Analisi critica del discorso Critical Discourse Analysis (CDA)

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Analisi critica del discorso Critical Discourse Analysis (CDA)
Analisi critica del discorso
Critical Discourse Analysis (CDA)
•  Adotta il termine discorso nell’accezione di uso del linguaggio in
quanto parte della vita sociale
•  Pone al centro della ricerca la relazione tra potere e discorso
•  Si occupa del discorso pubblico e in particolare dei media: testi non
letterari ma di rilevanza sociale
•  Studia come i media costruiscono le espressioni, le argomentazioni,
la gerarchia degli argomenti che vanno a formare i giudizi diffusi sul
mondo
•  Analizza i rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare di
categorizzazione) e le pratiche di esclusione all’opera nei Paesi
occidentali: distribuzione non equa fra i diversi gruppi sociali delle
opportunità di dare senso
Matrice filosofica
Foucault (1926-1984)
L’archeologia del sapere (1969)
L’ordine del discorso (1971: 39)
«Quale civiltà ha avuto più della nostra rispetto per il discorso? Dove lo
si è meglio e più onorato? Dove lo si è, pare, più radicalmente liberato
dalle sue costrizioni e più universalizzato? Ora mi sembra che dietro
questa apparente venerazione del discorso, dietro questa apparente
logofilia, si celi una sorta di timore […]. C’è sicuramente nella nostra
società, e immagino in tutte le altre, per quanto con un profilo e
scansioni diverse, una profonda logofobia, una sorta di sordo timore
contro questi eventi, contro questa massa di cose dette, contro il
sorgere di tutti questi enunciati, contro tutto ciò che ci può essere, in
questo, di violento, di discontinuo, di battagliero, di disordinato e di
periglioso, contro questo brusio incessante e confuso del discorso.»
•  Prospettiva post-strutturalista
•  Critica dell’idea denotativo-referenziale del linguaggio
•  Critica dell’idea del soggetto parlante
•  Il discorso è una costruzione della realtà (non è uno specchio di
ideologie e conoscenze)
•  Il linguaggio è l’insieme dei discorsi che vengono pronunciati e scritti in
un determinato momento storico
•  Legame tra discorso e potere: l’ordine del discorso, in quanto delimita lo
spazio del dicibile, non è solo espressione del potere ma generatore di
potere: “Come per la magia, le parole non hanno un senso, hanno un
potere; un potere che è inversamente proporzionale al loro senso”.
(Reboul, Langage et idéologie, 1980)
•  La questione alla quale l’analisi del discorso deve rispondere è la
seguente: in che modo, nelle società occidentali moderne, la produzione
di discorsi cui si è attribuito un valore di verità è legata ai vari
meccanismi e istituzioni di potere? (Foucault 1976, p. 8).
Le parole e le cose
•  Ogni discorso costruisce gli oggetti di cui parla, le modalità secondo
cui parlarne, i concetti attraverso cui organizzarsi.
•  L’analisi del discorso ha mostrato che il senso non è in ciò che gli
enunciati ‘dicono’. Il discorso implica una lettura seconda che è quella
del senso interno, delle modalità della sua produzione, delle
condizioni della sua emergenza e delle possibilità del suo
riconoscimento.
•  Il senso è altrove, non in ciò che è detto ma nelle forme di potere che
hanno costituito il discorso. Il significato reale risulta sfasato rispetto
al luogo dell’enunciato (Cfr. Paolo Veronesi, Introduzione a Foucault:
il potere e la parola, Zanichelli, 1978: 11-12).
Discorso e potere
«Con potere non voglio dire il ‘Potere’, come insieme di istituzioni e di
apparati che garantiscono la sottomissione dei cittadini in uno Stato
determinato. Con potere non intendo nemmeno un tipo di
assoggettamento, che in opposizione alla violenza avrebbe la forma
della regola. […] Con il termine potere mi sembra si debba intendere
innanzitutto la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo in
cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione; il gioco che
attraversa scontri e lotte incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte;
gli appoggi che questi rapporti di forza trovano gli uni negli altri […] le
strategie infine in cui realizzano i loro effetti, ed il cui disegno
generale o la cui cristallizzazione istituzionale prendono corpo negli
apparati statali, nella formulazione della legge, nelle egemonie sociali
[…] il potere è dappertutto; non perché inglobi tutto ma perché viene
da ogni dove» (Foucault, La volontà di sapere (1976), Feltrinelli,
1996:81-82)
Cfr. Roland Barthes
«Noi abbiamo creduto che il potere fosse un oggetto eminentemente politico;
oggi crediamo che esso sia anche un oggetto ideologico, che si insinua dove
non risulta facile individuarlo di primo acchito (nelle istituzioni,
nell’insegnamento), ma che in definitiva continui ad essere sempre uno solo.
[…]; ovunque, in ogni dove, vi sono capi, centri di potere, siano questi
imponenti o minuscoli, gruppi di oppressione o di pressione; ovunque si odono
voci “autorizzate”, che si autorizzano a farsi portavoce del discorso di ogni
potere: il discorso dell’arroganza. Ecco allora intuiamo che il potere è presente
anche nei più delicati meccanismi dello scambio sociale: non solo nello Stato,
nelle classi, nei gruppi, ma anche nelle mode, nelle opinioni comuni, negli
spettacoli, nei giochi, negli sport, nelle informazioni, nei rapporti familiari e
privati, e persino nelle spinte liberatrici che cercano di contestarlo: io chiamo
discorso di potere ogni discorso che genera la colpa, e di conseguenza la
colpevolezza, di colui che lo riceve […] il potere è il parassita d’un organismo
trans-sociale, legato all’intera storia dell’uomo, e non solamente alla sua storia
politica, storica. Questo oggetto in cui, da che mondo è mondo, s’inscrive il
potere è: il linguaggio – ovvero, per essere più precisi, la sua espressione
obbligata: la lingua» (Lezione (1978), 1981:6-7)
Scuola francese
•  Indirizzo analitico: ricerca di segnali linguistici (parole
chiave, schemi sintattici, eufemismi, ellissi) nel linguaggio
politico e nelle pratiche sociali, intesi come rivelatori di
strategie mistificanti e ideologie soggiacenti al linguaggio.
•  Indirizzo integrativo: qui il discorso non è visto come la
manifestazione di una idea nascosta, ma come una
pratica che rende possibile la comparsa di determinati
oggetti di discorso (cfr. Antelmi, Analisi del discorso in
Italia. Una rassegna, «Italienisch», 65, 2011, 87-98).
Scuola di Londra
approccio socioculturale
•  N. Fairclough rinvia al modello di Foucault. Ogni evento discorsivo è
al tempo stesso testo (contenuto, struttura e significato), pratica
discorsiva (forma di interazione discorsiva) e pratica sociale (contesto
in cui l’evento discorsivo ha luogo). Le pratiche discorsive sono
forme specifiche di pratica sociale, che si legano ad altre forme di
attività sociali.
Fairclough, N., Critical Discourse Analysis, London, 1995
Fairclough, Language and Power, London, 2001
Fairclough, Language and Globalization, London 2006
Chouliaraki & Fairclough, Discourse in Late Modernity: Rethinking
Critical Discourse Analysis, 1999
Esercizio del potere attraverso il discorso
Fairclough 2001 riprende la distinzione tra due forme di potere:
•  potere che agisce per via coercitiva (in maniera esplicita o subdola)
•  potere che opera attraverso il consenso, cioè un’acquiescenza più o
meno generalizzata (distinzione formulata da Gramsci).
Nell’esercizio del potere attraverso il consenso i discorsi e il linguaggio
sono determinanti (es.: rilevanza della ripetizione).
I meccanismi di esercizio del potere sono essenzialmente tre:
•  Adozione di pratiche e discorsi universalmente accettati e seguiti
perché nessuna alternativa sembra possibile
•  Imposizione di pratiche attraverso un esercizio del potere nascosto
•  Adozione di pratiche che vengono adottate attraverso un processo di
comunicazione razionale.
Livelli d’analisi
della scuola socioculturale
•  «Ordini del discorso»: pratiche comunicative proprie di una istituzione
(scuola, azienda, ospedale ecc.),
•  Generi (pratiche comunicative proprie di una certa attività, p. es. colloqui
di selezione, comunicati stampa, ecc.),
•  Intertestualità (posizione di un testo in una rete di testi a cui reagisce e
che nello stesso tempo trasforma) (Fairclough e Wodak, Critical
Discourse Analysis, in T.A.van Dijk, ed., Discourse as social interaction,
Sage, 1997: 262).
•  Oggetto dell’analisi socioculturale
Rapporto tra gli atti comunicativi dei singoli attori sociali e strutture sociali più
ampie come le classi e le organizzazioni.
Scuola di Amsterdam (Teo van Dijk)
approccio sociocognitivo
Il discorso giornalistico non è solo un testo ma anche un atto sociale dai risvolti
pragmatici, la cui analisi richiede sia una descrizione delle strutture testuali della
notizia, sia una descrizione dei processi di produzione e di selezione del discorso in
situazioni comunicative e in contesti sociali (Cardinale, Manuale di scrittura
giornalistica, 2011:150)
Le interazioni tra individui all’interno delle strutture sociali si presentano in forma di
testi-discorsi che ricevono una interpretazione da parte dei soggetti attraverso un
sistema cognitivo individuale.
In ogni discorso si riflettono i modelli mentali dell’individuo (di qui la centralità
assegnata al concetto di intenzionalità e alla teoria degli atti linguistici) e le
rappresentazioni sociali (atteggiamenti e ideologie) del gruppo di riferimento.
Ogni discorso è compenetrato dalla ideologia, intesa come struttura dei valori e degli
interessi che danno forma alle nostre rappresentazioni della realtà.
Diversamente dalla prospettiva socio-culturale, centrata sulla interazione, l’approccio
cognitivo è centrato sulla mente.
Scuola di Vienna (Ruth Wodak)
approccio storico-discorsivo
Sguardo illuminista sulle pratiche discorsive nelle società contemporanee.
Rifiuta esplicitamente “le teorie foucaultiane e postmoderne del discorso e del
potere, in quanto reificano o personificano la lingua e il discorso come attori
autonomi, collusivi, che guidano i parlanti e tengono le redini” (2003: 262).
Rifiuta anche l’impostazione sociocognitivista di van Dijk. Il riferimento
teorico è alla teoria critica della scuola di Francoforte e di Habermas. Altre
matrici: tradizione della linguistica sistemica funzionale di Halliday, retorica
classica e moderna, teoria dell’argomentazione (Toulmin e Perelman).
Orientamento etico-pratico finalizzato alla formulazione di proposte di
intervento concreto per il miglioramento della comunicazione istituzionale e
pubblica.
Oggetto di indagine: problematiche di identità e di genere, costruzione di
soggetti collettivi (immagine dello straniero, etnia, nazione), ecc. Vedi: M.
Reisigl e R. Wodak, Retorica del razzismo e dell’antisemitismo (2001), in S.
Giannini e S. Scaglione, Introduzione alla sociolinguistica, Carocci, 2003.
Presupposti epistemologici del modello storicodiscorsivo
a) Il linguaggio è il medium centrale della organizzazione democratica e
il libero scambio discorsivo pubblico di interessi, desideri e punti
di vista è vitale in una società democratica moderna a struttura
decentrata;
b) La qualità dell’azione legislativa e amministrativa è fortemente
condizionata dal tipo di processi discorsivi e comunicativi pubblici,
con cui si informa il cittadino e se ne creano o orientano le
opinioni e la volontà (Habermas, L’inclusione dell’altro. Studi di
teoria politica (1996), Feltrinelli 1998)
c) Rilevanza della teoria dell’argomentazione razionale e della
risoluzione discorsiva del conflitto (S. Benhabib), che si fonda sui
concetti di deliberazione e di discorso.
Livelli di analisi del modello
storico-discorsivo
•  Campi d’azione
cornici di perimetro esterno e di contesto, segmenti della specifica realtà della
società (es.: formazione dell’opinione pubblica, emanazione delle leggi,
macchina pubblicitaria, ecc.).
•  Genere
modo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connessione con un
particolare tipo di attività sociale (livello immediatamente superiore a quello
del testo, prima cornice testuale); governa le modalità di codificazione del
testo, secondo criteri di adeguatezza pragmatica.
•  Testo
interpretato nel significato corrente della linguistica pragmatica come il
prodotto materialmente durevole di un’azione linguistica (atto individuale in
cui il discorso si manifesta) e ricondotto nel contempo alla accezione
transduttiva della pratica semiotica (il testo è anche prodotto della ricezione
che il pubblico esercita attivamente ogni volta che legge, ascolta o osserva
un insieme di enunciati).
Esempio1
Campo d’azione: formazione della pubblica opinione e
autopresentazione
•  Generi
•  Comunicati stampa
•  Conferenze stampa
•  Interviste
•  Talk show
•  Tavole rotonde
•  Articoli
•  Libri
•  Discorsi istituzionali
•  Ecc.
Esempio2
Campo d’azione della propaganda politica
•  Generi
•  programmi elettorali,
•  slogan,
•  discorsi in campagna elettorale,
•  manifesti,
•  opuscoli,
•  propaganda a mezzo posta,
•  dibattiti televisivi,
•  ecc.
Linguaggio come semiotica sociale
(Halliday, 1978, tr. it. 1983)
Duplice funzione del linguaggio
•  Riflettere sulle cose
•  Agire simbolicamente (sulle persone)
L’individuo membro di una società è una persona che significa, esprime
significati e attraverso questi atti di significazione la realtà sociale viene
creata, mantenuta in buon ordine e continuamente rimodellata.
Modello di Halliday
!
Funzione
ideativa*!
!
Rappresentazione del mondo!
!
Categorizzazione linguistica e
nominalizzazione, sistema della
transitività (forme attive e passive
del verbo)!
!
Funzione
interpersonale!
!
Interazione verbale, relazioni di
ruolo, di potere, obbedienza ecc.!
!
Sistema semantico del modo
(affermazione, domanda,
ipotesi, per convincere,
minacciare, chiedere):
valutazione della probabilità
(certezza, possibilità)!
!
!
!
Funzione testuale! Organizzazione del messaggio dal Sistema semantico del tema:
punto di vista della informazione,
della tematizzazione e della
identificazione!
distinzione tra informazione
data o condivisa (tema) e
informazione nuova (rema)!
• Brown-Yule (Analisi del discorso (1983), il Mulino 1986, riprendendo il modello di Halliday,
parlano a questo proposito di funzione transazionale, mentre per la funzione definita da
Halliday interpersonale adottano l’espressione interazionale).
FUNZIONE IDEAZIONALE
Concetti classificatori e concetti relazionali
Rappresentare il mondo:
dare un nome alle cose
Il nome è ciò che rende noti gli oggetti e le cose (Isidoro di Siviglia).
Denominare qualcosa è un’operazione complessa e tutt’altro che ovvia: la
scelta di un significante non è mai innocente.
Nominare è il primo atto di conoscenza. Nominare significa assegnare un posto
nel mondo, dar rilevanza, talvolta creare le cose.
I nomi sono concetti classificatori, strumenti per identificare e significare un
referente (denotazione).
Uno stesso referente (es. Napoleone) può essere indicato con sensi differenti
(es. “il vincitore di Austerlitz” oppure “lo sconfitto di Waterloo”).
Il riferimento
concetto
simbolo
--------------------------------
referente
Cfr. Ogden e Richards, Il significato del significato, 1923
Nomi propri
•  Hanno valore identificativo: battaglia sui nomi nelle politiche identitarie
(caso recente di onomatizzazione negli Usa: monte McKinley > monte
Denali).
•  Valore semantico ed evocativo di emozioni e riferimenti storici e sociali,
soprattutto nel discorso mediatico (Auschwitz, Vietnam, Caporetto,
Maradona, ecc.);
•  Funzione mnemonica e tipizzante: battesimo di eventi (es. nomi degli
anticicloni: Caronte, Minosse, Hannibal, Lucifero, Apollo),
•  Funzione di propaganda politica (azioni di guerra: Neptune per lo sbarco in
Normandia parte dell’operazione Overlord, Desert Storm, Enduring
Freedom, Sirena ecc.: «assegnare il nome a una operazione di guerra è il
primo passo nell’apertura di un fronte»).
Nomi comuni
Orwell, Politics and the English Language (1946), 1968:
«Nella nostra epoca, il discorso e il testo politico sono largamente una
difesa dell’indifendibile. […]Il linguaggio politico, dunque, deve
consistere in massima parte in eufemismi, banalità e concetti vaghi e
fumosi. Villaggi indifesi sono bombardati dal cielo, gli abitanti trascinati
fuori nella campagna, il bestiame preso a cannonate, le capanne
messe a fuoco con munizioni incendiarie: questa è chiamata
pacificazione. Milioni di contadini sono rapinati delle loro fattorie e
mandati a trascinarsi lungo le strade con nulla di più di ciò che possono
portare sulla schiena: questo è chiamato trasferimento di popolazione o
rettificazione delle frontiere. […] Questa fraseologia è necessaria se si
vogliono nominare le cose senza richiamarne immagini mentali».
L’uso delle parole può consentire di eludere e mascherare certi aspetti
della realtà
Es.: bombardamenti chirurgici, bombe intelligenti, peace keeping ecc.
Viceversa, l’uso di un nome diverso può consentire anche di affrontare
diversamente una malattia.
•  Es.: Umberto Veronesi ha proposto di sostituire il termine carcinoma con
neoplasia per riferirsi a un tipo di lesione dei “dotti galattofori”, con la
motivazione che «la definizione di “carcinoma” è sproporzionata rispetto alla
realtà ed è soprattutto angosciante per la donna che la legge sul referto»; e
ha così precisato: «bisogna mettere in atto per queste forme una piccola
rivoluzione culturale che parta dal nome».
•  Vedi anche dibattiti su aborto, procreazione assistita, eutanasia o fine vita,
ecc.
Un altro fatto di cronaca recente conferma che la scelta del nome per riferirsi a
un evento non è un fatto neutro: una dipendente delle Ferrovie è stata ripresa
per aver usato in un annuncio ai passeggeri la parola «guasto» anziché
l’espressione prevista dai manuali dell’azienda: «controllo tecnico sulla
linea» (cfr. Antelmi 2006: 142).
Vedi la questione del “politically correct” (operatore ecologico, operatore
agricolo, collaboratore scolastico, mobilità ecc.).
Nome e soprannome
•  I nomi propri hanno comportamento autonomo rispetto alla categoria generale
del nome comune, dal punto di vista morfologico e sintattico. A causa del loro
valore referenziale specifico non sono sensibili alle categorie grammaticali del
genere e del numero e non subiscono, pertanto, variazioni morfologiche
desinenziali (Beccaria 1996:512)
•  Il nome proprio non è preceduto dall’articolo (tranne che nelle varietà
diatopiche settentrionali)
•  Il soprannome è l’assunzione di un nome comune (morfologicamente
variabile: genere, numero, caso) come nome proprio. Introduce una sfumatura
semantica espressiva, affettiva: livello patemico del discorso
•  Il ricorso al soprannome è tipico delle situazioni familiari e amicali (informali)
Saviano a Che tempo che fa, 25 marzo 2009
!
•  Bin Laden e ’o sceriffo controllavano gli affari!
•  In cella cugino del defunto ‘formaggino’!
•  Arrestato ’o cappotto!
•  Delitto Iovine,’o lupo e ‘o nasone in tribunale!
•  Carcere duro per Peppe,’o Padrino!
•  Blitz dell’arma da ’o mussuto dopo l’agguato a ’u urpacchiello, in
ballo il business del caffè!
"
Quotidiani citati da Saviano: «Cronache di Napoli» e «Corriere di
Caserta» (oggi «Cronache di Caserta»)."
""
Effetti di senso
•  Vivacizzazione
•  Punto di vista dell’amico, del familiare
•  Richiamo affettivo, patemico
L’enfatizzazione del livello emotivo varia nelle singole testate (è
maggiore in quelle locali, è maggiore nei quotidiani che ricorrono allo
stile soggettivante), ma non è mai completamente assente.
Sintagmi nominali definiti e indefiniti
•  Se preceduti da articoli determinativi sono definiti, se preceduti da articoli
indeterminativi sono indefiniti.
•  Hanno la funzione di creare una realtà: attivano la presupposizione
d’esistenza:
Es.: La Padania ha diritto a libere elezioni/ ha diritto alla autonomia fiscale
La presupposizione esistenziale del sintagma nominale può essere sfruttata a fini
ideologici per postulare l’esistenza di una entità immaginata. Se l’interlocutore non
controbatte immediatamente, se non reagisce al fatto che viene instaurato un simile
referente, assume come dato che questo sintagma nominale abbia un referente. E tutto
ciò che viene in qualche modo, apertamente o surrettiziamente, posto nel discorso,
nella sua prosecuzione viene ad essere presupposto, divenendo un pacchetto di
informazioni che, se non contestate, sempre più difficilmente possono essere poi
rifiutate.
•  Hanno anche una funzione generalizzante e stereotipizzante:
•  «Il gregge dei fannulloni»
Le presupposizioni d’esistenza conferiscono status di informazione scontata
all’esistenza di oggetti, situazioni o eventi a cui l’enunciato fa riferimento.
La presupposizione veicolata da un nome proprio o da un sintagma nominale
definito implica non solo l’esistenza ma anche l’unicità dell’oggetto indicato.
Nella stampa, la cronaca di attualità e quella politica, per non dover introdurre
sulla scena tutti i personaggi dell’evento ripetuto o ripercorrere eventi e
situazioni pre-esistenti, si avvale regolarmente di sintagmi nominali definiti.
Es.:
“Il governo algerino ha giudicato inaccettabile la presa di posizione
dell’Onu nei confronti dei recenti massacri in Algeria […]”.
“[…] Il metodo del professore Di Bella per la lotta contro il cancro è stato
imposto alla Asl Lecce 2 dal giudice”.
“Dopo piazza Fontana, ecco piazza della Loggia: l’ansia di far coincidere una
verità storica precostituita (le bombe fasciste) con la verità dibattimentale ha
condotto a una serie di inevitabili fallimenti” («Libero», 15.4.2012, p. 19)
Deverbali: termini astratti in chiave presupposizionale:
“Il miglioramento delle condizioni di vita ha esteso il mercato dell’auto”
Non si dice: “Le condizioni di vita sono migliorate”, ma il miglioramento è posto
come un fatto.
La nominalizzazione produce un effetto di oggettivazione; ma può servire
anche ad occultare e mascherare i responsabili di un’azione.
“La collisione”, “la strage”.
Effetto reificante del sintagma nominale definito, legato alla presupposizione
esistenziale di tali sintagmi
•  Lo stupore dell’Alto commissariato (RE, 16.5.09)
Concetti relazionali
ed epiteti
In posizione prenominale l’aggettivo ha significato più generico (vedi
formule o collocati): l’aggettivo aggiunge poco al significato del nome
(solidarietà semantica)
•  Il lieto evento
•  Questa lodevole iniziativa
•  La violenta aggressione
•  La spinosa questione
•  La solenne cerimonia
ma può servire anche a presentare certe caratteristiche come intrinseche
al soggetto, sottraendole alla contestazione (funzione dell’epiteto)
•  Il postcomunista D’Alema
•  Il postfascista Alemanno
•  la presunta maggioranza
•  Le colossali ecoballe
•  La vagheggiata Padania
•  Nel tragico stile della Florida 2000 (RE, 7.11.12, p.2)
In posizione postnominale (non marcata) ha funzione più
oggettiva (significato focalizzato, vedi anche tecniche di
dissociazione):
•  i comunisti riciclati di D’Alema
•  Il bilancio positivo della sinistra di governo
•  Nell’Italia bella, coraggiosa, non addomesticata dai media, in cui ho
viaggiato (Colombo su L’Unità, 14.10.2007)
•  Oggi nell’Italia impoverita, pessimista, delusa dalla politica, stritolata
dalle organizzazioni mafiose […] (Tobagi, RE, 15.4.2012)
•  L’ascesa vergognosa e violenta
•  La casta rossa (Libero, 15.4.2012, p. 11)
•  La campagna intrisa d’odio (RE, 7.11.12, p.2)
•  Sulla spinta tragica dell’uragano Sandy (RE, 7.11.12, p.3)
•  Guerra santa, guerra umanitaria
•  Giustizia giusta
Vedi anche tecnica della dissociazione
In sintesi, l’analisi del discorso si occupa di
•  Specifiche sfere di attività (discorso pubblicitario, accademico,
religioso, turistico, politico, giornalistico ecc.).
•  Specifici generi (anche in relazione alle specifiche sfere di attività; ad
esempio nel discorso politico: manifesto, comizio, intervista, tavola
rotonda, ecc.; nel discorso turistico annunci pubblicitari, racconti di
viaggio, guide turistiche ecc.).
•  Specifici posizionamenti (ideologie, valutazioni, posizionamenti politici
ecc.).
•  Particolari registri discorsivi, che si manifestano in modo trasversale
in vari generi e settori di attività (es. il discorso didattico che interessa
tanto i testi scolastici quanto la propaganda politica).
•  Particolari formule, cliché, temi che, diffusi in vari ambiti discorsivi e
provenienti da varie fonti enunciative, rendono conto della diffusione/
dispersione di concetti e idee in un certo periodo storico (es. glasnost,
trasparenza, globalizzazione ecc.) (cfr. Antelmi, L’analisi del discorso
in Italia, 2011, cit.).
Il discorso del giornale
Semiotica del discorso giornalistico
•  Definire semiotico il discorso giornalistico significa
innanzitutto privilegiare tre fondamentali criteri di analisi:
•  a) uno sguardo attento alle relazioni, anziché alle singole
componenti e ai singoli soggetti in gioco,
•  b) un presupposto di significazione, che lega il piano sensibileespressivo al piano intelligibile dei contenuti,
•  c) l’assunzione dello spazio giornalistico come spazio
comunicativo e non semplicemente informativo.
Livelli
Domanda
Espressione!
Com’è formulato? !
Contenuto
Cosa asserisce?
Funzione
Perché è così formulato?
Destinazione!
A chi è diretto!
Contratto!
Che cosa offre/chiede?!
Logiche della significazione
Piano dell’espressione e piano del contenuto
Il giornale come testo
Il giornale è un sistema significante costituito dalla
correlazione tra due piani del linguaggio:
•  Espressione (linguistica e visiva)
•  Contenuto (racconto, commento, ecc.)
Hjelmslev
E = Espressione
Funzione segnica =
C = Contenuto
Hjelmslev
(I fondamenti della teoria del linguaggio, 1943)
Materia
E
Sostanza dell’espressione
Forma dell’espressione
Forma del contenuto
C
Sostanza del contenuto
Materia
La struttura del giornale
•  La testualità deriva dalla configurazione complessiva del quotidiano: i
significati a rigore non stanno in nessuna parte del quotidiano ma nella
sua articolazione complessiva.
•  La notizia è dunque una unità molto più complessa in quanto
innanzitutto inserita in una mediazione fondamentale, quella della
testata.
Oggetto dell’analisi semiotica è il senso complessivo del testo, che
scaturisce dalle caratteristiche dei suoi livelli e dalle relazioni tra i livelli