Integrazione / Inclusione dei bambini disabili nelle scuole dell`infanzia

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Integrazione / Inclusione dei bambini disabili nelle scuole dell`infanzia
INTEGRAZIONE / INCLUSIONE
DEI BAMBINI DISABILI
NELLA SCUOLE DELL’INFANZIA
CORSO DI FORMAZIONE DI BASE FISM COMO
Como 3, 10, 21 e 28 ottobre 2009
19 - I “QUADERNI”
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L’EDUCATORE CRISTIANO E LE PERSONE
DIVERSAMENTE ABILI
Aldo Basso, Consulente ecclesiastico Fism Nazionale
Nella scuola dell’infanzia sono presenti, non raramente, bambini con disabilità: persone ostacolate
nella loro crescita e nella loro autonomia fisica e psichica da qualche disagio o, come qualche volta
si usa dire, da qualche handicap; persone che incontrano particolari difficoltà a coltivare le qualità
fisiche, psichiche o sociali della loro vita. Sono storie personali e famigliari sempre uniche, che solo
in parte si possono conoscere.
Nella breve riflessione che segue vorrei rispondere a questa domanda: come l’educatore cristiano
vive la relazione educativa con queste persone?
Perché stare accanto alle persone diversamente abili
A queste persone la fede cristiana dice anzitutto di cercare con intensità e con gioia il Regno di
Dio. Le difficoltà che esse patiscono nel corpo e nella psiche non le allontanano dal Regno; anzi,
esse sono i destinatari privilegiati, esse sono i figli più vicini e amati. Esse sono quei poveri, quei
miti, quei piangenti per i quali valgono in modo particolare le beatitudini proclamate da Gesù. Una
comunità cristiana, veramente e profondamente aperta al Regno di Dio, deve coltivare dentro di sé
queste consolanti certezze e le deve proclamare con il proprio comportamento… Proprio perché
crediamo nel Regno di Dio, dobbiamo impegnarci a produrre i ‘segni’ del Regno. Proprio perché
crediamo che la vita di ogni fratello ha la dignità di essere amata da Dio, dobbiamo onorare questa
dignità, coltivando già dove è possibile tutte quelle qualità e quelle doti che permettano ad ogni
uomo di vivere una vita serena, libera, dignitosa”1. Queste parole che disse un giorno il card.
Martini ricordano con chiarezza qual è la motivazione profonda, ultima, originale che spinge il
credente a stare accanto alla persona diversamente abile. L’impegno a conferire qualità sempre
più umane alla vita di ogni uomo, sulla base della dignità assoluta che essa riceve direttamente da
Dio; ogni sforzo di socializzazione, di riabilitazione, di comunicazione umana, con cui qualificare
sempre meglio la vita di ogni nostro fratello, saranno tanto più efficaci quanto più si radicheranno in
una profonda fede nel Regno. “È questa fede che, da un lato, offre una motivazione indiscutibile e
perentoria a tutti gli interventi in favore degli handicappati, mentre, dall’altro, aiuta a non
scoraggiarsi dinanzi agli insuccessi e ai limiti talvolta invalicabili che si incontrano nell’opera di
socializzazione, di riabilitazione, di comunicazione. E’ questa fede nel Regno che suscita le grandi
vocazioni cristiane le quali assicurano quella libera, coraggiosa, geniale prestazione umana senza
la quale le leggi, le istituzioni, gli interventi sociali per gli handicappati rischiano di rimanere
inefficaci”2.
Gli educatori cristiani si associano pienamente alle iniziative e ai lodevoli sforzi posti in atto per
migliorare la situazione delle persone diversamente abili e intendono apportarvi il proprio specifico
contributo. Essi lo fanno, anzitutto per fedeltà all’esempio e all’insegnamento di Gesù, il quale “ha
riservato una cura particolare e prioritaria ai sofferenti, in tutta la vasta gamma dell’umano dolore,
avvolgendoli del suo amore misericordioso durante il suo ministero, e manifestando in esso la
potenza salvifica della redenzione che abbraccia l’uomo nella sua singolarità e totalità. Gli
1
C.M. Martini, Omelia alla S. Messa nel Duomo di Milano in occasione della Giornata per la vita, 1 febbraio
1981.
2
C.M. Martini, ibidem.
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2
emarginati, gli svantaggiati, i poveri, i sofferenti, i malati, sono stati i destinatari privilegiati
dell’annuncio, in parole ed opere, della Buona Novella del Regno di Dio che irrompe nella storia
umana”3.
La Chiesa è veramente evangelica, cioè segue gli esempi di Gesù, quando vive insieme con i più
poveri e i più trascurati. In una società che valorizza il potere, il successo, l’avere, l’efficienza, le
persone diversamente abili rischiano spesso di essere lasciate ai margini e trascurate. Stando così
le cose, l’attenzione che l’educatore cristiano riserva loro nasce semplicemente dall’esempio e
dalla volontà di Gesù. “La comunione con Cristo… è la fonte inesauribile di sempre nuove forme di
comunicazione; è l’esigente paradigma sul quale la comunità cristiana deve misurare e rinnovare il
proprio comportamento verso gli handicappati”4.
In definitiva, è importante fondare su motivazioni sicure e autentiche l’impegno del cristiano nei
confronti delle persone diversamente abili; ciò lo sottrae al rischio di agire sotto la spinta della
moda o di una semplice compassione umana, la quale non può assicurare fino in fondo
un’autentica volontà di partecipazione e di coinvolgimento.
L’educatore cristiano di fronte alla sofferenza
Incontrare le persone diversamente abili e le loro famiglie significa incontrarsi con la sofferenza.
Così si espresse una volta il card. Martini: “Voi, carissimi fratelli handicappati, portate in un modo
più manifesto quella croce che, in modi più vari e nascosti, ogni altro uomo porta”5.
Il cristiano, sull’esempio di Gesù, non vuole il dolore né tanto meno ne fa un’esaltazione.
L’educatore cristiano, di fronte alla sofferenza che può colpire in modo violento anche l’infanzia,
come di fronte alla sofferenza in generale - che tanta parte ha nell’esistenza umana -, alla fine si
rivolge a Dio, Lo interpella come già fece Giobbe, guarda il volto di Gesù, perché Dio ha il volto di
Gesù. Quale ‘risposta’ gli viene data?
Anzitutto il Dio che risponde all’uomo che soffre è un Dio che a sua volta soffre, è un Dio
crocefisso. E’ una prima ‘risposta’, silenziosa ma misteriosamente eloquente.
In secondo luogo, Gesù non appare mai come Colui che ama la sofferenza e gode di essa. Al
contrario, si commuove e piange di fronte alle persone che soffrono, esercita la Sua misericordia
guarendo persone che soffrono, chiede al Padre che - se è possibile - allontani da Lui il calice del
dolore.
In terzo luogo c’è in Lui un atteggiamento di accettazione e di obbedienza di fronte alla sofferenza:
è pronto a fare la volontà misteriosa del Padre secondo la quale “era necessario che il Figlio
dell’uomo soffrisse”.
Infine Egli vive la sofferenza come via alla gloria. La croce rappresenta il passaggio buio e
misterioso verso la luce della glorificazione.
Naturalmente tutte queste considerazioni non intendono ‘spiegare’ in modo chiaro e convincente il
problema della sofferenza: Dio in Cristo non è venuto a spiegare la sofferenza, ma è venuto a
riempirla della Sua presenza (P. Claudel). Si comprende, quindi, l’affermazione di R. Sauer: “Per
quanto la fede nel ‘Dio crocifisso’ possa avere per noi un effetto consolante e confortante, essa
non può tuttavia impedire l’angoscioso interrogativo sulla necessità di questa lunga e gravosa via
traversa, lastricata di immensi sacrifici. Non possiamo evitare l’interrogativo...: ‘anche se la
lacerazione è destinata a rimarginarsi, perché essa deve aver luogo?’... Noi non sappiamo
3
Documento della Santa Sede per l’Anno Internazionale delle persone handicappate, proclamato per il 1981
dall’Organizzazione delle Nazioni Unite” (Premessa).
4
C.M. Martini, Omelia alla S. Messa teletrasmessa da Varese per iniziativa del Movimento Apostolico Ciechi
nella IV domenica di quaresima detta del Cieco nato, 29 marzo 1981.
5
Omelia alla S. Messa nel Duomo di Milano in occasione della prima festa cristiana degli handicappati nella
domenica delle Palme, 12 aprile 1981.
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rispondere e questo ci angoscia. Anche il grande teologo R. Guardini si è confrontato con questa
domanda senza trovare una risposta soddisfacente. Ormai in punto di morte, egli dichiarò al suo
amico W. Dirks: ‘Quando mi presenterò all’angelo del giudizio, sarò da lui interrogato e gli dovrò
rispondere; ma poi gli farò, a mia volta, una domanda: Dio, perché queste terribili vie traverse?’ ”6.
L’amore di Dio non ci protegge da ogni sofferenza, ci protegge in ogni sofferenza. S. Weil afferma
che la grandezza suprema del cristianesimo viene dal fatto che esso non cerca un rimedio
soprannaturale contro la sofferenza, bensì un impiego soprannaturale della sofferenza.
Come stare accanto alla persona diversamente abile.
L’impegno a conferire qualità sempre più umane alla vita di ogni uomo, sulla base della dignità
assoluta che essa riceve direttamente da Dio, vale in ogni caso, quindi anche quando si tratta di
persone che incontrano particolari difficoltà a coltivare le qualità fisiche, psichiche o sociali della
loro vita. E’ naturale immaginare che questo impegno di riabilitazione e progressivo miglioramento
richieda tempi specifici, tecniche appropriate, luoghi specializzati. All’educatore cristiano si chiede
che il servizio da lui prestato sia qualificato a livello tecnico-professionale e nello stesso tempo
interiormente animato dallo stile inconfondibile della carità. L’esempio dei tanti santi che nel corso
dei secoli hanno fatto fiorire opere di straordinaria generosità a favore di queste persone sta lì a
ricordare che la necessaria, indispensabile preparazione professionale, con il ricorso ad ogni più
valida metodologia che le scienze psicopedagogiche mettono a disposizione, ha bisogno di
accompagnarsi alla carità di Cristo. Questo “è lo stile che Gesù ha insegnato nella parabola del
Buon Samaritano: stare davanti ad ogni uomo con la stessa purezza disinteressata e
incondizionata dell’amore di Dio; accogliere ogni uomo semplicemente perché uomo; diventare
prossimo di ogni uomo, al di là di ogni estraneità culturale, razziale, psichica, religiosa; anticipare i
desideri; scoprire i bisogni sempre nuovi, a cui nessuno ha ancora pensato; dare la preferenza a
chi è maggiormente rifiutato; conferire dignità e valore a chi ha meno titoli e capacità”7.
Il card. Martini sottolinea anche un aspetto che qualche volta rischia di essere dimenticato. Egli
parla della persona handicappata come soggetto attivo di comunicazione e afferma: “Non si tratta
solo di intervenire sull’handicappato perché diventi capace di entrare nella società, ma anche di
intervenire sulla società perché diventi degna e capace di accogliere i valori che l’handicappato
porta con sé. E qui il discorso si allarga anche a tutti i malati, a tutti i sofferenti. Essi possono
diventare veramente soggetto attivo di comunicazione, in vista di una società più degna. Quanti
valori, quante dimensioni umane, quanti reconditi significati della vita i cosiddetti sani o ‘normali’
sono tentati di trascurare! Il malato, il sofferente, chiunque è debole o trascurato, invece, se viene
cordialmente aiutato, può diventare per tutta la società un richiamo potentissimo, che riesce ad
esprimere dal proprio cuore e dal cuore di chi è solidale con lui sentimenti ignorati e disattesi, quali
il coraggio, la speranza, la non rassegnata sopportazione, la fraterna dipendenza reciproca, il
senso del limite, l’attesa operosa di un mondo nuovo creato dall’amore di Dio”8. Sono certo che
queste parole sono ben intese da tutti coloro che non si sono occupati delle persone diversamente
abili a livello semplicemente teorico, ma hanno condiviso con loro tempo, sentimenti, amicizia,
fatica, speranze: sono loro che ci dicono quanto ci si può arricchire accanto a queste persone!
Stare accanto a chi è in particolare situazione di disagio o di difficoltà richiede umiltà da parte
dell’educatore, come ricorda anche Benedetto XVI: “L’operatore umile non assume una posizione
di superiorità di fronte all’altro, per quanto misera possa essere sul momento la sua situazione...
Chi è in condizione di aiutare riconosce che proprio in questo modo viene aiutato anche lui; non è
suo merito né titolo di vanto il fatto di poter aiutare. Questo compito è grazia... Egli riconosce di
6
R. Sauer, I bambini interrogano sulla sofferenza, Torino, LDC, 1991, p. 53.
C.M. Martini, Omelia alla S. Messa nella festa di S. Ambrogio nella Basilica dedicata al Santo, 7 dicembre
1980.
8
C. M. Martini, ibidem.
7
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4
agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa
dono”9.
Queste parole del Papa sembrano riecheggiare il discorso che p. Felice – “il mirabil frate” – fece
nella cappella del lazzeretto e riportato dal Manzoni10, anche se rivolte a persone (i malati di peste)
che si trovavano in situazione assai diversa rispetto a quella di cui stiamo parlando in questo
convegno. “Per me”, disse, “e per tutti i miei compagni, che, senza alcun nostro merito, siamo stati
scelti all’alto privilegio di servir Cristo in voi; io vi chiedo umilmente perdono se non abbiamo
degnamente adempito un si gran ministero…; se qualche volta il miserabile pensiero che voi
aveste bisogno di noi, ci ha portati a non trattarvi con tutta quell’umiltà che si conveniva; se la
nostra fragilità ci ha fatti trascorrere a qualche azione che vi sia stata di scandolo”.
Considerazione conclusiva
Se le scuole dell’infanzia cattoliche o di ispirazione cristiana hanno ragion d’essere in quanto fanno
riferimento ad un Progetto educativo specifico ed originale, dovuto all’esplicito riferimento ai valori
del Vangelo, e se ciò comporta necessariamente che ogni aspetto dell’educazione che in esse
viene proposta sia segnato e caratterizzato da questa specifica originalità, allora ciò vale anche
quando ci si occupa dei ‘bambini con disabilità’11. Spero che le brevi riflessioni che ho esposto
possano servire a questo scopo.
Potrebbe, dunque, essere opportuno che la FISM – integrando una apprezzata proposta che la
sua Commissione tecnica del Settore Pedagogico ha offerto recentemente a tutte le scuole
associate12 - raccolga questi spunti traducendoli in un possibile “Traguardo di sviluppo della
competenza”, da inserire tra gli altri ‘Traguardi’ che il testo ministeriale elenca in riferimento al
campo di esperienza: “Il sé e l’altro”, e che potrebbe essere così formulato:
“Il bambino si rende conto delle particolari diversità che presentano alcuni bambini dal punto di
vista fisico o sociale ed è consapevole che Gesù avvicina con benevolenza e amore ogni persona,
senza tener conto della sua particolare situazione”.
9
Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 35.
Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXVI,7.
11
Nel testo delle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione è
questa l’espressione che viene usata.
12
Mi riferisco al testo pubblicato su Prima i Bambini, n. 185 (ottobre 2008), pp. 22-38: “Indicazioni per il
curricolo nella prospettiva della scuola dell’infanzia FISM”, dove viene proposta una lettura ed applicazione
del testo ministeriale nella prospettiva della scuola cattolica o di ispirazione cristiana.
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LA DISABILITÀ NELLE SCUOLE FISM DI COMO
Maria Ebe De Agostini
Sarebbe troppo riduttivo illustrare la realtà della disabilità nelle scuole dell'infanzia Fism utilizzando
solo i numeri. Infatti dicendo che nelle nostre scuole sono presenti “solo” 67 bambini con disabilità
diverse, divisi in 41 scuole su un totale di 130, nasconde un universo complesso ed alcune volte
complicato. È per questo motivo che per illustrare questa realtà ho chiesto la collaborazione di chi
la vive, accanto ai bambini e alle loro famiglie, in prima persona: le insegnanti.
Ho chiesto alle insegnanti di alcune scuole di raccontarmi la loro esperienza, sottolineandone gli
aspetti positivi e quelli negativi. Lo scopo di questa mia relazione è quello di fornire alle relatrici
materiale su cui lavorare nei prossimi incontri per rispondere pienamente alle esigenze delle
insegnanti delle scuole Fism di Como.
Come sempre mi piace partire dagli aspetti positivi! Eccoci allora di fronte ad insegnanti
instancabili sia dal punto di vista fisico che intellettuale:
- mettono in gioco tutte le loro abilità per una vera integrazione del bambino disabile e della sua
famiglia;
- insegnanti umili che riconoscono i propri limiti e che non si aspettano miracoli dai bambini che
hanno in carica ma, giustamente, piccoli importantissimi traguardi;
- considerano il bambino una risorsa, non solo per gli altri bambini, ma soprattutto per l'equipe dei
docenti che hanno così l'occasione di migliorare lo scambio, la comunicazione e la relazione tra
loro, crescendo umanamente e professionalmente;
- alcune scuole sono supportate nel loro compito da enti comunali e territoriali che mettono a
disposizione, oltre a risorse economiche, specialisti adeguati e supporto alle famiglie.
Non possiamo tralasciare anche lo sforzo delle scuole nell'abbattimento delle barriere
architettoniche che non permetterebbero l'inserimento di bambini con disabilità motorie.
Eccoci però al confronto con gli aspetti negativi:
- l'insegnante di sostegno che viene affiancata al bambino, per motivi economici, ha a
disposizione poche ore;
- sono sempre più frequenti le famiglie che hanno a loro volta bisogno di assistenza e non solo
economica;
- è sempre più difficile per le insegnanti contattare gli enti territoriali pubblici ormai oberati da tante
richieste d'intervento;
- anche i colloqui con gli specialisti che seguono il bambino disabile nelle ore extra scolastiche
sono molto sporadici e non danno l'opportunità alle insegnanti di confrontarsi con operatori
adeguati con cui verificare il lavoro svolto e da svolgere;
- il supporto alle insegnanti e alla famiglia del bambino disabile da parte del Consiglio
d'amministrazione delle scuole non è sempre così facile da attuare.
Ed infine rimangono tante domande, tanti dubbi:
- che differenza c'è tra insegnante di sostegno, educatore professionale, assistente ad personam?
- che figura “scegliere” da affiancare ai bambini?
- a quali enti territoriali, privati e non, si può chiedere aiuto?
- dove si possono trovare fondi adeguati?
- cosa si può chiedere alla famiglia?
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- a chi spetta la compilazione della diagnosi funzionale e del PEI?
- è giusto accogliere tutti i bambini, con qualsiasi tipo di disabilità?
Le insegnanti devono trovare risposte a queste loro domande per lavorare con più sicurezza per il
bene dei bambini che vengono a loro affidati e per continuare a creare scuole di qualità, dove si
lavora per l'autonomia e l'integrazione, e non semplici baby parking!
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L’ACCOGLIENZA DEL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE
Scuola del bambino e per il bambino: educare alla diversità
Biancamaria Girardi
Parlare di accoglienza vuol dire porsi in un atteggiamento di ascolto e di attenzione verso l’altro,
diventa un po’ meno semplice se l’altro è una persona che presenta problemi di varia natura. È
umano sentirsi disorientati di fronte a ciò che non si conosce, è importante non perdersi d’animo
ed affrontare l’elemento di novità con responsabilità ed impegno.
Suddividerò la mia relazione in tre parti:
La cultura della diversità facilita anche l’accoglienza dei bambini disabili.
Integrare ed inserire: azioni complementari per una reale scuola inclusiva.
L’accoglienza del bambino disabile va progettata operando come comunità educativa.
1. La cultura della diversità facilita anche l’accoglienza dei
bambini disabili
La cultura della diversità ha alla base la convinzione che ogni singola persona è portatrice di
bisogni specifici, che devono essere riconosciuti, accettati, rispettati, ed ai quali occorre
rispondere. Se così è, ne consegue che la sezione, la scuola tutta, diventa un luogo educativo di
incontri dei bisogni di tutti i suoi componenti, pertanto l’integrazione non è un problema che si
presenta quando viene inserito un bambino disabile, ma diventa un modello formativo capace di
rispondere alle esigenze specifiche di tutti i bambini che compongono il gruppo.
Perché ciò si realizzi, perché si possa attivare un processo educativo valido per tutti i bambini,
vanno tenuti presenti i seguenti aspetti:
 Evidenziare i bisogni e non i limiti dei bambini.
 Operare in prima istanza sulle risorse del bambino
 Considerare il momento dell’accoglienza un aspetto prioritario dell’azione educativa
 Sollecitare la partecipazione di tutti i bambini
 Avere ben presenti le finalità dell’azione educativa che si intraprende.
In un contesto educativo fondato sulla valorizzazione delle risorse umane ed ambientali,
l’atmosfera educativa distesa fa sì che ogni bambino si senta accolto per quello che è, con i suoi
limiti ed i suoi pregi. Ne consegue la nascita di un clima relazionale positivo all’interno del quale
ciascuno si sente parte di un gruppo nel quale ognuno dà il proprio contributo e coopera per il
bene comune e per il successo formativo di tutti. Tutti si lasciano coinvolgere e le proposte
diventano opportunità di relazione e di crescita umana e sociale. L’accoglienza diventa allora una
caratteristica del modo di operare, l’ingresso di un bambino disabile diventa un’opportunità per
arricchire la propria esperienza comunicativa, ponendosi in un atteggiamento di ascolto.
Accogliere il bambino disabile significa, per l’adulto/insegnante, essere disponibile all’incontro,
all’accettazione della diversità, fare i conti con le ansie ed i timori di insuccesso, con il senso di
impotenza che può nascere di fronte al bambino che non sa o non può camminare, parlare,
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muoversi. Vuol dire essere preparati ad affrontare situazioni di emergenza (il bambino che lancia
urli, il bambino che aggredisce violentemente i compagni, il bambino che vive in un suo mondo e
non comunica…) senza farne drammi, ma con la piena consapevolezza di doversi attivare
professionalmente per trovare strategie adeguate alla situazione. Significa essere disponibili al
dialogo, al confronto con i genitori del bambino disabile per conoscere il bambino dal loro punto di
vista. Significa essere pronti a vivere ed a tradurre in azioni concrete l’educare nel suo duplice
significato di edùco (edùcere, trarre fuori, costruire) e di éduco (educàre, allevare, nutrire).
Significa essere flessibili perché l’arte dell’educare si applica di fatto in un dato contesto umano ed
in rapporto ad una serie di persone vive e concrete.
Quando si accoglie un bambino disabile diventa ancora più importante che tutta la comunità
educante si confronti per condividere le esigenze derivanti dalla situazione. Mi riferisco all’aspetto
logistico: barriere architettoniche da abbattere, valutazione degli spazi della scuola ed eventuali
proposte di adeguamento.
L’accoglienza non si improvvisa, va preparata e condivisa. Risulta indispensabile un iniziale
confronto in merito all’ ”idea” che ogni docente ha della disabilità e del bambino portatore di
handicap. È utile un confronto sulle aspettative riguardo all’handicap in generale e sulle
opportunità di evoluzione del processo di maturazione del bambino con riconoscimento di
handicap o di disabilità di vario genere. Occorre accettare anche a livello mentale la presenza del
bambino disabile perché solo in tale modo l’accoglienza diventerà reale e non “formale”.
2. Integrare ed inserire: azioni complementari per una reale
scuola inclusiva.
L’ingresso del bambino “ handicappato” (la L. 104/92 definisce handicappato colui che “presenta
una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di
apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di
svantaggio o di emarginazione” ) nella scuola dell’infanzia fornisce l’opportunità di un intervento
precoce per la maturazione della persona attraverso la convivenza socio-relazionale con gli altri.
Ne consegue allora l’importanza primaria di preparare un ambiente idoneo a facilitare la relazione
fra pari e fra gli adulti operanti nell’istituzione, ciò significa l’importanza di figure competenti,
sensibili, che sappiano interagire col bambino in modo tale da valorizzare le positività che
possiede. L’insegnante di sostegno è una figura utile, necessaria, ma non può e non deve essere
solo nell’affrontare l’accoglienza, l’inserimento, l’integrazione del bambino disabile, sarebbe
contradditorio e negativo per l’evoluzione del bambino disabile che vivrebbe una relazione
privilegiata adulto-bambino, ma non potrebbe trarre vantaggio dalla relazione con i pari, fonte di
stimoli, di opportunità comunicative giocate usando codici e registri diversi, di esperienze di
esercizio dell’autonomia.
L’inserimento ed una reale integrazione avvengono quando tutto il Collegio prende in carico la
situazione e collabora per studiare strategie ed opportunità formative idonee a far evolvere la
situazione, avendo fiducia nella “modificabilità umana” che avviene se si attua un’accettazione
attiva della disabilità.
L’attività di osservazione in ingresso dovrà essere concordata con particolare cura e finalizzata a
cogliere gli elementi positivi e non solo le carenze del bambino disabile. Sarà pertanto importante “
pensare per il bambino” e non al bambino e con tale espressione intendo rinforzare la necessità
di pensare alle abilità ed alle risorse che anche il bambino disabile possiede (poche o tante che
siano, occorre volerle tenere presenti) e creare delle ipotesi di interventi educativi e didattici
calibrati sul bambino (lo si fa per i cosiddetti normali…). Così facendo si riesce ad operare da punti
di vista diversi e, cogliendo le diverse esigenze, si può agire concretamente con interventi mirati,
ma integrati nel progetto educativo e didattico che si porta avanti per e con tutti gli altri bambini. Il
Piano educativo individualizzato diventerà non un documento preparato perché previsto dalla
normativa, ma diventerà occasione di riflessione e di crescita per tutta la comunità educativa ed
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educante, potrà essere un ulteriore arricchimento del Piano dell’offerta formativa che coinvolgerà
tutto il Collegio in un’azione di ricerca e di studio.
3. Accoglienza del bambino disabile va progettata operando
come comunità educativa.
L’accoglienza del bambino disabile si trasformerà in integrazione se le insegnanti saranno
realmente convinte di operare per creare le condizioni per la partecipazione attiva di tutti i soggetti
in un contesto nel quale condividere le occasioni, le risorse, le esperienze di vita quotidiana. Il
bambino disabile ha bisogno non di essere assecondato o di avere situazioni facilitanti, ma deve
essere affiancato nel suo cammino di crescita, prendendo coscienza dei suoi limiti, ma cogliendo
anche le aspettative che si hanno nei suoi confronti, senza false illusioni o inutili pietismi e timori.
La scuola che accoglie il bambino disabile viene a conoscenza della diagnosi funzionale del
bambino e da queste prime informazioni si può iniziare a predisporre una serie di azioni finalizzate
al suo ingresso :
 Colloquio con i familiari per conoscere il bambino dal “loro” punto di vista e per essere informati
su aspetti ed esigenze particolari legate alla situazione di disabilità.
 Incontro con l’équipe che ha in carico il bambino per meglio conoscere il profilo diagnostico.
 Conoscere e farsi conoscere dal bambino per iniziare una comunicazione basata sulla fiducia e
superare il disagio iniziale (non sempre è semplice interagire con bambini portatori di handicap).
 Prendere contatti con l’Ente Locale in modo da attivare eventuali interventi di supporto (aiuto ad
personam, ausili…).
 Predisporre ed allestire ambienti (soprattutto in caso di grave handicap).
 Individuazione della sezione ed eventuale contenimento del numero dei bambini che la
compongono.
Ribadisco l’importanza che tutto il Collegio si senta coinvolto nell’accoglienza. In modo particolare
va data rilevanza a :
 Osservazione diretta del bambino nei diversi momenti ed attività della giornata, le dinamiche
relazionali con gli adulti e con i compagni…).
 Ipotesi iniziale di un progetto educativo-didattico da verificare e da aggiornare in itinere (il PEI
deve essere un documento vivo, dinamico, flessibile e, soprattutto personalizzato)
 Azioni di confronto, di cooperazione e di consulenza con esperti e/o specialisti, ipotesi di attività
didattiche interscolastiche di aula e di laboratorio.
 Costituzione, se possibile, di un gruppo di lavoro sull’handicap al quale va invitato anche un
genitore del bambino disabile.
L’osservazione fatta a scuola, dall’insegnante, deve limitarsi agli aspetti che ella può rilevare in
modo oggettivo. Tali aspetti vanno descritti, senza essere interpretati; essi servono a conoscere il
bambino e rappresentano elementi utili per formulare un’ipotesi di progetto educativo – didattico.
Ha un’importanza relativa sapere cosa il bambino sa o non sa, diventa estremamente significativo
invece cogliere “come” il bambino si attiva, quali processi d’apprendimento mette in atto, quale stile
cognitivo gli è più congeniale, come reagisce di fronte all’insuccesso. Nella registrazione scritta
delle osservazioni è importante evitare ogni forma di giudizio, mentre è estremamente utile
descrivere dettagliatamente ciò che il bambino fa e/o dice.
Il bambino diversamente abile ha diritto ad essere integrato e non solamente inserito. Non è
sufficiente parlare di socializzazione, occorre affrontare anche l’apprendimento esprimendosi
sempre in termini positivi (è utile dire ciò che sa perché da lì si può conoscere quali sono i
traguardi che ha raggiunto e da dove partire per una nuova crescita o per un nuovo percorso
formativo).
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Lo “spirito dell’accoglienza” si alimenta di flessibilità, costruisce un clima favorevole, punta sulla
collaborazione e sulla cooperazione di tutti ed il piano educativo individualizzato si configura
contestualmente come progetto di integrazione scolastica per un progetto di vita. Diventa allora
importante parlare “col” bambino, pensare “per” il bambino disabile più che parlare del
bambino disabile.
Se è vero che l’autonomia di ogni persona si forma in rapporto alle occasioni che essa ha di
sperimentare le proprie capacità, di costruire un livello di autostima tale che le permetta di
affrontare anche un certo numero di fallimenti senza scoraggiarsi, allora occorre pensare ad un
percorso tale da educare il bambino disabile ad affrontare la realtà, ma soprattutto occorre fare sì
che nasca in lui la disponibilità e la volontà al cambiamento.
L’autonomia di una persona non può essere confusa con la sua autosufficienza; occorre creare la
convinzione del valore della diversità; essa non è sempre e solo un ostacolo, può essere anche
uno stimolo per una possibile crescita di coloro che sono disposti a guardarla con “cuore ed occhi
nuovi”.
Le parole di Canevaro delineano uno stile per un approccio significativo rispetto a come impostare
un percorso per l’integrazione: “Un progetto ha come obiettivo principale la possibilità che un
bambino handicappato incontri e impari a vivere, e quindi a crescere e ad apprendere nella
realtà. La realtà è fatta di sintonie e di distonie, di elementi in armonia ed in disarmonia fra loro; un
bambino handicappato ha tutto da perdere se noi selezioniamo la realtà perché incontri
unicamente ciò che può armonizzare con lui”.
4 Sintesi schematica delle slides proiettate durante la
relazione
LA CULTURA DELLA DIVERSITÀ
 Facilita anche l’accoglienza dei bambini diversamente abili
 Alla base c’è la convinzione che ogni persona è portatrice di bisogni specifici
 L’integrazione diviene allora un modello formativo capace di rispondere alle esigenze specifiche
di tutti i bambini.
PER ATTIVARE UN PROCESSO EDUCATIVO VALIDO PER TUTTI I BAMBINI …
Vanno tenuti presenti i seguenti aspetti:
 Evidenziare i bisogni dei bambini, non i limiti
 Operare , in prima istanza, sulle risorse del bambino
 Considerare il momento dell’accoglienza un aspetto prioritario dell’azione educativa
 Sollecitare la partecipazione di tutti i bambini
 Avere ben presenti le finalità dell’azione educativa che si intraprende.
L’ATMOSFERA EDUCATIVA DISTESA …
 Facilita la realizzazione di un contesto educativo fondato sulla valorizzazione delle risorse
umane ed ambientali
 Permette la nascita di un clima relazionale positivo nel quale la cooperazione diventa
opportunità di relazione e di crescita umana e sociale
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
11
ACCOGLIERE UN BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE
 Significa essere disponibili all’incontro, alla “presa in carico” educativa, attiva e partecipe
 Significa creare un rapporto esperienziale basato sulla speranza e sulla fiducia
 Significa fare i conti con le proprie ansie ed i timori di insuccesso, mantenendo equilibrio e
senso della realtà
ATTIVARE UN PROCESSO INCLUSIVO
 Accettando, anche a livello mentale, la presenza del bambino diversamente abile
 Essendo convinti che il bambino disabile ha diritto ad essere integrato, non solamente inserito
 Individuando tutti gli spazi che vanno dall’innovazione al cambiamento della metodologia e della
didattica
INCLUSIONE
 Se si vuole dare al termine inclusione il senso originario di integrazione, occorre fare riferimento
non solo all’accezione psicologica, ma anche recuperare il valore biunivoco di reciproco influsso
fra singola persona con disabilità e società.
 L’inclusione sociale non è un atto di generosità, ma di rispetto dei diritti umani universalmente
riconosciuti.
INCLUSIONE NELLA SCUOLA
 L’inclusione del bambino disabile nel normale contesto scolastico interessa aspetti istituzionali,
amministrativi, finanziari, organizzativi, relazionali, educativi e didattici. Essi vanno presi in
considerazione ed affrontati, almeno in termini di ipotesi progettuale, prima dell’ingresso del
bambino disabile.
INTEGRAZIONE / INCLUSIONE
 È auspicabile che l’integrazione sia presente nell’impegno scolastico quotidiano e che venga
tradotta in azione mediante una pianificazione della vita della sezione e delle opportunità
formative
 Ricerche recenti confermano come “la conduzione della classe sia il fattore che più influenza
l’apprendimento e la maturazione personale dell’allievo (Jones – Jones, 2001 p.4)
CHIAREZZA DEI RUOLI
 Il ruolo dell’insegnante non è quello del terapista
 Il ruolo dell’educatore e/o aiuto alla persona non è quello dell’insegnante di sostegno
 È necessario creare un rapporto tra professionisti che cooperano con competenze diverse al
fine di aiutare lo sviluppo del bambino
CHIAREZZA ALL’INTERNO DEL COLLEGIO DOCENTI DELLA SCUOLA
 Non è delegabile totalmente ad un solo docente la responsabilità dell’inserimento
 È compito del Collegio discutere e valutare le modalità d’accoglienza del bambino, la
collaborazione che tutta la scuola deve offrire in ordine a spazi, persona di sostegno,
valutazione periodica dell’intervento educativo.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
12
RAPPORTO GENITORI – INSEGNANTE
 È uno degli aspetti più difficili dell’inserimento e richiede, da parte dell’insegnante, un’estrema
disponibilità umana per comprendere il dramma e la fatica dei genitori dei bambini
diversamente abili.
 Occorre evitare ogni atteggiamento pietistico, mantenere la “giusta distanza” che è sempre
importante nel rapporto educativo.
PARLARE DI DIVERSA ABILITÀ
Oggi vuol dire adottare una visione dell’uomo che lo consideri sin dall’inizio una persona dotata
tanto di capacità razionale, emotiva ed affettiva, quanto portatrice di concreti bisogni fisici e
materiali …
(Matilde Leonardi, neurologo – pediatra, curatore dell’edizione italiana ICF . CY)
LO “SPIRITO DELL’ACCOGLIENZA”
Si alimenta di flessibilità, costruisce un clima favorevole, punta sulla collaborazione e sulla
cooperazione di tutti ed il piano educativo individualizzato si configura contestualmente come
progetto di integrazione scolastica per un progetto di vita. Diventa allora importante parlare “col”
bambino, pensare “per” il bambino disabile più che parlare del bambino disabile.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
13
LA NORMATIVA COME RISORSA
Schema sintetico della relazione di M. A. Civitavecchia, esperta, formatrice e coordinatrice
CTRH c/o I.C. Como Lago, attivato dall' U.S.P. di Como
Articolazione dei contenuti:
1. Alcuni riferimenti concettuali: integrazione, inclusione minorazione, disabilità, handicap,
diversamente abile. Integrazione, inclusione
2. Normativa come risorsa: L.104/92 alcune procedure per l'integrazione/inclusione
3. Caratteristiche della modulistica: D.F/P.D.F./P.E.I.
4. Ruolo del docente di sostegno e dell'assistente educatore
1 - Alcuni riferimenti concettuali
Minorazione o Malfunzionamento:
“L’assenza o il malfunzionamento di una o più componenti organiche o non in una persona
(O.M.S., Organizzazione Mondiale della Sanità).
Tale assenza o malfunzionamento non mina il concetto di Originalità: Le componenti restanti e non
compromesse interagiscono tra di loro e concorrono alla crescita personale originale. La
compensazione delle componenti restanti rispetto a quelle assenti rappresenta una originalità
soggettiva in persone con la stessa sindrome
Disabilità / abilità ridotte
Gli effetti della minorazione producono abilità ridotte o attenuate.
Difficoltà e disturbi: “qualsiasi riduzione funzionale (limitazione o perdita) conseguente a
menomazione della capacità di compiere un'attività nel modo e nell'ampiezza considerati normali
per un essere umano” (O.M.S.))
Handicap
“La condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo
soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto, l'handicap è la
conseguenza di un deficit, non il deficit stesso”. (O.M.S.)
Handicap / diversamente abile
L’ “Handicap” si esprime in base a:
 disabilità espressa dalla persona
 “lettura” che il contesto dà delle disabilità stesse
Persona diversamente abile:
Concetto di persona originale, unica, normale a se stessa non raffrontabile ad altre.
Il termine “diversità” è superato da “originalità”.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
14
Si sviluppa una compensazione delle componenti presenti rispetto a quelle mancanti, abilità
soggettive, personali diversificate.
La definizione di persona in situazione di handicap/diversamente abile espressa dalla legge 104/92
art. 3 è espressa nei seguenti termini: “Colui che presenta una minorazione fisica, psichica o
sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di
emarginazione”
Integrazione
Realizzazione di situazione di educabilità.
 È un processo aperto che porta al riconoscimento ed alla costruzione dell'identità di ciascuno.
 È l’attuazione del diritto allo studio, inteso come diritto a conseguire risultati scolastici ed a
costruire un Progetto di vita
 È un processo attivo che coinvolge tutti i componenti di un gruppo e tutti gli elementi del
contesto: integrazione di interventi, competenze, professionalità, metodi e strumenti, risorse.
Inclusione (R.Medeghini pedagogista U.S. Bergamo)
 È educazione per tutti
 È un processo necessario e una trasformazione del sistema educativo in rapporto alla diversità
dei bisogni di tutti.
 È attenzione alla situazione specifica e soprattutto alla tenuta formativa ed educativa del
contesto scolastico e della sua organizzazione
 L’educazione inclusiva è il fornire uno sfondo adeguato per le abilità differenti, in ambienti di
apprendimento e di relazione
Integrazione/Inclusione
Il concetto di “inclusione” si intreccia con quello di “integrazione”.
Di seguito si espongono gli “Aspetti Chiave”.
INTEGRAZIONE
INCLUSIONE
Finalità
Riferimento a risorse spazi e sostegni
per l’inserimento ed il raggiungimento
di risultati adeguati
Superamento delle barriere alla
partecipazione e all'apprendimento
Modelli teorici
Modello condizionale e compensativo
Modello orientativo
Costruzione di condizioni attraverso
sostegni e risorse per compensare
deficit dell'alunno
Relazione tra sociale e prospettiva
esperienziale degli alunni
 Alunni con il loro deficit
 Tutti gli alunni
 Contatto tra curricolo “normale” e
quello degli alunni con disabilità e
difficoltà
 Percorsi personalizzati per tutti gli
studenti
Focus
dell'azione
(destinatari)
 Flessibilità del curricolo
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
15
“Sostegno specifico”:
Modelli di
insegnamento
 coordinato con percorso “normale”
“Sostegni distribuiti”:
 tutti percorsi con presupposti,
condizioni per differenze degli alunni.
 Qualità della relazione insegnamento
- apprendimento
 Riorganizzazione, ruolo e funzione
del Dirigente Scolastico.
Contesto di
riferimento
(luogo
privilegiato
dell'azione)
In sintesi
Specificità del contesto scolastico
Attenzione ed azioni mirate in
riferimento ai bisogni specifici del
bambino disabile - diversabile
Contesto scolastico e sociale (qualità
della vita)
Attenzione ad azioni mirate ai
bisogni di tutti, all’organizzazione e
al contesto scolastico e sociale
2 - Le leggi italiane per l’integrazione scolastica
La normativa come risorsa: la Legge n.104 del 5 febbraio 1992 “Legge quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone”
Alcune caratteristiche:
La legge è composta da 44 articoli; l’integrazione scolastica e sociale è trattata specificatamente
dall'art.1 all'art.18.
Ambiti, principi, diritti e definizioni
 art. 1 Finalità
 art. 3 Soggetti aventi diritto
 art. 4 Accertamento dell’handicap
 art. 5 Principi generali diritti persona handicappata
 art. 6 Prevenzione diagnosi precoce
 art.12 Diritto all’educazione e all’istruzione
 art.13 Integrazione scolastica-sostegno docenti specializzati
 art.14 Attuazione Integrazione (obbligo 18° anno e terza ripetenza)
 art.17 Istituzione corsi di formazione
 art.18 Integrazione lavorativa
Soggetti, strumenti e collaborazioni
 art. 7 Cura e riabilitazione Servizio Sanitario Nazionale
 art. 9 Servizio aiuto personale Enti Locali/ASL/Az. Ospedaliera
 art.12 Diritto all’educazione e all’istruzione (DF / PDF/ PEI)
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
16
 art.13
Docenti curricolari e di “sostegno”
 artt.5, 7 e13 Collaborazione con le famiglie, servizio scolastico, sociosanitario ed assistenziale,
ricreativo, culturale, sportivo
 art.15 Gruppi di lavoro (GLIP – GLPI - GSLIH)
RIFERIMENTI SPECIFICI ALLA LEGGE 104/92 E AL DPR.24 FEBBRAIO 1994
 chi individua il bisogno specifico
 chi segnala la situazione di handicap/disabilità
 chi definisce /attribuisce posti e ore per le attività di sostegno, con quali procedimenti
 chi cura e riabilita l’alunno in situazione di handicap/ disabilità
 quali sono gli strumenti per l’integrazione/inclusione
 chi facilita l’integrazione tra i soggetti istituzionali (Scuola. Asl, Azienda Ospedaliera, Enti Locali)
 chi procede nel monitoraggio degli interventi integrati/nella verifica –valutazione
 chi opera in modo specifico e specializzato per facilitare e coordinare l’integrazione
 quali sono le condizioni di fattibilità delle procedure
Alcune procedure per l’inclusione
Riferimenti specifici alla legge 104/92 e al D.P.R.24 febbraio 1994
Chi individua il bisogno
specifico
Chi procede per le attività di
accertamento della
situazione di handicap ai fini
dell’integrazione scolastica
(per le certificazioni a partire
dall’a.s. 2007/08)




famiglia
scuola
scuola e famiglia
altri (tutori, detentori patria
podestà)
L.104/92 - Legge quadro per
l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone
“handicappate”
Le Aziende Sanitarie
dispongono, su richiesta
documentata dei genitori (o
esercenti patria podestà),
appositi accertamenti collegiali.
 L. 289/2002 Regolamento
applicativo art. 35 comma 7
La richiesta deve essere
corredata da certificazione
della patologia e da relazione
clinica rilasciata:
 da medico specialista o
psicologo dell’età evolutiva di
struttura pubblica o Ente
convenzionato
 dagli specialisti U.O.N.P.I.A.
- Azienda Ospedaliera,
 da Enti accreditati,
convenzionati (La Nostra
Famiglia), dopo
l’accertamento.
 DPR 24/02/94 art.2, nota
Prot.17724 del 18/12/2006,
 DPCM 23/2/2006 n.185
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
17
Chi definisce ed attribuisce
ore/posti per attività di
sostegno, con quali
procedimenti
M.P.I. Ministero Pubblica
istruzione
U.S.R.- Ufficio scolastico
regionale
U.S.P. - Ufficio scolastico
provinciale
Chi cura, riabilita ed “aiuta”
l’alunno in situazione di
handicap - disabilità
 L.104/92
 DPR 970/95
 TU DL 297/94
 Rapporto ¼
 Legge 27/12/97n.449
Riferimenti normativi per le
segnalazioni: modelli A e C a
cura delle Scuole.
 Rapporto 1/138 e deroga
 Sistema sanitario nazionale
A.S.L. - Azienda Sanitaria;
L.104 - art.3 e art.7 – Cura e
riabilitazione, fornitura ausili e
sussidi tecnici
 UONPIA, ”La Nostra
Famiglia”,…
 Prestazioni sanitarie e sociali
integrate
 Enti Locali (limitazione
autonomia personale)
Chi integra, include l’alunno
in situazione di handicap disabilità
 Scuola (per gli ATA funzioni
aggiuntive)
 Famiglia
 A.S.L. - Azienda Ospedaliera
 Enti Locali
L.104/92:
 art.8- inserimento
integrazione sociale
 Art.9 servizio aiuto alla
persona
 Art.12 diritto all’educazione
all’istruzione
 Art.13 integrazione
scolastica CCNL per ATA
Chi facilita l’integrazione tra
soggetti inter-istituzionali
 Osservatorio nazionale
integrazione (a livello
nazionale)
L.104/92: art. 15: Gruppi di
lavoro per l’integrazione
scolastica
 Coordinamento osservatorio
integrazione (a livello
regionale)
Accordi di Programma
 USP
 GLIP e GLSPH (a livello
provinciale)
 Gruppi di studio e di lavoro
per l’integrazione (a livello di
istituto).
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
18
Chi procede nel
monitoraggio degli interventi
integrati/ nella verifica e
valutazione
 MPI
 USR
 ASL - Azienda ospedaliera
 Enti Locali
 USP
 Scuole (dal livello nazionale
al livello provinciale).
Chi opera in modo specifico
e specializzato per facilitare coltivare l’integrazione
scolastica
 Docente nominato per
attività di “sostegno”
Chi opera all’interno della
scuola per facilitare
l’autonomia personale
 Assistente educatore
Quali sono le condizioni
essenziali di fattibilità delle
procedure
 Utilizzo funzionale della
normativa come risorsa
L.104 /92 art.14-16: Verifica valutazione dei processi di
integrazione
Normativa successiva con
riferimento all’autonomia
scolastica, alla riforma degli
ordinamenti - L.53/03 e
successivi
L.517/77
DM 24/04/86
D.M.27/06/95
 Personale ATA
L.104/92 art.13 e circolari
successive
C.C.N.L.: art.50 del 2007
ex.art.7
 Conoscenza degli aspetti
fondamentali
dell’integrazione
 Sviluppo della sensibilità e
dell’attenzione ai bisogni
specifici
L.104/92, art. 14
L 59/97 art.21 (autonomia)
L 59/04 (Riforma Ordinamenti)
Personalizzazione
Atti d’indirizzo 2009
Linee guida per l’integrazione
2009
 Formazione
 Personalizzazione
 Altro, in riferimento al
contesto professionale
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
19
3 - Caratteristiche della modulistica
Documenti funzionali all’inclusione
ACCERTAMENTO SITUAZIONE DI HANDICAP
Riferimenti normativa:
Titolare
dell’accertamento
Esito accertamento
Richiesta
 DPR 24/2/94 art.2 Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai
compiti delle Unità Sanitarie Locali in materia di alunni portatori
di handicap
 L.289/02, art.35, comma 7
 DPCM 23/2/2006 n.185
 Delibera Giunta Regionale n.3449 del 7/11/2006
ASL attraverso apposito “Collegio di accertamento” composto da
neuropsichiatra infantile UONPIA Azienda Ospedaliera, Psicologo
ASL, Assistente sociale ASL
Verbale sottoscritto dai Componenti il Collegio tramite gli strumenti
di classificazione diagnostica ICD-10 oppure ICD9_CM
È effettuata dai genitori o dagli esercenti la potestà genitoriale
mediante la compilazione del modello Asl corredato da
certificazione e relazione clinica rilasciata da specialista di struttura
pubblica o da psicologo dell’età evolutiva
DIAGNOSI FUNZIONALE – Rif. normativo: L.104/92, art.12 e DPR 24 febbraio 1994, art.3
A cosa serve
Descrive la compromissione funzionale della situazione psico-fisica
dell’alunno in situazione di handicap tramite acquisizione di
elementi clinici e psicosociali. Evidenzia le potenzialità e le capacità
dell’alunno.
Chi la compila
Specialisti dell’ U.O.N.P.I.A., Azienda Ospedaliera, Enti accreditati,
convenzionati (la Nostra Famiglia), dopo accertamento
Com’è strutturata
Comprende:
 i dati personali,
 la sintesi della diagnosi clinica secondo la classificazione Tipologia della minorazione prevalente.
 potenzialità compromesse e difficoltà nelle aree: cognitiva,
affettivo – relazionale, linguistica, sensoriale, motorio prassico e
neuropsicologico dell’autonomia.
 note aggiuntive (funzioni compromesse e potenzialità).
Indicazioni su: sostegno didattico ed assistenza per
comunicazione e relazione.
 firme degli specialisti e dei genitori.
 chi è questo bambino.
 come comunica, quali problematiche e potenzialità
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
20
Tempi di
predisposizione e
aggiornamento
 Scuola infanzia
 I° anno delle Scuole di ogni ordine e grado e, se necessario, in
qualunque momento della vita scolastica dell’alunno in presenza
di nuovi elementi
P.E.I. PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO - Riferimento normativo: DPR 24.02.1994 art.5
A cosa serve
Raccogliere gli interventi finalizzati alla realizzazione del diritto
all’educazione, all’istruzione e all’inclusione scolastica ed
extrascolastica (interventi integrati, sinergici e coordinati nel tempo
per un progetto globale: riabilitativo, didattico e sociale).
Chi lo compila
Gli operatori della Scuola in collaborazione con la famiglia e con la
consulenza degli specialisti dell’Azienda Ospedaliera o ente
convenzionato e accreditato. È formulato in base al PDF
 Dati personali dell’alunno e dei componenti il gruppo di lavoro
 Sezioni relative ai progetti: 1) terapeutico riabilitativo; 2)
socializzazione, assistenza e integrazione delle attività; 3)
educazione e didattica; 4) programmazione educatico- didattica
personalizzati ( progetto specifico della Scuola)
 Articolazione delle sezioni: obiettivi - interventi e modalità.
 Verifica intermedia e finale.
 Calendario degli incontri
 Valutazione iniziale degli operatori scolastici e degli specialisti
socio - sanitari
 Obiettivi da conseguire a medio e lungo termine
 Interventi della Scuola con le modalità di utilizzo dell’insegnante
di sostegno
 Eventuali supporti sanitari e riabilitativi
 Eventuali interventi dell’Ente locale per l’assistenza.
 Cosa occorre fare per l’alunno a partire dalla conoscenza
approfondita dei suoi bisogni formativi e dalla predisposizione
 di un itinerario pedagogico-didattico nei vari ambiti integrati
 Elaborazione ogni anno scolastico
 Aggiornamenti e verifiche secondo scadenze previste
 Stesura concreta a carico della Scuola
Com’è strutturato
Cosa contiene
Tempi e predisposizione
degli aggiornamenti
A cosa serve
Indica le caratteristiche fisiche, psichiche, sociali ed affettive
dell’alunno e pone in rilievo le difficoltà d’apprendimento
conseguenti alla disabilità, le possibilità di recupero e le capacità
possedute che devono essere sostenute e progressivamente
rafforzate e sviluppate.
È formulato in base alla DF e diventa premessa al PEI
Chi lo compila
Gli operatori della Scuola in collaborazione con la famiglia, con la
consulenza degli specialisti dell’Azienda Ospedaliera o ente
convenzionato e accreditato.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
21
P.D.F. - PROFILO DINAMICO FUNZIONALE - Riferimento normativo: DPR 24.02.1994 art.4
Dati personali e note.
Come è strutturato
Suddivisioni in sette assi (sensoriale, motorio, affettivo relazionale, cognitivo. Neuro - psicologico, linguistico, autonomia,
apprendimento) per indicare lo stato di funzionamento del soggetto
e la sua evoluzione potenziale.
Tempi e predisposizione
degli aggiornamenti
Redazione nei primi tre mesi della classe prima delle Scuole di ogni
ordine e ciclo.
Aggiornamento durante la classe terza della Scuola Primaria ed il
Corso di istruzione Secondaria Superiore.
Alla fine della Scuola Secondaria di I° grado per Orientamento.
CARATTERISTICHE DELLA MODULISTICA - DOCUMENTI FUNZIONALI ALL’INCLUSIONE:
DF, PDF, PEI
Documento
Diagnosi funzionale
(D.F.)
Profilo Dinamico
Funzionale
(PDF)
Quando?
Cosa riguarda?
 dopo la diagnosi
clinico medica,
 descrive la
patologia
 dopo
l’accertamento
 elenca le
potenzialità
 al passaggio ad un
altro grado di
scuola o in caso di
modificazioni
particolari
 elenca i bisogni
prioritari
 dopo un mese
circa di
osservazione
 descrive il
funzionamento per
ogni area
 aggiornato durante
III primaria e
Istituzione
Secondaria
superiore
 descrive
l’evoluzione
potenziale
Chi?
 specialisti
dell’Azienda
ospedaliera U.O.N.P.I.A.
 enti convenzionati
e accreditati
 specialisti Azienda
ospedaliera o degli
Enti convenzionati
e accreditati
 operatori scolastici
 famiglia
 alla fine della
scuola secondaria
di 1° grado per
orientamento
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
22
Piano Educativo
Individualizzato
(PEI)
 Viene preparato
dopo la stesura del
Profilo Dinamico
Funzionale e viene
aggiornato
preferibilmente una
volta all’anno
 Gli interventi
educativi e didattici
integrati.
 i collegamenti con
le attività
extrascolastiche
 gli eventuali
interventi
riabilitativi e di
assistenza
educativa
 Specialisti
dell’Azienda
ospedaliera /
U.O.N.P.I.A.
 enti convenzionati
e accreditati
 operatori scolastici
 famiglia
 assistenti educatori
RUOLO DEL DOCENTE DI SOSTEGNO E DELL' ASSISTENTE EDUCATORE
Ruolo, competenza ed “etica” del docente di sostegno:
 Profili del docente specializzato
 Evoluzione del modello di “ sostegno”
 Docente di sostegno ed eticità: che fare e con quale priorità
 Le regole di un bravo insegnante di sostegno
( a cura di S. Nocera)
PROFILO DEL DOCENTE SPECIALIZZATO - DM 24/04/86
Conoscenze
Competenze
Atteggiamenti
Professionalità
Ambiti dei contenuti culturali ed esperienziali
Applicazione delle conoscenze nella prassi pedagogico-didattica
Capacità relazionali e di intervento propositivo e fattivo
Ambiti e contesti in cui si realizza la sua funzione
 Individuare e circoscrivere i problemi
 Progettare e definire ipotesi di soluzione
 Facilitare i rapporti e le interazioni
 Supporto destinato ad evidenziare agli altri docenti i nodi metodologici e didattico-disciplinari in
cui si inceppa l’azione di educazione e di istruzione nei confronti dei soggetti in situazione di
handicap
 Collaborazione progettuale ed intervento specifico per facilitare l’integrazione
 Facilitazione di rapporti interni ed esterni alla scuola
 Conoscenza ed utilizzazione di linguaggi specifici.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
23
EVOLUZIONE DEL DOCENTE DI SOSTEGNO
Sostegno a
Alla classe
Alla Scuola
Al “sistema
scuola” (P.O.F.)
e al “sistema
scuola/territorio”
Modello
Intervento
Insegnante
=
Risorsa






Corresponsabilità
Collaborazione
Contitolarità
Flessibilità organizzativa
Progettualità
Programmazione collegiale
Insegnante
=
Risorsa







Corresponsabilità
Collaborazione
Contitolarità
Flessibilità organizzativa
Progettualità
Programmazione Collegiale
Impiego diversificato di competenze
Insegnante
=
Risorsa
responsabile di
ambiti specifici
 Individuazione di “nodi”
 Lavoro congiunto di ricerca delle strategie e
delle tecniche
 Collaborazione progettuale
 Miglioramento del tessuto relazionale del
sistema
 Costruzione di un efficace ambiente educativo
 Interfaccia tra scuole ed extrascuola
 Continuità
DOCENTE DI SOSTEGNO ED ETICITÀ
L’insegnante specializzato per le attività di sostegno è un punto di riferimento per
l’integrazione/inclusione in quanto il suo profilo professionale è caratterizzato da conoscenze,
competenze specifiche, capacità relazionali. Pertanto:
 partecipa a pieno titolo alle attività di progettazione, verifica e valutazione del Consiglio di
classe e/o interclasse, del team assumendo la contitolarità delle classi/sezioni in cui opera;
 collabora all’elaborazione nel Profilo Dinamico Funzionale e del conseguente Piano Educativo
Individualizzato, previa raccolta ed organizzazione delle osservazioni sistematiche effettuate da
tutti i docenti che operano nella classe/sezione
 elabora, in collaborazione con i docenti curricolari, il piano educativo didattico d’integrazione
(P.E.P.) e ne cura la stesura e la documentazione nel corso dell’anno scolastico (punto 4 del
P.E.I.)
 partecipa ai gruppi di studio e di lavoro sull’integrazione e sulla continuità educativa costituiti in
ogni Scuola (G.L.H. di Istituto ecc.)
L’etica del Docente di Sostegno, come di tutti i professionisti della Scuola, si basa sull’assunzione
e sulla gestione della responsabilità
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
24
Per la formazione dei docenti per attività di “sostegno”
 DPR 31/10/1975, n.970: durata biennale dei corsi di specializzazione; corsi monovalenti
(disabili mentali, minorati della vista, minorati dell’udito).
 1986: corsi polivalenti; nuovi programmi, con ampliamento dell’area didattica.
 1995: nuova revisione dei programmi dei corsi di specializzazione.
 1998: formazione universitaria aggiuntiva per la specializzazione nella scuola dell’infanzia e
primaria.
 2000/2001: apertura delle SSIS; formazione aggiuntiva per la specializzazione nella scuola
secondaria di primo e secondo grado.
EVOLUZIONE DEL MODELLO DI “SOSTEGNO”
Sostegno a 4.5
Modello
Intervento
Alunno in
situazione di
handicap
Insegnante = tutor





Interventi individuali
Rapporto 1/1
Trattamenti specialistici
“Diversità” rispetto alla “norma”
Separatezza
Insegnanti di
classe
Insegnante =
appoggio





Delega
Interventi settoriali
Scarsa autonomia decisionale
Rapporto di dipendenza
sostegno/classe
Le regole di un bravo insegnante di sostegno
 Non dire mai: “non c'è niente da fare” solo perché sembra che le risposte non ci siano mai.
Talvolta le risposte non sono "riconosciute" da noi, ma le possiamo scoprire tra i linguaggi non
verbali (ai quali tutti ormai riconosciamo dignità e diritto, ma non abbiamo ancora sviluppato
sensibilità sufficiente per “sentirli”). C'è anche un battito cardiaco più o meno accelerato,
l'irrigidimento del corpo o la distensione, una mano che si lascia prendere invece di ritirarsi ecc.
 Inconsciamente, nonostante l'accettazione della diversità, abbiamo posto a quest'ultima dei
limiti, delle caratteristiche oltre le quali non andare: ci è ancora così poco familiare!
 L'idea che solo da un gesto o da uno sguardo appena accennato e apparentemente senza
significato, emerga un soggetto che ha pari dignità e diritti (all'educazione, ma anche all’ascolto,
al rispetto, alla sessualità, alla "crescita" ecc.).
 Accettare di non conoscere.
 Serve l'umiltà di dire “non sappiamo”: sulla gravità, su certi modi di essere al mondo.
All'educatore non può essere sufficiente il sapere della medicina: è necessaria, talvolta contro le
"certezze", la pedagogia della speranza, della scommessa.
 Forse per ogni essere umano, nessuno escluso, vale la pena di ricordarsi che l'aspettativa
negativa cerca la conferma di sé stessa aprendo la strada ad una profezia che si auto avvera. E
viceversa.
 Accettare di non sapere.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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 Spesso, anche per amore o per cura, si ha l'affettuosa arroganza di sapere che cosa è meglio
per un bambino o una bambina che non può far sapere niente di sé. Allora pensiamo noi che
cosa è giusto, comodo, necessario al suo relativo benessere, scegliendo luoghi, tempi, persone
ecc.
 È vero, si dirà, che ciò avviene per tutto ciò che riguarda l'infanzia, ma esiste una possibile
identificazione e soprattutto, se si vuol osservare, si può scoprire il benessere, il malessere,
l'insoddisfazione, il disagio in tanti segnali che ormai conosciamo. Più difficile è intravedere tali
sentimenti, in persone che non dispongono di forme convenzionali di comunicazione e di
risposta agli stimoli.
(a cura di S. Nocera)
ASSISTENTE EDUCATORE/EDUCATORE PROFESSIONALE
Riferimenti
normativi
 L.104/92 artt. 8,9,10 (servizi di aiuto personale, integrazione
sociale,ecc.).
 Testo accordo di Programma 26 febbraio 2007
Funzioni
prioritarie
 Contribuire e facilitare la comunicazione e l’autonomia personale in
relazione alla realizzazione del PEI e il mantenimento e lo sviluppo
delle potenzialità residue.
Obiettivi
dell’intervento
 Favorire l’integrazione dell’alunno disabile all’interno del gruppo
classe.
 Favorire e potenziare la socializzazione, la realizzazione e
l’integrazione con i coetanei.
 Promuovere e potenziare i diversi livelli di autonomia personale e
sociale.
Compiti
 Promozione dell’espressione di bisogni e sentimenti in relazione ai
codici linguistici utilizzati dall’alunno disabile: verbale, gestuale,
simbolico.
 Ricerca di risorse e contatti con agenzie educative o altre strutture
presenti sul territorio, finalizzate all’orientamento per l’utilizzo del
tempo libero, ecc.
 Accompagnamento dell’alunno disabile nei diversi momenti della vita
scolastica: gite, intervallo , mensa, uscite didattiche, feste, visite
guidate e iniziative varie volte all’approfondimento di contenuti didattici
 Mediazione per la partecipazione a laboratori per la manualità e
l’espressione di linguaggi alternativi (musica, teatro, computer,
espressione corporea, manipolazione)
 Attività specifiche per la cura della persona(autonomia personale,
igiene personale)
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
26
Modalità di
intervento




Analisi e condivisione della progettazione personalizzata
Analisi del PEI da definirsi con gli altri operatori scolastici
Condivisione degli obiettivi educativi con la famiglia
Partecipazione agli incontri con l’equipe socio-sanitaria e agli incontri
relativi alla progettazione ed esclusione della valutazione
quadrimestrale e finale
 Progettazione e verifica di interventi educativi per il raggiungimento
della massima autonomia possibile e per l’inclusione scolastica e
sociale dell’alunno disabile
N.B. Provincia di Como: assistenti educatori per inclusione scolastica alunni con disabilità sensoriale (ipovisione, cecità,
ipoacusie) singole o combinate (art.5 L.67/93 e L.R.34/04)
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Medeghini R. - “Dalla qualità dell’integrazione all’inclusione”, Ed. Vannini Brescia 2006
Janes D. - “Bisogni educativi speciali ed inclusione”, Ed. Erickson 2005
Cannevaro Janes - “Diversabilità”, Ed. Erickson 2003
Accordo di Programma della Provincia di Como per l’integrazione scolastica degli alunni in
situazione di handicap (firmato febbraio 2007)
Website http://www.handylex.org/
Utili collegamenti on line (con Internet Explorer collegato, è possibile accedere ai documenti
cliccando sui relativi links.
DOCUMENTO
LINKS
http://www.handylex.org/stato/l050292.shtml - "Legge-quadro per l'assistenza,
L.104/92
DPR 24 feb 1992
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate."
(Pubblicata in G. U. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O
http://www.handylex.org/stato/d240294.shtml - "Atto di indirizzo e coordinamento
relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap"
http://www.handylex.org/stato/d230206.shtml - "Regolamento recante modalità e criteri
DPCM 185/2002
DL 297/94
L 449/97
per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell'articolo
35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289."
http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dlvo297_94.html - Testo Unico delle
disposizioni legislative in materia di istruzione
http://www.handylex.org/stato/l271297.shtml - "Misure per la stabilizzazione della
finanza pubblica" – art 8: Disposizioni a favore dei soggetti portatori di handicap
http://www.handylex.org/stato/l040877.shtml "Norme sulla valutazione degli alunni e
L 517/77
sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento
scolastico" (per le scuole dell’obbligo)
http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/art21.html - Delega al Governo per il
L 59/97, art 21
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa – Art 21: L'autonomia delle
istituzioni scolastiche e degli istituti educativi
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dpcm185_06.htm - Regolamento
DPCM 185/06
recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di
handicap, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289
Delib. Giunta Reg
3449/06
javascript:goLink('/pdf/2006/01470.pdf#Page17', 0, 'iyl0fp55dvvl2sfkyaatar55', true);
DGR 3449/06 D- Determinazioni sull'accertamento per l'individuazione dell'alunno con
handicap ai fini dell'integrazione scolastica (D.p.c.m. 23 febbraio 2006, n. 185)
Linee guida per
l’integrazione
scolastica degli
alunni disabili
MIUR - Atto di
indirizzo 2009
Linee guida per
l’integrazione
dell'alunno
handicap
Accordo di
programma ASL
di Como
http://www.consultazioniburl.servizirl.it/pdf/2006/01470.pdf#Page17 - Linee
guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità
http://www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/ai_8909.pdf - Atto di indirizzo del
Ministro 2009
http://www.istruzione.it/web/istruzione/prot4274_09 - Linee guida per l’integrazione
dell'alunno handicap 2009
http://www.asl.como.it/disabili/upload/ACCORDI%20DI%20PROGRAMMA.pdf Accordo di programma della provincia di Como per l’integrazione scolastica degli alunni in
situazione di handicap (artt. 12 e 13 L. 104/92 e art. 2 D.P.R. del 24/2/94)
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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IL DOCENTE DI SOSTEGNO
E LE “INDICAZIONI PER IL CURRICOLO”
Ferrario
Nel mio intervento tratterò i seguenti argomenti:
 funzioni e professionalità del docente di sostegno
 analisi e alcune possibili riflessioni tratte dalla lettura delle “Indicazioni per il curricolo per la
scuola dell’infanzia” e del documento ministeriale del 2009 “Linee guida per l’integrazione
scolastica degli alunni con disabilità”
1 Il docente di sostegno: funzioni e professionalità
Il mio intervento vuole essere in continuità con quello della settimana scorsa, quindi riprenderò
alcuni temi trattati, ma ne tralascerò altri, soprattutto gli aspetti normativi e giuridici.
L’insegnante di sostegno, ma sostegno a cosa? A chi? Io sono convinta e concludo la frase con
“sostegno alla classe”. Il docente di sostegno è assegnato non al bambino disabile, ma alla classe
per attività di sostegno. Quindi la figura del docente di sostegno è da intendere come una risorsa,
una risorsa umana in più sull’organico della scuola. È una presenza fisica in più in sezione e, si sa,
il bisogno che c’è nella gestione dei vari momenti: accoglienza, pranzo, routines, ma anche nelle
attività strutturate; è una mano in più e una mente in più: è una risorsa di idee utile nella
programmazione, nell’incontro con i genitori, nella compilazione di documenti, ecc..
Chi è, qual è il profilo di partenza del docente di sostegno? In passato ed oggi è un docente di
scuola dell’infanzia con titolo di specializzazione (conseguito dopo il diploma magistrale tramite
diploma di corso di specializzazione polivalente, organizzato da Università o dal Provveditorato) o
con nessuna specializzazione, ma con incarico di insegnamento su attività di sostegno, in quanto
la richiesta elevata di personale ha reso necessario il reclutamento di docenti in possesso solo
dell’abilitazione all’insegnamento.
In futuro probabilmente sarà un docente con una formazione speciale trasversale. Nella proposta
di legge per la riforma del corso di laurea di Scienze della formazione primaria, si prevede che tutti
i docenti, nella loro formazione universitaria, debbano conseguire un’adeguata formazione speciale
di base che includa competenze educative-didattiche utili a garantire un lavoro qualificato con le
persone che presentano bisogni educativi speciali; quindi in futuro, tutte le insegnanti avranno, con
la laurea, il titolo di insegnante di sostegno compreso nella formazione di base.
Convinta dell’importanza di una formazione specifica e speciale, di un’adeguata competenza
pedagogica, didattica e metodologica, c’è da segnalare che chi si occupa di alunni disabili non
sempre ha esperienza, non sempre garantisce continuità negli anni (occorrerebbe trovare modalità
operative ed amministrative adeguate per assicurare la presenza continuativa dell’insegnante di
sostegno e la realtà della scuola statale vede insegnanti con incarichi annuali che non
garantiscono la costruzione di un rapporto con il bambino, con il team, con la classe, con i
genitori:una relazione significativa si costruisce con il tempo), è assegnato alla classe per un
monte-ore a volte limitato che non copre interamente il tempo di frequenza scolastica del bambino
disabile (nella scuola statale capita spesso che l’insegnante sia assegnato per un massimo di 12
ore alla settimana sulle 40 circa di frequenza degli alunni).
È fondamentale quindi, per una buona riuscita del processo d’integrazione, un lavoro ed
un’interazione coordinata e condivisa prima di tutto tra le colleghe che si ripercuoterà e rifletterà sui
bambini, sul bambino in difficoltà e sulla sua famiglia. La cooperazione e la corresponsabilità sono
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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stabilite anche giuridicamente: l’insegnante di sostegno e di classe hanno entrambe la
responsabilità giuridica sui minori, su tutti i bambini della classe, compreso il soggetto in difficoltà.
Come ottimizzare la risorsa di una persona in più, in una situazione come quella dell’integrazione,
magari nel momento di un nuovo inserimento di un bambino diversamente abile? Indubbiamente si
chiede alla scuola uno sforzo, un impegno in più perché l’accoglienza di un alunno diversamente
abile modifica il contesto scolastico. Il team docente deve riconoscere e rispondere a nuovi,
specifici bisogni e richieste che l’utenza rivolge e che la gestione della situazione richiede.
Da un’analisi dei bisogni della scuola ho dedotto i compiti, le funzioni e il ruolo dell’insegnante di
sostegno in una prospettiva di cooperazione e scambio reciproco di ruoli tra docenti.
Ad esempio:
Stabilire e mantenere rapporti collaborativi con gli specialisti, terapisti, medici…
Occorre un incontro in équipe fra professionisti diversi (psicologo, logopedista, educatori, assistenti
sociali, neuropsichiatri e insegnanti) discutendo e lavorando insieme. Ciò diventa un’occasione
preziosa per modificare rappresentazioni rigide dei problemi e delle persone coinvolte e cercare
soluzioni a cui non si era ancora pensato, magari perché troppo affezionati alle proprie idee o punti
di vista e per contenere, mediante risorse comuni, l’ansia e il senso d’urgenza o impotenza che
una situazione, un bambino, a volte suscita.
Sollecitare la comunicazione e collaborazione con le famiglie
È urgente saper parlare con la famiglia del bambino disabile e saper comunicare con un’attenzione
in più, perché i genitori sono di fronte a grande sofferenza. È la prima volta che confrontano il loro
figlio con gli altri, escono allo scoperto, al di fuori dell’ambito familiare e possono avere molte e
differenti reazioni: rifiuto, negazione, rivendicazione, apprensione, ecc, Sicuramente vanno sempre
ascoltati, ascolto autentico ed empatico, che vuol dire provare a mettersi nei loro panni. Stabilire
una buona relazione per creare una rete solida di scambi e responsabilità comuni, per creare un
tessuto che contiene tutte le azioni, orientate verso un’unica direzione. Inoltre, ricordiamoci che la
famiglia ha diritto di partecipare alla formulazione del profilo dinamico funzionale e del progetto
educativo individualizzato, nonché alle loro verifiche.
Lavorare in compresenza con i colleghi per gestire e pensare la programmazione in
risposta alle esigenze di apprendimento dell’allievo in situazione di handicap
il concetto forte espresso è che non è l’alunno che si deve adattare ad una programmazione
pensata per la classe, ma è la programmazione annuale, i progetti, che devono tener conto del
bambino con esigenze particolari; si devono considerare le tracce che il bambino lascia…, trovare
un punto di contatto. Lavorare in compresenza con i colleghi permette di gestire un piccolo gruppo
di bambini, di organizzare laboratori che possono essere motori, teatrali, ecc., dove il bambino può
inserirsi con più facilità, permettere il tutoring e un lavoro cooperativo, perché la compresenza evita
il pericolo di lavorare da soli con il bambino in difficoltà.
Ricercare, organizzare ed attivare le risorse specifiche personali e materiali per il sostegno
ritenute più appropriate e valide
Ad esempio il reperimento di materiali didattici specifici che a volte sono necessari per la
realizzazione di particolari progetti, gli ausili tecnici, le attrezzature e sussidi specifici. Occorre
esplorare realtà e risorse del territorio istituzionali ed inter-istituzionali, (associazioni, gruppi),
richiedere sostegni professionali, come, ad esempio, l’assistente educatore, i gruppi di lavoro
sull’integrazione GLH reti di scuole, per il confronto e la diffusione di buone pratiche, di iniziative
d’aggiornamento, ecc
Prevedere la raccolta, preparazione, compilazione della documentazione anche in
collaborazione con le diverse persone coinvolte nel progetto d’integrazione:
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
30
Ciò vuol dire la compilazione dei documenti richiesti dalla normativa, la documentazione didattica
(negli ultimi trenta anni sono state realizzate molte esperienze positive di integrazione, che
purtroppo sopravvivono solo nella memoria dei protagonisti. La documentazione è percepita come
un inutile adempimento burocratico, ma è efficace per promuovere la circolazione di idee ed
esperienze. La storia del bambino, attraverso una raccolta di materiali significativi per costruire un
progetto di vita, per preparare un fascicolo individuale dell’alunno con disabilità che ripercorra il
percorso formativo compiuto nell’iter scolastico e documentazione per il passaggio alla scuola
primaria.
Ricapitolando e per concludere questa prima parte del mio intervento vorrei ribadire che il
processo d’integrazione presuppone l’incontro fra tanti adulti, con tanti ruoli diversi, con differenti
registri comunicativi: formale, confidenziale, ecc… ma che hanno come compito l’impegno e lo
sforzo di imparare a comunicare; per quanto riguarda il lavoro con i bambini, persone che devono
saper lavorare con loro in atteggiamento di ascolto, con un’attenzione alla dimensione emotivoaffettiva, con strumenti per osservare e leggere i comportamenti e la situazione educativa, con
caratteristiche di flessibilità e creatività nelle proposte e nell’utilizzo di strategie e metodi.
2 Le “Indicazioni per il curricolo”
Cosa dire ora rispetto alle “Indicazioni per il curricolo” del settembre 2007 per la scuola
dell’infanzia?
Una prima osservazione è che il concetto d’integrazione è trasversale a tutto il testo del
documento. Non vi è dedicato alcun paragrafo a parte, come negli Orientamenti del 1991, dove si
parla in specifico di “diversità ed integrazione”. Io ho ampliato questa lettura con il documento
ministeriale del settembre 2009 “Linee guida per l’integrazione scolastica” , con i possibili
riferimenti alla scuola dell’infanzia.
Ho analizzato i documenti ministeriali mettendomi dalla parte di chi esprime bisogni ed esigenze
specifiche, e posso dire che è garantita a livello nazionale l’integrazione e l’inclusione in quanto nel
documento si parla di “diritto universale all’istruzione” e ancora “…per ogni bambino e bambina la
scuola dell’infanzia si pone le finalità di promuovere lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della
competenza e cittadinanza”.
Vediamo ora nello specifico di ogni finalità alcuni aspetti d’approfondimento che ho selezionato
perché ritenuti da me interessanti spunti di riflessione.
Sviluppo dell’identità
Cito dal testo “vuol dire imparare a conoscersi e sentirsi riconosciuti come persona unica ed
irripetibile…” L’affermazione “unica ed irripetibile” prevede per il bambino con handicap un
riconoscimento delle sue potenzialità e dei suoi limiti.
Quando parlo di scoperta d’identità di una persona diversamente abile ripenso e rileggo sempre il
libro “Handicap ed identità” di A. Canevaro, un pedagogista che ha dato un grande contributo al
processo d’integrazione scolastica. Canevaro dice “l’identità per un handicappato (che inizia
dall’infanzia) è una conquista problematica: il deficit non può essere messo da parte come
qualcosa che si fa finta di non vedere e non sapere, come non può diventare il solo modo di
considerare l’altro” quindi richiama ad una presa di coscienza dell’handicap nel riconoscimento
della persona nella sua interezza e complessità. Canevaro dice ancora “…nella presentazione di
una persona handicappata possiamo sottolineare le prospettive e i tratti positivi o intrecciare i
nostri pregiudizi con le sottolineature delle caratteristiche peggiori”. Ciò porta l’attenzione al
pensare in positivo, a considerare e mettere in evidenza in primis quello che il bambino sa fare, le
prospettive, le potenzialità, per un approccio costruttivo alla realtà e alla situazione.
Ma nel riconoscimento dell’identità, ci dice Canevaro, ci stanno anche i limiti, limiti di alcune
funzioni percettive, comunicative, intellettive, limiti che non vanno nascosti o peggio ancora negati,
nè al bambino disabile, nè ai compagni. A questo proposito vi leggo una parte del libro sopra
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
31
menzionato: “…tutti i bambini, compresi i bambini disabili, hanno bisogno di verità da parte delle
persone che vivono loro accanto per assumere una loro identità. Non si tratta di verità prestabilite
ed assolute; piuttosto di parole vere pronunciate da una persona che si convince che la sofferenza,
se messa in parole, si umanizza e diventa un po’ più vivibile. In una favola (elaborazione
fantastica) vi può essere più senso della verità che in una cronaca (riproduzione della realtà). In
questo senso ciascuno deve trovare le sue parole di verità, che non possono essere suggerite da
un altro se non come indicazione generale. Per Francoise Dolto, il parametro della violenza nei
confronti dei bambini è costituito dal silenzio o dalla menzogna, anche pietosa. Un bambino può
sopportare qualsiasi verità, se è verità, cioè se ha risonanza di vero in chi la pronuncia”. Quindi la
Dolto ci suggerisce di usare parole vere, dette con un linguaggio semplice ed autentico e, ancora,
l’invenzione di storie, di giochi, che non negano, ma che restituiscono identità anche al bambino
disabile. Tutto ritorna al bambino come accettazione degli altri, stimola l’aiuto e attiva
comportamenti pro-sociali tra coetanei.
Sviluppo dell’autonomia
Si legge nel testo, oltre ad altri aspetti, “…provare piacere nel fare da sé, saper chiedere aiuto,
esplorare la realtà e comprendere le regole della vita quotidiana”. Ci si riferisce, quindi, anche al
bambino diversamente abile, ad autonomie operative, come mangiare da solo, l’uso del bagno,
sapersi vestire o mettere le scarpe ecc., Sicuramente questi traguardi richiederanno tempi più
lunghi, occorrerà un progressivo distanziamento dell’adulto, ma queste operazioni di cura del sé,
che poco tempo prima faceva solo la madre, sono cariche di aspetti affettivi, quindi è importante
non delegare sempre ad altri (personale di pulizia, inservienti, ecc) queste cure, ma far passare
attraverso queste azioni verso il corpo così carico di emozioni, la presenza dell’altro.
Dicevo prima un distanziamento progressivo: “aiutami a fare da solo” diceva la Montessori. A volte
per un bambino è comodo e meno dispendioso farsi fare cose, ma noi dobbiamo pensare al suo
sviluppo in evoluzione, al suo progetto di vita che inizia fin da piccolo e che prevede sicuramente
l’autonomia nella gestione del sé. Autonomia significa anche provare piacere nel fare da sé e
saper chiedere aiuto, esplorare la realtà, ecc.. Forse per noi insegnanti vuol dire trovare una giusta
collocazione nel lasciar solo il bambino e nell’essere presente, vuol dire gestire l’ansia dell’essere
sempre li, come un’ombra che interviene, che media in continuazione, ma dar fiducia, lasciarli
andare, lasciarli agire in situazioni protette - ad esempio in gruppi, giochi, spazi e luoghi - ma da
soli.
Sviluppo della competenza
La scuola non è solo un luogo dove stare, incontrare gli altri; la scuola è un luogo d’apprendimento
anche per il bambino disabile. Non basta inserirlo, accoglierlo, ma occorre trovare anche sul
versante dell’apprendimento, situazioni, strategie adatte a lui, è suo diritto e nostro dovere trovare
modi per sviluppare conoscenze ed abilità di tipo cognitivo, individuare obiettivi intermedi, graduati,
attivare nuove strategie e valutare le competenze raggiunte.
Sviluppo del senso di cittadinanza
È importante promuovere atteggiamenti pro-sociali tra bambini. Il fine ultimo della pro-socialità è il
bene degli altri. Per il bambino diversamente abile ciò significa l’instaurarsi di rapporti collaborativi
tra bambini e il costituirsi di comportamenti sociali positivi, attraverso la valorizzazione dello
scambio comunicativo tra pari e funzionali modalità di gestione della classe.
Cos’è la pro-socialità? È la tendenza a far ricorso ad azioni che si contraddistinguono per gli effetti
benefici che producono negli altri…, sono le azioni efficaci per far del bene…, la volontà di far del
bene agli altri senza la ricerca di ricompense esterne. Ciò porta benefici per chi riceve, ma anche
per chi dà.
Si richiedono, anche al bambino in età di scuola dell’infanzia, capacità di decentramento personale
ed avvicinamento alla prospettiva degli altri per capire bisogni ed aiutare. Si può trattare di un aiuto
fisico (intervenire fisicamente nel compimento di un’azione concreta), un dare all’altro (consegnare
oggetti propri perdendone il possesso), un aiuto o conforto verbale ( spiegazioni o istruzioni, ma
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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anche parole che migliorano lo stato d’animo o che confermano il valore di altre persone e quindi
aumentano l’autostima). Le prime forme di interazione con il mondo e con gli altri nell’infanzia sono
formate in famiglia, ma la scuola rappresenta un’ottima palestra di scambi sociali: scambi con
l’insegnante da cui deriva l’importanza di porsi come figura autorevole, aprirsi al dialogo e non solo
imporre regole; scambi sociali fra pari. Per comportamenti pro-sociali si intende, allora, il conforto
dato ad un bambino che piange per il distacco o un litigio, l’aiuto nel gioco o nella routine, una
carezza, un sorriso, un bacio, in un clima non di pietà, ma di accettazione. Ancora Canevaro dice:
”può esserci un aiuto maggiore non nel compito di riabilitatore coetaneo, ma nel compito del
coetaneo che gioca, litiga, e forse dimentica di avere a che fare con un compagno con disabilità e
permette a quel compagno di fare dei movimenti e di ricevere dei contatti che sono la migliore
riabilitazione senza che siano previsti da nessun eserciziario”.
Quali strumenti abbiamo per promuovere le finalità esposte sopra? Ritorniamo al testo “Indicazioni
per il curricolo” dove si parla di strutturazione di un curricolo implicito ed esplicito.
 per curricolo implicito si intendono le costanti che definiscono il contesto, l’ambiente di
apprendimento: lo spazio, il tempo, i materiali e le relazioni. La frase “la scuola dell’infanzia
sperimenta con libertà la propria organizzazione…” Sottolineo l’espressione “con libertà”
quando faccio scelte consapevoli essendo possibile ogni tipo di organizzazione: laboratori,
piccoli gruppi di lavoro, strutturazione di spazi più raccolti, potenziamento di alcuni angoli gioco,
predisposizione di particolari materiali, ecc.
 per curricolo esplicito ci si riferisce ai “campi d’esperienza”… Non entro nel merito di ogni
ambito, anche se ce ne sarebbero alcuni particolarmente interessanti da trattare, come valenza
e potenzialità di lavoro. Ad esempio “il corpo ed il movimento” per tutte le implicazioni di tipo
emotivo-affettivo e di scoperta del mondo attraverso i sensi che riporta all’importanza della
percezione sensoriale e del corpo, “i linguaggi” con le diverse forme d’intelligenza che vanno a
sviluppare, ecc… Ma vale la pena soffermarsi sul metodo di conduzione di qualsiasi
esperienza: ci possono essere ricchi ed articolati progetti didattici con l’impiego di elaborati e
magari costosi materiali, in spazi creati apposta, attrezzati, ma saranno vuoti e vani se l’azione
dell’insegnante non è guidata verso una scelta ed una consapevolezza del metodo, che
attraversa, è trasversale alle esperienze proposte. Per i bambini diversamente abili ad esempio
è fondamentale partire dall’esperienza diretta, il toccare, il fare, quindi occorre organizzare
situazioni, soprattutto ludiche, dove il bambino può agire da solo ed esprimersi, uscire allo
scoperto attraverso il corpo; inoltre incoraggiare l’approccio collaborativo con il tutoring, la
differente gruppalità, ecc.
 Un’ultima cosa a riguardo del curricolo che giudico proficua è che l’insegnante sia attrezzata di
un vasto repertorio di possibili attività e strategie da proporre, perché la varietà, la flessibilità e
la risposta immediata ad imprevisti ed urgenze, che capitano di continuo nel lavoro con un
alunno diversamente abile, è, a mio parere, una caratteristica fondante del progetto di
integrazione.
Per chiudere un’ultima considerazione: l’importanza di un’azione deve essere:
 adeguata per tutto ciò che è stato detto: dalla lettura della diagnosi funzionale, all’osservazione
e alla progettazione degli interventi e alla valutazione e
 precoce: a volte capita che i bambini non arrivino a scuola con una segnalazione di disturbo, di
handicap. Noi insegnanti ci accorgiamo che qualcosa non va, non è nella norma; allora occorre
con responsabilità, professionalità e delicatezza far emergere la situazione ed attivare tutte le
procedure necessarie per avviare una segnalazione.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
33
ESPERIENZE DIDATTICHE REALIZZATE NELLA
SCUOLA DELL’INFANZIA
Dr.ssa Ferrario
Il mio intervento d’oggi tratterà esempi di buone prassi, d’esperienze didattiche realizzate nella
scuola dell’infanzia. Quindi procederò con racconti, narrazioni di situazioni, purtroppo senza
immagini perché non le possiedo, ma capiterà che vi leggerò parti delle documentazioni cartacee
in mio possesso, per rendere tutto più vivo ed autentico. Userò dunque esempi di programmazione
e per la parte più teorica, mi riferirò ad un testo “Uno sfondo per integrare” di Zanelli, pedagogista,
collega di Canevaro. Gli argomenti trattati nel libro sostengono la prima parte del mio intervento
che vuole inquadrare e mostrare la valenza pedagogica di uno strumento di programmazione
quale è lo “fondo integratore”.
1 Lo sfondo integratore
Ho scelto le esperienze che riferirò in quanto rappresentano esempi di buone prassi, in linea
soprattutto con alcune indicazioni illustrate nel precedente intervento e cioè:
 “c’è un’idea forte, unificante che caratterizza il progetto con uno sfondo che racconta, dà
senso, fornisce identità e finalizzazione alle attività” e ancora
 “il P.E.I. si raccorda con la programmazione di classe… La programmazione individualizzata
deve trovare l’ambito di realizzazione nelle attività di tutti”. Vale a dire che si devono individuare
ed esistono dei bisogni educativi speciali e specifici dell’alunno in difficoltà, ma se questi sono
soddisfatti indipendentemente dal lavoro, dalla programmazione della classe, si crea
segregazione e separazione.
Lo strumento didattico e modello pedagogico di riferimento che sostiene le scelte dei percorsi che
vi descriverò è “lo sfondo integratore”, la cui definizione è spesso molto fraintesa ed abusata. Vi
prego di prestare attenzione perché userò questo riferimento in un’accezione magari nuova,
sicuramente ampia ed articolata.
La teoria di riferimento è contenuta nel libro “Uno sfondo per integrare” di Paolo Zanelli.
Cos’è lo sfondo integratore:
Può essere definito come una “struttura” che connette avvenimenti diversi ed è capace di favorire il
raccordo fra abilità, spazi, momenti, linguaggi diversi, in direzione dell’integrazione d’alunni
diversamente abili.
Si tratta di partire e tenere come sfondo una realtà significativa per i bambini che può essere un
personaggio fantastico, una storia, un ambiente, un’esperienza di laboratorio che faccia vivere al
bambino i vari momenti della programmazione uniti e non frammentari.
Lo sfondo è un interessante strumento per favorire l’integrazione di bambini con disabilità,
soprattutto con problemi di comportamento e di comunicazione, perché spesso questi bambini
mettono in atto comportamenti “strani”, particolari, sono una lettura misteriosa che sembra
sganciata dalla realtà. Lo sfondo su cui proiettare e produrre l’attività educativa e didattica dunque
diventa un sistema per riuscire a costruire un approccio efficace con questi bambini. Parlavo prima
di “lettura misteriosa”, ora vi spiego cosa intendo: “vi possono essere comportamenti ed abilità di
un bambino handicappato, come di qualsiasi bambino, che rimangono isolati, come tessere di un
mosaico che non sappiamo comporre e che appaiono senza senso. Sono delle “tracce” che
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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sembrano non portare da nessuna parte, rischiando d’essere abilità fini a loro stesse, senza valore
di una prospettiva… Lette le “tracce” e delineati gli obiettivi del nostro lavoro d’insegnanti,
dobbiamo costruire e dare sostanza ad uno sfondo che integri questi elementi.”.
Quindi lo sfondo integratore nasce come possibilità ed esigenza di trasformare e non negare le
difficoltà del singolo bambino; gli elementi di “rumore” o di disturbo diventano un’occasione di
lavoro educativo.
Vi porto un esempio tratto da un testo: “le insegnanti avevano notato che Simone lanciava
qualunque cosa gli capitasse fra le mani. Tale comportamento poteva divenire pericoloso per gli
altri bambini e generare confusione e la prima reazione era quella di bloccare Simone
considerandolo elemento di disturbo. Il modo in cui le insegnanti si sono mosse è stato diverso:
hanno istituzionalizzato quest’esigenza trasformandola in una serie di giochi psicomotori con
materiali innocui proposti a tutti i bambini. All’interno dello sfondo fantastico, usando degli oggetti
innocui come le spugne, le insegnanti trasformarono il “lanciare” di Simone in un gioco condiviso
con gli altri. Piano piano Simone comincia a partecipare maggiormente alle sequenze
comunicative e perde gran parte della sua rigidità. Questo perché l’oggetto “dato” allo spazio forse
diventerà presto l’oggetto lanciato all’altro e sarà anche il grido e più tardi la parola e,
simbolicamente ancora il pensiero, espresso sotto le sue differenti forme: gestuale, plastica,
verbale. Questa proiezione al di fuori di sé è considerata la fase fondamentale di ogni desiderio
d’espressione e di comunicazione. Il gioco psicomotorio non si è esaurito in quell’esperienza ma è
stato inserito in un più vasto contesto reso possibile dallo sfondo, è divenuto elemento della
struttura, di percorsi nuovi e di nuove acquisizioni per tutti i bambini”.
Ma ritorniamo alla teoria. Dunque lo sfondo integratore agisce dal punto di vista del bambino:
 a livello motivazionale ed affettivo perché favorisce la costituzione di un campo motivazionale
condiviso e persistente, opera quello che Winnicott chiamerebbe “contenimento affettivo” e
dunque favorisce lo sviluppo emotivo. Inoltre garantisce un continuo e costante collegamento
fra motivazione infantile e attività educativa, creando un ambiente contenitore d’esperienze;
 a livello d’apprendimenti perché favorisce l’acquisizione di una strategia d’apprendimento
costruttiva; favorendo intrecci e collegamenti che portano ad una continua riorganizzazione dei
concetti:
 a livello relazionale perché favorisce il decentramento personale e la cooperazione.
Dal punto di vista dell’insegnante lo sfondo integratore implica:
 una capacità di saper ascoltare autenticamente i bambini e una competenza nell’osservazione,
soprattutto rispetto alla comunicazione analogica, quindi una lettura del linguaggio corporeo e
del movimento;
 una “regia educativa”, vale a dire essere in grado di riformulare continuamente la
programmazione, valorizzando anche gli spunti occasionali, andare oltre il contesto immediato
per collegare momenti e percorsi diversi sia spazialmente che temporalmente.
Le organizzazioni dell’ambiente possono riferirsi a diversi scenari:
 lo sfondo della fantasia, della favola, del racconto e dell’avventura, quindi ad esempio la scuola,
la sezione diventano uno scenario della fantasia favolistica. Ciò è particolarmente adatto per
bambini dai 3 ai 6 anni poiché risponde all’esigenza del bambino di muoversi continuamente tra
piano della realtà e piano della fantasia. Il fantastico permette di esprimere, oggettivandoli, i
fantasmi e le paure interne del bambino e nello stesso tempo costituisce un patrimonio culturale
fatto di simboli condivisi che permette al bambino piccolo di rapportarsi al mondo culturale in cui
è immerso;
 lo sfondo del laboratorio può essere di varie tipologie: creativo, espressivo, dunque di pittura,
psicomotorio, teatrale o narrativo. Il laboratorio con spazi, tempi, materiali specifici diventa un
luogo motivante, gratificante e che fa apprendere. Molto spesso queste attività creano veri e
propri eventi, che mettono in moto grandi emozioni con la possibilità di coinvolgere le famiglie.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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2 Esperienze didattiche d’integrazione nella scuola
dell’infanzia
1° PERCORSO: “IL RACCONTO DI PRATOFIORITO”
 Elementi di contesto: una sezione di 20 bambini omogenea per età, di quattro anni. Alle
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insegnanti titolari si affianca l’intervento dell’insegnante di sostegno per quattro mattine alla
settimana.
Elementi descrittivi tratti dalla D.F. e dal P.D.F.: Il bambino diversamente abile è Marco
frequenta la scuola dall’età di tre anni sempre nella stessa sezione ed ha una diagnosi di
psicosi infantile. Il progetto scolastico è stato concordato con lo psicologo che conduce la
terapia del bambino che è iniziata a tre anni.
Marco è un bambino che si dimostra molto intelligente, ha difficoltà di relazione e di
comunicazione, ha molte paure e grande fragilità emotiva. Ha un modo di comunicare, di
comportarsi, e di agire sulle cose, personale e “diverso” da quello condiviso. Il linguaggio è
prevalentemente corporeo fatto a volte di parole sussurrate e poco comprensibili.
Le “ragioni” del percorso: l’integrazione scolastica di Marco ha richiesto l’elaborazione di un
piano di lavoro che rispetti l’identità del bambino e contemporaneamente lo avvicini al mondo
reale. Questo ha richiesto prima di tutto molta disponibilità all’ascolto, alla comprensione, al non
negare ma trasformare i comportamenti del bambino che sono espressione delle sue emozioni,
per inserirlo in un ambiente “sano” di parole, di giochi, di movimenti. Occorre perciò analizzare e
comprendere come il bambino comunica, decifrare i segnali corporei: il linguaggio delle mani,
della bocca, degli occhi, delle posizioni del corpo nello spazio, dell’andatura, delle posture, della
voce. E’ indispensabile comprendere cosa Marco comunica, che emozioni sta vivendo: paura,
rabbia, spavento, dolore, avversione, benessere, perché l’adulto possa verbalizzare con lui
quello che lui nasconde nel suo corpo, nei suoi gesti. Si è compresa l’importanza di creare uno
“sfondo” che permetta di utilizzare le tracce comunicative di Marco agganciandole e
collegandole agli stimoli proposti per l’intera classe. Si rispetterà in tal modo l’identità del
bambino, il suo modo di parlare agli altri e lo si integra con quello condiviso.
Il percorso: lo sfondo scelto per la classe sono i linguaggi e le emozioni, affrontati tramite un
oggetto mediatore di tipo fantastico.
“Il racconto di pratofiorito”, che è una storia inventata dalle insegnanti dopo aver raccolto i
suggerimenti dati dai bambini, consente di inviare al gruppo degli stimoli che dovranno essere
elaborati ed arricchiti. Così il racconto che narra di due bambini che trasgredendo le regole
lasciano i genitori, si perdono e si avventurano in un bosco dove incontrano personaggi che
comunicano in modi differenti ed in seguito provano paura e pericolo nella casa della strega,
diventa uno sfondo su cui inserire le tracce di Marco e gli eventi che occasionalmente capitano
a scuola. L’obiettivo è di portare l’attenzione dei bambini sulla comunicazione, sui diversi modi
di parlare: con le parole, la voce, il corpo, le mani, gli occhi e di sperimentare tutti questi modi
d’espressione. Così nel corso dell’esperienza sono comparsi personaggi fantastici inventati dai
bambini: animali, elementi della natura che parlano in modo differente e tutti possono
sperimentare divertendosi, il loro modo di comunicare. I bambini possono allora parlare come
parla Marco, tentare di capire cosa dice Marco, ma soprattutto tentare uno scambio con la
lingua di Marco. Questa atmosfera di socializzazione ha permesso a Marco di trovare
contenimento, espresso da accoglienza, disponibilità, e voglia di aprirsi agli altri per condividere
giochi ed emozioni e non solo luoghi.
La strega e la costruzione della casa della strega all’interno della sezione, che sottende un’idea
di spazio-classe flessibile e modificabile nel corso dell’anno in base agli stimoli dati dai bambini
e collegati allo sfondo, ha permesso di affrontare il tema della paura. La paura è un’emozione
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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dominante nella storia di Marco: paura di separarsi dalla mamma, di fare da solo, del cibo, delle
parole, ecc la strega diventa allora il mediatore per parlare a Marco delle sue paure e per
tentare di elaborarle. Lo sfondo integratore collegando percorsi, tempi, momenti diversi
favorisce la costruzione di un contesto di apprendimenti. Anche per Marco lo sfondo ha dato
spunti per potenziare le capacità cognitive: miglioramento dei tempi d’attenzione,
rappresentazione grafica, giochi di logica in piccolo gruppo ecc.
Verifica dei risultati
 è aumentata la disponibilità e l’apertura alla relazione con i compagni e sono diminuiti
comportamenti e giochi in cui era evidente la ricerca di isolamento. Si dimostra più disponibile
alle proposte, alle regole della classe e ad una vita più sociale. Si è manifestata una buona
evoluzione sul piano della rappresentazione simbolica e della comunicazione: usa più
frequentemente la parola come riproduzione ed imitazione delle parole di coloro che gli parlano.
Non sono ancora parole sue, ma quelle che l’altro pronuncia. La comunicazione verbale è così
uno scambio ma senza relazione: io parlo, lui ripete ma non comunichiamo. Accanto a questa
forma di linguaggio esistono anche parole stereotipate ed incomprensibili che appartengono ad
un vocabolario personale e legato a modi di dire infantili. Ora utilizza il codice verbale
spontaneamente in caso di richieste per soddisfare i suoi bisogni primari. Ha acquisito la
capacità di rappresentare attraverso un disegno delle figure che nomina e che fanno parte della
realtà.
 Questi traguardi si sono ottenuti grazie alla costruzione di un ambiente integrato fra intervento
terapeutico, scolastico e famigliare.
Ri-progettazione:
 valutata positivamente l’esperienza passata, le insegnanti hanno ritenuto proficuo continuare
ad utilizzare, anche per l’anno successivo, uno sfondo integratore in cui inserire le proposte e le
tracce personali dei bambini. Ricordando la storia di Pratofiorito si ripresentano i due
personaggi che ora chiedono ai bambini di comunicare con loro. Si sono verificati scambi di
oggetti, di corrispondenza, di parole, inviate tramite registrazioni audio, video, disegni.. si insiste
così sui diversi modi di comunicare e sull’accettazione della diversità come fonte di
arricchimento, di apertura e comprensione altrui. I prìncipi di pratofiorito a volte parlano in modo
strano, si esprimono con il corpo, ripetono parole, proprio come fa Marco.
2° PERCORSO: “GLI AMICI AMICI”
 Elementi di contesto: Scuola materna statale, situata nello stesso edificio della scuola
elementare, monosezione eterogenea per età, di 26 alunni, compresa bambina in situazione di
handicap.
 Elementi descrittivi tratti dalla D.F. e dal P.D.F.: Giulia ha 5 anni presenta una sindrome
comiziale, sospetta epilessia mioclonica severa. Dal punto di vista dello sviluppo psicologico si
evidenziano difficoltà nello sviluppo psicomotorio e nello sviluppo del linguaggio. Globalmente lo
sviluppo armonico della personalità è difficoltoso, anche per la presenza delle crisi, che quando
insorgono determinano evidenti difficoltà nel mantenimento della continuità delle attività e nei
rapporti interpersonali. Giulia presenta ritardo globale, scarsi tempi di attenzione ed interesse, è
pressoché priva di regole sociali e presenta marcati segni di aggressività
 Le “ragioni” del percorso. È un progetto basato sulla solidarietà, l’amicizia, la collaborazione,
destinato a tutti gli alunni indistintamente. Terminata la fase dell’osservazione e il positivo
inserimento della bambina favorito da: un allestimento di spazi poco strutturati per favorire
scambi relazionali, attenzione alle tracce che i bambini portano da casa, individuazione di una
compagna scelta dalla bambina stessa che agisce da tramite per la relazionalità, valutate le
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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
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possibilità evolutive ed i suoi limiti a livello di comunicazione verbale e sviluppo del linguaggio,
le insegnanti impostano un percorso didattico con finalità di interazione ed integrazione reale. È
basato su una piena immersione nella normalità scolastica, prevedendo un’assidua presenza
della bambina in sezione, affiancando a ciò un lavoro particolareggiato in gruppo ristretto,
finalizzato allo sviluppo di competenze comunicative ed espressivo-linguistiche.
Il percorso prima fase: ideazione della storia: “Gli amici amici” partendo dalla narrazione di
storie classiche si è giunti all’elaborazione della storia voluta dai bambini. I bambini identificano i
personaggi principali e le loro caratteristiche e riflettono sul valore dell’amicizia.
Seconda fase: costruzione del libro: la storia viene suddivisa in sequenze e rappresentati
graficamente gli episodi
Terza fase: la drammatizzazione della storia: si procede alla costruzione dell’ambiente ed
animazione della storia. I bambini creano gli abiti dei personaggi, scelgono i personaggi da
interpretare e le musiche da utilizzare.
La storia è stata rappresentata alla presenza dei genitori.
Quarta fase: “gli amici amici tutti insieme”: la storia è stata rappresentata con la collaborazione
di un cantastorie e il coinvolgimento del quartiere e del gruppo anziani. I bambini ideano e
realizzano poster pubblicitari ed altro materiale pubblicitario da appendere nei negozi e nel
quartiere.
Verifica dei risultati ottenuti
L’esperienza d’integrazione “Gli amici-amici” ha dato risultati positivi. Giulia ha evidenziato diversi
miglioramenti: sotto il profilo delle abilità cognitive e sociali, l’alunna ha sviluppato una maggior
capacità attentiva ed operativa; ha imparato a limitare l’aggressività e a rispettare alcune regole
sociali e manifesta interesse verso gli adulti di riferimento. Miglioramenti nelle capacità verbali.
Esempio tratto dal testo:
“Buone prassi d’integrazione scolastica” Yanes, Canevaro
3° PERCORSO: “FACCIAMO FINTA DI…”
 Elementi di contesto: scuola dell’infanzia parrocchiale, paritaria che ospita 150 bambini. La
scuola è composta da 5 sezioni tutte eterogenee per età. La classe è di 30 bambini di 4-5 anni,
con inserito un bambino disabile. Sulla classe intervengono un’insegnante fissa e una part-time,
più un’educatrice per garantire l’integrazione di Filippo.
 Elementi descrittivi tratti dalla D.F.-P.D.F. Filippo presenta un disturbo generale dello sviluppo,
la diagnosi è di autismo afisico. Ha 6 anni, alto, biondo con gli occhi azzurri, un bambino
fisicamente normale ma con il qual è molto difficile mettersi in relazione, se non sono gli altri ad
avvicinarsi, lui sta sempre solo, gioca con un aereo, con delle macchine o si guarda allo
specchio. È un bambino che, nonostante i suoi momenti di crisi durante i quali diventa irrequieto
ed aggressivo, è molto dolce, lo si capisce dallo sguardo, da come apprezza le coccole che
spesso ricerca nell’insegnante. Evita il gruppo esteso, il linguaggio è presente ma molto povero,
le espressioni linguistiche sono tipiche del linguaggio televisivo o dei cartoni animati, ha
difficoltà nelle relazioni ma non nell’uso del corpo.
 Le “ragioni” del percorso. Gli obiettivi del lavoro con Filippo riguardano soprattutto l’aspetto
socio relazionale. Dunque è necessario creare situazioni in cui il bambino, sentendosi sicuro,
può abbassare le sue difese, favorendo così una relazione spontanea con i compagni e con
l’adulto e lo sviluppo della capacità d’attenzione. Per i compagni, permettere in queste situazioni
di conoscere meglio Filippo, le sue caratteristiche, le sue difficoltà, condividere con lui non solo
luoghi ma esperienze, capendo che le sue difficoltà possono essere superate e anche lui può
essere un buon compagno di giochi.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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 L’obiettivo è cercare di stimolare, attraverso diverse situazioni, l’aumento di contatti. Le
situazioni programmate sono vissute in una dimensione “protetta” quale quella laboratoriale, di
piccolo gruppo, in un luogo e con materiali e con tempi specifici, ci si auspica che con il tempo
tali pratiche possano riprodursi spontaneamente all’interno della classe.
 Si è ritenuto opportuno lavorare sul e con il corpo perché è il mezzo con cui Filippo riesce
meglio a relazionarsi con gli altri, è un canale utilizzato dai bambini per esprimere sensazioni ed
emozioni che non riescono ancora ad esprimere con le parole. Il lavoro psicomotorio è stato
inserito in una cornice di gioco, che ha connesso ed ha tematizzato le diverse esperienze. Il
gioco simbolico del far finta di essere qualcun’altro è stato pensato per vincere la resistenza e
l’imbarazzo del contatto con l’altro, per permettere ai bambini di sentirsi più liberi di comunicare
ed esprimere le emozioni e le paure.
 Il percorso: lo svolgimento delle attività ha una routine, un primo momento in cerchio per
ricordare ciò che è stato fatto la volta precedente e parlare di quello che si andrà a vivere. Poi
segue il momento d’attività corporea, lo svolgimento vero e proprio dell’attività che consiste in
una serie d’esperienze all’interno di uno sfondo comune. Si fa finta di essere al mare, in
montagna, nella notte, nella foresta, nell’aria. Per tutte queste situazioni, a seconda delle
osservazioni dei bambini su quel determinato argomento, le insegnanti allestiscono lo spazio,
fornendo il materiale che possa essere adatto all’attività e di seguito si inizia, bambini ed
insegnanti, a giocare insieme. L’adulto cerca di fornire il supporto necessario per sviluppare
relazioni positive tra Filippo e i suoi compagni cercando di non assumere un ruolo direttivo, ma
più osservativo e portato all’ascolto delle emozioni e sensazioni espresse.
 L’ultima parte dell’attività consiste nel rappresentare graficamente o con altro materiale
l’esperienza fatta con il corpo.
Verifica dei risultati ottenuti
 I miglioramenti di Filippo alla fine dell’anno scolastico sono stati avvertiti sia in classe che a
casa. I genitori hanno osservato un atteggiamento più affettuoso nei loro confronti, una maggior
capacità di esprimere il suo disagio. A scuola i progressi ci sono stati nell’aumento dei tempi
d’attenzione, nello sviluppo della capacità di manifestare i suoi bisogni, nella produzione di
parole, oltre ad un enorme cambiamento nella relazione con i compagni. Ora li ricerca con lo
sguardo, con il contatto fisico e con la voce. Filippo è diventato molto più sereno e i suoi
atteggiamenti problematici sono molto diminuiti.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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QUALCHE RIFLESSIONE E UN SUGGERIMENTO
PER I COLLEGI DOCENTI DI ZONA
Lironi Martino
Il corso provinciale di aggiornamento Fism Como 2009, fra gli interventi programmati ha
apprezzato anche la relazione sviluppata dalla dott.sa Ferrario che ha offerto una notevole pluralità
di motivi meritevoli di quella riconsiderazione che purtroppo non è stato possibile approfondire
adeguatamente per la limitatezza del tempo a disposizione.
INSEGNANTE DI SOSTEGNO E INSEGNANTE DI SEZIONE
Ci sembra tuttavia opportuno, mentre la memoria è ancora fresca, richiamare alcuni dei punti
messi in luce dalla relatrice per meglio precisarli, non senza premettere che tutte le osservazioni
sull’insegnante di sostegno – per quanto concerne la professionalità – valgono pari pari per le
insegnanti di sezione che debbano operare all’integrazione di alunni disabili o diversamente abili.
Tutti abbiamo certamente condiviso il concetto della necessità che dette Docenti siano in possesso
del prescritto titolo di specializzazione e possano contare su una esperienza maturata sul campo,
se non prolungata, almeno significativa. Dando per scontato la preparazione pedagogica,
consentiamo pienamente anche sul requisito di una provata competenza metodologica e didattica.
Ci permettiamo, oltre a ciò, di citare una quarta dote.
ACCETTAZIONE DEL DIVERSO
Ed è questa una qualità che dovrebbe essere la base, la premessa generale su cui si innestano gli
altri requisiti. Ci si riferisce alla accettazione del diverso, condizione di fondo per l’accoglienza da
intendere come reale ed effettiva disponibilità verso di lui, qualunque sia la sua difficoltà. Non è
consentito barare, perché il primo ad avvertirne l’eventuale non genuinità è il Bambino
stesso che, sovente ha un intuito e una sensibilità emotivo-affettiva molto più acuta di
quella del cosiddetto normodotato.
E dovrebbe essere un’accettazione autentica e senza riserve, che permei il rapporto
insegnante-bambino, che permanga costantemente giorno per giorno, ora per ora, senza venir
meno nei momenti di scoraggiamento per l’esiguità dei progressi, o davanti ad atteggiamenti talora
provocatori, o nelle incomprensioni da parte della famiglia e per quant’altro possa ostacolare o
rendere più difficile un lavoro già di per sé altamente impegnativo.
LA COMUNITÀ EDUCANTE TUTTA SE NE FA CARICO
Una seconda riflessione riguarda coloro che debbono farsi carico dell’integrazione del disabile.
Non soltanto l’insegnante di sezione con l’insegnante di sostegno (quando c’è), e neppure basta
che siano coinvolti l’assistente educatore o il semplice assistente quando il caso richieda la loro
presenza, ma - si è detto - tutte le insegnanti della scuola, anzi l’intera scuola, intendo con ciò
includere anche il personale non docente, l’eventuale segretaria/o, e i vari organi collegiali (consigli
di sezione, d’istituto, collegio docenti, assemblea dei genitori, ecc.).
È un’affermazione rispondente su misura per la scuola statale dell’infanzia e applicabile in ogni
altro tipo di scuola, tuttavia si rende necessaria un’integrazione specifica per le scuole non
statali paritarie, le nostre scuole dell’Infanzia, dove vi è anche la presenza di un consiglio di
amministrazione o di gestione nonché quella del legale rappresentante (ordinariamente il
presidente).
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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Se appare evidente e pacifica l’esigenza di coinvolgere il Presidente, che è anche Dirigente
Scolastico, non è per nulla scontata quella di interessare l’intero Consiglio di
Amministrazione affinché cooperi al non facile compito dell’integrazione di un disabile,
assumendosi un ruolo positivo di supporto all’azione scolastica, col fare opera di
chiarificazione e di responsabilizzazione tra le famiglie, con le quali tutti i consiglieri hanno
contatti, magari occasionali, ma più spesso di conoscenza e di frequentazione, per il fatto di
vivere nello stesso paese o quartiere.
RAPPORTO SCUOLA-FAMIGLIA
Infine, terzo punto, il rapporto scuola-famiglia, eterna questione la cui soluzione è estremamente
problematica, per le innumerevoli variabili degli elementi che vi concorrono e per la diversità di
atteggiamenti con cui i genitori vivono la scolarità dei figli e con cui la scuola vede la
partecipazione dei genitori.
Concetti dirompenti, ma non irrealizzabili né utopistici, sono venuti in proposito dai relatori del
Seminario pedagogico regionale Fism Lombardia, effettuato nello scorso mese di Maggio a
Tavernola, presso la Casa dei Salesiani, dove è stato detto, fra l’altro, che occorre
assolutamente puntare sulla presa di coscienza di ciascuna delle due parti in causa (scuola
e famiglia) che l’educazione è un compito oneroso che può avvantaggiarsi enormemente se
attuato in clima di una consapevole corresponsabilità.
E uno dei modi più efficaci per tradurre in atto e dare concretezza al termine corresponsabilità
risulta essere quello della “co-progettazione” del percorso educativo; traguardo ambizioso che
richiede tempo, pazienza, comprensione reciproca e sinergie, ma che - da esperienze in atto sul
campo - non è impossibile da raggiungere.
IL COLLEGIO DOCENTI DI ZONA SI ATTIVA
E ora il suggerimento, che viene anche da un orientamento del Coordinamento provinciale delle
Coordinatrici di zona Fism-Como. Avvalendosi del “Quaderno delle Fism Como e Fism Sondrio”
n.10 “La corresponsabilità educativa dei genitori nella scuola – Orientamenti educativi”, perché non
dedicare qualche incontro dei collegi docenti di zona a ragionare e discutere costruttivamente
(bandendo quindi le solite lagnanze sulla scarsa sensibilità delle famiglie) su iniziative, anche
minime, utili a dare almeno alcune risposte parziali al problema dei rapporti scuola-famiglia in
generale e, nella situazione di integrazione di disabili in particolare?
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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ALLEGATO A CIRCOLARE USR 9 MAGGIO 2011 “DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR”
Contenuto in Comunicazioni, Direzione generale, Dirigenti, Disabili, Integrazione Argomenti: Glir
UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE - Direzione Generale
Via Ripamonti, 85 – 20141 Milano
Posta Elettronica Certificata: [email protected]
Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 5083
Milano, 9 maggio 2011
Ai dirigenti degli UST
Ai dirigenti scolastici scuola statali e paritarie
di ogni ordine e grado della Lombardia
Oggetto: Dichiarazione di Intenti del GLIR
Si rende noto che il Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale per l’inclusione degli alunni con
disabilità ha prodotto il documento programmatico denominato “Dichiarazione di Intenti” in cui
vengono esplicitate le tematiche che verranno affrontate nel triennio 2011-2013.
Particolare rilievo assumono le precisazioni iniziali del documento riguardanti il significato stesso
dell’esperienza dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, alla luce della normativa più
recente e delle esperienze positive maturate.
Il contenuto del documento rappresenta la sintesi condivisa di un confronto approfondito tra
rappresentanti delle diverse realtà ( Scuola, Regione Lombardia, ASL, Aziende Ospedaliere, ANCI,
UPL e Associazioni ) che operano nella realizzazione del progetto di vita dei ragazzi con disabilità;
rappresenta pertanto il punto di vista unitario a partire dal quale prenderanno avvio tutte le azioni
future degli Enti citati e quindi anche delle istituzioni scolastiche aventi come obiettivo “la piena ed
effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” da parte delle persone con
disabilità, come recita il Preambolo della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Gli esiti di quanto prodotto dal GLIR, in stretta collaborazione con i livelli provinciali (GLIP) e
territoriali (CTRH), nonché delle esperienze positive realizzate nei diversi ambiti troveranno
adeguato spazio di diffusione sul sito dell’ Ufficio Scolastico Regionale.
Il direttore generale
Giuseppe Colosio
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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ALLEGATO B DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR GRUPPO DI LAVORO INTER-ISTITUZIONALE
REGIONALE
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia
Direzione Generale
Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale
DICHIARAZIONE DI
INTENTI
L’INCLUSIONE DELL’ ALUNNO CON DISABILITÀ
PRIORITÀ DEI TEMI DI INTERVENTO
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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L’INCLUSIONE DELL’ALUNNO CON DISABILITÀ
PREMESSA
La disabilità è un concetto in continua evoluzione ed “è il risultato dell’interazione tra persone con
menomazioni e le barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva
partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” (Convenzione ONU sui diritti delle persone
con disabilità, 2006, Preambolo punto e)
“Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a
lungo termine, che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva
partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”. (ibidem, art.1 c.2)
La dizione “con disabilità” sottolinea il primato della persona, il cui valore non è definito dalle eventuali
menomazioni o in generale dalle condizioni di salute.
La Convenzione ONU è stata ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge n 18 del 3 marzo 2009, che
vincola l’Italia, qualora l’ordinamento interno avesse livelli di cautela dei diritti delle persone con disabilità
inferiori a quelli indicati dalla Convenzione, a emanare norme ispirate ai principi ivi espressi.
Le Linee Guida per l’integrazione degli alunni con disabilità del MIUR del 2009 riprendono la definizione di
disabilità della Convenzione, che supera “un approccio focalizzato solamente sul deficit della persona con
disabilità, accogliendo il modello sociale della disabilità e introducendo i principi di non discriminazione,
parità di opportunità, autonomia, indipendenza con l’obiettivo di conseguire la piena inclusione sociale,
mediante il coinvolgimento delle stesse persone con disabilità e delle loro famiglie.”
Essa inoltre “recepisce una concezione della disabilità che, oltre a ribadire il principio della dignità delle
persone con disabilità, individua nel contesto culturale e sociale un fattore determinante l’esperienza che il
soggetto medesimo fa della propria condizione di salute. Il contesto è una risorsa potenziale che, qualora sia
ricca di opportunità, consente di raggiungere livelli di realizzazione e autonomia delle persone con disabilità
che, in condizioni contestuali meno favorite, sono invece difficilmente raggiungibili.”
LA SCUOLA INCLUSIVA
La lettura incrociata delle disposizioni normative permette di sintetizzare alcuni principi fondamentali che
assurgono a pilastri delle politiche educative, riabilitative, sociali a sostegno della persona con disabilità
nell’arco della vita.
Riconoscimento dello status di cittadino
L’intervento mira a garantire i diritti umani a tutti i cittadini, e viene riconosciuto agli stessi in quanto persone
e non perché appartenenti a “speciali” categorie.
Riconoscimento della diversità
Riconoscere a tutte le persone il diritto alla diversità significa intervenire nei diversi campi, educativo,
riabilitativo, sociale, con l’obiettivo finale che le diversità non si trasformino in disuguaglianze.
Costruzione di un sistema di alleanze
L’implementazione dell’azione della comunità inclusiva non può prescindere dalla costruzione di un sistema
di alleanze e di interdipendenze positive da parte di tutti gli attori che devono svolgere un ruolo all’interno del
progetto di vita della persona: l’interessato con la sua famiglia, gli operatori della salute, del sociale, della
scuola. Questo significa, sul piano operativo, elaborare alfabeti condivisi, osservando la persona con uno
sguardo olistico e non settoriale, ed utilizzando sistemi di riferimento che facilitino lo scambio, come ad
esempio l’ICF.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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Affermazione della logica degli investimenti e non dei costi
Il presupposto che ogni individuo è “risorsa” per la comunità intera, consente di superare la logica del “costo
sociale”. Passare dalla logica dei costi alla logica degli investimenti significa, tra le altre cose, offrire la
possibilità di raggiungere il più alto grado di autonomia della persona e la sua inclusione sociale, anche per
favorire in prospettiva un possibile inserimento lavorativo, nel rispetto della dignità della persona e della sua
famiglia.
La scuola inclusiva è quella che assume il principio di responsabilità nei confronti del progetto di vita di tutti
gli alunni da parte di tutti gli adulti che lavorano per e con loro.
La qualità del successo formativo dell’alunno con disabilità non può fondarsi solo sulla quantità delle ore di
sostegno assegnate, infatti la logica imprescindibile del progetto di vita ha bisogno di essere messa in
campo con una forte gestione integrata dei servizi impegnati a prendersi cura della persona e della sua
famiglia, garantendo ognuno l’erogazione dei necessari supporti.
Una scuola è realmente inclusiva quando:
- tutti gli alunni, senza distinzioni connesse alla disabilità, possono sviluppare al massimo livello possibile
la propria personalità, i propri talenti, la propria creatività e le proprie abilità fisiche e mentali;
- tutto l’ambiente fisico, le strutture, i materiali didattici sono pienamente fruibili ed in piena uguaglianza da
parte di tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro condizioni di salute e dalle loro menomazioni;
- nessuno viene escluso dalla scuola in ragione della sua disabilità;
- la didattica è garantita a tutti con il massimo livello di personalizzazione possibile, cioè vengono garantite
a tutti le prassi didattiche ed educative normali ma nello stesso tempo "speciali", perché arricchite di
specificità tecniche fondate sui dati più recenti della ricerca scientifica in ambito psicologico, pedagogico
e didattico, utili per tutti gli alunni.
L’ALUNNO CON DISABILITA’NELLA NORMATIVA VIGENTE
L. 104 del 5 febbraio 1992
(art.3) “E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa
tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”… (c. 1)
“Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da
rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o
in quella relazionale, la situazione assume connotazione di gravità….” (c. 3)
(art. 12) garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione della persona con handicap
(art. 13) assicura l’integrazione scolastica della persona handicappata attraverso azioni per lo sviluppo delle
potenzialità nell’apprendimento.
DPR del 24 febbraio 1994
Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle Aziende sanitarie in materia di individuazione
dell’alunno con disabilità e di predisposizione della Diagnosi Funzionale, del PDF e del PEI.
DPCM n. 185 del 23 febbraio 2006
Stabilisce che l’accertamento dell’alunno con disabilità sia effettuato da un apposito Collegio, istituito presso
le ASL, su richiesta dei genitori.
(art. 2 c.2) “Gli accertamenti (di cui al comma 1), da effettuarsi in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno
scolastico e comunque non oltre 30 giorni dalla ricezione della richiesta, sono documentati attraverso la
redazione di un verbale di individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap ai sensi
dell’art. 3 c.1 della legge 104/1992 e successive modificazioni. Il verbale, sottoscritto dai componenti il
collegio, reca l’indicazione della patologia stabilizzata o progressiva accertata con riferimento alle
classificazioni
internazionali dell’O.M.S. nonché la specificazione dell’eventuale carattere di particolare
gravità della medesima, in presenza dei presupposti previsti dal comma 3 del predetto art.3…”
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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DGR 3449/2006
Definisce le modalità, in Regione Lombardia, per l’accertamento dell’alunno disabile attraverso l’istituzione di
appositi Collegi presso le ASL.
Circolare Regionale DG Famiglia dell’ 11 febbraio 2008: (Linee operative per l’individuazione)
Specifica le procedure organizzative utili per il processo di individuazione dell’alunno con disabilità,
proponendo anche un unico modello sperimentale di Diagnosi funzionale.
Sottolinea che il percorso di integrazione scolastica della persona con disabilità non si esaurisce con
l’accertamento che invece costituisce il primo passo a garanzia del diritto allo studio delle persone disabili. Il
Collegio ha infatti il compito di accertare la disabilità da cui consegue per l’alunno disabile il diritto soggettivo
ad usufruire di supporti per l’integrazione scolastica, e lo fa basandosi sul quadro funzionale complessivo,
inclusivo delle barriere e facilitazioni esistenti, oltre che sulla diagnosi di patologia Sarà poi il servizio che ha
in carico il ragazzo a farsi garante dei successivi adempimenti e fornire la consulenza alla scuola
L. 122 del 30 luglio 2010
Ribadisce la responsabilità dell’accertamento dell’alunno in situazione di handicap da parte di appositi
Collegi istituiti dalle ASL. Nel verbale che accerta la sussistenza della situazione di handicap deve essere
indicata la patologia stabilizzata o progressiva e specificato l’eventuale carattere di gravità, in presenza dei
presupposti previsti dall’art. 3, c.3, della L.104/1992.
Definisce che i GLH, in sede di formulazione del piano educativo individualizzato, elaborino proposte relative
all’individuazione delle risorse necessarie all’integrazione scolastica ivi compresa l’indicazione del numero di
ore di sostegno finalizzate esclusivamente all’educazione e all’istruzione, restando a carico degli altri
soggetti istituzionali la fornitura delle altre risorse professionali e materiali necessarie per l’integrazione e
l’assistenza dell’alunno disabile.
CERTIFICAZIONE – GRAVITÀ / COMPLESSITÀ
Alla luce di quanto previsto dalla normativa vigente citata, l’individuazione dell’alunno come soggetto con
disabilità viene pertanto realizzata dall’Azienda Sanitaria mediante apposito accertamento collegiale, di
norma, attraverso l’utilizzo della classificazione diagnostica internazionale denominata ICD10.
(Eventualmente tramite ICD 9 per disabilità di tipo sensoriale).
Particolare rilievo assume l’attento e rigoroso rispetto della definizione di patologia stabilizzata o
progressiva e di carattere di gravità.
Alla luce dei significativi cambiamenti avvenuti in questi decenni sia nell’ambito delle condizioni di salute
della popolazione che nelle modalità di considerare la disabilità nell’ottica dell’ICF, appare opportuno parlare
di complessità oltre che di gravità. E’ infatti la complessità che meglio va a rappresentare l’incrocio tra i
bisogni esistenti nelle persone e le risposte necessarie, soprattutto quando stiamo parlando di soggetti in età
evolutiva. Nella persona, “complessità” sottolinea il fatto che la contemporanea presenza di diversi aspetti
clinici non determina semplicemente una “somma di problemi”, ma implica l’interazione continua dei diversi
elementi secondo modalità non lineari, che facilmente determinano effetti esponenziali, in positivo o in
negativo. Di questo è fondamentale poter tenere conto nella strutturazione delle risposte. Il grado di supporto
necessario all’alunno per consentire l’inclusione scolastica non è quindi funzione della sua gravità clinica ma
dell’incrocio tra complessità, barriere e facilitazioni.
La richiesta di accertamento è di competenza dei genitori dell’alunno, al termine di un percorso di
valutazione diagnostica ed in accordo con i servizi specialistici: è opportuno che in questa scelta, delicata ed
impegnativa, la famiglia trovi nella scuola e nei servizi del territorio il giusto supporto ed accompagnamento.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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NORMATIVA
 Artt. 2; 3; 4; 32; 33; 34; 38 Costituzione
 L. 4 agosto 1977, n. 517
 Sentenza Corte Costituzionale 3 giugno 1987, n. 215
 L. 5 febbraio 1992, n. 104
 Atto di indirizzo DPR 24/02/94
 Legge 8 novembre 2000, n. 328
 DPCM 23 febbraio 2006, n. 185
 Art. 19 Convenzione ONU 2006 – Legge ratifica Parlamento Italiano 3 marzo 2009, n. 18
 20 marzo 2008 - Intesa tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i
Comuni e le Comunità montane in merito alle modalità e ai criteri per l'accoglienza scolastica e la presa in
carico dell'alunno con disabilità.
 MIUR - Linee Guida per l’ integrazione scolastica degli alunni con disabilità - 4 agosto 09
 L. R. Lombardia 6 dicembre 1999 n.23, Politiche regionali per la famiglia
 L. R. Lombardia 6 agosto 2007 n.19 Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della
Regione Lombardia
 DGR Lombardia 3449/2006; Determinazioni sull’accertamento per l’individuazione dell’alunno con
handicap ai fini dell’integrazione scolastica ( DPCM 23 febbraio 2006, n.185)
 DDG 16286 del 21 dicembre 2007 Approvazione modello Diagnosi Funzionale
 Circolare Regionale DG Famiglia del 11/2/2008: Linee operative per l’individuazione dell’alunno disabile
 L.R. 3/2008: Governo della rete degli interventi e dei Servizi alla persona in ambito sociale e
sociosanitario
 DGR Lombardia 983 del 15 dicembre 2010, Determinazione in ordine al piano d’azione regionale per le
politiche in favore delle persone con disabilità e alla relativa relazione tecnica
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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PRIORITÀ DEI TEMI DI INTERVENTO
CERTIFICAZIONI
Revisione del modello regionale:
Linee guida per la compilazione
Definizione criteri per gravità  adeguata compilazione DF
Utilizzo ICD10
Revisione utilizzo termine ciclo
Avvio utilizzo modello regionale PEI
EDUCATORI-ASSISTENTI / TRASPORTO
Definizione chiara delle competenze
Definizione di un profilo professionale con l’indicazione dei requisiti minimi necessari
Formazione integrata con personale scolastico
FORMAZIONE
Progettazione iniziative formazione co-progettate per personale scolastico curricolare e sostegnoassistenti-educatori-ASL-UONPI
Formazione ad hoc gruppi docenti per valutazione iniziale problematiche  razionalizzazione invii
Sostegno iniziale all’avvio dell’utilizzo ICF
Approfondimento conoscenza convenzione ONU diritti persone con disabilita’
CTRH
Presenza tutti gli attori nei centri sul territorio (anche piani di zona)
Percorsi co-progettati e co-gestiti di continuità  progetto di vita
Rapporti con le famiglie
SCUOLE SPECIALI E ALTRE MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL DIRITTO ALLO STUDIO
Monitoraggio provinciale situazione attuale e successiva valutazione
ACCORDO DI PROGRAMMA REGIONALE
Analisi degli attuali accordi provinciali esistenti ed altre eventuali intese territoriali utili alla stesura
dell’accordo regionale
SCUOLE PARITARIE
Monitoraggio iscrizioni alunni con disabilità nelle scuole paritarie
GLH DI ISTITUTO
Monitoraggio dell’attivazione dei GLH di istituto nelle scuole statali e paritarie
VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DELL’INTEGRAZIONE/INCLUSIONE
Verifica degli eventuali strumenti di valutazione della qualità dell’integrazione/inclusione degli alunni con
disabilità. Rapporti con INVALSI.
Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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SOMMARIO
L’EDUCATORE CRISTIANO E LE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI ............................................................................ 2 LA DISABILITÀ NELLE SCUOLE FISM DI COMO ............................................................................................................. 6 L’ACCOGLIENZA DEL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE .............................................................................................. 8 1. La cultura della diversità facilita anche l’accoglienza dei bambini disabili ...................................... 8 2. Integrare ed inserire: azioni complementari per una reale scuola inclusiva. .................................. 9 3. Accoglienza del bambino disabile va progettata operando come comunità educativa. ............... 10 4 Sintesi schematica delle slides proiettate durante la relazione .................................................... 11 LA NORMATIVA COME RISORSA ................................................................................................................................... 14 1 - Alcuni riferimenti concettuali ........................................................................................................... 14 2 - Le leggi italiane per l’integrazione scolastica .................................................................................. 16 3 - Caratteristiche della modulistica ..................................................................................................... 20 Il Docente di sostegno e le “Indicazioni per il curricolo” .................................................................................................... 29 1 Il docente di sostegno: funzioni e professionalità ......................................................................... 29 2 Le “Indicazioni per il curricolo” ...................................................................................................... 31 ESPERIENZE DIDATTICHE REALIZZATE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA ............................................................... 34 1 Lo sfondo integratore .................................................................................................................... 34 2 Esperienze didattiche d’integrazione nella scuola dell’infanzia .................................................. 36 QUALCHE RIFLESSIONE e UN SUGGERIMENTO PER I COLLEGI DOCENTI DI ZONA ............................................ 40 All. a) CIRCOLARE USR 9 MAGGIO 2011 - “DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR” ....................................... 42 All. b) DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR - GRUPPO DI LAVORO INTERISTITUZIONALE REGIONALE .. 43 SOMMARIO ...................................................................................................................................................................... 49 Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA
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