2000 Anni fa Ai Giorni Nostri

Transcript

2000 Anni fa Ai Giorni Nostri
PERCHÈ VIAGGIARE ATTRAVERSO IL MARE?
DUE EPOCHE DIVERSE, LE STESSE ESIGENZE, TECNOLOGIE SEPARATE DA 2000 ANNI DI STORIA.
2000 Anni fa
Ai Giorni Nostri
Le vie d’acqua restarono, in epoca romana come in tutta l’età arcaica,
la principale, se non esclusiva, modalità di trasporto che permettesse
di spostare carichi pesanti a costi relativamente contenuti. Il trasporto
marittimo, come quello fluviale, non richiedeva infatti la realizzazione
di opere costose e bisognose di continua manutenzione come le vie
di terra (che dovevano essere anzitutto realizzate, con tanto di ponti
e trafori, e poi controllate e periodicamente ristrutturate).
Il trasporto delle merci era effettuato tramite dei contenitori standard
(le anfore) di cui esistevano diversi tipi a seconda delle merci da
trasportare.
Lo stesso discorso vale ancora ai giorni nostri, dove oramai l’85%
delle merci viaggia via mare.
Il trasporto delle merci è effettuato tramite dei contenitori standard
(i container) di cui esistono diversi tipi a seconda delle merci da
trasportare.
Esempi: le anfore imperiali
Con la progressiva conquista romana, i modelli originari vengono via
via diversificati. Ricordiamo, ad esempio, le anfore romane imperiali
provenienti dalla Betica, regione spagnola, che contenevano vino e
olio, le anfore di produzione gallica e quelle istriane.
Esempi: i container moderni
La richiesta di un contenitore multiuso, adatto per essere utilizzato
nei vari tipi di trasporto di merci, è nato nel primo dopoguerra
negli USA ed utilizzato per primo nei trasporti verso Porto Rico.
L’idea originale si fa abitualmente risalire ad una intuizione degli
anni ‘30 di un imprenditore americano nel campo dei trasporti,
Malcolm Mclean. Il più diffuso tra i contenitori è il container
ISO (è un acronimo e vuole dire International Organization for
Standardization); si tratta di un parallelepipedo in metallo le cui
misure sono state stabilite in sede internazionale nel 1967. A fronte
di una larghezza comune di 8 piedi (cm 244) e una altezza comune
di 8 piedi e 6 pollici (cm 259), sono diffusi in due lunghezze standard
di 20 e di 40 piedi (cm 610 e cm 1220).
METODI DI IDENTIFICAZIONE DEL CARICO E DEL PROPRIETARIO.
2000 Anni fa
Ai Giorni Nostri
Sistemi di chiusura, marchi.
Nella parte interna del collo dell’anfora vinaria italica (cioè
un’anfora usata per trasportare vino) si può vedere la presenza di un
restringimento delle pareti interne, questo serviva a fare in modo che
il tappo di chiusura non potesse cadere all’interno. Questa chiusura
era normalmente un grosso tappo di sughero e su di esso poteva
essere messo un disco di terracotta sul quale veniva colata resina,
cera, o gesso allo scopo di sigillare ermeticamente il contenitore e
preservare il contenuto dagli agenti atmosferici.
Sistemi di chiusura, marchi.
I moderni container non differiscono di molto dalle loro lontane
parenti, le anfore; ogni container è regolarmente numerato e registrato
nella forma 4 lettere (delle quali le prime 3 corrispondono alla sigla
della compagnia proprietaria)- 6 numeri - 1 numero (denominato
“check-digit”). Da questa standardizzazione è nata anche l’abitudine
di valutare la capacità di carico di una nave portacontainer in TEU
(è un acronimo e vuole dire Twenty-feet Equivalent Unit). Inoltre è
possibile inserire dei veri e propri sigilli sulle chiusure delle porte del
container per proteggerlo da eventuali intrusioni.
Sul disco di terracotta potevano essere impressi marchi relativi
al produttore o l’esportatore. Bolli impressi sulle anse, sul collo,
sull’orlo o graffiti tracciati sul corpo o in prossimità del puntale
avrebbero poi potuto costituire un ulteriore segno di riconoscimento
della fabbrica del contenitore o indicare il tipo di prodotto, il suo
peso e l’età. Anche il noleggiatore o il produttore avrebbe potuto
richiedere a ceramisti che lavoravano su ordinazione l’apposizione
di un proprio contrassegno. Marchi e bolli non solo garantivano i
proprietari da eventuali trafugamenti, ma anche i compratori per
i contenuti e la capacità delle anfore. Caratteri tracciati sul corpo
con inchiostro rosso o in nero denotavano la natura dei prodotti
trasportati, la qualità, il peso dell’anfora, la compagnia mercantile
esportatrice, se non addirittura erano relativi alle verifiche doganali e
dimostravano che l’anfora era stata soggetta ad un controllo ed erano
state regolarmente riscosse le imposte dovute per le importazioni ed
esportazioni. Qui in basso potete vedere alcuni di questi marchi che
sono stati ritrovati su anfore di diversi tipi ed epoche.
Questo è il numero che identifica il proprietario del container,
noterete che tutte le sigle terminano con la lettera “U”, significa che
questi sono containers che viaggiano per mare.
PRODOTTI MAGGIORMENTE TRASPORTATI.
2000 Anni fa
Ai Giorni Nostri
Tra i prodotti che conobbero un’amplissima diffusione in epoca
romana, vanno ricordati quelli derivati dalla lavorazione dei pesci,
consistenti sia in pesci conservati mediante la salagione (salsamenta),
sia in salse derivate dalla loro fermentazione. L’uso di queste ultime
tanto in campo medico che nell’alimentazione è ampiamente descritto
dalle fonti, che ne ricordano diversi tipi. Il prodotto primario era
comunque il “garum”, un liquido chiaro, spesso in unione con vino,
erbe o spezie, che veniva ottenuto in seguito alla macerazione al
sole, più o meno prolungata, di sale, di erbe aromatiche e di infinite
varietà di pesci (sgombri, sardine, tonni e piccoli crostacei). Tali salse
furono prodotte lungo quasi tutte le coste del mediterraneo; anche se
la zona dove la lavorazione dei pesci appare meglio documentata è la
Betica, regione della Spagna meridionale che si affaccia sullo stretto di
Gibilterra e sulla baia di Cadice. Qui venivano fabbricati anche diversi
tipi di anfore destinate alla commercializzazione della salsa di pesce.
La rivoluzione viaggia in scatola.
Il container è il protagonista indiscusso del commercio internazionale
del nostro secolo. Non solo le merci a più alto valore ma persino le
granaglie, come il mais o il frumento, viaggiano stipate dentro a
questi contenitori metallici che hanno rivoluzionato il settore della
logistica e dei trasporti.
Il container da 20 piedi, può contenere, per esempio, 250 monitor
per Pc o 18 tonnellate di piastrelle e pùò viaggiare su strada, ferrovia
e nave con il vantaggio di accelerare le operazioni di carico e
scarico delle merci, riducendo i tempi e abbassando il costo finale
del trasporto. Parti elettriche, prodotti finiti elettronici, giocattoli,
ceramiche, corsetteria, prodotti semilavorati, abbigliamento,casaling
hi,tessuti, parti di arredamento, prodotti agroalimentari, attrezzature
meccaniche, oramai quasi tutto si muove attraverso il container.
LE NAVI PER IL TRASPORTO DELLE MERCI.
2000 Anni fa
Ai Giorni Nostri
Le navi onerarie.
Queste navi da trasporto, in latino chiamate naves onerariæ,
possedevano una sezione capace con una carena tondeggiante; la
loro lunghezza corrispondeva a circa tre volte la loro larghezza, che
era a sua volta il doppio del pescaggio (nella media una nave era lunga
19 metri, aveva una larghezza di circa 6 e un pescaggio leggermente
inferiore ai 3 metri). Generalmente queste imbarcazioni si muovevano
grazie alla forza del vento, che andava a gonfiare le vele. Tutte le navi
erano comunque dotate di remi, utilizzati in caso di necessità. Per
quanto riguarda il tonnellaggio delle navi da carico, questo variava a
seconda delle esigenze commerciali. Dalle fonti scritte siamo venuti a
sapere che la capacità di 10.000 modii di grano (circa 70 tonnellate)
era il limite inferiore per le navi di tonnellaggio medio, e grazie ai
ritrovamenti sottomarini siamo anche a conoscenza del fatto che
la maggioranza delle imbarcazioni impiegate era di 3.000 anfore
(150 tonnellate). Esistevano anche le muriophoroi, letteralmente
“portatrici di 10.000 anfore (500 tonnellate)”.
Le navi portacontainer.
Le navi portacontainer sono navi il cui intero carico è costituito da
container. Questi ultimi possono poi essere trasportati alla meta
finale con dei camion o per mezzo del treno. La tecnica alla base
di questo tipo di trasporto è detta “containerizzazione”. Conosciute
informalmente come “Box Boats” queste navi trasportano la maggior
parte delle merci che costituiscono l’intero commercio internazionale.
Le rotte più lunghe e importanti tra i porti principali vengono servite
con grandi navi mentre portacontainer più piccole si occupano di
trasferire i carichi nei porti minori o verso queste navi più grandi
che attraccano solitamente nei porti maggiori. Le navi portacontainer
hanno di solito motori a gasolio e un equipaggio che può variare dalle
20 alle 40 persone. Gli alloggiamenti dell’equipaggio e il ponte di
comando sono situati nei diversi ponti che costituiscono la “torre”
posta a poppa della nave stessa sopra la sala macchine. Le prime navi
portacontainer furono realizzate modificando delle petroliere. Oggi
invece queste navi costituiscono una classe a sé e si inseriscono tra le
più grandi navi del mondo, superpetroliere a parte.
SISTEMI DI STIVAGGIO.
2000 Anni fa
Ai Giorni Nostri
Nella stiva di un’imbarcazione antica avrebbero potuto essere
stivate oltre diecimila anfore, in strati sovrapposti fermati da frasche
(stipulae). Resti di questi ramoscelli, che si ritrovano frequentemente
nei relitti, sono oggi in grado di indicarci il periodo dell’anno dello
stivaggio della nave, poiché di solito si tratta di arbusti stagionali.
Il sistema di stivaggio greco-romano in strati sovrapposti era
adottato, non solo per risparmiare spazio, ma soprattutto per rendere
il carico della nave un complesso omogeneo, solido, elastico, tanto
ben equilibrato da eliminare rischi di spostamento del carico durante
la navigazione. Né il rullio, né il beccheggio più violenti avrebbero
potuto in tali condizioni spostare le mercanzie e, al tempo stesso, il
baricentro della nave sarebbe stato mantenuto più in basso possibile
per evitare il pericolo del capovolgimento dello scafo.
Lo stivaggio dei container è un’opera molto complessa che
oramai viene gestita in apposite sale di controllo completamente
computerizzate. Capita spesso infatti, che la nave debba scaricare solo
una parte dei container che trasporta e magari caricarne degli altri
prima di proseguire il suo viaggio. È un pò come un grande gioco
del “Tetris” dove gli operatori del porto devono agire velocemente e
senza errori. Attualmente le navi portacontainer più grandi riescono
a trasportare più di 11.000 container (come le 10.000 anfore della
più grande nave da trasporto dell’antica Roma), le più piccole invece
si “accontentano” di 1.500 container, anche meno.
Perché le anfore?
L’anfora è stata per secoli il metodo preferito per il trasporto di
merci ad alto valore commerciale, robusta, in grado di proteggere
il contenuto, rapida da caricare e scaricare, relativamente facile da
stivare in navi e magazzini, riutilizzabile. La frequente presenza nelle
anfore di un puntale può oggi apparire sorprendente. Essa si giustifica
a causa delle irregolarità dei pavimenti degli ambienti antichi, dove
questi contenitori venivano normalmente appoggiati. Sia cantine,
che stive di navi presentavano pavimenti non perfettamente piani, a
volte era solo terra battuta, e anche ambienti destinati al pranzo in
molti centri agricoli ed urbani antichi non presentavano pavimenti
perfettamente levigati. In tali condizioni, le anfore, apoggiate alle
pareti d’angolo le une alle altre, avrebbero potuto reggersi senza
scivolar via, altrimenti il loro puntale poteva essere conficcato nella
nuda terra rendendole stabili. Nelle anfore, come abbiamo già
detto, potevano essere contenuti i prodotti più vari, ma in quelle
inviate oltremare si trasportava di solito vino, olio, miele, frutta in
conserva, pesce in salamoia, tutti prodotti “preziosi” per l’epoca. Non
era infatti vantaggioso usare l’anfora per i prodotti secchi, poichè
essa aumentava di almeno il 25% il peso del prodotto trasportato.
Quindi il grano o le merci secche in genere, venivano immessi in
sacchi il cui costo era certamente inferiore a quello delle anfore. Per
il trasporto della frutta secca venivano di solito utilizzate cassette
di legno e ceste. Le anfore contenenti vino o salsa di pesce erano
rivestite internamente da sostanze resinose soprattutto per conferire
al prodotto un gusto particolare, ma anche per impermeabilizzare
parzialmente le pareti del contenitore. L’olio invece veniva immesso
in anfore incerate con resina di alberi da frutta (gumma) o era
conservato in contenitori privi di qualsiasi trattamento interno, che
finivano così per non poter essere facilmente riutilizzati.
Perchè il container?
Alcuni dei motivi che in passato hanno portato a utilizzare le anfore
li possiamo ritrovare nei container: proteggono le merci durante
il trasporto, sono robusti e quindi possono essere impilati l’uno
sull’altro occupando meno spazio, sono riutilizzabili. Ma forse il
motivo più importante è che sono STANDARD. Questa parola vuole
dire che tutti i containers, in tutto il mondo, vengono costruiti con
le stesse misure, gli stessi agganci, lo stesso pavimento e così via.
Questo fa sì che in ogni porto le gru che li spostano sono fatte alla
stessa maniera, i camion che li caricano hanno tutti i ganci nello
stesso posto, le navi che li trasportano sono progettate per caricarli
nella maniera più efficiente. È per questo motivo che sono il sistema
più utilizzato per il trasporto di merci nel mondo.