Mazzini e l`Europa

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Mazzini e l`Europa
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Il Tempietto
Mazzini e
l’Europa
Sandro Capitanio
Mazzini precursore
dell’Europa di oggi?
Si può considerare Mazzini un
precursore del processo di unificazione
europea di oggi?
A questa domanda hanno risposto
alcuni studiosi del pensatore genovese,
non molti in verità, e nei paragrafi
successivi esporrò in modo
particolareggiato le riflessioni di alcuni
di loro; pur con alcune differenze mi
sembra che abbiano concluso che
Mazzini non può essere definito un
propugnatore della costruzione di uno
Stato Federale Europeo, ciononostante
deve essere considerato tra i precursori
dell’unità europea perché nel suo
pensiero si trovano tutti gli elementi che
stanno alla base dell’idea e delle ragioni
che conducono alla costruzione
dell’Europa.
Da parte mia mi sembra opportuno
aggiungere alcune brevi riflessioni sul
parallelismo che vedo tra Mazzini e
coloro che oggi si battono per la
costruzione degli Stati Uniti d’Europa: i
federalisti europei.
Innanzi tutto occorre dire che esiste una
analogia tra il processo di costruzione
dell’unità italiana e quello dell’unità
europea, mettendo in luce che solo
Mazzini ed i suoi seguaci, che
costituivano una minoranza tra coloro
che propugnavano l’unificazione
italiana, erano gli unici ad aver capito
che l’unità non si poteva avere se si
continuava a difendere l’esistenza e la
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sovranità degli staterelli italiani; questo
era invece il pensiero del partito dei
moderati, come il Gioberti che si
illudeva di poter costruire una
Confederazione italiana che lasciasse
sostanzialmente la sovranità di questi
immutata.
L’unità d’Italia, come sappiamo,
avvenne poi attraverso un processo
diverso da quello propugnato da
Mazzini, ma la sua critica all’idea
confederale rimase fondamentale, come
vedremo anche più avanti.
Anche i federalisti europei di oggi, da
Altiero Spinelli in poi, anch’essi una
minoranza, sanno che per costruire
l’unità europea occorre abbattere il falso
mito dell’assoluta sovranità degli Stati
nazionali.
Senza questo fondamentale passaggio si
possono, è vero, raggiungere anche
livelli avanzati di integrazione come
l’Unione Europea di oggi già dimostra,
ma si tratta di un’unità precaria, sempre
soggetta a ripensamenti ed opportunismi
singoli, e comunque incapace di guidare
efficacemente i paesi europei nei
momenti di difficoltà. Ne è un esempio
il comportamento dei paesi dell’Unione
in questo periodo di crisi economica:
invece di unire le proprie risorse per far
fronte alla crisi ed alle nuove esigenze
della globalizzazione, si illudono di
mirare al risanamento delle proprie
economie e delle proprie società
nell’ambito dei rispettivi confini
nazionali.
C’è un secondo elemento da sottolineare
nel parallelismo tra Mazzini ed i
federalisti europei di oggi ed è quello
della democrazia e della pace nel
mondo. Mazzini concepiva l’unità
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italiana - e con essa anche l’unità di
altre Nazioni europee allora non
indipendenti - come indispensabile ma
pur sempre un mezzo. Lo scopo finale
era la democrazia e la pace di tutta
l’Umanità. Questo aspetto del pensiero
di Mazzini è stato molto dimenticato
dalla cultura “nazionalista” successiva,
specie quella fascista, ma è il punto
centrale della sua filosofia: non si può
capire Mazzini se ci si limita a vederlo
solo come un campione dell’unità
italiana. È stato invece un campione
dell’unità del genere umano, e questo
spiega perché abbia avuto seguaci ed
estimatori, ancor oggi, in tutto il mondo.
È questo il legame con i federalisti di
oggi che si battono per gli Stati Uniti
d’Europa come primo passo per la
federazione mondiale.
L’errore che si può imputare a Mazzini
fu di credere che non fossero necessarie
istituzioni sovranazionali ma bastasse
costruire singole Nazioni democratiche
perché ci fosse equilibrio e pace tra i
popoli; ma questo è un errore che hanno
commesso anche altri pensatori di tutte
le correnti politiche, dai liberali ai
socialisti, che non hanno compreso che
il “nazionalismo” avrebbe poi soffocato i
valori di cui erano portatori, a scapito
sia della democrazia interna ai singoli
stati, sia soprattutto della pace. Gli
insegnamenti di Kant “Non ci sarà la
pace senza un governo mondiale” sono
stati facilmente dimenticati e sono stati
ripresi, solo dopo la triste esperienza
delle due guerre mondiali, dai
federalisti del ‘900 come ad esempio
Luigi Einaudi, Altiero Spinelli, i
federalisti inglesi di Federal Union e
Mario Albertini.
Mazzini e l’Europa:
le argomentazioni degli studiosi
Gli studiosi di Mazzini sono numerosi
ed alcuni di essi hanno dedicato le loro
riflessioni proprio al rapporto tra
Mazzini e l’Europa.(1)
Ho scelto di esaminare tre autori:
Bianca Montale, Giuseppe Tramarollo e
Andrea Chiti-Batelli, non solo per
l’importanza delle loro riflessioni, ma
anche perché tengono ampiamente
conto dei lavori degli altri studiosi
mazziniani.
Bianca Montale ha diretto l’Istituto
mazziniano di Genova ed è stata
professore ordinario di Storia del
Risorgimento presso le Università di
Parma e di Genova.
Giuseppe Tramarollo è stato Presidente
nazionale dell’Associazione Mazziniana
Italiana. Ha pubblicato numerosi scritti
relativi all’europeismo di Mazzini.
Andrea Chiti-Batelli rappresenta il
punto di vista di un intellettuale
federalista. Uomo di vasta cultura è
autore di numerose pubblicazioni.
Dal saggio “Mazzini e l’idea di Europa”
di Bianca Montale(2)
Innanzi tutto l’autrice sottolinea
giustamente la concezione culturale
che sta alla base della proposta
politica di Mazzini che “non parla di
cultura nazionale, ma europea”.
Mazzini conosceva bene molti autori
francesi (Voltaire, Rousseau,
Condorcet), inglesi (Shakespeare,
Byron, Shelley, l’economista Bentam) e
tedeschi (Shiller, Schlegel, Goethe). Ne
derivava una concezione culturale che
gli consentiva di affermare che
esisteva una unità morale dell’Europa,
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concezione che sta alla base della sua
proposta politica sovranazionale.
Non riteneva infatti che fosse solo un
problema di unità culturale, ma
pensava che occorresse agire
politicamente per ricercare
un’organizzazione nuova che si
rivolgesse all’Europa, alla quale l’Italia
potesse dare un segnale: “il problema
italiano non è isolato da un contesto
più vasto a cui è strettamente legato: è
un problema europeo”.
L’unità italiana, così come l’unità della
Polonia e della Germania, non era
vista da Mazzini come un obiettivo a
sé stante, ma come una tappa di un
processo unitario universale, basato
non sulla preminenza di una singola
nazione (allora molti pensavano alla
Francia) ma sul contributo paritario di
tutti.
È sulla base di questo pensiero che
Mazzini fonda la Giovane Europa nel
1834.
Al di là di quelle che saranno le
effettive realizzazioni, dice Bianca
Montale, la Giovane Europa
rappresenta il progetto di ordinamento
federativo della democrazia europea
sotto un’unica direzione, e citando uno
scritto del 1835, l’Europa
“rappresenterà, come ultimo risultato
della nostra epoca, una federazione,
una santa alleanza dei popoli…”.
Bianca Montale aggiunge, molto
opportunamente, che Mazzini aveva
ben chiara la differenza tra
“federazione” e “confederazione”,
distinzione che non era allora ben
chiara né in Italia né in Europa
(d’altronde per molti non lo è
nemmeno oggi). Egli giudicava
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criticamente la “confederazione” che
conobbe attraverso l’esperienza della
Svizzera (fino al 1849 la Svizzera era
una Confederazione, poi adottò una
Costituzione Federale pur
conservando, come ancora oggi, il
precedente nome) in quanto lega di
cantoni con poteri ed ordinamenti
diversi; Mazzini contribuì anche alla
modifica della Costituzione svizzera.
Nella sua concezione della
Federazione Mazzini vedeva invece la
possibilità di creare un vero legame tra
i paesi europei, almeno nei campi più
importanti come la politica economica
e la politica estera.
E su questi temi che si sviluppa la sua
critica ai propugnatori della
Confederazione degli Stati italiani,
come ad esempio il Gioberti.
Tuttavia, sostiene Bianca Montale, non
c’è in Mazzini un chiaro progetto
istituzionale europeo: la Giovane
Europa come le successive
organizzazioni da lui promosse sono
soprattutto organismi di collegamento
dei democratici europei. La sua
priorità non è la Federazione europea
ma l’Europa delle nazionalità: “paesi
liberi, indipendenti ed animati da
ideali comuni, per una missione che è
di tutti, di progresso e di pace”.
Bianca Montale concorda con autori
come Luigi Salvatorelli e Chiti-Batelli
(quest’ultimo verrà esaminato oltre)
dicendo che quello di Mazzini può
essere definito come “europeismo”,
non “federalismo europeo”, al massimo
gli si può attribuire una concezione
simile alla “Europa delle Patrie”.
L’attualità di Mazzini, sottolinea infine
l’autrice, consiste nella visione della
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stretta interdipendenza tra unificazione
politica ed integrazione economica, con
una federazione di Stati equilibrati
economicamente dove la circolazione
dei prodotti, della scienza, della tecnica
“non diventino monopolio dei pochi, ma
si spandano sulle moltitudini a beneficio
dei più”.
Dal saggio “La Federazione europea nel
pensiero di Mazzini” di Giuseppe
Tramarollo(3)
Nel chiedersi se Mazzini possa essere
stato o meno un precursore degli odierni
disegni di unificazione europea,
Tramarollo individua tre fasi del
pensiero mazziniano sull’Europa.
Nella prima fase, che comprende il
momento della fondazione della Giovane
Europa (1834), Mazzini identifica
l’Europa con l’Umanità; l’Europa non
sarebbe che un primo momento
dell’ordinamento dell’Umanità intera,
quasi come recita uno slogan adottato
dai federalisti europei e mondialisti di
oggi: “Unire l’Europa per unire il
mondo”. Tuttavia Mazzini parla di
“affratellamento” e di “associazione” ma
non precisa mai gli aspetti istituzionali
del suo pensiero.
Tramarollo ribadisce, come ha fatto
anche Bianca Montale, che Mazzini
conosceva bene gli aspetti istituzionali
del federalismo e la sua profonda
differenza dal confederalismo; innanzi
tutto conosceva (cosa rara) gli scritti e le
idee dei federalisti americani: Madison,
Jay, Hamilton, autori del The Federalist,
testo fondamentale scritto per la ratifica
della Costituzione federale USA, contro
la posizione dei confederalisti che
sostenevano invece la sovranità delle
ex-colonie; inoltre aveva preso parte
attiva alle iniziative della “Jeune
Suisse” per la trasformazione in senso
federale della allora Confederazione
svizzera, cosa che avverrà nel 1849.
E la distinzione tra federalismo e
confederalismo gli è ben chiara quando
parla dell’unità d’Italia; ancora nel 1848
critica il Gioberti ed altri che
propongono una confederazione, una
“dieta italiana”; dice Mazzini “una dieta
significa al più convegno di mandatari
di Stati” gli stessi Stati che dividono
l’Italia.
La seconda fase del pensiero
Mazziniano sull’Europa è individuabile,
secondo Tramarollo, a partire dal 1858,
con la proposta di costruire un partito
d’azione europeo e poi nel 1865 con lo
statuto dell’Alleanza Repubblicana
Universale che poneva, come condizione
per l’affiliazione, l’accettazione
programmatica degli Stati Uniti
d’Europa.
Si passa così, dice Tramarollo, da un
generico umanitarismo a una più
concreta indicazione europea.
Con la formula della Santa Alleanza dei
Popoli, Mazzini preconizza un’Europa
formata da Stati equilibrati in estensione
e popolazione, non più ostili fra loro
come accade quando rappresentano
interessi di casta e di dinastie, bensì
nazioni sorelle perché legate dalla
democrazia.
Bisogna precisare che Mazzini credeva
in un radicale rifacimento della Carta
degli Stati d’Europa, basata su
un’Europa dei popoli che subentrava a
quella dei re, con Stati equilibrati tra
loro, non più derivati dal Trattato di
Vienna, ma con nuovi accorpamenti
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come: Spagna con Portogallo; una
nazione scandinava comprendente
Svezia, Norvegia e Danimarca; una
nazione germanica; una confederazione
delle Alpi comprendente la Svizzera, la
Savoia ed il Tirolo; una confederazione
slava; una Grecia comprendente la
confederazione dei popoli che
formavano l’impero turco in Europa; e
naturalmente un’Italia dalle Alpi alla
Sicilia.
In sintesi si può dire che in questa
seconda fase del pensiero di Mazzini vi
sia una visione di totale rinnovamento
del quadro europeo, reso possibile
dall’emancipazione delle nazioni che,
non più rivali, avrebbero liberamente
costituito gli Stati Uniti repubblicani
d’Europa, nel quadro di una futura
alleanza universale il cui nucleo
esisteva già negli stati Uniti d’America.
Nella terza fase del pensiero di Mazzini
assistiamo invece alla scomparsa di ogni
accenno federale o confederale europeo.
Si è ormai costituita l’unità dell’Italia,
seppure sotto la forma monarchica, e
Mazzini si pone nell’ottica dei problemi
che il nuovo Stato deve affrontare: alla
ricerca di un equilibrio tra le varie
nazionalità egli si chiede come garantire
all’Italia, ed in genere agli Stati minori,
una difesa dalle possibili usurpazioni
delle maggiori potenze. Per esempio
ritiene che sia d’interesse per l’Italia
un’alleanza con la famiglia slava,
comprendente i gruppi iugoslavo, boemo
e polacco.
Si propone quindi Mazzini in questa
fase di assicurare un equilibrio
democratico tra gli Stati più forti e le
confederazioni di Stati minori, senza
però proporre un’autorità superiore alle
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singole nazioni che garantisca questo
equilibrio, come invece aveva fatto nella
seconda fase.
Purtroppo la Storia dimostrerà poi come
questa Europa delle Nazioni abbia alla
fine portato gli stessi problemi, anche
aggravandoli, che avevano caratterizzato
l’Europa delle dinastie.
Dal saggio “Giuseppe Mazzini” di
Andrea Chiti-Batelli(4)
La tesi sostenuta da Andrea ChitiBatelli è sostanzialmente questa:
Mazzini non fu un federalista europeo,
ma fu un precursore dell’Europa.
Non esiste infatti in Mazzini un pensiero
“europeo, inteso come convinzione della
necessità di una unità sovranazionale
del continente, indispensabile per
garantire un ordine democratico pacifico
e stabile in Europa”. E ciò perché
anche in Mazzini esisteva “l’illusione
dell’omogeneità”, vale a dire la
convinzione che sarebbe bastato che
tutti gli Stati fossero democratici e
repubblicani per garantire la concordia,
la pace ed il progresso, senza bisogno
quindi di creare strutture statuali
sovraordinate.
Si tratta della stessa illusione coltivata
da altre correnti di pensiero,
democratiche o liberali o socialiste: tutte
ritenevano che bastasse avere forme di
governo identiche tra i singoli Stati per
assicurare automaticamente la concordia
e la collaborazione. La Storia ha sempre
dimostrato che ciò era illusorio: abbiamo
assistito a guerre tra paesi di identica
religione o di identico sistema politico,
democratici contro democratici, liberali
contro liberali, socialisti contro
socialisti.
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Mazzini era invece convinto che fosse
solo l’Europa dei principi ad essere
bellicosa, mentre l’Europa dei popoli
non lo sarebbe stata.
Mazzini non era un federalista, aggiunge
Chiti-Batelli, anche perché non
concepiva una limitazione della Nazione
né verso il basso (federalismo interno)
né verso l’alto (federalismo
sovranazionale); non verso il basso
perché era contrario alla
“regionalizzazione” dell’Italia e non
verso l’alto perché intendeva
l’indipendenza delle varie nazioni
europee come sovranità statale assoluta,
condizione indispensabile per
adempiere alla “missione” cui erano
chiamate.
In questo quadro Mazzini pensa alla
Giovane Europa non come destinata a
promuovere l’unità del nostro
continente, ma a favorire la creazione di
regimi democratici e repubblicani in
Italia ed in ogni paese.
Secondo quindi Chiti-Batelli, Mazzini
non può essere considerato come
precursore del progetto di Federazione
Europea, almeno in senso tecnico; al
massimo si può dire che propugnasse
uno “stato d’animo europeo”, non certo
uno Stato continentale.
Ciononostante, ed è importante questa
osservazione di Chiti-Batelli, Mazzini ha
lasciato germi fecondi che ne fanno un
precursore dell’Europa e per questo
merita quindi di essere più conosciuto e
studiato.
Infatti continua ad essere di attualità la
concezione religiosa che egli aveva della
“solidarietà tra i popoli”, per la difesa
della democrazia e della giustizia,
contro la conservazione e contro il culto
della ragion di Stato ed il disprezzo dei
diritti dell’individuo.
Questa concezione della solidarietà
implica l’idea della obbligatorietà
morale dell’intervento internazionale
contro la pretesa della assoluta sovranità
degli Stati. Ne discende che tale
obbligatorietà si deve basare su un
fondamento giuridico, grazie ad una
Costituzione che riconosca un ordine
statale sopra gli Stati: ciò vuol dire
creare un nuovo diritto internazionale e
creare un sistema federale.
Il valore e la grandezza
dell’insegnamento di Mazzini quindi
non stanno tanto nella sua vaga
concezione dell’Europa e nemmeno
nell’azione europea della Giovane
Europa, azione che non ha mai avuto
del resto obiettivi sovranazionali. Sta
invece, conclude Chiti-Batelli, nella sua
convinzione che “la democrazia, la
libertà, la difesa della dignità dell’uomo
o sono solidali a livello europeo o sono
destinati a perire”.
Dall’Europa dell’800 ad oggi
Dopo aver visto, attraverso l’esame di
importanti studiosi, gli aspetti più
significativi del pensiero di Mazzini
sull’Europa, credo sia opportuna anche
un’osservazione sui contemporanei di
Mazzini.
Occorre ricordare che l’Europa della
prima parte dell’800 era quella uscita
dal Congresso di Vienna, quella del
“concerto europeo” che garantiva una
forte stabilità tra gli Stati; il ricorso alla
guerra aveva un carattere eccezionale.
Questa condizione di equilibrio
sostanzialmente pacifico, osserva Mario
Albertini, favoriva la convinzione che
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l’unità europea fosse sicuramente
destinata a rafforzarsi e che anche la
nascita dell’Europa delle Nazioni
avrebbe inevitabilmente aumentato il
liberismo internazionale e la
collaborazione pacifica.
In questo contesto trovavano spazio
anche gli interessi e gli ideali della
Chiesa, per loro natura eminentemente
sovranazionali, ed il Gioberti si fece
promotore di questo pensiero.
Era quindi diffusa tra gli intellettuali
promotori dell’unità italiana, sia i
moderati, sia i più rivoluzionari
mazziniani, l’idea che l’Europa, pur
articolata in Stati sovrani, avrebbe in
qualche modo assicurato un sistema
politico unitario, indipendentemente
dalla creazione di istituzioni statuali
sovranazionali.
L’unico autore critico di questa
posizione fu Carlo Cattaneo, che sapeva
che senza istituzioni adeguate
l’equilibrio tra gli Stati non avrebbe
potuto essere garantito. “Avremo pace
vera quando avremo gli Stati Uniti
d’Europa” è la frase di Cattaneo che
sintetizza la sua posizione federalista.
Si può quindi affermare che in tutte le
componenti del Risorgimento italiano
fossero ben presenti gli ideali
sovranazionali. E gli ideali Mazzini,
come abbiamo visto, erano sicuramente
ideali sovranazionali, come compendia
la sua frase “La Nazione è il mezzo,
l’umanità è il fine”.
Quando cambia questo modo di vedere
le cose?
Raggiunta l’unità italiana - anche se,
come sappiamo, attraverso un processo
che vide Mazzini emarginato – il nuovo
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Stato si trovò in un contesto europeo
modificato, dove altri Stati operavano
per un loro rafforzamento, anche
militare, Germania e Francia in
particolare: per l’Italia fu necessario
seguirne l’esempio, farsi potenza tra le
potenze.
Secondo Albertini è in questo momento
che si passa da un diffuso sentimento
sovranazionale europeo alla concezione
“nazionalistica”, all’abbandono cioè
dell’idea, specie mazziniana, della
Nazione portatrice di valori di pace e di
fratellanza: è la Nazione stessa che
diventerà un valore a se stante, che
soffocherà e sottometterà gli stessi valori
democratici, liberali e socialisti.
Fu così che non nacque l’Europa
sognata da Mazzini, ma quella che portò
all’esasperazione del nazionalismo e
successivamente anche alla tragedia
delle due guerre del ’900.
Non sempre la lezione della storia è
sufficiente. Ancor oggi, ovunque nel
mondo, domina l’idea della inviolabilità
della sovranità nazionale e il ruolo
dell’ONU viene frenato da questo falso
mito, sempre più inadeguato di fronte
alle esigenze di un mondo fortemente
integrato: dalle tematiche ambientali, a
quelle economiche, a quelle sociali, e
soprattutto dalla necessità di evitare
conflitti armati.
Analogamente in Europa, dove
fortunatamente è in corso un processo di
unificazione molto avanzato, unico
esempio nella storia umana, la pretesa
della sovranità nazionale viene
purtroppo sempre invocata e costituisce
un freno alla completa realizzazione
della sua unità politica.
Se ciò non cambierà, il mondo
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continuerà ad essere nella condizione di
perenne anarchia internazionale e gli
ideali che furono di uomini come
Mazzini non riusciranno ad affermarsi.
Note
(1) Gli storici e studiosi che hanno scritto su
Mazzini sono numerosi, in Italia e nel
mondo; tra quelli che hanno dedicato
riflessioni al rapporto tra Mazzini e
l’Europa sono generalmente più citati:
Mack Smith, Gaetano Salvemini,
Alessandro Levi, Dante Visconti, Franco
della Peruta, Mario Albertini, Luigi
Salvatorelli, Giuseppe Tramarollo, Salvo
Mastellone, Andrea Chiti-Batelli.
(2) Bianca Montale - Il saggio “Mazzini e l’idea
di Europa” è stato pubblicato nel volume
L’europeismo in Liguria. Dal Risorgimento
alla nascita dell’Europa Comunitaria, a
cura di Daniela Preda e Guido Levi,
edizioni il Mulino, 2002.
(3) Giuseppe Tramarollo ha scritto in un
numerose occasioni su Mazzini e l’Europa.
Il saggio cui faccio riferimento “La
federazione europea nel pensiero di
Mazzini” è stato pubblicato nel 1978,
edizione P.A..C.E. Cremona, come inserto
del “Pensiero Mazziniano”.
(4) Andrea Chiti-Batelli – Il saggio “Giuseppe
Mazzini” è stato pubblicato nella rivista
Il Federalista, anno XLI, 1999, n. 1. Con il
titolo “Mazzini precursore dell’idea di
federazione europea?” è stato pubblicato
anche in “Il Pensiero Mazziniano” anno
LIV, n. 1, 1999 . Con lo stesso titolo è
anche reperibile in Internet ad esempio
all’indirizzo
web.tiscali.it/marchello/pdf/Mazzini.pdf
(5) Mario Albertini, Il Risorgimento e l’Unità
europea Guida editori, Napoli 1979. Il testo
è stato recentemente ripubblicato in: Mario
Albertini, Tutti gli scritti, Volume IV,
edizioni Il Mulino, Bologna 2010.
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SCHEDA 1 - Statuto della Giovane Europa
ATTO DI FRATELLANZA DELLA GIOVANE EUROPA (1834)
LIBERTÀ
UGUAGLIANZA
UMANITÀ
Noi, sottoscritti, uomini di progresso e di libertà,
Credendo:
Nella eguaglianza, e nella fratellanza degli uomini,
Nelle eguaglianza, e nella fratellanza dei popoli;
Credendo:
Che l’umanità è chiamata a procedere, per un progresso continuo, e sotto l’impero
della legge morale universale, allo sviluppo libero ed armonico delle proprie facoltà,
ed al compimento della propria missione nell’universo,
Ch’essa nol può se non col concorso attivo di tutti i suoi membri, liberamente associati,
Che l’associazione non può veramente, e liberamente costituirsi che fra eguali,
dacché ogni ineguaglianza trascina violazione d’indipendenza, ed ogni violazione
d’indipendenza guasta la libertà del consenso;
Che la Libertà, l’Eguaglianza, l’Umanità sono sacre egualmente – ch’esse
costituiscono tre elementi inviolabili in ogni soluzione assoluta del problema sociale –
e che qualunque volta uno di questi elementi è sagrificato agli altri due,
l’ordinamento de’ lavori umani, per raggiungere questa soluzione, pecca radicalmente;
Convinti:
Che se il fine a cui tende l’umanità è uno essenzialmente, se i principii generali che
devono dirigere le famiglie umane nel loro viaggio a quel fine, sono identici, mille vie
non pertanto sono schiuse al progresso;
Convinti:
Che ad ogni uomo, e ad ogni popolo spetta una missione particolare, la quale, mentre
costituisce la individualità di quell’uomo, o di quel popolo, concorre necessariamente
al compimento della missione generale dell’umanità;
Convinti in fine:
Che l’associazione degli uomini e dei popoli deve riunire la tutela del libero esercizio
della missione individuale alla certezza della direzione verso lo sviluppo della
missione generale;
Forti dei nostri diritti d’uomini, e di cittadini, forti della nostra coscienza, e del
mandato che Dio e l’umanità confidano a coloro che vogliono consacrare il braccio,
l’intelletto, e la vita alla santa causa del progresso dei popoli;
Essendoci prima costituiti in associazioni nazionali libere, e indipendenti, nocciuoli
primitivi della Giovine Italia, della Giovine Polonia, e della Giovine Germania;
Riuniti a convegno per l’utile generale, nel decimo quinto giorno del mese d’aprile
dell’anno 1834, colla mano sul cuore e ponendoci mallevadori del futuro, abbiamo
fermato quanto segue:
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1. La Giovine Germania, la Giovine Polonia, e la Giovine Italia, associazioni
repubblicane tendenti ad un fine identico che abbraccia l’umanità sotto l’impero
di una stessa fede di Libertà, d’Eguaglianza, e di Progresso, stringono fratellanza,
ora e per sempre, per tutto ciò che riguarda il fine generale.
2. Una dichiarazione dei principii, che costituiscono la legge morale universale
applicata alle società umane, verrà stesa e sottoscritta concordemente dalle tre
Congreghe Nazionali. Essa definirà la credenza, il fine, e la direzione generale
delle tre associazioni. Nessuna di esse potrà allontanarsene nei suoi lavori senza
violazione colpevole dell’atto di fratellanza, e senza subirne le conseguenze.
3. Per tutto ciò che esce dalla sfera degli interessi generali, e dalla dichiarazione dei
principii, ciascuna delle tre associazioni è libera ed indipendente.
4. La lega d’offesa e difesa, solidarietà dei popoli, che si riconoscono, è statuita fra
le tre associazioni. Tutte tre lavorano concordemente ad emanciparsi. Ciascuna
avrà diritto al soccorso dell’altre per ogni manifestazione solenne ed importante
che avrà luogo per essa.
5. La riunione delle Congreghe Nazionali, o dei delegati d’ogni Congrega costituirà
la Congrega della Giovine Europa.
6. Gli individui che compongono le tre associazioni sono fratelli. Ognuno di essi
adempirà coll’altro ai doveri di fratellanza.
7. La Congrega della Giovine Europa determinerà un simbolo comune a tutti i
membri delle tre associazioni; essi tutti si riconosceranno a quel simbolo. Un
motto comune posto in fronte agli scritti contrassegnerà l’opera dell’associazione.
8. Qualunque popolo vorrà partecipare ai diritti ed ai doveri della fratellanza
stabilita fra i tre popoli collegati in quest’atto, aderirà formalmente all’atto
medesimo, firmandolo per mezzo della propria Congrega Nazionale.
Fatto a Berna (Svizzera), il 15 aprile 1834
(Il testo è stato tratto dall’articolo Giuseppe Mazzini, di Andrea Chiti-Batelli, pubblicato dalla rivista Il
Federalista, anno XLI, 1999, n. 1)
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SCHEDA 2 – Dagli scritti di Giuseppe Mazzini
La vita delle nazioni è doppia: interna ed esterna: propria e di relazione. Alla
universalità degli uomini componenti ogni nazione spetta l’ordinamento della propria
vita; al Congresso delle nazioni, l’ordinamento della vita di relazione inter-nazionale.
Dio e il popolo per ciascuna nazione: Dio e l’umanità per tutte. Noi cerchiamo
verificare, non una Europa, ma gli Stati Uniti d’Europa. (Da Organizzazione della
democrazia, 1850)
La dottrina assoluta del non intervento in politica corrisponde all’indifferenza in fatto
di religione: è un mascherato ateismo, una negazione senza la vitalità della ribellione,
di ogni credenza, d’ogni principio generale, d’ogni missione nazionale a pro’
dell’umanità. Noi siamo tutti vincolati l’uno all’altro nel mondo, e a un intervento è
dovuto quanto di buono, di grande, di progressivo ci addita la storia. (Da Italia,
Austria e il Papa, 1845)
Per principio, e considerando largamente il moto de’ tempi, noi crediamo che ogni
cosa in Europa tenda ad unità: e che, nel riordinamento generale che le si appresta
questa regione nel mondo rappresenterà, come ultimo risultato del lavoro della nostra
epoca, una federazione, una santa alleanza dei Popoli costituiti in grandi aggregazioni
unitarie, a seconda del carattere degli elementi fisici e morali che esercitano più
particolarmente la loro azione in una data cerchia, determinando nel loro insieme la
missione speciale della nazionalità. (Da Nazionalità Unitari e federalisti, 1835)
Noi vagheggiamo la grande federazione dei popoli liberi: crediamo nel patto delle
nazioni, nel congresso europeo che interpreterà pacificamente quel patto. Ma nessuno
potrà entrare fratello in quel patto, nessuno potrà ottener seggio in quel concilio dei
popoli, se non dotato di vita propria ordinata, costituito in individualità nazionale,
munito, come disegno della propria fede, della bandiera unitaria che lo rappresenti.
(Da Scritti dell’Italia del Popolo, 1848)
(I testi sono stati tratti dall’articolo Giuseppe Mazzini, di Andrea Chiti-Batelli, pubblicato dalla rivista Il
Federalista, anno XLI, 1999, n. 1)