La Solennità di Cristo Re dell`Universo nella Chiesa cattolica, nella
Transcript
La Solennità di Cristo Re dell`Universo nella Chiesa cattolica, nella
La Solennità di Cristo Re dell'Universo nella Chiesa cattolica, nella Chiesa luterana ed in altre denominazioni cristiane indica un ricordo particolare di Gesù Cristo visto come re di tutto l'universo. Con essa si vuole sottolineare che la figura di Cristo rappresenta per i cattolici il Signore della storia e del tempo. Questa festa fu introdotta da papa Pio XI, con '’enciclica Quas Primas dell'11 dicembre 1925. Dice il Papa nell'Enciclica: «E perché più abbondanti siano i desiderati frutti e durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo Ci sembra che nessun'altra cosa possa maggiormente giovare quanto l'istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re.» (Pio XI, Quas primas) Pio XI, tuttavia, afferma anche che: «D'altra parte sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo Uomo il potere su tutte le cose temporali, dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create, in modo che tutto soggiaccia al suo arbitrio. Tuttavia, finché fu sulla terra si astenne completamente dall'esercitare tale potere, e come una volta disprezzò il possesso e la cura delle cose umane, così permise e permette che i possessori debitamente se ne servano.» per questo ricordando quando ha scritto lui stesso in un precedente enciclica, la Ubi arcano Dei dice: «Noi scrivemmo circa il venir meno del principio di autorità e del rispetto alla pubblica potestà: "Allontanato, infatti - così lamentavamo - Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l'autorità appare senz'altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v'è ragione per cui uno debba comandare e l'altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società, la quale non poggia più sui suoi cardini naturali"». Infine conclude: «È necessario, dunque, che Egli regni nella mente dell'uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d'ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come "armi di giustizia" (Rom. 6, 13) offerte a Dio devono servire all'interna santità delle anime. Se coteste cose saranno proposte alla considerazione dei fedeli, essi più facilmente saranno spinti verso la perfezione.». La data della celebrazione Nella forma ordinaria del rito romano la festa coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico. Nella forma straordinaria la festa coincide con l'ultima domenica di ottobre. Anche nel rito ambrosiano, la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo corrisponde all'ultima domenica dell'anno liturgico, ma - poiché l'Avvento ambrosiano, con cui comincia l'anno liturgico, è più lungo di due settimane rispetto all'Avvento romano - essa si colloca all'inizio e non alla fine di novembre. In tutti questi casi, questa celebrazione è collocata in modo da favorire un collegamento teologico con il mistero della morte, vinta da Cristo. Nella forma antica precede immediatamente la festa di Ognissanti e la Commemorazione dei Defunti e il collegamento è sottolineato dall'epistola (Colossesi 1,12-20) in cui Cristo, «capo della Chiesa», è il «primogenito dai morti»; mentre nella forma più recente chiude l'anno liturgico e il mese di novembre, dedicato ai defunti dalla pietà popolare. Cristo Re è uno degli appellativi di Gesù Cristo basato su diversi passaggi biblici, in uso in tutte le confessioni cristiane. I cattolici, gli anglicani, i presbiteriani e alcuni luterani e metodisti celebrano una festività in suo onore, la Solennità di Cristo Re. L'appellativo di "Cristo Re" ha origine da alcuni passi biblici, a volte anche in altre forme diverse come: "Cristo, re di Israele", "Re dei re", "Re della Terra", "Re delle nazioni" etc. Nel Nuovo Testamento Gesù viene detto Re (βασιλεύς, basilèus), Re dei Giudei (βασιλεύς τῶν Ἰουδαίων, basilèus ton Iudàion), Re d'Israele (βασιλεύς Ἰσραήλ, basilèus Israèl), Re dei re (βασιλεύς βασιλέων, basilèus basilèon) per un totale di 35 volte, soprattutto nei racconti della passione[1]) e Figlio di Davide (υἱός Δαυὶδ, uiòs Davìd) altre 12 volte. L'attributo della regalità era correlato al Messia atteso dagli Ebrei, che era considerato discendente ed erede del Re Davide. Gesù, pur identificandosi come Messia, non si è però attribuito le prerogative politiche che questo comportava (vedi Gv 6,15; 18,36). Oltre a questi passi espliciti sia Matteo (1,1-16) che Luca (3,23-38) riportano una genealogia dettagliata che, sebbene risulti discordante (vedi Genealogia di Gesù), ha l'intento di attribuire a Gesù una discenza davidica e dunque regale e messianica. Nel vangelo lo troviamo in Luca e Marco: «E cominciarono ad accusarlo, dicendo: «Abbiamo trovato quest'uomo che sovvertiva la nostra nazione, istigava a non pagare i tributi a Cesare e diceva di essere lui il Cristo re».» (Luca 23,2) «Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo!» Anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.» (Marco 15,32) Si trova anche nell'Apocalisse di Giovanni: «e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» (Apocalisse 1,5) «e cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell'Agnello, dicendo: «Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente; giuste e veritiere sono le tue vie, o Re delle nazioni.» (Apocalisse 15,3) «E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: Re dei re e Signore dei signori.» (Apocalisse 19,16) Gesù stesso l'ha detto più volte, in particolare davanti a Pilato dice: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui.» (Giovanni 18,36)