Maggio 2007 - Citta` Nuova

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Maggio 2007 - Citta` Nuova
Maggio 2007
LE RICHIESTE CHE SALGONO DAL BASSO
C
ercando di interpretare
le richieste che salgono
dal basso, la nostra associazione ha
definito le esigenze primarie di un
programma di governo della città
di San Giuliano. Questo, indipendentemente da chi sia a governare,
oggi o domani. Piaccia o non piaccia, non c’è differenza di colore
politico: i bisogni sono gli stessi di
tutti.
Prima di tutto c’è il bisogno
di sapere: sapere quale è il piano,
quale è il progetto, e se vogliamo
perfino quale è il sogno, di chi
governa la città. Sapere quale si no nei prossimi cinque/dieci anni.
prevede lo sviluppo di San Giulia- Non si può governare una regione,
una provincia, o anche un comune
di questa importanza, senza piani
precisi; la politica di decidere di
volta in volta, giorno per giorno,
ha già fatto troppi danni.
La domanda più forte poi che
sale dal basso è quella di sicurezza: e dunque non misure tampone,
palliativi, pezze per coprire gli
strappi più evidenti: ma la presenza sul territorio di un numero adeguato di forze dell’ordine, carabinieri, polizia, guardia di finanza,
polizia locale, guardie private. Si
vuole sapere come e qualmente si
intende combattere il crimine e
garantire questo bene primario, che
CI APPELLIAMO A GENIA
S
e facessimo un elenco di
che cosa, secondo ciascun
abitante, c’è bisogno a San Giuliano, probabilmente verrebbe fuori
un intero volume di richieste, con
priorità molto diverse. E’ nella
natura umana non essere soddisfatti di quello che si ha, e chiedere di
più. Tuttavia ci sono, secondo noi,
delle cose che a San Giuliano
mancano più di altre: sono cose
che fanno la città.
Tanto per cominciare, manca
a San Giuliano una Piazza del
Mercato, come luogo di aggregazione permanente del commercio
in centro città. Nessuno ha mai
avuto lo slancio, la fantasia, il
coraggio di pensare a una piazza
nuova di zecca, fatta per il mercato, i commerci, le bancarelle, le
fiere, le manifestazioni, una piazza
che diventi il centro vivo di gente,
una piazza che favorisca nel centro della città una presenza continua di commercio e di persone.
Sempre dal punto di vista
degli affari, manca a San Giuliano
un serio quartiere per uffici: ne
esiste l’embrione in un paio di
palazzi, ma tutto finisce lì, e neppure ce n’è abbastanza per far
arrivare i servizi. Se si riuscisse a
trasformare lo scheletro del palazzo che incombe lugubremente su
Zivido in una torre di uffici affidata a un bravo architetto, una di
quelle torri moderne, ecologiche, a
risparmio energetico, insomma
una cosa all’avanguardia, bella di
vetri e di riflessi, si farebbe un
passo in avanti.
A San Giuliano manca una
circonvallazione. Solo per dirne
una, ci è capitato di recente di
transitare per Chieri, cittadina più
o meno grande come la nostra, di
cui ricordavamo la difficoltà di
attraversamento: a Chieri hanno
semplicemente costruito una circonvallazione tutto attorno alla
città. Il numero di abitanti è un po’
meno di San Giuliano, le risorse
pure; come mai a Chieri hanno
trovato i fondi per molti chilometri
di strada e da noi non si riesce
neppure a coprire il Redefossi?
A San Giuliano manca un bel
viale alberato dove si possa camminare fra San Giuliano e San
Donato e fra San Giuliano e Melegnano. Qui non bisogna andare
lontano, per trarre ispirazione,
basta fare riferimento appunto alla
vicina San Donato: il traffico è
stato buttato fuori, la ex via Emilia
è diventata una tranquilla arteria
percorribile sì in macchina, ma
anche a piedi, in un contesto ambientale verdeggiante e gradevole.
Poi San Giuliano ha un altro
problema: c’è un’area triste e desolata, ovvero il
quartiere
“industriale” di Sesto Ulteriano.
Quando vengono amici in visita,
facciamo di tutto perché non finiscano per errore nella zona industriale di Sesto: ne trarrebbero una
pessima impressione del posto in
cui viviamo, a parte il rischio di
smarrirsi e venire rintracciati dalla
polizia, stanchi e affamati, dodici
ore dopo. In generale, sembra che
ci sia una maledizione sulle zone
industriali del nostro paese; basta
menzionare un capannone perché
gli amministratori locali si genuflettano; e, salvo infinite complicazioni burocratiche, accettino di
tutto, a cominciare dai tanti capannoni per pochi posti di lavoro come appunto succede nella nostra
città; capannoni che poi vengono
abbandonati, in attesa che diventino aree edificabili.
Abbiamo nella zona industriale di Sesto per esempio una via del
Tecchione che costeggia una
squallidissima recinzione con filo
spinato; come minimo bisognerebbe intervenire con una buona
alberatura per dare sollievo a chi
la percorre. Le zone industriali si
salvano solo col verde, e quello
delle aziende private a Sesto non
è sufficiente.
Infine vorremmo parlare del
parco dei Giganti: ma questo
tema merita un articolo a parte
che faremo sul prossimo numero.
Ci appelliamo a Genia, che
sembra mostrare più sensibilità
per l’ambiente, più capacità decisionale e operativa, di quanto
non abbia fatto la nostra pubblica
amministrazione in sessanta anni; e speriamo di vedere qualcosa
di sostanziale realizzato.
è la sicurezza, ai cittadini.
Poi c’è il problema della viabilità: è sotto gli occhi di tutti il
disastro del traffico, che è un problema comune a quasi tutte le città
della penisola, ma in particolare a
questa area sovraffollata che è la
provincia di Milano.
Nella fattispecie, a San Giuliano non bastano oggi le strade
che ci sono: figuriamoci i flussi dei
nuovi abitanti, e di quelli che verranno per i progetti già approvati.
A San Giuliano ci vivono ormai
più di 35.000 persone, che è la
dimensione di un piccolo capoluogo di provincia; le strade sono
quelle, più o meno, di trenta anni
fa.
Infine c’è il problema del
commercio. Il centro della città si
sta svuotando, a favore dei centri
commerciali e dei supermercati
situati fuori dal perimetro cittadino
vero e proprio; il che significa
dover prendere l’automobile per
andare a far la spesa. Non solo
questo è faticoso e dispendioso per
una popolazione anziana in continua crescita e con pensioni ridotte
all’osso; ma significa anche che il
centro città sta diventando un fantasma. Purtroppo non si è provveduto per tempo, concependo una
“piazza del mercato” e una “via
dei negozi” che generalmente
coincide con una “via del passeggio”. Adesso è tutto molto più
difficile.
2
VIBOLDONE
L
a vicenda urbanistica del
borgo di Viboldone, dopo molti anni di battaglie, sembrava ormai giunta all’ultimo atto: la
Società Agricola Viboldone, proprietaria di quasi tutto il borgo,
aveva presentato un nuovo piano
di recupero che era stato approvato
(non senza aspri dibattiti) dal consiglio comunale di San Giuliano
Milanese.
La contrarietà al piano di
recupero, espressa dalle forze poli-
saggistica, ritenuta superflua dal
Comune, ma necessaria per: a)
valutare attentamente i flussi veicolari dei mezzi leggeri e pesanti
in relazione al progetto di nuova
viabilità; b) scegliere di recuperare
tutto il patrimonio edilizio esistente, evitando la demolizione delle
cosiddette “residenze povere” dei
salariati agricoli, dell’edificio della
vecchia posta e soprattutto della
ca’ de parol, fatta costruire, come
rivelano le scritte in latino, per
godere della quiete della campagna; c) riconsiderare attentamente i
costi in termini complessivi dell’ipotesi di acquisizione gratuita della
cascina Corte Grande contro nuova
volumetria.
(Per gli approfondimenti delle vicende storiche, artistiche e
urbanistiche del borgo, si rimanda
a un libro di recente pubblicazione:
Agostani, Pizzingrilli, Rausa, Il
patrimonio rurale vernacolare ai
margini della metropoli, Clup Editore, Milano 2006).
FUGHE IN AVANTI
tiche di opposizione e dalle associazioni operanti sul territorio, ha
trovato per fortuna orecchio attento
nell’amministrazione provinciale
di Milano che ha bocciato il piano
di recupero perché era stato utilizzato uno strumento urbanistico
riservato alle aree dimesse; quindi
non idoneo a un borgo classificato
come “Nucleo Monumentale” da
preservare per le future generazioni.
<<Ma la nostra amministrazione comunale ha disatteso l’aspettativa di una ripresa di dialogo
fra le parti interessate>> afferma
Paolo Rausa, presidente delle associazioni territoriali.
Un comportamento più aperto, dice Rausa, <<avrebbe consentito e consentirebbe ancora oggi di
definire di valutare se sia necessario al Comune acquisire tutto il
complesso della cascina Corte
Grande, ovvero quali spazi siano
utili e per fare che cosa>>, dato
che a fronte di scelte già compiute,
il Comune non ha ancora: a) definito le modalità di utilizzo della
Corte Grande; b) valutato le effettive necessità di utilizzo di tutti gli
spazi disponibili; c) approntato un
piano finanziario per il recupero
edilizio, visto che come sembra
non è nelle possibilità economiche
di affrontarlo
A questo scopo, prima di
approvare il piano di recupero che
prevede una volumetria di circa
42.000 metri cubi, si sarebbe dovuta avviare la procedura di valutazione d’impatto ambientale e pae-
C
i hanno veramente deliziati due articoli apparsi sul “Cittadino” di lunedì 24 aprile. Il primo: Genia mette a disposizione un rimorchio per biciclette a
soli 15 euro, invece di 35, per consentire a chi va al mercato di caricarvi la spesa. Il secondo: l’assessore Cipolla annuncia nella stessa
occasione, la possibilità di un trenino elettrico per gli studenti al posto
dello scuola bus.
Intendiamoci, sono ottime
notizie: il “velorimorchio”, neologismo da noi coniato, sembra sia già
disponibile. Peccato che, come
viene detto nell’articolo, se a San
Donato la bicicletta la usa il 20%
degli abitanti, a San Giuliano solo il
3%. E come mai? Per il semplice
motivo che a San Giuliano mancano le piste ciclabili, gli spazi per
circolare in relativa sicurezza; salvo
qualche breve pezzo di pista slegato
dagli altri che di per sé non può
certo invogliare a “ciclare”.
Ci vuole ovviamente un sistema completo di piste ciclabili: ma
di queste si sta parlando da talmente tanto tempo, sempre vengono
date per imminenti e mai realizzate,
che non gli crediamo più, all’asses-
sore Cipolla. Il quale è un uomo
appassionato della cosa pubblica,
ma evidentemente privo dei mezzi
per operare.
Quando poi parla di un trenino elettrico per gli scolari, quale
splendida idea! E sarebbe un trenino, tanto per capire, che corre sui
binari? E i binari, dove passeranno?
Vogliamo essere chiari: viva la
fantasia, l’entusiasmo, la passione, i
sogni. La nostra comunità, e non
solo, ne ha tantissimo bisogno: ma
non servono, se sono solo fughe in
avanti. Ci vuole credibilità. E per
avere credibilità, l’assessore Cipolla ci convinca prima con una semplice realizzazione, quella delle
piste ciclabili: magari entro l’estate!
CANCELLARE LE
PERIFERIE
C
ancellare, o rifare, le
periferie, non è soltanto
la parola d’ordine dell’architetto
Massimiliano Fuksas che abbiamo
citato nel numero scorso. E’ anche
il pensiero di un altro famoso architetto, Renzo Piano, che è stato chiamato a disegnare il progetto del
nuovo quartiere nell’area delle ex
acciaierie Falk a Sesto San Giovanni. Dice Piano: <<Cancellerei dal
vocabolario la parola periferia,
perché nei prossimi trent’anni dovremo trasformare le periferie da
quartieri dormitorio in aree di
scambio culturale e sociale. Se non
saremo capaci di questo miracolo,
sarà la fine delle città>>.
A proposito di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia (ma
non era chiamata così anche San
Giuliano Milanese?): <<Sesto San
Giovanni diventerà una fabbrica di
idee. Faremo un parco gigantesco.
La grande scommessa è quella di
trasformare un pezzo di città, che
era industriale, in qualcosa che
combini la dimensione produttiva,
educativa, di ricerca, residenziale,
commerciale e di servizi. Il tutto
immerso in un ambiente molto verde>>. In che modo, architetto Piano? <<Intanto il verde su cui galleggeranno le costruzioni sarà l’elemento che tiene assieme il tutto.
Poi vedo questa città piena di giovani. Ci saranno università, laboratori di ricerca e vivai di impresa.
L’idea è di collegare l’insegnamento con la disponibilità di mestieri.
Ci saranno anche negozi, e luoghi
di intrattenimento, come collante
della vita sociale. Ma soprattutto,
per chi ci vivrà, sarà come galleggiare leggeri sopra il verde di un
enorme parco>>.
Riportiamo queste opinioni
sperando che servano di stimolo ai
nostri governanti. Ci sono due concetti che saltano agli occhi: il primo
è il ridisegno delle città, integrando
attività produttive e culturali, com-
merciali e di servizi; il secondo è
l’importanza che viene data al verde, portato addirittura a integrarsi
con abitazioni, uffici, negozi; in
modo tale che, per chi guarda dall’alto, <<sarà come galleggiare su un
enorme spazio verde…>>.
AFFOLLAMENTO
I
l mondo viaggia verso i sei
miliardi e mezzo di abitanti, e il nostro paese fa la sua parte.
Alla faccia delle catastrofiche previsioni che davano la popolazione
italiana quasi estinta alla fine di
questo secolo XXI, grazie agli
immigrati, clandestini e non, siamo
oltre sessanta milioni, e per giunta
concentrati in metà del territorio (il
resto è montagnoso).
D’altra parte, che il territorio
dove viviamo sia sovraffollato, ce
ne accorgiamo soprattutto dal traffico; non solo nelle ore di punta,
ma anche nel corso della giornata.
Non c’è autostrada o strada statale
o provinciale in cui non si proceda
in lenta fila a tutte le ore.
Una ragione c’è: in Lombardia vivono nove milioni e mezzo di
persone. Una densità altissima, e
per giunta è anche squilibrata. Di
queste 9,5 milioni di persone, il
90% (8,6 milioni) sono concentrate su metà del territorio, ovvero
nelle province di Milano, Monza,
Varese, Como, Lecco, Bergamo e
Brescia; mentre ovviamente si sta
un po’ più larghi nelle province di
Pavia, Cremona, Mantova, Sondrio. Pensate che la densità della
popolazione nella provincia di
Milano è di circa 2000 persone per
chilometro quadrato; ma ancora
superiore è la densità in provincia
di Monza; mentre, per fare un paragone, la densità di Mantova e provincia è di 150 abitanti per km
quadrato.
Già nel 1989 uno studio condotto da una società di ricerche
calcolava il bisogno di spazio per
nutrire, far lavorare, ma soprattutto
far respirare aria pulita, ad ogni
abitante della penisola. Ebbene, lo
studio concludeva dicendo che la
popolazione ecologicamente ottimale in Italia non dovrebbe superare i trenta milioni.
Anche secondo i conti elaborati dall’Onu, dal Wwf, dal Living
Planert Report 2002, per mantenere
gli italiani in buona salute ci vorrebbe un’altra Italia e mezzo. Insomma non si dovrebbe essere più
di 30/40 milioni. Ai tempi di Michelangelo c’erano in Italia (che
allora era il paese più ricco d’Europa) 25 abitanti per chilometro quadrato. Ma non c’era la smania di
aumentare il Pil a tutti i costi
(anche perché non era stato ancora
inventato).
3
UNA RICORRENZA
PER TUTTI
di Stefano Sportelli
“F
esta dei lavoratori”
è una espressione
impropria, in quanto il termine
esatto è “Festa del lavoro”; ma si
sa che le forze politiche si appropriano di fatti, avvenimenti e nomi
a loro uso e consumo. La festività
viene celebrata annualmente nella
giornata del 1° Maggio, per ricordare l’impegno dei lavoratori a
migliorare le loro condizioni.
Meglio ancora, intende ricordare le battaglie operaie per la
conquista di un diritto ben preciso:
l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. L’origine della festività viene fatta risalire ad una manifestazione organizzata negli Stati
Uniti dai cavalieri del lavoro di
New York il 5 settembre 1882; gli
stessi, due anni dopo, approvarono
nella giornata del 1° Maggio.
In Europa, tale festività venne ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale
riuniti a Parigi nel 1889; in Italia
fu ratificata due anni dopo. Dal
1890 la Festa del lavoro viene
celebrata in simultanea in tutto il
mondo.
Nel ventennio fascista la
Festa fu abolita; si istituì la Festa
del lavoro italiano alla data del 21
aprile per ricordare il Natale di
Roma. Ma subito dopo la Liberazione la Festa del lavoro venne
ripristinata come era all’inizio. Da
ricordare che nel 1947, a Portella
delle Ginestre, la banda di Salvatore Giuliano sparò sul corteo in
festa, uccidendo e ferendo una
cinquantina di lavoratori. Non si
conosceranno mai il movente e i
mandanti, anche se su questo episodio tanto si è scritto e tanto si è
detto. Oggi la Festa del lavoro
viene celebrata in altro modo. Non
più manifestazioni, cortei, discorsi;
ma appuntamenti rock e a tema: è
il segno dei tempi che cambiano.
LE APPARIZIONI
TELEVISIVE
Nei telegiornali Rai la gran
parte del tempo è dedicata a notizie
che notizie non sono: e cioè alle
dichiarazioni dei politici. E, siccome i tiggì Rai sono, appunto, politicamente corretti, i nostri illustri
rappresentanti parlano tutti, sovente assieme. Voi potete non sapere
che succede alla Telecom o in Afghanistan. Se però guardate il tiggì,
saprete con assoluta e millimetrica
esattezza ciò che del fatto pensano
Prodi, D’Alema, Rutelli, Fassino,
Bertinotti, Berlusconi, Follini, Mastella, Pecoraro Scanio, Fini, Storace, Bondi, La Russa, Castelli, Calderoli, e così via in ordine più o
meno sparso. Uno spettacolo triste,
ripetitivo, noioso, frustrante, da cui
non si apprende proprio nulla.
Sto esagerando? Neanche un
po’. Ce lo dice con la chiarezza dei
fatti un’indagine (Corriere della
Sera del 15 febbraio), presentata
alcuni giorni fa alla biblioteca del
Senato. Secondo la quale i tiggì
Rai sono fatti così: alle notizie è
dedicato il 28% del tempo, ai contenuti il 10%, e alle dichiarazioni
dei politici il 62% del tempo a disposizione.
Non solo. Il nostro è un caso
di Pietro Alfonsi
V
una risoluzione affinché l’evento
avesse una cadenza annuale
La storia delle otto ore comincia in Australia. Gli operai
australiani furono i primi, nel lontano 1855, a coniare lo slogan:
“otto ore di lavoro, otto di svago,
otto per dormire”. L’anno dopo
avvennero gravi incidenti a Chicago. Il 1° maggio cadeva di sabato,
allora giornata lavorativa, e molti
lavoratori incrociarono le braccia
sfilando in un grande corteo, in
modo pacifico ed ordinato. Il lunedì, alla ripresa del lavoro, il confronto con i “padroni”, che avevano al soldo la polizia, si fece più
aspro; la tensione salì, i lavoratori
protestarono ancora e la polizia
fece fuoco sui dimostranti; il risultato fu di quattro morti. Gli scontri
continuarono il giorno dopo col
lancio di una bomba davanti al
palco degli oratori; i poliziotti ne
trassero pretesto per caricare i lavoratori. Al termine della battaglia
si contarono otto morti e numerosi
feriti.
Per le dimostrazioni di Chicago furono arrestati e condannati
a morte otto anarchici, e solo due
ebbero la pena commutata nell’ergastolo. Per ricordare questi tragici
episodi, si decise di commemorarli
oglio fare una domanda
facile facile a voi lettori.
Qualcuno sa dire, senza compulsare manuali e vademecum, quanti
sono i partiti politici italiani? Non
quelli che si presentano (o si presenteranno) alle elezioni, ma quelli
che sono rappresentati in Parlamento. Quelli che noi tutti abbiamo
eletto.
Mistero. O almeno: io che ci ho
pensato parecchio, non sono arrivato a una risposta soddisfacente. Ho
rivolto l’angosciosa domanda ad
amici & colleghi, e non ho avuto
neanche due risposte uguali. Ci
sono rimasto male. Ma una ragione
di tanta disinformazione c’è: e
unico in Europa. In Francia, per
esempio, ai contenuti è dedicato il
54% del tempo, il 21% alle notizie,
e il 25% alle dichiarazioni. In Spagna siamo rispettivamente al 36, al
45 e al 20 per cento. In Germania
alle notizie va il 49 % del tempo, ai
contenuti il 19% e alle dichiarazioni il 32%.
Interessante è la spiegazione
offerta da Mauro Mazza, direttore
del Tg2 (sospirando che non è colpa sua): << Di fatto i politici da noi
vogliono solo e soltanto che li facciamo apparire a viva voce, e quando non lo facciamo, protestano>>.
La cosa ci fa piacere, anzi ci
suggerisce un’idea. Chiediamo a
Mazza, protestando all’occorrenza,
di apparire a viva voce nel suo
tiggì. E già che ci siamo anche in
effigie. Possiamo garantire che
saremo più simpatici di D’Alema e
La Russa, più facondi di Castelli e
adesso ve la dico seduta stante. di Calderoli, avremo un accento
lievemente toscano che fra padani e
Almeno, ci provo.
Il fatto è che nessuno di noi è un meridionali non guasta; infine last
attento ascoltatore dei telegiornali but not least, siamo più belli di
della Rai. Se così fosse, la risposta Fassino e abbiamo più capelli di
sarebbe sgorgata naturale come Berlusconi. Aspettiamo fiduciosi
un microfono.
acqua di fonte. Perché? Vediamo.
LA SCELTA DEI
LIBRI
S
u qualche giornale di
pochi giorni fa c’è la
recensione di un libro apparso di
recente in America: Writers Pick
their Favourite Books. Scrittori
scelgono scrittori. Si tratta di un
gioco largamente praticato nel
salotto della letteratura, specie nel
mondo anglosassone, dove forse
c’è maggiore equilibrio di giudizio
(in Italia, se chiedi a dieci critici
letterari, oppure a dieci scrittori, di
elencare le loro preferenze, vengono fuori delle scelte talmente diverse che è quasi impossibile stilare una classifica).
Quello che ci intriga naturalmente è la scelta dei libri più importanti di tutti i tempi, che ha dato
i seguenti risultati: 1. Anna Karenina 2. Madame Bovary 3. Guerra e
pace 4. Lolita 5. Le Avventure di
Huckleberry Finn 6. Amleto 7. Il
grande Gatsby 8. La ricerca del
tempo perduto 9. I racconti di
Cechov 10. Middlemarch di Geoge Eliot 11. Don Chisciotte 12.
Moby Dick 13. Grandi speranze di
Dickens 14. Ulisse di Joyce 15.
Odissea di Omero 16. Delitto e
castigo 17. Re Lear 18. Emma di
Jane Austin 19. Cent’anni di solitudine di Garcia Marquez 20.
L’urlo e il furore di Faulkner.
Non ci sono, fra i primi venti,
libri italiani. Neanche la Divina
Commedia, il che mostra la parzialità (tutto il mondo è paese) per la
letteratura di lingua inglese. Un
commentatore afferma che le preferenze vanno a libri diventati film,
con indimenticabili attori (ad esempio Anna Karenina interpretata
da Greta Garbo). Sarà vero o no,
ma la cosa interessante è che i libri
scelti rappresentano il trionfo del
plot, della storia, della trama, sul
bello stile; del romanzo, del romantico, sull’eleganza della forma.
Come vanno le cose invece
nel nostro paese? In Italia si è abbandonata da tempo la centralità
della trama e dei personaggi a
favore della bella scrittura. Tutto è
cominciato con il gruppo 63 che
sembrava aver fatto una specie di
rivoluzione. Ma, a parte Fratelli
d’Italia, non ha prodotto un solo
romanzo, neanche minore, degno
di nota. Umberto Eco, per esempio, che faceva parte del Gruppo
63, ha sì scritto libri di grande
successo: ma non sono grandi
romanzi: sono degli interessanti
giochi intellettuali. Il perdurare
della gloria di Tolstoj, dice Antonio Scurati (forse il più promettente scrittore italiano di oggi) dimostra che il problema della lingua è
un falso problema. Quel che conta
è l’immaginario. In Italia non ci
sono romanzieri, ma soltanto scrittori.
4
GLI IMPEGNI
MANTENUTI E
QUELLI NO
caricato moltissimo quella strada
che non può sostenere flussi di
traffico così elevati.
Commento. Questo è stato
fatto. La vera soluzione al problema del traffico tuttavia, che adesa lettera del sindaco
so intasa la rotonda dello svincolo
Marco Toni che abbiadi Sesto Ulteriano, è la nuova
mo riportata sul numero scorso
strada comunale Viboldone Civedel nostro giornale non è la sola
sio. Quanto ci vorrà perché venga
che abbia scritto. Vogliamo rievorealizzata?
carne un’altra, che risale all’otto4 - Per quanto riguarda la
bre dell’anno 2001. In risposta a
velocità nel tratto abitato, andreuna petizione di alcuni cittadini di
mo a posizionare dei rallentatori
Civesio, Marco Toni prendeva
di velocità, contestualmente alla
degli impegni riguardo ai problemessa in funzione del nuovo senso
mi di questa frazione. Sono passaunico.
ti quasi sei anni da allora. VediaCommento: questo è stato
mo che cosa è successo.
fatto.
Vi ringrazio per l’interessa5 - Le strade verranno asfalmento ai problemi di Civesio, che
tate ed i marciapiedi completaperaltro non rappresentano per
mente rifatti, non appena terminenoi una novità, tanto é che abbiaranno le ultime lottizzazioni a
mo programmato alcuni interventi
ridosso di Via MolinoTorretta,
per rendere più decente il look
poiché in questa fase non sono
della zona. Provo a descrivere la
ancora stati allacciati tutti i sottosituazione nel suo complesso:
servizi (luce, gas, acqua, fognatu1 - Per riqualificare alcune
ra, telefonia), per cui bisognerà
zone che non sono tutte di nostra
"soffrire" ancora un po'.
proprietà, abbiamo stanziato 200
milioni per la Parrocchia di Civesio (100 milioni già versati al
Parroco ed altri 100 seguiranno il
mese prossimo) per finanziare un
progetto di sistemazione dell'area
del campo sportivo in fregio alla
Via Don Minzoni che oggi é praticamente fatiscente (il progetto é
già stato definito e approvato).
Commento: il campo sportivo è stato realizzato.
2 - Per quanto riguarda la
denominazione della strada prinCommento: i marciapiedi
cipale, via Nord Sud di Melegnano, il nostro orientamento é quel- sono stati rifatti all’interno dell’alo di riclassificarla in modo diver- bitato. Che dire di quelli, assai più
frequentati, della via Civesio stesso nel tratto abitato di Civesio.
Commento: questo è stato sa?
6 - Il tratto di strada che
fatto in modo rapido e indolore.
3. La strada in questione entra in Civesio dalla rotonda
diventerà nei prossimi mesi a dell’autostrada, fino ad oltre l'insenso unico da Viboldone verso crocio con la strada del cimitero,
Civesio perché il traffico di gron- verrà allargato, grazie alla tombida verso la zonaindustriale ha natura della roggia che, oltre ad
essere maleodorante e ricettacolo
L
di topi, non viene manutentata
dagli agricoltori.
Commento: è dal dopoguerra, come abbiamo scritto su questo
giornale, che il signor Bossi e
altri abitanti di Civesio che vivono
davanti alla roggia, aspettano la
tombinatura; sono passati sei anni
da questa lettera….
7 - Il cespugliaio intorno alla
rotonda fino all'intersezione con
via Giotto, verrà sistemato grazie
ad una convenzione stipulata con
l’azienda Bindi che ne farà un
parco pubblico con zone a verde
ed alcuni parcheggi, liberando
così gli spazi di sosta davanti alla
Trattoria del signor Lino Grossi
che vengono perennemente occupati dai turnisti della Bindi.
Commento: il “cespugliaio”
è ancora lì, infestato da nutrie e da
topi grossi come conigli, oltre a
presentare un indecoroso spettacolo di abbandono….
8 - Lo stesso ragionamento
vale per la rotonda e per la cartellonistica in generale che verranno radicalmente sistemati.
Commento: la cartellonistica
è viva più che mai. E’ da notare
l’aggettivo “radicalmente”.
Il problema di fondo é che
gli aspetti rilevati non sono così
stravolgenti, eppure i tempi di
risposta delle pubbliche amministrazioni non sono mai adeguati
alle esigenze dei cittadini. Tuttavia posso assicurare che per
quanto riguarda Civesio, abbiamo
destinato oltre un miliardo di Lire
per tutta una serie di interventi di
manutenzione straordinaria da
qui sino alla prossima estate ed
intendiamo mantenere questo
impegno. Sarà mio compito fare
in modo che ciò che ho scritto
possa essere già parzialmente
messo in pratica dalle prossime
settimane.
Commento: parliamo di una
lettera scritta nell’ottobre 2001.
entile redazione,
ho lettosi un giornale che
al consiglio comunale di Ginevra
sono state elette più donne che
uomini; e che queste, essendo maggioranza, hanno deciso che i consigli non si terranno più di sera, ma
di pomeriggio. C’è chi ha paventato che le signore consigliere di
Ginevra, di questo passo, impongano magari in consiglio l’uso
delle pattine, e i servizi da tè con i
tovaglioli ricamati. Ebbene, per
dire la verità, a me non dispiace
l’idea che i “tiratardi” dei consigli
comunali siano puniti, specie quelli che passano la mezzanotte col
preciso scopo di avere un gettone
di presenza in più; quanto alle
pattine, se le usiamo in casa, perché no, nella casa “comune”; e il
tè, sorbito con tovagliolini di pizzo,
ha decisamente un altro gusto di
quello bevuto rozzamente senza
ammennicoli.
Cordialmente,
Federica della Torre, Zivido
COMUNICAZIONE
DI SERVIZIO
G
li operatori delle ambulanze hanno segnalato
che spesso, in occasione di incidenti stradali, i feriti hanno sì un telefonino, ma nella confusione non si
riesce a trovare la persona, o le
persone, da avvertire. E’ stata così
lanciata l’idea che ciascuno di noi
metta in evidenza, tra i suoi numeri,
la persona da contattare in caso di
emergenza, sotto uno pseudonimo
predefinito. Lo pseudonimo internazionale riconosciuto è ICE.
E’ sotto questo nome che bisognerebbe segnare il numero di chi si
vuole sia avvisato, utilizzabile dagli
operatori delle ambulanze, dalla
polizia, dai vigili del fuoco o dai
primi soccorritori. Se vi fossero più
persone da contattare, si può utilizzare ICE 1, ICE 2, e così via. .
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SAN GIULIANO MILANESE
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IL CONSIGLIO
COMUNALE
DI GINEVRA
Foglio dell’associazione San Giuliano Città Nuova
Registrazione n.363 del 2 febbraio 2006 presso il tribunale di Lodi
Direttore Responsabile:
Lorenzo Borla
Redazione :
Gabriella Achilli, Paolo Biffi, Marco Magri,
Rita Orfino, Harry Paradiso,
Filippo Tito, Mario Vicini
Impaginazione:
Mario Vicini
“CITTA’ NUOVA” è reperibile in tutte le
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