profili sanzionatori amministrativi e penali della normativa
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PROFILI SANZIONATORI AMMINISTRATIVI E PENALI DELLA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO Roma - 14 febbraio 2014 Nozione di riciclaggio ai fini della normativa La disciplina in esame è finalizzata al contrasto dell'attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, per tali dovendosi intendere, ai sensi del'art. 2 d.lgs. 231/2007, le seguenti attività: a. la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; b. l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; c. l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; d. la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione. In tale nozione deve ricomprendersi, inoltre, l'attività di c.d. autoriciclaggio ossia l'uso, il reimpiego o l'occultamento di proventi delittuosi effettuato dal soggetto che ha commesso il reato o vi ha concorso. Come previsto nell'art. 2 del d.lgs. 231/2007, la conoscenza, l'intenzione o la finalità, che debbono costituire un elemento degli atti di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, possono essere dedotte esclusivamente da circostanze di fatto obiettive. Normativa di riferimento D.l. 15 dicembre 1979 n. 625, “Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica”: aveva come destinatari enti creditizi e finanziari; a questo primo provvedimento ne sono succeduti altri, destinati a soggetti di area bancaria e finanziaria. D.Lgs. 56 del 2004, emanato in attuazione della seconda direttiva CE, ha esteso gli obblighi anti-riciclaggio, tra gli altri, ai professionisti (abrogato ex art. 64 D.Lgs. 231 del 2007); D.Lgs. 231 del 2007, in recepimento della terza direttiva CE, come modificata dal D.Lgs. 151 del 2009. Le raccomandazioni del GAFI e Le Direttive CE Le normative domestiche sono in qualche modo condizionate dalle Raccomandazioni che periodicamente il GAFI (o FATF) emana e, per i Paesi della CE, dalle Direttive dalla Comunità Europea; l’ultimo aggiornamento delle Raccomandazioni del GAFI è datato 16 febbraio 2012, e si attende quindi nel corso del 2014 la IV Direttiva CE; a questa dovrà fare seguito la normativa domestica di recepimento, presumibilmente entro il 2015. Nelle ultime Raccomandazioni del GAFI emerge una maggiore attenzione al reato fiscale come reato presupposto, alla materia delle persone politicamente esposte, per le quali è prevista la necessità di emanare liste nazionali; è inoltre prevista la necessità di adottare misure che possano consentire i destinatari di individuare con più semplicità ed efficacia il titolare effettivo, come l’adozione, per gli Stati che ne siano privi, di registri pubblici ovvero di misure alternative quali la messa a disposizione di idonea documentazione, o presso la società, o presso terzi; le Raccomandazioni infine trattano della materia del Trust prevedendo che il trustee debba conservare evidenza dei beneficiari finali per consentire ai destinatari della normativa di compiere l’adeguata verifica. Criticità e soluzioni interpretative - i principi generali La normativa, nata per destinatari con una forte specificità, è stata successivamente estesa a soggetti affatto differenti, con adeguamenti complessivamente insufficienti; per fare un esempio, come vedremo, le sanzioni non sono state differenziate nel loro ammontare tra gli intermediari finanziari e i professionisti, con la conseguenza che può essere addebitata ad un professionista una sanzione fino al 40% dell’importo dell’operazione per mancata segnalazione di operazione sospetta. Altra criticità è data da una eccessiva genericità del dettato normativo per quanto attiene ai confini degli obblighi imposti ai destinatari, in particolare gli obblighi di adeguata verifica e di segnalazione. Nell’attesa di un opportuno intervento normativo, l’interprete deve utilizzare gli strumenti a sua disposizione per giungere ad un risultato soddisfacente: una soluzione praticabile, è costituita dal ricorso ai principi generali della materia, che hanno contenuto precettivo; sono contenuti nei Considerando della Terza Direttiva Antiriciclaggio 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2005, nell’art. 22 della legge delega 25 gennaio 2006 N. 29 - (legge comunitaria 2005), e stati sono recepiti in buona sostanza nell'art. 3 del D. Lgs. n. 231/2007, che recita: 1. ...i destinatari delle disposizioni ... adempiono gli obblighi previsti avendo riguardo alle informazioni possedute o acquisite nell'ambito della propria attività istituzionale o professionale.... 3. Le misure di cui al presente decreto sono proporzionate al rischio di riciclaggio ...in relazione al tipo di cliente ...e.... alla prestazione professionale... 4. L'applicazione delle misure previste dal presente decreto deve essere proporzionata alla peculiarità delle varie professioni e alle dimensioni dei destinatari della presente normativa La dottrina ha quindi individuato nei seguenti i principi generali: - Sostenibilità: deve esservi un corretto rapporto tra sacrificio richiesto al professionista e beneficio che si presume di ricavare dall'applicazione della normativa - Proporzionalità: l'applicazione della disciplina deve essere commisurata alla peculiarità della professione, alle dimensioni della struttura (art. 3 comma 4) - Valutazione in base al profilo di rischio: si deve avere riguardo al tipo di cliente, al tipo di prestazione; nella valutazione si terrà conto quindi di profili soggettivi e oggettivi - Valutazione in base alle informazioni possedute o acquisite nell'ambito della propria attività istituzionale o professionale: la figura del professionista non può snaturarsi, sino a diventare quella di un investigatore per cui la valutazione deve essere fatta in base agli elementi in possesso del professionista (art.3 comma 1 - art. 41 1^ comma) I singoli obblighi La disciplina pone specifici obblighi a carico di società, intermediari finanziari e professionisti, riferendosi per questi ultimi a commercialisti, consulenti del lavoro, coloro che rendono i servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgono in maniera professionale, anche nei confronti dei propri associati o iscritti, attività in materia di contabilità e tributi, i notai e gli avvocati. Con riferimento ai professionisti, l'art. 12 individua l’ambito applicativo degli obblighi antiriciclaggio in relazione a quelle fattispecie in cui gli stessi, in nome o per conto dei propri clienti: - compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare, - assistono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni concernenti: 1. il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche; 2. la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni; 3. l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli; 4. l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società; 5. la costituzione, la gestione o l'amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi I principali obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio: 1) Obblighi di adeguata verifica (art. 18 D. Lgs. 231/2007): concernono l'identificazione del cliente e del titolare effettivo della prestazione (per tale dovendosi intendere la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente, nonché la persona fisica per conto della quale è realizzata un'operazione o un'attività). Tale obbligo si estende, inoltre, alla verifica dello scopo e della natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale, controllo che deve essere costantemente compiuto per tutta la durata del rapporto. 2) Obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela (art. 28 D.Lgs. 231/2007): si tratta di ipotesi in cui, dati i soggetti coinvolti o le particolari circostanze, sono previste misure particolari di verifica; in particolare è il caso in cui il cliente non sia fisicamente presente, ovvero si tratti di soggetto politicamente esposto, o di società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore, aventi sede nei Paesi con regime antiriciclaggio non equivalente a quello dei paesi della Comunità Europea1, nonché di tutte quelle transazioni volte a favorire l’anonimato. 3) Obbligo di astensione (art. 23 D.Lgs. 231/2007): qualora non sia possibile adempiere gli obblighi di verifica suddetti, è fatto divieto di instaurare il rapporto continuativo o la prestazione professionale con il cliente. 1 L'area geografica è dunque un criterio di valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Lo stesso criterio è stato peraltro considerato tra gli indicatori di anomalia dell'operazione individuati con D.M. Del Ministero della Giustizia del 16 aprile 2010. Sono stati individuati, ai fini antiriciclaggio i paesi appartenenti alle c.d. “white list” (D.M. 1^ febbraio 2013: si tratta di Stati extracomunitari che impongono obblighi equivalenti a quelli della Direttiva CE 2005/60/CE) ed alle “black list” (si vedano il Regolamento CE del 27 dicembre 2001, n. 2580; Regolamento CE del 27 maggio 2002, n. 881, modificato con Regolamento Ce del 27 marzo 2003, n. 561; la lista “OFAC” e le risoluzioni n. 1267 e 1373 compilate dal Security Council Committee dell'ONU e dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti). 4) Obblighi di registrazione e conservazione (art. 36 D.Lgs. 231/2007) con riferimento ai documenti ed alle informazioni acquisite per assolvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela. L’obbligo di conservazione impone di conservare per 10 anni alcuni documenti relativi all’adeguata verifica e le scritture e le registrazioni relative alle prestazioni professionali. L’obbligo di registrazione, cui è comunque collegato un obbligo di conservazione decennale, riguarda una serie di dati relativi al cliente, alla prestazione, ai mezzi di pagamento, e deve essere adempiuto entro 30 giorni dal compimento della operazione o dall’accettazione dell’incarico; per adempiere alle modalità di registrazione i soggetti obbligati possono avvalersi di un archivio informatico o più semplicemente, del registro della clientela; tendenzialmente l’archivio informatico è adatto a strutture di grandi dimensioni mentre il registro della clientela appare adeguato per gli studi professionali; se si sceglie di adottare registro della clientela è bene tenere presente che questo registro funziona come un indice che rinvia al fascicolo del cliente nel quale devono essere conservati i documenti, i dati e le informazioni pertinenti alla prestazione professionale. L’articolo 38 comma 6 individua una disciplina di settore specifica per l’attività notarile: il legislatore ha ritenuto che tutta l’attività propria del notaio sia sufficientemente tracciabile ai fini antiriciclaggio e quindi ha stabilito la sostanziale equivalenza tra gli obblighi di registrazione e conservazione e gli obblighi di tenuta di atti e repertori notarili. 5) Obblighi di segnalazione (art. 41): tale obbligo sorge a carico dei soggetti sopra indicati qualora sappiano, sospettino o abbiano motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, in base alla natura dell'operazione o a qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita. La segnalazione deve essere inviata alla UIF (unità di informazione finanziaria) ovvero agli ordini professionali di cui al D.M. 4 maggio 2012. A tal fine sono stati individuati indicatori di anomalia al ricorrere dei quali il professionista, compiuta eventualmente un'ulteriore indagine circa la natura e lo scopo dell'operazione da compiere, è tenuto ad effettuare la segnalazione. È fatto divieto ai soggetti tenuti a tale obbligo di dare notizia dell'avvenuta segnalazione. 6) Obbligo di comunicazione (art. 51): i soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze2 le violazioni delle disposizioni sull'uso del contante e dei titoli al portatore. Tale disciplina, inizialmente regolata dall’art. 1 della legge 5 luglio 1991, n. 197, è stata in seguito oggetto di numerose modifiche legislative. In particolare il D.Lgs. 231/2007 è intervenuta con una regolamentazione sostanziale in materia. Successivamente si sono alternati numerosi atti normativi modificativi, principalmente, della soglia limite per l’uso di denaro contante, fissata da ultimo in euro 1.000, a partire dal 1^ febbraio 2012, ad opera del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Ai sensi dell’art. 49 D.Lgs. 231/2007, è vietato: – il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a 1.000 euro, fatto salvo il trasferimento eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.. Il limite si applica anche ai trasferimenti effettuati mediante pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati; – l’emissione di assegni bancari e postali per importi pari o superiori a 1.000 euro privi dell’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e della clausola di non trasferibilità; – l’emissione di assegni circolari, vaglia postali e cambiari di importo pari o superiore a 1.000 euro senza la clausola di non trasferibilità. 2 Più precisamente alle Ragionerie Territoriali dello Stato, in seguito al D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148. LE SANZIONI AMMINISTRATIVE Elencati i principali obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio, è possibile individuare le violazioni cha danno luogo a sanzioni amministrative: 1. violazione dell’art. 6 co. 7 lett. c), D.Lgs. 231/2007: la fattispecie riguarda le ipotesi di sospensione da parte della UIF delle operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Nei confronti del soggetto che contravvenga alla sospensione, dando seguito all’operazione è irrogata una sanzione pecuniaria (da 5.000 a 200.000 euro); 2. omessa istituzione dell’archivio unico informatico da parte degli intermediari finanziari e delle società di revisione, omessa istituzione del registro della clientela e, più in generale, mancata adozione delle modalità di registrazione previste dall’art. 39, D.Lgs. 231/2007: tali violazioni danno luogo a sanzione pecuniaria (da euro 50.000 a euro 500.000); 3. omessa segnalazione di operazioni sospette: si tratta dei casi di violazione degli obblighi imposti dall’art. 41, ove in base alla natura dell'operazione o alle altre circostanze, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita l’operazione, vi siano ragionevoli motivi per sospettare che si tratti di attività di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. In tal caso è prevista una sanzione dall’1% al 40% dell’importo dell’operazione non segnalata e la pubblicazione su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato; 4. violazione degli obblighi informativi nei confronti dell’UIF previsti dagli artt. 40 e 41: si tratta, in particolare, oltre ai suddetti obblighi di segnalazione, anche dell’obbligo posto dall’art. 40 a carico degli intermediari finanziari e delle società di revisione di trasmettere alla UIF, con cadenza mensile, i dati aggregati concernenti la propria operatività, al fine di consentire l'effettuazione di analisi mirate a far emergere eventuali fenomeni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo nell'ambito di determinate zone territoriali. L’omissione dà luogo all’irrogazione di sanzione pecuniaria da euro 5.000 a euro 50.000; 5. violazione delle disposizioni sull’uso del denaro contante e dei titoli al portatore: sono previste sanzioni pecuniarie in percentuale rispetto all’importo trasferito o al saldo del libretto al portatore. 6. violazione del divieto, imposto agli intermediari finanziari, di aprire o mantenere, anche indirettamente, conti di corrispondenza con una banca di comodo (art. 28 co. 6): dà luogo all’applicazione di una sanzione da euro 10.000 a euro 200.000; 7. violazione del divieto di instaurare rapporti continuativi, eseguire operazioni o prestazioni professionali ovvero porre fine al rapporto continuativo o alla prestazione professionale già in essere di cui siano direttamente o indirettamente parte società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede nei Paesi con regime antiriciclaggio non equivalente a quello dei paesi della Comunità Europea. In tal caso è prevista una sanzione di euro 5.000 per operazioni di importo inferiore a euro 50.000, mentre per quelle di importo superiore si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento dell'importo stesso. Nel caso in cui l'importo dell'operazione non sia determinato o determinabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 25.000 a euro 250.000. Quanto alle sanzioni in materia di limitazioni all'uso del contante, il D.Lgs. 56/2004, all'art. 6 co. 6, lett. e), ha introdotto per le violazioni delle disposizioni dell'art. 1, l. 197/1991, non superiori a euro 250.000, la possibilità di definire il procedimento sanzionatorio utilizzando l'oblazione, cioè effettuando, entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notifica della violazione, un pagamento in misura ridotta pari ad un terzo del massimo della sanzione o, se più favorevole, al doppio del minimo della stessa. Procedimento amministrativo sanzionatorio Il procedimento sanzionatorio è disciplinato dalla l. 689/1981 e successive modifiche. Al fine dell’instaurazione del procedimento è necessario che la UIF, le autorità di vigilanza di settore, le amministrazioni interessate, la Guardia di finanza o la DIA, accertate le violazioni suesposte, provvedano alla contestazione delle stesse al soggetto responsabile e all’obbligato in solido entro il termine di 90 giorni (360 giorni se il soggetto risiede all’estero) dall’accertamento. Nel caso di segnalazione contenente dati incompleti o illeggibili il termine è interrotto dalla richiesta al segnalante di dati ed informazioni ulteriori. L’inosservanza del termine comporta l’inapplicabilità della sanzione. In seguito alla contestazione si apre la fase istruttoria, di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, fatte salve le violazioni di cui all'art. 58 D.Lgs. 231/2007 attribuite alle Ragionerie Territoriali dello Stato3. In tale fase il soggetto interessato può presentare memorie difensive entro 30 giorni dalla notifica e può richiedere di essere personalmente sentito. All'esito della fase istruttoria, ove gli elementi acquisiti conducano ad escludere la responsabilità del soggetto per i fatti contestati, viene emesso decreto di non luogo a procedere. 3 Si tratta, in particolare, delle violazioni di cui all'art. 49 D.Lgs. 231/2007 in materia di limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore. Si veda al riguardo il D.M. Del 17 novembre 2011, in attuazione del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, ove sono indicate le sedi territoriali competenti. Oggi sono, pertanto, competenti tali sedi territoriali per le violazioni indicate, indipendentemente dall'entità dell'operazione, contrariamente a quanto previsto in precedenza per le infrazioni superiori a euro 250.000. In caso contrario, acquisite informazioni sufficienti, l'ufficio competente, previo parere obbligatorio della Commissione consultiva4, provvede ad irrogare la sanzione in relazione alla violazione accertata, ovvero al proscioglimento nel merito o all'archiviazione. Entro 30 giorni (60 giorni se residente all’estero) dalla notifica del decreto di irrogazione della sanzione il responsabile della violazione è tenuto al pagamento della sanzione, oltre alle spese per il procedimento. Ove non provveda sarà eseguita la riscossione coattiva. Il decreto è impugnabile presso il Tribunale5 del luogo in cui è stata commessa la violazione, entro 30 giorni dalla notificazione (60 giorni se il soggetto risiede all’estero), a pena di ammissibilità. L’impugnazione non sospende l’efficacia del provvedimento, salvo che la stessa sia disposta dal giudice, ricorrendo gravi motivi. La decisione del Tribunale è ulteriormente impugnabile in appello entro sei mesi dalla data di deposito della sentenza (ovvero nel termine breve di trenta giorni se la sentenza è stata notificata). Dati statistici comunicati dalla GDF sulle ispezioni e controlli effettuati a carico dei notai Nell’anno 2011 sono state contestate violazioni solamente in esito ad attività ispettiva, e precisamente: - 5 violazioni di natura penale, di cui due per violazione dell’obbligo di identificazione,una per omessa istituzione del registro della clientela e due per violazione degli obblighi di registrazione; - 3 violazioni di natura amministrativa, di cui una per violazione dell’art. 49 comma 14, e due per omessa segnalazione di operazione sospetta. Nell’anno 2012 le violazioni contestate derivano sia da attività ispettiva (16) che da attività di controllo (8), e riguardano: - 12 violazioni di natura penale, equamente ripartite fra violazioni degli obblighi di identificazione e di registrazione - 12 violazioni di natura amministrativa, delle quali quattro per violazione dell’art. 49, una per violazione dell’art. 51, due per violazione dell’art. 57 e cinque per omessa segnalazione di operazioni sospette 4 Commissione prevista dall’art. 1, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 114. Il Ministero dell’economia e delle finanze con circolare n. 2 del 16 gennaio 2012 ha chiarito, infatti, che competente in materia valutaria e di antiriciclaggio è il Tribunale e non il giudice di pace in base al valore della controversia, come era stato inizialmente dubitato. 5 Nell’anno 2013, le violazioni contestate derivano sia da attività ispettiva (2) che da attività di controllo (20), e riguardano: - 9 infrazioni di natura penale, di cui 5 per violazione degli obblighi di identificazione e 4 per violazione degli obblighi di registrazione - 13 infrazioni di natura amministrativa, di cui 3 per l’art. 49, 2 per artt. 51 e 58, 1 per art. 56 e 7 per omessa SOS De iure condendo: i possibili interventi sulla normativa Da questi primi anni di applicazione della normativa come abbiamo visto emergono luci, ma anche alcune ombre; proviamo ad ipotizzare quali interventi migliorativi potrebbero essere veicolati nella prossima normativa di recepimento della IV Direttiva CE: Una profonda rivisitazione delle sanzioni, differenziandole a seconda della tipologia di destinatario, ed alleggerendone il rigore per quanto attiene alle mere infrazioni formali Un diverso impianto dei controlli sui professionisti, prevedendo una compartecipazione alla programmazione degli ordini professionali, similmente a quanto previsto per gli organi di vigilanza; si potrebbe inoltre prevedere una loro compartecipazione anche in sede di accesso ed ispezione, per consentire di rilevare l’eventuale infrazione disciplinare, ma anche per assicurare tutela al professionista e collaborazione al soggetto ispezionante nell’indirizzarne l’attenzione sulle fattispecie più critiche; Una migliore definizione del perimetro degli obblighi, attualmente decisamente insoddisfacente, La definizione di fattispecie tipiche a basso rischio, differenziate per categoria professionale, consentendo di riservare la dovuta maggiore attenzione ai casi effettivamente rilevanti, Nuovi strumenti per l’adeguata verifica, come suggerito dallo stesso GAFI, partendo dalla considerazione che l’individuazione del titolare effettivo è assolutamente difficile in presenza di entità non personificate provenienti da alcuni ordinamenti ovvero nel caso di utilizzo di trust Efficaci strumenti di consultazione delle liste di soggetti a rischio (persone politicamente esposte, soggetti presenti in liste internazionali, ecc.) LE SANZIONI PENALI APPLICABILI AL PROFESSIONISTA6 Il libero professionista che non adempie correttamente gli obblighi di collaborazione attiva previsti dal d.lgs. n. 231/2007 incorre in responsabilità che può essere penale oppure amministrativa a seconda della violazione commessa. Innanzitutto, si deve evidenziare che il legislatore ha previsto specifiche ipotesi di reato per le violazioni di obblighi che risultano essere prodromici e funzionali rispetto all’istituzione dell’archivio unico informatico (ovvero del registro della clientela). Altre ipotesi di reato riguardano, invece, la violazione di adempimenti successivi alla segnalazione di operazioni sospette, mentre la fattispecie dell’omessa istituzione dell’archivio informativo (ovvero del registro della clientela) è stata degradata da reato a sanzione amministrativa. Fra i reati “prodromici” si segnala la violazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela. Il primo comma dell’art. 55 dispone che – salvo che il fatto non costituisca un più grave reato – i professionisti (come anche tutti gli altri soggetti in capo ai quali grava l’obbligo di identificazione del cliente) sono puniti con la pena pecuniaria della multa da 2.600 a 13.000 euro quando contravvengono alle disposizioni relative agli obblighi di identificazione contenuti nel Titolo II, Capo I (rectius, atteso il preciso richiamo normativo, agli obblighi di adeguata verifica della clientela). Si osserva che, trattandosi di un reato di natura delittuosa, l’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico, che consiste nella mera coscienza e volontà di contravvenire alle prescrizioni in materia di verifica della clientela. A titolo esemplificativo, risponde del reato in esame il professionista che, nel procedere a verificare l’identità del cliente, acquisisce documenti manifestamente contraffatti, scaduti o rilasciati da una fonte inaffidabile o evidentemente non indipendente. Mentre, non risponde del reato il professionista allorché la sua condotta sia frutto di colpa, correlata ad esempio a una mera dimenticanza. La norma contiene poi una clausola di riserva. Questa “clausola”, che ricorre anche in altre fattispecie incriminatrici, va intesa nel senso che il reato non si configura allorché il fatto integri un più grave reato. 6 Il presente paragrafo sviluppa, con i dovuti aggiornamenti, i contenuti del volume “Antiriciclaggio. Nuova disciplina e problematiche applicative per i dottori commercialisti e gli esperti contabili”, di A. DE VIVO e M. GALLUCCI, a cura dell’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Milano, 2009 e, in particolare, del Capitolo 4: “Il sistema sanzionatorio”, cui si rinvia anche per i numerosi riferimenti bibliografici. Sui temi affrontati si vedano altresì le seguenti pubblicazioni dell’IRDCEC (in www.irdcec.it): “Antiriciclaggio: check list per la verifica dell’adozione delle misure di legge negli studi professionali”, documento n. 19, giugno 2013; “Le novità della bozza di quarta direttiva comunitaria in materia di obblighi antiriciclaggio per i professionisti”, circolare 5 novembre 2013, n. 35/IR; “Recenti chiarimenti sugli obblighi antiriciclaggio dei professionisti: alcuni profili di criticità”, circolare 3 dicembre 2013, n. 36/IR. La stessa multa - da 2.600 a 13.000 euro - è comminata anche ai soggetti che, essendovi tenuti, non ottemperano l’obbligo di registrazione delle informazioni che hanno acquisito per assolvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela, ovvero vi adempiano in modo tardivo o incompleto (art. 55, comma 4). In altri termini, la condotta consiste nella effettuazione della registrazione in maniera insufficiente e intempestiva, vale a dire oltre il termine di trenta giorni dal compimento dell’operazione prescritto dall’art. 36, comma 3. Anche in tal caso l’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico. Simmetricamente, è punito l’«esecutore dell’operazione» che non fornisce idonee e corrette informazioni, impedendo di fatto al professionista di adempiere correttamente all’obbligo di adeguata verifica. Nel dettaglio, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato, l’art. 55, comma 2, dispone che l’esecutore dell'operazione che «omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indica false», non consentendo di individuare il titolare effettivo della operazione realizzata, commette un delitto punito con la pena detentiva della reclusione da sei mesi a un anno e con la pena pecuniaria della multa da 500 a 5.000 euro. Con disposizione assolutamente innovativa l’art. 55, comma 3, punisce, altresì, l’esecutore dell’operazione «che non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione professionale o le fornisce false». Questa condotta criminosa, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato, integra una contravvenzione punita con la pena detentiva dell’arresto da sei mesi a tre anni e con la pena pecuniaria dell’ammenda da 5.000 a 50.000 euro. Sembra corretto ritenere che le due fattispecie penali configurino ipotesi di reati “propri” del cliente. In altre parole, soggetto attivo del reato è esclusivamente il cliente il quale - rifiutandosi di fornire informazioni o fornendole con contenuto inveritiero - viola il dovere di collaborazione attiva imposto dall’art. 21 del Decreto, in virtù del quale i clienti devono fornire, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire al professionista di adempiere gli obblighi di adeguata verifica. Si deve osservare, inoltre, che in entrambe le fattispecie la condotta del cliente può essere sia omissiva (il cliente tace le informazioni rilevanti) sia commissiva (il cliente fornisce informazioni false). A ben vedere, però, il reato di cui all'art. 55, comma 2, è punibile solo a titolo di dolo in quanto qualificato come delitto, mentre il reato di cui all'art. 55, comma 3, è una contravvenzione sanzionabile anche in base alla sola colpa. In relazione a taluni reati è, inoltre, prevista una circostanza aggravante ad effetto speciale: la pena è raddoppiata qualora gli obblighi di identificazione e di registrazione siano stati assolti avvalendosi di mezzi fraudolenti, idonei ad ostacolare l’individuazione del soggetto che ha effettuato l’operazione (art. 55, comma 6). Così è doveroso segnalare che, in forza del principio di cui all’art. 48 c.p. che esclude la responsabilità penale del soggetto ingannato, il professionista, il quale abbia diligentemente registrato dati falsi ritenendoli veri, non soggiace ad alcuna pena. Al fine di salvaguardare l’anonimato della segnalazione di operazioni sospette, il legislatore delegato ha previsto, altresì, un reato di tipo contravvenzionale e pene particolarmente severe per la violazione degli obblighi di riservatezza imposti dalla legge. Così i soggetti obbligati a segnalare le operazioni sospette, nonché coloro che sono comunque venuti a conoscenza della avvenuta segnalazione (si pensi ai dipendenti o ai collaboratori di uno studio professionale) sono puniti con l’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro se violano il divieto di comunicazione in relazione all’avvenuta segnalazione ovvero all’esito della stessa (art. 55, comma 8). Si deve rilevare che, trattandosi di una contravvenzione, l’elemento soggettivo può consistere sia nel dolo sia nella colpa. La previsione della pena alternativa dell’arresto e dell’ammenda consente al reo di estinguere il reato mediante l’istituto della oblazione di cui all’art. 162-bis c.p. Nella cosiddetta oblazione speciale, il contravventore può essere ammesso dal giudice a pagare, prima dell’apertura del dibattimento ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre alle spese del procedimento. Fra gli obblighi antiriciclaggio che se violati comportano un illecito penale, è importante enumerare la pena prevista per gli organi di controllo e di vigilanza delle società destinatarie della normativa antiriciclaggio: i componenti il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione, i componenti dell’organismo di vigilanza sul corretto funzionamento dei modelli organizzativi dell’ente ex d.lgs. 231/2001, nonché – con norma di chiusura – più in generale tutti i soggetti che svolgono il controllo di gestione sono puniti con la reclusione fino a un anno e la multa da 100 a 1.000 euro, qualora omettano di dare comunicazione alle autorità competenti delle infrazioni di cui hanno notizia (art. 55, comma 5). Il delitto, tipicamente omissivo, è punito a titolo di dolo generico. Ciò significa che presuppone negli agenti la consapevolezza di omettere talune delle comunicazioni richieste dalla normativa antiriciclaggio. Tabella delle sanzioni penali applicabili al professionista SANZIONI PENALI APPLICABILI AL PROFESSIONISTA NORMA SOGGETTI DESTINARI art. 55, c. 1 art. 55, c. 4 art. 55, c. 5 art. 55, c. 8 Chiunque TIPOLOGIA DELLA VIOLAZIONE Inosservanza dell’obbligo di adeguata verifica della clientela SANZIONE NORME DI RIFERIMENT O Multa da 2.600 a 13.000 euro Titolo II, Capo I, artt. da 15 a 35 Soggetti di cui agli artt. 11, 12, 13 e 14 Omessa, tardiva o incompleta registrazione delle Multa da 2.600 a informazioni 13.000 euro relative al cliente e delle operazione effettuate art. 36 Organi di controllo Omessa Reclusione fino a comunicazione alle un anno e multa autorità competenti da 100 a 1.000 delle infrazioni di euro cui hanno notizia art. 52 Soggetti di cui all’art. 10, c. 2, 11, 12, 13 e 14 Chiunque sia a conoscenza della segnalazione Violazione degli obblighi di riservatezza Arresto da sei mesi a un anno o ammenda da 5.000 a 50.000 euro. art. 46, c. 1 art. 48, c. 4 Tabella delle sanzioni penali applicabili al cliente SANZIONI PENALI APPLICABILI AL CLIENTE NORM A SOGGETTI DESTINARI TIPOLOGIA DELLA VIOLAZIONE SANZIONE NORME DI RIFERIMENT O Omessa o falsa indicazione delle Reclusione da sei Titolo II, Capo art. 55, Esecutore generalità del mesi a un anno e I, c. 2 dell’operazione soggetto per conto multa da 500 a artt. da 15 a 35 del quale è eseguita 5.000 euro l’operazione Omesse o false Arresto da sei informazioni sullo scopo e sulla natura mesi a tre anni e Titolo II, Capo art. 55, Esecutore ammenda da del rapporto I, c. 3 dell’operazione continuativo o della 5.000 a 50.000 artt. da 15 a 35 euro prestazione professionale L’irrogazione delle sanzioni La normativa antiriciclaggio prevede una diversificazione delle procedure di irrogazione delle sanzioni in relazione alla tipologia della sanzione e dei soggetti coinvolti. In ordine alla commissione dei reati specificatamente previsti dalla legge antiriciclaggio, la sedes materiae di disciplina è ovviamente il codice di procedura penale. Ciò significa che, quando emergono fatti che nell’immediatezza appaiono di rilievo penale, la UIF ne informa direttamente l’autorità giudiziaria, avendone l’obbligo ai sensi dell’art. 331 c.p.p. Al termine delle eventuali indagini preliminari, se ritiene che la notizia di reato sia fondata, il p.m. esercita l’azione penale innanzi al giudice competente. Di recente, MEF e Guardia di Finanza sono stati sollecitati in merito al pesante regime sanzionatorio previsto dal legislatore per le violazioni dell’obbligo di registrazione. Come sopra riportato, l’art. 55, co. 4, del d.lgs. 231/2007 impone l’applicazione di una sanzione penale, consistente nella multa pecuniaria di importo variabile da 2.600 a 13.000 euro, a carico di chi, essendovi tenuto, ometta di effettuare la registrazione di cui all’art. 36, ovvero la effettui in modo tardivo o incompleto. Si è chiesto, prima al MEF e poi alla GdF, se nell’ipotesi di irregolarità multiple il soggetto sanzionato possa avvalersi del disposto di cui all’art. 81 c.p. (Concorso formale. Reato continuato), commi 1 e 2. Il primo comma prevede che «È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge», mentre il secondo dispone che «Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge». Sul punto, il MEF rileva correttamente come competa esclusivamente al giudice penale, in sede di determinazione e quantificazione della pena, ravvisare o meno l’esistenza del vincolo di continuazione. Conformemente, la GdF osserva che il riconoscimento di tale vincolo - nelle fattispecie a rilevanza penale - è rimesso alla insindacabile discrezionalità del giudice, che gradua la gravità della qualificazione del fatto nel rispetto dei criteri stabiliti dall’art. 133 c.p.7. Nel caso di specie, rileva in modo precipuo la condotta posta in essere dal reo, che il giudice dovrà valutare con particolare attenzione al fine di verificare l’eventuale sussistenza del “medesimo disegno criminoso” di cui al citato secondo comma dell’art. 81 c.p. Richiamando la giurisprudenza esistente sull’argomento, la GdF osserva, peraltro, che detto disegno criminoso non è ravvisabile in un generico proposito delinquenziale, dovendo al contrario essere ricercato in un “programma precostituito che comprenda le azioni od omissioni concepite e volute ab initio nelle loro essenziali linee”. Ne consegue che l’applicabilità dell’art. 81 c.p. deve essere esclusa ogni qualvolta la condotta posta in essere sia frutto di una decisione autonoma determinata da circostanze occasionali. Sull’argomento, anche alla luce dell’interpretazione sopra riportata, non può omettersi di ribadire che la sanzione penale per l’omessa o tardiva registrazione appare sproporzionata rispetto alla gravità della violazione. Allo stato attuale la fattispecie viene trattata alla stregua di un delitto di natura omissiva: la condotta consiste nella effettuazione della registrazione in maniera insufficiente e intempestiva, vale a dire oltre il termine di trenta giorni dal compimento 7 L’art. 133 c.p. (Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena) testualmente recita: “Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione; 2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta: – dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; – dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; – dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; – dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.” dell’operazione prescritto dall’art. 36, co. 3, del Decreto, mentre l’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico. Il che, francamente, appare davvero eccessivo rispetto ad un obbligo avente ad oggetto un adempimento meramente formale, peraltro nemmeno contemplato a livello comunitario. Sul punto, infatti, non può omettersi di ribadire con forza che la direttiva 2005/60/CE non contempla alcun obbligo di registrazione, limitandosi a prevedere l’imposizione, nei confronti dei destinatari della disciplina, di un generico obbligo di conservazione dei documenti (art. 30). Né tale obbligo è introdotto dalla Proposta di quarta direttiva che - a dispetto della errata traduzione della rubrica del Capo V (“Obblighi di registrazione e dati statistici”) - non si discosta da quanto attualmente previsto in materia di conservazione di documenti e informazioni. Gli aspetti sanzionatori nella Proposta di quarta direttiva antiriciclaggio In sede di redazione della bozza di quarta direttiva comunitaria, la Commissione UE ha esaminato anche i profili sanzionatori connessi alla violazione della normativa antiriciclaggio, ritenendo di dover indicare una gamma di sanzioni che gli Stati membri devono prevedere per la violazione sistematica dei principali obblighi imposti ai soggetti destinatari delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, conservazione dei documenti, segnalazione di operazioni sospette e controlli interni. Al sistema sanzionatorio è dedicata grande attenzione nel Considerando (41) della Proposta, ove si prende atto dell’estrema eterogeneità delle misure e delle sanzioni amministrative imposte dagli Stati membri per la violazione degli obblighi antiriciclaggio, che potrebbe rivelarsi fortemente lesiva degli sforzi compiuti per contrastare il riciclaggio/fdt e rendere frammentaria la risposta a livello europeo. Ecco perché la bozza di direttiva si propone di fornire una vasta gamma di misure e sanzioni amministrative, tale da consentire agli Stati membri e alle autorità competenti di tenere conto delle differenze tra i diversi soggetti tenuti al rispetto degli obblighi antiriciclaggio, in termini di dimensioni, caratteristiche e settori di attività (si pensi, ad esempio, alla diversità tra intermediari finanziari e professionisti). Gli Stati membri, pertanto, dovrebbero garantire un sistema sanzionatorio conforme alle prescrizioni della direttiva, verificando in particolare che le sanzioni penali previste in conformità con il diritto nazionale non violino il principio del ne bis in idem. Nel nostro ordinamento, il Titolo V del d.lgs. 231/2007 ha predisposto un complesso sanzionatorio “dualistico”: la violazione della normativa antiriciclaggio, infatti, può determinare la commissione di illeciti di natura sia penale (art. 55) sia amministrativa (artt. 56 e 57). Anche con riferimento ai professionisti, l’inadempimento o il non corretto adempimento degli obblighi di collaborazione attiva previsti dal d.lgs. 231/2007 determina una responsabilità che può essere penale oppure amministrativa, a seconda della violazione commessa. Tuttavia il sistema sanzionatorio, così come in precedenza delineato, non pare conforme al principio comunitario in virtù del quale le misure adottate dalle autorità competenti nei confronti dei soggetti obbligati che violino le disposizioni di recepimento della normativa comunitaria devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. In particolare, il principio di proporzionalità non sembra essere osservato laddove le sanzioni penali previste dal d.lgs. 231/2007 colpiscono anche condotte di modesta potenzialità lesiva, magari imputabili ad inefficienze della struttura organizzativa, spesso non adeguata (si pensi a studi professionali di modeste dimensioni). L’attuale assetto sanzionatorio è, peraltro, caratterizzato da alcune evidenti incongruenze: con riguardo alle fattispecie penalmente rilevanti, ad esempio, il reato di violazione degli obblighi di identificazione è individuato in modo generico e non include gli altri obblighi di adeguata verifica (ottenimento di informazioni sullo scopo e sulla natura della prestazione, controllo costante), né quelli di conservazione, aventi ad oggetto l’istituzione del fascicolo della clientela. Sul punto, come già accennato, la direttiva riveduta indica una gamma di sanzioni che gli Stati membri dovrebbero prevedere anche per la violazione sistematica degli obblighi di adeguata verifica della clientela e di conservazione dei documenti. Alla luce di tali considerazioni, il recepimento della quarta direttiva potrebbe costituire un’occasione per la revisione dell’attuale sistema sanzionatorio, limitando l’applicazione delle sanzioni penali alle violazioni oggettivamente connotate dall’utilizzo di dati o documenti falsi e degradando al rango di violazioni amministrative tutte le altre, secondo criteri di proporzionalità ed effettività. Sul punto, si richiama la proposta ministeriale della Commissione Greco (Ministero della giustizia, Relazione conclusiva del gruppo di studio per l’autoriciclaggio, 23 aprile 2013, in www.giustizia.it) che, in merito ad un riassetto dell’attuale sistema sanzionatorio, suggerisce di: “i) limitare la previsione di sanzioni penali a talune rilevanti violazioni degli obblighi di adeguata verifica e di registrazione in quanto connotate, sul piano oggettivo, dall’utilizzo di dati o documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti; ii) prevedere sanzioni amministrative per le altre violazioni degli obblighi oggetto di depenalizzazione; iii) prevedere sanzioni di importo proporzionato e dissuasivo per le violazioni amministrative; iv) rivedere e snellire il procedimento sanzionatorio; v) stabilire che le omesse segnalazioni di operazioni sospette siano contestate alla persona giuridica, con diritto di regresso verso il responsabile effettivo, e che il massimo e il minimo edittale della sanzione siano determinati in misura fissa e non in relazione al valore delle operazioni non segnalate”. Gli esiti delle prime verifiche antiriciclaggio presso gli studi professionali Sulla scorta di alcuni dati resi disponibili dalla Guardia di Finanza alla fine del 2013, è possibile riepilogare gli esiti delle prime verifiche antiriciclaggio presso gli studi professionali. In dettaglio, tra il 2010 e il 2013 sono state effettuate 283 ispezioni nei confronti dei professionisti ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 231/2007 (il dato è aggiornato ad agosto 2013). Per quanto riguarda le irregolarità più frequentemente contestate, su 103 interventi eseguiti nel corso del 2012 sono state accertate 71 violazioni penali, la cui tipologia è schematicamente esposta nella tabella che segue. Tabella delle sanzioni penali – anno 2012 NUMER NATURA TIPOLOGIA O DELLA DELLA VIOLAZ VIOLAZION CONTESTAZION IONI E E 40 Penale Penale 28 1 1 Penale Penale Penale 1 Violazione degli obblighi di registrazione Violazione degli obblighi di identificazione della clientela Ipotesi di riciclaggio Trasferimento fraudolento di valori Falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico Per l’anno 2013 la GdF ha confermato un trend di risultati analogo a quello evidenziato per l’anno precedente.