Finalmente introdotto il reato di autoriciclaggio!

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Finalmente introdotto il reato di autoriciclaggio!
Finalmente introdotto il reato di autoriciclaggio!
Il riciclaggio è l’insieme delle operazioni atte a “pulire” capitali la cui provenienza è
illecita. Secondo l’art. 648 bis del codice penale, il reato di riciclaggio consiste nella
condotta di chi, “fuori dai casi di concorso nel reato”, sostituisce o trasferisce denaro,
beni o altre utilità provenienti da delitto doloso, ovvero compie altre operazioni in
relazione ad essi, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza
delittuosa. Ne deriva che commette il reato di riciclaggio chi prende del denaro da chi
l’ha conseguito da un reato e poi lo fa entrare nel circuito economico legale. Per
punirlo bisogna fornire le prove che i soldi da lui utilizzati siano proprio quelli
generati dai reati compiuti da terzi. Questi ultimi ad oggi non possono essere
condannati per riciclaggio, ma solo per i reati sottostanti, i c.d. reati presupposti. Il
riciclatore, a sua volta, se commette o concorre al reato presupposto, sempre ad oggi,
la fa franca rispetto al reato di riciclaggio, rispondendo solo del primo reato.
Infatti, l’incipit di questo articolo, così come quello del 648 ter, contiene una
clausola di riserva (“fuori dai casi di concorso nel reato”) che, in caso di concorso
nel reato presupposto, rende penalmente irrilevante l’azione di riciclaggio fatta da chi
dissimula direttamente i proventi del reato non colposo che egli stesso ha compiuto.
Siamo di fronte alla fattispecie del cd “autoriciclaggio”. In altre parole ciò significa
che non commette reato di riciclaggio chi ripulisce i soldi generati dal reato da lui
stesso commesso. La clausola compie il miracolo di salvaguardare il beneficiario
delle operazioni di ripulitura da ogni pericolo. Un esempio aiuta a meglio
comprendere. Sempronio, partita iva, accredita in un conto bancario un importo
coerente con la sua identità economica, corredando l’operazione con una fattura,
emessa da una ditta con la causale di consulenza. In effetti, la somma è il risultato
ottenuto dalla ditta stessa vendendo armi. Con l’attuale normativa per condannare per
riciclaggio Sempronio il magistrato dovrebbe dimostrare che proprio quel denaro è
quello proveniente dalla vendita illegale di armi. Al trafficante di armi, se ci sono le
prove, potrà addebitare solo il traffico di armi e non il riciclaggio, avendo lui
concorso al reato.
Il nostro ordinamento non aveva finora ammesso il reato di autoriciclaggio
basandosi fra l’altro sull’assunto che, per colui che partecipa al reato presupposto, il
riciclo dei guadagni illegalmente realizzati sia la normale prosecuzione del
comportamento delinquenziale e dunque non una condotta penalmente autonoma. La
sua condotta non era punibile, mentre era condannabile il terzo (il bancario in primis)
che lo avesse eventualmente aiutato nell’operazione.
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Da tempo era palese la necessità di adeguare il nostro ordinamento alle
normative della gran parte dei paesi occidentali, eliminando la citata clausola di
salvaguardia per l’autore del reato. Appare evidente come l’autoriciclaggio non sia un
mero corollario del reato presupposto, ma raffiguri una fattispecie dotata di un suo
indipendente disvalore, per questo perseguibile autonomamente. Già il decreto
231/2007 aveva introdotto nella nostra normativa, con l’articolo 2, una nozione
amministrativa di riciclaggio comprendente anche l’autoriciclaggio, ossia, giova
ripetere, la condotta di riciclaggio compiuta da chi ha commesso o concorso a
commettere il reato presupposto. Questa nozione è servita anche per definire meglio
l’ambito delle segnalazioni di operazioni sospette in relazione all’operatività messa in
atto da chi concorreva alla realizzazione del reato. Si è avuta così, per sette anni,
un’asimmetria fra le norme di prevenzione (articolo 2 decreto 231/2007) e quelle di
repressione (articolo 648 bis e ter c.p.).
La mancata punibilità dell’autoriciclaggio ha provocato finora che numerosi
procedimenti penali siano finiti con condanne per i reati sottostanti e quasi mai con
pene per il reato di riciclaggio. Questo fino al 17 dicembre scorso quando finalmente
la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato la legge 15 dicembre 2014, n. 186, (“
Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché
per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di
autoriciclaggio)”, che ha introdotto, con il nuovo articolo 648 ter.1, dal primo
gennaio 2015, la fattispecie di autoriciclaggio nel nostro ordinamento. Così diventa
punibile anche chi ricicla denaro o beni da se stesso procurati medianti reato non
colposo. Nell’esempio sopra fatto lo schema si ribalta e si facilita: il trafficante
d’armi potrà essere punito anche per riciclaggio così come Sempronio.
Lo snodo centrale della nuova fattispecie, anche per la sua presenza all’interno
appunto della normativa sull’emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché
per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale, risiede nel suo rapporto con i
reati fiscali. Appare, infatti, evidente la ratio antievasione fiscale della norma,
considerando anche che i reati tributari ex Dlgs 74/2000 sono a tutti gli effetti delitti
presupposto. Ne deriva che l’utilizzo di denaro scaturente da guadagni fiscali
fraudolenti porterà all'incriminazione per autoriciclaggio. E questo avverrà in modo
quasi fisiologico dato che di solito i ricavi derivanti dall’evasione fiscale sono
reimpiegati nella stessa attività economica/finanziaria. In altre parole in presenza di
reati tributari la probabilità di compiere il nuovo reato di autoriciclaggio è assai alta,
fino a immaginare che con i comportamenti atti a costituire il reato tributario, in
molte circostanze, si cadrebbe anche in quello di autoriciclaggio.
Riportiamo per comoda consultazione il testo del nuovo 648 ter.1.
1. All'articolo 648-bis, primo comma, del codice penale, le parole: «1.032 a euro
15.493» sono sostituite dalle seguenti: «5.000 a euro 25.000».
2. All'articolo 648-ter, primo comma, del codice penale, le parole: «1.032 a euro
15.493» sono sostituite dalle seguenti: «5.000 a euro 25.000».
3. Dopo l'articolo 648-ter del codice penale è inserito il seguente:
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«Art. 648-ter.1. - (Autoriciclaggio). -- Si applica la pena della reclusione da due a
otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o
concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in
attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le
altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare
concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500
a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di
un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le
altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui
all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il
denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al
godimento personale.
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività
bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare
che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del
reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal
delitto.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».
4. All'articolo 648-quater del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «articolo 648-bis e 648-ter» sono sostituite dalle
seguenti: «articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1»;
b) al terzo comma, le parole: «648-bis e 648-ter» sono sostituite dalle seguenti:
«648-bis, 648-ter e 648-ter.1».
5. All'articolo 25-octies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «e 648-ter» sono sostituite dalle seguenti: «, 648-ter e 648ter.1»;
b) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché autoriciclaggio».
La nuova fattispecie del reato di autoriciclaggio si avvererà in presenza di tre
condizioni coincidenti: che si sia prodotto grazie ad un reato non colposo un cespite
(denaro, beni o altre utilità); che lo si utilizzi con atti ulteriori ed autonomi, in attività
economiche e finanziarie; il tutto mettendo in atto un “concreto” ostacolo alla
identificazione della provenienza delittuosa della anzidetta provvista.
Prima di scendere nel particolare giova notare come l’articolo 648-ter.1 sia una
via di mezzo fra differenti preesistenti opinioni sul tema, con un risultato certamente
positivo che è quello dell’introduzione, finalmente, della fattispecie criminale
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dell’autoriciclaggio nel nostro ordinamento, ma al tempo stesso con alcuni rilevanti
punti critici che minano la portata della novità giuridica. Rispetto ad una prima
stesura che prevedeva, soluzione più opportuna e da noi auspicata più volte, di
cassare tout court l’incipit dell’articolo 648 bis c.p. (“fuori dai casi di concorso nel
reato”), siamo arrivati, con la redazione definitiva, ad un compromesso al ribasso. In
prima battuta non si può, infatti, non rilevare come aver voluto una disposizione
differenziata rispetto agli articoli 648 bis e 648 ter contraddice la necessità di un
intervento strutturato su tutta la materia, in modo da coordinare le differenti
fattispecie rivenienti alla nozione di riciclaggio.
Vediamo ora i punti, a nostro parere, critici. Il nuovo articolo contempla una
doppia previsione sanzionatoria con pene più dure se l’autoriciclaggio è collegato ad
un reato presupposto punito con più di cinque anni e pene meno gravi sotto il limite
massimo dei cinque anni previsti per il reato sottostante. Lo sconto di pena
riguarderebbe il grande bacino dell’evasione fiscale, considerando che hanno pene
sotto ai cinque anni ad esempio i reati di appropriazione indebita e infedele o omessa
dichiarazione dei redditi. A nostro avviso è censurabile dare vita ad una
differenziazione connessa al peso del reato presupposto. Se è penalmente disdicevole
l’autoriciclaggio in quanto produttore di disvalore sociale ed economico, non è
comprensibile perché si dovrebbe punire meno chi ripulisce milioni di euro a fronte
di un reato con pena meno severa rispetto magari a cifre irrisorie riciclate a fronte di
un reato punito con più di cinque anni di pena. L’unica spiegazione, e sarebbe
inquietante, è quella di considerare sempre il reato tributario meno grave rispetto ad
altre fattispecie criminose.
Ma ciò che più solleva perplessità è la previsione dell’esimente del “godimento
personale”, per cui il responsabile del reato non sarebbe punibile quando denaro, beni
o altra utilità vengono destinati alla utilizzazione o al godimento personale, purché
(“fuori dei casi di cui ai commi precedenti”) non ci sia stata l'intenzione in tal modo
di occultare i frutti del reato. Già la frase“fuori dei casi di cui ai commi precedenti”
non è d’immediata comprensione e può facilmente ingenerare dubbi interpretativi,
anche se la sola spiegazione plausibile sia appunto quella che la punibilità è esclusa
solo nel caso in cui non si crei un concreto ostacolo all'identificazione della
provenienza delittuosa della provvista.
La ratio della normativa antiriciclaggio è punire l’utilizzo di capitali di
provenienza illecita in attività lecite di carattere commerciale e finanziario. Non certo
preoccupandosi se ad esempio un corrotto utilizzi i soldi ricevuti per comprare una
villa al mare oppure li immetta in una attività commerciale, ottenendone nuovo
profitto. Al di là delle considerazioni di carattere etico che avrebbero dovuto spingere
il legislatore nella direzione di impedire, a chi commette reato, di “godere” il frutto
dei suoi misfatti, quello che preoccupa è l’introduzione di un criterio soggettivo dal
complicato onere probatorio in carico all’inquirente. Ad aggiungere difficoltà
interpretativa è anche l’adozione dell’avverbio “concretamente”, nel primo comma
dell’articolo 648 ter.1, che a nostro avviso crea uno squilibrio rispetto alla previsione
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delle condotte penalmente puniti ex artt. 648 bis e ter. Nella nuova disposizione,
infatti, l’autoriciclaggio è punito solo in presenza di un ostacolo qualificato come
“concreto” all’identificazione della provenienza delittuosa dei proventi,
differentemente dalla previsione più ampia degli altri articoli. È facile immaginare
quali e quante forbite arringhe si svilupperanno intorno al concetto di “godimento
personale” e di “concretamente”.
Nel testo licenziato leggiamo poi un aumento della pena, che però scatta solo
per gli esercenti attività professionale, bancaria o finanziaria, con una condanna
aumentata per l'autoriciclaggio rispetto al riciclatore/auto-riciclatore (la pena è
aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o
finanziaria o di altra attività professionale). Tale paradosso scaturiva già dalla
previsione dell’articolo 648 bis c.p., ma qui il combinato disposto di questo comma
con quello dell’esimente del godimento, potrebbe portare al paradosso di vedere il
responsabile del reato presupposto farla franca per i comportamenti auto-riciclatori,
mentre il bancario, di sicuro, oltre a subire la sanzione amministrativa per omessa
segnalazione di operazione sospetta, potrebbe essere inquisito e condannato per
riciclaggio/autoriciclaggio, con la pena aumentata perché trattasi di fatto commesso
nell’esercizio di un’attività professionale.
Per ultimo è da ricordare che il nuovo reato di autoriciclaggio è inserito tra i
reati che possono far scattare la responsabilità dell’ente a norma del decreto 231 del
2001. Nell’ipotesi così in cui un amministratore abbia costituito fondi all'estero, ad
esempio utilizzando delle sovrafatturazioni o delle fatturazioni per operazioni
inesistenti, sarà ovviamente incriminato per la sua responsabilità personale ma sarà
chiamata in causa anche l’azienda, a meno che non provi di aver adottato modelli
organizzativi atti alla prevenzione proprio di questo reato. Le aziende dovranno così
predisporre idonei modelli organizzativi che possano prevenire questo delitto al loro
interno, soprattutto con riferimento ai delitti tributari. Questo vale anche per gli
istituti di credito sia nella loro posizione di soggetti obbligati dal Dlgs 231/2007 a
segnalare all’Uif ogni operazione sospetta, sia come soggetti che potrebbero essere
chiamati insieme al dipendente a rispondere penalmente dell’esecuzione di operazioni
di natura riciclatoria messe in atto dal dipendente nell’interesse dell’azienda stessa. Si
auspica che la necessaria rivisitazione del modello organizzativo, alla luce della
novità dell’autoriciclaggio, sia accompagnata da un’azione formativa con “carattere
di continuità e di sistematicità e svolta nell'ambito di programmi organici”, per una
“specifica preparazione” del personale, al fine di evitare che i lavoratori
inconsapevolmente si trovino sottoposti a procedimenti penali. Come Fiba-Cisl
proseguiremo la nostra azione, in tutta Italia, di assemblee con i colleghi per fornire
loro una lettura “dalla parte del lavoratore” della complessa materia
dell’antiriciclaggio, di cui l’autoriciclaggio diventerà elemento essenziale.
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