Integrazione / Inclusione dei bambini disabili nelle scuole dell`infanzia
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Integrazione / Inclusione dei bambini disabili nelle scuole dell`infanzia
INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLA SCUOLE DELL’INFANZIA CORSO DI FORMAZIONE DI BASE FISM COMO Como 3, 10, 21 e 28 ottobre 2009 19 - I “QUADERNI” wxÄÄt Y|áÅ VÉÅÉ L’EDUCATORE CRISTIANO E LE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI Aldo Basso, Consulente ecclesiastico Fism Nazionale Nella scuola dell’infanzia sono presenti, non raramente, bambini con disabilità: persone ostacolate nella loro crescita e nella loro autonomia fisica e psichica da qualche disagio o, come qualche volta si usa dire, da qualche handicap; persone che incontrano particolari difficoltà a coltivare le qualità fisiche, psichiche o sociali della loro vita. Sono storie personali e famigliari sempre uniche, che solo in parte si possono conoscere. Nella breve riflessione che segue vorrei rispondere a questa domanda: come l’educatore cristiano vive la relazione educativa con queste persone? Perché stare accanto alle persone diversamente abili A queste persone la fede cristiana dice anzitutto di cercare con intensità e con gioia il Regno di Dio. Le difficoltà che esse patiscono nel corpo e nella psiche non le allontanano dal Regno; anzi, esse sono i destinatari privilegiati, esse sono i figli più vicini e amati. Esse sono quei poveri, quei miti, quei piangenti per i quali valgono in modo particolare le beatitudini proclamate da Gesù. Una comunità cristiana, veramente e profondamente aperta al Regno di Dio, deve coltivare dentro di sé queste consolanti certezze e le deve proclamare con il proprio comportamento… Proprio perché crediamo nel Regno di Dio, dobbiamo impegnarci a produrre i ‘segni’ del Regno. Proprio perché crediamo che la vita di ogni fratello ha la dignità di essere amata da Dio, dobbiamo onorare questa dignità, coltivando già dove è possibile tutte quelle qualità e quelle doti che permettano ad ogni uomo di vivere una vita serena, libera, dignitosa”1. Queste parole che disse un giorno il card. Martini ricordano con chiarezza qual è la motivazione profonda, ultima, originale che spinge il credente a stare accanto alla persona diversamente abile. L’impegno a conferire qualità sempre più umane alla vita di ogni uomo, sulla base della dignità assoluta che essa riceve direttamente da Dio; ogni sforzo di socializzazione, di riabilitazione, di comunicazione umana, con cui qualificare sempre meglio la vita di ogni nostro fratello, saranno tanto più efficaci quanto più si radicheranno in una profonda fede nel Regno. “È questa fede che, da un lato, offre una motivazione indiscutibile e perentoria a tutti gli interventi in favore degli handicappati, mentre, dall’altro, aiuta a non scoraggiarsi dinanzi agli insuccessi e ai limiti talvolta invalicabili che si incontrano nell’opera di socializzazione, di riabilitazione, di comunicazione. E’ questa fede nel Regno che suscita le grandi vocazioni cristiane le quali assicurano quella libera, coraggiosa, geniale prestazione umana senza la quale le leggi, le istituzioni, gli interventi sociali per gli handicappati rischiano di rimanere inefficaci”2. Gli educatori cristiani si associano pienamente alle iniziative e ai lodevoli sforzi posti in atto per migliorare la situazione delle persone diversamente abili e intendono apportarvi il proprio specifico contributo. Essi lo fanno, anzitutto per fedeltà all’esempio e all’insegnamento di Gesù, il quale “ha riservato una cura particolare e prioritaria ai sofferenti, in tutta la vasta gamma dell’umano dolore, avvolgendoli del suo amore misericordioso durante il suo ministero, e manifestando in esso la potenza salvifica della redenzione che abbraccia l’uomo nella sua singolarità e totalità. Gli 1 C.M. Martini, Omelia alla S. Messa nel Duomo di Milano in occasione della Giornata per la vita, 1 febbraio 1981. 2 C.M. Martini, ibidem. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 2 emarginati, gli svantaggiati, i poveri, i sofferenti, i malati, sono stati i destinatari privilegiati dell’annuncio, in parole ed opere, della Buona Novella del Regno di Dio che irrompe nella storia umana”3. La Chiesa è veramente evangelica, cioè segue gli esempi di Gesù, quando vive insieme con i più poveri e i più trascurati. In una società che valorizza il potere, il successo, l’avere, l’efficienza, le persone diversamente abili rischiano spesso di essere lasciate ai margini e trascurate. Stando così le cose, l’attenzione che l’educatore cristiano riserva loro nasce semplicemente dall’esempio e dalla volontà di Gesù. “La comunione con Cristo… è la fonte inesauribile di sempre nuove forme di comunicazione; è l’esigente paradigma sul quale la comunità cristiana deve misurare e rinnovare il proprio comportamento verso gli handicappati”4. In definitiva, è importante fondare su motivazioni sicure e autentiche l’impegno del cristiano nei confronti delle persone diversamente abili; ciò lo sottrae al rischio di agire sotto la spinta della moda o di una semplice compassione umana, la quale non può assicurare fino in fondo un’autentica volontà di partecipazione e di coinvolgimento. L’educatore cristiano di fronte alla sofferenza Incontrare le persone diversamente abili e le loro famiglie significa incontrarsi con la sofferenza. Così si espresse una volta il card. Martini: “Voi, carissimi fratelli handicappati, portate in un modo più manifesto quella croce che, in modi più vari e nascosti, ogni altro uomo porta”5. Il cristiano, sull’esempio di Gesù, non vuole il dolore né tanto meno ne fa un’esaltazione. L’educatore cristiano, di fronte alla sofferenza che può colpire in modo violento anche l’infanzia, come di fronte alla sofferenza in generale - che tanta parte ha nell’esistenza umana -, alla fine si rivolge a Dio, Lo interpella come già fece Giobbe, guarda il volto di Gesù, perché Dio ha il volto di Gesù. Quale ‘risposta’ gli viene data? Anzitutto il Dio che risponde all’uomo che soffre è un Dio che a sua volta soffre, è un Dio crocefisso. E’ una prima ‘risposta’, silenziosa ma misteriosamente eloquente. In secondo luogo, Gesù non appare mai come Colui che ama la sofferenza e gode di essa. Al contrario, si commuove e piange di fronte alle persone che soffrono, esercita la Sua misericordia guarendo persone che soffrono, chiede al Padre che - se è possibile - allontani da Lui il calice del dolore. In terzo luogo c’è in Lui un atteggiamento di accettazione e di obbedienza di fronte alla sofferenza: è pronto a fare la volontà misteriosa del Padre secondo la quale “era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse”. Infine Egli vive la sofferenza come via alla gloria. La croce rappresenta il passaggio buio e misterioso verso la luce della glorificazione. Naturalmente tutte queste considerazioni non intendono ‘spiegare’ in modo chiaro e convincente il problema della sofferenza: Dio in Cristo non è venuto a spiegare la sofferenza, ma è venuto a riempirla della Sua presenza (P. Claudel). Si comprende, quindi, l’affermazione di R. Sauer: “Per quanto la fede nel ‘Dio crocifisso’ possa avere per noi un effetto consolante e confortante, essa non può tuttavia impedire l’angoscioso interrogativo sulla necessità di questa lunga e gravosa via traversa, lastricata di immensi sacrifici. Non possiamo evitare l’interrogativo...: ‘anche se la lacerazione è destinata a rimarginarsi, perché essa deve aver luogo?’... Noi non sappiamo 3 Documento della Santa Sede per l’Anno Internazionale delle persone handicappate, proclamato per il 1981 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite” (Premessa). 4 C.M. Martini, Omelia alla S. Messa teletrasmessa da Varese per iniziativa del Movimento Apostolico Ciechi nella IV domenica di quaresima detta del Cieco nato, 29 marzo 1981. 5 Omelia alla S. Messa nel Duomo di Milano in occasione della prima festa cristiana degli handicappati nella domenica delle Palme, 12 aprile 1981. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 3 rispondere e questo ci angoscia. Anche il grande teologo R. Guardini si è confrontato con questa domanda senza trovare una risposta soddisfacente. Ormai in punto di morte, egli dichiarò al suo amico W. Dirks: ‘Quando mi presenterò all’angelo del giudizio, sarò da lui interrogato e gli dovrò rispondere; ma poi gli farò, a mia volta, una domanda: Dio, perché queste terribili vie traverse?’ ”6. L’amore di Dio non ci protegge da ogni sofferenza, ci protegge in ogni sofferenza. S. Weil afferma che la grandezza suprema del cristianesimo viene dal fatto che esso non cerca un rimedio soprannaturale contro la sofferenza, bensì un impiego soprannaturale della sofferenza. Come stare accanto alla persona diversamente abile. L’impegno a conferire qualità sempre più umane alla vita di ogni uomo, sulla base della dignità assoluta che essa riceve direttamente da Dio, vale in ogni caso, quindi anche quando si tratta di persone che incontrano particolari difficoltà a coltivare le qualità fisiche, psichiche o sociali della loro vita. E’ naturale immaginare che questo impegno di riabilitazione e progressivo miglioramento richieda tempi specifici, tecniche appropriate, luoghi specializzati. All’educatore cristiano si chiede che il servizio da lui prestato sia qualificato a livello tecnico-professionale e nello stesso tempo interiormente animato dallo stile inconfondibile della carità. L’esempio dei tanti santi che nel corso dei secoli hanno fatto fiorire opere di straordinaria generosità a favore di queste persone sta lì a ricordare che la necessaria, indispensabile preparazione professionale, con il ricorso ad ogni più valida metodologia che le scienze psicopedagogiche mettono a disposizione, ha bisogno di accompagnarsi alla carità di Cristo. Questo “è lo stile che Gesù ha insegnato nella parabola del Buon Samaritano: stare davanti ad ogni uomo con la stessa purezza disinteressata e incondizionata dell’amore di Dio; accogliere ogni uomo semplicemente perché uomo; diventare prossimo di ogni uomo, al di là di ogni estraneità culturale, razziale, psichica, religiosa; anticipare i desideri; scoprire i bisogni sempre nuovi, a cui nessuno ha ancora pensato; dare la preferenza a chi è maggiormente rifiutato; conferire dignità e valore a chi ha meno titoli e capacità”7. Il card. Martini sottolinea anche un aspetto che qualche volta rischia di essere dimenticato. Egli parla della persona handicappata come soggetto attivo di comunicazione e afferma: “Non si tratta solo di intervenire sull’handicappato perché diventi capace di entrare nella società, ma anche di intervenire sulla società perché diventi degna e capace di accogliere i valori che l’handicappato porta con sé. E qui il discorso si allarga anche a tutti i malati, a tutti i sofferenti. Essi possono diventare veramente soggetto attivo di comunicazione, in vista di una società più degna. Quanti valori, quante dimensioni umane, quanti reconditi significati della vita i cosiddetti sani o ‘normali’ sono tentati di trascurare! Il malato, il sofferente, chiunque è debole o trascurato, invece, se viene cordialmente aiutato, può diventare per tutta la società un richiamo potentissimo, che riesce ad esprimere dal proprio cuore e dal cuore di chi è solidale con lui sentimenti ignorati e disattesi, quali il coraggio, la speranza, la non rassegnata sopportazione, la fraterna dipendenza reciproca, il senso del limite, l’attesa operosa di un mondo nuovo creato dall’amore di Dio”8. Sono certo che queste parole sono ben intese da tutti coloro che non si sono occupati delle persone diversamente abili a livello semplicemente teorico, ma hanno condiviso con loro tempo, sentimenti, amicizia, fatica, speranze: sono loro che ci dicono quanto ci si può arricchire accanto a queste persone! Stare accanto a chi è in particolare situazione di disagio o di difficoltà richiede umiltà da parte dell’educatore, come ricorda anche Benedetto XVI: “L’operatore umile non assume una posizione di superiorità di fronte all’altro, per quanto misera possa essere sul momento la sua situazione... Chi è in condizione di aiutare riconosce che proprio in questo modo viene aiutato anche lui; non è suo merito né titolo di vanto il fatto di poter aiutare. Questo compito è grazia... Egli riconosce di 6 R. Sauer, I bambini interrogano sulla sofferenza, Torino, LDC, 1991, p. 53. C.M. Martini, Omelia alla S. Messa nella festa di S. Ambrogio nella Basilica dedicata al Santo, 7 dicembre 1980. 8 C. M. Martini, ibidem. 7 Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 4 agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono”9. Queste parole del Papa sembrano riecheggiare il discorso che p. Felice – “il mirabil frate” – fece nella cappella del lazzeretto e riportato dal Manzoni10, anche se rivolte a persone (i malati di peste) che si trovavano in situazione assai diversa rispetto a quella di cui stiamo parlando in questo convegno. “Per me”, disse, “e per tutti i miei compagni, che, senza alcun nostro merito, siamo stati scelti all’alto privilegio di servir Cristo in voi; io vi chiedo umilmente perdono se non abbiamo degnamente adempito un si gran ministero…; se qualche volta il miserabile pensiero che voi aveste bisogno di noi, ci ha portati a non trattarvi con tutta quell’umiltà che si conveniva; se la nostra fragilità ci ha fatti trascorrere a qualche azione che vi sia stata di scandolo”. Considerazione conclusiva Se le scuole dell’infanzia cattoliche o di ispirazione cristiana hanno ragion d’essere in quanto fanno riferimento ad un Progetto educativo specifico ed originale, dovuto all’esplicito riferimento ai valori del Vangelo, e se ciò comporta necessariamente che ogni aspetto dell’educazione che in esse viene proposta sia segnato e caratterizzato da questa specifica originalità, allora ciò vale anche quando ci si occupa dei ‘bambini con disabilità’11. Spero che le brevi riflessioni che ho esposto possano servire a questo scopo. Potrebbe, dunque, essere opportuno che la FISM – integrando una apprezzata proposta che la sua Commissione tecnica del Settore Pedagogico ha offerto recentemente a tutte le scuole associate12 - raccolga questi spunti traducendoli in un possibile “Traguardo di sviluppo della competenza”, da inserire tra gli altri ‘Traguardi’ che il testo ministeriale elenca in riferimento al campo di esperienza: “Il sé e l’altro”, e che potrebbe essere così formulato: “Il bambino si rende conto delle particolari diversità che presentano alcuni bambini dal punto di vista fisico o sociale ed è consapevole che Gesù avvicina con benevolenza e amore ogni persona, senza tener conto della sua particolare situazione”. 9 Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 35. Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXVI,7. 11 Nel testo delle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione è questa l’espressione che viene usata. 12 Mi riferisco al testo pubblicato su Prima i Bambini, n. 185 (ottobre 2008), pp. 22-38: “Indicazioni per il curricolo nella prospettiva della scuola dell’infanzia FISM”, dove viene proposta una lettura ed applicazione del testo ministeriale nella prospettiva della scuola cattolica o di ispirazione cristiana. 10 Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 5 LA DISABILITÀ NELLE SCUOLE FISM DI COMO Maria Ebe De Agostini Sarebbe troppo riduttivo illustrare la realtà della disabilità nelle scuole dell'infanzia Fism utilizzando solo i numeri. Infatti dicendo che nelle nostre scuole sono presenti “solo” 67 bambini con disabilità diverse, divisi in 41 scuole su un totale di 130, nasconde un universo complesso ed alcune volte complicato. È per questo motivo che per illustrare questa realtà ho chiesto la collaborazione di chi la vive, accanto ai bambini e alle loro famiglie, in prima persona: le insegnanti. Ho chiesto alle insegnanti di alcune scuole di raccontarmi la loro esperienza, sottolineandone gli aspetti positivi e quelli negativi. Lo scopo di questa mia relazione è quello di fornire alle relatrici materiale su cui lavorare nei prossimi incontri per rispondere pienamente alle esigenze delle insegnanti delle scuole Fism di Como. Come sempre mi piace partire dagli aspetti positivi! Eccoci allora di fronte ad insegnanti instancabili sia dal punto di vista fisico che intellettuale: - mettono in gioco tutte le loro abilità per una vera integrazione del bambino disabile e della sua famiglia; - insegnanti umili che riconoscono i propri limiti e che non si aspettano miracoli dai bambini che hanno in carica ma, giustamente, piccoli importantissimi traguardi; - considerano il bambino una risorsa, non solo per gli altri bambini, ma soprattutto per l'equipe dei docenti che hanno così l'occasione di migliorare lo scambio, la comunicazione e la relazione tra loro, crescendo umanamente e professionalmente; - alcune scuole sono supportate nel loro compito da enti comunali e territoriali che mettono a disposizione, oltre a risorse economiche, specialisti adeguati e supporto alle famiglie. Non possiamo tralasciare anche lo sforzo delle scuole nell'abbattimento delle barriere architettoniche che non permetterebbero l'inserimento di bambini con disabilità motorie. Eccoci però al confronto con gli aspetti negativi: - l'insegnante di sostegno che viene affiancata al bambino, per motivi economici, ha a disposizione poche ore; - sono sempre più frequenti le famiglie che hanno a loro volta bisogno di assistenza e non solo economica; - è sempre più difficile per le insegnanti contattare gli enti territoriali pubblici ormai oberati da tante richieste d'intervento; - anche i colloqui con gli specialisti che seguono il bambino disabile nelle ore extra scolastiche sono molto sporadici e non danno l'opportunità alle insegnanti di confrontarsi con operatori adeguati con cui verificare il lavoro svolto e da svolgere; - il supporto alle insegnanti e alla famiglia del bambino disabile da parte del Consiglio d'amministrazione delle scuole non è sempre così facile da attuare. Ed infine rimangono tante domande, tanti dubbi: - che differenza c'è tra insegnante di sostegno, educatore professionale, assistente ad personam? - che figura “scegliere” da affiancare ai bambini? - a quali enti territoriali, privati e non, si può chiedere aiuto? - dove si possono trovare fondi adeguati? - cosa si può chiedere alla famiglia? Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 6 - a chi spetta la compilazione della diagnosi funzionale e del PEI? - è giusto accogliere tutti i bambini, con qualsiasi tipo di disabilità? Le insegnanti devono trovare risposte a queste loro domande per lavorare con più sicurezza per il bene dei bambini che vengono a loro affidati e per continuare a creare scuole di qualità, dove si lavora per l'autonomia e l'integrazione, e non semplici baby parking! Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 7 L’ACCOGLIENZA DEL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE Scuola del bambino e per il bambino: educare alla diversità Biancamaria Girardi Parlare di accoglienza vuol dire porsi in un atteggiamento di ascolto e di attenzione verso l’altro, diventa un po’ meno semplice se l’altro è una persona che presenta problemi di varia natura. È umano sentirsi disorientati di fronte a ciò che non si conosce, è importante non perdersi d’animo ed affrontare l’elemento di novità con responsabilità ed impegno. Suddividerò la mia relazione in tre parti: La cultura della diversità facilita anche l’accoglienza dei bambini disabili. Integrare ed inserire: azioni complementari per una reale scuola inclusiva. L’accoglienza del bambino disabile va progettata operando come comunità educativa. 1. La cultura della diversità facilita anche l’accoglienza dei bambini disabili La cultura della diversità ha alla base la convinzione che ogni singola persona è portatrice di bisogni specifici, che devono essere riconosciuti, accettati, rispettati, ed ai quali occorre rispondere. Se così è, ne consegue che la sezione, la scuola tutta, diventa un luogo educativo di incontri dei bisogni di tutti i suoi componenti, pertanto l’integrazione non è un problema che si presenta quando viene inserito un bambino disabile, ma diventa un modello formativo capace di rispondere alle esigenze specifiche di tutti i bambini che compongono il gruppo. Perché ciò si realizzi, perché si possa attivare un processo educativo valido per tutti i bambini, vanno tenuti presenti i seguenti aspetti: Evidenziare i bisogni e non i limiti dei bambini. Operare in prima istanza sulle risorse del bambino Considerare il momento dell’accoglienza un aspetto prioritario dell’azione educativa Sollecitare la partecipazione di tutti i bambini Avere ben presenti le finalità dell’azione educativa che si intraprende. In un contesto educativo fondato sulla valorizzazione delle risorse umane ed ambientali, l’atmosfera educativa distesa fa sì che ogni bambino si senta accolto per quello che è, con i suoi limiti ed i suoi pregi. Ne consegue la nascita di un clima relazionale positivo all’interno del quale ciascuno si sente parte di un gruppo nel quale ognuno dà il proprio contributo e coopera per il bene comune e per il successo formativo di tutti. Tutti si lasciano coinvolgere e le proposte diventano opportunità di relazione e di crescita umana e sociale. L’accoglienza diventa allora una caratteristica del modo di operare, l’ingresso di un bambino disabile diventa un’opportunità per arricchire la propria esperienza comunicativa, ponendosi in un atteggiamento di ascolto. Accogliere il bambino disabile significa, per l’adulto/insegnante, essere disponibile all’incontro, all’accettazione della diversità, fare i conti con le ansie ed i timori di insuccesso, con il senso di impotenza che può nascere di fronte al bambino che non sa o non può camminare, parlare, Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 8 muoversi. Vuol dire essere preparati ad affrontare situazioni di emergenza (il bambino che lancia urli, il bambino che aggredisce violentemente i compagni, il bambino che vive in un suo mondo e non comunica…) senza farne drammi, ma con la piena consapevolezza di doversi attivare professionalmente per trovare strategie adeguate alla situazione. Significa essere disponibili al dialogo, al confronto con i genitori del bambino disabile per conoscere il bambino dal loro punto di vista. Significa essere pronti a vivere ed a tradurre in azioni concrete l’educare nel suo duplice significato di edùco (edùcere, trarre fuori, costruire) e di éduco (educàre, allevare, nutrire). Significa essere flessibili perché l’arte dell’educare si applica di fatto in un dato contesto umano ed in rapporto ad una serie di persone vive e concrete. Quando si accoglie un bambino disabile diventa ancora più importante che tutta la comunità educante si confronti per condividere le esigenze derivanti dalla situazione. Mi riferisco all’aspetto logistico: barriere architettoniche da abbattere, valutazione degli spazi della scuola ed eventuali proposte di adeguamento. L’accoglienza non si improvvisa, va preparata e condivisa. Risulta indispensabile un iniziale confronto in merito all’ ”idea” che ogni docente ha della disabilità e del bambino portatore di handicap. È utile un confronto sulle aspettative riguardo all’handicap in generale e sulle opportunità di evoluzione del processo di maturazione del bambino con riconoscimento di handicap o di disabilità di vario genere. Occorre accettare anche a livello mentale la presenza del bambino disabile perché solo in tale modo l’accoglienza diventerà reale e non “formale”. 2. Integrare ed inserire: azioni complementari per una reale scuola inclusiva. L’ingresso del bambino “ handicappato” (la L. 104/92 definisce handicappato colui che “presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio o di emarginazione” ) nella scuola dell’infanzia fornisce l’opportunità di un intervento precoce per la maturazione della persona attraverso la convivenza socio-relazionale con gli altri. Ne consegue allora l’importanza primaria di preparare un ambiente idoneo a facilitare la relazione fra pari e fra gli adulti operanti nell’istituzione, ciò significa l’importanza di figure competenti, sensibili, che sappiano interagire col bambino in modo tale da valorizzare le positività che possiede. L’insegnante di sostegno è una figura utile, necessaria, ma non può e non deve essere solo nell’affrontare l’accoglienza, l’inserimento, l’integrazione del bambino disabile, sarebbe contradditorio e negativo per l’evoluzione del bambino disabile che vivrebbe una relazione privilegiata adulto-bambino, ma non potrebbe trarre vantaggio dalla relazione con i pari, fonte di stimoli, di opportunità comunicative giocate usando codici e registri diversi, di esperienze di esercizio dell’autonomia. L’inserimento ed una reale integrazione avvengono quando tutto il Collegio prende in carico la situazione e collabora per studiare strategie ed opportunità formative idonee a far evolvere la situazione, avendo fiducia nella “modificabilità umana” che avviene se si attua un’accettazione attiva della disabilità. L’attività di osservazione in ingresso dovrà essere concordata con particolare cura e finalizzata a cogliere gli elementi positivi e non solo le carenze del bambino disabile. Sarà pertanto importante “ pensare per il bambino” e non al bambino e con tale espressione intendo rinforzare la necessità di pensare alle abilità ed alle risorse che anche il bambino disabile possiede (poche o tante che siano, occorre volerle tenere presenti) e creare delle ipotesi di interventi educativi e didattici calibrati sul bambino (lo si fa per i cosiddetti normali…). Così facendo si riesce ad operare da punti di vista diversi e, cogliendo le diverse esigenze, si può agire concretamente con interventi mirati, ma integrati nel progetto educativo e didattico che si porta avanti per e con tutti gli altri bambini. Il Piano educativo individualizzato diventerà non un documento preparato perché previsto dalla normativa, ma diventerà occasione di riflessione e di crescita per tutta la comunità educativa ed Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 9 educante, potrà essere un ulteriore arricchimento del Piano dell’offerta formativa che coinvolgerà tutto il Collegio in un’azione di ricerca e di studio. 3. Accoglienza del bambino disabile va progettata operando come comunità educativa. L’accoglienza del bambino disabile si trasformerà in integrazione se le insegnanti saranno realmente convinte di operare per creare le condizioni per la partecipazione attiva di tutti i soggetti in un contesto nel quale condividere le occasioni, le risorse, le esperienze di vita quotidiana. Il bambino disabile ha bisogno non di essere assecondato o di avere situazioni facilitanti, ma deve essere affiancato nel suo cammino di crescita, prendendo coscienza dei suoi limiti, ma cogliendo anche le aspettative che si hanno nei suoi confronti, senza false illusioni o inutili pietismi e timori. La scuola che accoglie il bambino disabile viene a conoscenza della diagnosi funzionale del bambino e da queste prime informazioni si può iniziare a predisporre una serie di azioni finalizzate al suo ingresso : Colloquio con i familiari per conoscere il bambino dal “loro” punto di vista e per essere informati su aspetti ed esigenze particolari legate alla situazione di disabilità. Incontro con l’équipe che ha in carico il bambino per meglio conoscere il profilo diagnostico. Conoscere e farsi conoscere dal bambino per iniziare una comunicazione basata sulla fiducia e superare il disagio iniziale (non sempre è semplice interagire con bambini portatori di handicap). Prendere contatti con l’Ente Locale in modo da attivare eventuali interventi di supporto (aiuto ad personam, ausili…). Predisporre ed allestire ambienti (soprattutto in caso di grave handicap). Individuazione della sezione ed eventuale contenimento del numero dei bambini che la compongono. Ribadisco l’importanza che tutto il Collegio si senta coinvolto nell’accoglienza. In modo particolare va data rilevanza a : Osservazione diretta del bambino nei diversi momenti ed attività della giornata, le dinamiche relazionali con gli adulti e con i compagni…). Ipotesi iniziale di un progetto educativo-didattico da verificare e da aggiornare in itinere (il PEI deve essere un documento vivo, dinamico, flessibile e, soprattutto personalizzato) Azioni di confronto, di cooperazione e di consulenza con esperti e/o specialisti, ipotesi di attività didattiche interscolastiche di aula e di laboratorio. Costituzione, se possibile, di un gruppo di lavoro sull’handicap al quale va invitato anche un genitore del bambino disabile. L’osservazione fatta a scuola, dall’insegnante, deve limitarsi agli aspetti che ella può rilevare in modo oggettivo. Tali aspetti vanno descritti, senza essere interpretati; essi servono a conoscere il bambino e rappresentano elementi utili per formulare un’ipotesi di progetto educativo – didattico. Ha un’importanza relativa sapere cosa il bambino sa o non sa, diventa estremamente significativo invece cogliere “come” il bambino si attiva, quali processi d’apprendimento mette in atto, quale stile cognitivo gli è più congeniale, come reagisce di fronte all’insuccesso. Nella registrazione scritta delle osservazioni è importante evitare ogni forma di giudizio, mentre è estremamente utile descrivere dettagliatamente ciò che il bambino fa e/o dice. Il bambino diversamente abile ha diritto ad essere integrato e non solamente inserito. Non è sufficiente parlare di socializzazione, occorre affrontare anche l’apprendimento esprimendosi sempre in termini positivi (è utile dire ciò che sa perché da lì si può conoscere quali sono i traguardi che ha raggiunto e da dove partire per una nuova crescita o per un nuovo percorso formativo). Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 10 Lo “spirito dell’accoglienza” si alimenta di flessibilità, costruisce un clima favorevole, punta sulla collaborazione e sulla cooperazione di tutti ed il piano educativo individualizzato si configura contestualmente come progetto di integrazione scolastica per un progetto di vita. Diventa allora importante parlare “col” bambino, pensare “per” il bambino disabile più che parlare del bambino disabile. Se è vero che l’autonomia di ogni persona si forma in rapporto alle occasioni che essa ha di sperimentare le proprie capacità, di costruire un livello di autostima tale che le permetta di affrontare anche un certo numero di fallimenti senza scoraggiarsi, allora occorre pensare ad un percorso tale da educare il bambino disabile ad affrontare la realtà, ma soprattutto occorre fare sì che nasca in lui la disponibilità e la volontà al cambiamento. L’autonomia di una persona non può essere confusa con la sua autosufficienza; occorre creare la convinzione del valore della diversità; essa non è sempre e solo un ostacolo, può essere anche uno stimolo per una possibile crescita di coloro che sono disposti a guardarla con “cuore ed occhi nuovi”. Le parole di Canevaro delineano uno stile per un approccio significativo rispetto a come impostare un percorso per l’integrazione: “Un progetto ha come obiettivo principale la possibilità che un bambino handicappato incontri e impari a vivere, e quindi a crescere e ad apprendere nella realtà. La realtà è fatta di sintonie e di distonie, di elementi in armonia ed in disarmonia fra loro; un bambino handicappato ha tutto da perdere se noi selezioniamo la realtà perché incontri unicamente ciò che può armonizzare con lui”. 4 Sintesi schematica delle slides proiettate durante la relazione LA CULTURA DELLA DIVERSITÀ Facilita anche l’accoglienza dei bambini diversamente abili Alla base c’è la convinzione che ogni persona è portatrice di bisogni specifici L’integrazione diviene allora un modello formativo capace di rispondere alle esigenze specifiche di tutti i bambini. PER ATTIVARE UN PROCESSO EDUCATIVO VALIDO PER TUTTI I BAMBINI … Vanno tenuti presenti i seguenti aspetti: Evidenziare i bisogni dei bambini, non i limiti Operare , in prima istanza, sulle risorse del bambino Considerare il momento dell’accoglienza un aspetto prioritario dell’azione educativa Sollecitare la partecipazione di tutti i bambini Avere ben presenti le finalità dell’azione educativa che si intraprende. L’ATMOSFERA EDUCATIVA DISTESA … Facilita la realizzazione di un contesto educativo fondato sulla valorizzazione delle risorse umane ed ambientali Permette la nascita di un clima relazionale positivo nel quale la cooperazione diventa opportunità di relazione e di crescita umana e sociale Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 11 ACCOGLIERE UN BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE Significa essere disponibili all’incontro, alla “presa in carico” educativa, attiva e partecipe Significa creare un rapporto esperienziale basato sulla speranza e sulla fiducia Significa fare i conti con le proprie ansie ed i timori di insuccesso, mantenendo equilibrio e senso della realtà ATTIVARE UN PROCESSO INCLUSIVO Accettando, anche a livello mentale, la presenza del bambino diversamente abile Essendo convinti che il bambino disabile ha diritto ad essere integrato, non solamente inserito Individuando tutti gli spazi che vanno dall’innovazione al cambiamento della metodologia e della didattica INCLUSIONE Se si vuole dare al termine inclusione il senso originario di integrazione, occorre fare riferimento non solo all’accezione psicologica, ma anche recuperare il valore biunivoco di reciproco influsso fra singola persona con disabilità e società. L’inclusione sociale non è un atto di generosità, ma di rispetto dei diritti umani universalmente riconosciuti. INCLUSIONE NELLA SCUOLA L’inclusione del bambino disabile nel normale contesto scolastico interessa aspetti istituzionali, amministrativi, finanziari, organizzativi, relazionali, educativi e didattici. Essi vanno presi in considerazione ed affrontati, almeno in termini di ipotesi progettuale, prima dell’ingresso del bambino disabile. INTEGRAZIONE / INCLUSIONE È auspicabile che l’integrazione sia presente nell’impegno scolastico quotidiano e che venga tradotta in azione mediante una pianificazione della vita della sezione e delle opportunità formative Ricerche recenti confermano come “la conduzione della classe sia il fattore che più influenza l’apprendimento e la maturazione personale dell’allievo (Jones – Jones, 2001 p.4) CHIAREZZA DEI RUOLI Il ruolo dell’insegnante non è quello del terapista Il ruolo dell’educatore e/o aiuto alla persona non è quello dell’insegnante di sostegno È necessario creare un rapporto tra professionisti che cooperano con competenze diverse al fine di aiutare lo sviluppo del bambino CHIAREZZA ALL’INTERNO DEL COLLEGIO DOCENTI DELLA SCUOLA Non è delegabile totalmente ad un solo docente la responsabilità dell’inserimento È compito del Collegio discutere e valutare le modalità d’accoglienza del bambino, la collaborazione che tutta la scuola deve offrire in ordine a spazi, persona di sostegno, valutazione periodica dell’intervento educativo. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 12 RAPPORTO GENITORI – INSEGNANTE È uno degli aspetti più difficili dell’inserimento e richiede, da parte dell’insegnante, un’estrema disponibilità umana per comprendere il dramma e la fatica dei genitori dei bambini diversamente abili. Occorre evitare ogni atteggiamento pietistico, mantenere la “giusta distanza” che è sempre importante nel rapporto educativo. PARLARE DI DIVERSA ABILITÀ Oggi vuol dire adottare una visione dell’uomo che lo consideri sin dall’inizio una persona dotata tanto di capacità razionale, emotiva ed affettiva, quanto portatrice di concreti bisogni fisici e materiali … (Matilde Leonardi, neurologo – pediatra, curatore dell’edizione italiana ICF . CY) LO “SPIRITO DELL’ACCOGLIENZA” Si alimenta di flessibilità, costruisce un clima favorevole, punta sulla collaborazione e sulla cooperazione di tutti ed il piano educativo individualizzato si configura contestualmente come progetto di integrazione scolastica per un progetto di vita. Diventa allora importante parlare “col” bambino, pensare “per” il bambino disabile più che parlare del bambino disabile. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 13 LA NORMATIVA COME RISORSA Schema sintetico della relazione di M. A. Civitavecchia, esperta, formatrice e coordinatrice CTRH c/o I.C. Como Lago, attivato dall' U.S.P. di Como Articolazione dei contenuti: 1. Alcuni riferimenti concettuali: integrazione, inclusione minorazione, disabilità, handicap, diversamente abile. Integrazione, inclusione 2. Normativa come risorsa: L.104/92 alcune procedure per l'integrazione/inclusione 3. Caratteristiche della modulistica: D.F/P.D.F./P.E.I. 4. Ruolo del docente di sostegno e dell'assistente educatore 1 - Alcuni riferimenti concettuali Minorazione o Malfunzionamento: “L’assenza o il malfunzionamento di una o più componenti organiche o non in una persona (O.M.S., Organizzazione Mondiale della Sanità). Tale assenza o malfunzionamento non mina il concetto di Originalità: Le componenti restanti e non compromesse interagiscono tra di loro e concorrono alla crescita personale originale. La compensazione delle componenti restanti rispetto a quelle assenti rappresenta una originalità soggettiva in persone con la stessa sindrome Disabilità / abilità ridotte Gli effetti della minorazione producono abilità ridotte o attenuate. Difficoltà e disturbi: “qualsiasi riduzione funzionale (limitazione o perdita) conseguente a menomazione della capacità di compiere un'attività nel modo e nell'ampiezza considerati normali per un essere umano” (O.M.S.)) Handicap “La condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto, l'handicap è la conseguenza di un deficit, non il deficit stesso”. (O.M.S.) Handicap / diversamente abile L’ “Handicap” si esprime in base a: disabilità espressa dalla persona “lettura” che il contesto dà delle disabilità stesse Persona diversamente abile: Concetto di persona originale, unica, normale a se stessa non raffrontabile ad altre. Il termine “diversità” è superato da “originalità”. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 14 Si sviluppa una compensazione delle componenti presenti rispetto a quelle mancanti, abilità soggettive, personali diversificate. La definizione di persona in situazione di handicap/diversamente abile espressa dalla legge 104/92 art. 3 è espressa nei seguenti termini: “Colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione” Integrazione Realizzazione di situazione di educabilità. È un processo aperto che porta al riconoscimento ed alla costruzione dell'identità di ciascuno. È l’attuazione del diritto allo studio, inteso come diritto a conseguire risultati scolastici ed a costruire un Progetto di vita È un processo attivo che coinvolge tutti i componenti di un gruppo e tutti gli elementi del contesto: integrazione di interventi, competenze, professionalità, metodi e strumenti, risorse. Inclusione (R.Medeghini pedagogista U.S. Bergamo) È educazione per tutti È un processo necessario e una trasformazione del sistema educativo in rapporto alla diversità dei bisogni di tutti. È attenzione alla situazione specifica e soprattutto alla tenuta formativa ed educativa del contesto scolastico e della sua organizzazione L’educazione inclusiva è il fornire uno sfondo adeguato per le abilità differenti, in ambienti di apprendimento e di relazione Integrazione/Inclusione Il concetto di “inclusione” si intreccia con quello di “integrazione”. Di seguito si espongono gli “Aspetti Chiave”. INTEGRAZIONE INCLUSIONE Finalità Riferimento a risorse spazi e sostegni per l’inserimento ed il raggiungimento di risultati adeguati Superamento delle barriere alla partecipazione e all'apprendimento Modelli teorici Modello condizionale e compensativo Modello orientativo Costruzione di condizioni attraverso sostegni e risorse per compensare deficit dell'alunno Relazione tra sociale e prospettiva esperienziale degli alunni Alunni con il loro deficit Tutti gli alunni Contatto tra curricolo “normale” e quello degli alunni con disabilità e difficoltà Percorsi personalizzati per tutti gli studenti Focus dell'azione (destinatari) Flessibilità del curricolo Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 15 “Sostegno specifico”: Modelli di insegnamento coordinato con percorso “normale” “Sostegni distribuiti”: tutti percorsi con presupposti, condizioni per differenze degli alunni. Qualità della relazione insegnamento - apprendimento Riorganizzazione, ruolo e funzione del Dirigente Scolastico. Contesto di riferimento (luogo privilegiato dell'azione) In sintesi Specificità del contesto scolastico Attenzione ed azioni mirate in riferimento ai bisogni specifici del bambino disabile - diversabile Contesto scolastico e sociale (qualità della vita) Attenzione ad azioni mirate ai bisogni di tutti, all’organizzazione e al contesto scolastico e sociale 2 - Le leggi italiane per l’integrazione scolastica La normativa come risorsa: la Legge n.104 del 5 febbraio 1992 “Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone” Alcune caratteristiche: La legge è composta da 44 articoli; l’integrazione scolastica e sociale è trattata specificatamente dall'art.1 all'art.18. Ambiti, principi, diritti e definizioni art. 1 Finalità art. 3 Soggetti aventi diritto art. 4 Accertamento dell’handicap art. 5 Principi generali diritti persona handicappata art. 6 Prevenzione diagnosi precoce art.12 Diritto all’educazione e all’istruzione art.13 Integrazione scolastica-sostegno docenti specializzati art.14 Attuazione Integrazione (obbligo 18° anno e terza ripetenza) art.17 Istituzione corsi di formazione art.18 Integrazione lavorativa Soggetti, strumenti e collaborazioni art. 7 Cura e riabilitazione Servizio Sanitario Nazionale art. 9 Servizio aiuto personale Enti Locali/ASL/Az. Ospedaliera art.12 Diritto all’educazione e all’istruzione (DF / PDF/ PEI) Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 16 art.13 Docenti curricolari e di “sostegno” artt.5, 7 e13 Collaborazione con le famiglie, servizio scolastico, sociosanitario ed assistenziale, ricreativo, culturale, sportivo art.15 Gruppi di lavoro (GLIP – GLPI - GSLIH) RIFERIMENTI SPECIFICI ALLA LEGGE 104/92 E AL DPR.24 FEBBRAIO 1994 chi individua il bisogno specifico chi segnala la situazione di handicap/disabilità chi definisce /attribuisce posti e ore per le attività di sostegno, con quali procedimenti chi cura e riabilita l’alunno in situazione di handicap/ disabilità quali sono gli strumenti per l’integrazione/inclusione chi facilita l’integrazione tra i soggetti istituzionali (Scuola. Asl, Azienda Ospedaliera, Enti Locali) chi procede nel monitoraggio degli interventi integrati/nella verifica –valutazione chi opera in modo specifico e specializzato per facilitare e coordinare l’integrazione quali sono le condizioni di fattibilità delle procedure Alcune procedure per l’inclusione Riferimenti specifici alla legge 104/92 e al D.P.R.24 febbraio 1994 Chi individua il bisogno specifico Chi procede per le attività di accertamento della situazione di handicap ai fini dell’integrazione scolastica (per le certificazioni a partire dall’a.s. 2007/08) famiglia scuola scuola e famiglia altri (tutori, detentori patria podestà) L.104/92 - Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone “handicappate” Le Aziende Sanitarie dispongono, su richiesta documentata dei genitori (o esercenti patria podestà), appositi accertamenti collegiali. L. 289/2002 Regolamento applicativo art. 35 comma 7 La richiesta deve essere corredata da certificazione della patologia e da relazione clinica rilasciata: da medico specialista o psicologo dell’età evolutiva di struttura pubblica o Ente convenzionato dagli specialisti U.O.N.P.I.A. - Azienda Ospedaliera, da Enti accreditati, convenzionati (La Nostra Famiglia), dopo l’accertamento. DPR 24/02/94 art.2, nota Prot.17724 del 18/12/2006, DPCM 23/2/2006 n.185 Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 17 Chi definisce ed attribuisce ore/posti per attività di sostegno, con quali procedimenti M.P.I. Ministero Pubblica istruzione U.S.R.- Ufficio scolastico regionale U.S.P. - Ufficio scolastico provinciale Chi cura, riabilita ed “aiuta” l’alunno in situazione di handicap - disabilità L.104/92 DPR 970/95 TU DL 297/94 Rapporto ¼ Legge 27/12/97n.449 Riferimenti normativi per le segnalazioni: modelli A e C a cura delle Scuole. Rapporto 1/138 e deroga Sistema sanitario nazionale A.S.L. - Azienda Sanitaria; L.104 - art.3 e art.7 – Cura e riabilitazione, fornitura ausili e sussidi tecnici UONPIA, ”La Nostra Famiglia”,… Prestazioni sanitarie e sociali integrate Enti Locali (limitazione autonomia personale) Chi integra, include l’alunno in situazione di handicap disabilità Scuola (per gli ATA funzioni aggiuntive) Famiglia A.S.L. - Azienda Ospedaliera Enti Locali L.104/92: art.8- inserimento integrazione sociale Art.9 servizio aiuto alla persona Art.12 diritto all’educazione all’istruzione Art.13 integrazione scolastica CCNL per ATA Chi facilita l’integrazione tra soggetti inter-istituzionali Osservatorio nazionale integrazione (a livello nazionale) L.104/92: art. 15: Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica Coordinamento osservatorio integrazione (a livello regionale) Accordi di Programma USP GLIP e GLSPH (a livello provinciale) Gruppi di studio e di lavoro per l’integrazione (a livello di istituto). Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 18 Chi procede nel monitoraggio degli interventi integrati/ nella verifica e valutazione MPI USR ASL - Azienda ospedaliera Enti Locali USP Scuole (dal livello nazionale al livello provinciale). Chi opera in modo specifico e specializzato per facilitare coltivare l’integrazione scolastica Docente nominato per attività di “sostegno” Chi opera all’interno della scuola per facilitare l’autonomia personale Assistente educatore Quali sono le condizioni essenziali di fattibilità delle procedure Utilizzo funzionale della normativa come risorsa L.104 /92 art.14-16: Verifica valutazione dei processi di integrazione Normativa successiva con riferimento all’autonomia scolastica, alla riforma degli ordinamenti - L.53/03 e successivi L.517/77 DM 24/04/86 D.M.27/06/95 Personale ATA L.104/92 art.13 e circolari successive C.C.N.L.: art.50 del 2007 ex.art.7 Conoscenza degli aspetti fondamentali dell’integrazione Sviluppo della sensibilità e dell’attenzione ai bisogni specifici L.104/92, art. 14 L 59/97 art.21 (autonomia) L 59/04 (Riforma Ordinamenti) Personalizzazione Atti d’indirizzo 2009 Linee guida per l’integrazione 2009 Formazione Personalizzazione Altro, in riferimento al contesto professionale Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 19 3 - Caratteristiche della modulistica Documenti funzionali all’inclusione ACCERTAMENTO SITUAZIONE DI HANDICAP Riferimenti normativa: Titolare dell’accertamento Esito accertamento Richiesta DPR 24/2/94 art.2 Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle Unità Sanitarie Locali in materia di alunni portatori di handicap L.289/02, art.35, comma 7 DPCM 23/2/2006 n.185 Delibera Giunta Regionale n.3449 del 7/11/2006 ASL attraverso apposito “Collegio di accertamento” composto da neuropsichiatra infantile UONPIA Azienda Ospedaliera, Psicologo ASL, Assistente sociale ASL Verbale sottoscritto dai Componenti il Collegio tramite gli strumenti di classificazione diagnostica ICD-10 oppure ICD9_CM È effettuata dai genitori o dagli esercenti la potestà genitoriale mediante la compilazione del modello Asl corredato da certificazione e relazione clinica rilasciata da specialista di struttura pubblica o da psicologo dell’età evolutiva DIAGNOSI FUNZIONALE – Rif. normativo: L.104/92, art.12 e DPR 24 febbraio 1994, art.3 A cosa serve Descrive la compromissione funzionale della situazione psico-fisica dell’alunno in situazione di handicap tramite acquisizione di elementi clinici e psicosociali. Evidenzia le potenzialità e le capacità dell’alunno. Chi la compila Specialisti dell’ U.O.N.P.I.A., Azienda Ospedaliera, Enti accreditati, convenzionati (la Nostra Famiglia), dopo accertamento Com’è strutturata Comprende: i dati personali, la sintesi della diagnosi clinica secondo la classificazione Tipologia della minorazione prevalente. potenzialità compromesse e difficoltà nelle aree: cognitiva, affettivo – relazionale, linguistica, sensoriale, motorio prassico e neuropsicologico dell’autonomia. note aggiuntive (funzioni compromesse e potenzialità). Indicazioni su: sostegno didattico ed assistenza per comunicazione e relazione. firme degli specialisti e dei genitori. chi è questo bambino. come comunica, quali problematiche e potenzialità Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 20 Tempi di predisposizione e aggiornamento Scuola infanzia I° anno delle Scuole di ogni ordine e grado e, se necessario, in qualunque momento della vita scolastica dell’alunno in presenza di nuovi elementi P.E.I. PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO - Riferimento normativo: DPR 24.02.1994 art.5 A cosa serve Raccogliere gli interventi finalizzati alla realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione e all’inclusione scolastica ed extrascolastica (interventi integrati, sinergici e coordinati nel tempo per un progetto globale: riabilitativo, didattico e sociale). Chi lo compila Gli operatori della Scuola in collaborazione con la famiglia e con la consulenza degli specialisti dell’Azienda Ospedaliera o ente convenzionato e accreditato. È formulato in base al PDF Dati personali dell’alunno e dei componenti il gruppo di lavoro Sezioni relative ai progetti: 1) terapeutico riabilitativo; 2) socializzazione, assistenza e integrazione delle attività; 3) educazione e didattica; 4) programmazione educatico- didattica personalizzati ( progetto specifico della Scuola) Articolazione delle sezioni: obiettivi - interventi e modalità. Verifica intermedia e finale. Calendario degli incontri Valutazione iniziale degli operatori scolastici e degli specialisti socio - sanitari Obiettivi da conseguire a medio e lungo termine Interventi della Scuola con le modalità di utilizzo dell’insegnante di sostegno Eventuali supporti sanitari e riabilitativi Eventuali interventi dell’Ente locale per l’assistenza. Cosa occorre fare per l’alunno a partire dalla conoscenza approfondita dei suoi bisogni formativi e dalla predisposizione di un itinerario pedagogico-didattico nei vari ambiti integrati Elaborazione ogni anno scolastico Aggiornamenti e verifiche secondo scadenze previste Stesura concreta a carico della Scuola Com’è strutturato Cosa contiene Tempi e predisposizione degli aggiornamenti A cosa serve Indica le caratteristiche fisiche, psichiche, sociali ed affettive dell’alunno e pone in rilievo le difficoltà d’apprendimento conseguenti alla disabilità, le possibilità di recupero e le capacità possedute che devono essere sostenute e progressivamente rafforzate e sviluppate. È formulato in base alla DF e diventa premessa al PEI Chi lo compila Gli operatori della Scuola in collaborazione con la famiglia, con la consulenza degli specialisti dell’Azienda Ospedaliera o ente convenzionato e accreditato. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 21 P.D.F. - PROFILO DINAMICO FUNZIONALE - Riferimento normativo: DPR 24.02.1994 art.4 Dati personali e note. Come è strutturato Suddivisioni in sette assi (sensoriale, motorio, affettivo relazionale, cognitivo. Neuro - psicologico, linguistico, autonomia, apprendimento) per indicare lo stato di funzionamento del soggetto e la sua evoluzione potenziale. Tempi e predisposizione degli aggiornamenti Redazione nei primi tre mesi della classe prima delle Scuole di ogni ordine e ciclo. Aggiornamento durante la classe terza della Scuola Primaria ed il Corso di istruzione Secondaria Superiore. Alla fine della Scuola Secondaria di I° grado per Orientamento. CARATTERISTICHE DELLA MODULISTICA - DOCUMENTI FUNZIONALI ALL’INCLUSIONE: DF, PDF, PEI Documento Diagnosi funzionale (D.F.) Profilo Dinamico Funzionale (PDF) Quando? Cosa riguarda? dopo la diagnosi clinico medica, descrive la patologia dopo l’accertamento elenca le potenzialità al passaggio ad un altro grado di scuola o in caso di modificazioni particolari elenca i bisogni prioritari dopo un mese circa di osservazione descrive il funzionamento per ogni area aggiornato durante III primaria e Istituzione Secondaria superiore descrive l’evoluzione potenziale Chi? specialisti dell’Azienda ospedaliera U.O.N.P.I.A. enti convenzionati e accreditati specialisti Azienda ospedaliera o degli Enti convenzionati e accreditati operatori scolastici famiglia alla fine della scuola secondaria di 1° grado per orientamento Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 22 Piano Educativo Individualizzato (PEI) Viene preparato dopo la stesura del Profilo Dinamico Funzionale e viene aggiornato preferibilmente una volta all’anno Gli interventi educativi e didattici integrati. i collegamenti con le attività extrascolastiche gli eventuali interventi riabilitativi e di assistenza educativa Specialisti dell’Azienda ospedaliera / U.O.N.P.I.A. enti convenzionati e accreditati operatori scolastici famiglia assistenti educatori RUOLO DEL DOCENTE DI SOSTEGNO E DELL' ASSISTENTE EDUCATORE Ruolo, competenza ed “etica” del docente di sostegno: Profili del docente specializzato Evoluzione del modello di “ sostegno” Docente di sostegno ed eticità: che fare e con quale priorità Le regole di un bravo insegnante di sostegno ( a cura di S. Nocera) PROFILO DEL DOCENTE SPECIALIZZATO - DM 24/04/86 Conoscenze Competenze Atteggiamenti Professionalità Ambiti dei contenuti culturali ed esperienziali Applicazione delle conoscenze nella prassi pedagogico-didattica Capacità relazionali e di intervento propositivo e fattivo Ambiti e contesti in cui si realizza la sua funzione Individuare e circoscrivere i problemi Progettare e definire ipotesi di soluzione Facilitare i rapporti e le interazioni Supporto destinato ad evidenziare agli altri docenti i nodi metodologici e didattico-disciplinari in cui si inceppa l’azione di educazione e di istruzione nei confronti dei soggetti in situazione di handicap Collaborazione progettuale ed intervento specifico per facilitare l’integrazione Facilitazione di rapporti interni ed esterni alla scuola Conoscenza ed utilizzazione di linguaggi specifici. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 23 EVOLUZIONE DEL DOCENTE DI SOSTEGNO Sostegno a Alla classe Alla Scuola Al “sistema scuola” (P.O.F.) e al “sistema scuola/territorio” Modello Intervento Insegnante = Risorsa Corresponsabilità Collaborazione Contitolarità Flessibilità organizzativa Progettualità Programmazione collegiale Insegnante = Risorsa Corresponsabilità Collaborazione Contitolarità Flessibilità organizzativa Progettualità Programmazione Collegiale Impiego diversificato di competenze Insegnante = Risorsa responsabile di ambiti specifici Individuazione di “nodi” Lavoro congiunto di ricerca delle strategie e delle tecniche Collaborazione progettuale Miglioramento del tessuto relazionale del sistema Costruzione di un efficace ambiente educativo Interfaccia tra scuole ed extrascuola Continuità DOCENTE DI SOSTEGNO ED ETICITÀ L’insegnante specializzato per le attività di sostegno è un punto di riferimento per l’integrazione/inclusione in quanto il suo profilo professionale è caratterizzato da conoscenze, competenze specifiche, capacità relazionali. Pertanto: partecipa a pieno titolo alle attività di progettazione, verifica e valutazione del Consiglio di classe e/o interclasse, del team assumendo la contitolarità delle classi/sezioni in cui opera; collabora all’elaborazione nel Profilo Dinamico Funzionale e del conseguente Piano Educativo Individualizzato, previa raccolta ed organizzazione delle osservazioni sistematiche effettuate da tutti i docenti che operano nella classe/sezione elabora, in collaborazione con i docenti curricolari, il piano educativo didattico d’integrazione (P.E.P.) e ne cura la stesura e la documentazione nel corso dell’anno scolastico (punto 4 del P.E.I.) partecipa ai gruppi di studio e di lavoro sull’integrazione e sulla continuità educativa costituiti in ogni Scuola (G.L.H. di Istituto ecc.) L’etica del Docente di Sostegno, come di tutti i professionisti della Scuola, si basa sull’assunzione e sulla gestione della responsabilità Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 24 Per la formazione dei docenti per attività di “sostegno” DPR 31/10/1975, n.970: durata biennale dei corsi di specializzazione; corsi monovalenti (disabili mentali, minorati della vista, minorati dell’udito). 1986: corsi polivalenti; nuovi programmi, con ampliamento dell’area didattica. 1995: nuova revisione dei programmi dei corsi di specializzazione. 1998: formazione universitaria aggiuntiva per la specializzazione nella scuola dell’infanzia e primaria. 2000/2001: apertura delle SSIS; formazione aggiuntiva per la specializzazione nella scuola secondaria di primo e secondo grado. EVOLUZIONE DEL MODELLO DI “SOSTEGNO” Sostegno a 4.5 Modello Intervento Alunno in situazione di handicap Insegnante = tutor Interventi individuali Rapporto 1/1 Trattamenti specialistici “Diversità” rispetto alla “norma” Separatezza Insegnanti di classe Insegnante = appoggio Delega Interventi settoriali Scarsa autonomia decisionale Rapporto di dipendenza sostegno/classe Le regole di un bravo insegnante di sostegno Non dire mai: “non c'è niente da fare” solo perché sembra che le risposte non ci siano mai. Talvolta le risposte non sono "riconosciute" da noi, ma le possiamo scoprire tra i linguaggi non verbali (ai quali tutti ormai riconosciamo dignità e diritto, ma non abbiamo ancora sviluppato sensibilità sufficiente per “sentirli”). C'è anche un battito cardiaco più o meno accelerato, l'irrigidimento del corpo o la distensione, una mano che si lascia prendere invece di ritirarsi ecc. Inconsciamente, nonostante l'accettazione della diversità, abbiamo posto a quest'ultima dei limiti, delle caratteristiche oltre le quali non andare: ci è ancora così poco familiare! L'idea che solo da un gesto o da uno sguardo appena accennato e apparentemente senza significato, emerga un soggetto che ha pari dignità e diritti (all'educazione, ma anche all’ascolto, al rispetto, alla sessualità, alla "crescita" ecc.). Accettare di non conoscere. Serve l'umiltà di dire “non sappiamo”: sulla gravità, su certi modi di essere al mondo. All'educatore non può essere sufficiente il sapere della medicina: è necessaria, talvolta contro le "certezze", la pedagogia della speranza, della scommessa. Forse per ogni essere umano, nessuno escluso, vale la pena di ricordarsi che l'aspettativa negativa cerca la conferma di sé stessa aprendo la strada ad una profezia che si auto avvera. E viceversa. Accettare di non sapere. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 25 Spesso, anche per amore o per cura, si ha l'affettuosa arroganza di sapere che cosa è meglio per un bambino o una bambina che non può far sapere niente di sé. Allora pensiamo noi che cosa è giusto, comodo, necessario al suo relativo benessere, scegliendo luoghi, tempi, persone ecc. È vero, si dirà, che ciò avviene per tutto ciò che riguarda l'infanzia, ma esiste una possibile identificazione e soprattutto, se si vuol osservare, si può scoprire il benessere, il malessere, l'insoddisfazione, il disagio in tanti segnali che ormai conosciamo. Più difficile è intravedere tali sentimenti, in persone che non dispongono di forme convenzionali di comunicazione e di risposta agli stimoli. (a cura di S. Nocera) ASSISTENTE EDUCATORE/EDUCATORE PROFESSIONALE Riferimenti normativi L.104/92 artt. 8,9,10 (servizi di aiuto personale, integrazione sociale,ecc.). Testo accordo di Programma 26 febbraio 2007 Funzioni prioritarie Contribuire e facilitare la comunicazione e l’autonomia personale in relazione alla realizzazione del PEI e il mantenimento e lo sviluppo delle potenzialità residue. Obiettivi dell’intervento Favorire l’integrazione dell’alunno disabile all’interno del gruppo classe. Favorire e potenziare la socializzazione, la realizzazione e l’integrazione con i coetanei. Promuovere e potenziare i diversi livelli di autonomia personale e sociale. Compiti Promozione dell’espressione di bisogni e sentimenti in relazione ai codici linguistici utilizzati dall’alunno disabile: verbale, gestuale, simbolico. Ricerca di risorse e contatti con agenzie educative o altre strutture presenti sul territorio, finalizzate all’orientamento per l’utilizzo del tempo libero, ecc. Accompagnamento dell’alunno disabile nei diversi momenti della vita scolastica: gite, intervallo , mensa, uscite didattiche, feste, visite guidate e iniziative varie volte all’approfondimento di contenuti didattici Mediazione per la partecipazione a laboratori per la manualità e l’espressione di linguaggi alternativi (musica, teatro, computer, espressione corporea, manipolazione) Attività specifiche per la cura della persona(autonomia personale, igiene personale) Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 26 Modalità di intervento Analisi e condivisione della progettazione personalizzata Analisi del PEI da definirsi con gli altri operatori scolastici Condivisione degli obiettivi educativi con la famiglia Partecipazione agli incontri con l’equipe socio-sanitaria e agli incontri relativi alla progettazione ed esclusione della valutazione quadrimestrale e finale Progettazione e verifica di interventi educativi per il raggiungimento della massima autonomia possibile e per l’inclusione scolastica e sociale dell’alunno disabile N.B. Provincia di Como: assistenti educatori per inclusione scolastica alunni con disabilità sensoriale (ipovisione, cecità, ipoacusie) singole o combinate (art.5 L.67/93 e L.R.34/04) BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Medeghini R. - “Dalla qualità dell’integrazione all’inclusione”, Ed. Vannini Brescia 2006 Janes D. - “Bisogni educativi speciali ed inclusione”, Ed. Erickson 2005 Cannevaro Janes - “Diversabilità”, Ed. Erickson 2003 Accordo di Programma della Provincia di Como per l’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap (firmato febbraio 2007) Website http://www.handylex.org/ Utili collegamenti on line (con Internet Explorer collegato, è possibile accedere ai documenti cliccando sui relativi links. DOCUMENTO LINKS http://www.handylex.org/stato/l050292.shtml - "Legge-quadro per l'assistenza, L.104/92 DPR 24 feb 1992 l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate." (Pubblicata in G. U. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O http://www.handylex.org/stato/d240294.shtml - "Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap" http://www.handylex.org/stato/d230206.shtml - "Regolamento recante modalità e criteri DPCM 185/2002 DL 297/94 L 449/97 per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289." http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dlvo297_94.html - Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione http://www.handylex.org/stato/l271297.shtml - "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica" – art 8: Disposizioni a favore dei soggetti portatori di handicap http://www.handylex.org/stato/l040877.shtml "Norme sulla valutazione degli alunni e L 517/77 sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico" (per le scuole dell’obbligo) http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/art21.html - Delega al Governo per il L 59/97, art 21 conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa – Art 21: L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 27 http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dpcm185_06.htm - Regolamento DPCM 185/06 recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 Delib. Giunta Reg 3449/06 javascript:goLink('/pdf/2006/01470.pdf#Page17', 0, 'iyl0fp55dvvl2sfkyaatar55', true); DGR 3449/06 D- Determinazioni sull'accertamento per l'individuazione dell'alunno con handicap ai fini dell'integrazione scolastica (D.p.c.m. 23 febbraio 2006, n. 185) Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni disabili MIUR - Atto di indirizzo 2009 Linee guida per l’integrazione dell'alunno handicap Accordo di programma ASL di Como http://www.consultazioniburl.servizirl.it/pdf/2006/01470.pdf#Page17 - Linee guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità http://www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/ai_8909.pdf - Atto di indirizzo del Ministro 2009 http://www.istruzione.it/web/istruzione/prot4274_09 - Linee guida per l’integrazione dell'alunno handicap 2009 http://www.asl.como.it/disabili/upload/ACCORDI%20DI%20PROGRAMMA.pdf Accordo di programma della provincia di Como per l’integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap (artt. 12 e 13 L. 104/92 e art. 2 D.P.R. del 24/2/94) Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 28 IL DOCENTE DI SOSTEGNO E LE “INDICAZIONI PER IL CURRICOLO” Ferrario Nel mio intervento tratterò i seguenti argomenti: funzioni e professionalità del docente di sostegno analisi e alcune possibili riflessioni tratte dalla lettura delle “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia” e del documento ministeriale del 2009 “Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” 1 Il docente di sostegno: funzioni e professionalità Il mio intervento vuole essere in continuità con quello della settimana scorsa, quindi riprenderò alcuni temi trattati, ma ne tralascerò altri, soprattutto gli aspetti normativi e giuridici. L’insegnante di sostegno, ma sostegno a cosa? A chi? Io sono convinta e concludo la frase con “sostegno alla classe”. Il docente di sostegno è assegnato non al bambino disabile, ma alla classe per attività di sostegno. Quindi la figura del docente di sostegno è da intendere come una risorsa, una risorsa umana in più sull’organico della scuola. È una presenza fisica in più in sezione e, si sa, il bisogno che c’è nella gestione dei vari momenti: accoglienza, pranzo, routines, ma anche nelle attività strutturate; è una mano in più e una mente in più: è una risorsa di idee utile nella programmazione, nell’incontro con i genitori, nella compilazione di documenti, ecc.. Chi è, qual è il profilo di partenza del docente di sostegno? In passato ed oggi è un docente di scuola dell’infanzia con titolo di specializzazione (conseguito dopo il diploma magistrale tramite diploma di corso di specializzazione polivalente, organizzato da Università o dal Provveditorato) o con nessuna specializzazione, ma con incarico di insegnamento su attività di sostegno, in quanto la richiesta elevata di personale ha reso necessario il reclutamento di docenti in possesso solo dell’abilitazione all’insegnamento. In futuro probabilmente sarà un docente con una formazione speciale trasversale. Nella proposta di legge per la riforma del corso di laurea di Scienze della formazione primaria, si prevede che tutti i docenti, nella loro formazione universitaria, debbano conseguire un’adeguata formazione speciale di base che includa competenze educative-didattiche utili a garantire un lavoro qualificato con le persone che presentano bisogni educativi speciali; quindi in futuro, tutte le insegnanti avranno, con la laurea, il titolo di insegnante di sostegno compreso nella formazione di base. Convinta dell’importanza di una formazione specifica e speciale, di un’adeguata competenza pedagogica, didattica e metodologica, c’è da segnalare che chi si occupa di alunni disabili non sempre ha esperienza, non sempre garantisce continuità negli anni (occorrerebbe trovare modalità operative ed amministrative adeguate per assicurare la presenza continuativa dell’insegnante di sostegno e la realtà della scuola statale vede insegnanti con incarichi annuali che non garantiscono la costruzione di un rapporto con il bambino, con il team, con la classe, con i genitori:una relazione significativa si costruisce con il tempo), è assegnato alla classe per un monte-ore a volte limitato che non copre interamente il tempo di frequenza scolastica del bambino disabile (nella scuola statale capita spesso che l’insegnante sia assegnato per un massimo di 12 ore alla settimana sulle 40 circa di frequenza degli alunni). È fondamentale quindi, per una buona riuscita del processo d’integrazione, un lavoro ed un’interazione coordinata e condivisa prima di tutto tra le colleghe che si ripercuoterà e rifletterà sui bambini, sul bambino in difficoltà e sulla sua famiglia. La cooperazione e la corresponsabilità sono Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 29 stabilite anche giuridicamente: l’insegnante di sostegno e di classe hanno entrambe la responsabilità giuridica sui minori, su tutti i bambini della classe, compreso il soggetto in difficoltà. Come ottimizzare la risorsa di una persona in più, in una situazione come quella dell’integrazione, magari nel momento di un nuovo inserimento di un bambino diversamente abile? Indubbiamente si chiede alla scuola uno sforzo, un impegno in più perché l’accoglienza di un alunno diversamente abile modifica il contesto scolastico. Il team docente deve riconoscere e rispondere a nuovi, specifici bisogni e richieste che l’utenza rivolge e che la gestione della situazione richiede. Da un’analisi dei bisogni della scuola ho dedotto i compiti, le funzioni e il ruolo dell’insegnante di sostegno in una prospettiva di cooperazione e scambio reciproco di ruoli tra docenti. Ad esempio: Stabilire e mantenere rapporti collaborativi con gli specialisti, terapisti, medici… Occorre un incontro in équipe fra professionisti diversi (psicologo, logopedista, educatori, assistenti sociali, neuropsichiatri e insegnanti) discutendo e lavorando insieme. Ciò diventa un’occasione preziosa per modificare rappresentazioni rigide dei problemi e delle persone coinvolte e cercare soluzioni a cui non si era ancora pensato, magari perché troppo affezionati alle proprie idee o punti di vista e per contenere, mediante risorse comuni, l’ansia e il senso d’urgenza o impotenza che una situazione, un bambino, a volte suscita. Sollecitare la comunicazione e collaborazione con le famiglie È urgente saper parlare con la famiglia del bambino disabile e saper comunicare con un’attenzione in più, perché i genitori sono di fronte a grande sofferenza. È la prima volta che confrontano il loro figlio con gli altri, escono allo scoperto, al di fuori dell’ambito familiare e possono avere molte e differenti reazioni: rifiuto, negazione, rivendicazione, apprensione, ecc, Sicuramente vanno sempre ascoltati, ascolto autentico ed empatico, che vuol dire provare a mettersi nei loro panni. Stabilire una buona relazione per creare una rete solida di scambi e responsabilità comuni, per creare un tessuto che contiene tutte le azioni, orientate verso un’unica direzione. Inoltre, ricordiamoci che la famiglia ha diritto di partecipare alla formulazione del profilo dinamico funzionale e del progetto educativo individualizzato, nonché alle loro verifiche. Lavorare in compresenza con i colleghi per gestire e pensare la programmazione in risposta alle esigenze di apprendimento dell’allievo in situazione di handicap il concetto forte espresso è che non è l’alunno che si deve adattare ad una programmazione pensata per la classe, ma è la programmazione annuale, i progetti, che devono tener conto del bambino con esigenze particolari; si devono considerare le tracce che il bambino lascia…, trovare un punto di contatto. Lavorare in compresenza con i colleghi permette di gestire un piccolo gruppo di bambini, di organizzare laboratori che possono essere motori, teatrali, ecc., dove il bambino può inserirsi con più facilità, permettere il tutoring e un lavoro cooperativo, perché la compresenza evita il pericolo di lavorare da soli con il bambino in difficoltà. Ricercare, organizzare ed attivare le risorse specifiche personali e materiali per il sostegno ritenute più appropriate e valide Ad esempio il reperimento di materiali didattici specifici che a volte sono necessari per la realizzazione di particolari progetti, gli ausili tecnici, le attrezzature e sussidi specifici. Occorre esplorare realtà e risorse del territorio istituzionali ed inter-istituzionali, (associazioni, gruppi), richiedere sostegni professionali, come, ad esempio, l’assistente educatore, i gruppi di lavoro sull’integrazione GLH reti di scuole, per il confronto e la diffusione di buone pratiche, di iniziative d’aggiornamento, ecc Prevedere la raccolta, preparazione, compilazione della documentazione anche in collaborazione con le diverse persone coinvolte nel progetto d’integrazione: Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 30 Ciò vuol dire la compilazione dei documenti richiesti dalla normativa, la documentazione didattica (negli ultimi trenta anni sono state realizzate molte esperienze positive di integrazione, che purtroppo sopravvivono solo nella memoria dei protagonisti. La documentazione è percepita come un inutile adempimento burocratico, ma è efficace per promuovere la circolazione di idee ed esperienze. La storia del bambino, attraverso una raccolta di materiali significativi per costruire un progetto di vita, per preparare un fascicolo individuale dell’alunno con disabilità che ripercorra il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico e documentazione per il passaggio alla scuola primaria. Ricapitolando e per concludere questa prima parte del mio intervento vorrei ribadire che il processo d’integrazione presuppone l’incontro fra tanti adulti, con tanti ruoli diversi, con differenti registri comunicativi: formale, confidenziale, ecc… ma che hanno come compito l’impegno e lo sforzo di imparare a comunicare; per quanto riguarda il lavoro con i bambini, persone che devono saper lavorare con loro in atteggiamento di ascolto, con un’attenzione alla dimensione emotivoaffettiva, con strumenti per osservare e leggere i comportamenti e la situazione educativa, con caratteristiche di flessibilità e creatività nelle proposte e nell’utilizzo di strategie e metodi. 2 Le “Indicazioni per il curricolo” Cosa dire ora rispetto alle “Indicazioni per il curricolo” del settembre 2007 per la scuola dell’infanzia? Una prima osservazione è che il concetto d’integrazione è trasversale a tutto il testo del documento. Non vi è dedicato alcun paragrafo a parte, come negli Orientamenti del 1991, dove si parla in specifico di “diversità ed integrazione”. Io ho ampliato questa lettura con il documento ministeriale del settembre 2009 “Linee guida per l’integrazione scolastica” , con i possibili riferimenti alla scuola dell’infanzia. Ho analizzato i documenti ministeriali mettendomi dalla parte di chi esprime bisogni ed esigenze specifiche, e posso dire che è garantita a livello nazionale l’integrazione e l’inclusione in quanto nel documento si parla di “diritto universale all’istruzione” e ancora “…per ogni bambino e bambina la scuola dell’infanzia si pone le finalità di promuovere lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza e cittadinanza”. Vediamo ora nello specifico di ogni finalità alcuni aspetti d’approfondimento che ho selezionato perché ritenuti da me interessanti spunti di riflessione. Sviluppo dell’identità Cito dal testo “vuol dire imparare a conoscersi e sentirsi riconosciuti come persona unica ed irripetibile…” L’affermazione “unica ed irripetibile” prevede per il bambino con handicap un riconoscimento delle sue potenzialità e dei suoi limiti. Quando parlo di scoperta d’identità di una persona diversamente abile ripenso e rileggo sempre il libro “Handicap ed identità” di A. Canevaro, un pedagogista che ha dato un grande contributo al processo d’integrazione scolastica. Canevaro dice “l’identità per un handicappato (che inizia dall’infanzia) è una conquista problematica: il deficit non può essere messo da parte come qualcosa che si fa finta di non vedere e non sapere, come non può diventare il solo modo di considerare l’altro” quindi richiama ad una presa di coscienza dell’handicap nel riconoscimento della persona nella sua interezza e complessità. Canevaro dice ancora “…nella presentazione di una persona handicappata possiamo sottolineare le prospettive e i tratti positivi o intrecciare i nostri pregiudizi con le sottolineature delle caratteristiche peggiori”. Ciò porta l’attenzione al pensare in positivo, a considerare e mettere in evidenza in primis quello che il bambino sa fare, le prospettive, le potenzialità, per un approccio costruttivo alla realtà e alla situazione. Ma nel riconoscimento dell’identità, ci dice Canevaro, ci stanno anche i limiti, limiti di alcune funzioni percettive, comunicative, intellettive, limiti che non vanno nascosti o peggio ancora negati, nè al bambino disabile, nè ai compagni. A questo proposito vi leggo una parte del libro sopra Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 31 menzionato: “…tutti i bambini, compresi i bambini disabili, hanno bisogno di verità da parte delle persone che vivono loro accanto per assumere una loro identità. Non si tratta di verità prestabilite ed assolute; piuttosto di parole vere pronunciate da una persona che si convince che la sofferenza, se messa in parole, si umanizza e diventa un po’ più vivibile. In una favola (elaborazione fantastica) vi può essere più senso della verità che in una cronaca (riproduzione della realtà). In questo senso ciascuno deve trovare le sue parole di verità, che non possono essere suggerite da un altro se non come indicazione generale. Per Francoise Dolto, il parametro della violenza nei confronti dei bambini è costituito dal silenzio o dalla menzogna, anche pietosa. Un bambino può sopportare qualsiasi verità, se è verità, cioè se ha risonanza di vero in chi la pronuncia”. Quindi la Dolto ci suggerisce di usare parole vere, dette con un linguaggio semplice ed autentico e, ancora, l’invenzione di storie, di giochi, che non negano, ma che restituiscono identità anche al bambino disabile. Tutto ritorna al bambino come accettazione degli altri, stimola l’aiuto e attiva comportamenti pro-sociali tra coetanei. Sviluppo dell’autonomia Si legge nel testo, oltre ad altri aspetti, “…provare piacere nel fare da sé, saper chiedere aiuto, esplorare la realtà e comprendere le regole della vita quotidiana”. Ci si riferisce, quindi, anche al bambino diversamente abile, ad autonomie operative, come mangiare da solo, l’uso del bagno, sapersi vestire o mettere le scarpe ecc., Sicuramente questi traguardi richiederanno tempi più lunghi, occorrerà un progressivo distanziamento dell’adulto, ma queste operazioni di cura del sé, che poco tempo prima faceva solo la madre, sono cariche di aspetti affettivi, quindi è importante non delegare sempre ad altri (personale di pulizia, inservienti, ecc) queste cure, ma far passare attraverso queste azioni verso il corpo così carico di emozioni, la presenza dell’altro. Dicevo prima un distanziamento progressivo: “aiutami a fare da solo” diceva la Montessori. A volte per un bambino è comodo e meno dispendioso farsi fare cose, ma noi dobbiamo pensare al suo sviluppo in evoluzione, al suo progetto di vita che inizia fin da piccolo e che prevede sicuramente l’autonomia nella gestione del sé. Autonomia significa anche provare piacere nel fare da sé e saper chiedere aiuto, esplorare la realtà, ecc.. Forse per noi insegnanti vuol dire trovare una giusta collocazione nel lasciar solo il bambino e nell’essere presente, vuol dire gestire l’ansia dell’essere sempre li, come un’ombra che interviene, che media in continuazione, ma dar fiducia, lasciarli andare, lasciarli agire in situazioni protette - ad esempio in gruppi, giochi, spazi e luoghi - ma da soli. Sviluppo della competenza La scuola non è solo un luogo dove stare, incontrare gli altri; la scuola è un luogo d’apprendimento anche per il bambino disabile. Non basta inserirlo, accoglierlo, ma occorre trovare anche sul versante dell’apprendimento, situazioni, strategie adatte a lui, è suo diritto e nostro dovere trovare modi per sviluppare conoscenze ed abilità di tipo cognitivo, individuare obiettivi intermedi, graduati, attivare nuove strategie e valutare le competenze raggiunte. Sviluppo del senso di cittadinanza È importante promuovere atteggiamenti pro-sociali tra bambini. Il fine ultimo della pro-socialità è il bene degli altri. Per il bambino diversamente abile ciò significa l’instaurarsi di rapporti collaborativi tra bambini e il costituirsi di comportamenti sociali positivi, attraverso la valorizzazione dello scambio comunicativo tra pari e funzionali modalità di gestione della classe. Cos’è la pro-socialità? È la tendenza a far ricorso ad azioni che si contraddistinguono per gli effetti benefici che producono negli altri…, sono le azioni efficaci per far del bene…, la volontà di far del bene agli altri senza la ricerca di ricompense esterne. Ciò porta benefici per chi riceve, ma anche per chi dà. Si richiedono, anche al bambino in età di scuola dell’infanzia, capacità di decentramento personale ed avvicinamento alla prospettiva degli altri per capire bisogni ed aiutare. Si può trattare di un aiuto fisico (intervenire fisicamente nel compimento di un’azione concreta), un dare all’altro (consegnare oggetti propri perdendone il possesso), un aiuto o conforto verbale ( spiegazioni o istruzioni, ma Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 32 anche parole che migliorano lo stato d’animo o che confermano il valore di altre persone e quindi aumentano l’autostima). Le prime forme di interazione con il mondo e con gli altri nell’infanzia sono formate in famiglia, ma la scuola rappresenta un’ottima palestra di scambi sociali: scambi con l’insegnante da cui deriva l’importanza di porsi come figura autorevole, aprirsi al dialogo e non solo imporre regole; scambi sociali fra pari. Per comportamenti pro-sociali si intende, allora, il conforto dato ad un bambino che piange per il distacco o un litigio, l’aiuto nel gioco o nella routine, una carezza, un sorriso, un bacio, in un clima non di pietà, ma di accettazione. Ancora Canevaro dice: ”può esserci un aiuto maggiore non nel compito di riabilitatore coetaneo, ma nel compito del coetaneo che gioca, litiga, e forse dimentica di avere a che fare con un compagno con disabilità e permette a quel compagno di fare dei movimenti e di ricevere dei contatti che sono la migliore riabilitazione senza che siano previsti da nessun eserciziario”. Quali strumenti abbiamo per promuovere le finalità esposte sopra? Ritorniamo al testo “Indicazioni per il curricolo” dove si parla di strutturazione di un curricolo implicito ed esplicito. per curricolo implicito si intendono le costanti che definiscono il contesto, l’ambiente di apprendimento: lo spazio, il tempo, i materiali e le relazioni. La frase “la scuola dell’infanzia sperimenta con libertà la propria organizzazione…” Sottolineo l’espressione “con libertà” quando faccio scelte consapevoli essendo possibile ogni tipo di organizzazione: laboratori, piccoli gruppi di lavoro, strutturazione di spazi più raccolti, potenziamento di alcuni angoli gioco, predisposizione di particolari materiali, ecc. per curricolo esplicito ci si riferisce ai “campi d’esperienza”… Non entro nel merito di ogni ambito, anche se ce ne sarebbero alcuni particolarmente interessanti da trattare, come valenza e potenzialità di lavoro. Ad esempio “il corpo ed il movimento” per tutte le implicazioni di tipo emotivo-affettivo e di scoperta del mondo attraverso i sensi che riporta all’importanza della percezione sensoriale e del corpo, “i linguaggi” con le diverse forme d’intelligenza che vanno a sviluppare, ecc… Ma vale la pena soffermarsi sul metodo di conduzione di qualsiasi esperienza: ci possono essere ricchi ed articolati progetti didattici con l’impiego di elaborati e magari costosi materiali, in spazi creati apposta, attrezzati, ma saranno vuoti e vani se l’azione dell’insegnante non è guidata verso una scelta ed una consapevolezza del metodo, che attraversa, è trasversale alle esperienze proposte. Per i bambini diversamente abili ad esempio è fondamentale partire dall’esperienza diretta, il toccare, il fare, quindi occorre organizzare situazioni, soprattutto ludiche, dove il bambino può agire da solo ed esprimersi, uscire allo scoperto attraverso il corpo; inoltre incoraggiare l’approccio collaborativo con il tutoring, la differente gruppalità, ecc. Un’ultima cosa a riguardo del curricolo che giudico proficua è che l’insegnante sia attrezzata di un vasto repertorio di possibili attività e strategie da proporre, perché la varietà, la flessibilità e la risposta immediata ad imprevisti ed urgenze, che capitano di continuo nel lavoro con un alunno diversamente abile, è, a mio parere, una caratteristica fondante del progetto di integrazione. Per chiudere un’ultima considerazione: l’importanza di un’azione deve essere: adeguata per tutto ciò che è stato detto: dalla lettura della diagnosi funzionale, all’osservazione e alla progettazione degli interventi e alla valutazione e precoce: a volte capita che i bambini non arrivino a scuola con una segnalazione di disturbo, di handicap. Noi insegnanti ci accorgiamo che qualcosa non va, non è nella norma; allora occorre con responsabilità, professionalità e delicatezza far emergere la situazione ed attivare tutte le procedure necessarie per avviare una segnalazione. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 33 ESPERIENZE DIDATTICHE REALIZZATE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA Dr.ssa Ferrario Il mio intervento d’oggi tratterà esempi di buone prassi, d’esperienze didattiche realizzate nella scuola dell’infanzia. Quindi procederò con racconti, narrazioni di situazioni, purtroppo senza immagini perché non le possiedo, ma capiterà che vi leggerò parti delle documentazioni cartacee in mio possesso, per rendere tutto più vivo ed autentico. Userò dunque esempi di programmazione e per la parte più teorica, mi riferirò ad un testo “Uno sfondo per integrare” di Zanelli, pedagogista, collega di Canevaro. Gli argomenti trattati nel libro sostengono la prima parte del mio intervento che vuole inquadrare e mostrare la valenza pedagogica di uno strumento di programmazione quale è lo “fondo integratore”. 1 Lo sfondo integratore Ho scelto le esperienze che riferirò in quanto rappresentano esempi di buone prassi, in linea soprattutto con alcune indicazioni illustrate nel precedente intervento e cioè: “c’è un’idea forte, unificante che caratterizza il progetto con uno sfondo che racconta, dà senso, fornisce identità e finalizzazione alle attività” e ancora “il P.E.I. si raccorda con la programmazione di classe… La programmazione individualizzata deve trovare l’ambito di realizzazione nelle attività di tutti”. Vale a dire che si devono individuare ed esistono dei bisogni educativi speciali e specifici dell’alunno in difficoltà, ma se questi sono soddisfatti indipendentemente dal lavoro, dalla programmazione della classe, si crea segregazione e separazione. Lo strumento didattico e modello pedagogico di riferimento che sostiene le scelte dei percorsi che vi descriverò è “lo sfondo integratore”, la cui definizione è spesso molto fraintesa ed abusata. Vi prego di prestare attenzione perché userò questo riferimento in un’accezione magari nuova, sicuramente ampia ed articolata. La teoria di riferimento è contenuta nel libro “Uno sfondo per integrare” di Paolo Zanelli. Cos’è lo sfondo integratore: Può essere definito come una “struttura” che connette avvenimenti diversi ed è capace di favorire il raccordo fra abilità, spazi, momenti, linguaggi diversi, in direzione dell’integrazione d’alunni diversamente abili. Si tratta di partire e tenere come sfondo una realtà significativa per i bambini che può essere un personaggio fantastico, una storia, un ambiente, un’esperienza di laboratorio che faccia vivere al bambino i vari momenti della programmazione uniti e non frammentari. Lo sfondo è un interessante strumento per favorire l’integrazione di bambini con disabilità, soprattutto con problemi di comportamento e di comunicazione, perché spesso questi bambini mettono in atto comportamenti “strani”, particolari, sono una lettura misteriosa che sembra sganciata dalla realtà. Lo sfondo su cui proiettare e produrre l’attività educativa e didattica dunque diventa un sistema per riuscire a costruire un approccio efficace con questi bambini. Parlavo prima di “lettura misteriosa”, ora vi spiego cosa intendo: “vi possono essere comportamenti ed abilità di un bambino handicappato, come di qualsiasi bambino, che rimangono isolati, come tessere di un mosaico che non sappiamo comporre e che appaiono senza senso. Sono delle “tracce” che Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 34 sembrano non portare da nessuna parte, rischiando d’essere abilità fini a loro stesse, senza valore di una prospettiva… Lette le “tracce” e delineati gli obiettivi del nostro lavoro d’insegnanti, dobbiamo costruire e dare sostanza ad uno sfondo che integri questi elementi.”. Quindi lo sfondo integratore nasce come possibilità ed esigenza di trasformare e non negare le difficoltà del singolo bambino; gli elementi di “rumore” o di disturbo diventano un’occasione di lavoro educativo. Vi porto un esempio tratto da un testo: “le insegnanti avevano notato che Simone lanciava qualunque cosa gli capitasse fra le mani. Tale comportamento poteva divenire pericoloso per gli altri bambini e generare confusione e la prima reazione era quella di bloccare Simone considerandolo elemento di disturbo. Il modo in cui le insegnanti si sono mosse è stato diverso: hanno istituzionalizzato quest’esigenza trasformandola in una serie di giochi psicomotori con materiali innocui proposti a tutti i bambini. All’interno dello sfondo fantastico, usando degli oggetti innocui come le spugne, le insegnanti trasformarono il “lanciare” di Simone in un gioco condiviso con gli altri. Piano piano Simone comincia a partecipare maggiormente alle sequenze comunicative e perde gran parte della sua rigidità. Questo perché l’oggetto “dato” allo spazio forse diventerà presto l’oggetto lanciato all’altro e sarà anche il grido e più tardi la parola e, simbolicamente ancora il pensiero, espresso sotto le sue differenti forme: gestuale, plastica, verbale. Questa proiezione al di fuori di sé è considerata la fase fondamentale di ogni desiderio d’espressione e di comunicazione. Il gioco psicomotorio non si è esaurito in quell’esperienza ma è stato inserito in un più vasto contesto reso possibile dallo sfondo, è divenuto elemento della struttura, di percorsi nuovi e di nuove acquisizioni per tutti i bambini”. Ma ritorniamo alla teoria. Dunque lo sfondo integratore agisce dal punto di vista del bambino: a livello motivazionale ed affettivo perché favorisce la costituzione di un campo motivazionale condiviso e persistente, opera quello che Winnicott chiamerebbe “contenimento affettivo” e dunque favorisce lo sviluppo emotivo. Inoltre garantisce un continuo e costante collegamento fra motivazione infantile e attività educativa, creando un ambiente contenitore d’esperienze; a livello d’apprendimenti perché favorisce l’acquisizione di una strategia d’apprendimento costruttiva; favorendo intrecci e collegamenti che portano ad una continua riorganizzazione dei concetti: a livello relazionale perché favorisce il decentramento personale e la cooperazione. Dal punto di vista dell’insegnante lo sfondo integratore implica: una capacità di saper ascoltare autenticamente i bambini e una competenza nell’osservazione, soprattutto rispetto alla comunicazione analogica, quindi una lettura del linguaggio corporeo e del movimento; una “regia educativa”, vale a dire essere in grado di riformulare continuamente la programmazione, valorizzando anche gli spunti occasionali, andare oltre il contesto immediato per collegare momenti e percorsi diversi sia spazialmente che temporalmente. Le organizzazioni dell’ambiente possono riferirsi a diversi scenari: lo sfondo della fantasia, della favola, del racconto e dell’avventura, quindi ad esempio la scuola, la sezione diventano uno scenario della fantasia favolistica. Ciò è particolarmente adatto per bambini dai 3 ai 6 anni poiché risponde all’esigenza del bambino di muoversi continuamente tra piano della realtà e piano della fantasia. Il fantastico permette di esprimere, oggettivandoli, i fantasmi e le paure interne del bambino e nello stesso tempo costituisce un patrimonio culturale fatto di simboli condivisi che permette al bambino piccolo di rapportarsi al mondo culturale in cui è immerso; lo sfondo del laboratorio può essere di varie tipologie: creativo, espressivo, dunque di pittura, psicomotorio, teatrale o narrativo. Il laboratorio con spazi, tempi, materiali specifici diventa un luogo motivante, gratificante e che fa apprendere. Molto spesso queste attività creano veri e propri eventi, che mettono in moto grandi emozioni con la possibilità di coinvolgere le famiglie. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 35 2 Esperienze didattiche d’integrazione nella scuola dell’infanzia 1° PERCORSO: “IL RACCONTO DI PRATOFIORITO” Elementi di contesto: una sezione di 20 bambini omogenea per età, di quattro anni. Alle insegnanti titolari si affianca l’intervento dell’insegnante di sostegno per quattro mattine alla settimana. Elementi descrittivi tratti dalla D.F. e dal P.D.F.: Il bambino diversamente abile è Marco frequenta la scuola dall’età di tre anni sempre nella stessa sezione ed ha una diagnosi di psicosi infantile. Il progetto scolastico è stato concordato con lo psicologo che conduce la terapia del bambino che è iniziata a tre anni. Marco è un bambino che si dimostra molto intelligente, ha difficoltà di relazione e di comunicazione, ha molte paure e grande fragilità emotiva. Ha un modo di comunicare, di comportarsi, e di agire sulle cose, personale e “diverso” da quello condiviso. Il linguaggio è prevalentemente corporeo fatto a volte di parole sussurrate e poco comprensibili. Le “ragioni” del percorso: l’integrazione scolastica di Marco ha richiesto l’elaborazione di un piano di lavoro che rispetti l’identità del bambino e contemporaneamente lo avvicini al mondo reale. Questo ha richiesto prima di tutto molta disponibilità all’ascolto, alla comprensione, al non negare ma trasformare i comportamenti del bambino che sono espressione delle sue emozioni, per inserirlo in un ambiente “sano” di parole, di giochi, di movimenti. Occorre perciò analizzare e comprendere come il bambino comunica, decifrare i segnali corporei: il linguaggio delle mani, della bocca, degli occhi, delle posizioni del corpo nello spazio, dell’andatura, delle posture, della voce. E’ indispensabile comprendere cosa Marco comunica, che emozioni sta vivendo: paura, rabbia, spavento, dolore, avversione, benessere, perché l’adulto possa verbalizzare con lui quello che lui nasconde nel suo corpo, nei suoi gesti. Si è compresa l’importanza di creare uno “sfondo” che permetta di utilizzare le tracce comunicative di Marco agganciandole e collegandole agli stimoli proposti per l’intera classe. Si rispetterà in tal modo l’identità del bambino, il suo modo di parlare agli altri e lo si integra con quello condiviso. Il percorso: lo sfondo scelto per la classe sono i linguaggi e le emozioni, affrontati tramite un oggetto mediatore di tipo fantastico. “Il racconto di pratofiorito”, che è una storia inventata dalle insegnanti dopo aver raccolto i suggerimenti dati dai bambini, consente di inviare al gruppo degli stimoli che dovranno essere elaborati ed arricchiti. Così il racconto che narra di due bambini che trasgredendo le regole lasciano i genitori, si perdono e si avventurano in un bosco dove incontrano personaggi che comunicano in modi differenti ed in seguito provano paura e pericolo nella casa della strega, diventa uno sfondo su cui inserire le tracce di Marco e gli eventi che occasionalmente capitano a scuola. L’obiettivo è di portare l’attenzione dei bambini sulla comunicazione, sui diversi modi di parlare: con le parole, la voce, il corpo, le mani, gli occhi e di sperimentare tutti questi modi d’espressione. Così nel corso dell’esperienza sono comparsi personaggi fantastici inventati dai bambini: animali, elementi della natura che parlano in modo differente e tutti possono sperimentare divertendosi, il loro modo di comunicare. I bambini possono allora parlare come parla Marco, tentare di capire cosa dice Marco, ma soprattutto tentare uno scambio con la lingua di Marco. Questa atmosfera di socializzazione ha permesso a Marco di trovare contenimento, espresso da accoglienza, disponibilità, e voglia di aprirsi agli altri per condividere giochi ed emozioni e non solo luoghi. La strega e la costruzione della casa della strega all’interno della sezione, che sottende un’idea di spazio-classe flessibile e modificabile nel corso dell’anno in base agli stimoli dati dai bambini e collegati allo sfondo, ha permesso di affrontare il tema della paura. La paura è un’emozione Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 36 dominante nella storia di Marco: paura di separarsi dalla mamma, di fare da solo, del cibo, delle parole, ecc la strega diventa allora il mediatore per parlare a Marco delle sue paure e per tentare di elaborarle. Lo sfondo integratore collegando percorsi, tempi, momenti diversi favorisce la costruzione di un contesto di apprendimenti. Anche per Marco lo sfondo ha dato spunti per potenziare le capacità cognitive: miglioramento dei tempi d’attenzione, rappresentazione grafica, giochi di logica in piccolo gruppo ecc. Verifica dei risultati è aumentata la disponibilità e l’apertura alla relazione con i compagni e sono diminuiti comportamenti e giochi in cui era evidente la ricerca di isolamento. Si dimostra più disponibile alle proposte, alle regole della classe e ad una vita più sociale. Si è manifestata una buona evoluzione sul piano della rappresentazione simbolica e della comunicazione: usa più frequentemente la parola come riproduzione ed imitazione delle parole di coloro che gli parlano. Non sono ancora parole sue, ma quelle che l’altro pronuncia. La comunicazione verbale è così uno scambio ma senza relazione: io parlo, lui ripete ma non comunichiamo. Accanto a questa forma di linguaggio esistono anche parole stereotipate ed incomprensibili che appartengono ad un vocabolario personale e legato a modi di dire infantili. Ora utilizza il codice verbale spontaneamente in caso di richieste per soddisfare i suoi bisogni primari. Ha acquisito la capacità di rappresentare attraverso un disegno delle figure che nomina e che fanno parte della realtà. Questi traguardi si sono ottenuti grazie alla costruzione di un ambiente integrato fra intervento terapeutico, scolastico e famigliare. Ri-progettazione: valutata positivamente l’esperienza passata, le insegnanti hanno ritenuto proficuo continuare ad utilizzare, anche per l’anno successivo, uno sfondo integratore in cui inserire le proposte e le tracce personali dei bambini. Ricordando la storia di Pratofiorito si ripresentano i due personaggi che ora chiedono ai bambini di comunicare con loro. Si sono verificati scambi di oggetti, di corrispondenza, di parole, inviate tramite registrazioni audio, video, disegni.. si insiste così sui diversi modi di comunicare e sull’accettazione della diversità come fonte di arricchimento, di apertura e comprensione altrui. I prìncipi di pratofiorito a volte parlano in modo strano, si esprimono con il corpo, ripetono parole, proprio come fa Marco. 2° PERCORSO: “GLI AMICI AMICI” Elementi di contesto: Scuola materna statale, situata nello stesso edificio della scuola elementare, monosezione eterogenea per età, di 26 alunni, compresa bambina in situazione di handicap. Elementi descrittivi tratti dalla D.F. e dal P.D.F.: Giulia ha 5 anni presenta una sindrome comiziale, sospetta epilessia mioclonica severa. Dal punto di vista dello sviluppo psicologico si evidenziano difficoltà nello sviluppo psicomotorio e nello sviluppo del linguaggio. Globalmente lo sviluppo armonico della personalità è difficoltoso, anche per la presenza delle crisi, che quando insorgono determinano evidenti difficoltà nel mantenimento della continuità delle attività e nei rapporti interpersonali. Giulia presenta ritardo globale, scarsi tempi di attenzione ed interesse, è pressoché priva di regole sociali e presenta marcati segni di aggressività Le “ragioni” del percorso. È un progetto basato sulla solidarietà, l’amicizia, la collaborazione, destinato a tutti gli alunni indistintamente. Terminata la fase dell’osservazione e il positivo inserimento della bambina favorito da: un allestimento di spazi poco strutturati per favorire scambi relazionali, attenzione alle tracce che i bambini portano da casa, individuazione di una compagna scelta dalla bambina stessa che agisce da tramite per la relazionalità, valutate le Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 37 possibilità evolutive ed i suoi limiti a livello di comunicazione verbale e sviluppo del linguaggio, le insegnanti impostano un percorso didattico con finalità di interazione ed integrazione reale. È basato su una piena immersione nella normalità scolastica, prevedendo un’assidua presenza della bambina in sezione, affiancando a ciò un lavoro particolareggiato in gruppo ristretto, finalizzato allo sviluppo di competenze comunicative ed espressivo-linguistiche. Il percorso prima fase: ideazione della storia: “Gli amici amici” partendo dalla narrazione di storie classiche si è giunti all’elaborazione della storia voluta dai bambini. I bambini identificano i personaggi principali e le loro caratteristiche e riflettono sul valore dell’amicizia. Seconda fase: costruzione del libro: la storia viene suddivisa in sequenze e rappresentati graficamente gli episodi Terza fase: la drammatizzazione della storia: si procede alla costruzione dell’ambiente ed animazione della storia. I bambini creano gli abiti dei personaggi, scelgono i personaggi da interpretare e le musiche da utilizzare. La storia è stata rappresentata alla presenza dei genitori. Quarta fase: “gli amici amici tutti insieme”: la storia è stata rappresentata con la collaborazione di un cantastorie e il coinvolgimento del quartiere e del gruppo anziani. I bambini ideano e realizzano poster pubblicitari ed altro materiale pubblicitario da appendere nei negozi e nel quartiere. Verifica dei risultati ottenuti L’esperienza d’integrazione “Gli amici-amici” ha dato risultati positivi. Giulia ha evidenziato diversi miglioramenti: sotto il profilo delle abilità cognitive e sociali, l’alunna ha sviluppato una maggior capacità attentiva ed operativa; ha imparato a limitare l’aggressività e a rispettare alcune regole sociali e manifesta interesse verso gli adulti di riferimento. Miglioramenti nelle capacità verbali. Esempio tratto dal testo: “Buone prassi d’integrazione scolastica” Yanes, Canevaro 3° PERCORSO: “FACCIAMO FINTA DI…” Elementi di contesto: scuola dell’infanzia parrocchiale, paritaria che ospita 150 bambini. La scuola è composta da 5 sezioni tutte eterogenee per età. La classe è di 30 bambini di 4-5 anni, con inserito un bambino disabile. Sulla classe intervengono un’insegnante fissa e una part-time, più un’educatrice per garantire l’integrazione di Filippo. Elementi descrittivi tratti dalla D.F.-P.D.F. Filippo presenta un disturbo generale dello sviluppo, la diagnosi è di autismo afisico. Ha 6 anni, alto, biondo con gli occhi azzurri, un bambino fisicamente normale ma con il qual è molto difficile mettersi in relazione, se non sono gli altri ad avvicinarsi, lui sta sempre solo, gioca con un aereo, con delle macchine o si guarda allo specchio. È un bambino che, nonostante i suoi momenti di crisi durante i quali diventa irrequieto ed aggressivo, è molto dolce, lo si capisce dallo sguardo, da come apprezza le coccole che spesso ricerca nell’insegnante. Evita il gruppo esteso, il linguaggio è presente ma molto povero, le espressioni linguistiche sono tipiche del linguaggio televisivo o dei cartoni animati, ha difficoltà nelle relazioni ma non nell’uso del corpo. Le “ragioni” del percorso. Gli obiettivi del lavoro con Filippo riguardano soprattutto l’aspetto socio relazionale. Dunque è necessario creare situazioni in cui il bambino, sentendosi sicuro, può abbassare le sue difese, favorendo così una relazione spontanea con i compagni e con l’adulto e lo sviluppo della capacità d’attenzione. Per i compagni, permettere in queste situazioni di conoscere meglio Filippo, le sue caratteristiche, le sue difficoltà, condividere con lui non solo luoghi ma esperienze, capendo che le sue difficoltà possono essere superate e anche lui può essere un buon compagno di giochi. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 38 L’obiettivo è cercare di stimolare, attraverso diverse situazioni, l’aumento di contatti. Le situazioni programmate sono vissute in una dimensione “protetta” quale quella laboratoriale, di piccolo gruppo, in un luogo e con materiali e con tempi specifici, ci si auspica che con il tempo tali pratiche possano riprodursi spontaneamente all’interno della classe. Si è ritenuto opportuno lavorare sul e con il corpo perché è il mezzo con cui Filippo riesce meglio a relazionarsi con gli altri, è un canale utilizzato dai bambini per esprimere sensazioni ed emozioni che non riescono ancora ad esprimere con le parole. Il lavoro psicomotorio è stato inserito in una cornice di gioco, che ha connesso ed ha tematizzato le diverse esperienze. Il gioco simbolico del far finta di essere qualcun’altro è stato pensato per vincere la resistenza e l’imbarazzo del contatto con l’altro, per permettere ai bambini di sentirsi più liberi di comunicare ed esprimere le emozioni e le paure. Il percorso: lo svolgimento delle attività ha una routine, un primo momento in cerchio per ricordare ciò che è stato fatto la volta precedente e parlare di quello che si andrà a vivere. Poi segue il momento d’attività corporea, lo svolgimento vero e proprio dell’attività che consiste in una serie d’esperienze all’interno di uno sfondo comune. Si fa finta di essere al mare, in montagna, nella notte, nella foresta, nell’aria. Per tutte queste situazioni, a seconda delle osservazioni dei bambini su quel determinato argomento, le insegnanti allestiscono lo spazio, fornendo il materiale che possa essere adatto all’attività e di seguito si inizia, bambini ed insegnanti, a giocare insieme. L’adulto cerca di fornire il supporto necessario per sviluppare relazioni positive tra Filippo e i suoi compagni cercando di non assumere un ruolo direttivo, ma più osservativo e portato all’ascolto delle emozioni e sensazioni espresse. L’ultima parte dell’attività consiste nel rappresentare graficamente o con altro materiale l’esperienza fatta con il corpo. Verifica dei risultati ottenuti I miglioramenti di Filippo alla fine dell’anno scolastico sono stati avvertiti sia in classe che a casa. I genitori hanno osservato un atteggiamento più affettuoso nei loro confronti, una maggior capacità di esprimere il suo disagio. A scuola i progressi ci sono stati nell’aumento dei tempi d’attenzione, nello sviluppo della capacità di manifestare i suoi bisogni, nella produzione di parole, oltre ad un enorme cambiamento nella relazione con i compagni. Ora li ricerca con lo sguardo, con il contatto fisico e con la voce. Filippo è diventato molto più sereno e i suoi atteggiamenti problematici sono molto diminuiti. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 39 QUALCHE RIFLESSIONE E UN SUGGERIMENTO PER I COLLEGI DOCENTI DI ZONA Lironi Martino Il corso provinciale di aggiornamento Fism Como 2009, fra gli interventi programmati ha apprezzato anche la relazione sviluppata dalla dott.sa Ferrario che ha offerto una notevole pluralità di motivi meritevoli di quella riconsiderazione che purtroppo non è stato possibile approfondire adeguatamente per la limitatezza del tempo a disposizione. INSEGNANTE DI SOSTEGNO E INSEGNANTE DI SEZIONE Ci sembra tuttavia opportuno, mentre la memoria è ancora fresca, richiamare alcuni dei punti messi in luce dalla relatrice per meglio precisarli, non senza premettere che tutte le osservazioni sull’insegnante di sostegno – per quanto concerne la professionalità – valgono pari pari per le insegnanti di sezione che debbano operare all’integrazione di alunni disabili o diversamente abili. Tutti abbiamo certamente condiviso il concetto della necessità che dette Docenti siano in possesso del prescritto titolo di specializzazione e possano contare su una esperienza maturata sul campo, se non prolungata, almeno significativa. Dando per scontato la preparazione pedagogica, consentiamo pienamente anche sul requisito di una provata competenza metodologica e didattica. Ci permettiamo, oltre a ciò, di citare una quarta dote. ACCETTAZIONE DEL DIVERSO Ed è questa una qualità che dovrebbe essere la base, la premessa generale su cui si innestano gli altri requisiti. Ci si riferisce alla accettazione del diverso, condizione di fondo per l’accoglienza da intendere come reale ed effettiva disponibilità verso di lui, qualunque sia la sua difficoltà. Non è consentito barare, perché il primo ad avvertirne l’eventuale non genuinità è il Bambino stesso che, sovente ha un intuito e una sensibilità emotivo-affettiva molto più acuta di quella del cosiddetto normodotato. E dovrebbe essere un’accettazione autentica e senza riserve, che permei il rapporto insegnante-bambino, che permanga costantemente giorno per giorno, ora per ora, senza venir meno nei momenti di scoraggiamento per l’esiguità dei progressi, o davanti ad atteggiamenti talora provocatori, o nelle incomprensioni da parte della famiglia e per quant’altro possa ostacolare o rendere più difficile un lavoro già di per sé altamente impegnativo. LA COMUNITÀ EDUCANTE TUTTA SE NE FA CARICO Una seconda riflessione riguarda coloro che debbono farsi carico dell’integrazione del disabile. Non soltanto l’insegnante di sezione con l’insegnante di sostegno (quando c’è), e neppure basta che siano coinvolti l’assistente educatore o il semplice assistente quando il caso richieda la loro presenza, ma - si è detto - tutte le insegnanti della scuola, anzi l’intera scuola, intendo con ciò includere anche il personale non docente, l’eventuale segretaria/o, e i vari organi collegiali (consigli di sezione, d’istituto, collegio docenti, assemblea dei genitori, ecc.). È un’affermazione rispondente su misura per la scuola statale dell’infanzia e applicabile in ogni altro tipo di scuola, tuttavia si rende necessaria un’integrazione specifica per le scuole non statali paritarie, le nostre scuole dell’Infanzia, dove vi è anche la presenza di un consiglio di amministrazione o di gestione nonché quella del legale rappresentante (ordinariamente il presidente). Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 40 Se appare evidente e pacifica l’esigenza di coinvolgere il Presidente, che è anche Dirigente Scolastico, non è per nulla scontata quella di interessare l’intero Consiglio di Amministrazione affinché cooperi al non facile compito dell’integrazione di un disabile, assumendosi un ruolo positivo di supporto all’azione scolastica, col fare opera di chiarificazione e di responsabilizzazione tra le famiglie, con le quali tutti i consiglieri hanno contatti, magari occasionali, ma più spesso di conoscenza e di frequentazione, per il fatto di vivere nello stesso paese o quartiere. RAPPORTO SCUOLA-FAMIGLIA Infine, terzo punto, il rapporto scuola-famiglia, eterna questione la cui soluzione è estremamente problematica, per le innumerevoli variabili degli elementi che vi concorrono e per la diversità di atteggiamenti con cui i genitori vivono la scolarità dei figli e con cui la scuola vede la partecipazione dei genitori. Concetti dirompenti, ma non irrealizzabili né utopistici, sono venuti in proposito dai relatori del Seminario pedagogico regionale Fism Lombardia, effettuato nello scorso mese di Maggio a Tavernola, presso la Casa dei Salesiani, dove è stato detto, fra l’altro, che occorre assolutamente puntare sulla presa di coscienza di ciascuna delle due parti in causa (scuola e famiglia) che l’educazione è un compito oneroso che può avvantaggiarsi enormemente se attuato in clima di una consapevole corresponsabilità. E uno dei modi più efficaci per tradurre in atto e dare concretezza al termine corresponsabilità risulta essere quello della “co-progettazione” del percorso educativo; traguardo ambizioso che richiede tempo, pazienza, comprensione reciproca e sinergie, ma che - da esperienze in atto sul campo - non è impossibile da raggiungere. IL COLLEGIO DOCENTI DI ZONA SI ATTIVA E ora il suggerimento, che viene anche da un orientamento del Coordinamento provinciale delle Coordinatrici di zona Fism-Como. Avvalendosi del “Quaderno delle Fism Como e Fism Sondrio” n.10 “La corresponsabilità educativa dei genitori nella scuola – Orientamenti educativi”, perché non dedicare qualche incontro dei collegi docenti di zona a ragionare e discutere costruttivamente (bandendo quindi le solite lagnanze sulla scarsa sensibilità delle famiglie) su iniziative, anche minime, utili a dare almeno alcune risposte parziali al problema dei rapporti scuola-famiglia in generale e, nella situazione di integrazione di disabili in particolare? Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 41 ALLEGATO A CIRCOLARE USR 9 MAGGIO 2011 “DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR” Contenuto in Comunicazioni, Direzione generale, Dirigenti, Disabili, Integrazione Argomenti: Glir UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE - Direzione Generale Via Ripamonti, 85 – 20141 Milano Posta Elettronica Certificata: [email protected] Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 5083 Milano, 9 maggio 2011 Ai dirigenti degli UST Ai dirigenti scolastici scuola statali e paritarie di ogni ordine e grado della Lombardia Oggetto: Dichiarazione di Intenti del GLIR Si rende noto che il Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale per l’inclusione degli alunni con disabilità ha prodotto il documento programmatico denominato “Dichiarazione di Intenti” in cui vengono esplicitate le tematiche che verranno affrontate nel triennio 2011-2013. Particolare rilievo assumono le precisazioni iniziali del documento riguardanti il significato stesso dell’esperienza dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, alla luce della normativa più recente e delle esperienze positive maturate. Il contenuto del documento rappresenta la sintesi condivisa di un confronto approfondito tra rappresentanti delle diverse realtà ( Scuola, Regione Lombardia, ASL, Aziende Ospedaliere, ANCI, UPL e Associazioni ) che operano nella realizzazione del progetto di vita dei ragazzi con disabilità; rappresenta pertanto il punto di vista unitario a partire dal quale prenderanno avvio tutte le azioni future degli Enti citati e quindi anche delle istituzioni scolastiche aventi come obiettivo “la piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” da parte delle persone con disabilità, come recita il Preambolo della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Gli esiti di quanto prodotto dal GLIR, in stretta collaborazione con i livelli provinciali (GLIP) e territoriali (CTRH), nonché delle esperienze positive realizzate nei diversi ambiti troveranno adeguato spazio di diffusione sul sito dell’ Ufficio Scolastico Regionale. Il direttore generale Giuseppe Colosio Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 42 ALLEGATO B DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR GRUPPO DI LAVORO INTER-ISTITUZIONALE REGIONALE Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia Direzione Generale Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale DICHIARAZIONE DI INTENTI L’INCLUSIONE DELL’ ALUNNO CON DISABILITÀ PRIORITÀ DEI TEMI DI INTERVENTO Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 43 L’INCLUSIONE DELL’ALUNNO CON DISABILITÀ PREMESSA La disabilità è un concetto in continua evoluzione ed “è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e le barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri” (Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, 2006, Preambolo punto e) “Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine, che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”. (ibidem, art.1 c.2) La dizione “con disabilità” sottolinea il primato della persona, il cui valore non è definito dalle eventuali menomazioni o in generale dalle condizioni di salute. La Convenzione ONU è stata ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge n 18 del 3 marzo 2009, che vincola l’Italia, qualora l’ordinamento interno avesse livelli di cautela dei diritti delle persone con disabilità inferiori a quelli indicati dalla Convenzione, a emanare norme ispirate ai principi ivi espressi. Le Linee Guida per l’integrazione degli alunni con disabilità del MIUR del 2009 riprendono la definizione di disabilità della Convenzione, che supera “un approccio focalizzato solamente sul deficit della persona con disabilità, accogliendo il modello sociale della disabilità e introducendo i principi di non discriminazione, parità di opportunità, autonomia, indipendenza con l’obiettivo di conseguire la piena inclusione sociale, mediante il coinvolgimento delle stesse persone con disabilità e delle loro famiglie.” Essa inoltre “recepisce una concezione della disabilità che, oltre a ribadire il principio della dignità delle persone con disabilità, individua nel contesto culturale e sociale un fattore determinante l’esperienza che il soggetto medesimo fa della propria condizione di salute. Il contesto è una risorsa potenziale che, qualora sia ricca di opportunità, consente di raggiungere livelli di realizzazione e autonomia delle persone con disabilità che, in condizioni contestuali meno favorite, sono invece difficilmente raggiungibili.” LA SCUOLA INCLUSIVA La lettura incrociata delle disposizioni normative permette di sintetizzare alcuni principi fondamentali che assurgono a pilastri delle politiche educative, riabilitative, sociali a sostegno della persona con disabilità nell’arco della vita. Riconoscimento dello status di cittadino L’intervento mira a garantire i diritti umani a tutti i cittadini, e viene riconosciuto agli stessi in quanto persone e non perché appartenenti a “speciali” categorie. Riconoscimento della diversità Riconoscere a tutte le persone il diritto alla diversità significa intervenire nei diversi campi, educativo, riabilitativo, sociale, con l’obiettivo finale che le diversità non si trasformino in disuguaglianze. Costruzione di un sistema di alleanze L’implementazione dell’azione della comunità inclusiva non può prescindere dalla costruzione di un sistema di alleanze e di interdipendenze positive da parte di tutti gli attori che devono svolgere un ruolo all’interno del progetto di vita della persona: l’interessato con la sua famiglia, gli operatori della salute, del sociale, della scuola. Questo significa, sul piano operativo, elaborare alfabeti condivisi, osservando la persona con uno sguardo olistico e non settoriale, ed utilizzando sistemi di riferimento che facilitino lo scambio, come ad esempio l’ICF. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 44 Affermazione della logica degli investimenti e non dei costi Il presupposto che ogni individuo è “risorsa” per la comunità intera, consente di superare la logica del “costo sociale”. Passare dalla logica dei costi alla logica degli investimenti significa, tra le altre cose, offrire la possibilità di raggiungere il più alto grado di autonomia della persona e la sua inclusione sociale, anche per favorire in prospettiva un possibile inserimento lavorativo, nel rispetto della dignità della persona e della sua famiglia. La scuola inclusiva è quella che assume il principio di responsabilità nei confronti del progetto di vita di tutti gli alunni da parte di tutti gli adulti che lavorano per e con loro. La qualità del successo formativo dell’alunno con disabilità non può fondarsi solo sulla quantità delle ore di sostegno assegnate, infatti la logica imprescindibile del progetto di vita ha bisogno di essere messa in campo con una forte gestione integrata dei servizi impegnati a prendersi cura della persona e della sua famiglia, garantendo ognuno l’erogazione dei necessari supporti. Una scuola è realmente inclusiva quando: - tutti gli alunni, senza distinzioni connesse alla disabilità, possono sviluppare al massimo livello possibile la propria personalità, i propri talenti, la propria creatività e le proprie abilità fisiche e mentali; - tutto l’ambiente fisico, le strutture, i materiali didattici sono pienamente fruibili ed in piena uguaglianza da parte di tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro condizioni di salute e dalle loro menomazioni; - nessuno viene escluso dalla scuola in ragione della sua disabilità; - la didattica è garantita a tutti con il massimo livello di personalizzazione possibile, cioè vengono garantite a tutti le prassi didattiche ed educative normali ma nello stesso tempo "speciali", perché arricchite di specificità tecniche fondate sui dati più recenti della ricerca scientifica in ambito psicologico, pedagogico e didattico, utili per tutti gli alunni. L’ALUNNO CON DISABILITA’NELLA NORMATIVA VIGENTE L. 104 del 5 febbraio 1992 (art.3) “E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”… (c. 1) “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale, la situazione assume connotazione di gravità….” (c. 3) (art. 12) garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione della persona con handicap (art. 13) assicura l’integrazione scolastica della persona handicappata attraverso azioni per lo sviluppo delle potenzialità nell’apprendimento. DPR del 24 febbraio 1994 Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle Aziende sanitarie in materia di individuazione dell’alunno con disabilità e di predisposizione della Diagnosi Funzionale, del PDF e del PEI. DPCM n. 185 del 23 febbraio 2006 Stabilisce che l’accertamento dell’alunno con disabilità sia effettuato da un apposito Collegio, istituito presso le ASL, su richiesta dei genitori. (art. 2 c.2) “Gli accertamenti (di cui al comma 1), da effettuarsi in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno scolastico e comunque non oltre 30 giorni dalla ricezione della richiesta, sono documentati attraverso la redazione di un verbale di individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap ai sensi dell’art. 3 c.1 della legge 104/1992 e successive modificazioni. Il verbale, sottoscritto dai componenti il collegio, reca l’indicazione della patologia stabilizzata o progressiva accertata con riferimento alle classificazioni internazionali dell’O.M.S. nonché la specificazione dell’eventuale carattere di particolare gravità della medesima, in presenza dei presupposti previsti dal comma 3 del predetto art.3…” Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 45 DGR 3449/2006 Definisce le modalità, in Regione Lombardia, per l’accertamento dell’alunno disabile attraverso l’istituzione di appositi Collegi presso le ASL. Circolare Regionale DG Famiglia dell’ 11 febbraio 2008: (Linee operative per l’individuazione) Specifica le procedure organizzative utili per il processo di individuazione dell’alunno con disabilità, proponendo anche un unico modello sperimentale di Diagnosi funzionale. Sottolinea che il percorso di integrazione scolastica della persona con disabilità non si esaurisce con l’accertamento che invece costituisce il primo passo a garanzia del diritto allo studio delle persone disabili. Il Collegio ha infatti il compito di accertare la disabilità da cui consegue per l’alunno disabile il diritto soggettivo ad usufruire di supporti per l’integrazione scolastica, e lo fa basandosi sul quadro funzionale complessivo, inclusivo delle barriere e facilitazioni esistenti, oltre che sulla diagnosi di patologia Sarà poi il servizio che ha in carico il ragazzo a farsi garante dei successivi adempimenti e fornire la consulenza alla scuola L. 122 del 30 luglio 2010 Ribadisce la responsabilità dell’accertamento dell’alunno in situazione di handicap da parte di appositi Collegi istituiti dalle ASL. Nel verbale che accerta la sussistenza della situazione di handicap deve essere indicata la patologia stabilizzata o progressiva e specificato l’eventuale carattere di gravità, in presenza dei presupposti previsti dall’art. 3, c.3, della L.104/1992. Definisce che i GLH, in sede di formulazione del piano educativo individualizzato, elaborino proposte relative all’individuazione delle risorse necessarie all’integrazione scolastica ivi compresa l’indicazione del numero di ore di sostegno finalizzate esclusivamente all’educazione e all’istruzione, restando a carico degli altri soggetti istituzionali la fornitura delle altre risorse professionali e materiali necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile. CERTIFICAZIONE – GRAVITÀ / COMPLESSITÀ Alla luce di quanto previsto dalla normativa vigente citata, l’individuazione dell’alunno come soggetto con disabilità viene pertanto realizzata dall’Azienda Sanitaria mediante apposito accertamento collegiale, di norma, attraverso l’utilizzo della classificazione diagnostica internazionale denominata ICD10. (Eventualmente tramite ICD 9 per disabilità di tipo sensoriale). Particolare rilievo assume l’attento e rigoroso rispetto della definizione di patologia stabilizzata o progressiva e di carattere di gravità. Alla luce dei significativi cambiamenti avvenuti in questi decenni sia nell’ambito delle condizioni di salute della popolazione che nelle modalità di considerare la disabilità nell’ottica dell’ICF, appare opportuno parlare di complessità oltre che di gravità. E’ infatti la complessità che meglio va a rappresentare l’incrocio tra i bisogni esistenti nelle persone e le risposte necessarie, soprattutto quando stiamo parlando di soggetti in età evolutiva. Nella persona, “complessità” sottolinea il fatto che la contemporanea presenza di diversi aspetti clinici non determina semplicemente una “somma di problemi”, ma implica l’interazione continua dei diversi elementi secondo modalità non lineari, che facilmente determinano effetti esponenziali, in positivo o in negativo. Di questo è fondamentale poter tenere conto nella strutturazione delle risposte. Il grado di supporto necessario all’alunno per consentire l’inclusione scolastica non è quindi funzione della sua gravità clinica ma dell’incrocio tra complessità, barriere e facilitazioni. La richiesta di accertamento è di competenza dei genitori dell’alunno, al termine di un percorso di valutazione diagnostica ed in accordo con i servizi specialistici: è opportuno che in questa scelta, delicata ed impegnativa, la famiglia trovi nella scuola e nei servizi del territorio il giusto supporto ed accompagnamento. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 46 NORMATIVA Artt. 2; 3; 4; 32; 33; 34; 38 Costituzione L. 4 agosto 1977, n. 517 Sentenza Corte Costituzionale 3 giugno 1987, n. 215 L. 5 febbraio 1992, n. 104 Atto di indirizzo DPR 24/02/94 Legge 8 novembre 2000, n. 328 DPCM 23 febbraio 2006, n. 185 Art. 19 Convenzione ONU 2006 – Legge ratifica Parlamento Italiano 3 marzo 2009, n. 18 20 marzo 2008 - Intesa tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane in merito alle modalità e ai criteri per l'accoglienza scolastica e la presa in carico dell'alunno con disabilità. MIUR - Linee Guida per l’ integrazione scolastica degli alunni con disabilità - 4 agosto 09 L. R. Lombardia 6 dicembre 1999 n.23, Politiche regionali per la famiglia L. R. Lombardia 6 agosto 2007 n.19 Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia DGR Lombardia 3449/2006; Determinazioni sull’accertamento per l’individuazione dell’alunno con handicap ai fini dell’integrazione scolastica ( DPCM 23 febbraio 2006, n.185) DDG 16286 del 21 dicembre 2007 Approvazione modello Diagnosi Funzionale Circolare Regionale DG Famiglia del 11/2/2008: Linee operative per l’individuazione dell’alunno disabile L.R. 3/2008: Governo della rete degli interventi e dei Servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario DGR Lombardia 983 del 15 dicembre 2010, Determinazione in ordine al piano d’azione regionale per le politiche in favore delle persone con disabilità e alla relativa relazione tecnica Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 47 PRIORITÀ DEI TEMI DI INTERVENTO CERTIFICAZIONI Revisione del modello regionale: Linee guida per la compilazione Definizione criteri per gravità adeguata compilazione DF Utilizzo ICD10 Revisione utilizzo termine ciclo Avvio utilizzo modello regionale PEI EDUCATORI-ASSISTENTI / TRASPORTO Definizione chiara delle competenze Definizione di un profilo professionale con l’indicazione dei requisiti minimi necessari Formazione integrata con personale scolastico FORMAZIONE Progettazione iniziative formazione co-progettate per personale scolastico curricolare e sostegnoassistenti-educatori-ASL-UONPI Formazione ad hoc gruppi docenti per valutazione iniziale problematiche razionalizzazione invii Sostegno iniziale all’avvio dell’utilizzo ICF Approfondimento conoscenza convenzione ONU diritti persone con disabilita’ CTRH Presenza tutti gli attori nei centri sul territorio (anche piani di zona) Percorsi co-progettati e co-gestiti di continuità progetto di vita Rapporti con le famiglie SCUOLE SPECIALI E ALTRE MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL DIRITTO ALLO STUDIO Monitoraggio provinciale situazione attuale e successiva valutazione ACCORDO DI PROGRAMMA REGIONALE Analisi degli attuali accordi provinciali esistenti ed altre eventuali intese territoriali utili alla stesura dell’accordo regionale SCUOLE PARITARIE Monitoraggio iscrizioni alunni con disabilità nelle scuole paritarie GLH DI ISTITUTO Monitoraggio dell’attivazione dei GLH di istituto nelle scuole statali e paritarie VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DELL’INTEGRAZIONE/INCLUSIONE Verifica degli eventuali strumenti di valutazione della qualità dell’integrazione/inclusione degli alunni con disabilità. Rapporti con INVALSI. Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 48 SOMMARIO L’EDUCATORE CRISTIANO E LE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI ............................................................................ 2 LA DISABILITÀ NELLE SCUOLE FISM DI COMO ............................................................................................................. 6 L’ACCOGLIENZA DEL BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE .............................................................................................. 8 1. La cultura della diversità facilita anche l’accoglienza dei bambini disabili ...................................... 8 2. Integrare ed inserire: azioni complementari per una reale scuola inclusiva. .................................. 9 3. Accoglienza del bambino disabile va progettata operando come comunità educativa. ............... 10 4 Sintesi schematica delle slides proiettate durante la relazione .................................................... 11 LA NORMATIVA COME RISORSA ................................................................................................................................... 14 1 - Alcuni riferimenti concettuali ........................................................................................................... 14 2 - Le leggi italiane per l’integrazione scolastica .................................................................................. 16 3 - Caratteristiche della modulistica ..................................................................................................... 20 Il Docente di sostegno e le “Indicazioni per il curricolo” .................................................................................................... 29 1 Il docente di sostegno: funzioni e professionalità ......................................................................... 29 2 Le “Indicazioni per il curricolo” ...................................................................................................... 31 ESPERIENZE DIDATTICHE REALIZZATE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA ............................................................... 34 1 Lo sfondo integratore .................................................................................................................... 34 2 Esperienze didattiche d’integrazione nella scuola dell’infanzia .................................................. 36 QUALCHE RIFLESSIONE e UN SUGGERIMENTO PER I COLLEGI DOCENTI DI ZONA ............................................ 40 All. a) CIRCOLARE USR 9 MAGGIO 2011 - “DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR” ....................................... 42 All. b) DICHIARAZIONE DI INTENTI DEL GLIR - GRUPPO DI LAVORO INTERISTITUZIONALE REGIONALE .. 43 SOMMARIO ...................................................................................................................................................................... 49 Q19 – INTEGRAZIONE / INCLUSIONE DEI BAMBINI DISABILI NELLE SCUOLE DELL’INFANZIA 49