Recensione - accademia degli intronati

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Recensione - accademia degli intronati
BULLETTINO SENESE DI STORIA PATRIA, 117, 2010
ERMINIO JACONA, Figlie del piacere e proletariato urbano. Siena tra Napoleone e la Restaurazione (1814
– 1816, pref.di Patrizia Turrini, Siena, Pascal editrice, 2009, pp. 197.
Con il suo Figlie del piacere e proletariato urbano. Siena tra Napoleone e la Restaurazione (1814 – 1816),
Erminio Jacona racconta, sullo sfondo della ‘grande storia’, tante ‘piccole storie’, lontane e
quasi escluse dalla prima ma legate tra loro da un unico e rilevante filo rosso.
Nei mesi concitati che caratterizzarono l’Europa del crepuscolo e del definitivo tramonto di
Napoleone, anche la città di Siena cerca, tra un presente sfuggente ed un futuro ancora più
incerto, di restaurare non soltanto le forme della vita politica ed istituzionale, ma anche di ridare
alla città un nuovo ordine morale: proprio a questo spirito è da ricollegare la vicenda da cui
prende le mosse Figlie del piacere e proletariato urbano.
Punto di partenza del lavoro di Jacona è costituito da una serie di “atti economici”, ed in
particolare da un fascicolo datato luglio-settembre 1815, attraverso cui il Governatore di Siena
Giulio Bianchi Bandinelli si apprestava ad eseguire alcune disposizioni in materia di ordine
pubblico provenienti dal Presidente del Buon Governo Aurelio Puccini: da Firenze il Puccini,
venuto a conoscenza dei “disordini che accadono per opera di donne scostumate e di ragazzi
scapestrati” – essendo il libertinaggio delle prime causa di infezioni sanitarie (e morali), e
l’atteggiamento dei secondi origine di furti e bestemmie – intimava il Governatore e
Luogotenente generale ad avviare una pulizia morale della città avvalendosi degli strumenti
offerti dalla giustizia cosiddetta “economica”. Tale tipo di amministrazione giudiziaria, parallela
a quella ordinaria, si caratterizzava da quest’ultima tanto per la quantità e qualità delle pene
irrogate (limitate rispetto a quella ordinaria), quanto per le garanzie riconosciute all’imputato,
anch’esse a loro volta contenute al punto da permettere l’adozione di provvedimenti restrittivi
sulla base di semplici sospetti.
Il lavoro di Jacona non si limita tuttavia semplicemente a riproporre le vicende giudiziarie di
alcune “figlie del piacere”, testimoni inconsapevoli dei più clamorosi avvenimenti della storia
europea. Particolare è sicuramente il modo in cui entrambe le vicende (della ‘grande’ e della
‘piccola storia’) vengono trattate. Innanzitutto la ‘grande storia’: sconfitta di Napoleone,
Congresso di Vienna, fuga dell’Imperatore dall’Elba, disfatta di Waterloo appaiono nella
“piccola storia” giudiziaria come echi lontani ed incerti e tuttavia rilevanti, attraverso le parole
di un testimone d’eccezione: il Diario Senese compilato da Antonio Francesco Bandini tra il
1785 ed il 1838.
Oltre ad attingere dal Diario Senese Jacona compie anche il passo successivo affidando allo
stesso Bandini, tra verità giudiziaria e immaginazione, l’onere di raccontare le vicende narrate
nel Diario. In un ideale dialogo con l’autore, Anton Francesco Bandini, già Priore della
contrada della Tartuca, si preoccupa di rendere edotto l’autore stesso (e quindi il lettore) delle
più generali vicende senesi ed europee accadute parallelamente alla svolgersi dei fatti giudiziari.
Così da un lato il Bandini partecipa con l’autore al dipanarsi dei processi, dall’altro i funzionari,
i magistrati (il Governatore Bianchi, l’Auditore fiscale Cerboni, il cancelliere Zaccheri, ecc.) e
gli stessi imputati, con i loro tratti caratteristici ed il loro carico di passioni e problemi,
‘prendono vita’ e si agitano, i primi per le vicende della ‘grande storia’, gli altri per quelle della
‘piccola storia’ a cui il loro destino è legato: le dichiarazioni rese in sede processuale (ricavate
dagli atti economici) dagli imputati diventano i testi di un’immaginaria opera teatrale che
conserva poco o nulla del mondo della fantasia. Se infatti si togliesse “un po’ di divertimento a
tutta questa nostra storia rimarr[ebbe] solo una grande, tragica tristezza” (p. 69).
Come ha notato Patrizia Turrini nella sua prefazione all’opera, la struttura stessa del lavoro, il
“gioco” cioè di “spalmare alcune sue notizie come finto dialogo, su personaggi veri” (p. 82)
risente senza dubbio della formazione culturale dell’autore, Archivista di Stato – sino al 1998 –
con la passione per il teatro e per la storia del teatro – pubblicando sull’argomento, per gli
stessi tipi, Siena tra Melpomene e Talia: storie di teatri e teatranti (2003) e Il Saloncino. Storie, vicende,
aneddoti di un teatro senese, 1631-1827 (2007).
DOMENICO PACE