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crescita endogena: il ruolo del learning by doing e
CRESCITA ENDOGENA: IL RUOLO DEL LEARNING BY DOING
E DEL CAPITALE UMANO
Abstract
Il lavoro che segue si propone di creare un modello di crescita endogena
che risponde a due motivazioni fondamentali. Innanzitutto, la costruzione di
un modello generalizzato di crescita capace di incorporare due lavori che
riconoscono nella conoscenza il motore della crescita, ossia i modelli di
Romer (Romer, 1986) e di Lucas (Lucas, 1988). In secondo luogo, e data la
scelta dei due modelli ora citati come basi di riferimento per la costruzione
del nostro lavoro, ci proponiamo di analizzare l’apporto che danno alla
crescita economica la conoscenza accumulata a seguito della realizzazione
dell’attività produttiva, da un lato, e l’accumulazione del capitale umano,
dall’altro1. Seguendo questo secondo obiettivo, in particolare, si risponde
anche ad un’altra motivazione, ossia colmare quel gap della letteratura che
tralascia di considerare l’apporto che offre, in termini di crescita,
l’interazione fra più elementi capaci di generare crescita stessa, essendo la
letteratura maggiormente interessata a considerare l’apporto che ciascun
motore di crescita offre disgiuntamente dagli altri. Il risultato cui si
previene nel lavoro che segue è la costruzione di un modello in cui la
crescita, oltre che essere determinata dal concorso di due diverse forme di
conoscenza, è di tipo endogeno e dipende solo dai parametri del modello.
1.1
Introduzione.
La nuova teoria della crescita endogena individua numerosi elementi come fattori in
grado di produrre nell’economia un tasso di crescita positivo e costante di lungo
periodo. In particolare, una prima categoria di modelli individua nell’aumento
generalizzato della conoscenza il motore principale dello sviluppo economico. Ora,
nella realtà economica tale conoscenza può assumere due diverse forme: essere, cioè,
1
Di qui la scelta dei modelli di Romer (Romer, 1986) e Lucas (Lucas, 1988) in quanto il primo analizza
l’apporto nel generare crescita economica della conoscenza accumulata come sottoprodotto dell’attività
produttiva, il secondo, invece, considera l’importanza del capitale umano.
individuata nell’accumulazione di esperienza generata come sottoprodotto non
intenzionale dell’attività produttiva delle imprese, oppure, può assumere la veste di
capitale umano, ossia di istruzione o apprendimento personale.
Questo lavoro si propone di incorporare in un modello di crescita endogena entrambe le
forme di conoscenza ora individuate, attraverso la costruzione di un modello
generalizzato che ripropone in sé i modelli che per primi hanno focalizzato l’attenzione
su tali fattori di crescita. Si tratta del modello di Romer del 1986, che ipotizza come
l’attività produttiva delle imprese generi nuova conoscenza che si diffonde, senza costi
aggiuntivi, a tutte le altre imprese operanti nell’economia2, e il modello di Lucas del
1988 che per primo introduce in modo esplicito il capitale umano in un modello di
crescita economica.
Poiché, infatti, riteniamo che sia il capitale fisico (utilizzato come proxy della
conoscenza accumulata nel corso del processo produttivo) che quello umano
contribuiscano alla crescita economica, anziché analizzarne il contributo valutando
separatamente il loro apporto (come accade nei modelli presentati nella revisione della
letteratura della Prima Parte della Tesi), proponiamo qui di analizzarne il contributo
congiunto. In questo senso, vogliamo inserire nel modello due diverse forme di
esperienza acquisita: una che chiamiamo di tipo “produttivo”, che nasce, cioè, a seguito
dello svolgimento di una attività produttiva imprenditoriale, e una esperienza che
chiamiamo “di istruzione” perché nasce a seguito di un processo di apprendimento
personale.
Il modello costruito prevede così lo sviluppo di un problema di ottimizzazione (dalla cui
risoluzione otterremo un tasso di crescita di tipo endogeno per l’economia) in cui
esistono due diverse tipologie di conoscenza: il learning by doing, desunto dal modello
di Romer del 1986, e il capitale umano, secondo l’approccio di Lucas del 1988.
La particolarità dell’incorporare tali due fattori e, quindi, dell’unificare tali due modelli,
è, inoltre, che la funzione di produzione del bene finale è caratterizzata dalla presenza di
due forme di esternalità: non solo il learning by doing, ossia la conoscenza accumulata
ma anche le esternalità prodotte dal capitale umano, poiché introduciamo l’approccio
con esternalità di Lucas.
I lavori di riferimento per la costruzione del lavoro che segue sono Ramsey (Ramsey,
1928), Cass (Cass, 1965), Koopmans (Koopmans, 1965) per l’impostazione generale
del modello di ottimizzazione, mentre, come detto, i due modelli che ci proponiamo di
“innestare” uno nell’altro sono tratti da Romer (Romer, 1986), per la costruzione di una
tecnologia di produzione che incorpora l’effetto esterno positivo della conoscenza
2
Divenendo, in questo senso, una forma di esternalità positiva:
…investment in knowledge suggests a natural externality. The creation of new knowledge by one firm
is assumed to have a positive external effect on the production possibilities of other firms because
knowledge cannot be perfectly patented or kept secret.
(Romer, 1986, pag. 1003)
accumulata (learning by doing), e Lucas (Lucas, 1988) per quanto riguarda
l’accumulazione endogena del capitale umano.
Ciò detto, analizziamo brevemente la più importante letteratura sull’argomento,
individuando le principali differenze che il nostro lavoro presenta rispetto ad altri
relativi all’argomento trattato.
A partire dagli anni ’80 del secolo scorso si sviluppano una serie di nuove teorie che
propongono un deciso ripensamento della teoria tradizionale e cui apre la strada,
principalmente, il lavoro di Romer (Romer, 1986) basato sulla capacità di generare
crescita endogena da parte dell’esperienza acquisita. In realtà si tratta di un’idea
proposta già negli anni’60 dall’economista Kenneth Arrow (Arrow, 1962), il quale
sosteneva come la crescita ottenibile da un incremento della produttività del lavoro
possa essere ricondotta all’accumulazione di esperienza e come la misura più
soddisfacente di tale incremento di produttività sia l’accumulazione di capitale, di nuovi
investimenti, cioè, che contribuiscono a migliorare quelli già esistenti. Romer ha
associato il concetto di Arrow a tutte quelle esternalità positive che l’attività produttiva
di ciascuna impresa ingenera sull’ambiente circostante proponendo un modello di
cambiamento tecnologico endogeno in cui la crescita di lungo periodo è da attribuirsi
principalmente all’accumulazione profittevole di agenti massimizzanti. La conoscenza,
infatti, creata da un’impresa ha un effetto positivo sulle capacità produttive di altre
imprese senza costi aggiuntivi, in quanto non può essere a lungo mantenuta segreta o
sempre brevettata: entra, quindi, nella funzione di produzione delle imprese
direttamente, senza essere il risultato di una loro specifica scelta. Questo elemento
concorre alla creazione di un modello che si differenzia sia dal modello ottimizzante di
Ramsey-Cass-Koopmans, sia da quello di Arrow in quanto Romer assume rendimenti di
scala globalmente crescenti e rendimenti decrescenti nel settore della produzione di
nuova conoscenza. Sostanzialmente, come affermano Barro e Sala-i-Martin (Barro,
Sala-i-Martin, 1995, pag 146), Romer utilizza lo schema presentato in precedenza da
Arrow per eliminare i rendimenti decrescenti assumendo che la produzione della
tecnologia sia un effetto non voluto (ma indubbiamente proficuo) dell’investimento.
Accanto all’esternalità derivante dal learning by doing, in numerosi lavori successivi
molte sono state le tipologie di esternalità introdotte come fattori determinanti la
crescita endogena3.
3
Barro (Barro, 1990), ad esempio, propone un modello di crescita in cui l’esternalità positiva può essere
ricondotta alla spesa pubblica capace di generare un incremento di produttività nei fattori, scrivendo un
famoso paper il cui scopo diviene quello di estendere modelli già esistenti di crescita endogena in modo
da incorporarvi anche il settore pubblico. Anche in questo caso, caratteristica dominante è che, esistendo
un fenomeno di esternalità, come in Romer, il mercato non è in grado di incorporare l’effetto positivo che
tale esternalità determina a livello di incremento della produttività, cosicché si dà luogo ad un tasso di
crescita di mercato inferiore a quello socialmente ottimo, ottenibile nel caso in cui l’esternalità venga
internalizzata.
Successivi sviluppi della teoria della crescita endogena portano ad esaltare il ruolo,
come motore dello sviluppo, invece, del capitale umano, cosicché numerosi e recenti
lavori hanno esteso la teoria neoclassica per incorporarvi tale fattore, anche perché esso
consente di superare alcune delle imperfezioni e delle lacune lasciate dalla teoria
neoclassica. In effetti, ciò si determina in quanto il capitale umano presenta
caratteristiche economiche molto simili a quelle del capitale fisico dal punto di vista
delle decisioni di investimento e di redditività. Allo stesso tempo, inoltre, esso non
presenta quelle caratteristiche per cui la sua produttività tende a ridursi via via nel
tempo, superando, così, le problematiche sollevate dalla teoria neoclassica circa
l’incapacità del capitale (fisico) di produrre crescita stabile nel lungo periodo.
L’introduzione del capitale umano, grazie alla più ampia nozione di capitale che
identifica, permette così di rilasciare l’ipotesi di rendimenti decrescenti.
I modelli che incorporano il ruolo del capitale umano nel generare sviluppo economico
risalgono già alla teoria di Schultz (Schultz, 1963) e Becker (Becker, 1964), nonché di
Uzawa (Uzawa, 1965)degli anni ’60 del secolo scorso, ma in realtà, uno dei contributi
più importanti della letteratura in questo campo è sicuramente da ricollegare a Lucas
(Lucas, 1988) che per la prima volta formalizza il ruolo del capitale umano all’interno
di un modello neoclassico di crescita originando in questo modo crescita endogena. Ciò
che rende davvero originale il contributo di Lucas è, da un lato, l’aver riconosciuto
come ciò che davvero differenzia il capitale umano dal capitale fisico sia la capacità che
esso ha di produrre esternalità positive, nel senso che l’istruzione, le capacità apprese
attraverso l’educazione o l’esperienza di un lavoratore incrementano anche la
produttività di altri lavoratori semplicemente attraverso la possibilità di scambiare le
proprie conoscenze. Dall’altro, ha avuto il grosso merito di inserire nella teoria
precedente un motore di sviluppo concreto e, facendo dipendere la decisione di
investimento in capitale umano direttamente dal comportamento ottimizzante
dell’agente, di sviluppo endogeno. L’articolo di Lucas del 1988 è indubbiamente uno
dei contributi più importanti che la letteratura economica ha apportato alla teoria
endogena della crescita. Si tratta, nella sua versione standard, di un modello molto
simile a quello della teoria neoclassica nella sua versione ottimizzante, nel senso che ad
esso aggiunge il capitale umano nell’accezione che attribuiscono a questo termine
Schultz e Becker. Per capitale umano, infatti, Lucas intende le capacità, le abilità (nel
testo originale skills) dell’individuo. Come già affermano Schultz e Becker, in effetti, è
possibile introdurre un concetto di istruzione come vero proprio capitale in quanto essa
costituisce una forma di investimento nel senso che, incrementando la capacità
professionale, aumenta la produttività del lavoro. In ciò si può notare quel parallelismo
esistente fra capitale fisico ed umano, proprio nel fatto, cioè, che l’istruzione aumenta le
abilità dell’individuo e perciò la produttività del suo lavoro, così come l’acquisto di un
macchinario incrementa la produttività all’interno di un’impresa.
Nel lavoro che segue sarà nostro obiettivo incorporare in un unico modello (e, in
particolare, in un’unica funzione di produzione) l’apporto della conoscenza intesa come
learning by doing, e come capitale umano vero e proprio. In questo senso, finiamo per
utilizzare due concetti di esperienza: quella che chiamiamo “produttiva” (con
riferimento al capitale fisico che rappresenta una buona approssimazione del learning
by doing) e l’esperienza “da istruzione” (con riferimento, dunque, al capitale umano).
Il risultato finale cui si perviene è un modello che non valuta l’effetto esterno positivo
del capitale fisico e umano separatamente4, ma bensì congiuntamente. Si tratta, quindi,
di legare la crescita endogena, derivante come in Romer dalle esternalità prodotte
dall’esperienza acquisita, ad un secondo tipo di esternalità legato, invece, alla presenza
nella funzione di produzione del lavoro istruito (come nell’approccio con esternalità di
Lucas). In tal modo si risponde ad una motivazione di fondo: valutare l’apporto che
congiuntamente offrono alla crescita il capitale fisico e il capitale umano attraverso
l’effetto esterno positivo del learning by doing (per la prima forma di capitale) e
dell’istruzione (per la seconda forma di capitale), colmando così anche un vuoto della
letteratura che si preoccupa di valutare l’apporto alla crescita solo o del learning by
doing o del capitale umano, invece che esaminare congiuntamente l’impatto di queste
due forme di conoscenza.
Nella letteratura più recente esistono, comunque, alcuni tentativi di analizzare
congiuntamente la capacità di generare crescita di più elementi. Ad esempio, Grossman
ed Helpman (Grossman, Helpman, 1991, capitolo 5) attraverso l’introduzione di un
settore destinato alla accumulazione del capitale umano in un modello con espansione
nella varietà di beni finali prodotti, determinano un equilibrio di stato stazionario
caratterizzato da un livello di capitale umano costante ma endogeno e un saggio
costante di progresso tecnologico. Ancora, Stokey (Stokey, 1988) accompagna il
progresso tecnologico alla formazione del capitale umano, senza tuttavia, far dipendere
l’accumulazione di quest’ultimo da una scelta individuale e dall’esistenza di un
concreto settore ad essa destinato. Ulteriori esempi prendono in considerazione i
modelli cosiddetti R&D based, cosicché allacciano il ruolo del capitale umano a forme
particolari di progresso tecnologico, spesso con l’introduzione di due o tre settori
nell’economia5.
Il nostro lavoro, pur interessato a cogliere, come la letteratura citata, l’apporto
congiunto di più fattori nel generare crescita economica, si differenzia dalla letteratura
esistente per due elementi fondamentali.
Innanzitutto, ci siamo proposti di costruire un modello generalizzato di crescita che
ripropone due modelli esistenti, senza, quindi, la volontà di creare un modello ex novo.
Una seconda differenza fondamentale riguarda la scelta dei modelli di riferimento:
come detto, la letteratura esistente si interessa all’introduzione di capitale umano in
4
O, altresì, dell’esperienza “produttiva” o “da istruzione”.
Come in Sjögren, 1998, oppure in Bucci, 2002, 2003, o ancora in Strulik e Funke, 2000, che
introducono in modelli a più settori produttivi il ruolo del progresso tecnologico, inteso come produzione
di diverse varietà di input intermedi, al capitale umano accumulato secondo l’approccio di Lucas (Lucas,
1988).
5
modelli R&D based, noi, invece, ci proponiamo di affiancare tale fattore ad un concetto
di progresso tecnologico, per così dire, di prima generazione6, ossia desunto da un
modello precedente a quelli R&D based, in particolare ad una forma di esternalità
positiva quale il learning by doing.
A nostra conoscenza non vi sono altri tentativi di legare fra loro i due modelli che
useremo come basi di riferimento, né che prevedono di analizzare l’apporto congiunto
delle due diverse forme di esperienza individuate.
I risultati cui si perviene nel modello che segue sono duplici. Innanzitutto:
a)
b)
c)
d)
il determinare un tasso di crescita endogena che dipende solo dai parametri di
preferenza iniziali;
in secondo luogo, nel modello si elimina, come peraltro è tendenza tipica degli
attuali modelli di crescita, l’effetto di scala secondo cui la crescita di un’economia
sarebbe maggiore quanto maggiore è la sua dimensione7 8. Accanto a questi due
risultati principali, poi, si ha che;
mentre il modello di Lucas viene rispettato in tutte le sue caratteristiche originarie
(nel senso che esso è assolutamente replicabile a partire dal modello originario
semplicemente introducendo opportune ipotesi sul valore dei parametri), il modello
di Romer vede sparire, da un lato, quell’effetto di scala secondo cui la crescita
dipende dalla dimensione della popolazione, dall’altro, la necessità che le
esternalità siano di un certo rilievo per assicurare crescita endogena positiva;
essendo il modello proposto sia per una economia di tipo competitivo, che per una
pianificata, dimostriamo come la soluzione centralizzata (come è evidente che sia,
data la presenza nel modello di esternalità) si rivela superiore a quella di mercato.
Il lavoro si articola nelle seguenti sezioni: nella sezione successiva commenteremo
brevemente i modelli che saranno incorporati l’uno nell’altro, quindi, nel paragrafo 1.3
presenteremo il modello con le sue caratteristiche fondamentali in termini di consumo e
produzione per caratterizzarne poi l’equilibrio e analizzarne le caratteristiche di stablità.
Nel paragrafo 1.4 presenteremo alcuni esempi numerici e, quindi, nel paragrafo 1.5
discuteremo le conclusioni principali raggiunte.
1.2
6
Breve commento sui modelli di riferimento.
Termine usato da Ardeni (Ardeni, 1995)
Si vedano, per una analisi circa l’effetto di scala, Jones, 1995, 1998; Eicher e Turnovsky, 1999.
8
In Romer (Romer, 1986) tale effetto, infatti, permane nel caso in cui la conoscenza accumulata sia
espressa in termini totali, ma viene meno se essa è espresso in termini pro capite. Nel nostro modello,
invece, l’effetto scompare indipendentemente da tali precisazioni.
7
Si sostiene spesso (Musu, Cazzavillan, 1997; Solow, 1994, Ardeni, 1995, eccetera) che
ad aprire la strada della moderna teoria della crescita endogena sia stato il lavoro di Paul
Romer del 19869. Si tratta, infatti, di un lavoro in cui Romer, facendo proprio ed
estendendo un concetto proposto già negli anni ’60 del secolo scorso da Arrow (Arrow,
1962) riconduce l’effetto di crescita all’esternalità positiva prodotta dal cosiddetto
learning by doing. Secondo l’economista, sarebbe la conoscenza legata
all’accumulazione di capitale ad ingenerare sviluppo economico, incrementando la
produttività del lavoro. Quando un’impresa incrementa il suo stock di capitale, infatti, la
conoscenza che da esso deriva crea un vantaggio per tutte le altre imprese, del quale,
oltretutto, esse possono beneficiare senza sostenere alcun costo (proprio per l’esternalità
positiva che esso determina). In questo senso, l’esternalità legata alla conoscenza
acquisita assume tutte le caratteristiche del bene pubblico. La crescita endogena è
dovuta, quindi, alle esternalità di conoscenza accumulata. Come esempio si consideri
una serie di imprese tutte identiche fra di loro, ciascuna dotata di capitale fisico (K) e
lavoro (L) e che beneficiano dello stock di conoscenza presente nell’economia (Q) per
produrre un bene finale (Y), la cui funzione di produzione (per l’impresa i-esima)sia:
(1)
Yi (t ) = F ( K i (t ), Li (t ), Q(t )) .
L’equazione (1) presenta caratteristiche analoghe alla tipica funzione di produzione
neoclassica, nel senso che rispetta le condizioni di Inada e mantiene produttività
marginale decrescente rispetto a Ki e Li. Ancora, presenta rendimenti di scala costanti
rispetto a Ki e Li, ma crescenti se si considerano tutti e tre i fattori contemporaneamente
(quindi, anche Q). Infine, Romer assume rendimenti decrescenti nella produzione di
nuova conoscenza.
Romer dimostra che, se si assumono rendimenti costanti del capitale, tale fenomeno
genererà crescita endogena con tasso positivo e costante10. Tale circostanza è ben
visibile in una funzione di tipo Cobb-Douglas come la seguente:
(2)
Y = AK α L1−α Q 1−α ,
che, in termini pro-capite e con la conoscenza espressa in termini di stock totale di
capitale presente nell’economia, diviene:
9
Romer, P. M., 1986, “Increasing Returns and Long Run Growth”, Journal of Political Economy, 94(5),
1002-1037.
10
L’equazione (1) sia, infatti, omogenea di grado uno in Ki e Q per un dato livello di Li , ossia vi siano
rendimenti costanti del capitale quando Ki e Q crescono congiuntamente per un dato valore di Li, allora,
Romer (Romer, 1986) dimostra come tale fenomeno dei rendimenti costanti genera crescita endogena
(Barro, Sala-i-Martin, 1998, pag. 148).
(3)
y = Ak α K 1−α .
Un’altra modalità attraverso la quale esprimere il ruolo cruciale per la crescita
economica che giocano le esternalità positive è evidente nel modello di Lucas (Lucas,
1988) che sottolinea l’importanza del capitale umano.
Nel modello standard di Lucas sono presenti due settori nell’economia: un settore nel
quale si produce un bene finale (Y) per la produzione del quale è impiegato non solo il
capitale fisico, ma anche il capitale umano, con una tecnologia a rendimenti decrescenti
rispetto a ciascun fattore singolarmente considerato e rendimenti privati costanti di
scala, e in cui è evidenziato il ruolo dell’esternalità positiva che gioca il capitale umano
nella produzione.
Introducendo anche in questo caso una tecnologia Cobb-Douglas, la funzione di
produzione tipica può essere la seguente:
(4)
Y (t ) = AK (t ) α [u (t )h(t ) L(t )]1−α ha (t ) β 11.
Y, il livello dell’output dipende, quindi, da un parametro tecnologico A positivo, da
capitale e lavoro (K ed L rispettivamente), dal tempo dedicato all’attività produttiva u,
dal livello medio di capitale umano della forza lavoro h (per cui hL rappresenta il lavoro
in termini di efficienza). Infine, Lucas introduce il termine ha (t ) β a identificare
l’esternalità, il cosiddetto effetto esterno del capitale umano, costituita dal livello medio
di capitale umano posseduto dalla forza lavoro e la cui intensità è misurata dal termine
β≥0.
Un secondo settore è, invece, quello della produzione del capitale umano che si
accumula secondo la seguente funzione:
(5)
h&(t ) = h(t )δ (1 − u (t )) .
Si tratta di un’equazione differenziale che identifica l’accumulazione del capitale umano
come frutto del capitale umano già esistente al tempo t (h(t)), e del tempo (1-u(t))
dedicato all’istruzione (dove il termine u(t) individua il tempo destinato all’attività
lavorativa).
Poiché l’accumulazione del capitale umano è lineare nel livello di capitale umano
stesso, risulta che quest’ultimo è il motore dello sviluppo economico.
Entrambi questi modelli hanno il grande merito di aver per la prima volta intuito e
formalizzato il contributo positivo che capitale fisico, in un caso, e capitale umano,
nell’altro, danno al processo di crescita economica attraverso le esternalità che
contribuiscono a creare.
11
Omettiamo, per semplicità di notazione, il riferimento all’i-esima impresa.
Lo scopo del lavoro che segue è costruire un modello in cui il contributo di entrambi
questi fattori non è valutato separatamente, bensì congiuntamente. Per arrivare a ciò si
costruirà un modello che “innesta” i lavori di Romer e Lucas in un unico modello che si
caratterizza per la presenza di una funzione di produzione in cui esistono due diverse
forme di esperienza, ossia:
a) il learning by doing o conoscenza accumulata, così come introdotta in Romer,
1986 e
b) il capitale umano, così come introdotto in Lucas, 1988.
Ciò che risulta dall’introduzione del capitale umano nel modello di Romer (o, viceversa,
del learning by doing nel modello di Lucas), ossia dall’aver “unificato” i due modelli di
cui sopra, è che nel modello proposto nella prossima sezione si genera crescita
endogena anche a seguito della creazione di un modello unione dei due citati, e che,
mentre il modello di Lucas viene rispettato in tutte le sue caratteristiche originarie, il
modello di Romer vede sparire, da un lato, quell’effetto di scala secondo cui la crescita
dipende dalla dimensione della popolazione, dall’altro, la necessità che le esternalità
siano di un certo rilievo per assicurare crescita endogena positiva12.
1.3
Il modello
Il modello costruito di seguito segue fedelmente lo schema di riferimento presentato
nella parte della Tesi che si occupa della revisione critica della letteratura (capitolo 2) e
prevede come in esso la trattazione separata dei casi legati alla economia competitiva e
a quella pianificata. Poiché, infatti, la presenza di esternalità comporta una distorsione
nel funzionamento del mercato, nel senso che si manifesta una differenza fra l’ottimo
sociale e l’equilibrio concorrenziale, riteniamo opportuno analizzare sia la soluzione di
mercato che quella socialmente ottima.
1.3.1.
Il Consumo:
il problema di massimizzazione intertemporale può essere descritto, seguendo lo
schema base della Prima Parte della Tesi13, nel seguente modo:
12
13
Si veda a questo proposito la prima parte della Tesi, capitolo 2.
Capitolo 1, paragrafo 1.3.
∞
(6)
c(t )1−σ − ρt
e dt
1
−
σ
0
max U (c(t )) = ∫
s.t. k&(t ) = w(t )u (t )h(t ) + r (t )k (t ) − c(t )
h&(t ) = h(t )δ (1 − u (t ))
k (0) >0 , h(0)>0 dati;
k(t), h(t), c(t) ≥ 0.
E’ un problema analogo allo schema di riferimento secondo cui il consumatore
massimizza una funzione di utilità, che vogliamo ad elasticità di sostituzione costante
(CIES)14, sulla base di due vincoli di bilancio intertemporali ( k& e h& ) e dei vincoli di
non negatività per capitale fisico e umano. La differenza rispetto allo schema di
riferimento della Parte Prima della Tesi è che nel vincolo di bilancio vi è l’introduzione
del capitale umano, per cui la ricchezza da lavoro del consumatore è data dal prodotto
fra saggio di salario (w), tempo dedicato al lavoro (u) e capitale umano (h)15, nonché
dalla presenza di un secondo vincolo legato all’accumulazione del capitale umano di cui
si dirà nel prossimo paragrafo 1.3.2.
1.3.2.
La Produzione:
nel modello proposto sono presenti due settori nell’economia: uno in cui si produce
capitale umano con una tecnologia in cui è il solo capitale umano a concorrere alla
produzione (nel nostro caso con una produttività costante):
(7)
h&(t ) = h(t )δ (1 − u (t )) .
Si tratta di un’equazione differenziale che, come in Lucas (Lucas, 1998) identifica
l’accumulazione del capitale umano come frutto del capitale umano già esistente al
tempo t (h(t)), e del tempo (1-u(t)) dedicato all’istruzione (dove il termine u(t) individua
il tempo destinato all’attività lavorativa). E’ evidente che la (7) è a rendimenti costanti
di scala, per cui il tasso di crescita del capitale umano è proporzionale al tempo
destinato all’istruzione secondo una costante di proporzionalità δ>0. Inoltre, emerge
14
La funzione di utilità scelta implica che l’elasticità dell’utilità marginale del consumo non dipende dal
consumo stesso, ma è pari alla costante σ pari, a sua volta, all’inverso dell’elasticità di sostituzione ε:
σ=
15
1
ε
=−
cU ''(c(t ))
.
U '(c(t ))
In questo senso la scelta fra tempo libero e lavorativo è endogena nel senso che è frutto di una scelta
del soggetto, come in Lucas (Lucas, 1998).
che la produttività del capitale umano rimane costante nel tempo e non viene a
dipendere dallo stesso livello del capitale umano fino ad allora accumulato. In
conclusione, il tasso di crescita del capitale umano è definito come prodotto tra
produttività del capitale umano e tempo destinato all’istruzione personale, che essendo
entrambi costanti, implicano la costanza dello stesso capitale umano.
Un altro settore è invece quello della produzione del bene finale per la produzione del
quale è impiegato anche il capitale fisico. Come nel modello di Romer (Romer, 1986),
esiste una esternalità positiva di learning by doing in tale tecnologia (indicata dal
termine Q(t)), cosicché la funzione di produzione (assumendo come esempio una
tecnologia Cobb-Douglas) assume la forma:
(8)
Y (t ) = AK (t ) α [u (t )h(t ) L(t )]1−α ha (t ) β Q(t ) χ .
Y(t), il livello dell’output dipende, quindi, da un parametro tecnologico A>0, da capitale
e lavoro (K(t) ed L(t) rispettivamente), dal tempo dedicato all’attività produttiva u(t),
dal livello medio di capitale umano della forza lavoro h(t) (per cui h(t)L(t) rappresenta
il lavoro in termini di efficienza). Infine, come nel modello di Lucas (Lucas, 1988),
introduciamo il termine ha (t ) β a identificare l’esternalità, il cosiddetto effetto esterno
del capitale umano, costituita dal livello medio di capitale umano posseduto dalla forza
lavoro e la cui intensità è misurata dal termine β≥0. Infine, come già evidenziato, il
termine Q(t) esprime un indicatore del livello di conoscenza accumulata nel passato.
Diventa così opportuno distinguere due diverse eventualità: come in Romer, infatti, la
conoscenza Q(t) può dipendere dallo stock di capitale aggregato presente nell’economia
(K(t)), oppure dal livello di capitale per lavoratore (k(t)=K(t)/L(t))16.
Iniziamo con il considerare il caso in cui Q=kL: ossia in cui la conoscenza dipende dallo
stock totale di capitale per poi dimostrare come i risultati di seguito trovati valgano
anche per il caso in cui Q=k, ossia la conoscenza dipenda dal livello pro-capite del
capitale.
La funzione di produzione espressa in termini pro-capite (omettendo per semplicità
l’indicatore temporale) è:
(9)
β
y = Ak α [uh]1−α ha Q χ ,
dove y=Y/L e k=K/L . Da essa si ricavano il saggio di risparmio e di salario:
16
Si veda la trattazione anche in Barro, Sala-i-Martin, 1998, capitolo 4, paragrafo 4.3.5.
y
;
k
(10)
r =α
(11)
w = (1 − α )
y
.
h
Sostituendo le equazioni (10) e (11) nel vincolo di bilancio del problema di
massimizzazione (6) si ottiene:
(12)
k& = Ak α (uh)1−α haβ Q χ − c .
1.3.3.
L’equilibrio competitivo:
L’Hamiltoniano del problema, date le equazioni (12) e (7) diviene quindi:
(13)
H=
c1−σ − 1 − ρt
e + λ ( Ak α (uh) (1−α ) haβ Q χ − c) + η (δh(1 − u ))
1−σ
e le condizioni del primo ordine:
(16)
Hc = 0 ⇒ c −σ − λ = 0 ;
Hu = 0 ⇒ A(1 − α )k α h1−α haβ u −α Q χ λ = δ hη ;
Hk = 0 ⇒ λ& = ρλ − Aα k α −1 (uh)1−α h β Q χ λ ;
(17)
Hh = 0 ⇒ η& = ρη − A(1 − α )k α h −α haβ u1−α Q χ λ − δ (1 − u )η .
(14)
(15)
a
A tali condizioni si aggiungono le condizioni di trasversalità:
(18)
lim t →∞ e − ρt λk = lim t →∞ e − ρtηh = 0 .
Dall’elaborazione del sistema di condizioni (14)-(18) si vuole ottenere un sentiero di
crescita bilanciata lungo il quale il consumo, il capitale fisico e quello umano crescono
ad un tasso costante, al contrario, in equilibrio il tempo disponibile per l’attività
lavorativa u rimarrà costante17.
17
E’, infatti, chiaro che il tempo a disposizione, sia per l’attività lavorativa che per l’accumulazione di
capitale umano è fisso (0<u<1), cosicché, se esso potesse crescere (o diminuire) senza arresto,
raggiungerebbe il suo limite (superiore o inferiore) determinando un arresto della crescita.
La condizione (14) assume una interpretazione economica analoga a quella del modello
di Ramsey-Cass-Koopmans18, per cui il consumatore massimizzante sceglie il consumo
in modo tale che tale scelta sia indifferente rispetto al risparmio. La seconda condizione
(equazione 15), invece, impone che la produttività del tempo impiegato nella
produzione dell’output (termine di sinistra dell’equazione) sia uguale alla produttività
del tempo impiegato nella produzione del capitale umano (termine di destra).
Differenziando la (14) si ottiene:
(19)
γc =
c&
1 λ&
.
=−
σ λ
c
Sostituendovi la (16) risolta per λ& λ , quindi, il tasso di crescita del consumo diventa:
(20)
γc =
Aαk α −1 (uh)1−α haβ Q χ − ρ
19
σ
.
Poiché in equilibrio ha=h e poiché stiamo trattando il caso Q=kL, tale tasso di crescita
diventa:
(21)
γc =
Aαk α −1+ χ h1−α + β u 1−α Lχ − ρ
σ
.
L’equazione (21), quindi, rappresenta il tasso di crescita del consumo nel breve periodo.
Si procede ora alla determinazione della relazione fra il tasso di crescita del capitale
umano e il tasso di crescita del capitale fisico differenziando la (21), da cui si ottiene la
relazione (22) che si differenzia dalla tipica relazione del modello di Lucas con
esternalità per la presenza del termine χ, per cui il tasso di crescita del capitale fisico
sarà proporzionalmente tanto superiore al tasso di crescita del capitale umano quanto
maggiore è χ20.
18
19
Si veda la Prima Parte della Tesi, capitolo 1.
Si noti che essa assume la forma di una tipica equazione di Eulero γ c
=
r−ρ
σ
, in quanto
r = Aα k α −1 (uh)1−α haβ Q χ .
20
Nel lavoro di Lucas del 1988, infatti, la relazione fra tasso di crescita dell’economia e del capitale
umano che si determina in un modello senza learning by doing è la seguente:
γ =
1−α + β
γ h . Come
1−α
si può notare il denominatore è, rispetto alla relazione (22) superiore, cosicché il tasso di crescita
(22)
γk =
1−α + β
γh.
1−α − χ
Per garantite che la relazione (22) sia positiva è necessario imporre la condizione
χ < 1 − α , ossia, è sufficiente che l’esternalità prodotta dal capitale fisico (o di learning
by doing) non sia eccessivamente elevata.
E’ possibile dimostrare che lungo il sentiero di crescita bilanciata, inoltre, consumo e
capitale (c e k) crescono entrambi ad uno stesso tasso positivo e costante. Infatti,
considerando il vincolo di bilancio (12) e dividendolo per k otteniamo il seguente tasso
di crescita per il capitale:
(23)
k&
c
= Ak α + χ −1u1−α h1−α + β Lχ −
k
k
21
,
ma, combinando tale risultato con l’equazione (21), trasformata in termini logaritmici e
derivata rispetto al tempo, si ha:
(24)
k& σγ + ρ c
− + c
= = costante,
α
k
k
da cui:
(25)
γc = γk .
In definitiva, la relazione che lega fra loro i tassi di crescita dell’economia è la seguente:
(26)
γ = γc = γk = γ y =
1−α + β
γh.
1−α − χ
22
Differenziando rispetto al tempo la condizione (15) con ha=h e Q=kL e tenendo conto
della (19) e (22) si ottiene:
dell’economia rispetto al tasso di crescita del capitale umano risulta essere nel nostro modello superiore
rispetto a quello di Lucas grazie all’effetto esterno positivo del learning by doing.
21
Considerando che si richiede per l’equilibrio ha=h e Q=kL.
22
Dove l’eguaglianza fra tasso di crescita dell’output ( γ y ) e del capitale (o consumo) si ottiene
ragionando nello stesso modo con la funzione di produzione (9).
(27)
β + χ − σ (1 − α + β )
η&
γh = .
1−α − χ
η
Il valore di
η&
si determina anche dalla condizione (17) con ha=h e Q=kL tenendo conto
η
della condizione (15) da cui ricavare λ, per cui:
(28)
η&
= ρ −δ .
η
Procedendo ora ad eguagliare la (22) e la (23) si ottiene, per il lungo periodo, il seguente
tasso di crescita del capitale umano:
(29)
γh =
(1 − α − χ )(δ − ρ )
.
(1 − α + β )σ − β − χ
Dalla relazione (22), quindi, risulta che il tasso di crescita dell’economia nel lungo
periodo è:
(30)
γ=
(1 − α + β )(δ − ρ )
.
σ (1 − α + β ) − β − χ
Dalla comparazione dalla (29) con la (30) risulta, quindi, che il tasso di crescita
dell’economia competitiva γc è superiore al tasso di crescita del capitale umano.
Al fine di garantire un tasso di crescita positivo per il capitale umano e, con esso, un
tasso di crescita positivo per l’intera economia, si ritrovano i due seguenti casi (da
considerare con la restrizione già posta χ < 1 − α ):
(31)
numeratore positivo: δ > ρ e denominatore positivo: σ >
β +χ
1−α + β
o
β+χ
1−α + β
o
χ < σ (1 − α + β ) − β ;
(32)
numeratore negativo: δ < ρ e denominatore negativo: σ <
σ (1 − α + β ) − β < χ < 1 − α
che soddisfano le condizioni di trasversalità (18)23.
L’equazione (29) per il tasso di crescita del capitale umano e (30) per il tasso di crescita
dell’economia mostrano come entrambi siano costanti e dipendano esclusivamente dai
parametri del modello. In questo senso, tali tassi di crescita sono indipendenti sia dal
livello del capitale fisico che da quello del capitale umano. Inoltre, viene a scomparire la
dipendenza della crescita dalla dimensione dell’economia, in particolare dalla
dimensione della forza lavoro, ossia l’effetto di scala.
Infine, è possibile determinare il valore di stato stazionario di u (u*) ricorrendo alle
definizioni del tasso di crescita del capitale umano definite rispettivamente dalle
equazioni (7) e (29) che, combinate fra di loro, permettono di ottenere:
(33)
u* = 1 −
1
δ
γ h = 1−
(1 − α − χ )(δ − ρ )
.
δ [σ (1 − α + β ) − β − χ )]
Il valore di u* deve, come detto, essere compreso fra zero e uno, quindi:
(34)
0 < 1−
(1 − α − χ )(δ − ρ )
< 1,
δ [σ (1 − α + β ) − β − χ ]
e dall’analisi della precedente disequazione si ritrovano i limiti:
(31)
δ >ρ e
σ>
β +χ
o χ < σ (1 − α + β ) − β ,
1−α + β
già visti per la positività del tasso di crescita dell’economia e del capitale umano, a loro
volta verificati dalle condizioni di trasversalità.
1.3.4. Analisi di statica comparata:
e − ρt λk = 0 ) comporta (trasformata in
ρ (1 − α − χ )
termini logaritmici e derivata rispetto al tempo) 1 −
< σ che, nello spazio dei parametri
δ (1 − α + β )
− ρt
χ e σ definito è assicurato; la seconda ( lim t →∞ e ηh = 0 ) comporta − δu < 0 , che, poiché 0<u<1, è
23
In particolare, la prima condizione di trasversalità ( lim t →∞
anch’essa verificata.
i tassi di crescita del capitale umano, del consumo, del capitale e dell’output (questi
ultimi uguali fra di loro e pari a γ) dipendono esclusivamente dai parametri del modello.
Dimostriamo ora che essi sono crescenti nel parametro della funzione di produzione
Cobb-Douglas associato al capitale fisico α, nei parametri che riflettono la presenza di
esternalità β e χ, nel parametro che misura la produttività del capitale umano δ, mentre
sono decrescenti nel tasso di sconto intertemporale ρ e nella costante σ24.
24
Si veda la statica comparata in Appendice 1.
(35)
(36)
(37)
(38)
∂γ
∂α
∂γ
∂β
∂γ
∂χ
∂γ
∂δ
∂γ h
∂α
∂γ h
>0 e
∂β
∂γ h
>0 e
∂χ
∂γ h
>0 e
∂δ
>0 e
> 0;
(39)
> 0;
(40)
∂γ h
∂γ
<0 e
< 0;
∂σ
∂σ
∂γ h
∂γ
<0 e
<0.
∂ρ
∂ρ
> 0;
> 0;
In particolare, appare evidente che, quanto più elevata è l’esternalità del capitale fisico
(o learning by doing) e del capitale umano (misurate rispettivamente dai parametri χ e
β), tanto maggiore è la crescita del capitale umano e, con esso, dell’intera economia.
Allo stesso modo, quanto più efficiente è la produzione nel settore del capitale umano,
tanto più elevata sarà la crescita, non solo dello stesso capitale umano, ma anche
dell’intera economia.
Conclusione 1: nel modello costruito come generalizzazione dei modelli di Romer
(Romer, 1986) e Lucas (Lucas, 1988), così come rappresentato dal problema di
massimizzazione (6) e dalla funzione di produzione (8), nel caso in cui la conoscenza
accumulata sottoforma di learning by doing sia espressa come Q=kL e il capitale umano
si accumuli secondo la (7):
a) il tasso di crescita dell’economia è rappresentato dall’equazione (30), mentre il
tasso di crescita del capitale umano è rappresentato dall’equazione (29);
b) entrambi dipendono solo dai parametri che caratterizzano il modello, in
particolare, sono entrambi crescenti in α, β, χ, σ e δ e decrescenti in ρ;
c) il tasso di crescita dell’economia risulta essere superiore a quello del capitale
(come peraltro accade anche nel modello di Lucas);
d) né il tasso di crescita del capitale umano, né il tasso di crescita dell’economia
dipendono dalla dimensione della forza lavoro (L) con la conseguenza che non si
manifesta la presenza di nessun effetto di scala;
e) la relazione fra il tasso di crescita dell’economia e del capitale umano
(equazione 22) si differenzia da quella ricavabile in Lucas in quanto incorpora la
presenza dell’effetto esterno positivo del learning by doing. Ne deriva che tanto
maggiore è tale effetto esterno (misurato dal termine χ), tanto maggiore è il tasso
di crescita dell’economia rispetto a quello del capitale umano;
f) nel caso in cui manchi l’esternalità positiva associata al capitale umano (β=0), il
(1 − α )(δ − ρ )
(inferiore al precedente), il tasso
tasso di crescita (30) diventa γ =
σ (1 − α ) − χ
(1 − α − χ )(δ − ρ )
(inferiore al precedente) e la relazione fra
(1 − α )σ − χ
tasso di crescita dell’economia e del capitale umano (22) diventa
1−α
γc =
γ h (inferiore alla precedente). L’esternalità legata al capitale
1−α − χ
umano incrementa la crescita dell’economia.
(29) diventa γ h =
g) nel caso in cui manchi l’esternalità associata al capitale fisico (χ=0), il tasso di
(1 − α + β )(δ − ρ )
(inferiore al precedente), il tasso
crescita (30) diventa γ =
σ (1 − α + β ) − β
(1 − α )(δ − ρ )
(superiore al precedente in quanto l’effetto
(29) diventa γ h =
(1 − α + β )σ − β
esterno del capitale fisico non influisce sull’accumulazione del capitale umano)
e la relazione fra tasso di crescita dell’economia e del capitale umano (22)
1−α + β
diventa γ c =
γ h . Tutte le relazioni, quindi, avendo eliminato il fattore
1−α
di learning by doing, replicano il modello standard di Lucas. E’ evidente che il
fattore di learning by doing, inoltre, incrementando il tasso di crescita
dell’economia influisce positivamente sulla crescita.
Il secondo caso, ossia quello per cui Q=k (la conoscenza che dipende dal livello procapite di capitale) consente di determinare esattamente gli stessi valori per il tasso di
crescita dell’economia e del capitale umano rappresentati, rispettivamente dalle
equazioni (30) e (29). Quindi:
Conclusione 2: non esistono differenze fra il caso in cui la conoscenza è espressa in
termini di capitale aggregato e pro-capite, in quanto è annullato l’effetto di scala25.
1.3.5.
Analisi del sentiero di crescita bilanciata:
è possibile ora definire un sistema di quattro equazioni differenziali che descrivono i
tassi di crescita del consumo c, del capitale fisico k, del capitale umano h e della frazione
di tempo destinata all’attività lavorativa u, rappresentate, rispettivamente dalle equazioni
(21), (23), (7) in cui, senza perdita di significatività normalizziamo all’unità la forza
lavoro (L=1) e dall’equazione:
25
Per una dimostrazione si veda l’Appendice A2.
(41)
u& χ
α +χ c α −β
δ
= Ak α + χ −1u 1−α h1−α + β −
−
δ (1 − u ) + ,
α k
α
u α
α
ottenuta, quest’ultima differenziando rispetto al tempo la condizione (15) dopo essere
passati ai logaritmi e ponendo sempre L=1. Essa rappresenta il tasso di variazione di u
nel periodo transitorio prima del raggiungimento da parte dell’economia dello stato
stazionario.
Il sistema così costruito può essere ridotto ad uno di tre equazioni in tre incognite
ricorrendo a due nuove variabili che, in equilibrio, siano costanti26. Tali nuove variabili
sono costruite come rapporto fra tre variabili esistenti, ossia sono:
(42)
k
v=
h
1−α + β
1−α − χ
,
così definita ricorrendo alla relazione fra tasso di crescita del capitale fisico e umano
definita dall’equazione (22). Elevando, infatti, il capitale umano per il termine
1−α + β
, assicuriamo che il rapporto fra le due tipologie di capitale rimanga costante
1−α − χ
poiché il loro tasso di crescita è il medesimo. La seconda variabile è, invece,
rappresentata dal rapporto fra consumo e capitale fisico:
(43)
z=
c
.
k
Ne deriva che i tassi di crescita delle due nuove variabili (rispettivamente,
z& c& k&
v& k& 1 − α + β h&
e = − ) consentono, ricorrendo alle equazioni di moto (7),
= −
v k 1−α − χ h
z c k
(21) e (23), di individuare il seguente sistema dinamico ridotto a tre dimensioni:
(44)
(45)
(46)
26
v&
1−α + β
δ (1 − u ) ;
= Au 1−α v α + χ −1 − z −
v
1−α − χ
z& α − σ
ρ
=
Au 1−α v α + χ −1 − + z ;
σ
σ
z
u& χ
+
α
χ
α −β
δ
= Au 1−α v α + χ −1 −
z−
δ (1 − u ) + .
α
α
u α
α
Al pari di u.
I valori di stato stazionario di v e z (quello di u è già stato definito dall’equazione (32))
sono determinati ponendo pari a zero i tassi di crescita delle stesse variabili:
1
(47)
(48)
 α + χ −1
 ρ 1 − α + β

σ
v* =  +
δ (1 − u*) 
e
1−α 
 αAu * 
 σ 1 − α − χ
ρ 1−α + β α −σ
z* = −
δ (1 − u*) .
α 1−α − χ σ
Per analizzare ora le proprietà dinamiche del modello nei pressi dello stato stazionario si
procede linearizzando le tre equazioni (43)-(45) in modo da costruire la matrice
Jacobiana (che indichiamo con J) e derivare l’equazione caratteristica ad essa associata.
La matrice J
(49)
 ∂v&
 ∂v
 ∂z&
J =
 ∂v
 ∂u&
 ∂v
∂v&
∂u
∂z&
∂u
∂u&
∂u
∂v& 
∂z 
∂z& 

∂z 
∂u& 
∂z 
assume, quindi, la forma seguente:
(50)

− (1 − α − χ ) B


z α −σ
J = − (1 − α − χ ) B

v σ

uχ
 − (1 − α − χ ) B v α

v 1−α + β

+
−v 
δv
u 1−α − χ

z α −σ

z
(1 − α ) B

u σ
χ α −β
α+χ 
u
δu −
(1 − α ) B +
α
α
α

(1 − α ) B
dove B = Au 1−α v α + χ −1 .
L’equazione caratteristica ad essa associata si determina ponendo (J − κI ) = 0 , con I
che rappresenta la matrice identità e assume la seguente forma:
(51)
κ 3 − κ 2 (TrJ ) + κC − DetJ = 0 ,
dove TrJ è la traccia della matrice J, DetJ il suo determinante, pari rispettivamente a:
(52)
(53)
z α −σ α + χ
−
u;
u σ
α
σ (1 − α + β ) − β − χ
DetJ = Bzδu
,
TrJ = − B (1 − α − χ ) + (1 − α ) B
σ
e C è pari a:
(54)
J 
J 
J 
J
J
J
C = Det  11 12  − Det  13 13  + Det  22 23  =
 J 21 J 22 
 J31 J33 
 J32 J33 
χ
α −σ
 α + χ α −σ
 α −β
Bu(1 − α − χ ) + Bz 
(1 − α ) + (1 − α ) −
δ (1 − α + β )  +
zδ u
σ
α
σ
α
 α

Dall’analisi dei segni di determinante e traccia si nota come il primo sia senza dubbio
positivo (nello spazio dei parametri già identificato per la positività dei tassi di crescita e
di u*), mentre la seconda è negativa con certezza ponendo α<σ. I segni degli autovalori
della matrice associata alla J si possono desumere da quanto detto poiché
DetJ = κ 1κ 2κ 3 > 0 e TrJ = κ 1 + κ 2 + κ 3 < 0 . Deriva, quindi, che essi sono due negativi
e uno positivo.
Conclusione 3: lo stato stazionario è stabile presenta le caratteristiche di punto di sella.
1.3.6.
L’ottimo sociale:
il problema di ottimizzazione con Q=kL è il seguente:
∞
(55)
c(t )1−σ − ρt
max U (c(t )) = ∫
e dt
1−σ
0
s.t. k&(t ) = Ak α + χ h1−α + β u 1−α Lχ − c(t )
h&(t ) = h(t )δ (1 − u (t ))
k (0) >0
Di qui l’Hamiltoniano:
(56)
H=
c 1−σ − 1 − ρt
e + λ ( Ak α + χ u 1−α h1−α + β Lχ − c) + η (δh(1 − u )) .
1−σ
La condizione del primo ordine (14) vale anche per questo problema, mentre le altre
condizioni diventano:
(57)
(58)
Hu = A(1 − α )k α + χ h1−α + β u −α Lχ λ − δhη = 0 ;
Hk = λ& − ρλ + A(α + χ )k α + χ −1u 1−α h1−α + β Lχ λ = 0 ;
(59)
Hh = η& − ρη + A(1 − α + β )k α + χ h −α + β u 1−α Lχ λ + δ (1 − u )η = 0 .
procedendo con la risoluzione come nel caso dell’economia competitiva si ottiene, per il
breve periodo un tasso di crescita del consumo pari a:
(60)
γc =
A(α + χ )k α −1+ χ h1−α + β u 1−α Lχ − ρ
σ
,
come si può notare dal confronto con l’equazione (21) il tasso ottenuto in un’economia
pianificata che, quindi, internalizza l’esternalità del capitale fisico, risulta essere
superiore a quello ottenibile in un’economia di mercato.
Proseguendo con la rielaborazione delle condizioni del primo ordine (56) e (58) si
ottiene:
(61)
η&
β
= ρ −δ −δ
u,
1−α
η
per eliminare u basta considerare che, dall’equazione (7) si ricava:
(62)
u = 1−
1 h&
1
= 1− γ h .
δ h
δ
Sostituendo questo risultato nella (60) e risolvendo le altra condizioni del primo ordine
come nel caso dell’economia competitiva si ottengono i seguenti tassi di crescita per il
capitale umano e l’economia rispettivamente:
(63)
(64)
γ hp =
γp =
(1 − α − χ )(δ (1 − α + β ) − ρ (1 − α ))
(1 − α + β )(σ (1 − α ) − χ )
δ (1 − α + β ) − ρ (1 − α )
.
σ (1 − α ) − χ
Dal confronto fra i tassi espressi nelle equazioni (62) e (63) e quelli ricavati per
l’economia competitiva (equazioni (29) e (30), emerge come
Conclusione 3: nel caso di un’economia pianificata il modello che incorpora il modello
di Romer (Romer, 1986) e di Lucas (Lucas, 1988), il cui problema di massimizzazione è
espressa dal sistema (55), conduce a determinare
a) un tasso di crescita per l’economia dato dall’equazione (62) e per il capitale
umano dall’equazione (63);
b) entrambi dipendono solo dai parametri che caratterizzano il modello, in
particolare, sono entrambi crescenti in α, β, χ, δ, σ e decrescenti in ρ27;
c) il tasso di crescita dell’economia è (come nel caso dell’equilibrio competitivo)
superiore a quello del capitale umano;
d) il tasso di crescita dell’economia pianificata è superiore a quello dell’economia
competitiva.
1.4
Esempi numerici
Nelle Figure (1) e (2) mostriamo l’andamento del tasso di crescita dell’economia e del
capitale umano a seguito di variazioni nei parametri che rappresentano le esternalità β e
χ, sulla base dei seguenti valori dei parametri:
A=1; α=0.35;
β=0.1; χ=0.15; δ=0.05; ρ=0.04; σ=0.6.
Nella Figura 1, in particolare, facciamo variare il valore di β, mantenendo invariati gli
altri; nella Figura 2 facciamo variare χ, nella Figura 3 σ e nella Figura 4 ρ
Figura 1: Tasso di crescita dell’economia e del capitale umano al variare di χ.
27
Si veda la statica comparata in Appendice 1 relativamente all’economia competitiva.
g gh
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.3
0.4
0.5
0.15
χ
Figura 2: Tasso di crescita dell’economia e del capitale umano al variare di χ..
g gh
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
0.8
1
0.1
Figura 3: Tasso di crescita dell’economia e del capitale umano al variare di σ.
g gh
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0.2
0.4
0.6
0.8
1
0.6
Figura 4: Tasso di crescita dell’economia e del capitale umano al variare di ρ.
g gh
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0.1
1.5
0.2
0.3
0.4
0.5
0.04
Conclusione
Le motivazioni fondamentali che ci siamo proposti in questo lavoro sono state di triplice
natura. Innanzitutto, la costruzione di un modello generalizzato di crescita che incorpora
due modelli che riconoscono nella conoscenza il motore della crescita, ossia i modelli di
Romer (Romer, 1986) e di Lucas (Lucas, 1988). In secondo luogo, proprio sulla base
dei due modelli scelti come basi di riferimento per la costruzione del nostro lavoro, ci
siamo proposti l’analisi dell’apporto che danno alla crescita economica la conoscenza
accumulata a seguito della realizzazione dell’attività produttiva, da un lato, e
l’accumulazione del capitale umano, dall’altro. Seguendo questo secondo obiettivo, in
particolare, si è risposto anche ad una terza motivazione, ossia colmare quel gap della
letteratura che tralascia di considerare l’apporto che offre, in termini di crescita,
l’interazione fra più elementi capaci di generare crescita stessa, essendo la letteratura
maggiormente interessata a considerare l’apporto che ciascuno dei fattori di crescita
considerati offre disgiuntamente dagli altri. In questo senso, questo lavoro si è proposto
di incorporare in un modello di crescita endogena due diverse forme di esperienza
acquisita: una che abbiamo chiamato di tipo “produttivo”, perchè nasce a seguito dello
svolgimento di una attività produttiva imprenditoriale, e una esperienza che abbiamo
chiamato “di istruzione” perché nasce a seguito di un processo di apprendimento
personale. Poiché, infatti, riteniamo che sia il capitale fisico che quello umano
contribuiscano alla crescita economica, anziché analizzarne il contributo valutando
separatamente il loro apporto, proponiamo qui di analizzarne il contributo congiunto. Il
modello costruito ha così previsto lo sviluppo di un problema di ottimizzazione (dalla
cui risoluzione si è ottenuto un tasso di crescita di tipo endogeno per l’economia) in cui
esistono due diverse tipologie di conoscenza: il learning by doing, desunto dal modello
di Romer del 1986, e il capitale umano, secondo l’approccio di Lucas del 1988.
La particolarità dell’incorporare tali due fattori e, quindi, dell’unificare tali due modelli,
è, inoltre, che la funzione di produzione del bene finale è stata caratterizzata dalla
presenza di due forme di esternalità: non solo il learning by doing, ossia la conoscenza
accumulata ma anche le esternalità prodotte dal capitale umano, poiché introduciamo
l’approccio con esternalità di Lucas. Si tratta, quindi, di legare la crescita endogena,
derivante come in Romer dalle esternalità prodotte dall’esperienza acquisita, ad un
secondo tipo di esternalità legato, invece, alla presenza nella funzione di produzione del
lavoro istruito (come nell’approccio con esternalità di Lucas). In tal modo si risponde
ad una motivazione di fondo: valutare l’apporto che congiuntamente offrono alla
crescita il capitale fisico e il capitale umano attraverso l’effetto esterno positivo del
learning by doing (per la prima forma di capitale) e dell’istruzione (per la seconda
forma di capitale), colmando così anche un vuoto della letteratura che si preoccupa di
valutare l’apporto alla crescita solo o del learning by doing o del capitale umano, invece
che esaminare congiuntamente l’impatto di queste due forme di conoscenza.
L’analisi è stata svolta sia per il caso di una economia di mercato, che per il caso
dell’economia pianificata, giungendo a dimostrare, come è tipico data la presenza di
esternalità, la superiorità della soluzione centralizzata rispetto a quella di mercato.
Il tasso di crescita che siamo giunti a determinare per i due tipi di economia, in
particolare, è di tipo endogeno e dipende solo dai parametri che caratterizzano il
modello. Infine, scompare l’effetto di scala, cosicché la crescita dell’economia non
viene a dipendere dalla dimensione (in termini di forza lavoro) della stessa, fatto,
peraltro, poco supportato dalla ricerca empirica.
Appendice A1: Statica comparata
Nella presente Appendice presentiamo i risultati di statica comparata evidenziati nella
Conclusione 1, punto b) del paragrafo 1.3.5 :
Tasso di crescita dell’economia competitiva:
∂γ
∂α
∂γ
(A.1.2)
∂β
∂γ
(A.1.3)
∂χ
∂γ
(A.1.4)
∂δ
(A.1.1)
(δ − ρ )( β + χ )
> 0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(1 − α − χ )(δ − ρ )
=
> 0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(1 − α + β )(δ − ρ )
=
> 0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(1 − α + β )
=
>0;
σ (1 − α + β ) − β − χ
=
∂γ
(1 − α + β ) 2 (δ − ρ )
=−
< 0;
∂σ
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
∂γ
(1 − α + β )
(A.1.6)
=−
< 0.
∂ρ
σ (1 − α + β ) − β − χ
(A.1.5)
Tasso di crescita del capitale umano nell’economia competitiva:
(A.1.7)
(A.1.8)
(A.1.9)
(A.1.10)
(A.1.11)
(A.1.12)
∂γ h
∂α
∂γ h
∂β
∂γ h
∂χ
∂γ h
∂δ
∂γ h
∂σ
∂γ h
∂ρ
(δ − ρ )(1 − σ )( β + χ )
> 0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(δ − ρ )(1 − σ )(1 − α − χ )
=
> 0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(δ − ρ )(1 − σ )(1 − α + β )
=
>0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(1 − α − χ )
=
> 0;
σ (1 − α + β ) − β − χ
(1 − α + β )(δ − ρ )(1 − α − χ )
=−
< 0;
(σ (1 − α + β ) − β − χ ) 2
(1 − α − χ )
=−
< 0.
σ (1 − α + β ) − β − χ
=
Appendice A2: Il caso Q=k
In questo caso l’Hamiltoniano del problema diventa:
(A.2.1) H =
(A.2.2)
(A.2.3)
(A.2.4)
(A.2.5)
c 1−σ − 1 − ρt
e + λ ( Ak α + χ u 1−α h1−α + β − c) + η (δh(1 − u )) ;
1−σ
Hc = 0
Hu = 0
Hk = 0
Hh = 0
⇒ c −σ − λ = 0 ;
⇒ A(1 − α )k α + χ −1u −α h1−α + β λ = δhη ;
⇒ λ& = ρλ − Aαk α + χ −1u 1−α h1−α + β ;
⇒ η& = ρη − A(1 − α )k α + χ u 1−α h −α + β λ − δ (1 − u )η .
Procedendo con la risoluzione esattamente nello stesso modo si determina la seguente
relazione tra tasso di crescita del capitale (e, quindi del consumo e dell’ouput)
corrispondente alla relazione (22) del testo. Infine, i tassi di crescita del capitale umano
e dell’economia risultano pari a:
(A.2.6) γ h =
(A.2.7) γ =
(1 − α − χ )(δ − ρ )
e
(1 − α + β )σ − β − χ
(1 − α + β )(δ − ρ )
,
σ (1 − α + β ) − β − χ
uguali ai tassi (29) e (30) del testo.
Il fatto che la conoscenza sia espressa in termini aggregati o pro-capite in termini non
comporta variazioni nei tassi di crescita del capitale umano e dell’economia, mentre nel
modello di Romer (Romer, 1986), come visto nella Parte della Tesi di revisione della
letteratura (capitolo 2), il caso aggregato implicava la persistenza dell’effetto di scala,
che risulatav svanire se la conoscenza veniva espressa in termini pro-capite.
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