L`ItaliaelaFiat,addioancheaUmberto
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L`ItaliaelaFiat,addioancheaUmberto
Con "I Classici dell’Arte", "La Grande Poesia", CD "Rock Generation", "Le grandi firme" e 7,10; "La biblioteca del sapere", "I Grandi Film in Dvd" e 14,10; "Gli stipendi degli italiani" e 6,60; in Triveneto con "AutoExpress" e 1,30. In Liguria e nelle province di TO, NO, VB, AO, MN, CR, SO con La Gazzetta dello Sport e 1,20. F O N D A T O SABATO 29 MAGGIO 2004 EURO 1,20* (con Io Donna) PREZZI DI VENDITA ALL'ESTERO: Albania USD 2,00; Argentina $ 1,90; Australia AU$ 1,50; Austria e 1,85; Belgio e 1,85; Brasile R$ 4,00; CZ Kcs. 56; SK Slov. Kr. 69; Cipro L. 1,20; Danimarca Kr. 15; Egitto USD 2,20; Finlandia e 2,00; Francia e 1,85; Germania e 1,85; Grecia e 1,60; Irlanda e 2,00; Libano LL. 3,50; Lux e 1,85; Malta Mtl. 0,53; Monaco e 1,85; Norvegia Kr. 16; Olanda e 1,85; Polonia Pln. 8,40; Portogallo Cont. e 1,20/Isole e 1,40; Romania Lei 55.000; Slovenia SIT 280; Spagna-Baleari e 1,20 Canarie e 1,40; Svezia Kr. 18; CH Fr. 2,80; CH Tic. 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ORGOGLIO DI CADETTO di ENZO BIAGI Qualcuno l’aveva battezzata «la nuova famiglia reale»: se n’è andato anche Umberto, forse l’ultimo superstite di un mondo che fu. Mi telefonò «l’Avvocato» poco tempo prima della fine, per dirmi che dovevamo vederci e che doveva dirmi cose importanti. Ora penso che, forse, mi avrebbe parlato del fratello. Una volta chiesi al «Dottore» se era per lui un orgoglio o un peso il fatto che Gianni lo avesse indicato come suo successore. Fu esplicito: «Se arriverò a questo posto, sarà certamente una ragione di orgoglio». Lo hanno definito in tanti modi: Time lo aveva chiamato «l’altro Agnelli» o anche «il numero 2»; Umberto Agnelli era una persona garbata, riservata, poco portata alla mondanità. Lavoratore instancabile, praticava lo sci e il nuoto, leggeva testi di economia e di saggistica, gli piaceva l’arte moderna ed era appassionato di calcio: è stato un ottimo presidente della Juventus. Le sue proposte, in passato, suscitarono clamorosi e scandalizzati commenti: quando suggerì la svalutazione della lira (poi per ben due volte ne ridussero il valore) e quando affermò che, per ridare vigore alle aziende, bisognava anche ricorrere ai licenziamenti. E così fu, non solo alla Fiat. Gli chiesi che cosa vuol dire essere un Agnelli. «Ha un significato molto importante: l’obiettivo principale è educare i propri figli, fargli capire che è difficile costruire le cose; io mi auguro di convincerli che il loro primo dovere è di non demolire quello che gli altri hanno fatto». Gli domandai chi, tra i molti personaggi conosciuti, lo aveva in qualche modo suggestionato di più. Mi disse: «Forse ho ammirato John Kennedy. Ha rappresentato moltissimo per i giovani del mondo: l’idea della Nuova Frontiera, in quel momento, aveva un grande significato». Gli chiesi poi perché era entrato in politica, e con i democristiani. Mi spiegò: «Era di moda l’eurocomunismo e anche molti rappresentanti della borghesia seguivano con interesse e con fiducia quelle proposte. La Dc, che di colpe indubbiamente ne aveva parecchie, era il centro di attacchi indiscriminati. Per questo mi sono candidato e ho scoperto che i colleghi in Parlamento erano migliori di quello che pensavo; ma viviamo in una Repubblica partitocratica e, quindi, diventa difficile esprimersi. Tra i politici venivo considerato un industriale, tra gli industriali un politico. Quando mi sono presentato alle elezioni, in alcuni circoli si è pensato che fossi mosso da vanità, invece io lo intendevo come un servizio. Quelle critiche mi hanno fatto male». Si sa che Gianni, in gioventù, si è lasciato andare anche a qualche piacevolezza e alle fatuità dell’esistenza; in una delle poche interviste che indulgono al personale, Umberto confida: «Devo forse sciupare i miei anni migliori con ballerine o attrici? La sera, quando torno a casa, voglio trovare la moglie e deve essere un tipo senza grilli per il capo». Un temperamento di ferro. Gianni e Umberto Agnelli sono stati legati da un profondo attaccamento: «Il mio unico affetto, da piccolo, è stato Gianni, il mio fratello maggiore» confidava Umberto a Oriana Fallaci. «Anche i bambini ricchi possono essere soli e infelici». R Il dolore. La notizia della morte di Umberto Agnelli, ennesimo lutto della dinastia imprenditoriale più famosa del Paese, è stata accolta con tristezza e cordoGALATERI glio a Torino e in tutto il resto «HA DATO PIU’ d’Italia. Papa Giovanni Paolo II ne ha ricordato «il generoso DI QUANTO impegno umano e professionaHA RICEVUTO» le», mentre il presidente della Repubblica Carlo Azeglio CiamU A pagina 4 Polato pi, in un messaggio alla famiglia anche a nome della moglie Franca, ha scritto che «l’Italia gli è grata per l’impegno nel rilancio della Fiat». R L’impegno. Umberto Agnelli, nel breve periodo passato alla guida della Fiat, aveva avviato il risanamento del gruppo automobilistico in crisi, scegliendo i manager che ora avranno il compito di portare a termine l’opera di rilancio, primo fra tutti l’amministratore delegato Giuseppe Morchio. U Da pagina 2 a pagina 9 Agnoli, Bagnoli, Bocconi, Gerevini, Rizzo Per due giorni saranno cancellati metà dei voli sulla capitale Bush a Roma, l’altolà di Pisanu «Gravi minacce, no ai violenti» LUI E IL FRATELLO Sempre uniti da un abisso LUI E L’AZIENDA Una fabbrica e il suo futuro LUI E TORINO Destino e ansia di un’ex capitale di GIAN ANTONIO STELLA di MASSIMO MUCCHETTI di ALDO CAZZULLO «Umbertino sedeva rispettoso in cima a una seggiola, come un manuale di buona creanza, facendo discorsi di esasperante buonsenso, perfetto nel suo abito di tela nocciola, nella sua camicia comprata in Bond Street, nella sua cravatta che definiva vivace per via di qualche macchiolina di verde...». Era divertita e stupefatta, Oriana Fallaci. Non riusciva a capacitarsi, in quel 1959 in cui intervistava per l'Europeo il futuro presidente della Fiat e la sua promessa sposa, come potessero quei due ragazzi così giovani, belli, ricchi, cresciuti tra St. Moritz e Forte dei Marmi, essere «così perbenino» che la loro storia si sarebbe potuta «raccontare alle monache». Con la scomparsa di Umberto Agnelli si chiude il Novecento della Fiat, architrave dell'Italia industriale, e si apre un periodo di incertezza che ruota attorno a una domanda: il Paese ha bisogno di una Fiat, ma i suoi storici azionisti possono dire altrettanto? Il Novecento è stato il secolo dell'auto e l'auto ha dato per tanti anni ricchezza e potere al grande gruppo di Torino e uno status ineguagliato a chi ne deteneva il controllo. Giovanni Agnelli ne era così consapevole da rifiutare le offerte della DaimlerChrysler, disposta a pagare una somma assai cospicua per avere la Fiat Auto. TORINO — «Povera famiglia». Il pensionato viene da Villar Perosa, una fabbrica una tenuta un cimitero, dove Umberto Agnelli sarà sepolto oggi, nella tomba in cima alla collina. Riposerà sotto suo figlio Giovanni Alberto, ucciso dalla stessa malattia a 33 anni, e suo nipote Edoardo, caduto a 45 anni da un viadotto della Torino-Savona; vicino alla zia Aniceta detta Tina, morta di parto a 39 anni, al fratello Giorgio, spentosi a 36 anni, alla nonna Clara, consumata da uno strano male; di fronte a sua madre Virginia, morta a 46 anni in un incidente stradale, a suo padre Edoardo, ucciso a 35 anni dall’elica di un aereo Fiat, e a suo fratello Giovanni, portato qui appena 16 mesi fa. CONTINUA A PAGINA 3 CONTINUA A PAGINA 9 CONTINUA A PAGINA 6 ROMA — Al congresso di Forza Italia, il ministro dell’Interno non usa mezzi termini e parla delle giornate difficili per l’ordine pubblico che si aprono con la festa del 2 giugno e proseguono il 4 e 5 con la visita a Roma del presidente Bush. «Si profilano minacce gravi che ci preoccupano, ma non ci spaventano», dice Pisanu che poi rassicura le autorità Usa: nessun pericolo per Bush né allarmi particolari per gli attentati. I timori per un’azione da parte dell’estremismo islamico si sommano a quelli di una degenerazione delle manifestazioni di piazza. Per questo sono state prese misure di sicurezza eccezionali. L’interdizione dello spazio aereo della capitale porterà alla cancellazione di almeno il 50% dei voli previsti per il 4 e il 5 giugno. Ma non è escluso il blocco totale di atterraggi e decolli a Fiumicino. U A pagina 11 IN PRIMO PIANO L'AMBASCIATORE USA SEMBLER «I nostri Paesi mai così vicini Bandiere della pace? È la libertà» ROMA — «Le relazioni tra Italia e Stati Uniti non sono mai state così strette — dice al Corriere l’ambasciatore americano a Roma, Mel Sembler —. Prodi invita ad appendere le bandiere della pace? È un’espressione di libertà. Certo meglio che avere disordini». U A pagina 10 M. Caprara LA PREPARAZIONE DEL 2 GIUGNO In parata i mezzi più moderni Messaggio di Ciampi sull’unità Il 2 giugno, in via dei Fori Imperiali a Roma, sfileranno i mezzi più moderni dell’arsenale militare italiano, dai nuovi caccia Eurofighter agli aerei senza pilota Mirach. Ciampi rivolgerà agli italiani un messaggio tv: «Il Paese, nonostante tutto, è saldo e coeso». U A pagina 10 Breda e Nese Martirano e Sarzanini Sfida agli alleati: con il 51% avrei già tagliato le tasse. Follini: prima il governo, poi Forza Italia Berlusconi: sempre la fiducia sulle leggi chiave GIANNELLI Berlusconi: fiducia sulle leggi chiave, con l’opposizione niente dialogo. E agli alleati: «Con il 51% avrei già tagliato le tasse». La risposta di Follini. U Pagg. 14 e 15 040529CO001NACS SETTE GIORNI di Francesco Verderami PATTI E CONTRATTI COSI’ MARCO PROVOCA I POLI Marco Pannella non vorrebbe più sentirsi dire che è l’uomo delle battaglie solitarie, «perché non faccio che proporre dei contratti politici ai miei interlocutori». Ma ogni volta l’intesa non si compie. Accadeva ieri con Silvio Berlusconi, che ha abiurato al credo liberale. Accade oggi con il Triciclo di centrosinistra, che ha smarrito il sentiero riformista. Così, dopo una breve fase di corteggiamento, è rimasto lo scapolo di sempre. CONTINUA A PAGINA 16 Le accuse: «Ci ha tradito». Prandelli nuovo allenatore. Totti: sono tranquillo, la società va avanti Capello alla Juve, esplode l’ira dei tifosi giallorossi ROMA — «Ci ha tradito». È l’accusa dei tifosi romanisti a Fabio Capello, che la prossima stagione allenerà la Juventus. Molti ricordano la vecchia dichiarazione di Capello: «Allenare la Juve dovrebbe essere il sogno di una vita, ma non lo è della mia». Ora i giallorossi pensano al futuro: il presidente Sensi ha deciso di affidare la squadra a Cesare Prandelli, l’allenatore del Parma che ha già ricevuto la benedizione di Francesco Totti. «Sono tranquillo — dice il capitano giallorosso —, i programmi della società vanno avanti». U Alle pagine 44 e 45 Perrone, Petrucci Valdiserri 40 5 2 9 BIOETICA «Si può dire no alla pillola del giorno dopo» ROMA — Il Comitato nazionale di bioetica ha sancito la possibilità per i medici di esercitare una sorta di obiezione di coscienza, rifiutandosi di prescrivere la pillola del giorno dopo. Scoppia la polemica: «Non è la pillola abortiva, ma solo un contraccettivo». U A pagina 18 De Bac e Marrone NUOVA GRAFICA, NUOVO QUATTRORUOTE Edizione speciale de LA NOTTE DEI PUBBLIVORI IL DVD “AUTOSPOT”, UNA RACCOLTA DI SPOT SULL’AUTO DA TUTTO IL MONDO In collaborazione con 9 771120 498008 040529CO001NACS Quattroruote + DVD a solo10,00 € Solo Quattroruote 4,20 € IN PRIMO PIANO Corriere della Sera LA DIVERSIFICAZIONE SABATO 29 MAGGIO 2004 IL RAPPORTO CON LE BANCHE Alla guida di Ifi e Ifil, Umberto Agnelli ha diversificato le attività del gruppo nell’alimentare (Danone, Galbani, Saint Louis), nel turismo (Club Med, Alpitour), nella finanza (partecipazioni in Telecom e San Paolo Imi), gestendo anche il riassetto della Rinascente. LA CASSAFORTE Nel maggio 2002 il gruppo ha ottenuto da Capitalia, UniCredit, Banca Intesa e San Paolo Imi, un prestito «convertendo» da 3 miliardi di euro che a settembre 2005 può essere convertito in azioni Fiat Le attività della famiglia sono controllate attraverso la Giovanni Agnelli & C. S.a.p.a. Alla presidenza salirà probabilmente Gianluigi Gabetti, attuale vicepresidente dell’accomandita e dell’Ifi, presidente dell’Ifil, nonché uomo di fiducia della famiglia torinese. La battaglia per il futuro al bivio delle banche L’ A SSETTO La «cassaforte» di famiglia preparerà la successione Il prestito da 3 miliardi e la scadenza fissata nel 2005 L’accordo con la General Motors e il diritto a vendere Gabetti e Susanna Agnelli, due ipotesi per la presidenza dell’accomandita che riunisce gli azionisti della famiglia se più conveniente avere piena autonomia, anche al punto di ripensare l'investimento nell'auto. E da accettare invece l'accordo con la General Motors, Soltanto nel 1998, rassicurati dai bilanci sostenuti dalle che lasciava a lui e ai suoi successori la scelta di conservare vendite della Punto e dalla rottamazione, gli Agnelli ruppeo di cedere la storica attività grazie all'ormai celebre put ro quel rapporto di ferro. Ma non avendo né venduto l'auto né investito abbaoption. Dopo di lui, la nuova generazione dovrà rileggere il proprio sistema di interessi, ma non è detto che questi si stanza, si sono ben presto ritrovati con i conti in rosso e le banche sulla porta di casa: non più Mediobanca che in leghino alle stesse ambizioni dell'Avvocato. Umberto aveva l'età, la formazione professionale, l'espe- verità aveva segnalato il pericolo fin dal 2000, ma le otto rienza e le relazioni per poter esercitare la leadership. Nei banche, che nel 2002 hanno erogato il prestito converten488 giorni della sua presidenza, ne ha dato più di una pro- do di 3 miliardi, un'obbligazione speciale che, nel caso di va: quando ha sbloccato la vendita di alcune partecipazio- mancato rimborso nella seconda metà del 2005, si trasforni assai preziose come Toro e Fiat Avio e, soprattutto, merà in capitale. La differenza, rispetto al 1998, è che questa volta agli quando ha convinto i familiari a sottoscrivere l'aumento di capitale della società in accomandita per azioni Giovanni Agnelli l'intervento delle banche non dispiacerebbe, anche Agnelli & C., propedeutico alla ricapitalizzazione della se comporterebbe una certa diluizione della loro partecipaFiat. Senza queste azioni la Fiat non avrebbe avuto l'ossige- zione in Fiat: scendere dal 30 al 22% con le banche al 27% — no per tentare la risalita. Averle decise ha il significato di questo sarebbe l'effetto teorico calcolato ai valori correnti un'assunzione di responsabilità, anzi di un'inversione di — non sarebbe certo una tragedia, visto che le clausole del rotta dopo il declino degli investimenti favorito dall’accor- convertendo di fatto impongono un robusto sovrapprezzo do con la Gm, che era stato presentato come un paracadu- ai nuovi soci. Ma le banche recalcitrano. Solo Unicredito e Sanpaolo Imi hanno cote da non aprire mai e in minciato ad accantonare realtà gestito come una fondi per far fronte alla mivendita a termine. nusvalenza che dovranno A questo ripensamento registrare al momento delhanno contribuito gli avla conversione. Le altre atvertimenti degli americatendono. ni poco propensi ad accolA differenza di Mediolarsi la Fiat Auto senza banca, che aveva la cultuun’adeguata dote. Ma ra per acquisire partecipaquel che conta, alla fine, è zioni e potere nei grandi che la Fiat Auto è rimasta gruppi, le banche italiane alla Fiat e che la Fiat sta recalcitrano. Nonostante provando a risanarla. La la riforma del 1993 le abstrada è in salita. Il Cenbia avviate sulla strada tro ricerche, che non ha della banca universale, la mai smesso di funzionare, loro anima rimane ancora lavora a pieno ritmo e prevalentemente coml'amministratore delegamerciale. to Giuseppe Morchio non Non si sentono pronte intende ripetere gli errori del passato quando due LINGOTTO Il quartier generale della Fiat al Lingotto di Torino a recitare una parte analoga a quella delle consorelbrevetti dell'importanza del common rail e del multi-jet vennero ceduti alla Bosch e le tedesche. E la Fiat è una responsabilità da far tremare i alla Fiat-Gm Powertrain anziché essere sfruttati in pro- polsi. Anche se Morchio dovesse farcela. La famiglia Agnelli è oggi, in realtà, un agglomerato di prio come arma competitiva. Ma la Fiat Auto, se il piano verrà rispettato, andrà a posto nel 2006. È una traversata famiglie. Jaki Elkann, ventottenne erede di Giovanni nel deserto con i trattori e i veicoli industriali che, a un cer- Agnelli, esprime il 31% dei voti dell'accomandita e può aspito punto, dovranno pompare denaro per turare le ultime rare alla leadership. L'accomandita, l'Ifi e l'Ifil hanno cassa e partecipazioni liquidabili per circa 4 miliardi di euro, ma falle della grande malata. A dicembre, la trattativa con Gm per cancellare il put in chi ragionasse in termini di mero ritorno dell'investimento cambio di soldi potrebbe procurare quell'ulteriore riserva difficilmente oserebbe reinvestirne nell'auto. Esistono, è di cassa necessaria a fronteggiare eventuali sorprese del vero, case di grande successo a maggioranza familiare come Peugeot-Citroen e Bmw, ma queste non hanno perso il mercato. La battaglia per la sopravvivenza è dunque in pieno svol- treno degli anni Novanta. Alle banche tocca ora decidere gimento. Grazie all'impulso che Umberto ha dato. Rimane se giocare in modo nuovo il ruolo che fu di Mediobanca acinvece aperta, se Morchio ce la farà, la questione della pro- canto agli Agnelli o se invece trovare la strada per liberarsi spettiva che coinvolge gli assetti societari e le strategie in- del problema. In un recente passato, quando Umberto aveva cercato dustriali. Giovanni e Umberto coltivavano idee diverse sul rappor- di portare Enrico Bondi alla guida della Fiat, le banche to della famiglia con l'azienda e le banche. Giovanni ha ac- fecero valere il loro diritto di veto: volevano evitare che, cettato di condividere il potere con Mediobanca, che ha dietro Bondi, rientrasse di nuovo nella stanza dei bottoni più volte bloccato l'ascesa al vertice di suo fratello soste- di Torino la Mediobanca allora guidata da Vincenzo Manendo, invece, la posizione di Cesare Romiti, per anni am- ranghi. Oggi il delfino di Cuccia è in pensione. Ma la Fiat ministratore delegato e infine presidente della Fiat. Per resta un patrimonio del Paese, prima ancora che dei suoi l'Avvocato, Mediobanca era la banca di casa, destinataria azionisti. Massimo Mucchetti di una relazione privilegiata. Umberto, invece, credeva fosSEGUE DALLA PRIMA L’azienda affidata a Morchio, il «nuovo Valletta» Il manager che sta traghettando il gruppo verso il risanamento mentre cresce la nuova generazione degli Agnelli di 1,8 miliardi rimane pur sempre un «buco» im- plicata che a volte lo stesso Avvocato e lo stesso portante. E, anche se i primi mesi del 2004 con- Umberto, con il loro carisma e il loro ascendenfermano che la svolta c'è e la velocità di uscita te, faticavano a tenere insieme, ci vuole anche dalla crisi è in accelerazione, «non parleremo di esperienza, ci vuole anche qualche anno in più. obiettivo raggiunto fino a che non ricomparirà Non a caso, per la presidenza sia dell’accomanl'utile». dita che dell'altra cassaforte, l'Ifi, si parla del viAgnelli era il primo a sottolinearlo. Agnelli an- cepresidente Gianluigi Gabetti, lo storico mache a questo ha pensato, e ne parlava con chi gli nager della famiglia cui Umberto aveva già affiera vicino, quando gli è stato diagnosticato il dato l'Ifil. cancro. Sapendo benissimo quali implicazioni Ma Giovanni Agnelli C., Ifi, Ifil, sono finanziaavesse, quali conseguenze avrebbe potuto ave- rie. Fiat, il primo gruppo industriale del Paese. re per il gruppo, già solo l'annuncio della malat- Molto più «sensibile» ai problemi aperti dalla tia. L'aveva tra l'altro vissuto direttasuccessione. E la vera questione è: mente, quando, a essere colpito da quanto sarà forte, ora, l'azionista di un tumore, fu l'Avvocato. Incertezze, «Non parleremo di riferimento? Chi il catalizzatore? E ci dubbi, sbandamenti, speculazioni sarà, o l'identificazione automatica obiettivo centrato Fiat-Agnelli è destinata a diminuire? sui titoli. Con, però, una prima grossa differenza: dopo l'Avvocato, c'era E che sarà del put con Gm, che va rifinché non comunque Umberto. Nessuno sapenegoziato entro l'anno? va se ne avrebbe davvero preso il poIl terreno per parare i primi, possicomparirà l’utile» sto al Lingotto, molti pensavano anbili contraccolpi legati a queste incercora che si sarebbe disimpegnato tezze, l'hanno preparato da un lato lo dall'auto. Ma c'era. Sarebbe stato comunque il stesso Umberto e dall'altro le banche. Gli istitusuccessore. E il punto di riferimento della fami- ti di credito partner del risanamento, o almeno glia-azionista. Sulla cui unità c'erano molti dub- alcuni, hanno già annunciato o fatto capire di esbi che però lui, da subito, ha cancellato. Dimo- sere pronti a convertire il debito Fiat in azioni. strando di essere leader a tutti gli effetti. Che è come mettere in guardia da eventuali Oggi, il leader — l'ultimo — non c'è più. Altri scorribande borsistiche: attenzione, l'ombrello forse arriveranno. Ma non c'è, tra gli Agnelli suc- c'è. Umberto, da parte sua, anche quando niencessori diretti, una generazione di mezzo. Ci so- te faceva pensare a una malattia, aveva già diseno «i ragazzi», John Elkann innanzitutto, il nipo- gnato una Fiat che potesse fare a meno di un te-erede dell'Avvocato, o lo stesso Andrea, il fi- Agnelli presenza costante ai vertici. Soprattutglio di Umberto. E cresceranno, certo, ma oggi to dal lato gestionale. non sono ancora trentenni: per costruire una La conversione del prestito farebbe delle banleadership, per «governare» una famiglia com- che i nuovi soci di riferimento del Lingotto: 040529CO009NACB «Gli ho detto: "sì, guarda, lo faccio". L’ho visto così contento, mi ha ringraziato in un modo talmente umano che non lo scorderò mai». Con queste parole Umberto Agnelli aveva raccontato, lo scorso anno, di quando aveva ceduto alle richieste del fratello Giovanni, ormai gravemente ammalato, e di aver sciolto i suoi dubbi accettando di tornare alla guida della Fiat. Ma Umberto era di sicuro consapevole che quella decisione significava qualcosa di più: raccogliere il testimone di leader della dinastia Agnelli. E così la mattina del 24 gennaio 2003, quando l’Avvocato era morto soltanto da poche ore, fu sufficiente una breve riunione della società di famiglia, la Giovanni Agnelli & C. S.a.p.a., per sancire un passaggio senza soluzione di continuità. Quello stesso giorno la «S.a.p.a.» (letteralmente, «società in accomandita per azioni») prese anche I BANCHIERI un’iniziativa mai assunta dall’anno della sua creazione, il 1987, deliberando un aumento di capitale da 250 milioni di euro. Insomma, casa Agnelli si ricompattava intorno a Umberto, nominato presidente dell’accomandita, e lanciava al mondo esterno «Umberto Agnelli un segnale chiaro: quello lascia una testimodi essere pronta a sostenenianza di grande re con i fatti il rilancio delsenso di responsabil’auto. lità verso la società Sedici mesi sono passacivile e il mondo proti da allora, e parecchie coduttivo: un'eredità se sono cambiate anche che dovrà essere all’interno della società di raccolta e continuafamiglia, che ora si trova ta». Così Giovanni senza una guida riconoBazoli, il presidente sciuta. Fu l’Avvocato a vodi Banca Intesa, il lerla per creare una sorta maggiore istituto di di patto di sindacato, evicredito del Paese, tando dispersioni e intruha ricordato il presisioni sgradite, e al fine di dente della Fiat. assicurare futuro e benes«È soprattutto nesere a tutti i discendenti gli ultimi tempi che del fondatore della Fiat. ho avuto modo di Il suo patrimonio? Doapprofondire la sua po il riassetto portato a conoscenza — ha agtermine l’anno scorso, la giunto Bazoli —. cassaforte controlla il Ma anche in prece100% del capitale dell’Ifi e denza avevo potuto il 70% della francese Exor. verificare quelle Ha in portafoglio il 62% di qualità di concretezIfil: che se da una parte siza sul piano operatignifica Juventus (62%), vo e di stile e digniWorms (53%), metà della tà sul piano umano, Rinascente, Alpitour, e che lo contraddiuna piccola quota di Club stinguevano». Med (7%) e SanPaolo-Imi Per Enrico Salza, (4,8%), si traduce sopratpresidente del gruptutto nel 30% della Fiat. po bancario torineA oggi i suoi soci, i cosidse, il Sanpaolo Imi, detti «accomandatari», ri«con Umberto sultano essere circa un’otAgnelli se ne va uno tantina, divisi nei vari radegli ultimi rappremi. Al termine dell’aumensentanti che hanno to del 2003, al quale non guidato la crescita tutti gli azionisti hanno ridel nostro Paese. sposto allo stesso modo, Era un uomo speciail capitale era diviso tra le e mi mancherà. È gli eredi di Giovanni una grave perdita Agnelli (31,87%), Umberper Torino che si to Agnelli e figli (9,92%), trova adesso priva Susanna (6,99%), Clara di un importante punto di riferimen(1,41%), Maria Sole to». (11,18%) e Cristiana (0,05%), anche queste ultime con i rispettivi figli. Seguiva poi il ramo dei Nasi: gli eredi di Laura con l’8,65%, di Giovanni con il 9,38%, di Emanuele con il 3,93%, mentre Clara Nasi con figli e nipoti possedeva il 6,83%, e altre fiduciarie il 9,79%. Il timone è in mano a un consiglio degli «accomandatari», una specie di consiglio di amministrazione che l’Avvocato aveva modellato quasi a sua discrezione, riservandosi un diritto di veto su ogni decisione. Un potere esclusivo, modificato solo di recente a favore di un più morbido voto determinante del presidente in caso di parità. Proprio questo ristretto vertice negli ultimi due anni ha subito grandi rivolgimenti: scomparsi Carlo Camerana, l’Avvocato e Umberto Agnelli, usciti Paolo Fresco e Gabriele Galateri (diventato presidente di Mediobanca), il consiglio è ora ridotto a quattro persone: il vicepresidente, il settantanovenne Gianluigi Gabetti, con Tiberto Brandolini d’Adda (figlio di Cristiana Agnelli, 56 anni, entrato lo scorso dicembre), più i due «giovani»: il trentenne Alessandro Nasi e il ventottenne John Philip Elkann, detto «Jaki». È verosimile che in prospettiva sarà su di lui, sul «delfino» scelto dal nonno Giovanni, che si concentrerà l’attenzione in vista della successione e dell’assunzione della leadership familiare. Ma la giovane età, malgrado le numerose esperienze fin qui accumulate, potrebbe condurre nell’immediato a una scelta transitoria, come una sorta di tutela da parte del decano del gruppo, Gianluigi Gabetti, ovvero il manager dei momenti più delicati, da sempre vicino alle sorti della dinastia torinese. Stefano Agnoli Bazoli:unesempio perla societàcivile Salza:perditaperTorino L E S TRATEGIE MILANO — «Questa è stata la nostra storia. Questo sarà il nostro futuro». Era una Fiat tecnicamente fallita, quella che Umberto Agnelli raccolse il 28 febbraio 2003. Zavorrata dall'auto, «la nostra storia». E dai debiti accumulati per una diversificazione rivelatasi suicida. Il bilancio non era più un normale rendiconto profitti-perdite: era una voragine. Economica. Finanziaria. E manageriale: in meno di un anno, tra luglio e dicembre 2002, Torino aveva cambiato tre amministratori delegati. Giuseppe Morchio, lì sul ponte di comando con Agnelli, quel 28 febbraio 2003, era il quarto. Il nuovo vertice garantiva innanzitutto una stabilità senza la quale nessun tentativo di risanamento sarebbe stato possibile. Subito dopo, con l'azionista di nuovo impegnato in prima persona e deciso a mobilitare le risorse della famiglia, veniva la promessa: «Rilanceremo». Non sapevano in realtà, Agnelli e l'uomo che aveva voluto al suo fianco, se ce l'avrebbero fatta. Messa mano, per prima cosa, ai conti, scoprirono che nemmeno la più pessimistica delle previsioni si avvicinava al vero. Non erano possibili maquillage. E la brutale pulizia diede queste dimensioni alla voragine: 4,2 miliardi. Un anno dopo, alla chiusura del bilancio 2003, Agnelli e Morchio dovevano frenare chi (governo in testa) guardando i dati diceva: «La Fiat è fuori dal tunnel». Frenavano perché, fuori dal tunnel, la Fiat in realtà non c'era (non c'è) ancora. Il progetto di risanamento avviato dall'amministratore delegato nel luglio 2003 presentava, sì, i primi considerevoli risultati. A partire dalla drastica riduzione delle perdite. Ma un «rosso» 9 avrebbero il 30%, più o meno, con la famiglia intorno al 22%. Un problema? Per niente, ha sempre detto Agnelli: «I legami azionari non sono immutabili. Non sarà un dramma se, un giorno, non saremo più il primo azionista». Lo ha detto da presidente Fiat. Lo pensava da molto prima: «Un giorno diventeremo azionisti. Azionisti e basta. Chiamati ad assolvere un ruolo fondamentale, ma non più esclusivo». Su questa convinzione, Agnelli ha costruito la «sua» Fiat. Il cui presupposto è semplice: se un socio forte è importante, essenziale è poi avere una gestione altrettanto forte, affidata ai manager. Giuseppe Morchio è stata la scelta. E si è rivelata quella giusta. Non ha solo firmato il piano che fa sperare in una Fiat di nuovo solida. Ha creato una vera squadra. Che aveva in Agnelli il punto di riferimento sicuro. Ma che, già durante la malattia del presidente, ha dimostrato di avere chiari i propri compiti e di volerli mandare avanti con ancora maggiore determinazione. Così come Morchio, un forte dolore privato per il dramma dell'uomo al cui fianco, da 15 mesi, lavorava alla costruzione della «nuova Fiat», professionalmente ha fatto quel che ci si aspettava da lui: garantire il pieno e saldo controllo dell'azienda. Se il Lingotto non ha sbandato troppo, nell'ennesima difficile situazione, lo si deve a lui. Del quale, non a caso, si parla come del «nuovo Valletta»: il possibile traghettatore della Fiat alla nuova generazione Agnelli. Anche se il primo cognome della famiglia-azionista, ora, sarà Elkann. E anche se, con buona probabilità, ci saranno le banche in cima al libro soci. R. Po. 040529CO009NACB