Rete professioni tecniche coordinate CNI
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Rete professioni tecniche coordinate CNI
Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 1. PREMESSA 3 2. CHECK-LIST DEI REQUISITI MINIMI DI ACCETTAZIONE DI UN PROGETTO (NON ESCLUSIONE) 4 3. GENERALITÀ SUGLI INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DA FRANA 5 3.1. CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE SITUAZIONI PRIORITARIE 3.1.1. Interventi di I fase 3.1.2. Interventi di II fase 6 7 7 4. 4 REQUISITI MINIMI DI QUALITA’ DEL PROGETTO 7 4.1. CONTESTO GENERALE TECNICO-AMMINISTRATIVO 4.1.1. Parere della competente Autorità di Bacino 4.1.2. Studi di impatto e di fattibilità ambientale 4.1.3. Requisiti tecnico-economici 4.1.4. Vincoli e prescrizioni 4.1.5. Elaborati grafici relativi agli interventi 7 7 7 7 8 8 8 4.2. VALUTAZIONI PRELIMINARI AL DIMENSIONAMENTO 4.2.1. Inquadramento Generale 4.2.2. Inquadramento Geologico,Geomorfologico ed Idrogeologico 4.2.2.1. Modello Geologico 4.2.2.2. Caratteri geomorfologici e inventario dei fenomeni franosi 4.2.2.3. Idrogeologia 4.2.3. Inquadramento Idrologico ed idraulico 4.2.3.1. Idrografia 4.2.3.2. Idrologia 4.2.4. Inquadramento Geomeccanico 4.2.4.1. Indagini in sito e prove di laboratorio 4.2.4.2. Modello geotecnico di sottosuolo 4.2.5. Inquadramento delle interferenze antropiche 4.2.5.1. Caratteri insediativi e di uso del suolo 4.2.5.2. Danni pregressi 8 8 9 9 9 9 9 9 10 10 10 10 11 11 11 4.3. ELEMENTI BASE DEL PROGETTO DELL’INTERVENTO 4.3.1. Rilievi Topografici di dettaglio 4.3.2. Metodi di analisi del fenomeno franoso 4.3.3. Metodi di calcolo adottati per il dimensionamento degli interventi 4.3.4. Valutazione degli effetti indotti dagli interventi nel contesto fisico di riferimento 4.3.5. Manutenzione e controllo 4.3.5.1. Piano di manutenzione degli interventi 4.3.5.2. Piano di monitoraggio per il controllo dell’efficacia degli interventi 11 11 12 13 13 14 14 14 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 1. PREMESSA Nel presente documento sono elencati e discussi i requisiti minimi che devono qualificare gli elaborati di progetti di mitigazione del rischio da frana mediante interventi strutturali per la loro accettazione da parte della Struttura di Missione (DPCM del 27 maggio 2014) ai fini degli atti consequenziali. Il processo di verifica del possesso dei suddetti requisiti minimi da parte di un generico progetto può essere agevolato dall’impiego della check-list riportata nella Sezione 1. Nel seguito, dopo un breve richiamo delle macro-categorie in cui è possibile raggruppare gli interventi strutturali di mitigazione del rischio da frana (Sez. 2) e la proposta di criteri per l’individuazione delle situazioni prioritarie (Sez. 3), si illustrano i requisiti minimi di qualità dei progetti (Sez. 4) distinguendo quelli amministrativi e di impatto/fattibilità ambientale da quelli tecnico-economici. Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 2. CHECK-LIST DEI REQUISITI MINIMI DI ACCETTAZIONE DI UN PROGETTO (NON ESCLUSIONE) # 1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5. 2.1. 2.2. 2.2.1. 2.2.2. 2.2.3. 2.3. 2.3.1. 2.3.2. 2.4. 2.4.1. 2.4.2. 2.5. 2.5.1. 2.5.2. 3.1. 3.2. 3.3. 3.4. 3.5. 3.5.1. 3.5.2. SI NO N/A CONTESTO GENERALE TECNICO-AMMINISTRATIVO Parere della competente Autorità di Bacino Studi di impatto e di fattibilità ambientale Requisiti tecnico-economici Vincoli e prescrizioni Elaborati grafici relativi agli interventi VALUTAZIONI PRELIMINARI AL DIMENSIONAMENTO Inquadramento Generale Inquadramento Geologico,Geomorfologico ed Idrogeologico Modello Geologico Caratteri geomorfologici e inventario dei fenomeni franosi Idrogeologia Inquadramento Idrologico ed idraulico Idrografia Idrologia Inquadramento Geomeccanico Indagini in sito e prove di laboratorio Modello geotecnico di sottosuolo Inquadramento delle interferenze antropiche Caratteri insediativi e di uso del suolo Danni pregressi ELEMENTI BASE DEL PROGETTO DELL’INTERVENTO Rilievi Topografici di dettaglio Metodi di analisi del fenomeno franoso Metodi di calcolo adottati per il dimensionamento degli interventi Valutazione degli effetti indotti dagli interventi nel contesto fisico di riferimento Manutenzione e controllo Piano di manutenzione degli interventi Piano di monitoraggio per il controllo dell’efficacia degli interventi 4 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 3. GENERALITÀ SUGLI INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DA FRANA Secondo quanto definito nell’Atto di indirizzo e coordinamento del D.L. 180/98 (D.P.C.M. del 29 settembre 1998) gli interventi ammessi nelle aree a rischio da frana elevato (R3) e molto elevato (R4) sono raggruppabili in quattro categorie che, nell’ordine, contemplano: 1. la demolizione senza ricostruzione di opere esistenti (pubbliche e private); 2. l’ampliamento di opere esistenti (pubbliche e private) unicamente per motivate necessità di adeguamento igienico-sanitario; 3. la manutenzione (ordinaria e straordinaria) di opere esistenti; 4. gli interventi strutturali (IS) di mitigazione del rischio. Questi ultimi sono definiti come quegli interventi di varia tipologia che limitano il rischio per i beni esposti mediante la riduzione della pericolosità (P) dei fenomeni franosi e/o della vulnerabilità (V) dei beni stessi (Fig. 1). La riduzione del termine P può essere perseguita con opere di tipo: - attivo, che mirano a ridurre la probabilità di accadimento dei fenomeni franosi mediante la stabilizzazione della massa di terreno/roccia attualmente (Fe) o potenzialmente instabile (Fp) (per esempio, con opere di drenaggio o di sostegno) e/o intervenendo sulle cause d’innesco (per esempio, con opere di regimentazione idrica superficiale o di manutenzione del territorio); - passivo, che pur non riducendo la probabilità di accadimento di un evento franoso, intercettano il corpo di frana o ne modificano il percorso nella fase di propagazione (per esempio, con la messa in opera di reti o strutture paramassi oppure di bacini di dissipazione). La vulnerabilità (V) degli edifici (nonché delle persone che vivono al loro interno) o di altri beni esposti, potenzialmente interessati dall’impatto con un corpo di frana, può essere ridotta mediante il ricorso a tecniche di consolidamento consistenti nel rinforzo di alcuni elementi strutturali o non strutturali. MITIGAZIONE DEL RISCHIO AUMENTO DELLE SOGLIE DI RISCHIO TOLLERABILE e/o ACCETTABILE Frane potenziali (Fp) Frane esistenti (Fe) Informazione (Rischio volontario) Interventi strutturali (IS) in fase di pre-rottura (Attivi) RIDUZIONE DELLA ESPOSIZIONE (E) DEGLI ELEMENTI A RISCHIO RIDUZIONE DELLA PERICOLOSITA’ (P) Persone Interventi non strutturali (InS) Interventi strutturali (IS) in fase di post-rottura (Passivi) RIDUZIONE DELLA VULNERABILITÁ (V) DEGLI ELEMENTI A RISCHIO Interventi strutturali (IS) in fase di attivazione occasionale / riattivazione (Attivi) Proprietà vs. Persone Interventi strutturali (IS) (Passivi) 5 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana Figura 1. Schema sintetico dei possibili interventi di mitigazione del rischio da frana (i termini sottolineati indicano le categorie di frana; i termini in corsivo indicano, invece, le tipologie di elementi esposti al rischio) (da Ferlisi et al. 2014). In linea generale, la tipologia degli interventi strutturali (di tipo attivo e/o passivo) va individuata: a) a partire da un inquadramento preliminare degli interventi adottati nella pratica ingegneristica opportunamente differenziati per funzione; b) sulla base della qualità e quantità dei dati disponibili da cui dipende l'affidabilità dei risultati dell'analisi del rischio e, in particolare, di quelli riguardanti la caratterizzazione dei fenomeni franosi (esistenti o potenziali). Più precisamente, nel caso di fenomeni esistenti (quali le frane a cinematica lenta la cui superficie di scorrimento può delimitare significativi volumi di terreno), la scelta tipologica degli interventi e la definizione dei criteri per il loro dimensionamento si baseranno su elementi già disponibili o acquisibili con apposite indagini in sito. Tali elementi sono, in particolare, da riferire alla geometria del corpo frana (estensione, spessore) che si intende stabilizzare, ai parametri (fisici, idraulici e meccanici) dei terreni coinvolti e alla cinematica (campi di spostamento e velocità) che ne accompagna il movimento, oltre che alla causa di sue eventuali attivazioni/riattivazioni (per esempio, variazioni stagionali dei livelli di falda). Lo stesso percorso può essere compiuto, sebbene con maggiori incertezze, per le frane potenziali, la cui conoscenza dei fattori geometrici e cinematici caratterizzanti i meccanismi di innesco e di propagazione può derivare soltanto dai risultati di modellazioni mirate alla stima della pericolosità e la cui affidabilità è intimamente dipendente dalla qualità e quantità dei dati di input disponibili o da acquisire. Con riferimento, ad esempio, ai fenomeni franosi riconducibili a “colate rapide di fango”, i dati in questione sono quelli riguardanti la caratterizzazione dei terreni potenzialmente coinvolti nei fenomeni di instabilità (rapporti stratigrafici, parametri fisici, idraulici e meccanici, etc.) nonché le condizioni iniziali (in termini di pressioni interstiziali) e al contorno (in termini di altezze di pioggia cumulata) da prendere a riferimento nelle analisi. 3.1. CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE SITUAZIONI PRIORITARIE Per avviare quanto prima il programma di interventi strutturali di mitigazione del rischio è opportuno individuare una serie di proposte il cui iter realizzativo possa iniziare in tempi brevi (interventi di I fase). Tali interventi, oltre a soddisfare i requisiti minimi discussi più avanti, dovranno avere caratteristiche che consentano una rapida validazione e realizzazione del progetto. Una seconda serie di proposte di intervento (interventi di II fase) riguarda situazioni, non meno importanti quanto a entità del rischio da frana, che richiedono però l’acquisizione di elementi fondamentali per la comprensione del fenomeno e/o per la scelta e progettazione degli interventi, non disponibili al momento dell’esame della proposta. 6 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 3.1.1. Interventi di I fase Gli interventi da prendere in considerazione nella prima fase del programma dovrebbero riguardare fenomeni franosi per i quali: 1) i meccanismi di instabilità sono ben individuati; 2) l’estensione planimetrica e in profondità delle masse coinvolte risultano relativamente modeste, per come accertato dall’integrazione dei risultati di studi geomorfologici con dati derivanti da indagini in situ e monitoraggio; 3) il modello geotecnico del pendio e il regime delle pressioni interstiziali sono noti con ridotti margini di incertezza. Dalle 2) e 3) consegue che nuove indagini debbono essere previste solo per l’acquisizione di parametri di progetto non ricavabili dalle indagini già effettuate e determinabili in tempi brevi. 3.1.2. Interventi di II fase Gli interventi da attuare in una seconda fase sono quelli per i quali i meccanismi di instabilità sono complessi e comunque non del tutto chiariti – come nel caso di frane complesse di grande estensione (specialmente in profondità) che coinvolgono terreni caratterizzati da una marcata eterogeneità spaziale – per le quali si rende necessario procedere: 1) al monitoraggio per l’individuazione della estensione del/i corpo/i di frana e dei relativi meccanismi nonché per la ricostruzione del regime idrico (sotterraneo e superficiale); 2) a indagini in sito e prove di laboratorio per la definizione del modello geotecnico e, ove necessario, di quelli idrogeologici e idraulici del pendio che consentano di scegliere e progettare adeguatamente l’intervento. 4.4 REQUISITI MINIMI DI QUALITA’ DEL PROGETTO 4.1. CONTESTO GENERALE TECNICO-AMMINISTRATIVO 4.1.1.Parere della competente Autorità di Bacino Fatta salva la verifica del progetto (Titolo II - Capo II del DPR 207/2010), per tutti gli interventi strutturali di mitigazione del rischio da frana, la realizzazione deve essere subordinata al parere vincolante dell’Autorità di Bacino competente, nel rispetto della procedura e delle modalità specificate nelle Norme di Attuazione del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico – Rischio da frana (L. 365/2000). 4.1.2.Studi di impatto e di fattibilità ambientale In base alla tipologia dell’intervento programmato e alla sua localizzazione, il progetto deve essere corredato degli studi di impatto e di fattibilità ambientale (art. 27 del DPR 207/2010), evidenziando in particolare le interferenze con Riserve naturali, SIC (Siti di Importanza Comunitaria), ZPS (Zone di Protezione Speciale) ed IBA (Important Bird Areas). 7 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 4.1.3.Requisiti tecnico-economici Il progetto di un intervento strutturale di mitigazione del rischio da frana si compone di una serie di elaborati (D.L. 163/2006, D.P.R. 207/2010) che, tra l’altro, devono necessariamente esplicitare: - il quadro normativo e amministrativo all’interno del quale concepire l’intervento; gli obiettivi che con l’intervento si intendono perseguire (connessi alla sua funzione); i criteri adottati per l’analisi del fenomeno franoso e la progettazione dell’intervento; la valutazione del rischio residuo a seguito della sua realizzazione in relazione alla tipologia di fenomeno franoso (benefici); - l’analisi dei costi; - accessibilità dei luoghi e sicurezza in fase di realizzazione. Il progetto deve essere, altresì, corredato di uno Studio di Compatibilità Idrogeologica (come richiesto dalle Autorità di Bacino) commisurato all’importanza e alla dimensione dell’intervento nonché alla sua fase di progettazione. Per la stima dei costi si fa riferimento alle procedure in genere utilizzate per la stesura di computi metrici estimativi per progetti di tipo definitivo, quali quelle suggerite nell’art. 32 del D.P.R. 207/2010. 4.1.4.Vincoli e prescrizioni Con riferimento all’area di interesse, individuata nella cartografia topografica, si dovranno enucleare i vincoli e le prescrizioni di natura urbanistica ed ambientale, le norme in materia di Protezione Civile o le discipline del territorio e delle attività previste ed attuate dalla normativa urbanistica ed ambientale ivi vigenti. 4.1.5.Elaborati grafici relativi agli interventi Il progetto dovrà essere corredato di elaborati grafici contenti l’ubicazione degli interventi nonché piante, prospetti e sezioni ed ogni altro elemento utile alla completa descrizione geometrica e strutturale degli interventi di mitigazione del rischio proposti. Nel seguito si illustrano gli elementi su cui costruire i requisiti minimi di qualità dei progetti e dello Studio di Compatibilità Idrogeologica. 4.2.VALUTAZIONI PRELIMINARI AL DIMENSIONAMENTO 4.2.1.Inquadramento Generale Dovrà essere presentato mediante carta topografica redatta a scala non inferiore a 1:5.000, che dovrà contenere le informazioni utili all’individuazione dell’area oggetto di studio in un contesto sufficientemente ampio. 8 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 4.2.2.Inquadramento Geologico,Geomorfologico ed Idrogeologico 4.2.2.1.Modello Geologico Il modello geologico dovrà descrivere il volume geologico significativo, in cui è possibile cogliere interrelazioni di carattere dinamico di origine geologica influenzanti l’opera. L’inquadramento dovrà essere rappresentato a scala non inferiore a 1:5.000 e dovrà essere completato da un numero di sezioni geologiche, alla stessa scala, in numero sufficiente a descrivere compiutamente il modello geologico stesso, sottolineandone le zone critiche e il rapporto con l'opera in progetto, e planimetrie in cui si evidenzino tutti i caratteri (geologici, geomorfologici ed idrogeologici) peculiari dell' Unità Territoriale di Riferimento. 4.2.2.2.Caratteri geomorfologici e inventario dei fenomeni franosi Dovrà essere predisposta una Carta degli elementi geomorfologici dei fenomeni in atto o pregressi dei quali si riconosce traccia, nonché eventuali variazioni della morfologia/idrografia dovute ad azioni antropiche. Gli studi geomorfologici dovranno dar luogo, se del caso, anche alla Carta inventario dei fenomeni franosi, che oltre a conservare le informazioni tematiche specifiche della geomorfologia di base, dovrà essere redatta (a scala non inferiore a 1:5.000) portando in conto i risultati dell’analisi dei dati acquisiti nel corso delle indagini nell’area di interesse. 4.2.2.3.Idrogeologia La Carta Idrogeologica dovrà essere redatta a scala non inferiore a 1:5.000 e contenere informazioni utili all’individuazione dei fattori di natura idrogeologica che possono esercitare un ruolo sulle condizioni di stabilità del versante oggetto di studio. A tale fine, l’elaborato prodotto dovrà essere essenzialmente mirato alla ricostruzione dello schema di circolazione idrica sotterranea. Nei casi nei quali la strategia di intervento sia basata prevalentemente sulla regimazione delle acque sotterranee, è necessario sviluppare una modellistica idonea a ricostruire le modalità di ricarica e la circolazione idrica sia nella situazione attuale sia nella situazione post intervento. Ove necessario indagini e modelli devo riguardare anche l’analisi del non saturo 4.2.3.Inquadramento Idrologico ed idraulico 4.2.3.1.Idrografia La Carta relativa all’idrografia, redatta a scala non inferiore a 1:5.000, dovrà esplicitare la forma, l’andamento e le caratteristiche dei corsi e degli specchi d'acqua che interessano l’area di interesse. Nei casi di interventi che interessino superfici estese è necessario identificare la circolazione idrica superficiale di dettaglio (microidrografia) lungo il pendio, con particolare attenzione all’effetto di gronda della viabilità, all’impermeabilizzazione della superficie topografica, alle modifiche apportate con l’intervento al reticolo naturale (di cui al par. 4.3.4). 9 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana 4.2.3.2.Idrologia Si tratta in genere di una relazione, accompagnata da eventuali carte tematiche. In tale elaborato si dovranno fornire elementi utili a chiarire gli aspetti idrologici dell’area interessata dalla realizzazione dell’intervento. A tal riguardo, i dati pluviometrici storici potranno essere analizzati ai fini della generazione di pluviogrammi da utilizzare, come condizione al contorno, nelle modellazioni dell’innesco dei fenomeni franosi. Ove l’estensione della superficie richieda di considerare il contributo dei flussi superficiali (acque bianche nelle zone antropizzate, efficacia dei sistemi di drenaggio eventualmente presenti) vanno ricostruiti i percorsi dei flussi idrici e ne andrà valutata, sia pure in modo approssimato, l’entità, sulla base dei pluviogrammi di progetto. 4.2.4.Inquadramento Geomeccanico 4.2.4.1.Indagini in sito e prove di laboratorio Il numero e la tipologia delle indagini in sito e delle prove di laboratorio (di cui un elenco è riportato nella Tabella C6.2.I della Circolare n. 617 del 2 febbraio 2009 recante le Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008) dovranno essere mirati all’acquisizione dei dati necessari alla ricostruzione della stratigrafia e alla determinazione delle caratteristiche geotecniche (fisiche, meccaniche e idrauliche) dei terreni e delle rocce in misura adeguata al problema in esame (ovvero alla complessità stratigrafica dell’area di studio, alla fase di progettazione dell’intervento e al tipo analisi geotecniche che si intende svolgere). Le informazioni raccolte potranno essere messe a confronto con dati di letteratura e di archivio disponibili per l’area di studio. Le indagini in sito e le prove di laboratorio dovranno essere programmate secondo quanto riportato nelle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC). 4.2.4.2.Modello geotecnico di sottosuolo I risultati dei rilievi di dettaglio, delle indagini in sito e delle prove di laboratorio e dei dati di monitoraggio, comprensivi delle eventuali misure piezometriche, dovranno concorrere alla generazione di sezioni stratigrafiche di progetto con riferimento all’opera ed al più ampio contesto nel quale l’opera stessa si inserisce. In particolare, le sezioni stratigrafiche di progetto dovranno essere redatte a scala sufficiente ad individuare la delimitazione del corpo frana e la posizione degli interventi rispetto ai contatti stratigrafici o a elementi strutturali di particolare importanza (per i versanti rocciosi). Scale tipiche sono 1:100, 1:200, 1:500. Sulle sezioni di progetto dovranno essere riportate: - le quote parziali e gli spessori dei terreni attraversati; - l’ubicazione dei campioni (indisturbati o rimaneggiati) prelevati; - le verticali di prove penetrometriche (SPT, CPT o penetrometriche dinamiche continue) o di altre grandezze utili per la individuazione dei terreni tipo (contenuti d’acqua, resistenza non drenata, velocità delle onde S o P, ecc.); - i parametri geotecnici di sintesi attribuiti ai terreni tipo; - la profondità della superficie piezometrica (se presente) misurata o assunta nelle analisi; 10 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana - le verticali di misura degli spostamenti orizzontali; - le eventuali tracce delle superfici di scorrimento, determinate con un sistema di monitoraggio degli spostamenti in profondità del corpo di frana o assunte in base a indizi morfologici e alla stratigrafia del pendio. Per i versanti in roccia si dovranno identificare le giaciture delle discontinuità che delimitano i blocchi (sia con rilievi remoti che con rilievi tradizionali con bussola di Clar) e le dimensioni degli stessi. Altrettanta cura dovrà essere posta nella descrizione dei parametri fisico-meccanici del materiale/ammasso roccioso e dei parametri meccanici delle discontinuità da utilizzare nelle analisi di progetto e del loro metodo di determinazione/assunzione, con riferimento al tipo di schematizzazione dell’ammasso indicata al par. 4.2.4.1. 4.2.5.Inquadramento delle interferenze antropiche 4.2.5.1.Caratteri insediativi e di uso del suolo L’informazione può essere mutuata da analoghi documenti reperibili presso gli Uffici Tecnici dei Comuni nel cui territorio di competenza ricade l’area di interesse e redatti nell’ambito delle attività connesse alla redazione dei Piani Regolatori ovvero dei Piani Urbanistici Comunali. 4.2.5.2.Danni pregressi Nel caso di corpi di frane esistenti interagenti con edifici e/o con infrastrutture lineari e di trasporto, dovrà essere chiaramente esplicitata l’eventuale esistenza di danni riconducibili alle azioni esercitate dai fenomeni franosi. L’elaborato potrà essere redatto sulla base di informazioni da acquisire, nel corso di rilievi in posto, con l’ausilio di schede appositamente predisposte. 4.3.ELEMENTI BASE DEL PROGETTO DELL’INTERVENTO 4.3.1.Rilievi Topografici di dettaglio In presenza di versanti naturali (di terreno o roccia) e nel caso di processi attivi, il monitoraggio con livellazione ottica di precisione può essere utilizzato per l’identificazione del tipo di frana; è buona norma, comunque, affiancarlo ad analisi stereoscopiche di foto aeree multi-temporali per ricostruire la storia recente del pendio e stabilire se esso è stato già sede di instabilità. (Cotecchia et al., 2014). Con riferimento alle pareti rocciose, si rende necessario il rilievo topografico della parete (eseguito, ad esempio, con laser-scanner o fotogrammetria) accoppiato a rilievi fotografici ad alta definizione per l’individuazione della posizione e dei volumi dei blocchi potenzialmente instabili. Tale rilievo è indispensabile sia per opere di difesa attiva e sia per quelle di difesa passiva. In quest’ultimo caso occorre anche procedere al rilievo topografico del versante a scala adeguata alla lunghezza dei percorsi stimati dei blocchi di roccia (e comunque non inferiore a 1:5.000). Con riferimento alle indagini in sito, le verticali da investigare dovranno essere preferibilmente allineate lungo una o più sezioni longitudinali del pendio, distribuite su tutta l’estensione del pendio e ubicate anche sulla base di considerazioni geologiche e geomorfologiche. 11 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana Le prove di laboratorio sui terreni dovranno permettere la determinazione dei parametri di resistenza al taglio nelle condizioni di picco, post-picco e residue (par. C6.3.3 della Circolare esplicativa delle NTC). Nel caso di frane esistenti, tali parametri dovranno essere messi a confronto con quelli desunti da analisi di stabilità a ritroso. Per gli ammassi rocciosi, oltre ad un rilievo strutturale dell’ammasso (giaciture, spaziatura ed estensione delle discontinuità), la caratterizzazione geotecnica dovrà riguardare, in funzione del meccanismo di instabilità: a) le sole discontinuità (scivolamento o ribaltamento di cunei rigidi); b) l’ammasso nel suo insieme (scivolamenti in ammassi molto fratturati); c) il solo materiale roccioso (rottura di blocchi di roccia integra). Nei casi a) e b) il rilievo strutturale dovrà essere integrato con un rilievo (rilievo “geomeccanico”) dello stato delle discontinuità (scabrezza, riempimento, apertura, stato di alterazione, resistenza delle superfici). In tutti i casi i parametri di resistenza dovranno essere ricavati direttamente (casi a) e c)) o indirettamente (caso b) tramite prove di laboratorio. L’elaborato di sintesi, oltre a riportare in allegato i certificati di prova, dovrà essere corredato di una carta (redatta a scala non inferiore a 1:5.000) recante l’ubicazione di tutte le indagini effettuate; nella stessa carta dovranno, altresì, essere ubicate le tracce delle sezioni utilizzate nelle eventuali verifiche di stabilità (par. 4.3.3). Infine dovrà essere redatta una tabella con la data di esecuzione e la tipologia delle indagini (denominate con riferimento alla carta di ubicazione), sia quelle specificatamente realizzate per il progetto, sia quelle pregresse utilizzate nella redazione del progetto. 4.3.2.Metodi di analisi del fenomeno franoso L’analisi del fenomeno franoso rappresenta una delle fasi singolarmente più importanti dell’intero iter progettuale e deve essere effettuata con l’ausilio di metodi convalidati dall’esperienza. Nelle zone d’innesco di frane potenziali (o di primo distacco) o con riferimento a corpi di frane esistenti, le analisi in condizioni statiche potranno essere svolte con i metodi dell’equilibrio limite sulla base delle indicazioni fornite dalle NTC al par. 6.3.4, eventualmente distinguendo le verifiche a breve termine da quelle a lungo termine. Una particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta dei parametri che intervengono nel definire la resistenza disponibile (tale scelta è condizionata dalla tipologia di frana che, come accennato, può essere potenziale o esistente) e nella valutazione delle pressioni interstiziali da porre a base dei calcoli. Il margine di sicurezza potrà essere stimato con i metodi dell’equilibrio limite (o dell’analisi limite) o con analisi avanzate che consentano l’implementazione di legami tensioni-deformazioni più aderenti al reale comportamento dei terreni. L’accettabilità di tale margine di sicurezza dovrà essere valutata dal progettista “sulla base del livello di conoscenze raggiunto, dell’affidabilità dei dati disponibili e del modello di calcolo adottato in relazione alla complessità geologica e geotecnica, nonché sulla base delle conseguenze di un’eventuale frana” (par. 6.3.4 delle NTC). Per le analisi da svolgere in condizioni sismiche, i metodi da adottare rientrano tra quelli pseudostatici, degli spostamenti e di analisi dinamica (par. 7.11.3.5.2 delle NTC). Ulteriori dettagli sono forniti dalle stesse NTC e dalla Circolare esplicativa a cui si rimanda. 12 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana Con riferimento, invece, ai modelli orientati alla ricostruzione della fase di post- rottura (propagazione) di un fenomeno franoso (che concorrono alla definizione della sua intensità) esiste in letteratura un gran numero di approcci disponibili. Questi si traducono in modelli di vario grado e complessità raggruppabili in tre grandi categorie: modelli empirici (la definizione delle grandezze cinematiche deriva, quasi esclusivamente, da correlazioni desunte dall’osservazione di fenomeni franosi in vera grandezza); modelli semiempirici (modelli che tentano di riprodurre solo alcuni aspetti della fisica del fenomeno); modelli fisico-matematici (che simulano il movimento del corpo di frana risolvendo sistemi di equazioni differenziali, generalmente costituiti dalle equazioni dell’equilibrio dinamico e dall’equazione di continuità). In tutti i casi dovrà essere indicato il tipo di modello utilizzato e le specifiche caratteristiche utilizzate nel codice di calcolo impiegato. Inoltre dovrà essere motivata la scelta dei parametri fisico-meccanici assunti nelle analisi. 4.3.3.Metodi di calcolo adottati per il dimensionamento degli interventi La scelta della tipologia degli interventi di mitigazione dovrà essere basata su considerazioni legate alla numerosità dei fattori predisponenti emersi dallo studio del contesto fisico di riferimento, sulla conoscenza delle cause di innesco nonché sui risultati delle analisi di costi-benefici. Una volta individuata la tipologia delle opere di difesa negli elaborati progettuali si dovranno illustrare i metodi adottati per il dimensionamento delle stesse opere, avendo cura di esplicitare la natura e l’entità delle azioni, i valori caratteristici dei parametri (di tipo strutturale, geotecnico, geologico, idraulico, ecc.), le ipotesi e i metodi di calcolo adottati. Per le opere di difesa passiva (siano esse finalizzate alla riduzione della Pericolosità o della Vulnerabilità), nel caso dei crolli in roccia si potrà procedere ad analisi a ritroso per la stima dei coefficienti di restituzione da inserire nelle analisi di propagazione laddove si disponga del rilievo delle distanze percorse (fino all’arresto) da blocchi distaccatisi nel corso di eventi passati. Gli elaborati di calcolo dovranno esplicitare gli scenari di propagazione nonché le altezze dal suolo e le energie possedute dai blocchi, specificando ipotesi, metodi e codici di calcolo adottati. Indipendentemente dalla tipologia di intervento strutturale (attivo o passivo) e in armonia con quanto prescritto dalle NTC, la sicurezza del sistema geotecnico dovrà essere verificata nei riguardi degli Stati Limite Ultimi (di tipo GEO e STR), inclusi quelli sismici (SLV), nonché degli Stati Limite di Esercizio (in condizioni statiche) e degli Stati Limite di Danno (in condizioni sismiche). 4.3.4.Valutazione degli effetti indotti dagli interventi nel contesto fisico di riferimento Attraverso i risultati numerici delle verifiche di sicurezza condotte con l’ausilio dei metodi di cui al par. 4.3.2, gli elaborati progettuali non soltanto dovranno dimostrare che gli interventi previsti sono in grado di assolvere le funzioni per cui sono stati concepiti (a partire dalla riduzione di uno dei termini che concorre alla riduzione del rischio) ma anche che la loro realizzazione non comporti un aggravio del rischio in aree adiacenti. Nel caso, ad esempio, degli interventi di stabilizzazione tale verifica potrà derivare dal confronto tra i valori assunti dal margine di sicurezza 13 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana allo scorrimento del fenomeno franoso ricadente nell’area di studio prima della realizzazione dell’opera e dopo la realizzazione di quest’ultima (Circolare n. 617 del 2 febbraio 2009). A tal riguardo, sarà necessario applicare modelli analitici o numerici volti alla ricostruzione della circolazione idrica sotterranea sia nella situazione precedente (par. 4.3.3) sia in quella successiva alla realizzazione degli interventi. Pari attenzione dovrà essere posta sulle modifiche apportate con l’intervento al reticolo idrografico naturale, sull’eventuale contributo aggiuntivo di acque bianche nelle zone antropizzate (laddove si sia operato anche ai fini della riduzione dell’erosione), sull’efficacia dei sistemi di drenaggio superficiale eventualmente presenti, e così via. 4.3.5.Manutenzione e controllo 4.3.5.1.Piano di manutenzione degli interventi Gli elaborati progettuali dovranno contemplare un piano di manutenzione degli interventi che ne garantisca l’efficacia nel tempo. Le attività previste potranno, ad esempio, includere la pulizia di reti paramassi ostruite dall’accumulo di detriti o la riabilitazione di opere di stabilizzazione lesionate. 4.3.5.2.Piano di monitoraggio per il controllo dell’efficacia degli interventi Per il controllo dell’efficacia degli interventi da realizzare occorre prevedere delle attività di monitoraggio. La scelta delle grandezze da misurare, del tipo, numero ed ubicazione degli strumenti, le prescrizioni sulla frequenza delle letture, devono formare oggetto di un piano delle misure; si sottolinea come queste ultime siano indispensabili quando le previsioni sul comportamento dell’opera sono affette da gravi incertezze. E’ opportuno che, nel piano delle misure, siano prescritte anche le eventuali ispezioni. Sulla base di quanto stabilito dalle NTC al par. 6.3.6 occorre, altresì, prevedere i provvedimenti che dovranno adottarsi nell’ipotesi che i valori ammissibili delle grandezze siano superati. La frequenza delle letture deve essere fissata con ragionevolezza in rapporto alla prevedibile evoluzione della situazione, e modificata nel tempo, se necessario. La progettazione delle reti di monitoraggio di fenomenologie franose (in termini di estensione dell’area da monitorare nonché di numero e layout degli strumenti, oltre che la frequenza e le modalità delle misure) è fondamentalmente dipendente dalla tipologia di frana, dalla fase di movimento della medesima (per esempio, la fase di pre-rottura per i fenomeni potenziali e la fase riattivazione per quelli esistenti) e dalle finalità che con il monitoraggio si intendono perseguire (tra cui si cita la ricostruzione dei campi di spostamento superficiali/ profondi di corpi di frana e del regime sotterraneo delle pressioni interstiziali). Le grandezze fisiche da monitorare – a cui corrispondono adeguati sensori le cui caratteristiche di sensibilità, durabilità e stabilità nel tempo devono essere giustificate dal progettista – consistono in: - parametri “ambientali” (accelerazioni sismiche al suolo, piogge, temperature, neve); - pressioni interstiziali positive (nei terreni saturi) ovvero suzioni di matrice (nei terreni non saturi); - spostamenti assoluti di punti della superficie topografica e in profondità; 14 Proposta di Linee Guida per la valutazione della qualità dei progetti riguardanti gli interventi di mitigazione del rischio da frana - spostamenti relativi tra punti del corpo di frana; - sforzi e deformazioni su elementi strutturali. La durata del monitoraggio deve essere sufficiente a raccogliere i dati necessari per il raggiungimento delle finalità del monitoraggio stesso. 15