Uomini Blu nell`Adrar Ahnet
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Uomini Blu nell`Adrar Ahnet
___ 2<;g.;.....J' Passioni ALGERIA Uomini Blu nell'Adrar Ahnet Viaggio attraverso la cultura del popolo che parla Tamahaq dl MICHELE SOFFIANTINI SAHARA Itinerari e Passioni 62 .La zona che mi ha sempre affascinato e di cui ho tanto letto e sentito parlare è diventata la meta di questo viaggio. L'Adrar Ahnet, a cui lo stesso Theodore Monod, indimenticato esploratore nonché grandissimo naturalista e botanico, ha dedicato lunghi periodi delle sue ricerche, rappresenta un luogo al di fuori del normale flusso turistico dei viaggiatori sahariani dei tempi moderni. Questo viaggio è stato effettuato alla fine di febbraio 2003, da me e Fabrizio Rovella. La spedizione in oggetto inizia da Tamanrasset, estrema oasi del sudalgerino che, anno dopo anno, continua a crescere ed a espandersi a vista d'occhio con nuove costruzioni e nuovi quartieri. Considerata la presenza di molti nomadi nelle montagne dell' Adrar Ahnet e la relativa delicatezza nell'attraversamento di questa zona che rappresenta la porta di partenza per alcuni itinerari in direzione del Tanezrouft e del Mali, decidiamo di cercare un Targui che conosca bene la regione e che ci permetta di avvicinarci nella maniera più naturale e spontanea ai campi dei nomadi. All'appellativo di Tuareg, che in arabo significa "abbandonati", essi preferiscono essere chiamati, nella loro lingua, "Imohagh", ossia liberi ed indipendenti, ed essere ricordati come coloro che parlano il Tamahaq. Il destino ci fa incontrare ldriss, splendido personaggio a cui è dedicato questo breve reportage, anziano Targui ora stabilizzatosi a Tarn, ma che per molti anni della sua vita ha solcato a piedi questa parte di deserto facendo il nomade. Uno di coloro che parla solamente il tarnahaq, antica lingua che contraddistingue questo popolo dagli altri e che nel corso del viaggio ci permette di avvicinare una cultura così diversa dalla nostra, che finisce inevitabilmente con l'entrare nei nostri animi di "malati d'Africa". L'emozione mi sorprende quando ci comunica, grazie alle continue traduzioni dal tamahaq al francese da parte del bravo Abdellah che ci accompagnerà nel corso del viaggio in qualità di chaffeur, di avere ancora molti parenti laggiù e se siamo interessati alla loro conoscenza: era quello che desideravo. A questo punto gli diamo carta bianca sull'itinerario permettendoci così di conoscere luoghi e soprattutto persone che difficilmente avremmo avuto la possibilità di trovare ed ammirare senza di lui. Partiamo da Tam e percorrendo il nastro asfaltato, arrivati quasi ad In Amguel, poco prima, deviamo ad ovest iniziando il percorso fuoripista. Moltissimi gli oued da attraversare che, a seguito delle abbondanti piogge dei mesi precedenti, troviamo rigogliosi, addirittura in fiore con colori cha vanno dal rosa all'azzurro; in alcuni casi si è costretti a viaggiare in mezzo a cespugli e a piante erbacee ad altezza di cofano, che mi ricordano i campi di lavanda provenzali. L'alternanza con questa specie è rappresentata da piccoli ciuffi dai fiori gialli minuti e profumatissimi, che scoprirò nel corso del viaggio essere utilizzati da Idriss per rafforzare il gusto del tè targui, il terzo bicchierino più specificatamente, quello più leggero, attribuendo un sapore simile a quello delle nostre tisane. Regine incontrastate di questa fitta vegetazione sono le farfalle. Anche questo è deserto. Un deserto vivo più che mai. E man mano che viaggiamo in direzione del massiccio montagnoso dell' Ahnet, attraverso queste meraviglie della natura nel massimo del loro splendore, inizia il vero viaggio: l'incontro con i nomadi, appartenenti alla tribù dei Kel Issekkemaren e Kel Ahnet, ed i loro piccoli accampamenti, così precari da divenire quasi difficili da individuare all'orizzonte. Vera e propria sopravvivenza. I primi incontri avvengono nel verde oued Tekouiiat. Immancabili i proverbiali riti nel saluto di benvenuto: lo scambio di esclamazioni alternate sapientemente negli incontri inaspettati di questi nomadi che si domandano reciprocamente notizie sulle proprie famiglie e sui propri cari conferisce un aspetto quasi musicale ad ogni evento. Scontato l'arrivo del latte fresco di cammello appena munto, in segno di accoglienza, che per motivi sanitari di "forza maggiore" da parte nostra siamo costretti a declinare. Molti sono i piccoli di dromedario che troviamo intenti nella fase di allattamento, alle cui mamme di volta in volta viene ripiegata e legata una zampa anteriore su se stessa per impedire che si corichino, rifiutando così l'operazione di nutrimento; mentre è altrettanto scene di vita quotidiana nell'Air Tafedek vegetazione nell'oued Tin Hallene AHARA Itinerari e Passioni 63 interessante il rapporto di comunicazione tra il piccolo nato e la madre. Poco prima di raggiungere la piccola vetta di Ti-n Adjar dal cruscotto del vecchio Toyota Hj61 fuoriesce parecchio fumo: "Pas de problèrne" ci dicono infatti, basta smontare il coperchio della scatola dello sterzo, tagliare due fili spelacchiati, fare una preghiera sincera e profonda cercando i cavi elettrici che hanno causato il guaio. Il bravo Abdellah sa dove mettere le mani mentre noi lo osserviamo attentamente all'opera. Tutto risolto, dov'era il problema? Brividi da deserto. Proseguendo nel corso dell'oued I-nTarabadjout pensiamo di sognare: la vegetazione in fiore supera l'altezza del cofano motore e, come già detto sembra lavanda. Sempre nel corso di questo oued, poco dopo, inoltrati più ad ovest in mezzo a delle piccole montagne, troviamo una tomba preislamica.sul costone di un rilievo ( N 23°43'38" - E 3°52'15") ed un pozzo con molta acqua a circa 10 metri di profondità (N 23°43'26"- E 3°51'49") non indica- to su alcuna mappa Ign in nostro possesso. Siamo oramai entrati nella zona meglio conosciuta dell'lmmidir, o Mouydir, dove nella piana frastagliata da molti corsi di oued si scorgono piccoli rilievi dunari di sabbia molto bassi prospicienti il massiccio montuoso dell' Ahnet; attraversato il rigoglioso oued Tin Hallene, alle soglie della spianata sabbiosa di Tin Alous, ci accampiamo a ridosso di uno dei primi picchi da cui si gode una vista spettacolare a 360° sul versante sud del massiccio roccioso; come bellezza posso sinceramente paragonarlo ali' Air, celebre formazione rocciosa che si trova in Niger. Da questo punto il nostro percorso si snoda tra l'Adrar Adafor e l'Adrar Ahnet. Un luogo molto spettacolare è la fenditura nella falaise, chiamata In Atak, (N 24°07'31" - E 2°55'46") (che significa appunto la conca che tracima) dove l'acqua cola per caduta dalla conca superiore a cielo aperto della montagna, nella conca sottostante coperta ed incavata, e così via per cascate successive sino ad alimentare il piccolo oued erboso che nasce da questo rilievo. Risaliamo l'anfratto roccioso a piedi sino all'incavo, da cui si gode una vista spettacolare sull'erg In Afarag. Dopo la pausa dedicata al pranzo, alle soglie di questo luogo, improvvisamente inizia a levarsi un forte vento che man mano riduce la visibilità e che ci accompagna purtroppo nei giorni successivi. Nel versante del!' Adrar Adafor troviamo molti siti con incisioni rupestri; uno dei luoghi più interessanti è la guelta di Tin Senasset, dove troviamo acqua e molte raffigurazioni sulla roccia. Superato Tin Senasset nella risalita verso nord notiamo ali' orizzonte, sempre colorito di sabbia, un accampamento, dove il nostro caro Idriss esulta di gioia alla vista dei suoi conoscenti. Qui decidiamo di fare campo, considerata l'occasione irripetibile di entrare in contatto con il popolo targui; il capo villaggio ci fa sapere di non avere mai visto turisti in quella zona, testimonianza del totale isolamento di queste persone dal resto del panorama sul fronte sud dell'Adrar Ahnet SAHARA Itinerari e Passioni 64 b mondo. Veniamo a conoscenza del fatto che una loro familiare è ammalata gravemente e che stanno attendendo da giorni il soccorso sanitario da Tam. Dopo circa un'ora avvistiamo tre Toyota all'orizzonte, e subito in allerta cerchiamo di capire di chi si tratta: si, sono proprio loro. La coincidenza del nostro arrivo non previsto con l'arrivo di chi è sicuramente tanto atteso e portatore di speranza per i familiari è un grande evento per il capo villaggio. Dopo aver salutato l'equipe medica partita da Tam, che periodicamente porta il proprio aiuto ai nomadi nei posti più disparati del Sahara algerino, il silenzio cade sull'accampamento; per un'ora abb0ndante il medico e la le la malata mentre i I capo -I ~ delle stuo ie a ridos5 ;x'J" ripararci dal \ ento -era è magica, d con il tanto d - uomini blu e erÉ -dalmente loro Nell'attesa SlJ3' dottori, viene Tleo:::.== targui, ma q dalla tenda e =con la mano. esulta di gioia: oc:. •••••••• .....::: pericolo di -'to nelle zeri ac u t o a Il'o,ri-zz;:x;:;;= cornprendia; ha deciso di sacrificarla, con questo gesto, per onorare con una frugale cena l'arrivo di così tante persone. Nel frattempo il vento è cessato ed una limpidissima stellata è tornata padrona del cielo offuscato durante il giorno dalla sabbia in sospensione mentre un caldo focolare accoglie i medici, noi e gli appartenenti al villaggio che insieme degustiamo degli ottimi spiedini preparati sulla brace; è un grande momento questo alla luce del fuoco, dove più che mai le storie raccontate a ridosso del falò rendono magico questo istante. Rno a tarda notte, a bassavoce, sotto una calotta di stelle infinite, i racconti, gli indovinelli e quant'altro si susseguono; ci viene spiegato il progetto di sostegno sanitario alle popolazioni nomadi da parte dei medici e della loro equipe, di stanza a Tamanrasset, che effettuano un vero e proprio costante monitoraggio, con la loro presenza sul territorio, a scopo di prevenzione della salute di queste genti. Con grande simpatia e tanta pazienza, Idriss e gli altri targui del villaggio, su nostra insistenza naturalmente, provano ad insegnarci i nomi in tamahaq delle costellazioni, della luna calante, della luna piena, delle stelle cadenti. Naturalmente pronunciamo a malapena compiutamente il loro linguaggio, tuttavia questo nostro interesse contribuisce sicuramente a ravvivare il punto di contatto con la loro cultu- SAHARA Itinerari e Passioni 65 ra, con le loro tradizioni e la loro apertura verso di noi. Si finisce con il raccontare storie degli antichi capi tuareg ricordati grazie alle loro gesta, favole sui djenoun, gli spiriti che vivono in queste montagne, per poi arrivare a scambiarci indovinelli, tradotti parola per parola, di lingua in lingua, dal targui all'arabo, al francese e viceversa. Ci sarebbe materiale sufficiente per realizzare un film! Inutile descrivere quanti bicchierini di tè, preparato con proverbiale maestria dai tuareg, vengono sorseggiati nella serata. Con fatica e grande dispiacere a tarda notte il sonno e la stanchezza prendono il sopravvento e poco alla volta soccombiamo di fronte a momenti che non vorremmo avesserofine. La mattina seguente, l'emozione nel salutare le persone del villaggio è veramente grande; provo innanzitutto un senso di commozione ed un ammirazione pressoché totale nella fierezza di questa gente che vive ai limiti della sopravvivenza e che dimostra di avere dentro all'animo grandi valori che la nostra, si fa per dire "civiltà", ha perso nella maniera più evidente, a causa del tanto decantato progresso. Ho tuttora impressa nella mia memoria l'immagine di quelle persone che ci hanno accolto come se fossimo parte della famiglia e di una cosa sono sicuro: tornerò un giorno laggiù a cercarli! Dopo questo incontro indimenticabile, seguitiamo il percorso a ridosso dell' Adrar Adafor sino a raggiungere Ouan Tourha dove avvistiamo numeroso gazzelle. Troviamo nel tragitto altre piccole guelta nelle fenditure della montagna e man mano che si esplora il paesaggio circostante catturano la vista ed il nostro interesse segni e particolari di chi ha vissuto qui nell'antichità; molte le incisioni rupestri, a volte interi blocchi di roccia interamente graffiti con scene di caccia, scontri tra guerrieri e rappresentazioni di animali del tardo periodo camelino ( 1500 -1000 a.c.), intercalate da più recenti incisioni in scrittura tifinagh, la lingua scritta del popolo tuareg. Successivamente decidiamo di accostarci al versante roccioso ovest dell'Ahnet e intanto il vento prepotente riprende la sua forza; il contrasto tra la roccia scura di queste montagne e la sabbia che le lambisce ai piedi è veramente forte e suggestivo. Proseguendo ci fermiamo ad ammirare i vari siti rupestri, numerosi in questo massiccio, nonostante debba riconoscere che il nostro interesse è calato in seguit? alle emozioni provate .L\, g.~, , negli accampamenti dei nomadi. Percorriamo nel viaggio di ritorno in parte la stessa via dell'andata fino al pozzo di Ti-n Felki, quindi ci dirigiamo a sud in direzione dell' Adrar Tihaliouine; nell'attraversa mento di questa regione mi accorgo, consultando le foto land-sat e le mappe della zona in questione, che stiamo transitando in un antico cratere, che i targui chiamano Amadel -n- Anir; il suo diametro è di circa una decina di chilometri e probabilmente la sua origine è di tipo meteoritica. Ho in corso contatti con studiosi canadesi dediti al costante monitoraggio dei crateri da impatto sul suolo terrestre per gli approfondimenti del caso. Poco dopo a ridosso di una montagna, giungiamo al pozzo di Anou Akoussam dove incontriamo un targui, avvolto nel suo elegante taguelmoust, dall'aspetto fiero ed un poco diffidente ed i suoi figlioli intenti nell'attività di portare l'acqua in superficie, allo scopo di poter abbeverare il piccolo gregge di capre in attesa. Con una carrucola di legno scolpito, il nomade guida lo scorrimento della fune, mentre la giovane figlia, percuotendolo sul collo, incita un asino, ad andare avanti e indietro su di un percorso ripetitivo, allontanando il povero animale dal pozzo in modo tale da far risalire in superficie l'enorme ghirba colma di acqua; anche questa scena che si protrae per circa mezz'ora in maniera metodica, mi è rimasta impressa nei ricordi. La semplicità dei movimenti, ritmici e regolari, unita alla necessità dello scopo fanno di questo incontro un evento indimenticabile ed irripetibile. La rotta del nostro percorso è ora la piccola oasi di Abalessa, patria dei Kel Rela, dove, dopo aver effettuato quasi mille chilometri di deserto in fuori pista, raggiungiamo il nastro asfaltato; qui andiamo a visitare il famosissimo tumulo arroccato di Ti-n Hinan, meglio conosciuta come Antinea, antica e famosa regina dei touareg, che si trova alle soglie della piccola oasi. Purtroppo il sito, sebbene preservato in qualche maniera, necessita di un ulteriore cura di consolidamento allo scopo di mantenere integro un così tale e ricco patrimonio storico-culturale. In tale luogo è visibile il tumulo, nella parte centrale superiore di questo terrazzamento fortificato, dove è , ',' oued Tekouiial crosia profonda circa lO cm lapide del leggendario Amenokal del Kel Ahaggar MOUSSA AG AMASTANE ..•:-~.• ••.• _ il.. • : Il bordi di Padre Foucauld a Tam scena indim~nticabile 'al p'ozzo di Anou'Akoussam SAHARA Itinerari e Passioni 66 vegetazione nell'oued Tin Hallene una famiglia tuareg stato trovato il corpo della donna con tutto il suo prezioso corredo fu nerario, attualmente conservato al Museo del Sardo ad Algeri e che ammireremo al nostro ritorno. Rientrati a Tamanrasset, nella giornata di riposo che precede la preparazione della seconda parte del percorso, il TassiliTin Rherou ed il massiccio di Tin Missao (questo è un altro viaggio), girovagando qua e là nella via centrale dell'oasi, notiamo che il vecchio Bordj di Padre Foucauld è aperto, un francese ha in consegna le chiavi dell'edificio ed apprezzato il nostro interesse per quel luogo, ci consente di entrare: la piccolissima porticina di accesso è il sito dove il missionario trovò la morte nel 1917, nel corso della ribellione senussa di inizio secolo. Durante la visita, attraversiamo tutte le stanze ed in alcuni tratti anche il camminamento superiore del vecchio bordj, notando come all'interno il fortino sia perfettamente in ordine; che emozione nel vedere le foto d'epoca di Tamanrasset ai primi del novecento, esposte all'interno, e soprattutto l'immagine della dimora di Padre Foucauld, fotografata nel 1908, prima costruzione in terra in assoluto dell'allora oasi di Tam. Sono visionabili addirittura alcuni libri a lui appartenuti. Poco prima del tramonto salutiamo con calorosa amicizia e commozione il caro Idriss che ci ha accompagnato in questo splendido viaggio, con la sua semplicità e contemporanea eleganza. Molta malinconia nel salutarlo, forse mitigata dalla speranza di tornare un giorno con lui a ritrovare i nomadi incontrati neli'Ahnet ed indicare col dito le stelle in cielo nominandole in SAHARA Itinerari e Passioni 67 tifinagh. Straordinari momenti trascorsi insieme. Grazie ai suoi ragguagli riusciremo anche a trovare ed a visitare il sito della tomba di Moussa Ag Amastane, grande capo Amènokal dei touareg Kel Ahaggar nei primi anni del secolo scorso, amico di Padre Foucauld e del generale Laperrine, ubicato nei pressi dell'oasi, in direzione del monte Adriane. Una volta ottenuto il permesso, con altrettanta emozione, visitiamo con rispetto, nel pieno di un tramonto che colora l'oasi, il piccolo marabutto, all'interno di un recinto di mura, dove giacciono le spoglie di questo famoso capo tuareg. Più si entra a contatto con questo popolo, con la sua storia, la sua cultura e la sua tradizione e più ci si innamora dell'Algeria.