scarica pdf 1,3MB - MUSE

Transcript

scarica pdf 1,3MB - MUSE
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
© Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento 2007
ISSN 0392-0534
Ricostruzioni climatico-ambientali per l’Olocene da tufo calcareo e latte di monte in
grotte del Trentino
Andrea BORSATO1*, Silvia FRISIA1, Renza MIORANDI1, Klaas VAN DER BORG2, Christoph SPÖTL3 &
Flavio CORRADINI4
1
Sezione di Geologia, Museo Tridentino di Scienze Naturali, Via Calepina 14, 38100 Trento, Italia
Department of Sub-Atomic Physics, Universiteit Utrecht, Pleinlan, Postbus 8000, Utrecht, The Netherlands
3
Institut für Geologie und Paläontologie, Universität Innsbruck, Innrain 52, 6020 Innsbruck, Austria
4
Dipartimento Valorizzazione delle Risorse Naturali, Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Via E. Mach 1,
38010 San Michele all’Adige (TN), Italia
*
E-mail dell’Autore per la corrispondenza: [email protected]
2
RIASSUNTO - Ricostruzioni climatico-ambientali per l’Olocene da tufo calcareo e latte di monte in grotte del
Trentino - Si presentano i risultati dello studio microstratigrafico e isotopico delle colate di tufo calcareo del Bus
de la Spia e di latte di monte della Grotta Cesare Battisti datate attraverso analisi 14C e conteggio delle lamine.
La colata di tufo del Bus de la Spia, il cui fattore determinante per la crescita è la disponibilità d’acqua, iniziò a
formarsi circa 10.890 ±150 anni cal. BP, poco dopo la fine del Dryas recente, con un tasso di crescita di 90 µm
l’anno rimasto pressoché costante fino alla cessazione della deposizione avvenuta intorno a 4470 ±200 anni cal. BP.
Nell’intervallo tra 11.000 e 8000 anni il record del δ13C del tufo, e in minor misura del δ18O, è contraddistinto da
una serie di picchi positivi della durata di 50-150 anni, spaziati in modo più o meno regolare ogni 300 anni. I picchi
sono legati alla presenza di particolato fine carbonatico, che testimonia un generale periodo di elevata piovosità con
variazioni secolari nell’intensità del contrasto stagionale. La colata di latte di monte nella Grotta Battisti iniziò a
formarsi circa 8070 ±150 anni cal. BP con un tasso di crescita di 275 µm l’anno, che scese a 35 µm l’anno intorno a
6000 ±150 anni cal. BP, per cessare completamente intorno a 3090 ±300 anni cal. BP. La causa prima della riduzione
del tasso di crescita fino alla sua completa cessazione è legata al progressivo abbassamento delle temperature,
come testimoniato dal progressivo incremento dei valori del δ13C. Confronti con serie isotopiche di speleotemi
dell’area alpina e mediterranea corroborano l’interpretazione paleoclimatica che emerge dai due record studiati, e
confermano che i depositi di latte di monte e tufo calcareo possono essere utilizzati per ricostruzioni paleoclimatiche
ad alta risoluzione.
SUMMARY - Holocene climate and environmental reconstruction from calcareous tufa and moonmilk deposits in
Trentino caves - We present a microstratigraphic and isotopic study of the Bus de la Spia calcareous tufa flowstone
and the Grotta Cesare Battisti moonmilk deposit, dated by 14C and lamina counting. Growth of the Bus de la Spia
flowstone, limited by water availability, started around 10,890 ±150 cal. yrs BP soon after the end of the Younger
Dryas, with an axial growth rate of 90 µm yr-1 that remained nearly constant until growth ceased around 4,470 ±200
cal. yrs BP. In the interval between 11,000 and 8000 yrs the δ13C values of the tufa, and to a minor extent also the δ18O
values, are characterized by several positive excursions lasting 50 to 150 years and spaced around 300 yrs apart. These
peaks are related to the presence of fine carbonate detritus which indicate a period of overall high rainfall with secular
fluctuations in seasonality. The Grotta Cesare Battisti moonmilk started to form around 8070 ±150 cal. yrs BP with an
axial growth rate of 275 µm yr-1 which decreased to 35 µm yr-1 at 6000 ±150 cal. yrs BP and ceased at 3090 ±300 cal.
yrs BP. The main reason for the reduction and subsequent growth cessation is thought to be the progressive temperature
decrease as shown also by the increase in the δ13C values. The comparison with speleothem isotope series from the
Alpine and Mediterranean area supports this reconstruction and confirms that calcareous tufa and moonmilk can be
utilized for high-resolution paleoclimatic studies.
Parole chiave: tufo calcareo, latte di monte, Olocene, ambiente, paleoclima, Trentino
Key words: calcareous tufa, moonmilk, Holocene, environment, paleoclimate, Trentino
240
Borsato et al.
1.
INTRODUZIONE
Il latte di monte e il tufo calcareo sono due depositi
di carbonato di calcio caratteristici di molte grotte delle Alpi. Depositi di latte di monte sotto forma di efflorescenze, veli e colate, sono comuni a molte cavità del
Trentino, e particolarmente frequenti nelle grotte della
Paganella e del Gruppo di Brenta (Borsato 1995). La
maggior parte dei depositi è fossile e numerose colate
mostrano evidenze di erosione da parte delle acque di
percolazione. Nello studio di Borsato et al. (2000) il
latte di monte in tutti i depositi analizzati è costituito
da sottilissime fibre di calcite (nanofibre) del diametro
medio di 0,04÷0,10 µm che si intrecciano intrappolando grandi quantità di acqua. Il contenuto medio in
acqua è, infatti, solitamente superiore all’85% in peso,
mentre la composizione mineralogica della frazione
solida è costituita da oltre il 92% di calcite (Borsato
et al. 2000). I depositi più consistenti di latte di monte
si rinvengono in cavità ad andamento sub-orizzontale
che si aprono a quote comprese tra i 1500 e i 2100
metri, caratterizzate da temperature tra 3,0 e 5,5 °C,
basso grado di saturazione dell’acqua di percolazione, e umidità relativa dell’atmosfera ipogea prossima
alla saturazione (Borsato 1997; Miorandi & Borsato
2007).
Il tufo calcareo si forma tipicamente in prossimità
degli ingressi delle grotte (Gascoyne 1992) che sono
spesso caratterizzate da variazioni stagionali e giornaliere di temperatura, e da correnti d’aria. La combinazione di queste caratteristiche microclimatiche
comporta un aumento dello stato di saturazione della
calcite nelle acque di percolazione che ne promuove la
precipitazione. Nella maggior parte dei casi si tratta di
depositi teneri – si rigano facilmente con l’unghia –,
molto porosi – la porosità totale può superare il 60%
del volume – e leggeri – il peso specifico del sedimento asciutto è di solito intorno a 1 g cm-3 rispetto a 2,7
g cm-3 della calcite macrocristallina (Borsato 1997;
Frisia et al. 2000). Questi depositi formano colate e/o
strutture mammellonari a duomo spesse anche più di 2
metri, che mostrano una micro-stratificazione interna.
Nei tratti piani di galleria il tufo calcareo forma spesso
dighe ad andamento sinuoso (rimstone dams) che danno luogo a terrazzamenti e vaschette.
L’ambiente di formazione, le caratteristiche tessiturali e microstrutturali, e il chimismo delle acque
associate ai depositi di latte di monte e tufo calcareo
in Trentino sono stati oggetto di numerosi studi precedenti (Borsato 1995, 1997; Borsato et al. 2000b; Frisia
et al. 2000; Borsato et al. 2007; Miorandi & Borsato
2007). In particolare, in Borsato et al. (2000b) vengono illustrate le particolari microstrutture di crescita
delle fibre singole e composite nel deposito di latte
di monte della Grotta Cesare Battisti e sono riportate
anche alcune datazioni 14C che ne hanno fatto intuire
il valore paleoclimatico. In Frisia et al. (2000) sono
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
state confrontate le caratteristiche tessiturali del tufo
calcareo del Bus de la Spia, riconoscendone lo specifico significato ambientale in termini di flusso e stato
di saturazione dell’acqua di alimentazione rispetto ad
altri depositi ipogei. Infine, in Miorandi & Borsato
(2007) viene presentata una sintesi riguardante la distribuzione e l’ambiente di formazione di questi due
particolari speleotemi.
Nel presente lavoro si esplorano per la prima volta le potenzialità paleoambientali e paleoclimatiche
di questi due tipi di depositi attraverso un approccio
microstratigrafico, geochimico e isotopico. Si rimanda
invece a Miorandi & Borsato (2007) per la discussione
riguardo la loro distribuzione geografica e altitudinale
in Trentino.
2.
DESCRIZIONE CAVITÀ E PUNTI DI
CAMPIONAMENTO
2.1.
Il deposito di latte di monte della Grotta Cesare
Battisti
La Grotta Cesare Battisti è caratterizzata da 7 differenti ingressi che si aprono tra 1880 e 1698 m di
quota alla sommità della Paganella (Borsato 1995).
La cavità si sviluppa per circa 2,4 km all’interno dei
Calcari Grigi (Fig. 1) e presenta una complessa geometria freatica tridimensionale derivata da speleogenesi singenetica, ed evoluta successivamente mediante
processi paragenetici, di crollo e circolazione di acqua
a pelo libero (Bini et al. 1991). Il concrezionamento
attuale è estremamente raro e limitato, mentre sono
più comuni le concrezioni fossili di età comprese tra
100.000 e >500.000 anni, che si rinvengono fino nelle
parti più profonde della grotta (Borsato et al. 2005).
L’asse principale della cavità è caratterizzato da circolazione d’aria a tubo di vento e soltanto nei rami laterali si registrano temperature costanti intorno ai 3,76
±0,25 °C (Borsato 2003; Miorandi et al. 2007).
La circolazione idrica attuale è molto esigua e gli
unici stillicidi e ruscellamenti perenni sono situati nei
rami alti con portate medie valutate intorno a 0,1-0,5 L
min-1. In corrispondenza di ciascun arrivo di acqua, si
rinvengono colate più o meno spesse di latte di monte, molte delle quali ricoperte da sottili veli di argilla
bruna. Nella Cripta (Fig. 1), l’intera parete sud è tappezzata da una colata verticale di latte di monte spessa
fin oltre 0,5 m. Le acque di ruscellamento in corrispondenza dei depositi di latte di monte sono attualmente
sottosature rispetto alla calcite (SIcalcite= -0,35 ±0,14),
con un contenuto in Ca2+ di 44,1 ±2,3 mg L-1 e un rapporto molare Mg/Ca di 0,04 (Borsato et al. 2000b). Gli
arrivi d’acqua sono ubicati a profondità comprese tra
20 e 50 m dalla superficie, dove la copertura vegetale è
rappresentata da estese chiazze di pini mughi associati
a erica e rododendri.
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
241
Fig. 1 - Rilievo parziale della Grotta Cesare Battisti (Gruppo Speleologico Arco) con l’ubicazione dei depositi di latte di monte
(modificato da Borsato 1995).
Fig. 1 - Location map and partial cross-section of Grotta Cesare Battisti (Gruppo Speleologico Arco) with the location of the
moonmilk deposits (modified from Borsato 1995).
2.2.
Il deposito di tufo calcareo del Bus de la Spia
Il Bus de la Spia, che si apre a quota 610 m alle
propaggini orientali del Gruppo di Brenta nella formazione dei Calcari Grigi, consiste in un’unica galleria
singenetica con dimensioni medie di 3-5 m e andamento discendente, che si sviluppa quasi completamente
lungo un piano di faglia immergente verso l’interno
del versante (Fig. 2).
La grotta, evoluta come emergenza valchiusiana,
alla profondità di -56 m raggiunge la falda freatica che
costituisce l’estremità di un imponente sifone esplorato per oltre 300 m con tecniche speleosubacquee
(Bombardelli 2004). Il livello della falda interna è
caratterizzato da oscillazioni cicliche sub-giornaliere
di diversi metri, con periodo di oscillazione variabile
da 3 a 12 ore (Borsato 2004) dovuto alla presenza di
un sifone auto-innescante (Fig. 3). Il sifone terminale è
connesso idrologicamente con la Sorgente dell’Acqua
Santa – che si apre a quota 477 m s.l.m. a 1200 m
dall’ingresso della cavità, e che mostra identici cicli
sub-giornalieri di portata (Borsato 2004) – e ha il suo
bacino di alimentazione a quote comprese tra i 1500 e
i 2400 m s.l.m. Durante la fusione della neve il livello
del sifone si alza di oltre 10 m e le fluttuazioni di livello
sub-giornaliere sono sostituite da cicli giornalieri che
seguono l’andamento della temperatura dell’aria alla
superficie esterna. A seguito delle piogge più intense
il livello freatico risale di diverse decine di metri e,
nei casi più estremi, si verifica l’allagamento completo
della cavità, che si comporta come sorgente di troppo
pieno dell’idrostruttura (Fig. 3). Questi episodi inten-
Fig. 2 - Rilievo del Bus de la Spia (modificato da Gruppo Grotte Rovereto 2004) con la posizione della colata di tufo calcareo
fossile (BS-T2) e la colata attiva (BS-21) (da Borsato 1995).
Fig. 2 - Cross section of Bus de la Spia (modified after Gruppo Grotte Rovereto 2004) with the location of the fossil calcareous
tufa flowstone (BS-T2) and of the active flowstone (BS-21) (modified from Borsato 1995).
242
Borsato et al.
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
Fig. 3 - Fluttuazioni di livello del sifone terminale del Bus de la Spia durante il semianno estivo 2002 e posizione dei depositi
di tufo calcareo attivi (barra verde) e fossili (barra rossa) rispetto al livello della falda.
Fig. 3 - Groundwater level fluctuations at Bus de la Spia during the 2002 warm season. The altitudinal position of the fossil
and active deposits are shown on the right (red bar and green bar respectively).
Fig. 4 - Temperatura e umidità relativa dell’aria lungo l’asse della grotta in estate (agosto) e inverno (marzo) con relative curve
di attenuazione esponenziale e posizione dei depositi di tufo calcareo attivi (barra verde) e fossili (barra rossa).
Fig. 4 - Air temperature and relative humidity in summer (August) and winter (March) along the main cave passage with their
exponential best-fit curves. The position of the fossil and active calcareous tufa deposits are shown at the top of the figure (red
bar and green bar respectively).
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
si avvengono attualmente 2-4 volte per decennio. Le
oscillazioni di livello condizionano anche il regime
termo-igrometrico della grotta, espellendo aria durante
la risalita di livello e aspirandola durante la discesa, e
la corrente d’aria fa sì che l’umidità relativa raggiunga
la saturazione a 100 m dall’ingresso (Fig. 4).
In tutta la cavità sono presenti numerose concrezioni sia fossili che attive, comuni soprattutto nel
tratto orizzontale (Borsato 1995, 1997; Borsato et
al. 2005). La parte terminale della grotta, interessata
dalle oscillazioni sub-giornaliere di livello, presenta
un complesso concrezionamento attivo alimentato
da stalattiti di tufo calcareo alte più di un metro dalle
quali si generano colate di calcite microcristallina e di
tufo calcareo (Borsato et al. 2007). L’indice di saturazione per la calcite (SIcc) dell’acqua che percola da
queste stalattiti è stato calcolato in 0,49 ±0,08, con un
contenuto in Ca2+ di 75,2 ±2,8 mg L-1 e un rapporto
molare Mg/Ca di 0,13. L’acqua del sifone risulta meno
sovrassatura (SIcc= 0,14±0,06), con un contenuto in
Ca2+ di 57,5 ±3,8 mg L-1 e un rapporto molare Mg/Ca
di 0,30 (Borsato et al. 2007). Il pavimento dello scivolo d’ingresso è ricoperto quasi completamente da
una colata di tufo calcareo fossile intaccata in diversi
punti da marmitte di erosione (Fig. 5). Non essendoci
importanti stalattiti a giustificare la copiosa alimentazione necessaria alla formazione della colata di tufo,
è probabile che questa fosse alimentata anche dalla
stessa acqua del sifone, in analogia a quanto succede
attualmente nella sua zona di oscillazione. Pertanto,
nel periodo di formazione del tufo, il livello medio
del sifone doveva essere più alto di quello attuale e
Fig. 5 - La marmitta di erosione lungo la colata di tufo
calcareo nella galleria iniziale del Bus de la Spia con la
traccia del campionamento.
Fig. 5 - The erosional pothole in the calcareous tufa
flowstone at the entrance passage of Bus de la Spia with the
sampling track.
243
la completa inondazione della grotta poteva verificarsi
più frequentemente rispetto a oggi.
3.
CAMPIONAMENTO, MATERIALI E
METODI
Sono state prelevate 6 carote di lunghezza variabile
tra 250 e 400 mm (Fig. 6) nel latte di monte della Grotta
Battisti alla base della colata della Cripta (cfr. Fig. 2 in
Miorandi & Borsato 2007) tramite campionatori cilindrici in PVC trasparente del diametro di 55 mm infissi,
tramite pressione manuale, perpendicolarmente alla
direzione di crescita del deposito. La compressione
esercitata dal campionatore ha comportato per alcune
carote un raccorciamento assiale di diversi centimetri;
a questo problema si è ovviato carotando a fianco di un
foro eseguito in precedenza, in modo da ridurre la resistenza al taglio. Nella carota CB-L6 selezionata per
questo studio il raccorciamento è stato di soli 30 mm.
Alla base delle carote estratte vi era una crosta di pochi
centimetri di deposito indurito, che il carotiere non è
riuscito a penetrare. Le carote sono state trasportate in
sacche termiche e successivamente conservate in cella
frigorifera a 4 °C.
Il campionamento del tufo calcareo al Bus de la
Spia è stato effettuato sul fianco interno di una marmitta di erosione naturale situata a circa 25 metri dall’ingresso, tramite seghetto e spatole in acciaio (Figg.
2, 5). Si sono prelevate due sequenze di “mattoncini”
rettangolari con sezione di 100 x 60 mm circa, per uno
spessore complessivo di sedimento di 600 mm. Alla
base della sequenza campionata (BS-T2) il deposito
passava gradualmente a una colata calcitica più com-
Fig. 6 - Le carote prelevate dalla colata di latte di monte
nella Cripta nella Grotta Cesare Battisti.
Fig. 6 - The moonmilk cores sampled at the Cripta chamber
in Grotta Cesare Battisti.
244
Borsato et al.
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
Tab. 1 - Tabella riassuntiva dei campioni di tufo calcareo (BS-T2) e latte di monte (CBL-6) sui quali sono state effettuate le
datazioni 14C. In tabella viene riportata la posizione dei campioni rispetto alla parte sommitale della carota.
Tab. 1 - List of calcareous tufa (BS-T2) and moonmilk (CBL-6) samples used for radio carbon dating. In column 4 is specified
the position of samples in relation to the core top.
Campione
BS-T2_A
BS-T2_B
BS-T2_D
BS-T2_F
BS-T2_G
BS-T2_H
BS-T2_I
BS-T2_L
CB-L6_81
CB-L6_88
CB-L6_89
CB-L6_86
CB-L6_82
CB-L6_83
CB-L6_84
CB-Bat_7
CB-L6_87
CB-L6_85
Lab. n°
UtC
13913
13914
13915
14251
13916
13917
13918
14252
13919
14545
14546
14249
13920
13921
13922
3600
14250
13923
Frazione
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Org C-res
Posizione
mm dal top
54
±5
118
±5
253
±5
322
±8
390
±12
449
±6
533
±4
548
±5
22
±5
33
±5
46
±5
70
±5
100
±4
153
±6
247
±7
255
±13
302
±7
316
±7
patta e resistente, dello spessore di alcuni centimetri,
con frequenti livelli detritici sabbioso-siltosi di colore
marrone.
Un totale di 18 campioni (8 per il tufo e 10 per il
latte di monte) è stato datato con il metodo 14C AMS
dal Laboratorio R.J. Van de Graaff dell’Università di
Utrecht (Tab. 1). In tutti i campioni è stato analizzato
il C-organico del residuo insolubile, ottenuto dissolvendo la componente carbonatica con HCl allo 0,5%
fino a quando il pH della soluzione si stabilizzava a
2 unità. Il residuo è stato successivamente lavato in
acqua bi-distillata fino a raggiungere un pH di 7, essiccato sotto vuoto e ossidato con CuO e O2 in eccesso. Il
CO2 risultante è stato convertito in grafite (C) a 620 °C
utilizzando polvere di Fe come catalizzatore per l’analisi con AMS. Le risultanti attività di radiocarbonio,
convertite in età radiocarbonio, sono state calibrate
utilizzando il programma Calib, versione 5 (Stuiver &
Reimer 1993), con la curva di calibrazione IntCal04
(Reimer et al. 2004).
Le analisi dei rapporti degli isotopi stabili di ossigeno e carbonio sono state effettuate nel laboratorio
dell’Università di Innsbruck. Per il latte di monte si
sono campionate delle fettine continue di sedimento
dello spessore medio di 4 mm, che sono state essiccate
Età C-14
anni
4490
±60
5050
±60
6390
±70
5030
±50
8060
±90
7470
±60
7510
±80
7578
±60
4073
±45
4478
±42
5050
±60
5554
±45
5910
±70
6260
±60
7160
±90
6860
±100
6870
±47
6240
±80
Età calibrata [cal BP]
Anni ±2σ
5130
±181
5788
±129
7311
±124
5780
±121
8913
±253
8286
±103
8310
±141
8404
±114
4591
±108
5143
±137
5785
±126
6334
±65
6718
±175
7141
±137
7753
±149
7726
±152
7693
±75
7120
±196
singolarmente in forno a 40 °C per 120 h e successivamente polverizzate in mortaio. Per il tufo calcareo
si è utilizzato un micro-scalpello con punta da 0,2
mm per prelevare 1 campione ogni 2 mm sulla carota
preventivamente essiccata in forno a 40 °C. I campioni di polvere sono stati analizzati con un sistema di
preparazione per carbonati on-line a flusso continuo
(Gasbench II) collegato a uno spettrometro di massa
Finnigan Delta Plus XL. I risultati sono stati riportati
relativamente allo standard Vienna Pedee Belemnite
(VPDB) e la precisione delle analisi è stata convalidata
confrontando il rapporto isotopico ogni 10 campioni
con il rapporto isotopico dello standard NBS19. La
precisione dei valori δ18O e δ13C espressa come deviazione standard 1σ è inferiore a 0,10‰.
Lo studio petrografico del latte di monte è stato effettuato esclusivamente con il Microscopio Elettronico
a Scansione Ambientale (ESEM) che non richiede
l’essiccazione del campione. Le osservazioni micromorfologiche della colata di tufo calcareo sono state
effettuate in microscopia elettronica a scansione (SEM
e ESEM), mentre lo studio petrografico e microstratigrafico è stato fatto su sezioni sottili al microscopio
ottico ZEISS Axioscop e tramite stereoscopio LEICA
MZ16A.
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
Il contenuto in acqua dei depositi è stato determinato confrontando il peso umido con il peso del
campione essiccato in forno a 72 °C; l’essicazione dei
blocchetti di 8-10 mm di tufo calcareo è durata 48h,
mentre quella dei blocchetti di latte di monte, spessi
da 3 a 5 mm, ha richiesto 120 h. La densità apparente
è stata misurata per confronto tra volume e peso dei
blocchetti di tufo calcareo essiccato.
La concentrazione di Calcio, Stronzio e Bario
nei campioni di latte di monte è stata analizzata nel
laboratorio di chimica dell’Istituto Agrario di San
Michele all’Adige. I campioni, di 0,1 g di peso, sono
stati essiccati a 100 °C e polverizzati fino al completo
passaggio su un setaccio di maglia 0,2 mm. La polvere è stata quindi dissolta in 0,5 ml di acido nitrico
ultrapuro e concentrato, e portata a 20 ml con acqua
distillata. Nella soluzione ottenuta (diluita 20 volte
per l’analisi del Calcio) i tre elementi sono stati dosati per spettrofotometria di emissione al plasma con
strumento Perkin Elmer ICP-OES 3300DV, usando
Ittrio come standard interno. Sulla stessa soluzione,
diluita 100 volte, il Calcio è stato parallelamente dosato anche per cromatografia ionica, con cromatografo DIONEX 320, colonna CS12A. Per tale elemento
sono riportati i valori medi ottenuti con le due diverse
tecniche analitiche, risultati peraltro coerenti fra loro,
con piccole differenze casuali e uno scarto sistematico di circa 2%. Da tali valori medi è stato calcolato
il contenuto di CaCO3. Il contenuto di Magnesio, non
riportato perché risultato poco attendibile, è trascurabile (<0,5 %) rispetto a quello corrispondente di
Calcio. I contenuti sono riferiti ai campioni essiccati.
4.
RISULTATI
4.1.
Il deposito di latte di monte della Grotta
Battisti
245
Fig. 7 - Datazioni 14C calibrate, modello di età e tasso di
crescita calcolato per la carota di latte di monte CB-L6
della Grotta Cesare Battisti. Le due analisi 14C riportate in
rosso sono state scartate in quanto presentano inversione
stratigrafica.
Fig. 7 - Calibrated 14C ages, age model and calculated
growth rate for the CB-L6 moonmilk core from Grotta Cesare
Battisti. The two 14C analyses in red have been discarded
from the age model on the basis of their stratigraphic
inversion.
di concrezionamento scese poi in modo quasi lineare
fino a 100 µm anno-1 intorno a 6750 ±150 anni cal.
BP, per diminuire in maniera molto più sostenuta fino
a 35 µm anno-1 intorno a 6000 ±150 anni cal. BP, e
ridursi a soli 12 µm anno-1 nei 10 mm alla sommità.
Data la mancanza di datazioni per la parte terminale,
il momento di cessazione della deposizione non può
essere determinato con accuratezza, ma si può stimare intorno alla data 3090 ±300 anni cal. BP.
4.1.1. Datazioni e modelli di età
4.1.2. Analisi petrografiche, chimico-fisiche e isotopiche
Le 10 datazioni 14C hanno dato risultati stratigraficamente coerenti per i primi 8 campioni, mentre i
2 campioni alla base del deposito sono risultati caratterizzati da inversioni stratigrafiche (Tab. 1) e per
questo motivo sono stati scartati nella costruzione del
modello di età. Questo si è basato sul best-fitting tramite un polinomio di 4° grado per la parte più recente, combinato a una funzione di potenza per la parte
più antica. Entrambe le curve sono state estrapolate
oltre l’ultima datazione per ricostruire la possibile
data di inizio e fine della carota. Il modello di età
risultante e il tasso di crescita corrispondente sono
riportati nella figura 7. Secondo il modello, il latte di
monte iniziò a formarsi circa 8070 ±150 anni cal. BP
con un tasso di crescita di 275 µm anno-1. La velocità
Il latte di monte è costituito da filamenti di tipo
batterico, cristalli di calcite molto allungati – di tipo
fibroso (fibers) lunghi oltre il millimetro e larghi circa 20 μm –, cristalli di calcite costituiti da due o più
fibre rigide associate (multiple paired rods o MA in
Verrecchia & Verrecchia 1994) e cristalli compositi
in cui romboedri appiattiti sono associati a cristalli
MA (serrated edged crystals o MB in Verrecchia &
Verrecchia 1994) o in cui i singoli romboedri sono
impilati l’uno sull’altro (vedi Borsato et al. 2000b).
Nei campioni osservati all’ESEM non è stata osservata microsparite diagenetica (Fig. 8); quindi il deposito non ha subito modificazioni post-deposizionali.
Sulla base del confronto con la letteratura esistente su
depositi analoghi, è probabile che i filamenti siano di
246
Borsato et al.
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
hanno permesso di distinguere tre unità, descritte di
seguito dal basso verso l’alto (Fig. 9).
Unità 1. Tra 335 e 285 mm (tra 8070 e 7880 anni cal. BP)
La prima unità si contraddistingue dal resto della
carota per un contenuto in acqua particolarmente basso, compreso tra 57% e 70% del peso totale nella parte
basale, che risale poi velocemente verso il passaggio
all’Unità 2. Questo fatto suggerisce possibili effetti di
alterazione post-deposizionale (diagenesi) che potrebbero spiegare il “ringiovanimento” delle due datazioni
effettuate a 302 e 316 mm (Tab. 1). Il CaCO3 equivalente presenta invece valori massimi, variando tra 95,2
e 98,3% del peso totale. I valori del δ18O e del δ13C
sono piuttosto costanti e sono compresi tra -7,9 e -8,3
e tra -6,8 e -6,5‰ rispettivamente.
Unità 2. Tra 285 e 75 mm (tra 7880 e 6420 anni cal. BP)
Fig. 8 - Immagini ESEM del latte di monte dalla carota
CB-L6. Il campione non è stato essiccato, e la struttura
originale è stata mantenuta. Si notino i filamenti di origine
batterica che si avvolgono attorno alle fibre (rod) e le
collegano. I rapporti tra fibre calcitiche e filamenti batterici
sono simili a quelli osservati da Freytet & Verrecchia
(1998) nei tufi calcarei stromatolitici formatisi in acque
dolci superficiali.
Fig. 8 - ESEM images of the moonmilk core CB-L6
sampled in Grotta Cesare Battisti. The sample has not been
desiccated and the original structure has been preserved.
Note bacterial filaments which surround and connect the
calcite rods. The observed relationship between calcite
rods and bacterial filaments is similar to that illustrated by
Freytet & Verrecchia (1998) in stromatolitic calcareous tufa
formed in freshwater environments at the surface.
origine batterica (Freytet & Verrecchia 1998), ma un
rapporto causale diretto tra precipitazione della calcite e attività dei batteri deve essere ancora dimostrato
(Borsato et al. 2000b).
Gli 80 campioni, prelevati a intervalli di 4 mm
lungo l’asse della carota, una volta essiccati sono stati
utilizzati per le analisi chimico-fisiche e isotopiche che
Il contenuto in acqua è comunemente tra 82 e 92%
del peso totale, il CaCO3 equivalente presenta valori
relativamente costanti tra 92 e 99% del peso totale.
I valori del δ18O mostrano un leggero trend positivo
passando da -8,0‰ nella parte bassa a -7,5‰ nella
parte alta dell’unità, mentre il δ13C scende dapprima
fino ai valori minimi di -7,5‰ intorno a 170 mm (7300
anni cal. BP) per poi risalire fino a circa -6,0‰ verso
il passaggio all’Unità 3. Lo Sr mostra un leggero trend
negativo da 24 a 22 µg g-1 interrotto da una serie di
picchi positivi fino a 32-35 µg g-1, mentre il Ba mostra
una tendenza opposta aumentando da 18 a 22 µg g-1,
sebbene registri analoghi picchi positivi.
Unità 3. Tra 75 e 0 mm (tra 6420 e 3090 anni cal. BP)
In questa unità avviene la drastica riduzione del
tasso di crescita che passa da 62 µm anno-1 alla base a
20 µm anno-1 a 30 mm (5150 ±150 anni cal. BP), per
poi stabilizzarsi intorno a 12 µm anno-1 nei 20 mm
terminali. La riduzione del tasso di crescita ha effetti
su molti dei parametri chimico-fisici analizzati, e in
particolare sul contenuto in CaCO3 che scende da 96
a 80% del peso totale. Questa diminuzione è dovuta
alla presenza sempre più cospicua di impurità argillose, come testimonia il colore della carota, che diventa
sempre più scuro. Lo Sr ha un trend negativo simile
al CaCO3, mentre il Ba cresce in modo graduale, analogamente al δ18O. La variazione più evidente è però
quella nel δ13C che registra il valore più alto (-3,3‰)
a 43 mm (5680 ±150 anni cal. BP), scende a -6,8‰
intorno a 31 mm, per poi risalire fortemente fino a
-3,9‰ alla sommità (Fig. 10). L’unico parametro che
non risente della diminuzione del tasso di crescita è
il contenuto in acqua che varia da 86 a 92% del peso
totale e testimonia l’assenza di modificazioni diagenetiche.
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
247
Fig. 9 - Modello di età, contenuto in acqua, CaCO3 equivalente, Sr, Ba e isotopi stabili della carota di latte di monte CB-L6
rappresentata all’estremità destra.
Fig. 9 - Age model, water content, equivalent CaCO3, Sr and Ba content and stable isotopes composition of the CB-L6
moonmilk core whose picture is on the far right side.
4.2.
La colata di tufo calcareo del Bus de la Spia
formatisi entro il tufo calcareo, la componente non
carbonatica deve provenire dall’esterno, indicando la
4.2.1. Analisi petrografiche e microstratigrafia
Lo studio petrografico e microstratigrafico è stato
effettuato su 16 sezioni sottili contigue.
Tutta la sequenza è laminata, con lamine sub-millimetriche e una tessitura intralaminare relativamente
omogenea di tipo stromatolitico. Ogni lamina è costituita da un livello microsparitico più chiaro e da un
livello micritico che, talora, sembra incorporare piccoli grani di sedimento (Figg. 11A-F). In microscopia
elettronica a trasmissione si notano cristalli euedrali
di carbonato di calcio, di dimensioni variabili da 2 a
4 µm, immersi in un feltro di fibre tipo “calcite rod”
(Borsato et al. 2000b).
Nella figura 11B si nota, inoltre, che le lamine
visibili nella figura 11A sono costituite da cristalli
organizzati in domini di estinzione che partono da un
centro comune e si irradiano verso l’esterno a ventaglio. Questi domini di estinzione attraversano le lamine di tipo stromatolitico e potrebbero indicare processi
di diagenesi precoce. Sono presenti anche cristalli di
sparite isodiametrica che forma bande chiare, spesse
fino a 0,5 mm, tipo cementi di riempimento di vuoti
(Fig 11 D).
Nel deposito sono anche presenti peloidi micritici
(Figg. 11D, E) e microparticolato non carbonatico.
Mentre i peloidi micritici potrebbero essere derivati dall’aggregazione di cristalli primari di calcite
Fig. 10 - Profili isotopici della carota CB-L6. I rombi in alto
rappresentano le datazioni 14C calibrate con i relativi errori
2Σ utilizzate nel modello di età.
Fig. 10 - Stable isotope time series of the CB-L6 moonmilk
core. Diamonds indicate the calibrated 14C ages utilized in
the age model with their 2Σ errors.
248
Borsato et al.
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
Fig. 11 - A-E: sezioni sottili di tufo calcareo del campione BS-T2. A-B: tessitura laminata a microstromatoliti nella parte alta
della sequenza (BS-T2-T) (A: Nicol=, B: Nicol +). C: ingrandimento della foto A. D: tessitura laminata con livelli e inclusi
micritici nella parte alta della sequenza (BS-T2-6) (Nicol=). E: tessitura laminata con livelli e inclusi micritici nella parte
bassa della sequenza (BS-T2-15) (Nicol=). F: colata stalagmitica attiva BS21 a tessitura laminata ubicata in corrispondenza
del livello di oscillazione del sifone (Nicol=). In tutte le foto la scala è 1 mm. G-I: immagini SEM di tufo calcareo. G:
cristalli euedrali romboedrici di dimensioni variabili tra 2 e 4 µm in diametro immersi in un feltro sub-micrometrico di
filamenti simili a quelli osservati nel latte di monte; l’immagine è leggermente sfocata, in quanto il campione non è stato
seccato per non alterarne le caratteristiche. H: feltro di fibre che ingloba aggregati di cristalli irregolari (1) e romboedrici (2)
(campione essiccato). I: aggregati di cristalli irregolari e romboedrici. Questi ultimi sono impilati regolarmente, e formano i
monocristalli a estinzione uniforme che tagliano le lamine stromatolitiche osservabili in 11B (campione essiccato). In tutte
le foto SEM la scala è 10 µm.
Fig 11 - A-E: Thin sections of BS-T2 calcareous tufa. A-B: Laminated microstromatolitic fabric in the upper part of the
sequence (BS-T2-T) (A: Nicol=, B: Nicol +). C: Enlargement of A. D: Laminated fabric with micritic layers and pellets in
the upper part of the sequence (BS-T2-6) (Nicol=). E: Laminated fabric with micritic layers in the lower part of the sequence
(BS-T2-15) (Nicol=). F: Laminated microcrystalline stalagmitic flowstone (BS21) located in the fluctuating water level zone
in the deepest part of the cave (Nicol=). The scale bar in all the pictures is 1 mm. G-I: Scanning Electron Microscope(SEM)
pictures of BS-T2 calcareous tufa. G: Euhedral calcium carbonate crystals (rhombs) of ca. 2 to 4 µm in diameter, surrounded
by filaments (rods) similar to those typical of moonmilk deposits. The image is slightly out of focus as the specimen was not
dried to avoid possible modifications. H: Fibers incorporate aggregates of irregularly stacked crystals (1) and rhombohedra
(2) (desiccated sample). I: Aggregates of irregularly stacked crystals and rhombohedra that are regularly stacked to form
single crystals with unit extinction which cross-cut the laminae, as it can be seen in figure 11B (desiccated sample). The scale
bar in all SEM pictures is 10 µm.
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
249
possibilità della presenza di detrito nel tufo. Il segnale
isotopico di un deposito così complesso deve quindi
riflettere sia la precipitazione primaria, possibilmente mediata da batteri, sia la presenza di particolato
detritico. Sulla base di osservazioni in travertini e
tufi stromatolitici, sappiamo che la diagenesi avviene
entro pochi mesi dalla deposizione, quindi i valori
isotopici del tufo diagenizzato riflettono parametri
climatici e ambientali quasi contemporanei al periodo di deposizione del livello analizzato. La maggiore
o minore proporzione di particolato detritico, invece,
potrebbe alterare il segnale isotopico aumentando i
valori di δ18O e δ13C.
La regolare laminazione ha permesso il conteggio
di oltre 6000 lamine consecutive che, confrontate con
le datazioni 14C, si sono dimostrate essere lamine annuali di deposizione e sono state pertanto utilizzate per
raffinare il modello di età (§ 4.2.2).
4.2.2. Datazioni e modelli di età
Le 8 datazioni 14C effettuate hanno dato risultati
contrastanti, e 4 di esse, tra cui le tre più basse, appaiono fuori sequenza, dando un’età invertita rispetto
alla loro posizione stratigrafica (Tab. 1). Questo fatto,
già verificato per le datazioni del deposito di latte di
monte della Grotta Battisti (§ 4.1.1), occorre sistematicamente anche per datazioni U/Th di speleotemi
macrocristallini in grotte interessate da flussi d’acqua
turbolenta e/o da acque di percolazione sottosature,
come evidenziato da Borsato et al. (2005), e testimonia l’apertura del sistema nei confronti degli isotopi
radiogenici utilizzati nelle datazioni.
Pertanto, per verificare la coerenza delle altre datazioni 14C e costruire un modello di età affidabile, si
è effettuato il conteggio delle lamine su tutta la sequenza. In particolare, nel tratto tra 54 mm e 390 mm,
corrispondente all’intervallo temporale di 3783 ±210
anni (cfr. Tab. 1), si sono contate 3755 ±180 lamine,
dimostrandone la loro annualità come previsto in
analogia con altri speleotemi (stalagmiti laminate) di
grotte poco profonde (Frisia et al. 2003, 2005). Per la
costruzione del modello di età si sono quindi utilizzati
i conteggi delle lamine di accrescimento annuali facendo corrispondere, attraverso il metodo dei minimi
quadrati, le età desunte dalle lamine di accrescimento
con le 4 età 14C calibrate (Fig. 12). Lo scostamento
tra intervalli di età tra due datazioni 14C successive e
numero di lamine di accrescimento nell’intervallo corrispondente varia da -26 a +76 anni, ben al di sotto
dell’errore intrinseco della datazioni 14C.
Si è quindi utilizzato il conteggio delle lamine annuali per datare gli intervalli esterni alle datazioni 14C,
fino a coprire l’intera successione. Il modello di età è
stato successivamente trasformato un polinomio di 6°
grado; lo scarto tra età calcolata dal conteggio delle
lamine e modello di età polinomiale è risultato sempre
Fig. 12 - Datazioni 14C calibrate, modello di età desunto
dalle lamine di crescita annuali e tasso di crescita calcolato
per la sequenza di tufo calcareo BS-T2 del Bus de la Spia.
Le analisi 14C riportate in rosso sono state scartate, in quanto
presentano inversione stratigrafica.
Fig. 12 - Calibrated 14C ages, age model derived from the
annual laminae counting and calculated growth rate for the
calcareous tufa sequence BS-T2 from Bus de la Spia. The
14
C analyses in red have been discarded from the age model
on the basis of their stratigraphic inversion.
inferiore a ±47 anni, con uno scarto medio del valore
assoluto di 16 ±12 anni.
Secondo il modello l’inizio della formazione della
colata di tufo è avvenuto intorno a 10.890 ±150 anni
cal. BP con un tasso di crescita di 97 µm l’anno (Fig.
12). Il tasso è poi diminuito progressivamente fino a
88 µm l’anno intorno a 8000 ±150 anni cal. BP, quindi
la velocità di crescita del deposito è rimasta pressoché
costante fino alla cessazione della deposizione avvenuta intorno a 4470 ±200 anni cal. BP.
4.2.3. Analisi chimico-fisiche e isotopiche
Analisi fisiche relative alla densità apparente e contenuto in acqua del deposito sono state effettuate su 9
campioni prelevati dalla parte centrale della carota, utilizzati successivamente per le datazioni 14C. Le analisi
fisiche e quelle isotopiche, effettuate ogni 2 mm per un
totale di 286 campioni, hanno permesso di distinguere
due unità descritte dal basso verso l’alto (Fig. 13):
Unità 1. Tra 572 e 308 mm (tra 10.890 e 8000 anni cal. BP)
La prima unità si contraddistingue per un contenuto in acqua relativamente alto, compreso tra 49% alla
250
Borsato et al.
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
Fig. 13 - Modello di età, caratteristiche fisiche e isotopi stabili della sequenza di tufo calcareo BS-T2 rappresentata all’estremità
destra.
Fig. 13 - Age model, water content, density and stable isotopes composition of BS-T2 calcareous tufa sequence represented
on the far right side.
base e 35% del peso totale verso il passaggio all’Unità
2. La densità apparente, calcolata sul peso secco, varia
da 0,88 a 0,97 g cm-3 e sale fino a 1,15 g cm-3 verso
il passaggio all’Unità 2. Il δ13C è contraddistinto da
una sorta di valore di fondo intorno a -9,0‰ sul quale
si inseriscono una serie di picchi positivi della durata
di 50-150 anni spaziati in modo più o meno regolare
ogni 300 anni circa e centrati intorno a 10.870, 10.580,
10.400, 9700, 9450, 9230, 8950, 8560, 8200 e 8050
anni cal. BP (Fig. 14). L’escursione dei picchi è massima (+5,5‰) alla base della sequenza e diminuisce
progressivamente fino a +1,0‰ verso il passaggio all’Unità 2. Ai picchi del δ13C corrispondono analoghi
picchi positivi del δ18O, sebbene la loro escursione sia
leggermente minore. Al di fuori dei picchi, anche il
δ18O è caratterizzato da valori più o meno costanti tra
-8,5 e -8,0‰.
Unità 2. Tra 308 e 0 mm (tra 8000 e 4470 anni cal. BP)
La seconda unità si distingue per un contenuto in
acqua minore, compreso tra 38% e 26% del peso totale, ma una maggiore densità apparente che varia da
1,07 a 1,36 g cm-3. Gli isotopi di carbonio e ossigeno
non mostrano più i picchi positivi tipici dell’Unità 1,
ma piuttosto una struttura ciclica con periodo intorno
ai 1000 anni, articolata da brevi e meno definiti picchi
positivi. Entrambi gli isotopi mostrano un generale
trend positivo, evidente soprattutto nel δ18O (0,2‰ al
millennio) e nella parte finale della sequenza tra 5000
e 4470 anni cal. BP.
5.
DISCUSSIONE
5.1.
Cenni sulla formazione di tufo stromatolitico in
ambiente ipogeo
La concrezione di tufo calcareo BS-T2 è simile, per
aspetto tessiturale, alle tufa stromatolites (Andrews &
Brasier 2005), nelle quali la micrite è bioprecipitata e
intrappolata da alghe procariote e cianobatteri (Golubic
1973; Walter 1976). I romboedri osservati nel deposito
hanno una morfologia che richiama precipitati primari, piuttosto che sedimento rimaneggiato, e potrebbero
essere sia di origine inorganica che bioprecipitati in
associazione a procarioti. Le fibre di calcite che incorporano i romboedri sono anch’esse spiegabili o
con processi inorganici (Borsato et al. 2000b) o come
precipitazione biomediata. Fibre analoghe a quelle
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
251
Età (anni cal. BP)
Fig. 14 - Profili isotopici della sequenza di tufo calcareo BS-T2 con evidenziati in grigio i picchi positivi per entrambi gli
isotopi. I rombi in alto rappresentano le datazioni 14C calibrate con i relativi errori 2Σ utilizzate nel modello di età.
Fig. 14 - Stable isotope time series of BS-T2 calcareous tufa sequence. The gray vertical bars represent the positive peaks for
the two isotopes. Diamonds indicate the calibrated 14C ages utilized in the age model with their 2Σ errors.
della concrezione BS-T2, infatti, sono osservabili in
alcuni depositi carbonatici di paleosuoli, dove sono
state interpretate come il risultato di biomineralizzazione legata a funghi (Bajnóczi & Kovács-Kis 2006).
La presenza di domini di estinzione che “tagliano” le
lamine di tipo stromatolitico indicherebbe fenomeni di
riorganizzazione tessiturale, dovuta a diagenesi molto
precoce (ricristallizzazione), analoghi a quelli descritti
in depositi biogenici di acque dolci quali i travertini
(Golubic et al. 1993). Le strutture a ventaglio illustrate
nella figura 11B sono caratteristiche della diagenesi
nei tufi stromatolitici per progressiva aggregazione dei
microcristalli che formano un articolato edificio monocristallino (Figg. 11H-I). Durante la crescita della
concrezione, la struttura dei filamenti batterici potrebbe creare ventagli di cristalliti di forma romboedrica
tra un filamento e l’altro. I ventagli entrerebbero in
coalescenza tra loro lateralmente formando dei monocristalli per crescita sintassiale caratterizzati dalla
stessa estinzione quando osservati a Nicol incrociati
(Fig. 11B). Fenomeni di diagenesi sono anche riconoscibili dalla presenza della sparite isodiametrica probabilmente cresciuta su originali nuclei costituiti da
romboedri “primari” di piccole dimensioni associati ai
procarioti (Freytet & Verrecchia 1998).
Nella formazione dei tufi calcarei di acqua dolce
di tipo stromatolitico, precipitazione biotica e abiotica
sono associate (Pentecost 1978; Szulc & Smyk 1994).
Tuttavia, l’ambiente ipogeo è caratterizzato da oscurità, per cui si può escludere biocristallizzazione da cianobatteri tipo Scytonema, Phormidium o Schizothrix,
che formano comunemente le lamine stromatolitiche
in ambiente acquatico superficiale. Non è da escludere
a priori la presenza di funghi. I batteri, tuttavia, sono
sicuramente presenti in grotta e potrebbero favorire
la formazione del tufo calcareo. Recenti studi hanno
rivelato la presenza di acidi con 3-idrossili, acidi alkenodioici e steroli, comunemente associati ai batteri,
all’interno e tra i cristalli che costituiscono le concrezioni (Blyth et al. 2006).
Al momento non sono noti i tipi di batteri che
potrebbero avere favorito la formazione del tufo calcareo, o avere causato la bioprecipitazione della calcite, sebbene le lamine micritiche scure suggeriscono
la presenza di materia organica, anche in forma di
biofilm (Bajnóczi & Kovács-Kis 2006). È probabile,
comunque, che la crescita del tufo calcareo sia favorita da batteri, come ad esempio l’enzima urease
(aminohydrolase urea) (Bachmeier et al. 2002), che
svolgono un’azione di catalisi nella bioprecipitazione
di calcite. La formazione di questo particolare tipo di
concrezione di grotta, dunque, è sicuramente legata
alla presenza di acqua corrente e all’azione di batteri
che, invece di derivare energia dalla luce, la traggono
da molecole organiche e, possibilmente, da elementi in
traccia veicolati dall’acqua.
252
Borsato et al.
5.2.
Condizioni di equilibrio isotopico e serie temporali di δ18O
Per verificare le condizioni di precipitazione all’equilibrio nei confronti degli isotopi dell’ossigeno,
si è confrontata la composizione media del δ18Oc della
colata di tufo nelle parti non interessate dai picchi positivi (circa -8,5‰ PDB) con la composizione del δ18Ow
dell’acqua. Non conoscendo la composizione originale dell’acqua nel periodo di formazione del tufo sono
stati impiegati i valori isotopici medi del biennio 20022003 per due stillicidi attivi nella grotta (-9,4 ±0,3‰
V-SMOW), nonché dell’acqua del sifone terminale (10,14 ±0,22‰ V-SMOW). Utilizzando l’equazione di
Hoefs (1987) è stata calcolata una temperatura media
per il periodo di deposizione del tufo calcareo di 12,9
±1,35 °C, introducendo come δ18Ow dell’acqua quello
degli stillicidi. Se nell’equazione si inserisce il valore
di δ18Ow dell’acqua del sifone si ottiene una temperatura media di 9,5 ±1,0 °C, che è simile alla temperatura
media odierna misurata in grotta (8,9 °C). Questo suggerisce che la deposizione del tufo calcareo è avvenuta
da parte dell’acqua del sifone e in condizioni di sostanziale equilibrio isotopico, con l’esclusione dei periodi
caratterizzati da picchi positivi del δ18Oc. Come ipotizzato nel paragrafo 4.2.1, gli effetti della diagenesi
precoce non hanno sostanzialmente alterato il segnale
isotopico: calcite spatica e micrite costituita da piccoli
romboedri primari molto probabilmente precipitarono
da acque con composizione isotopica simile.
L’ipotesi di formazione del tufo in equilibrio isotopico è corroborata dalla calibrazione con il presente.
La composizione isotopica della calcite sulla superficie di crescita attiva della colata nella zona di oscillazione invernale del sifone (campione BS21 – Fig. 2)
ha valori di δ18Oc di -8,35 ±0,2 corrispondenti a una
temperatura di formazione di 8,8 ±0,9 °C, molto simile
alla temperatura attuale della grotta.
Per calcolare la temperatura di deposizione del latte
di monte si è seguito un approccio analogo, utilizzando
il valore medio delle acque di percolazione per l’anno
1999 dell’Antro della Roda (δ18Ow= -10,2 ±0,12‰ (VSMOW), a poca distanza dalla Grotta Cesare Battisti
(cfr. Borsato et al. 2000a). È stata così ottenuta una
temperatura di 6,95 ±0,55 °C, sensibilmente superiore
alla temperatura ipogea attuale (3,5 ±0,2 °C). La differenza tra la temperatura attuale e quella calcolata per
l’Olocene medio è decisamente elevata, e in contraddizione con i risultati ottenuti per la colata BS-T2 che indicherebbero una temperatura simile a quella odierna.
Si può quindi ipotizzare che anche per il latte di monte
della Grotta Cesare Battisti il δ18Oc rifletta soprattutto la
composizione originaria del δ18Ow delle precipitazioni
meteoriche dell’Olocene medio. Ipotizzando una temperatura media simile a quella attuale e la formazione
di latte di monte in equilibrio isotopico, la relazione
tra δ18Oc e temperatura darebbe una composizione del
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
δ18Ow delle precipitazioni sulla cima della Paganella
nell’intervallo tra 8000 e 7000 cal. BP di -10,95‰ (VSMOW). Questo valore è tipico delle precipitazioni
invernali per il Trentino (Longinelli & Selmo 2003) e
indicherebbe un contributo maggiore del segnale della
stagione fredda rispetto a quella calda nel determinare
il valore isotopico del latte di monte.
5.3.
Gli isotopi del carbonio
Nel tufo calcareo, nella parte di Unità 2 non interessata dai picchi positivi, la composizione isotopica del
δ13C risulta di -8,7 ±0,6‰ (PDB). Questo valore medio
è confrontabile con quello dei depositi di tufo calcareo
del carso Dinarico, che variano da -8,3 ±1,0 (Laghi di
Plitvice) a -10,1 ±0,5‰ (Fiume Zrmanja) (Horvatin i
et al. 2003), e dei carbonati pedogenetici bioprecipitati ungheresi (Bajnóczi & Kovács-Kis 2006). Valori
simili sono stati anche ottenuti nel tufo del carso della
Boemia (-9,5 ±0,5‰, Žak et al. 2002). Questi valori
indicano che nei tufi calcarei prevale incorporazione di
CO2 arricchita nell’isotopo leggero, 12C, originatasi nel
suolo (Cerling et al. 1989) dai processi di respirazione
di piante di tipo C3 (cfr. Andrews 2006). Tuttavia, se
il carbonio fosse esclusivamente derivato da CO2 di
origine biologica, il δ13C che ci si aspetterebbe nella
calcite dovrebbe essere in media -11‰ (Cerling et al.
1989). Pertanto il deposito potrebbero avere incorporato carbonio da altre fonti più arricchite in 13C, quali
carbonio atmosferico (δ13C intorno a -7‰) o carbonio
derivato dalla dissoluzione della roccia carsica. Infatti,
valori positivi del δ13C in depositi di tufo calcareo,
come in altri speleotemi, sono stati associati ad aree
di alimentazione a quote relativamente elevate, dove
la copertura vegetale e lo sviluppo del suolo sono molto limitati e il contributo del δ13C della roccia carsica
diventa preponderante (Borsato 1995; Andrews et al.
1997; Horvatinčić et al. 2003; Andrews 2006).
5.4.
Covarianze e significato dei proxy isotopici
Esaminata nella sua interezza, la successione di
latte di monte CB-L6 è caratterizzata dalla covarianza positiva tra δ18O e δ13C, indice di possibili effetti
cinetici durante la precipitazione della calcite, e da
una correlazione negativa tra i due isotopi stabili e il
CaCO3 equivalente (Fig. 15). Le correlazioni sono dovute soprattutto all’Unità 3 dove si assiste a una forte
diminuzione del CaCO3 equivalente accompagnata
dall’aumento dei valori del δ13C (cfr. Fig. 9).
La diminuzione del CaCO3 equivalente è senz’altro connessa alla drastica diminuzione della velocità
di crescita della calcite. Di conseguenza, le impurità
non carbonatiche in carico all’acqua possono diventare predominanti all’interno del deposito. La diminuzione della velocità di crescita è a sua volta legata
a una diminuzione della produzione di CO2 nel suolo
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
Fig. 15 - Correlazione tra δ13C, δ18O e CaCO3 equivalente
della carota di latte di monte CB-L6.
Fig. 15 - Cross correlations between δ13C, δ18O and CaCO3
of the CB-L6 moonmilk core.
al di sopra della cavità, che influenza lo stato di saturazione rispetto alla calcite delle acque di percolazione. Questo è il fattore limitante per la formazione di
speleotemi alle alte quote (cfr. Borsato et al. 2007). A
1900 m s.l.m., nell’area della Grotta Cesare Battisti, al
di sopra dell’attuale treeline, la produzione di CO2 nel
suolo è funzione diretta della temperatura (Borsato &
Miorandi 2003) e, più precisamente, della radiazione
solare che giunge al suolo. Pertanto si può stabilire una
relazione inversa tra δ13C e temperatura media in superficie o, quantomeno, con la temperatura media durante
il semianno vegetativo estivo. Quindi, nel contesto climaticamente molto sensibile della Grotta Battisti, una
diminuzione di temperatura in superficie comporta una
aumento del δ13C del latte di monte dovuto al maggior contributo di δ13C della roccia e dell’atmosfera.
Nell’Unità 3, a partire da 6500 anni cal. BP il tasso di
crescita estremamente ridotto del latte di monte fa sì
che si registrino anche modesti effetti cinetici nel δ13C
e δ18O (Fig. 15) dovuti alla moderata ventilazione della
grotta (Miorandi & Borsato 2007).
Nella sequenza di tufo calcareo la covarianza positiva tra δ18O e δ13C, determinata soprattutto dai picchi
positivi dei due isotopi nella parte più antica della sequenza (r2= 0,75), è molto più evidente e l’escursione
del δ18O è molto più ampia (Fig. 16). Ciò suggerisce
un diverso meccanismo alla base e si può spiegare con
il trasporto di particolato carbonatico in sospensione
da parte delle acque del sifone durante gli eventi di
piena. Infatti, al termine del periodo freddo del Dryas
253
Fig. 16 - Correlazione tra δ13C e δ18O della sequenza di
tufo calcareo BS-T2 nelle due unità riconosciute. La retta
di regressione si riferisce ai soli punti dell’unità più antica
(8000-11000 anni cal. BP). I triangoli rossi definiscono la
mixing-line dovuta al contributo via via crescente di frazione
detritica derivata dalla roccia incassante.
Fig. 16 - Cross correlation between δ13C and δ18O of BST2 calcareous tufa sequence in the two recognized units.
The regression line refers to the older unit (8000-11000
cal yrs BP). The red triangles identify mixing with different
proportions of bedrock detrital contribution.
recente (ca. 11.500 anni cal. BP) il suolo e la copertura vegetale nel bacino di alimentazione del sifone del
Bus de la Spia, sviluppato tra le quote 1500 e 2400 m
s.l.m., dovevano essere scarsi e discontinui favorendo
l’infiltrazione di particolato carbonatico fine.
Questa ipotesi è stata sottoposta a scrutinio costruendo un modello di mixing, per il quale sono stati
utilizzati, come end member positivo, la composizione isotopica della roccia affiorante nel bacino di alimentazione (Calcari Grigi, Calcare di Zu e Dolomia
Principale) che si aggira intorno a +2‰ δ13C e -1‰
δ18O (PDB) (Borsato et al. 1994) e, come end member negativo, il valore di -8,9‰ δ13C e di -8,3‰ δ18O
(PDB) del tufo (Fig. 16). La mixing line così ottenuta
coincide con la retta di regressione calcolata per l’unità
più antica e descrive un contributo medio del 5% della frazione detritica nell’intervallo tra 11.000 e 8000
anni BP, con rari picchi oltre il 25%. La progressiva
diminuzione dei picchi di δ13C, che da escursioni nei
valori di circa +5,5‰ alla base della sequenza passa a
+1,0‰ verso il passaggio all’Unità 2 (Fig. 14), si spiegherebbe come progressivo aumento della copertura
pedologico-vegetale e della contemporanea rimozione
254
Borsato et al.
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
Fig. 17 - Confronto tra serie di δ13C di tufo calcareo BS-T2 e latte di monte CB-L6 con la serie δ18O COMNISPA da stalagmiti
della Grotta di Spannagel in Tirolo (Vollweiler et al. 2006). I rombi in alto rappresentano le datazioni 14C calibrate (CB-L6 in
rosso e BS-T2 in blu) con i relativi errori 2Σ utilizzate nel modello di età, mentre la freccia rossa indica la relazione negativa
tra temperatura e δ18O nelle serie COMNISPA.
Fig. 17 - Comparison between the δ13C series of BS-T2 calcareous tufa and CB-L6 moonmilk deposit with the composite δ18O
stalagmite series (COMNISPA) from Spannagel Cave in Tirol (Vollweiler et al. 2006). Diamonds indicate the calibrated 14C
ages utilized in the age model (CB-L6 in red, BS-T2 in blue) with their 2Σ errors, while the red arrow indicates the negative
correlation between temperature and δ18O in the COMNISPA series.
Fig. 18 - Confronto tra serie di δ13C della sequenza BS-T2 con il δ18O di ghiaccio groenlandese GISP2 (Grootes & Stuiver
1997, scala rovesciata)
Fig. 18 - Comparison between the δ13C time series of BS-T2 calcareous tufa and the δ18O of the Greenland GISP2 ice core
(Grootes & Stuiver 1997, inverted scale).
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
del particolato fine in superficie che risulterebbe stabilizzato intorno a 8000 anni cal. BP. A partire da questa
data, l’interpretazione del δ13C nel tufo non si discosta
da quanto discusso per il latte di monte, considerata la
coincidenza altimetrica dei due bacini di alimentazione, e infatti la struttura delle due serie di δ13C è molto
simile (Figg. 17, 18).
Il maggiore trasporto di sedimento, a scala da decennale a secolare, da parte dell’acqua del sifone è
probabilmente una risposta non-lineare a cambiamenti
nelle caratteristiche del suolo e ad eventi piovosi molto
intensi (Coulthard et al. 2000). Un aumento della frazione detritica nel tufo calcareo implica un incremento
della portata del sifone, quindi una crescita del ricarico
nel bacino di alimentazione. La mobilizzazione di sedimento carbonatico ad alta quota è legata a fenomeni
erosivi e di dissoluzione-disgregazione connessi a processi bio-chimici e crioclastici (Borsato et al. 2000a).
Pertanto, durante periodi caratterizzati da un aumento
di fenomeni di precipitazione molto intensi, è ipotizzabile un incremento dell’infiltrazione nell’acquifero,
con conseguente rialzo della portata del sifone e mobilizzazione del particolato fine presente sia in superficie
che all’interno dell’acquifero.
Dai dati relativi ai parametri orbitali, sappiamo che
prima di 6000 anni fa il regime climatico era generalmente più piovoso, ma caratterizzato da un maggiore
contrasto stagionale rispetto al presente (Crucifix et al.
2002; Bradley et al. 2003). Pertanto, i picchi positivi di
δ13C e δ18O nel tufo calcareo indicherebbero periodi di
durata secolare di forte contrasto idrologico.
L’intervallo tra 11.000 e 8000 anni fa, quindi,
sembrerebbe essere molto più instabile dal punto di
vista idrologico rispetto agli ultimi 8000 anni, così
come emerge anche nella ricostruzione proposta per il
Mediterraneo orientale (Bar-Matthews et al. 1999). Il
confronto con serie isotopiche da stalagmiti del Medio
Oriente e del Mediterraneo (Neff et al. 2001; Fleitmann
et al. 2003; Frisia et al. 2006) dà ulteriore supporto al
quadro climatico ricostruito per il Trentino dalle due
serie qui analizzate, evidenziando l’Olocene inferiore
come un periodo idrologicamente instabile, ma complessivamente più piovoso dell’Olocene medio-superiore. Fleitmann et al. (2003), analizzando i valori del
δ18O in stalagmiti dell’Oman, ipotizzarono che questa
instabilità fosse legata a un regime climatico ancora
di “tipo glaciale”, caratterizzato da un comportamento
caotico (Burroughs 2005), a causa della persistenza
delle calotte in Nord America e Siberia. Se così fosse,
la fine del “regno del caos” non coinciderebbe con il
passaggio Dryas recente - Olocene, come ipotizzato da
Burroughs (2005), ma con quello tra Olocene inferiore
e Olocene medio.
Per le zone montuose del Trentino, il contrasto
stagionale dovuto ai parameri orbitali dovrebbe avere
avuto anche una componente legata alla temperatura,
oltre che all’idrologia, in quanto è noto che le alte
255
quote sono più sensibili a variazioni nella radiazione solare. A titolo di esempio, la serie del δ18O
COMNISPA da stalagmiti della Grotta di Spannagel
in Tirolo (Vollweiler et al. 2006), situata a circa 2500
m s.l.m., è stata interpretata come prevalente segnale
di temperatura, cui si correlerebbe una variazione
nelle traiettorie che portavano umidità nella stagione invernale. Nel caso specifico, valori di δ18Oc più
negativi corrisponderebbero a temperature medie più
elevate, in quanto Spannagel riceverebbe con maggiore frequenza precipitazioni invernali da traiettorie
di origine atlantica, più negative delle masse d’aria di
provenienza meridionale o delle piogge estive (Fig.
17). Dal confronto tra le serie del δ13C di BS-T2 con
quella del δ18Oc COMNISPA è interessante notare
che i picchi positivi del δ13C nella curva del tufo calcareo, qui interpretati come aumento della portata,
sembrano coincidere con picchi positivi del δ18Oc in
COMNISPA, spiegati come maggiore influenza delle
traiettorie di provenienza meridionale e minore precipitazione invernale a nord dello spartiacque alpino
(Vollweiler et al. 2006). Se così fosse, si potrebbe
ipotizzare che i periodi a maggiore piovosità fossero
legati a variabilità secolare nella circolazione atmosferica e a una forte influenza di traiettorie di origine
mediterranea.
Per quanto riguarda le temperature, il confronto
delle serie del δ13C di CB-L6 e BS-T2 e del δ18Oc in
COMNISPA, sebbene la posizione dei relativi picchi
a partire da 7200 anni cal. BP appaia leggermente
anticipata in CB-L6, definirebbe due periodi caldi tra
7500 e 6450 e tra 5200 e 4500 anni cal. BP separati
da un evento freddo tra 5900 e 5200 anni cal. BP. Il
primo periodo corrisponderebbe in parte all’Optimum
Climatico dell’Olocene, mentre il periodo tra 5900 e
5200 anni cal. BP sarebbe stato caratterizzato da un
raffreddamento nell’Emisfero Settentrionale, osservato anche in serie lacustri peri-alpine e alpine (Magny
& Haas 2004).
5.5.
L’evento 8200
Nella serie isotopica del δ18O della carota di
ghiaccio groenlandese GISP2 (Grootes & Stuiver
1997) l’Olocene inferiore è caratterizzato da un picco
freddo a circa 8200 anni cal. BP (Fig. 18) denominato
evento 8200. Questo episodio climatico è tuttora molto dibattuto, in quanto in molti record climatici ad
alta risoluzione non è riconoscibile come “evento”,
cioè un cambiamento brusco di forte intensità e breve
durata (Rohling & Pälike 2005). L’evento 8200 sarebbe stato determinato dall’improvviso riversarsi delle
acque dolci e fredde del Lago Agassiz, che occupava
l’attuale regione dei Grandi laghi in Nord America,
nell’Atlantico settentrionale, con conseguente blocco
nella formazione di acque profonde e indebolimento
nella circolazione oceanica, causando un raffredda-
256
Borsato et al.
mento improvviso. In molti archivi di dati proxy, invece, l’evento 8200 appare come un periodo relativamente freddo durato 2-3 secoli, probabilmente legato
a una diminuzione dell’attività solare (Rohling &
Pälike 2005). L’evento 8200 coinciderebbe con uno
degli ultimi picchi di piovosità evidenziato dai valori
positivi del δ13C nella serie del tufo calcareo BS-T2.
Altri picchi negativi minori registrati nella serie del
δ18O del GISP2 corrispondono a picchi positivi del
δ13Cc nel tufo calcareo. Questo, da un lato corrobora
l’interpretazione di un Olocene inferiore climaticamente instabile, dall’altro indica che nelle Alpi e in
Italia l’evento 8200 non ebbe un impatto particolarmente importante, mentre sicuramente si registrò un
periodo plurisecolare di raffreddamento, come già
evidenziato nella serie della Grotta Savi a Trieste
(Frisia et al. 2005), nella serie di Spannagel in Tirolo
(Vollweiler et al. 2006) e in quella di Carburangeli in
Sicilia (Frisia et al. 2006). Un picco positivo del δ13C
intorno a 8200 anni cal. BP è registrato anche nel
tufo calcareo di Wateringbury in Inghilterra meridionale (Garnett et al. 2004; Andrews 2006), sebbene in
questo record, come nella serie di tufo Svaty Jan pod
Skalou in Boemia (Žak et al. 2002), l’evento 8200
corrisponda a un picco negativo del δ18O dell’ordine
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
di -0,5‰ (Andrews 2006). Infine, la struttura articolata dell’evento 8200 in BS-T2 con due picchi a 8180
e 8560 anni cal. BP si correla con i due distinti eventi
di raffreddamento registrati nel nord Atlantico subpolare a 8290 e 8490 anni (Eleison et al. 2006), analogamente a quanto avviene per la grotta di Spannagel
(Vollweiler et al. 2006). È anche significativo che
il deposito di latte di monte nella Grotta Battisti
abbia iniziato a formarsi a 8070 ±150 anni cal. BP,
al termine del periodo di raffreddamento incentrato
a circa 8200 anni BP: è probabile, pertanto, che il
riscaldamento post-8200, accelerando la formazione
di suolo al di sopra della Grotta Cesare Battisti, abbia
permesso l’inizio del concrezionamento.
5.6.
Cause della fine del concrezionamento
Nella figura 19, le serie temporali del δ18O nel
latte di monte e nel tufo calcareo sono confrontate
con la serie del δ18O della stalagmite ER76 della
Grotta di Ernesto per l’Olocene inferiore e medio
(McDermott et al. 1999; Frisia et al. 2006). Si può
osservare come nell’intervallo tra 8000 e 4500 anni
cal. BP le tre serie siano caratterizzate da un trend
positivo simile di circa 0,2‰ al millennio, sebbene
Fig. 19 - Confronto tra profili isotopici della sequenza di tufo calcareo BS-T2, della carota di latte di monte CB-L6 e la
stalagmite ER76 della Grotta di Ernesto (McDermott 1999; Frisia et al. 2006).
Fig. 19 - Comparison between the stable isotope time series of BS-T2 calcareous tufa, CB-L6 moonmilk core, and ER76
stalagmite from Grotta di Ernesto (McDermott 1999; Frisia et al. 2006).
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
differiscano sensibilmente nei valori assoluti a causa della diversa composizione isotopica delle acque
di percolazione e delle relative temperature ipogee.
Questo trend potrebbe testimoniare una variazione
nella provenienza dei fronti nuvolosi o una progressiva diminuzione delle precipitazioni invernali a partire
da 8000 anni fa, legata alla progressiva diminuzione
dell’insolazione nell’Emisfero Settentrionale dovuta
ai parametri orbitali. Per fenomeni di feed-back dovuti alla vegetazione, la progressiva diminuzione dell’insolazione – che aveva raggiunto il suo massimo
circa 11.500 anni fa – si tradusse in un calo improvviso della piovosità nel Sud Europa e Nord Africa a
partire da circa 6000 anni fa (Gasse 2000), causando
l’espansione del Sahara in Nord Africa e l’abbandono di intere regioni, quali il Ciad e il Fezzan libico
(Burroughs 2005). La progressiva diminuzione della
piovosità è registrata anche in concrezioni di tufo
calcareo nell’Europa centro orientale: a partire da
circa 6500 anni fa nel carso boemo la crescita di tufo
calcareo fitoermale si interruppe per essere sostituita
dalla deposizione litologicamente complessa di tufo
sciolto alternato a livelli di paleosuoli e livelli detritici (Žak et al. 2002), cui corrisponde una diminuzione nel contenuto in CaCO3, analogamente a quanto
succede per il latte di monte CB-L6. Molte sequenze
di tufo calcareo in Europa terminarono di depositarsi nell’Olocene medio o superiore (Andrews 2006).
Quindi, è possibile ipotizzare che una combinazione
tra diminuzione della piovosità media annua dovuta
a parametri orbitali e un abbassamento delle temperature a partire da circa 5900 anni fa abbiano portato
a condizioni vieppiù sfavorevoli alla formazione di
latte di monte e tufo calcareo.
Infine, sulla base delle informazioni archeologiche, si può ipotizzare che fenomeni generalizzati di
disboscamento in età protostorica abbiano contribuito all’erosione dei suoli (Tinner & Theurillat 2003),
con la conseguente drastica riduzione o cessazione
della formazione di tufo calcareo e latte di monte in
Trentino.
6.
257
la presenza di suolo forestale nel bacino di alimentazione, suggerisce precipitazioni elevate in grado di
favorire la frequente risalita del livello del sifone che,
combinandosi con le acque di percolazione provenienti
dalla zona immediatamente soprastante la cavità (sviluppata intorno alle quote di 650 m s.l.m.), ricaricava
l’acquifero permettendo una continua alimentazione
e crescita del tufo. La colata di latte di monte nella
Grotta Cesare Battisti, invece, iniziò a formarsi circa
2500 anni più tardi. Questo ritardo è legato all’altezza
della grotta, situata a quasi 2000 metri di quota, per cui
l’evoluzione del suolo procedette con sensibile ritardo
rispetto al Bus de la Spia.
La variabilità degli isotopi del carbonio nella calcite formatasi nell’Olocene inferiore dei due depositi
di latte di monte e tufo calcareo è stata qui interpretata
come dovuta a instabilità climatica, e, più precisamente, a variazioni secolari nell’intensità del contrasto stagionale, soprattutto di tipo idrologico, e conseguente
variazione delle portate. Questa instabilità climatica è
stata osservata in altri record paleoclimatici ed è stata
imputata al persistere di condizioni di tipo glaciale,
quindi a un clima ancora molto variabile. È stato qui
anche ipotizzato che la maggiore piovosità fosse legata
a un predominare delle traiettorie di provenienza mediterranea.
Le serie del δ18O del latte di monte e del tufo calcareo nell’intervallo temporale 8000 e 4500 cal. BP
sono caratterizzate da un trend verso valori positivi di
0,2‰ al millennio, che qui è stato interpretato come
indice di una progressiva diminuzione della piovosità
media annua. Questo fenomeno è stato osservato sia
nel bacino del Mediterraneo sia in Europa.
Tra circa 4500 e 3000 anni fa cessò il concrezionamento: per il tufo del Bus de la Spia, il cui fattore
limitante è la disponibilità d’acqua, la causa principale
è da ricercarsi nella progressiva diminuzione delle
precipitazioni, a partire da circa 5900 anni fa; per la
Grotta Battisti la causa prima della riduzione del tasso
di crescita fino alla completa cessazione della formazione del latte di monte è invece legata alla progressiva
riduzione delle temperature.
CONCLUSIONI
RINGRAZIAMENTI
I depositi di latte di monte e tufo calcareo possono
essere utilizzati per ricostruzioni paleoclimatiche ad
alta risoluzione, e forniscono informazioni complementari rispetto agli speleotemi di calcite macrocristallina.
Per il tufo calcareo, comune nelle grotte trentine
al di sotto dei 1200 m s.l.m. (Miorandi & Borsato
2007), il parametro che più ne influenza la formazione
durante l’Olocene è la disponibilità di acqua e, quindi, la piovosità. La colata del Bus de la Spia iniziò a
formarsi circa 11.000 anni fa, poco dopo la fine del
Dryas recente. La sua formazione, oltre ad indicare
Questo lavoro è parte della ricerca OLOAMBIENT
finanziata dal Servizio Università e Ricerca della
Provincia Autonoma di Trento. Si ringraziano Laurie
Mauclaire (ETH Zurigo) per le foto all’ESEM, Michele
Zandonati per l’esecuzione dei disegni relativi ai rilievi delle cavità e per il supporto logistico durante i
campionamenti, nonché Simone Degasperi e Roberto
Stocchetti per l’esecuzioni delle analisi chimiche. Si
ringraziano inoltre Federica Camin per le analisi del δ
18
O dell’acqua e Maria Letizia Filippi per la revisione
critica del testo.
258
Borsato et al.
BIBLIOGRAFIA
Andrews J.E., 2006 - Palaeoclimatic records from stable
isotopes in riverine tufas: Synthesis and review. EarthSc. Rev., 75: 85 - 104.
Andrews J.E. & Brasier T., 2005 - Seasonal records of climatic change in annually laminated tufas: short review
and future prospects. J. Quat. Sci., 20(5): 411-421.
Andrews J.E., Riding R. & Dennis P.F., 1997 - The stable
isotope record of environmental and climatic signals in
modern terrestrial microbial carbonates from Europe.
Palaeogeogr. Palaeoclimatol. Palaeoecol., 129: 171189.
Bar-Matthews M., Ayalon A., Kaufman A. & Wasserburg
G.J., 1999 - The eastern Mediterranean palaeoclimate as
a reflection of regional events: Soreq cave, Israel. Earth
Planet. Sc. Lett., 166: 85-95.
Bachmeier K.L., Williams A.E., Warmington J.R. & Bang
S.S., 2002 - Urease activity in microbiologically-induced calcite precipitation. J. Biotechnol., 93: 171-181.
Bajnócsi B & Kovács-Kis V., 2006 - Origin of pedogenic
needle-fiber calcite revealed by micromorphology and
stable isotope composition – a case study of a Quaternary
paleosol from Hungary. Chemie der Erde, 66: 203-212.
Bini A., Borsato A. & Ischia N., 1991 - Morfologia ed
evoluzione della Grotta Cesare Battisti (La Paganella,
Trento). Atti IX Convegno Regionale di Speleologia del
Trentino - Alto Adige, Lavis, 1989. Natura Alpina, 42,
(2-3): 41-77.
Blyth A.J., Farrimond P. & Jones M., 2006 - An optimised
method for the extraction and analysis of lipid biomarkers from stalagmites. Org. Geochem., 37: 882-890.
Bombardelli M. & Gruppo Speleologico Trentino Sat
Bindesi Villazzano, 2004 - Esplorazione subacquea del
sifone terminale del Bus de la Spia (Sporminore, Val di
Non). Atti del XII Convegno Regionale di Speleologia del
Trentino - Alto Adige, Selva di Grigno 2002. Quaderni
della Biblioteca della Montagna, 7: 115-119.
Borsato A., 1995 - Ambiente di precipitazione e analisi
microstratigrafica di speleotemi in grotte delle Dolomiti
di Brenta e Valsugana (Trento): interpretazioni genetiche e implicazioni paleoclimatiche. Tesi di Dottorato di
Ricerca, Università di Milano: 175 pp.
Borsato A., 1996 - Analisi chimico-fisiche e monitoraggio di acque di percolazione nella Grotta del Calgeron
(Valsugana): primi risultati e implicazioni idrogeologiche. Studi Trent. di Sci. Nat., Acta Geol., 70 (1993):
79-94.
Borsato A., 1997 - Late-Glacial to Holocene biogenic moonmilk and calcareous tufa deposits from caves in Trentino
(NE-Italy): environment of precipitation and paleoclimatic significance. Il Quaternario, 9 (2): 473-480.
Borsato A., 2003 - Meteorologia ipogea in cavità della
Paganella (Trentino). Atti 19° Congresso Nazionale di
Speleologia, Bologna, 27-31 agosto 2003. Sotto Terra,
115: 157-168.
Borsato A., 2004 - Monitoraggio idrologico del sistema Bus
de la Spia - sorgente Acquasanta (Gruppo di Brenta): pri-
Tufo calcareo e latte di monte in Trentino
mi risultati. Atti XII Convegno Regionale di Speleologia
del Trentino - Alto Adige, Selva di Grigno, 2002.
Quaderni della Biblioteca della Montagna, 7: 33-42.
Borsato A. & Miorandi R., 2003 - Concentrazione di CO2 e
O2 in cavità del Trentino. Atti 19° Congresso Nazionale
di Speleologia, Bologna, 27-31 agosto 2003: 169-176.
Borsato A., Frisia S. & Sartorio D., 1994 - Late Triassic Early Liassic evolution at the margin between the Trento
Platform and the Lombardy Basin (Brenta Dolomites,
Italy). Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 69 (1992): 5-35.
Borsato A., Frisia S., Corradini F., Longinelli A., Artioli
G., Santuliana E., Gialanella S., Selmo E., Angeli P.,
Lutterotti L., Lauro C. & Avanzini M., 2000a - Acquiferi
carsici in Trentino: caratteristiche chimico-fisiche, vulnerabilità e inquinamento. Rapporto interno, Provincia
Autonoma di Trento: 270 pp.
Borsato A., Frisia S., Jones B. & van der Borg K., 2000b Calcite moonmilk: crystal morphology and environment
of formation in caves in the italian Alps. J. Sediment.
Res., 70: 1173-1182.
Borsato A., Quinif Y., Bini A. & Dublyansky Y., 2005
- Open-system alpine speleothems: implications for
U-series dating and paleoclimate reconstructions. Studi
Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 80 (2003): 71-83.
Borsato A., Miorandi R., Corradini F. & Frisia S., 2007 Idrochimica delle acque ipogee in Trentino: specie, variabilità stagionale, gradiente altitudinale e implicazioni
per gli studi climatico-ambientali da speleotemi. Studi
Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 123-150.
Bradley R.S., Briffa K.R., Cole J., Huges M.K. & Osborn,
T.J., 2003 - Climate of the Last Millenium. In: Alverson
K.D., Bradley R.S., Pedersen T.F. (eds), Paleoclimate,
Global Change and the Future. Springer, Berlin,
Heidelberg, New York: 105-141.
Burroughs W., 2005 - Climate Change in Prehistory.
Cambridge University Press, Cambridge: 378 pp.
Cerling T.E., Quade J.M., Wang Y. & Bowman J.R., 1989
- Carbon isotopes in soils and palaeosols as ecology and
palaeoecology indicators. Nature, 341: 138-139.
Coulthard T.J., Kirkby M.J. & Macklin M.G., 2000 Modelling geomorphic responses to environmental
change in an upland catchment. Hydrol. Processes, 14:
2031-2045.
Crucifix M., Loutre M.F., Tulkens P., Fichefet T. & Berger
A., 2002 - Climate evolution during the Holocene: a
study with an Earth system model of intermediate complexity. Clim. Dynam., 19: 43-60.
Ellison C.R.W., Chapman M.R. & Hall I.R., 2006 - Surface
and deep ocean interactions during the cold climate
event 8200 years ago. Science, 312: 1929-1932.
Fleitmann D., Burns S.J., Mudelsee M., Neff U., Kramers J.,
Mangini A. & Matter A., 2003 - Holocene forcing of the
Indian Monsoon recorded in a stalagmite from Southern
Oman. Science, 300: 1737-1739.
Freytet P. & Verrecchia E.P., 1998 - Freshwater organisms
that build stromatolites: a synopsis of biocrystallization
by prokaryotic and eukariotic algae. Sedimentology, 45:
535-563.
Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259
Frisia S., Borsato A., Fairchild I.J. & McDermott F., 2000 Calcite fabrics, growth mechanisms, and environments of
formation in speleothems from the Italian Alps and southwestern Ireland. J. Sediment. Res., 70 (5): 1183-1196.
Frisia S., Borsato A., Preto N. & McDermott F., 2003 - Late
Holocene annual growth in three Alpine stalagmites
records the influence of solar activity and the North
Atlantic Oscillation on winter climate. Earth Planet. Sc.
Lett., 216: 411-424.
Frisia S., Borsato A., Spötl C., Villa I. & Cucchi F., 2005
- Climate Variability in the South-Eastern Alps of Italy
over the last 17,000 years reconstructed from a stalagmite record. Boreas, 34: 445-455.
Frisia S., Borsato A., Mangini A., Spötl C., Madonia G. &
Sauro U., 2006 - Holocene record of climate changes
and land use in Sicily reconstructed from a stalagmite.
Quaternary Research, 66 (3): 388-400.
Garnett E.R., Andrews J.E., Preece R.C. & Dennis P.F.,
2004 - Climatic change recorded by stable isotopes and
trace elements in a British Holocene tufa. J. Quat. Sci.,
19: 251-262.
Gasse F., 2000 - Hydrological changes in the African tropics
since the Last Glacial Maximum. Quaternary Sci. Rev.,
19: 189-211.
Golubic S., 1973 - The relationship between blue-green
algae and carbonate deposits. In: Carr N. & Whitton
B.A. (eds), The biology of blue-green Algae. Blackwell
Scientific Publications, Oxford: 434-472.
Grootes P.M. & Stuiver M., 1997 - Oxygen 18/16 variability
in Greenland snow and ice with 10^3 to 10^5-year time
resolution. J. Geoph. Res., 102: 26455-26470.
Horvatinčić N., Krajcar Bronić I. & Obelić B., 2003 Differences in the 14C age, δ13C and δ18O of Holocene
tufa and speleothem in the Dinaric Karst. Pal. Pal. Pal.,
193: 139-157.
Lacelle D., Lauriol B. & Clark I.D., 2004 -Seasonal isotopic
imprint in moonmilk from Caverne de l’Ours (Quebec,
Canada): implications for climatic reconstruction. Can.
J. Earth Sci., 41: 1411-1423.
Longinelli A. & Selmo E., 2003 - Isotopic composition of
precipitation in Italy: a first overall map. J. Hydrol., 270:
75-88.
Magny M. & Haas J.N., 2004 - A major widespread climatic
change around 5300 cal. yr BP at the time of the Alpine
Iceman, J. Quat. Sci., 19: 423-430.
Mickler P.J., Stern L.A. & Banner J.L., 2006 - Large kinetic
isotope effects in modern speleothems. Geol. Soc. Am.
Bull., 118: 65-81.
259
Miorandi R. & Borsato A., 2007 - Ambiente di formazione
di tufo calcareo e latte di monte in grotte del Trentino
con particolare riferimento al Gruppo di Brenta e
Paganella. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005):
225-237.
Miorandi R., Borsato A., Frisia S. & Zandonati M., 2007
- Monitoraggio di aria e acqua di percolazione in alcune
grotte del Trentino. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82
(2005): 151-164.
Neff U., Burns S.J., Mangini A., Mudelsee M., Fleitmann
D. & Matter A., 2001 - Strong coherence between solar
variability and the Monsoon in Oman between 9 and 6
kyrs ago. Nature, 411: 290-293.
Pentecost A., 1978 - Bluegreen Algae and Freshwater carbonate deposits. Proceedings of the Royal Society, London
B, 200: 43-61.
Rohling E.J. & Pälike H., 2005 - Centennial scale climate
cooling with a sudden cold event around 8,200 years
ago. Nature, 434: 975-979.
Szulc J. & Smyk B., 1994 - Bacterially-controlled calcification of freshwater Schizotric Stromatolites: An example
from the Pieniny Mts., Southern Poland. In: BertrandSarfati J. & Monty C. (eds), Phanerozoic Stromatolites.
Dordrecht, Kluwer Academic Publishers: 31-51.
Tinner W. & Theurillat J.P., 2003 - Uppermost limit, extent,
and fluctuations of the timberline and treeline ecocline
in the Swiss Central Alps during the past 11,500 years.
Arct. Antarct. Alp. Res., 35 (2): 158-169.
Verrecchia E.P. & Verrecchia K.E., 1994 - Needle-fiber calcite: a critical review and a proposed classification. J.
Sediment. Res., A64: 650-664.
Vollweiler N., Scholz D., Mühlinghaus C., Mangini A. &
Spötl C., 2006 - A precisely dated climate record for the
last 9kyr from three high alpine stalagmites, Spannagel
Cave, Austria. Geophys. Res. Lett., 33, L20703 doi:
10.1029/2006GL027662, 2006.
Walter M.R., 1976 - Introduction. In: Walter M.R. (ed.),
Stromatolites. Development in Sedimentology Series,
20: 1-3.
Wiedner E., Scholz D., Mangini A., Polag D., Mühlinghaus
C. & Segl, M., 2007 - Investigation of the stable isotope
fractionation in speleothems with laboratory experiments. Quaternary International Special Volume: Climate
Change: The Karst Record, (in stampa).
Žak K., Ložek V., Kadlecb J., Hladýkova J. & Cýlek V.,
2002 - Climate-induced changes in Holocene calcareous
tufa formations, Bohemian Karst, Czech Republic. Quat.
Inter., 91: 137-152.