totale
4,2
3,5
-
3,6
17,7
13,9
-
14,3
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
4,5
3,1
-
3,3
11,3
8,8
-
9,1
4,8
4,0
-
4,1
20,5
15,9
-
16,4
98
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Lazio
Tabella A.34 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
94
1.444
965
2.503
SAU (ha)
6.218
56.231
35.917
98.367
Sup Sem (ha)
2.902
47.085
33.045
83.032
Aziende (% su az tot)
0,6
2,1
6,3
2,5
Aziende (% su az con sem)
1,8
5,7
8,8
6,0
SAU (%)
4,7
15,4
25,6
15,4
12,4
25,3
29,5
25,8
Aziende (n)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.35 – Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
210
1.914
1.112
3.236
14.047
96.137
57.599
167.782
8.408
82.779
53.071
144.258
Aziende (% su az tot)
1,3
2,8
7,2
3,3
Aziende (% su az con sem)
4,1
7,5
10,2
7,8
SAU (%)
10,6
26,3
41,0
26,3
Sup Sem (%)
36,0
44,5
47,3
44,9
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (ha)
Totale
Tabella A2.36 – Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
37
574
358
969
153
1.044
505
1.702
57
870
607
1.534
247
2.488
1.470
4.205
% aziende totali
Solo diversificazione
0,3
1,2
3,3
1,4
Solo AIE
1,4
2,2
4,6
2,4
Diversificazione e AIE
0,5
1,8
5,5
2,2
Totale
2,2
5,2
13,4
6,0
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
1,0
3,2
4,6
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
4,2
5,7
6,5
5,7
1,6
4,8
7,8
5,2
6,8
13,7
18,8
14,2
99
3,3
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Abruzzo
Tabella A2.37 - Diversificazione colturale
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
261
561
-
822
10.085
15.821
-
25.906
6.806
13.937
-
20.743
Aziende (% su az tot)
1,9
1,1
-
1,2
Aziende (% su az con sem)
2,7
1,8
-
2,0
SAU (%)
4,0
7,8
-
5,7
10,9
11,7
-
11,4
SAU (ha)
Sup Sem (ha)
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.38 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
666
886
-
1.552
SAU (ha)
33.635
32.764
-
66.400
Sup Sem (ha)
20.925
28.827
-
49.752
Aziende (% su az tot)
4,8
1,7
-
2,3
Aziende (% su az con sem)
6,9
2,9
-
3,9
SAU (%)
13,4
16,2
-
14,6
Sup Sem (%)
33,4
24,2
-
27,4
%
Tabella A2.39 - Un quadro d’insieme
Montagna
Collina
Pianura
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
124
336
-
460
Solo AIE
529
661
-
1.190
Diversificazione e AIE
137
225
-
362
Totale
790
1.222
-
2.012
% aziende totali
Solo diversificazione
1,3
1,0
-
1,0
Solo AIE
5,7
1,9
-
2,7
Diversificazione e AIE
1,5
0,6
-
0,8
Totale
8,5
3,5
-
4,5
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
1,9
1,7
-
1,7
Solo AIE
8,2
3,3
-
4,5
Diversificazione e AIE
2,1
1,1
-
1,4
12,3
6,0
-
7,5
Totale
100
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Molise
Tabella A2.40 - Diversificazione colturale
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
243
1.067
-
1.310
SAU (ha)
6.135
29.356
-
35.491
Sup Sem (ha)
5.505
27.104
-
32.609
Aziende (% su az tot)
2,3
6,8
-
5,0
Aziende (% su az con sem)
3,2
9,3
-
6,8
SAU (%)
7,6
25,1
-
18,0
11,5
28,6
-
22,8
Sup Sem (%)
Tabella A2.41 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
Totale
618
1.297
-
1.915
SAU (ha)
19.248
43.682
-
62.930
Sup Sem (ha)
17.131
40.691
-
57.822
Aziende (% su az tot)
5,8
8,3
-
7,3
Aziende (% su az con sem)
8,0
11,3
-
10,0
SAU (%)
23,9
37,4
-
31,9
Sup Sem (%)
35,8
42,9
-
40,5
Collina
Pianura
Aziende (n)
Tabella A2.42- Un quadro d’insieme
Montagna
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
131
616
-
747
Solo AIE
506
846
-
1.352
Diversificazione e AIE
112
451
-
563
Totale
749
1.913
-
2.662
% aziende totali
Solo diversificazione
2,0
6,3
-
4,5
Solo AIE
7,7
8,6
-
8,2
Diversificazione e AIE
1,7
4,6
-
3,4
19,5
-
16,2
Totale
11,3
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
2,7
8,6
-
6,2
10,5
11,8
-
11,3
2,3
6,3
-
4,7
15,6
26,6
-
22,2
101
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Campania
Tabella A2.43 - Diversificazione colturale
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
465
504
847
1.816
SAU (ha)
15.883
14.954
22.073
52.910
Sup Sem (ha)
11.763
12.920
20.552
45.235
Aziende (% su az tot)
1,5
0,6
3,7
1,3
Aziende (% su az con sem)
2,5
1,4
5,6
2,6
SAU (%)
7,8
5,7
25,9
9,6
10,8
12,9
35,0
16,9
%
Sup Sem (%)
Tabella A2.44 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Aziende (n)
Collina
Pianura
Totale
1.626
753
666
3.045
SAU (ha)
52.153
24.889
22.930
99.972
Sup Sem (ha)
45.044
22.185
21.315
88.545
Aziende (% su az tot)
5,1
0,9
2,9
2,2
Aziende (% su az con sem)
8,8
2,1
4,4
4,4
SAU (%)
25,6
9,6
26,9
18,2
Sup Sem (%)
41,3
22,1
36,3
33,0
Collina
Pianura
%
Tabella A2.45 - Un quadro d’insieme
Montagna
Totale
n. aziende
Solo diversificazione
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
207
244
380
831
1.368
493
199
2.060
258
260
467
985
1.833
997
1.046
3.876
% aziende totali
Solo diversificazione
1,1
0,5
2,8
1,0
Solo AIE
7,3
1,0
1,5
2,6
Diversificazione e AIE
1,4
0,5
3,5
1,2
Totale
9,8
2,1
7,8
4,8
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
1,9
1,2
4,3
12,6
2,4
2,3
5,1
2,4
1,3
5,3
2,4
16,8
4,8
11,9
9,6
102
2,1
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Puglia
Tabella A2.46 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
184
4.637
4.663
9.484
SAU (ha)
5.050
162.789
168.772
336.612
Sup Sem (ha)
4.456
135.726
140.963
281.146
Aziende (% su az tot)
10,2
4,8
2,7
3,5
Aziende (% su az con sem)
11,7
15,1
8,3
10,7
SAU (%)
30,6
27,7
24,8
26,2
Sup Sem (%)
33,0
43,6
43,1
43,2
Aziende (n)
Totale
Tabella A2.47 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
184
4.014
3.646
7.844
SAU (ha)
6.878
168.738
160.391
336.007
Sup Sem (ha)
6.010
141.042
138.812
285.865
Aziende (% su az tot)
10,2
4,2
2,1
2,9
Aziende (% su az con sem)
11,7
13,0
6,5
8,9
SAU (%)
41,6
28,7
23,5
26,1
Sup Sem (%)
44,6
45,4
42,5
43,9
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
Totale
Tabella A2.48 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
89
1.870
2.143
4.102
Solo AIE
89
1.247
1.126
2.462
Diversificazione e AIE
95
2.767
2.520
5.382
273
5.884
5.789
11.946
Totale
% aziende totali
Solo diversificazione
8,9
3,5
2,2
2,7
Solo AIE
8,9
2,3
1,2
1,6
Diversificazione e AIE
Totale
9,5
5,2
2,6
3,6
27,3
11,0
6,0
7,9
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
10,2
10,9
6,9
8,4
Solo AIE
10,2
7,3
3,6
5,0
Diversificazione e AIE
10,9
16,2
8,1
11,0
Totale
31,2
34,4
18,6
24,3
103
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Basilicata
Tabella A2.49 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
494
2.660
280
3.434
SAU (ha)
18.924
91.962
9.800
120.686
Sup Sem (ha)
11.825
77.923
7.478
97.225
Aziende (% su az tot)
2,8
9,9
3,8
6,6
Aziende (% su az con sem)
3,6
15,6
6,3
9,8
SAU (%)
10,3
31,8
20,9
23,2
Sup Sem (%)
16,3
36,4
28,8
31,1
Aziende (n)
Totale
%
Tabella A2.50 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
484
2.005
166
2.655
SAU (ha)
24.434
84.666
7.529
116.629
Sup Sem (ha)
13.975
72.368
5.686
92.029
Aziende (% su az tot)
2,8
7,5
2,2
5,1
Aziende (% su az con sem)
3,6
11,7
3,7
7,6
SAU (%)
13,3
29,3
16,0
22,5
Sup Sem (%)
19,3
33,8
21,9
29,4
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
Totale
%
Tabella A2.51 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
357
1.438
155
1.950
Solo AIE
347
783
41
1.171
Diversificazione e AIE
137
1.222
125
1.484
Totale
841
3.443
321
4.605
% aziende totali
Solo diversificazione
3,9
10,2
4,0
7,2
Solo AIE
3,8
5,5
1,1
4,3
Diversificazione e AIE
1,5
8,6
3,2
5,4
Totale
9,1
24,4
8,2
16,9
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
5,0
Solo AIE
4,9
Diversificazione e AIE
1,9
11,8
38,2
Totale
16,0
104
6,6
10,6
8,7
1,8
6,3
13,6
5,3
8,0
13,7
24,9
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Calabria
Tabella A2.52 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
177
428
361
966
10.296
17.427
12.562
40.285
5.613
10.093
9.368
25.075
Aziende (% su az tot)
0,5
0,5
1,9
0,7
Aziende (% su az con sem)
1,3
1,6
6,1
2,1
SAU (%)
6,5
5,7
15,1
7,3
15,9
11,9
26,3
16,1
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (ha)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.53 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
238
454
252
944
14.293
21.420
12.528
48.241
7.975
13.366
9.532
30.873
Aziende (% su az tot)
0,7
0,5
1,3
0,7
Aziende (% su az con sem)
1,8
1,7
4,2
2,0
SAU (%)
9,0
7,0
15,0
8,8
22,5
15,7
26,8
19,8
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
SAU (ha)
Sup Sem (ha)
Sup Sem (%)
Totale
Tabella A2.54 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
77
224
205
506
Solo AIE
138
250
96
484
Diversificazione e AIE
100
204
156
460
Totale
315
678
457
1.450
% aziende totali
Solo diversificazione
0,2
0,3
1,1
0,4
Solo AIE
0,4
0,3
0,5
0,4
Diversificazione e AIE
0,3
0,2
0,8
0,3
Totale
0,9
0,8
2,4
1,1
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
0,6
0,8
Solo AIE
1,0
Diversificazione e AIE
0,7
Totale
2,3
105
3,5
1,1
0,9
1,6
1,0
0,8
2,6
1,0
2,5
7,7
3,1
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Sicilia
Tabella A2.55 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
1.096
6.101
799
7.996
SAU (ha)
49.247
210.969
31.747
291.963
Sup Sem (ha)
34.211
170.332
22.832
227.376
Aziende (% su az tot)
2,9
4,2
2,1
3,6
Aziende (% su az con sem)
7,8
8,8
5,0
8,1
SAU (%)
14,1
24,6
17,6
21,0
Sup Sem (%)
25,7
35,4
34,4
33,4
Aziende (n)
Totale
%
Tabella A2.56 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
1.484
4.640
459
6.583
SAU (ha)
69.416
198.248
22.969
290.633
Sup Sem (ha)
50.580
159.813
16.388
226.781
4,0
3,2
1,2
3,0
Aziende (% su az con sem)
10,5
6,7
2,9
6,6
SAU (%)
19,8
23,1
12,7
20,9
Sup Sem (%)
38,0
33,2
24,7
33,3
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
Totale
%
Aziende (% su az tot)
Tabella A2.57 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
454
3.200
425
4.079
Solo AIE
842
1.739
85
2.666
Diversificazione e AIE
642
2.901
374
3.917
1.938
7.840
884
10.662
Totale
% aziende totali
Solo diversificazione
2,5
4,7
2,3
3,9
Solo AIE
4,7
2,5
0,5
2,5
Diversificazione e AIE
Totale
3,6
4,2
2,0
3,7
10,9
11,5
4,8
10,2
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
Solo AIE
Diversificazione e AIE
Totale
6,8
9,7
12,5
9,5
28,8
106
5,6
8,6
5,3
1,1
5,6
8,8
4,9
8,3
23,8
11,6
22,6
Appendice 2 - Il greening in Italia: aziende e superfici interessato a livello regionale
Sardegna
Tabella A2.58 - Diversificazione colturale
Montagna
Collina
Pianura
458
3.146
1.852
5.456
SAU (ha)
39.031
191.428
73.834
304.293
Sup Sem (ha)
14.140
90.601
58.252
162.993
Aziende (% su az tot)
12,2
8,3
9,7
9,0
Aziende (% su az con sem)
30,5
18,6
16,5
18,4
SAU (%)
25,5
25,0
31,4
26,4
Sup Sem (%)
53,3
42,8
37,5
41,4
Aziende (n)
Totale
Tabella A2.59 - Aree d’interesse ecologico
Montagna
Collina
Pianura
374
3.240
2.091
5.705
SAU (ha)
35.897
212.097
104.144
352.138
Sup Sem (ha)
13.190
110.664
84.334
208.189
Aziende (% su az tot)
10,0
8,5
11,0
9,4
Aziende (% su az con sem)
24,9
19,1
18,6
19,2
SAU (%)
23,5
27,7
44,2
30,5
Sup Sem (%)
49,7
52,2
54,3
52,9
Collina
Pianura
Totale
Aziende (n)
Totale
Tabella A2.60 - Un quadro d’insieme
Montagna
n. aziende
Solo diversificazione
138
1.146
816
2.100
54
1.240
1.055
2.349
Diversificazione e AIE
320
2.000
1.036
3.356
Totale
512
4.386
2.907
7.805
Solo AIE
% aziende totali
Solo diversificazione
8,1
6,6
9,4
7,6
Solo AIE
3,2
7,2
12,2
8,5
Diversificazione e AIE
18,8
11,6
12,0
12,1
Totale
30,0
25,4
33,6
28,2
% aziende con seminativi
Solo diversificazione
Solo AIE
20,2
14,9
16,0
15,6
7,9
16,1
20,7
17,4
Diversificazione e AIE
46,9
25,9
20,3
24,9
Totale
75,0
56,9
56,9
57,8
107
Appendice 3
Il greening in Italia: aziende e superfici
interessate a livello comunale
109
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Diversificazione colturale
Figura A3.1 - Distribuzione delle aziende sottoposte al requisito della diversificazione colturale (% sul totale delle aziende a livello comunale)
110
Appendice 3 - Il greening in I0talia:aziende e superfici interessate a livello comunale
Mantenimento prati permanenti
Figura A3.2 - Distribuzione superfici a prato e pascolo (% SAU)
111
Gli effetti del greening sull’agricoltura italiana
Aree d’interesse ecologico
Figura A3.3 - Distribuzione delle aziende sottoposte all’obbligo di individuare Aree d’Interesse Ecologico (% sul totale delle aziende a livello comunale)
112