Maggio 2007 - Citta` Nuova
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Maggio 2007 - Citta` Nuova
Maggio 2007 LE RICHIESTE CHE SALGONO DAL BASSO C ercando di interpretare le richieste che salgono dal basso, la nostra associazione ha definito le esigenze primarie di un programma di governo della città di San Giuliano. Questo, indipendentemente da chi sia a governare, oggi o domani. Piaccia o non piaccia, non c’è differenza di colore politico: i bisogni sono gli stessi di tutti. Prima di tutto c’è il bisogno di sapere: sapere quale è il piano, quale è il progetto, e se vogliamo perfino quale è il sogno, di chi governa la città. Sapere quale si no nei prossimi cinque/dieci anni. prevede lo sviluppo di San Giulia- Non si può governare una regione, una provincia, o anche un comune di questa importanza, senza piani precisi; la politica di decidere di volta in volta, giorno per giorno, ha già fatto troppi danni. La domanda più forte poi che sale dal basso è quella di sicurezza: e dunque non misure tampone, palliativi, pezze per coprire gli strappi più evidenti: ma la presenza sul territorio di un numero adeguato di forze dell’ordine, carabinieri, polizia, guardia di finanza, polizia locale, guardie private. Si vuole sapere come e qualmente si intende combattere il crimine e garantire questo bene primario, che CI APPELLIAMO A GENIA S e facessimo un elenco di che cosa, secondo ciascun abitante, c’è bisogno a San Giuliano, probabilmente verrebbe fuori un intero volume di richieste, con priorità molto diverse. E’ nella natura umana non essere soddisfatti di quello che si ha, e chiedere di più. Tuttavia ci sono, secondo noi, delle cose che a San Giuliano mancano più di altre: sono cose che fanno la città. Tanto per cominciare, manca a San Giuliano una Piazza del Mercato, come luogo di aggregazione permanente del commercio in centro città. Nessuno ha mai avuto lo slancio, la fantasia, il coraggio di pensare a una piazza nuova di zecca, fatta per il mercato, i commerci, le bancarelle, le fiere, le manifestazioni, una piazza che diventi il centro vivo di gente, una piazza che favorisca nel centro della città una presenza continua di commercio e di persone. Sempre dal punto di vista degli affari, manca a San Giuliano un serio quartiere per uffici: ne esiste l’embrione in un paio di palazzi, ma tutto finisce lì, e neppure ce n’è abbastanza per far arrivare i servizi. Se si riuscisse a trasformare lo scheletro del palazzo che incombe lugubremente su Zivido in una torre di uffici affidata a un bravo architetto, una di quelle torri moderne, ecologiche, a risparmio energetico, insomma una cosa all’avanguardia, bella di vetri e di riflessi, si farebbe un passo in avanti. A San Giuliano manca una circonvallazione. Solo per dirne una, ci è capitato di recente di transitare per Chieri, cittadina più o meno grande come la nostra, di cui ricordavamo la difficoltà di attraversamento: a Chieri hanno semplicemente costruito una circonvallazione tutto attorno alla città. Il numero di abitanti è un po’ meno di San Giuliano, le risorse pure; come mai a Chieri hanno trovato i fondi per molti chilometri di strada e da noi non si riesce neppure a coprire il Redefossi? A San Giuliano manca un bel viale alberato dove si possa camminare fra San Giuliano e San Donato e fra San Giuliano e Melegnano. Qui non bisogna andare lontano, per trarre ispirazione, basta fare riferimento appunto alla vicina San Donato: il traffico è stato buttato fuori, la ex via Emilia è diventata una tranquilla arteria percorribile sì in macchina, ma anche a piedi, in un contesto ambientale verdeggiante e gradevole. Poi San Giuliano ha un altro problema: c’è un’area triste e desolata, ovvero il quartiere “industriale” di Sesto Ulteriano. Quando vengono amici in visita, facciamo di tutto perché non finiscano per errore nella zona industriale di Sesto: ne trarrebbero una pessima impressione del posto in cui viviamo, a parte il rischio di smarrirsi e venire rintracciati dalla polizia, stanchi e affamati, dodici ore dopo. In generale, sembra che ci sia una maledizione sulle zone industriali del nostro paese; basta menzionare un capannone perché gli amministratori locali si genuflettano; e, salvo infinite complicazioni burocratiche, accettino di tutto, a cominciare dai tanti capannoni per pochi posti di lavoro come appunto succede nella nostra città; capannoni che poi vengono abbandonati, in attesa che diventino aree edificabili. Abbiamo nella zona industriale di Sesto per esempio una via del Tecchione che costeggia una squallidissima recinzione con filo spinato; come minimo bisognerebbe intervenire con una buona alberatura per dare sollievo a chi la percorre. Le zone industriali si salvano solo col verde, e quello delle aziende private a Sesto non è sufficiente. Infine vorremmo parlare del parco dei Giganti: ma questo tema merita un articolo a parte che faremo sul prossimo numero. Ci appelliamo a Genia, che sembra mostrare più sensibilità per l’ambiente, più capacità decisionale e operativa, di quanto non abbia fatto la nostra pubblica amministrazione in sessanta anni; e speriamo di vedere qualcosa di sostanziale realizzato. è la sicurezza, ai cittadini. Poi c’è il problema della viabilità: è sotto gli occhi di tutti il disastro del traffico, che è un problema comune a quasi tutte le città della penisola, ma in particolare a questa area sovraffollata che è la provincia di Milano. Nella fattispecie, a San Giuliano non bastano oggi le strade che ci sono: figuriamoci i flussi dei nuovi abitanti, e di quelli che verranno per i progetti già approvati. A San Giuliano ci vivono ormai più di 35.000 persone, che è la dimensione di un piccolo capoluogo di provincia; le strade sono quelle, più o meno, di trenta anni fa. Infine c’è il problema del commercio. Il centro della città si sta svuotando, a favore dei centri commerciali e dei supermercati situati fuori dal perimetro cittadino vero e proprio; il che significa dover prendere l’automobile per andare a far la spesa. Non solo questo è faticoso e dispendioso per una popolazione anziana in continua crescita e con pensioni ridotte all’osso; ma significa anche che il centro città sta diventando un fantasma. Purtroppo non si è provveduto per tempo, concependo una “piazza del mercato” e una “via dei negozi” che generalmente coincide con una “via del passeggio”. Adesso è tutto molto più difficile. 2 VIBOLDONE L a vicenda urbanistica del borgo di Viboldone, dopo molti anni di battaglie, sembrava ormai giunta all’ultimo atto: la Società Agricola Viboldone, proprietaria di quasi tutto il borgo, aveva presentato un nuovo piano di recupero che era stato approvato (non senza aspri dibattiti) dal consiglio comunale di San Giuliano Milanese. La contrarietà al piano di recupero, espressa dalle forze poli- saggistica, ritenuta superflua dal Comune, ma necessaria per: a) valutare attentamente i flussi veicolari dei mezzi leggeri e pesanti in relazione al progetto di nuova viabilità; b) scegliere di recuperare tutto il patrimonio edilizio esistente, evitando la demolizione delle cosiddette “residenze povere” dei salariati agricoli, dell’edificio della vecchia posta e soprattutto della ca’ de parol, fatta costruire, come rivelano le scritte in latino, per godere della quiete della campagna; c) riconsiderare attentamente i costi in termini complessivi dell’ipotesi di acquisizione gratuita della cascina Corte Grande contro nuova volumetria. (Per gli approfondimenti delle vicende storiche, artistiche e urbanistiche del borgo, si rimanda a un libro di recente pubblicazione: Agostani, Pizzingrilli, Rausa, Il patrimonio rurale vernacolare ai margini della metropoli, Clup Editore, Milano 2006). FUGHE IN AVANTI tiche di opposizione e dalle associazioni operanti sul territorio, ha trovato per fortuna orecchio attento nell’amministrazione provinciale di Milano che ha bocciato il piano di recupero perché era stato utilizzato uno strumento urbanistico riservato alle aree dimesse; quindi non idoneo a un borgo classificato come “Nucleo Monumentale” da preservare per le future generazioni. <<Ma la nostra amministrazione comunale ha disatteso l’aspettativa di una ripresa di dialogo fra le parti interessate>> afferma Paolo Rausa, presidente delle associazioni territoriali. Un comportamento più aperto, dice Rausa, <<avrebbe consentito e consentirebbe ancora oggi di definire di valutare se sia necessario al Comune acquisire tutto il complesso della cascina Corte Grande, ovvero quali spazi siano utili e per fare che cosa>>, dato che a fronte di scelte già compiute, il Comune non ha ancora: a) definito le modalità di utilizzo della Corte Grande; b) valutato le effettive necessità di utilizzo di tutti gli spazi disponibili; c) approntato un piano finanziario per il recupero edilizio, visto che come sembra non è nelle possibilità economiche di affrontarlo A questo scopo, prima di approvare il piano di recupero che prevede una volumetria di circa 42.000 metri cubi, si sarebbe dovuta avviare la procedura di valutazione d’impatto ambientale e pae- C i hanno veramente deliziati due articoli apparsi sul “Cittadino” di lunedì 24 aprile. Il primo: Genia mette a disposizione un rimorchio per biciclette a soli 15 euro, invece di 35, per consentire a chi va al mercato di caricarvi la spesa. Il secondo: l’assessore Cipolla annuncia nella stessa occasione, la possibilità di un trenino elettrico per gli studenti al posto dello scuola bus. Intendiamoci, sono ottime notizie: il “velorimorchio”, neologismo da noi coniato, sembra sia già disponibile. Peccato che, come viene detto nell’articolo, se a San Donato la bicicletta la usa il 20% degli abitanti, a San Giuliano solo il 3%. E come mai? Per il semplice motivo che a San Giuliano mancano le piste ciclabili, gli spazi per circolare in relativa sicurezza; salvo qualche breve pezzo di pista slegato dagli altri che di per sé non può certo invogliare a “ciclare”. Ci vuole ovviamente un sistema completo di piste ciclabili: ma di queste si sta parlando da talmente tanto tempo, sempre vengono date per imminenti e mai realizzate, che non gli crediamo più, all’asses- sore Cipolla. Il quale è un uomo appassionato della cosa pubblica, ma evidentemente privo dei mezzi per operare. Quando poi parla di un trenino elettrico per gli scolari, quale splendida idea! E sarebbe un trenino, tanto per capire, che corre sui binari? E i binari, dove passeranno? Vogliamo essere chiari: viva la fantasia, l’entusiasmo, la passione, i sogni. La nostra comunità, e non solo, ne ha tantissimo bisogno: ma non servono, se sono solo fughe in avanti. Ci vuole credibilità. E per avere credibilità, l’assessore Cipolla ci convinca prima con una semplice realizzazione, quella delle piste ciclabili: magari entro l’estate! CANCELLARE LE PERIFERIE C ancellare, o rifare, le periferie, non è soltanto la parola d’ordine dell’architetto Massimiliano Fuksas che abbiamo citato nel numero scorso. E’ anche il pensiero di un altro famoso architetto, Renzo Piano, che è stato chiamato a disegnare il progetto del nuovo quartiere nell’area delle ex acciaierie Falk a Sesto San Giovanni. Dice Piano: <<Cancellerei dal vocabolario la parola periferia, perché nei prossimi trent’anni dovremo trasformare le periferie da quartieri dormitorio in aree di scambio culturale e sociale. Se non saremo capaci di questo miracolo, sarà la fine delle città>>. A proposito di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia (ma non era chiamata così anche San Giuliano Milanese?): <<Sesto San Giovanni diventerà una fabbrica di idee. Faremo un parco gigantesco. La grande scommessa è quella di trasformare un pezzo di città, che era industriale, in qualcosa che combini la dimensione produttiva, educativa, di ricerca, residenziale, commerciale e di servizi. Il tutto immerso in un ambiente molto verde>>. In che modo, architetto Piano? <<Intanto il verde su cui galleggeranno le costruzioni sarà l’elemento che tiene assieme il tutto. Poi vedo questa città piena di giovani. Ci saranno università, laboratori di ricerca e vivai di impresa. L’idea è di collegare l’insegnamento con la disponibilità di mestieri. Ci saranno anche negozi, e luoghi di intrattenimento, come collante della vita sociale. Ma soprattutto, per chi ci vivrà, sarà come galleggiare leggeri sopra il verde di un enorme parco>>. Riportiamo queste opinioni sperando che servano di stimolo ai nostri governanti. Ci sono due concetti che saltano agli occhi: il primo è il ridisegno delle città, integrando attività produttive e culturali, com- merciali e di servizi; il secondo è l’importanza che viene data al verde, portato addirittura a integrarsi con abitazioni, uffici, negozi; in modo tale che, per chi guarda dall’alto, <<sarà come galleggiare su un enorme spazio verde…>>. AFFOLLAMENTO I l mondo viaggia verso i sei miliardi e mezzo di abitanti, e il nostro paese fa la sua parte. Alla faccia delle catastrofiche previsioni che davano la popolazione italiana quasi estinta alla fine di questo secolo XXI, grazie agli immigrati, clandestini e non, siamo oltre sessanta milioni, e per giunta concentrati in metà del territorio (il resto è montagnoso). D’altra parte, che il territorio dove viviamo sia sovraffollato, ce ne accorgiamo soprattutto dal traffico; non solo nelle ore di punta, ma anche nel corso della giornata. Non c’è autostrada o strada statale o provinciale in cui non si proceda in lenta fila a tutte le ore. Una ragione c’è: in Lombardia vivono nove milioni e mezzo di persone. Una densità altissima, e per giunta è anche squilibrata. Di queste 9,5 milioni di persone, il 90% (8,6 milioni) sono concentrate su metà del territorio, ovvero nelle province di Milano, Monza, Varese, Como, Lecco, Bergamo e Brescia; mentre ovviamente si sta un po’ più larghi nelle province di Pavia, Cremona, Mantova, Sondrio. Pensate che la densità della popolazione nella provincia di Milano è di circa 2000 persone per chilometro quadrato; ma ancora superiore è la densità in provincia di Monza; mentre, per fare un paragone, la densità di Mantova e provincia è di 150 abitanti per km quadrato. Già nel 1989 uno studio condotto da una società di ricerche calcolava il bisogno di spazio per nutrire, far lavorare, ma soprattutto far respirare aria pulita, ad ogni abitante della penisola. Ebbene, lo studio concludeva dicendo che la popolazione ecologicamente ottimale in Italia non dovrebbe superare i trenta milioni. Anche secondo i conti elaborati dall’Onu, dal Wwf, dal Living Planert Report 2002, per mantenere gli italiani in buona salute ci vorrebbe un’altra Italia e mezzo. Insomma non si dovrebbe essere più di 30/40 milioni. Ai tempi di Michelangelo c’erano in Italia (che allora era il paese più ricco d’Europa) 25 abitanti per chilometro quadrato. Ma non c’era la smania di aumentare il Pil a tutti i costi (anche perché non era stato ancora inventato). 3 UNA RICORRENZA PER TUTTI di Stefano Sportelli “F esta dei lavoratori” è una espressione impropria, in quanto il termine esatto è “Festa del lavoro”; ma si sa che le forze politiche si appropriano di fatti, avvenimenti e nomi a loro uso e consumo. La festività viene celebrata annualmente nella giornata del 1° Maggio, per ricordare l’impegno dei lavoratori a migliorare le loro condizioni. Meglio ancora, intende ricordare le battaglie operaie per la conquista di un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. L’origine della festività viene fatta risalire ad una manifestazione organizzata negli Stati Uniti dai cavalieri del lavoro di New York il 5 settembre 1882; gli stessi, due anni dopo, approvarono nella giornata del 1° Maggio. In Europa, tale festività venne ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889; in Italia fu ratificata due anni dopo. Dal 1890 la Festa del lavoro viene celebrata in simultanea in tutto il mondo. Nel ventennio fascista la Festa fu abolita; si istituì la Festa del lavoro italiano alla data del 21 aprile per ricordare il Natale di Roma. Ma subito dopo la Liberazione la Festa del lavoro venne ripristinata come era all’inizio. Da ricordare che nel 1947, a Portella delle Ginestre, la banda di Salvatore Giuliano sparò sul corteo in festa, uccidendo e ferendo una cinquantina di lavoratori. Non si conosceranno mai il movente e i mandanti, anche se su questo episodio tanto si è scritto e tanto si è detto. Oggi la Festa del lavoro viene celebrata in altro modo. Non più manifestazioni, cortei, discorsi; ma appuntamenti rock e a tema: è il segno dei tempi che cambiano. LE APPARIZIONI TELEVISIVE Nei telegiornali Rai la gran parte del tempo è dedicata a notizie che notizie non sono: e cioè alle dichiarazioni dei politici. E, siccome i tiggì Rai sono, appunto, politicamente corretti, i nostri illustri rappresentanti parlano tutti, sovente assieme. Voi potete non sapere che succede alla Telecom o in Afghanistan. Se però guardate il tiggì, saprete con assoluta e millimetrica esattezza ciò che del fatto pensano Prodi, D’Alema, Rutelli, Fassino, Bertinotti, Berlusconi, Follini, Mastella, Pecoraro Scanio, Fini, Storace, Bondi, La Russa, Castelli, Calderoli, e così via in ordine più o meno sparso. Uno spettacolo triste, ripetitivo, noioso, frustrante, da cui non si apprende proprio nulla. Sto esagerando? Neanche un po’. Ce lo dice con la chiarezza dei fatti un’indagine (Corriere della Sera del 15 febbraio), presentata alcuni giorni fa alla biblioteca del Senato. Secondo la quale i tiggì Rai sono fatti così: alle notizie è dedicato il 28% del tempo, ai contenuti il 10%, e alle dichiarazioni dei politici il 62% del tempo a disposizione. Non solo. Il nostro è un caso di Pietro Alfonsi V una risoluzione affinché l’evento avesse una cadenza annuale La storia delle otto ore comincia in Australia. Gli operai australiani furono i primi, nel lontano 1855, a coniare lo slogan: “otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”. L’anno dopo avvennero gravi incidenti a Chicago. Il 1° maggio cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, e molti lavoratori incrociarono le braccia sfilando in un grande corteo, in modo pacifico ed ordinato. Il lunedì, alla ripresa del lavoro, il confronto con i “padroni”, che avevano al soldo la polizia, si fece più aspro; la tensione salì, i lavoratori protestarono ancora e la polizia fece fuoco sui dimostranti; il risultato fu di quattro morti. Gli scontri continuarono il giorno dopo col lancio di una bomba davanti al palco degli oratori; i poliziotti ne trassero pretesto per caricare i lavoratori. Al termine della battaglia si contarono otto morti e numerosi feriti. Per le dimostrazioni di Chicago furono arrestati e condannati a morte otto anarchici, e solo due ebbero la pena commutata nell’ergastolo. Per ricordare questi tragici episodi, si decise di commemorarli oglio fare una domanda facile facile a voi lettori. Qualcuno sa dire, senza compulsare manuali e vademecum, quanti sono i partiti politici italiani? Non quelli che si presentano (o si presenteranno) alle elezioni, ma quelli che sono rappresentati in Parlamento. Quelli che noi tutti abbiamo eletto. Mistero. O almeno: io che ci ho pensato parecchio, non sono arrivato a una risposta soddisfacente. Ho rivolto l’angosciosa domanda ad amici & colleghi, e non ho avuto neanche due risposte uguali. Ci sono rimasto male. Ma una ragione di tanta disinformazione c’è: e unico in Europa. In Francia, per esempio, ai contenuti è dedicato il 54% del tempo, il 21% alle notizie, e il 25% alle dichiarazioni. In Spagna siamo rispettivamente al 36, al 45 e al 20 per cento. In Germania alle notizie va il 49 % del tempo, ai contenuti il 19% e alle dichiarazioni il 32%. Interessante è la spiegazione offerta da Mauro Mazza, direttore del Tg2 (sospirando che non è colpa sua): << Di fatto i politici da noi vogliono solo e soltanto che li facciamo apparire a viva voce, e quando non lo facciamo, protestano>>. La cosa ci fa piacere, anzi ci suggerisce un’idea. Chiediamo a Mazza, protestando all’occorrenza, di apparire a viva voce nel suo tiggì. E già che ci siamo anche in effigie. Possiamo garantire che saremo più simpatici di D’Alema e La Russa, più facondi di Castelli e adesso ve la dico seduta stante. di Calderoli, avremo un accento lievemente toscano che fra padani e Almeno, ci provo. Il fatto è che nessuno di noi è un meridionali non guasta; infine last attento ascoltatore dei telegiornali but not least, siamo più belli di della Rai. Se così fosse, la risposta Fassino e abbiamo più capelli di sarebbe sgorgata naturale come Berlusconi. Aspettiamo fiduciosi un microfono. acqua di fonte. Perché? Vediamo. LA SCELTA DEI LIBRI S u qualche giornale di pochi giorni fa c’è la recensione di un libro apparso di recente in America: Writers Pick their Favourite Books. Scrittori scelgono scrittori. Si tratta di un gioco largamente praticato nel salotto della letteratura, specie nel mondo anglosassone, dove forse c’è maggiore equilibrio di giudizio (in Italia, se chiedi a dieci critici letterari, oppure a dieci scrittori, di elencare le loro preferenze, vengono fuori delle scelte talmente diverse che è quasi impossibile stilare una classifica). Quello che ci intriga naturalmente è la scelta dei libri più importanti di tutti i tempi, che ha dato i seguenti risultati: 1. Anna Karenina 2. Madame Bovary 3. Guerra e pace 4. Lolita 5. Le Avventure di Huckleberry Finn 6. Amleto 7. Il grande Gatsby 8. La ricerca del tempo perduto 9. I racconti di Cechov 10. Middlemarch di Geoge Eliot 11. Don Chisciotte 12. Moby Dick 13. Grandi speranze di Dickens 14. Ulisse di Joyce 15. Odissea di Omero 16. Delitto e castigo 17. Re Lear 18. Emma di Jane Austin 19. Cent’anni di solitudine di Garcia Marquez 20. L’urlo e il furore di Faulkner. Non ci sono, fra i primi venti, libri italiani. Neanche la Divina Commedia, il che mostra la parzialità (tutto il mondo è paese) per la letteratura di lingua inglese. Un commentatore afferma che le preferenze vanno a libri diventati film, con indimenticabili attori (ad esempio Anna Karenina interpretata da Greta Garbo). Sarà vero o no, ma la cosa interessante è che i libri scelti rappresentano il trionfo del plot, della storia, della trama, sul bello stile; del romanzo, del romantico, sull’eleganza della forma. Come vanno le cose invece nel nostro paese? In Italia si è abbandonata da tempo la centralità della trama e dei personaggi a favore della bella scrittura. Tutto è cominciato con il gruppo 63 che sembrava aver fatto una specie di rivoluzione. Ma, a parte Fratelli d’Italia, non ha prodotto un solo romanzo, neanche minore, degno di nota. Umberto Eco, per esempio, che faceva parte del Gruppo 63, ha sì scritto libri di grande successo: ma non sono grandi romanzi: sono degli interessanti giochi intellettuali. Il perdurare della gloria di Tolstoj, dice Antonio Scurati (forse il più promettente scrittore italiano di oggi) dimostra che il problema della lingua è un falso problema. Quel che conta è l’immaginario. In Italia non ci sono romanzieri, ma soltanto scrittori. 4 GLI IMPEGNI MANTENUTI E QUELLI NO caricato moltissimo quella strada che non può sostenere flussi di traffico così elevati. Commento. Questo è stato fatto. La vera soluzione al problema del traffico tuttavia, che adesa lettera del sindaco so intasa la rotonda dello svincolo Marco Toni che abbiadi Sesto Ulteriano, è la nuova mo riportata sul numero scorso strada comunale Viboldone Civedel nostro giornale non è la sola sio. Quanto ci vorrà perché venga che abbia scritto. Vogliamo rievorealizzata? carne un’altra, che risale all’otto4 - Per quanto riguarda la bre dell’anno 2001. In risposta a velocità nel tratto abitato, andreuna petizione di alcuni cittadini di mo a posizionare dei rallentatori Civesio, Marco Toni prendeva di velocità, contestualmente alla degli impegni riguardo ai problemessa in funzione del nuovo senso mi di questa frazione. Sono passaunico. ti quasi sei anni da allora. VediaCommento: questo è stato mo che cosa è successo. fatto. Vi ringrazio per l’interessa5 - Le strade verranno asfalmento ai problemi di Civesio, che tate ed i marciapiedi completaperaltro non rappresentano per mente rifatti, non appena terminenoi una novità, tanto é che abbiaranno le ultime lottizzazioni a mo programmato alcuni interventi ridosso di Via MolinoTorretta, per rendere più decente il look poiché in questa fase non sono della zona. Provo a descrivere la ancora stati allacciati tutti i sottosituazione nel suo complesso: servizi (luce, gas, acqua, fognatu1 - Per riqualificare alcune ra, telefonia), per cui bisognerà zone che non sono tutte di nostra "soffrire" ancora un po'. proprietà, abbiamo stanziato 200 milioni per la Parrocchia di Civesio (100 milioni già versati al Parroco ed altri 100 seguiranno il mese prossimo) per finanziare un progetto di sistemazione dell'area del campo sportivo in fregio alla Via Don Minzoni che oggi é praticamente fatiscente (il progetto é già stato definito e approvato). Commento: il campo sportivo è stato realizzato. 2 - Per quanto riguarda la denominazione della strada prinCommento: i marciapiedi cipale, via Nord Sud di Melegnano, il nostro orientamento é quel- sono stati rifatti all’interno dell’alo di riclassificarla in modo diver- bitato. Che dire di quelli, assai più frequentati, della via Civesio stesso nel tratto abitato di Civesio. Commento: questo è stato sa? 6 - Il tratto di strada che fatto in modo rapido e indolore. 3. La strada in questione entra in Civesio dalla rotonda diventerà nei prossimi mesi a dell’autostrada, fino ad oltre l'insenso unico da Viboldone verso crocio con la strada del cimitero, Civesio perché il traffico di gron- verrà allargato, grazie alla tombida verso la zonaindustriale ha natura della roggia che, oltre ad essere maleodorante e ricettacolo L di topi, non viene manutentata dagli agricoltori. Commento: è dal dopoguerra, come abbiamo scritto su questo giornale, che il signor Bossi e altri abitanti di Civesio che vivono davanti alla roggia, aspettano la tombinatura; sono passati sei anni da questa lettera…. 7 - Il cespugliaio intorno alla rotonda fino all'intersezione con via Giotto, verrà sistemato grazie ad una convenzione stipulata con l’azienda Bindi che ne farà un parco pubblico con zone a verde ed alcuni parcheggi, liberando così gli spazi di sosta davanti alla Trattoria del signor Lino Grossi che vengono perennemente occupati dai turnisti della Bindi. Commento: il “cespugliaio” è ancora lì, infestato da nutrie e da topi grossi come conigli, oltre a presentare un indecoroso spettacolo di abbandono…. 8 - Lo stesso ragionamento vale per la rotonda e per la cartellonistica in generale che verranno radicalmente sistemati. Commento: la cartellonistica è viva più che mai. E’ da notare l’aggettivo “radicalmente”. Il problema di fondo é che gli aspetti rilevati non sono così stravolgenti, eppure i tempi di risposta delle pubbliche amministrazioni non sono mai adeguati alle esigenze dei cittadini. Tuttavia posso assicurare che per quanto riguarda Civesio, abbiamo destinato oltre un miliardo di Lire per tutta una serie di interventi di manutenzione straordinaria da qui sino alla prossima estate ed intendiamo mantenere questo impegno. Sarà mio compito fare in modo che ciò che ho scritto possa essere già parzialmente messo in pratica dalle prossime settimane. Commento: parliamo di una lettera scritta nell’ottobre 2001. entile redazione, ho lettosi un giornale che al consiglio comunale di Ginevra sono state elette più donne che uomini; e che queste, essendo maggioranza, hanno deciso che i consigli non si terranno più di sera, ma di pomeriggio. C’è chi ha paventato che le signore consigliere di Ginevra, di questo passo, impongano magari in consiglio l’uso delle pattine, e i servizi da tè con i tovaglioli ricamati. Ebbene, per dire la verità, a me non dispiace l’idea che i “tiratardi” dei consigli comunali siano puniti, specie quelli che passano la mezzanotte col preciso scopo di avere un gettone di presenza in più; quanto alle pattine, se le usiamo in casa, perché no, nella casa “comune”; e il tè, sorbito con tovagliolini di pizzo, ha decisamente un altro gusto di quello bevuto rozzamente senza ammennicoli. Cordialmente, Federica della Torre, Zivido COMUNICAZIONE DI SERVIZIO G li operatori delle ambulanze hanno segnalato che spesso, in occasione di incidenti stradali, i feriti hanno sì un telefonino, ma nella confusione non si riesce a trovare la persona, o le persone, da avvertire. E’ stata così lanciata l’idea che ciascuno di noi metta in evidenza, tra i suoi numeri, la persona da contattare in caso di emergenza, sotto uno pseudonimo predefinito. Lo pseudonimo internazionale riconosciuto è ICE. E’ sotto questo nome che bisognerebbe segnare il numero di chi si vuole sia avvisato, utilizzabile dagli operatori delle ambulanze, dalla polizia, dai vigili del fuoco o dai primi soccorritori. Se vi fossero più persone da contattare, si può utilizzare ICE 1, ICE 2, e così via. . Via Matteotti 6 - 20098 S.Giuliano Mil. (MI) CITTÀ NUOVA [email protected] del gruppo consiliare [email protected] G ASSOCIAZIONE SAN GIULIANO MILANESE CITTÀ NUOVA Nuovi indirizzi di posta: della redazione dell’associazione [email protected] IL CONSIGLIO COMUNALE DI GINEVRA Foglio dell’associazione San Giuliano Città Nuova Registrazione n.363 del 2 febbraio 2006 presso il tribunale di Lodi Direttore Responsabile: Lorenzo Borla Redazione : Gabriella Achilli, Paolo Biffi, Marco Magri, Rita Orfino, Harry Paradiso, Filippo Tito, Mario Vicini Impaginazione: Mario Vicini “CITTA’ NUOVA” è reperibile in tutte le edicole di San Giuliano e sul sito WWW.CITTANUOVA-SANGIULIANO.IT