Scarica - Riccardo Concetti
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Estratto Leo Spitzer Lo stile e il metodo Atti del XXXVI Convegno Interuniversitario (Bressanone/Innsbruck, 10-13 luglio 2008) a cura di Ivano Paccagnella e Elisa Gregori 0HQJDOGRLQGG Questo volume è stato stampato con il contributo del Dipartimento di Romanistica dell’Università degli Studi di Padova © 2010 Esedra editrice s.r.l. via Palestro, 8 - 35138 Padova Tel e fax 049/723602 e-mail: [email protected] www.esedraeditrice.com 0HQJDOGRLQGG Quaderni del Circolo Filologico Linguistico Padovano - 24 fondati da Gianfranco Folena 0HQJDOGRLQGG 0HQJDOGRLQGG Riccardo Concetti Spitzer e Hofmannsthal: romanisti nella Vienna del primo Novecento «Le mot est le mot de la situation».1 Posto in esergo all’importante ma poco conosciuto lavoro spitzeriano del 1918 sulla Groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns (Forma ed estetica linguistica grottesca di Christian Morgenstern) e basato sul fatto che mot, in francese, significa sia parola sia soluzione di un indovinello, questo bisticcio tautologico è più di un semplice bon mot ma racchiude in sé lo spunto di un vero e proprio programma culturale. Anticipando e sintetizzando i risultati del presente contributo, si può dire che se il secolo decimonono era trascorso sotto l’influsso dalla traduzione faustiana dell’incipit del Vangelo di Giovanni: «Im Anfang war die Tat» (in principio era l’azione), il novecentesco percorso intellettuale di Spitzer fu tutto orientato all’obiettivo di ricostituire la dizione originaria del passo biblico senza però obliterarne il senso moderno. La direttiva di questo movimento verso una nuova parola risponde sia alle esigenze dettate dal vissuto personale del critico, ossia all’Erlebnis che tanta parte ha nella sua riflessione e tanto affascina i suoi lettori, sia ai fermenti storico-politici, filosofici, linguistici e letterari che animavano la capitale absburgica della fin de siècle. In particolare, le pagine che seguono intendono proporre una rilettura di quella «prima maniera»2 spitzeriana che a causa di una confusione generata dallo stesso critico è stata detta «psicostilistica», ma la cui novità e maggiore validità sta né nel concetto di stile, né nell’ingenuo psicologismo, bensì nello spirito militante che la anima. Un breve confronto con il viennese Hugo von Hofmannsthal, il quale, pochi anni prima di Spitzer, si è trovato a dover rispondere agli stessi stimoli sociali e intellettuali, sarà di profitto alla trattazione. Se ha ragione Spitzer a riformulare il vecchio adagio scolastico affermando che individuum non est ineffabile, la via più diretta per avviare una descrizione del suo percorso intellettuale giovanile può essere quella di osare, 1 L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, in Motiv und Wort. Studien zur Literatur- und Sprachpsychologie, Leipzig, Reisland, 1918, p. 53. 2 J. Starobinski, Leo Spitzer et la lecture stylistique, in L. Spitzer, Études des style, Paris, Gallimard, 1970, p. 17. Concetti.indd 33 07/07/10 16:51 34 riccardo concetti per quanto goffamente, un’analisi stilistico-etimologica di quella parola cui fu più intimamente legato, il suo stesso nome. Siegfried Leo Spitzer: così si chiamava in maniera completa, come attesta autorevolmente il curriculum vitae autografo del 6 aprile 1910 allegato alla domanda di ammissione all’esame di dottorato.3 Già Gumbrecht menziona questo dato anagrafico, senza però leggervi oltre.4 Ma a prendere sul serio il motto latino nomen omen, si scopre dietro al doppio appellativo di Spitzer, poi abbandonato, l’accenno di un preciso progetto di Bildung. Mentre, infatti, il wagneriano e nibelungico Siegfried fa pensare al desiderio paterno di garantire al figlio una qualche rispettabilità germanica, Leo, nome che ricorda il leone della tribù di Giuda ed era per questo molto diffuso tra gli ebrei mitteleuropei del tempo, sembra essere aggiunto per non recidere i ponti con la propria provenienza etnica e religiosa. In questo esercizio di equilibrismo fra assimilazione e tradizione ritroviamo la fiducia della rampante generazione del padre Wilhelm5 di mettere al mondo una prole sì ebraica ma anche integrata nella società moderna; in essa scorgiamo anche però, come adombrato, il destino del figlio, che conobbe invece un’Austria e poi una Germania sempre più impaludate nell’intolleranza e nell’odio razziale innalzati a principio politico. Germanesimo e consapevolezza ebraica costituiscono dunque i due poli entro i quali Spitzer si trovò a dover collocare la sua identità personale e culturale. Per essere più precisi va però osservato che, a detta dello stesso critico, nella sua infanzia e prima giovinezza solo l’educazione tedesca svolse un ruolo esplicito, mentre la componente ebraica restò in secondo piano. In una lettera del 30 aprile 1919 a Hugo Schuchardt – il grande romanista con cui, sin dal 1912, intratteneva un foltissimo carteggio e che lo influenzò come o forse più del suo maestro Meyer-Lübke – Spitzer ricorda: Nella mia infanzia non ho ricevuto un’educazione marcatamente ebraica (per 3 «Endesgefertigter ist am 7. Februar 1887 in Wien geboren und absolvierte daselbst die öffentliche Volks- und Mittelschule, von welch letzterer er 1906 mit einem Reifezeugnis mit Auszeichnung abging. Nachdem er sich auf Reisen nach Frankreich und Italien mit den dortigen Sprachen vertraut gemacht hatte, bezog er Herbst 1907 [corretto in 1906] die Wiener Universität und widmete sich dem Studium der romanischen Sprachen. | Siegfried Leo Spitzer, | Wien, I. Spiegelgasse 10 | Wien, am 6. April 1910». In Archiv der Universität Wien (di seguito: AUW), Rigorosenakt des Siegfried Leo Spitzer, Phil. Rig. Akt, PN 2900, fol. 6. 4 H.U. Gumbrecht, «Methode ist Erlebnis». Leo Spitzers Stil, in Vom Leben und Sterben der großen Romanisten. Carl Vossler, Ernst Robert Curtius, Leo Spitzer, Erich Auerbach, Werner Krauss, München e Wien, Hanser, 2002, p. 90. 5 Uomo di successo, egli aveva accumulato intorno agli anni sessanta del XIX secolo un ingente patrimonio grazie a estese proprietà boschive e alle connesse segherie in Moravia. Cfr. B. Hurch, Schuchardt und Spitzer, in Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, a cura di B. Hurch, con la collaborazione di N. Bender e A. Mullner, Berlin e New York, De Gruyter, 2006, p. XXIII. Concetti.indd 34 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 35 esempio verso il sionismo). Sono le sage e le favole tedesche, ma anche la storia della Rivoluzione francese e di Napoleone e la musica italiana, ad avermi lasciato l’impressione più grande. Fino al ginnasio superiore ero convinto della grandezza del germanesimo. Questi poeti, questi musicisti!6 L’incondizionata passione adolescenziale per la grande letteratura dell’Ottocento tedesco è comune a tutti gli intellettuali ebrei della Mitteleuropa nati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, da Stefan Zweig a Karl Kraus, da Elias Canetti a Paul Celan. Tuttavia, dalle parole di Spitzer traspare che, quando scrive, a trentadue anni, un simile atteggiamento apparteneva alla sua preistoria intellettuale: da lungo tempo, infatti, l’iniziale infatuazione aveva lasciato il passo a un più maturo interesse diventato ormai una professione, quello per le lingue e le letterature romanze. Ma come, sotto la pressione di quali fattori storici, si verificò questo orientamento dall’iniziale germanesimo all’internazionalismo della Romanistica? La prima risposta che viene in mente è quella suggerita dallo stesso critico e più volte ripresa dai suoi commentatori.7 Nessun lettore avrà infatti dimenticato quella fervida evocazione della capitale absburgica di fine secolo con cui prende avvio il fondamentale saggio metodologico Linguistics and Literary History.8 Se si riprenderanno in mano quelle pagine, ci si renderà conto che la cultura romanza rappresentò per il giovanissimo Spitzer un oggetto di fascinazione non tanto di per sé, ma in qualità di raddoppiamento di quella del proprio paese. Lo dice espressamente il testo e lo conferma, sul piano stilistico, quella triplice serie di opposizioni ossimoriche con cui viene descritta la letteratura francese (che, pars pro toto, sta per l’intera romanistica) e che palesemente rappresenta una continuazione di quella precedente dedicata a Vienna. Qui il passo direttamente nell’originale inglese: I had decided […] to study the Romance languages and particularly French philology, because, in my native Vienna, the gay and orderly, skeptic and sentimental, Catholic and pagan Vienna of yore was filled with adoration of the French way of life. I had always been surrounded by a French atmosphere and, at that juvenile stage of experience, had acquired a picture, perhaps overgeneralised, of French literature, which seemed to me definable by an Austrianlike mixture of 6 «Ich habe in meiner ganzen Kindheit keine jüdisch betonte Erziehung (etwa zum Zionismus) durchgemacht. Deutsche Sagen und Märchen, allerdings auch die Geschichte der frz. Revolution und Napoleons und italienische Musik haben auf mich den größten Eindruck gemacht. Bis ins Obergymnasium war ich von der Größe deutschen Wesens überzeugt. Diese Dichter, diese Musiker!» In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 121. 7 G. Contini, Tombeau de Leo Spitzer, in Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (19381968), Torino, Einaudi, 1970, pp. 651-660 e in L. Spitzer, Saggi di critica stilistica. Maria di Francia - Racine - Saint-Simon, Firenze, Sansoni, 1985, pp. 285-295. 8 In L. Spitzer, Linguistics and Literary History. Essays in Stylistics, New York, Russel & Russel, 1962, pp. 1-39. Concetti.indd 35 07/07/10 16:51 36 riccardo concetti sensuousness and reflection, of vitality and discipline, of sentimentality and critical wit.9 La dedizione allo studio delle lingue e letterature neolatine si concretizzò dunque sotto una spinta narcisistica di rispecchiamento e di autoidentificazione: sotto un’urgenza cioè ben più personale di quanto il saggio non dia a credere. A leggere bene tra le righe, infatti, si comprende che l’entusiasmo del giovane studente era rivolto non tanto a un’astratta «idea di Austria»10 quanto a uno specifico tipo umano, ossia a un profilo non collettivo ma individuale. Ne è prova il fatto che, nel paragrafo successivo dedicato all’esposizione e alla critica del metodo di Meyer-Lübke, egli si chieda «but where was reflected in this teaching my sensuous, witty, disciplined Frenchman […]?»,11 utilizzando non solo il nome di nazionalità al singolare ma anteponendovi un aggettivo possessivo fortemente rivelatore. In altre parole, sotto la voce dello Spitzer maturo che continua a ragionare secondo gli stereotipi della Völkerpsychologie ottocentesca, pare di udire quella del giovane studente che è invece accanitamente alla ricerca di una sua nazionalità ideale. D’altronde, non salta forse all’occhio che le qualità contraddittorie attribuite all’Austria e alla Francia sono quelle che identificavano lo stesso Spitzer: il suo acume, la sua sensualità,12 la sua «Sturm- und Drangnatur»,13 il suo carattere, come dice Renzi con impareggiabili mordente e tatto, «intemperante»?14 Pregi e difetti personali a parte, il principale aspetto messo in rilievo dall’analisi appena proposta è che la scelta della Romanistica corrispose a una crisi d’identità e a una conseguente ricerca di sé. L’elemento scatenante di questa crisi rimanda, si intuirà, a quell’omen scritto nel suo nomen. Riprendendo la già citata lettera del 30 aprile 1919 a Schuchardt, si troverà un fervido resoconto degli anni di scuola passati al k.k. Franz-JosephGymnasium15 e dell’ambiente universitario viennese. Il sipario operettistico In L. Spitzer, Linguistics and Literary History. Essays in Stylistics, cit., p. 2, mio il corsivo. L’espressione «österreichische Idee» fu coniata proprio da Hofmannsthal al tempo della Grande guerra, nel 1917, cfr. H.v. Hofmannsthal, Die österreichische Idee, in Gesammelte. Reden und Aufsätze II. 1914-1924, a cura di B. Schoeller e R. Hirsch, Frankfurt a. M., Fischer, 1979, pp. 454-458. 11 L. Spitzer, Linguistics and Literary History, cit., p. 3, mio il corsivo. 12 Cfr. H.U. Gumbrecht, «Methode ist Erlebnis». Leo Spitzers Stil, cit., p. 84 che parla di balli organizzati a Marburg. 13 Questa autodefinizione, datata «Vienna 1918», si trova nella dedica di: L. Spitzer, Aufsätze zur romanischen Syntax und Stilistik, Halle, Niemeyer, 1918. 14 L. Renzi, Presentazione, in L. Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918, Torino, Boringhieri, 1976 (ed. orig. Italienische Kriegsgefangenenbriefe. Materialien zu einer Charakteristik der volkstümlichen italienischen Korrespondenz, 1921), p. XIII. 15 Cfr. AUW, Personalakt Leo Spitzer, PH PA 3217, fol. 3. Cfr. anche H.U. Gumbrecht, «Methode ist Erlebnis». Leo Spitzers Stil, cit., p. 90. In questo istituto ebbe come insegnante il brillante filologo e storico della letteratura austriaca Eduard Castle, dal quale Spitzer fu in9 10 Concetti.indd 36 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 37 dell’Austria felix si squarcia, rivelando il quadro ben più fosco dell’antisemitismo: Fino al ginnasio superiore ero convinto della grandezza del germanesimo. Questi poeti, questi musicisti! Anche i miei colleghi la pensavano come me: «avanzo di ghetto» era l’offesa peggiore. Nell’ottavo anno del ginnasio si compì una separazione dei tedeschi dagli ebrei: eravamo in tutto quaranta studenti, di cui venti ebrei, venti cristiani, dei tredici più meritevoli dodici erano ebrei. Gli ebrei erano astemi, i cristiani bevevano. Gli ebrei si gustavano Goethe e Wagner, i cristiani si chiamavano l’un l’altro Totila e Gundomar. Io non riuscivo a capire perché i tedeschi ci avversassero tanto se durante i compiti in classe copiavano da noi. All’università tutto era ormai tedesco: ma in me l’entusiasmo per il germanesimo era svanito, dacché non credevo più di vedere lo spirito di Eichendorff, Goethe, Beethoven, ma lo spirito dell’oppressione di ogni alterità, quando in aula, alle mie spalle, si diceva «ebrei porci», quando un avviso di laurea scritto in ceco veniva stracciato dal signor bibliotecario d’istituto, quando gli italiani erano esclusi da un’associazione accademica di romanisti, quando, ancora libero docente, alcuni camerati tedeschi, invitati con me a casa di Meyer-Lübke, non sapevano se dovessero darmi la mano [...].16 Il trentenne Spitzer espone qui il suo psicodramma, trasmettendo uno sdegno e una rabbia che lasciano il segno anche nel lettore di oggi, e dei quali lui stesso si dovette liberare molto tardi.17 Il quadro umano e sociale che viene rievocato ha tuttavia un valore che travalica quello della, pure sa- dirizzato a Meyer-Lübke Cfr. la lettera del 18 maggio 1921, in Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 201. 16 «Bis ins Obergymnasium war ich von der Größe deutschen Wesens überzeugt. Diese Dichter, diese Musiker! Auch meine Schulkollegen dachten wie ich: “leopoldstädtisches” [la Leopoldstadt, quartiere viennese, era principalmente abitata da ebrei, soprattutto dai meno abbienti, nda] Wesen war der ärgste Schimpf. In der 8. Gymn.-Kl. vollzog sich eine Sonderung der Deutschen von den Juden: wir waren im ganzen 40 Schüler, darunter 20 Juden 20 Christen, von den 13 Vorzugsschülern waren 12 Juden. Die Juden waren Antialkoholiker, die Christen tranken. Die Juden genossen Goethe und Wagner, die Christen nannten einander Totila und Gundomar. Mir war es unbegreiflich, wieso die Deutschen sich uns gegenüber so feindlich stellten, wo sie bei Schularbeiten von uns abschrieben. | Auf der Universität war nun alles deutsch: aber verflogen war in mir die Begeisterung für deutsches Wesen, als ich nicht mehr den Geist Eichendorffs, Goethes, Beethovens zu sehen glaubte, sondern den Geist der Unterdrückung alles fremden Wesens, wenn hinter mir laut im Vorlesungssaal von “Saujuden” gesprochen wurde, wenn eine tschechische Promotionsanzeige vom Herrn Seminarbibliothekar zerrissen wurde, wenn Italiener in einem akademischen Romanistenverein ausgeschlossen waren, wenn noch als Privatdozent deutsche Couleurbrüder, bei Meyer-Lübke mit mir eingeladen, nicht wußten, ob sie mir die Hand geben sollten...». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 121. 17 Una chiara eco di tale indignazione è presente nel saggio del 1938, scritto da Baltimora: Mes souvenirs de Meyer-Lübke, in «Le francais moderne», VI, 1938, pp. 213-224. Concetti.indd 37 07/07/10 16:51 38 riccardo concetti crosanta, indignazione per un torto subito; ché la scelta della Romanistica, in questo contesto, si rivela come il tentativo di Spitzer di conquistarsi una prospettiva di autorealizzazione personale e intellettuale contro l’odio razziale cui era esposto. Dallo spirito romanzo doveva infatti trarre linfa vitale quella (utopica) Vienna «internazionale e francese»18 di cui egli voleva essere cittadino e con la quale si identificava. Sul passaporto di questa res publica literarum il vecchio nome Siegfried non poteva più stare, ed è significativo che esso non compaia né sulle pubblicazioni né sui documenti presentati per la domanda di abilitazione alla libera docenza.19 Per una Romanistica così intesa, collocata proprio a cavallo tra germanesimo ed ebraismo, si potrebbe anche parlare, per usare la formula di Homi Bhabha, di un «terzo spazio» che, si badi bene, nulla ha a che spartire con il vagheggiamento di un mondo irenico e conciliato, ma, al contrario, esprime la volontà di resistenza all’ingiustizia, il tentativo attivistico di cambiare se non il mondo almeno la propria condizione. Ancora nel 1924, un anno prima della sua chiamata a Marburg, Spitzer scriveva infatti a Schuchardt: «Continuo a stupirmi della calma con cui si sopporta l’ingiustizia perpetrata contro gli ebrei […]. È da anni che non pretendo che questo: giustizia, cioè un trattamento corretto, individualmente adeguato a me».20 All’interno di questo quadro si comprendono meglio le ragioni dell’impegno politico del giovane Spitzer: «Au point de vue politique», ricorda lui stesso, «j’avais en ce temps-là des idées nettement de gauche, démocratiques, pacifistes, socialistes».21 Anche se questo aspetto militante della 18 Cfr. la lettera del 18 maggio 1921: «Ich habe gewiß früher als Kind des internationalen französischen Wien für das Volkliche wenig Sinn gehabt – obwohl mich Eichendorffs Wälder, Brahms stille Sonnenhöhen, Goethe’s [!] deutsche Grazie stets hingerissen haben. Ich habe mich weiter im Kriege von dem herausfordernden Wesen der Chauvinisten abgestoßen gefühlt. Heute, wo Deutschland durch perfide Ränke bedroht ist, fühle ich das deutsche Leid so gut wie nur einer: [...]. Ich bin überzeugt, daß wir Juden sterben müssen als Juden und aufgehen im deutschen Volke – hätte ich Kinder, sie würden Christen wie meine Frau Christin ist». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit. p. 200. 19 Il curriculum vitae allegato alla richiesta di abilitazione alla libera docenza è datato 12 giugno 1912, cfr. AUW, Personalakt Leo Spitzer, PH PA 3217, fol. 4. La commissione di facoltà, composta dai docenti Wilhelm Meyer-Lübke, Philipp August Becker, Jakob Schipper, Karl Luick, Paul Kretschmer, Rudolf Much e Hans Molisch, accolse la domanda in data 7 novembre 1912; il decreto ministeriale di nomina porta la data dell’8 aprile 1913. Cfr. AUW, Personalakt Leo Spitzer, PH PA 3217. Ovviamente, l’abbandono del primo nome non implica la rinuncia di Spitzer al desiderio di piena assimilazione; lo testimonia la corrispondenza con Vossler riportata da H.U.Gumbrecht, «Methode ist Erlebnis». Leo Spitzers Stil, cit., p. 98, e le lettere a Schuchardt riportate nelle note 18 e 24. 20 Cfr. la lettera del 12 giugno 1924: «Ich wundere mich immer wieder über die Gelassenheit, mit der man Unrecht an Juden erträgt [...]. Ich verlange seit vielen Jahren nichts als: Recht und zwar individuell auf mich abgepaßte rechtmäßige Behandlung». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 333. 21 L. Spitzer, Mes souvenirs de Meyer-Lübke, cit., p. 218. Concetti.indd 38 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 39 sua prima produzione è già noto (è stato approfondito da Renzi e, più di recente, ripreso con insistenza da Hurch)22, e non è il caso di soffermarvisi, non si può insistere abbastanza sul fatto che la vera matrice della rara capacità dimostrata dal giovane Spitzer23 di derivare dall’osservazione linguistica principi di egualitarismo, democrazia, «sovranazionalismo»24 e rispetto delle diversità culturali, capacità appresa certo da Schuchardt, sta in quel suo vissuto tutto austriaco racchiuso fra «Siegfried» e «Leo». Dunque le lingue e letterature neolatine costituirono per l’ebreo Spitzer, il quale si sentiva braccato, a scuola e all’università, dalle orde dei nazionalisti tedeschi, la “sua” nazione d’elezione. Eppure, la sorte volle che questa Romanistica, invece di assicurargli una patria, lo spinse a un continuo esilio (le tappe delle sue peregrinazioni sono ben conosciute): dapprima perché l’Università di Vienna era matrigna nei confronti degli ebrei25 e senza Meyer-Lübke, trasferitosi a Bonn nel 1915, Spitzer non aveva speranze di ottenere una cattedra; poi perché cacciato dal sopraggiungere del nazismo. Insomma, l’amato studio delle culture romanze fece di lui una sorta di ebreo errante, continuamente condannato, come lui stesso disse, al destino di «sconfinamento».26 Ma il dato più importante, di là da ogni biografismo, è che questo Erlebnis gli suggerì un suo “metodo”; e su di esso è ormai il caso di concentrarsi. Per sottolineare le principali novità dell’approccio critico del giovane Spitzer può risultare utile un breve paragone con un famoso autore che fu, in un certo modo, suo collega viennese: Hugo von Hofmannsthal (18741929). Poeta sin da giovanissimo e autore di versi che si contano fra i più belli tra quelli scritti in tedesco, poi scrittore di teatro e librettista, egli fu una delle voci più autorevoli della cultura austriaca moderna. Anche la sua famiglia, come rivela chiaramente il nome, era di origini ebraiche, sebbene 22 Cfr. L. Renzi, Presentazione, cit., pp. XVI-XVIII e B. Hurch, Schuchardt und Spitzer, cit., pp. XXII-XIX. 23 Si intende fare riferimento alla copiosa produzione scientifico-divulgativa degli anni della Grande guerra fino allo stesso 1919: le conferenze tenute presso la casa del popolo di Ottakring (Volksheim Ottakring) e presso l’Urania, un centro viennese per l’educazione popolare; gli interventi critici pubblicati in riviste pacifistiche come «Der Friede» o «Die Wage» (1918-19); i pamphlet del 1918 Anti-Chamberlain e Fremdwörterhatz und Fremdvölkerhaß. 24 Cfr. la lettera dell’8 novembre 1918: «Sie wissen, daß ich übernational denke, am ehesten mich aber natürlich als Deutschen fühle». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 99. 25 Cfr. la lettera del 24 novembre 1912: «Konfessionelle Bedenken, die wie immer im lieben Österreich in der Fakultätssitzung auftauchen, hat Meyer-Lübke mit der Macht seines Wortes beseitigt». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 5. Vedi anche L. Spitzer, Mes souvenirs de Meyer-Lübke, cit. 26 Cfr. la lettera del 27 settembre 1923: «Der jüdische Geist ist kritisch “entgrenzend” veranlagt. Er sieht keine Grenzen, keine Kästchen, keine Schranken. Er spinnt sich nicht ein in selbstgeschaffene Schlagwörter». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 295. Concetti.indd 39 07/07/10 16:51 40 riccardo concetti già il nonno si fosse convertito al cristianesimo:27 un dato biografico significativo per Spitzer che, sempre in una lettera a Schuchardt, sembra abbozzare attorno a Hofmannsthal un canone di letteratura austriaca ebraicocristiana che, a dirla tutta, lascia alquanto perplessi.28 Non sono conosciuti rapporti diretti tra Hofmannsthal e Spitzer. Il nome di quest’ultimo non compare negli indici del regesto delle lettere di Hofmannsthal,29 cosicché è praticamente da escludere che vi sia mai stato uno scambio epistolare fra loro. Spitzer, inoltre, non è presente nel repertorio bibliografico hofmannsthaliano, non trovandosi né tra i soggetti di recensioni, né tra i collaboratori delle riviste redatte dall’autore (per esempio «Neue deutsche Beiträge»);30 neppure risulta tra le tante liste di lettura conservate negli appunti sparsi del lascito dell’autore.31 D’altro canto, anche negli scritti di Spitzer la presenza di Hofmannsthal è rara: il quale, a mo’ di esempio, risulta citato negli Stilstudien solo tre volte.32 L’unico concreto trait d’union è costituito dalla loro comune provenienza e dal fatto che erano, in pratica, colleghi. Quando, infatti, Spitzer si iscrisse alla Facoltà di Filosofia di Vienna, nel 1906, Hofmannsthal si era già lasciato alle spalle da qualche anno il tentativo fallito (meglio, lasciato cadere) di accedere alla carriera accademica come romanista. Insoddisfatto dell’iniziale studio della giurisprudenza, nel 1895 il giovane poeta, dotato di una «autentica facilità nell’apprendere le lingue e coglierne lo spirito»,33 passò allo studio della filologia neolatina.34 In quegli anni l’istituto di Romanistica viennese era ancora diretto dal suo fondatore, lo spalatino Adolfo Mussafia (1835- Cfr. U. Weinzierl, Hofmannsthal. Skizzen zu seinem Bild, Wien, Zsolnay, 2005, p. 26. Cfr. la lettera del 18 maggio 1921: «Ferner gibt es eine judenchristliche [Literatur, nda]: Schnitzler, Hofmannsthal, Beer-Hofmann, die im Ausland jedenfalls als ‘österreichische’ angesprochen wird». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 202. In realtà né Schnitzler né Beer-Hofmann erano cristiani. Hofmannsthal, da parte sua, non gradiva affatto essere considerato uno scrittore ebraico, cfr. U. Weinzierl, Hofmannsthal. Skizzen zu seinem Bild, cit., pp. 22-23. 29 H.v. Hofmannsthal, Brief-Chronik. Regest-Ausgabe, a cura di M.E. Schmid, Heidelberg, Winter, 2003. Una ricerca presso la documentazione della redazione della Historisch-kritische Ausgabe dell’autore (Freies Deutsches Hochstift, Frankfurt a. M.) ha ugualmente dato esito negativo. 30 H. Weber, Hugo von Hofmannsthal. Bibliographie des Schrifttums, Berlin, de Gruyter, 1966. 31 Informazione ricevuta da Ellen Ritter, curatrice dei volumi delle Aufzeichnungen per la Historisch-kritische Ausgabe. 32 Cfr. L. Spitzer, Stilstudien, München, M. Hueber, 1928; qui: vol. I, pp. 110 e122, vol. II, p. 482. 33 Cfr. la lettera a Heinrich Gomperz del 25 luglio 1895: «wirkliche Leichtigkeit, Sprachen zu erlernen und ihren Geist zu erfassen». In: H.v. Hofmannsthal, Briefe. 1890-1901, Frankfurt a.M., Fischer, 1935, p. 154. Cfr. anche Ch. König, Hofmannsthal. Ein moderner Dichter unter den Philologen, Göttingen, Wallstein, 2001, p. 43. 34 Cfr. anche Ch. König, Hofmannsthal. Ein moderner Dichter unter den Philologen, cit., pp. 43-46. 27 28 Concetti.indd 40 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 41 1905), a cui, tra l’altro, va il merito di aver chiamato nella capitale austriaca, nel 1890, Meyer-Lübke.35 È con costoro che, nel 1899, Hofmannsthal si laureò con una tesi che, come il lavoro di Spitzer, cercava un compromesso fra studio letterario e linguistica neogrammatica; il titolo dello studio, purtroppo non conservato se non per un frammento, è Über den Sprachgebrauch bei den Dichtern der Pléjade 36 (Sull’utilizzo della lingua nei poeti della Pléjade). Gli stessi Mussafia e Meyer-Lübke furono i principali componenti del collegio di facoltà a cui Hofmannsthal, nel maggio del 1901, chiese l’abilitazione alla libera docenza, inviando come pubblicazione un saggio dal titolo Studie über die Entwicklung des Dichters Victor Hugo.37 A causa, presumibilmente, del suo anomalo profilo accademico e dell’assoluta noncuranza dimostrata nei confronti del côté linguistico della disciplina, nella commissione professorale si verificò un disaccordo che Mussafia tentò di placare sollecitando il riconoscimento della venia docendi per la sola letteratura, a esclusione della linguistica.38 Ma Hofmannsthal, venuto a conoscenza delle difficoltà, sfruttò l’occasione per un suo ripensamento e, a dicembre, ritirò la sua domanda, adducendo come scusa una vaga «malattia nervosa».39 In effetti, il profilo accademico del già famoso scrittore era alquanto sui generis; per rendersene conto basta considerare il fatto che mentre Spitzer allegò alla sua domanda di abilitazione del 1912 una lunga lista di studi linguisticogrammaticali (sette articoli, oltre alla dissertazione e a due saggi presentati come Habilitationsschriften)40, Hofmannsthal inviò come pubblicazione il solo saggio su Victor Hugo.41 Spitzer, informato dei fatti, descrive così questi eventi: Un grand poète autrichien connaissant si bien la littérature française, Hugo von Hofmannsthal, s’est vu refuser alors l’accès à l’Université par des adeptes Cfr. K. Weihs, Geschichte der Lehrkanzeln und des Seminars für romanische Philologie an der Universität Wien, Wien, Dissertation, 1950. 36 In H.v. Hofmannsthal, Gesammelte Werke. Reden und Aufsätze I. 1891-1913, a cura di B. Schoeller e R. Hirsch, Frankfurt a. M., Fischer, 1979, pp. 242-244. 37 Ibid., pp. 247-320. 38 Una divisione in un Ordinariat linguistico e uno letterario si verificò nel 1905, quando fu chiamato Philipp August Becker appunto per la cattedra di letteratura, cfr. K. Weihs, Geschichte der Lehrkanzeln und des Seminars für romanische Philologie an der Universität Wien, cit., pp. 97-98. 39 Crf. AUW, Personalakt Hugo Hofmann von Hofmannsthal, Phil. P.A. 1958, fol. 7. Le vicende legate alla Habilitationsschrift di Hofmannsthal sono ricostruite da Ch. König, Hofmannsthal. Ein moderner Dichter unter den Philologen, cit., pp. 49-55. 40 Cfr. AUW, Personalakt Leo Spitzer, Phil P.A. 3217, foll. 3 e 7. I due saggi ricordati sono L. Spitzer, Die Namengebung bei neuen Kulturpflanzen im Französischen, in «Wörter und Sachen», IV, 1912, pp. 122-165, e Id., Dialekt-Französisch échaler «Nüsse herunterschlagen», in «Wörter und Sachen», IV, 1912, pp. 165-169. 41 Cfr. AUW, Personalakt Hugo Hofmann von Hofmannsthal, Phil. P.A. 1958, fol. 5. 35 Concetti.indd 41 07/07/10 16:51 42 riccardo concetti de la linguistique pure, style Meyer-Lübke: perte pour l’université, grand profit pour la république des lettres.42 Hofmannsthal, tuttavia, non si crucciò di questo insuccesso; per lui, come si trovò ad ammettere, quella di poter condurre la «doppia vita» di artista e filologo era stata, in fondo, un’idea «immorale».43 Al poeta della fin de siècle, attento lettore di Nietzsche, l’accademia positivista di un MeyerLübke non poteva che essere di ostacolo al dispiegamento di quelle forze vitali in cui egli credeva risiedesse la sorgente della produzione artistica; un’erudizione che si riversasse in trattati assomiglianti a un assemblato di note (e di note di note, com’è, sia detto en passant, la dissertazione di Spitzer su Rabelais)44 sarebbe stata fatale a una poetica basata sì su un continuo, e dottissimo, richiamo alla letteratura passata, ma sotto forma di memoria culturale viva.45 Detto altrimenti, scomodando i concetti che Hofmannsthal stesso elabora nella sua tesi su Victor Hugo e che si collocano sulla tradizione della Dichtung und Wahrheit goethiana e dell’ermeneutica dell’Erlebnis di Dilthey: l’attività universitaria avrebbe nociuto allo sviluppo della «personalità letteraria». Con questa formulazione Hofmannsthal intendeva: le idee guida di un’esistenza artistica e umana […], quelle tendenze individuali che si rendono evidenti, parimenti, nella biografia e nella produzione poetica […] e la cui unitarietà e profonda armonia costituisce appunto la personalità letteraria: individuo, opera, fortuna in vita e postuma, presi assieme.46 È utile soffermarsi su questo lavoro per due motivi. In primo luogo perché esso rappresenta un tentativo di rinnovamento della Romanistica, sebbene proteso in una direzione idealistica assai diversa da quella scelta da Spitzer che pure ha tratto spunto da Croce e da Vossler.47 In seconda L. Spitzer, Mes souvenirs de Meyer-Lübke, cit., pp. 214-215. Cfr. la lettera a Heinrich Gomperz del 15 dicembre 1901, in H. v. Hofmannsthal, Briefe. 1890-1901, cit., p. 338; si veda anche Ch. König, Hofmannsthal. Ein moderner Dichter unter den Philologen, cit., p. 55. 44 L. Spitzer, Die Wortbildung als stilistisches Mittel exemplifiziert an Rabelais nebst einem Anhang über die Wortbildung bei Balzac in seinen «Contes drôlatiques», Halle, Niemeyer, 1910. 45 Si veda a tale proposito R. Concetti, Intertestualità censurata: la dialettica del recupero e della cancellazione della memoria nello Jedermann di Hugo von Hofmannsthal, in «Cultura Tedesca», XIX, 2002, pp. 273-290. 46 «[...] es erschien als anstrebenswert, die leitenden Ideen eines künstlerischen und menschlichen Daseins aufzusuchen, [...]: die individuellen Tendenzen, welche in der Führung des Lebens und in der dichterischen Produktion sich gleichmäßig geltend machen [...] und deren Einheitlichkeit und tiefe Harmonie eben die literarische Person: Individuum, Werk, Wirkung und Nachwirkung zusammen ausmacht». In: H. v. Hofmannsthal, Studie über die Entwicklung des Dichters Victor Hugo, in Gesammelte Werke. Reden und Aufsätze I. 18911913, cit., p. 248. 47 Per un’estesa trattazione dell’argomento cfr. H. Aschenberg, Idealistische Philologie und 42 43 Concetti.indd 42 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 43 istanza, la teoria letteraria hofmannsthaliana rappresenta la risposta a una moderna concezione della lingua che ha avuto un influsso fondamentale anche sul nostro critico. Quanto al primo punto, in questo lavoro Hofmannsthal non si cala, come invece fa sempre Spitzer, nella lenta e minuziosa lettura dei testi, ma crea, a partire da vita opera e fortuna, una nuova, olistica, icona letteraria del suo autore. Negando il primato positivistico dei fatti, l’esperienza biografica viene sussunta e annullata in quella letteraria, la quale si fa ricettacolo sia delle grandi tendenze storiche che contraddistinguono una certa epoca (per Victor Hugo, il ricordo napoleonico e l’ambizione della Grandeur) sia delle fibrillazioni presenti nella letteratura del tempo (come il rinnovamento linguistico apportato da Chateaubriand e Lamartine). La seconda implicazione di questo fare critico è certo più affascinante. Essa sta infatti agli antipodi del modello biografico-letterario impersonato da un altro letterato, stavolta però fittizio: Philip Lord Chandos, eroe del celeberrimo Ein Brief.48 Nella psiche insanabilmente frammentata di Chandos, opera letteraria e “io” si separano; a lui che era stato autore raffinato e stimato, la parola poetica diventa improvvisamente impraticabile, rivelandosi talora vuota di significato, talora stracolma di essenza, come l’epifania della cosa in sé. Compresa l’arbitrarietà che sta alla base del meccanismo di referenzialità linguistica, convintosi che il legame verbale fra io e mondo è solo convenzionale, a Chandos non resta che annunciare la sua rinuncia all’attività di scrittore. Nella cultura della crisi linguistica cui Hofmannsthal, con questo capolavoro, dà espressione, viene disconosciuta al legame fra senso e significato qualsiasi necessità storica o ontologica. La lingua, ridotta a pura casualità, decade a un inutile «arnese con il quale la realtà non si fa cogliere».49 Il principale portavoce di questa nichilistica filosofia del linguaggio è l’ebreo boemo Fritz Mauthner (1849-1923), il quale espose il suo pensiero in particolare nei Beiträge zu einer Kritik der Sprache 50 (Contributi di critica del linguaggio). Se l’importanza che questi svolse per Ein Brief è documentata da uno scambio di lettere con Hofmannsthal della fine del 1902,51 anche l’appassionamento di Spitzer per Mauthner è sufficientemente testimoniato. Il 12 luglio 1918, annunciando la sua partenza per la Bonn, Spitzer scrisse a Schuchardt: «Leggo con rinnovato entusiasmo Fritz Mauth- Textanalyse. Zur Stilistik Leo Spitzers, Tübingen, G. Narr, 1984. 48 H. v. Hofmannsthal, Sämtliche Werke. Kritische Ausgabe, vol. XXXI, Erfundene Gespräche und Briefe, a cura di E. Ritter, Frankfurt a.M., Fischer, 1991, pp. 45-55. 49 «Die Sprache ist ein Werkzeug, mit dem sich die Wirklichkeit nicht fassen läßt». F. Mauthner, Erinnerungen, vol. I, Prager Jugendjahre, München, G. Müller, 1918, p. 217. 50 F. Mauthner, Beiträge zu einer Kritik der Sprache, 3. voll., Berlin, Cotta 1901-1902. 51 H. v. Hofmannsthal, Sämtliche Werke. Kritische Ausgabe, vol. XXXI, Erfundene Gespräche und Briefe, cit. p. 286. Concetti.indd 43 07/07/10 16:51 44 riccardo concetti ner»,52 facendo intuire che ne conosceva l’opera già da tempo. Nell’estate dell’anno successivo pubblicò poi una recensione dei Beiträge 53 con l’intenzione di farsi promotore di una loro «riabilitazione»54 scientifica. Di fatti, Mauthner non godeva di buona fama presso i filologi, e ciò, per reazione, provocò in Spitzer una vera e propria «adorazione»;55 la quale è, d’altronde, ancor di più motivata dalla provenienza ‘etnico-culturale’ del filosofo: Il tedesco [...] si inebria di parole e ci crede; l’ebreo e il romano, loro si inebriano di parole e sanno cosa ne devono pensare: la “Critica del linguaggio” di Mauthner è eminentemente ebraica.56 Come Hofmannsthal, Spitzer ha dunque ricevuto impulsi decisivi dalla cultura mitteleuropea della Sprachskepsis, la critica del linguaggio. Essa inoltre, sia detto incidentalmente, fu confermata e scientificamente avvalorata dalla lettura del Cours de linguistique générale di de Saussure (1916) e di cui Spitzer si procurò una copia già nel novembre dell’anno di edizione.57 Resta ormai solo da capire che ruolo questa nuova cultura della parola, ebraica e romanza allo stesso tempo, ha svolto nell’elaborazione della «prima maniera» spizeriana, quella del «Motiv und Wort» (evoluzione del titolo della rivista schuchardtiana «Wort und Sache»). Questa prima maniera è conosciuta nella sua formulazione di Wortkunst und Sprachwissenschaft (Arte della parola e linguistica) il saggio con cui si conclude la raccolta degli Stilstudien del 1928;58 non a questo lavoro, tuttavia, si farà riferimento, bensì a un testo di dieci anni precedente, in cui il metodo spitzeriano è sia formulato, sia messo in atto. Si tratta del saggio sul poeta comicogrottesco Christian Morgenstern ricordato all’inizio di questo lavoro. In esso Spitzer scrive: Il mio saggio si propone una sorta di psicoanalisi di quella espressione linguisti- 52 «Ich lese mit erneuter Begeisterung Fritz Mauthner». Lettera del 12 luglio 1918, in Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 92. 53 L. Spitzer, Fritz Mauthner, Beiträge zu einer Kritik der Sprache, in «Literaturblatt für germanische und romanische Philologie», XL, 1919, coll. 201-212. 54 Cfr. la lettera del 12 novembre 1922, in Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 279. 55 «Mauthner-Verherrlichung», «Mauthner-Verhimmelung». Cfr. le lettere del 3 settrembre e 21 novembre 1919, in Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 132 e p. 137. 56 Cfr. la lettera del 27 settembre 1923: «Der Deutsche [...] berauscht sich an Worten und glaubt an sie – der Jude und der Romane, sie berauschten sich an Worten und wissen, was sie von den Worten zu halten haben: Mauthner’s “Kritik der Sprache” ist eminent jüdisch». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 295. Tra l’altro, dello stesso avviso doveva essere stato Meyer-Lübke, al quale proprio l’origine ebraica di una tale visione ispirava un netto rifiuto, cfr. la la lettera del 12 novembre 1922: «M-L äußerte damals: “Diese Art ist nichts für uns”, uns = deutsche Wissenschaft». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 279. 57 Cfr. la lettera del 23 novembre 1916, in Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 29. 58 L. Spitzer, Stilstudien, vol. II, Stilsprachen, München, M. Hueber, 1928, pp. 489-536. Concetti.indd 44 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 45 ca che «dà lo sfondo al mondo verbale» del poeta, per dirla con Morgenstern [...], e cerca di giustificare anche le formulazioni apparentemente arbitrarie a partire dalla disposizione particolare del poeta.59 Egli sostiene infatti che è possibile riscontrare nella lingua di un autore, soprattutto nella frequenza «statistica» di «concetti, parole e locuzioni preferite»,60 una certa «costanza dei motivi»; la quale è ricondotta, con riferimento esplicito a Dilthey, all’«esperienza del poeta», a quei «condizionamenti esterni e interni che modificano il vissuto, la comprensione e l’esperienza» e che si cristallizzano appunto nel «Motiv».61 Di questa enunciazione, quello che più colpisce, e da principio infastidisce, è l’imprecisione terminologica di cui Spitzer fa disinvoltamente sfoggio. Nonostante parli enfaticamente di psicoanalisi, non cita Freud,62 né mostra alcun interesse per il contenuto latente adombrato nell’espressione artistica.63 Il rimando a Dilthey è trattato con altrettanta inconsistenza, visto che, a differenza di quanto fa Hofmannsthal, Spitzer, nella sua lettura di Morgenstern, non fa il minimo accenno né alla biografia del poeta né al suo contesto storicosociale, ossia a ciò che può dare sostanza alla ricostruzione della «genesi psichica dell’espressione linguistica».64 Non disposto, quindi, a sottostare 59 «Mein Aufsatz bezweckt eine Art Psychoanalyse des sprachlichen Ausdrucks, die des Dichters “Wortwelt hintergründet”, um mit Morgenstern zu sprechen [...], und sucht auch die anscheinend willkürlichsten Bildungen aus der besonderen Veranlagung des Dichters zu rechtfertigen» In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 91. 60 «[...] trotzdem kann man bei allen Schriftstellern ihren Lieblingsvorstellungen, Lieblingswörter und -wendungen usw. (meinetwegen mit rein statistischer Methode) nachgehen, und man wird auch bei ihnen eine gewisse Konstanz der Motive erblicken, die bestimmten Wortprägungen und Bedeutungsumprägungen zur Veranlassung dienen». In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 92. 61 «Der wichtigste unter diesen Begriffen ist der des Motivs: denn im Motiv ist das Erfahrnis des Dichters in seiner Bedeutsamkeit aufgefaßt [...]. Das höchste Verständnis eines Dichters wäre erreicht, könnte man den Inbegriff der Bedingungen in ihm und außer ihm aufzeigen, unter denen sein Schaffen bestimmende Modifikation des Erlebens, Verstehens Erfahrens entsteht, und den Zusammenhang umfassen, der von ihr aus Motiv, Fabel, Charaktere und Darstellungsmittel gestaltet». In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 93. Si tratta qui di citazioni tratte da W. Dilthey, Das Erlebnis und die Dichtung. Lessing. Goethe. Novalis. Hölderlin. 4 Aufsätze, Leipzig, B. G. Teubner, 1906, p. 197 e ss. 62 Il 7 settembre 1920, a proposito del libro su Barbusse, scrive: «Warum ich nicht den psychoanalyt. Versuch klar ansage? Weil der Ruhm des Freudianers ein zweifelhafter ist. Jede Bewegung, die von Juden ausgeht (Sozialismus, Psychoanalyse) oder gepflegt wird (Monismus), ist ja von vornherein “geliefert”. [...] Übrigens bedarf mein Aufsatz keiner Vorbereitung durch Freud, dem ich schon in meiner Diss. manches schulde, dem ich aber nicht in seinen Gewaltsamkeiten beistimme». In Leo Spitzers Briefe an Hugo Schuchardt, cit., p. 173. 63 Si rimanda al commento di J. Starobinski, Leo Spitzer et la lecture stylistique, cit., p. 20, sulla lettura «confiante» di Spitzer. 64 «[...] die psychische Genese des sprachlichen Ausdrucks». In L. Spitzer, Die groteske Concetti.indd 45 07/07/10 16:51 46 riccardo concetti alle sue proprie dichiarazioni di principio, egli si diffonde per intere pagine sulle modalità di utilizzo grottesco del materiale linguistico adducendo una lunga serie di esempi testuali e microletture che però, come sempre, sono di enorme finezza. Questa minuziosa campionatura gli serve per mettere in evidenza il contenuto ideologico delle poesie di Morgenstern, la mauthneriana critica del linguaggio attuata dal poeta attraverso i suoi componimenti. «Morgenstern», afferma, «ha preso avvio dal problema del significato delle nostre parole umane riconoscendone la relatività»65 e senza darsi pena di esplicare tutti i passaggi logici, Spitzer spiega che questa «Weltanschauung» costituisce tout court l’«Erlebnis».66 Che senso dare a questo andamento sussultorio della teoria letteraria del giovane Spitzer? In realtà, né la psicologia del profondo, né l’esperienza vissuta, né la Weltanschauung interessano veramente al critico. L’unica cosa davvero importante, per lui, è la parola: in questo è veramente allievo di Meyer-Lübke. Solo che, al posto del freddo fenomeno fonetico sottoposto alle leggi della mutazione, sostituisce una parola poetica creativa in grado di sprigionare il libero pensiero. In ciò egli va ben oltre l’idealismo crociano della parola come espressione: ché liberata dal carico della metafisica, la parola si fa autonoma, attiva: la parola ‘pensa’. Morgenstern, spiega, «scrive poesia in maniera speculativa e specula in maniera linguistica»;67 parimenti, l’Erlebnis stesso diventa linguistico, «sprachlich».68 Non si può fare a meno di sottolineare la novità di questa visione, legata strettamente alla lettura di Fritz Mauthner; ne danno prova le osservazioni che Spitzer fa nella sua già menzionata recensione dei Beiträge, e che equivalgono ai concetti e alla dizione usati nel saggio su Morgenstern. Eppure, non è in questa filosofia del linguaggio che consiste la vis autentica dell’interpretazione spitzeriana: il suo vero punto di forza sta invece nell’essere capace di portare alla luce la funzione rivoluzionaria della parola poetica: Il poeta – scrive – ha il privilegio di apportare modifiche strutturali al sistema linguistico, di sostituir ad esso un proprio piano di costruzione, di sconvolgere la limitante casualità del sistema linguistico corrente, di ampliare il quadro di quanto è convenzionalmente dato tramite innovazioni che al lettore possono forse, anch’esse, apparire casuali, ma che per l’artista sono artisticamente ne- Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 99. 65 «Morgenstern ist vom Problem der Bedeutung unserer menschlichen Worte ausgegangen und hat deren Relativität erkannt». In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 96. 66 Cfr. L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 95. 67 «Morgenstern dichtet gedanklich und denkt sprachlich». In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 93. 68 «[...] das sprachliche Erlebnis». In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 93. Concetti.indd 46 07/07/10 16:51 Spitzer e Hofmannsthal 47 cessarie. Il poeta rappresenta, di fatti, un’eterna opposizione contro il regime dominante, un’opposizione per l’opposizione; è il nemico del sistema corrente [...].69 In una critica letteraria che riconosce l’intrinseco valore politico del fatto estetico-stilistico senza dover ricorrere a fattori extra-linguistici; in una pratica filologica che cerca una coincidenza, di nuovo, né metafisica né ideologica ma linguistica, di parola e azione (Wort e Tat si diceva all’inizio): è lì che sta il principale valore della «prima maniera» spitzeriana. La sua portata, come si è cercato di dimostrare, si coglie al meglio se ricondotta al vissuto personale del critico, contrastato e doloroso ma anche animato da innumerevoli stimoli intellettuali e da un impegno politico fattivo. Ecco, forse ora si comprende meglio il senso del gioco di parole iniziale: «le mot est le mot de la situation». 69 «Der Dichter hat das Vorrecht, an dem bestehenden Sprachsystem umzubauen, einen persönlichen Bauplan an dessen Stelle zu setzen, die einengende Zufälligkeit des vorhandenen Sprachbaus zu sprengen, den Rahmen des konventionell Gegebenen durch seine dem Leser vielleicht ebenso zufällig erscheinenden, für den Dichter aber künstlerische notwendigen Erneuerungen zu erweitern – der Dichter stellt eben eine ewige Opposition gegen das herrschende Regime dar, eine Opposition um der Opposition willen». In L. Spitzer, Die groteske Gestaltungs- und Sprachkunst Christian Morgensterns, cit., p. 96, mio il corsivo. Concetti.indd 47 07/07/10 16:51 Concetti.indd 48 07/07/10 16:51 INDICE Gianfelice Peron Introduzione Pier Vincenzo Mengaldo Per la storia e i caratteri della stilistica italiana Remo Ceserani Leo Spitzer tra Stilgeschichte e Geistesgeschiche Riccardo Concetti Romanisti a Vienna nel primo Novecento: Spitzer e Hofmannsthal a confronto 0HQJDOGRLQGG IX 1 13 33 Guido Lucchini Spitzer e l’idealismo linguistico in Italia 49 Davide Colussi Croce e Spitzer 65 Corrado Bologna Il “clic” del “connaisseur”. Spitzer, Longhi, Contini e la critica delle affinità 85 Mario Mancini Spitzer oltre la stilistica 105 Helmut Meter Leo Spitzer e il volto ultimo della sua explication de textes. Le lezioni sulla poesia francese all’Università di Heidelberg (1958) 121 Luca Morlino Levità e paradosso in Spitzer 133 Maria Luisa Wandruszka «L’esprit des femmes» nella stilistica spitzeriana 153 0HQJDOGRLQGG Anna Maria Ulivieri Da Wunderlich a Spitzer: la Unsere Umgangsprache (sic) come modello della Italienische Umgangssprache 163 Lorenzo Renzi Spitzer italiano. La Italienische Umgangssprache nella versione italiana 183 Giulia A. Disanto L’indagine etno-antropologica del linguista: sulle Lettere di prigionieri di guerra italiani (1915-1918) 203 Matteo Viale Spitzer e Migliorini in dialogo sulla lingua in movimento 213 Alexandra Vrânceanu La redécouverte de l’ekphrasis par Leo Spitzer et son influence sur les études de littérature comparée américaines 231 Mirka Zogović Leo Spitzer nella critica letteraria serba 245 Alberto Zamboni Un metodo senza metodo? Riflessioni sull’etimologia spitzeriana 251 Alvise Andreose «Etimologie ist Kunst». Sugli studi etimologici di Leo Spitzer 267 Dan Octavian Cepraga La pecorella veggente e l’armonia del mondo 287 Alessandro Grossato L’armonia del mondo fondata sulla parola, secondo il rito vedico 303 Francesco Mosetti Casaretto Letteratura mediolatina ed espediente del dialogo 311 Danielle Buschinger Aspects de la technique d’adaptation des dérimeurs allemands 323 Veronica Orazi Lingua spagnola del dialogo: l’esempio del Sendebar (XIII sec.) 339 0HQJDOGRLQGG Marina Tramet Spitzer e Maria di Francia. Il “meraviglioso” come declinazione del problema morale 353 Giuseppe Polimeni Grammatica e stile dell’ineffabile: Spitzer legge Dante 371 Francesco Lubian Una nota su Inferno XIX, 21 381 Angelo Pagliardini Aspetti stilistici delle gallerie di immagini nell’ Orlando innamorato e nell’ Orlando furioso 391 Max Siller «Sprachmengung als Stilmittel». Spitzer sul banco di prova 403 Adone Brandalise La smorzatura e la sua ombra. Spitzer e il contemporaneo 415 Tobia Zanon Spitzer, Racine e i poeti italiani del Novecento 429 Riccardo Campi Spitzer lettore di Voltaire 449 Lorella Bosco Spitzer lettore di Eichendorff 463 Fabio Magro L’Aspasia di Spitzer 481 Rossana Melis Dal saggio su Matilde Serao del 1912 a quello sui Malavoglia del 1956 497 Snežana Milinković L’originalità della narrazione nei Malavoglia di Spitzer e le sue molteplici attuazioni interpretative 511 Luca Pietromarchi Spitzer contra Auerbach: a proposito di «Spleen» IV 519 0HQJDOGRLQGG Laura Lenci Leo Spitzer: saggio su Michel Butor 529 Wolfram Krömer Particolarità d’interpunzione nei testi di Nathalie Sarraute e di Peter Handke il metodo di Leo Spitzer 535 Roman Reisinger «Art is seduction, not rape» (Susan Sontag), l’Eros dell’interpretazione secondo Spitzer 545 Indice dei nomi 553