“VORREI, mA nOn POSSO” IL TRUCCO C`è E SI VEDE

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“VORREI, mA nOn POSSO” IL TRUCCO C`è E SI VEDE
ANNO II - N° 8 - OTTOBRE 2010 - DISTRIBUZIONE GRATUITA
IL TRUCCO C’è E SI VEDE!
COLLEmAGGIO:
“VORREI, mA nOn POSSO”
CIO’ CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUGLI ACCELERATORI
TABLET PC - OLTRE L’ iPAD
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EDITORIALE - Pietro Gianfelice
LA MONNEZZA
Dove finiscono le responsabilità delle Istituzioni e
dove iniziano quelle dei cittadini? Inciviltà ed
incuria sono o dovrebbero accomunare entrambi,
nel senso che tutti dovremmo concorrere a far sì
che le nostre realtà ove viviamo siano salubri e si
possa viverle con infrastrutture indispensabili per
una sana e sociale vita quotidiana.
Le statistiche segnano che la produzione pro capite di
spazzatura arriva a circa 600 kg l’anno. Inutile dire
dunque che viviamo in un mondo sporco. Se ci
soffermiamo a pensare che solo il 70% dei rifiuti
prodotti viene smaltito, non è difficile domandarsi,
dove venga posto il restante 30%. Il nostro Paese è
fornito di impianti non del tutto soddisfacenti che non
riescono a smaltire tutti i rifiuti prodotti. L’emergenza
attuale è divenuta ben presto un problema sociale e
politico che tocca l’intera Nazione.
Guardare e criticare città come Catania e Napoli ci
fa dimenticare che anche in questa Regione, basti
pensare non solo a Teramo e ai suoi scandali, ma
anche L’Aquila e Provincia sono invasi da anni da
rifiuti di ogni tipo. Eppure nessuno si lamenta, quasi
sia normale vivere circondati dall’immondizia.
La monnezza è ricchezza per chi la sa differenziare.
Evidentemente per chi non lo fa i rifiuti
rappresentano un arredo urbano che conferisce
valore all’ambiente. Lavatrici, frigo, televisori, ma
anche pc, phon, cellulari, insomma ogni genere di
apparecchiatura elettrica o elettronica, nonché
materassi, reti metalliche e detriti provenienti da
lavori di ristrutturazione finiscono dentro e accanto
ai contenitori dei rifiuti e anche lontano da essi.
Macerie moderne che si aggiungono a quelle
ataviche, divenute il simbolo, il monumento alla
incapacità umana di risolvere i problemi, oppure
forse un richiamo ai turisti necrofili sempre pronti
a venire in questa città a scattare foto a cadaveri di
cemento?
Dov’è finito lo slogan “Io ci sono” del Comune?
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I cassonetti per la raccolta sono insufficienti,
inesistenti, poi, quelli per l’indifferenziato e la
raccolta è un disservizio che si paga carissimo. Gli
abitanti che vogliono partecipare attivamente alla
raccolta differenziata perdono stimoli, ma ci sono
tanti, troppi che non fanno nulla.
Forse non tutti sanno, e questi sono solo alcuni dei
tanti esempi, che col riciclaggio dei vari tipi di
plastica si possono ottenere: flaconi per detergenti,
nastro isolante, fili elettrici, tubi e telai per finestre,
fibre per realizzare maglioni, contenitori, eco
design. Dalla carta si ottiene altra carta senza
dovere fare uso di alberi e da vetro altro vetro e da
alluminio idem senza dover estrarre la rara bauxite.
La monnezzza invece qui, nel nostro Bel Paese, ha
solo il colore del malaffare.
I sacchetti della raccolta sono colorati, non più grigi
come una volta: si usano quelli della spesa! Ce li
troviamo sui marciapiedi e dobbiamo camminare
per strada per evitarli, tappando il naso. Meglio
continuare, tornando alla nostra specifica realtà, a
colorare le facciate delle case e perché no anche i
lampioni, le buche delle strade, i marciapiedi,
laddove esistono, gialli, rosa, azzurri, verdi, viola,
rossi. Dipingiamo di verde i giardini che non ci sono
e continuiamo a vivere in questa città colorata, che
puzza non meno di Napoli. Tinteggiamo, a spese
dello Stato e quindi con le nostre tasse, edifici, ville
e tuguri. Trasformiamo quartieri che avevano una
destinazione residenziale in dormitori colorati.
Coloriamo anche i sassi delle macerie ed il
terremoto sarà stata un’occasione per dimenticare
anche i problemi di quando qualcuno credeva di
volare.
Tanti rioni sono sorti intorno alla città, senza alcun
futuro perché in questo Paese non sappiamo che
farcene degli urbanisti. Continuando così avremo
una città senza anima, vita e futuro.
La ricostruzione di questa città sembra non
interessare più nessun politico ed ognuno fa da sé.
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Alberto Conti
In tema di ambiente ed ecologia, la Daimler presenterà al prossimo
Salone dell’auto di Parigi (Mondial de l’Automobile, dal 2 al 17 ottobre
2010), un innovativo concept di scooter elettrico al 100%. E-Scooter
Smart con un’autonomia di 100 Km grazie alla batteria agli ioni di litio e
con i massimi standard di sicurezza. Vittorio Braguglia, Direttore Generale
Mercedes-Benz Cars Italia, dichiara: “smart e-scooter rappresenta una
risposta concreta per un mercato dal futuro promettente”. Sarà uno
scooter a ruote basse dalle linee affusolate e faro, in coda, rotondo. La
ruota posteriore sporgerà dalla carrozzeria, mentre i due specchietti
retrovisore sono “fusi” con il manubrio. Sella corta, mini spoiler, scudo
limitato e piccolo vano sottosella, fanno pensare ad un mezzo agile nel
traffico e silenzioso e dal design particolarmente curato.
All’ultimo IFA di Berlino, la fiera internazionale dell’Elettronica, conclusasi
lo scorso 7 settembre. Tra i prodotti Hi-Tech che maggiormente hanno
richiamato l’attenzione del pubblico, troviamo i nuovi XpanD Universal
3D Glasses™. Sono occhiali universali per la visione in 3D. Si possono
indossore al cinema, in casa per l’home entertainment e persino in
ufficio, qualora si abbiano a disposizione proiettori DLP “3D Ready”. Il
nuovo modello è l’X103 con tecnologia wireless Plug and Play, dotato di
interruttore On/Off per risparmiare energia e massimo comfort nell
utilizzo. Offre una visione in Full 1080 3D, un angolo 3D molto ampio per
l’osservazione e per il gioco. Le lenti adottate, soprattutto per il tipo di
tecnologia che implementano, non provocano il mal di testa. La
trasmissione delle immagini è ben definita e luminosa. Le batterie hanno
un’autonomia di 100 ore. Il prodotto richiede televisori 3D Ready (i
modelli TV compatibili sono elencati qui: www.xpandcinema.com/3dtv).
Presumibilmente, il prezzo sarà intorno ai 150 Euro.
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Molte azioni usate con i
computer sono entrate sia
nel linguaggio comune, sia
nel vocabolario italiano.
L’azione “copia e incolla” è
quando si prende il
contenuto di una cella o
paragrafo o frase e lo si
riporta tale e quale in un
altro
punto.
Quella
operazione che si faceva trent’anni fa quando si copiava da libri, temi gia
svolti o dai mitici “Bignami”! Ora c’è la tecnologia! Facciamo questo gioco.
E’ facile ed è per tutte le età. Se avete un pc e potete andare su internet,
su Google™ o un altro motore di ricerca, scrivete una frase che avete
letto da un testo di un articolo di un mensile, a distribuzione gratuita
come il nostro e verifichiamo se che quel che avete letto è “farina del
sacco” di chi dice di averlo scritto! Provate con più frasi e vedrete che
talvolta l’articolo o parte di esso è stato già scritto da altri in passato! Si
può scrivere un articolo citando la fonte, ossia il luogo da dove si è attinta
l’ispirazione parziale o totale, oppure mettendo in “corsivo” o “virgolette”
le frasi che si sono copiate ed incollate, ma se non lo si fa s’incorre in un
reato. Noi, in redazione facciamo spesso questo gioco e rimaniamo
abbastanza schifati da coloro (ahimè sono i soliti) che continuano a fare
pseudo giornalismo, violando tutte le norme di deontologia
professionale, nonché non rispettando la concorrenza degli altri giornali
come Noi. Quel tipo di giornalismo ovviamente non conosce le regole
da rispettare nel proporre ai lettori la pubblicità. Per legge questa
dev’essere distinta in moo chiaro dall’articolo, altrimenti si creano i
cosidetti casi di pubblicità “scorretta” o “ingannevole”. Queste riviste cui
facciamo riferimento sono quelle che obbligano il lettore a “scavalcare”
con lo sguardo il rettangolo dov’è la pubblicità per potere leggere
l’articolo, oppure devono guardare necessariamente il logo (il marchio)
di chi mette la pubblicità in quel punto dell’articolo, pena non potere
capire l’articolo. Altre volte ancora dovete leggere un articolo e capire (vi
resterà forse il dubbio) se è stato fatto per pubblicizzare volutamente il
prodotto o marchio aziendale. Quest’ultimo caso va identificato con la
dicitura “spazio pubblicitario”, per far capire chiaramente che il giornale
non ha nulla a che fare con la promozione di ciò che vi è riportato. Molti
definiscono questa pratica illegale “redazionale”, ossia un articolo che
parla esclusivamente e logicamente bene del prodotto, marca da
promuovere. Pazzesco che nessuno abbia mai detto e/o fatto nulla! Non
Pietro Gianfelice
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essendovi nessun Organo quale Ordine dei Giornalisti e Pubblicisti,
Associazione dei Consumatori che spingano a rispettare le regole che
esistono e non vogliamo citare per non essere pesanti, tutti preferiscono
andare seguendo il vento dell’illecito: non si spendono ore di sacrificio
per redigere articoli originali e la pubblicità, posta nei modi di cui sopra,
ovviamente costerà meno sia al giornale sia a chi la deve acquistare (che
sa di avere maggiore evidenza): una vera porcata! Anche in questo la
Legge suggerisce di essere violata, poiché nessuna la rispetta. La
pubbblicazione delle immagini segue l’iter dei testi, ossia bisogna
verificare e se il caso pubblicare la fonte dell’immagine, pagarla se ci sono
diritti da evadere, eventuali liberatorie in caso di volti che compaiono o
scattarla noi stessi per evitare tutto ciò. Il decreto legislativo n. 74/92
definisce come pubblicità qualunque forma di messaggio che sia diffuso,
nell’esercizio di una attività economica, allo scopo di promuovere la
vendita o il trasferimento di beni mobili o immobili, oppure la
prestazione di opere e servizi. Sono invece incluse nella nozione di
pubblicità quelle forme di comunicazione che, anche se non tendono
immediatamente a spingere all’acquisto di beni o servizi, promuovono
comunque l’immagine dell’impresa presso il pubblico dei consumatori.
Occorre chiarezza e trasparenza, quella che non vediamo in alcuni
freepress. Peccato che a nessuno dei nostri colleghi onesti interessi
affrontare questi sciacalli della editoria locale e regionale.
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Federico D’Orazio
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La storia di Collemaggio comincia più di un secolo fa. Un primo progetto
corso dei decenni, si sia avvicendato dietro quei cancelli liberty che
per la realizzazione del complesso risale al 1897-1899. Nel 1907 inizia la
ancora oggi ne segnano i confini. La sofferenza, la reclusione, la
costruzione dei primi tre padiglioni a cui si aggiunge il quarto, nel biennio
lontananza imposta ai suoi ospiti dalla società, che fuori conduceva una
1940-1941. Viene costruito così un primo esempio di cittadella
vita migliore e l'apertura, arrivata in seguito con la legge Basaglia, dopo
indipendente, con giardino all'italiana che è arrivato sino ai giorni nostri
il 1978. Da allora per Collemaggio è cominciata una fase nuova: da
nel suo impianto originario. Un patrimonio prezioso, che nell'ultimo
struttura di contenzione, a complesso sanitario riconvertito per assolvere
secolo ha attraversato epoche differenti, di rivoluzione della psichiatria
i compiti della moderna medicina del territorio. Una fase nella quale
prima e dell'assistenza sanitaria in senso lato, più tardi. Un patrimonio
lentamente, parte dei padiglioni che compongono il complesso
corposo, che abbraccia l'architettura, la natura, la storia, la memoria. Il
dell'ormai ex-ospedale sono stati ristrutturati ed adibiti a svolgere
ricordo di tutto quello che dentro Collemaggio è accaduto, di quanto nel
funzioni direzionali e ambulatoriali tra le più disparate (medicina legale,
medicina del lavoro, S.E.R.T., servizio di prevenzione) e parte, invece,
destinata ad ospitare strutture esterne alla locale azienda sanitaria, come
il C.N.R. Nei decenni successivi alla chiusura dell'ospedale psichiatrico,
con un degrado dilazionato nel tempo, Collemaggio è arrivato al
terremoto del 2009 in una forma poco invidiabile, sommatoria di
decennali "vorrei ma non posso", che hanno sempre rimandato la sua
ridefinizione e il suo definitivo recupero a tempi migliori. Erano stati
stanziati ben 4 milioni di Euro per la sua ristrutturazione e si era anche
elaborato un progetto, denominato "Arte Ambiente e Salute", realizzato
- tra gli altri - dal Dr. Giammaria (già direttore sanitario dell'ospedale
dell'Aquila), capace di rendere merito alla sua storia, di lasciarne traccia
nelle generazioni future. Se quel progetto avesse visto la luce, il
complesso di Collemaggio sarebbe stato strutturalmente sano e
soprattutto fruibile dalla popolazione, che lì avrebbe trovato tracce chiare
del passato della psichiatria con un autentico museo della memoria, ed
avrebbe anche consentito allo stesso tempo di mettere in pratica nuove
strategie d'integrazione dei malati psichiatrici all'interno della società.
Sarebbe sorto ad esempio un "albergo in via dei matti numero zero",
ideato per essere collocato, secondo il progetto approvato e finanziato
prima del terremoto a Villa Edoarda, una delle palazzine più belle di tutto
il sito. Per quest'ultima struttura il CIPE, con contributo di 350.000€ e la
ASL con ulteriori 150.000€ avevano assicurato la copertura finanziaria
necessaria alla realizzazione dell'opera. Oggi non se ne sa più nulla e per
di più dei quattro milioni originari - nel corso degli anni - sono rimasti
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riduce ad impedire che l'area subisca una variazione di destinazione
d'uso. Molto di più ha sostenuto De Matteis, secondo cui la vendita del
sito, che prima del terremoto era ritenuta necessaria dall'amministrazione
regionale oggi non lo è più allo stesso modo. In primo luogo perché il
debito regionale si sarebbe ridotto con l'approvazione del nuovo piano
sanitario e in secondo luogo, perché il terremoto richiede un necessario
ripensamento del quadro complessivo dell'organizzazione della ASL sul
territorio. Il manager ASL Dr. Silveri, pur se invitato all'incontro con la
popolazione declinò, ancora una volta, l'invito. Non avremmo potuto
conoscere la sua opinione a tal riguardo, se non fosse stato per l'intervista
solo 570.000€ poiché 2,8 milioni erano già stati impiegati per la
rilasciata alcune settimane più tardi ad Abruzzo24ore.tv, nella quale si
manutenzione di altri immobili di proprietà della ASL. Ancora una volta,
intitolava il servizio come segue: "Silveri, nessuna vendita per
quindi, si dimostra che Collemaggio è stato anche in quel frangente
Collemaggio". A ben ascoltare l'intervista rilasciata, nulla del genere si
penalizzato dalle scelte dell'amministrazione, nonostante le sue
ascolta dalla viva voce del manager; egli afferma, infatti, esclusivamente
potenzialità indiscusse. Le voci che vogliono la ASL, proprietaria del sito,
che non c'è l'intenzione di "far finire lì delle case", ma che è necessario un
intenzionata alla vendita si rincorrono da molto tempo; del resto l'intera
"concorso di idee nazionale" per capire cosa fare di quel "contesto unico".
area è un sito appetibile per speculazioni residenziali, qualora venissero
Ciò non basta però a tranquillizzare gli animi. Infatti, nonostante il
consentite. Interessi provenienti da più parti spingono in tal senso da
terremoto del 6 aprile abbia danneggiato solo leggermente la
molto tempo, ma i vincoli opposti alla vendita di un sito così strategico
maggioranza dei padiglioni di Collemaggio, classificati quasi tutti "B", non
sono molti: in primo luogo, la programmazione del territorio è un
si è finora proceduto in nessun modo alla loro ristrutturazione. Anzi, con
compito di pertinenza del Comune e fintantoché questo sito resterà
spese per centinaia di migliaia di Euro, si è provveduto (per di più con
destinato ad uso sanitario non potrebbero e non dovrebbero essere
consentite vendite per perseguire fini diversi. Inoltre, la legge stabilisce
che i proventi della vendita degli ex-ospedali psichiatrici siano da
destinarsi ad interventi a sostegno della salute mentale, e non sarebbero
quindi disponibili al ripianamento del cospicuo debito regionale in
materia sanitaria, solo una delle motivazioni possibili di un interesse alla
vendita. A questo proposito il 5 agosto si era tenuta in Piazza Duomo,
sotto il tendone del presidio permanente, una partecipata riunione
pubblica che voleva fare chiarezza sul futuro dell'ex ospedale psichiatrico;
tra i molti intervenuti, vale la pena concentrarsi sull'intervento del
Sindaco Massimo Cialente e su quello del Consigliere regionale Giorgio
de Matteis. Il Sindaco ha sostanzialmente affermato in quella sede che
l'unico potere nella sua disponibilità per sfavorire la vendita del sito si
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ritardo incomprensibile) a posizionare i servizi sanitari in container tanto
cari quanto inefficienti, nelle immediate adiacenze delle palazzine dove
prima erano ospitate, con forti disagi per utenti e dipendenti. In molti,
allora, continuano a domandarsi che genere di futuro la Regione abbia
previsto per i servizi assistenziali che erano ospitati a Collemaggio. Una
prima inattesa risposta è stata fornita circa due settimane fa, quando il
presidio dei medici di base è stato spostato in una nuova struttura,
costata ben 1 milione e 400.000€, collocata a Paganica. L' operazione ha
suscitato proteste del personale medico e della cittadinanza attiva che
anima l'assemblea permanente dei cittadini aquilani. Al contempo la
popolazione di Paganica, che a seguito della collocazione di alcuni tra i
maggiori siti del progetto C.A.S.E. è cresciuta vertiginosamente, ha colto
il gesto come un segnale d'attenzione alle necessità del territorio, dopo
mesi di abbandono. Le incomprensioni a riguardo si sono ripetute con
aspro, tra le necessità dell'oggi da un lato, ed il disegno del futuro del
violenza: Collemaggio è infatti diventato occasione di un acceso
centro città dall'altro. Nel mezzo c'era e resta Collemaggio: privata prima
confronto tra opposti interessi, sia nelle pubbliche amministrazioni, sia
delle sue innumerevoli occasioni di riscatto e riqualificazione, persino di
nella cittadinanza. In gioco è il ruolo svolto dal centro cittadino nei
quelle che sembravano aver trovato ormai un approdo definitivo. Privata,
confronti dei centri satelliti: il primo, ancora ferito , disabitato ed inagibile
poi, anche delle strutture che ne avrebbero in ogni caso potuto
per la quasi totalità; i secondi, pur se inagibili nelle loro parti storiche,
assicurare nel futuro la natura di spazio pubblico a servizio del
sono oggi abbondantemente popolati per effetto degli insediamenti
Capoluogo, della sua popolazione, del suo desiderio di migliorarsi
costruiti dopo il terremoto che vi hanno trovato posto. Un confronto
rinascendo, in un futuro ancora da delineare collettivamente e con
partecipazione popolare alle scelte. Le idee ci sarebbero. I progetti
sarebbero anche stati finanziati e di nuovi potrebbero essere ancora una
volta proposti all'attenzione degli Amministratori. Ma ancora una volta
la vicenda di Collemaggio è ferma al palo e non se ne capisce il motivo.
Ancora un'altra volta, vorrei ma non posso.
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alla tecnologia, nato a L’Aquila nel marzo 2009, da “genitori”
aquilani. Da dicembre 2010 sarà presente anche online. Nuove
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Bianca Wendt
CIO’ CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUGLI ACCELERATORI!
Non è consueto che argomenti scientifici approdino sulle prime pagine
dei giornali. E’ merito del CERN di aver fatto della messa in operazione,
nel Settembre 2008, del “Large Hadron Collider” (LHC) un evento
mediatico. In questo piccolo articolo vorrei ravvivare l’interesse per gli
acceleratori di particelle che quell’evento ha generato.
Un pò di storia
Nati un secolo fa, inizialmente come strumenti di ricerca pura, gli
acceleratori di particelle sono oggi in uso un pò dovunque con svariate
applicazioni. Come dice il nome, queste macchine accelerano particelle.
Per accelerare un pallone in quiete occorre imprimergli un bel calcio. E’
difficile prendere a calci un elettrone singolo. Così si usa un altro tipo di
forza, la cosiddetta forza di Lorentz (fisico olandese, 1853-1928). Questa
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forza ha una parte elettrica e una magnetica. La prima, ben nota, è quella
che, ad esempio, fa muovere gli elettroni nei cavi elettrici permettendo
l’uso di tutte quelle apparecchiature domestiche che rendono la vita
comoda. La forza magnetica è quella che, ad esempio, attrae il ferro alle
calamite. La prima agisce su particelle cariche, la seconda su particelle
cariche in moto. In un acceleratore i campi elettrici aumentano l’energia
delle particelle e i magneti ne guidano la traiettoria. L’unità di misura
dell’energia usata nel mondo delle particelle elementari è l’electronvolt
(eV) che per definizione è l’energia guadagnata su una distanza di un
metro da un elettrone quando viene sottoposto a una tensione di 1 Volt
(da Alessandro Volta, 1745-1827). Il primo vero acceleratore fu costruito
in Germania nel 1928 dal giovane fisico norvegese Rolf Wideroe (19021996) e consisteva di tre tubi. Il primo e il terzo erano a massa mentre a
quello centrale era applicato un voltaggio oscillante tale che le particelle
guadagnassero energia sia nel passare dal primo al secondo tubo che
dal secondo al terzo. L’ accelerazione è più efficiente se le particelle
vengono fatte passare più volte in tali strutture. Per questo è necessario
che le particelle tornino indietro ed eseguano traiettorie cicliche. I primi
acceleratori circolari usavano un unico grosso magnete. Essi furono il
ciclotrone di Lawrence e Livingston negli anni 30 e il betatrone di Kerst e
Serber negli anni 40, basato quest’ultimo su un’ingegnosa idea di
Wideroe. Ingegnosa perché nel betatrone, sulla base della legge del fisico
e chimico inglese Faraday (1791-1867), è la variazione del campo
magnetico curvante a generare il campo elettrico necessario
all’accelerazione. Il problema di questi primi acceleratori era la necessità
di grandi magneti. Ad esempio, il betatrone costruito all’università
dell’Illinois negli anni 40 usava un magnete di 275 tonnellate per un
fascio di 300 MeV (1 megaelectronvolt o MeV equivale a 106 eV). I
ciclotroni sono tuttora di grande utilità a basse energie. Ad alte energie
essi sono stati sostituiti dai sincrotroni, il cui nome deriva dal fatto che il
campo magnetico curvante e a frequenza di oscillazione del campo
elettrico accelerante devono essere aumentati in modo sincrono con
l’aumentare dell’energia delle particelle. Nel 1943 Mark Oliphant, fisico
australiano (1901-2000) ebbe l’idea di sostituire il grosso magnete con
una sequenza di piccoli magneti disposti lungo la traiettoria nominale.
Successivamente si pose il problema di migliorare la guida magnetica
aggiungendo quadrupoli. Finisce così la “preistoria” e comincia negli anni
50 la storia, con il Proton Synchrotron (CERN, Ginevra) e l’Alternating
Gradient Synchrotron (Brookhaven, USA) costruiti negli anni 50, entrambi
ancora in attività! I progressi nel campo della radiofrequenza legati allo
sviluppo del radar, permisero di ottenere i forti campi elettrici necessari
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per costruire acceleratori lineari di ragionevole lunghezza competitivi
con quelli circolari. Alla metà degli anni 40 Alvarez cominciò a costruire i
primi acceleratori lineari di protoni al “Radiation Laboratory” di Berkely
(California, USA) creato anni prima da Lawrence. Mentre prima e durante
il secondo conflitto mondiale il baricentro della ricerca basata sugli
acceleratori è negli USA, ed ha forte orientamento bellico, fra gli anni 50
e 60 assistiamo in Europa alla creazione di laboratori incentrati
sull’utilizzazione di acceleratori per lo studio delle particelle nucleari con
scopi di pura ricerca. Oltre al CERN, fondato nel 1954 a Ginevra (Svizzera)
dall’accordo in origine di 11 paesi europei, mi limito a ricordare i
Laboratori Nazionali di Frascati (LNF), dell’Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare (INFN), il Rutherford Appleton Laboratory (RAL) a Chilton (UK),
il Deutsches Elektronen Synchrotron (DESY) ad Amburgo (Germania).
Il Joint Institute for Nuclear Research a Dubna (vicino Mosca, nell’allora
URSS) fu fondato nel 1957 dall’accordo di 11 stati dell’area comunista.
Sempre nell’URSS Gersh Budker fonda nel 1959 l’Istituto di Fisica Nucleare
nella città siberiana delle scienze, Akademgorodok, a 30 km da
Novosibirsk, che ha contribuito valenti “acceleratoristi” e idee innovative
come il raffreddamento a elettroni (electron cooling) e i “serpenti
siberiani” (siberian snakes). Anche negli USA, intanto, vengono fondati
laboratori a carattere di pura ricerca come il già citato Brookhaven
National Laboratory (BNL) e lo Stan- ford Linear Accelerator Center (SLAC)
a Menlo Park (California).
Non c’è solo LHC...
Ci sono acceleratori circolari dove fasci di particelle girano
continuamente, come appunto LHC, ma anche acceleratori lineari. Gli
acceleratori lineari sono usati in genere per iniettare i fasci in quelli
circolari, ma hanno anche una vita propria come quello del laboratorio
di Stanford Linear Collider di SLAC. Si possono accelerare elettroni,
protoni, le loro anti-particelle (positrone e antiprotone), ioni (cioè atomi
in cui il bilancio di carica fra il nucleo (positivo) e la nuvola di elettroni
(negativa) è alterato. Importante è che queste particelle abbiano una
carica elettrica perché la forza di Lorentz funzioni. Per evitare che
perdano energia in collisioni con le particelle contenute nell’aria, i fasci
circolano in una struttura chiusa (camera da vuoto) in cui si pratica un
vuoto spinto. Le dimensioni di un acceleratore, l’energia, il tipo di
particelle accelerate e la loro intensità dipendono dalla applicazione. LHC
con una circonferenza di 27 Km è l’acceleratore più grande del mondo.
Esso occupa il tunnel fra la Svizzera e la Francia che era del Large Electron
Positron (LEP). Accelera protoni in senso orario e anti-orario. Le particelle
che circolano in direzione opposta si scontrano in 4 punti della macchina
dove gli sperimentatori hanno posizionato i loro rivelatori. LHC non solo
è il più lungo ma è anche l’acceleratore a più alta energia del mondo.
LHC è stato realizzato al CERN con contributi di paesi esterni (Giappone,
India, Russia, Canada e USA). E’ costato circa 3 miliardi di euro (http://lhcmachine-outreach.web.cern.ch/) escludendo il costo degli esperimenti
e delle infrastrutture computazionali necessarie a gestire l’enorme massa
di dati prodotta dagli esperimenti. Provo a rendere piu “́ digeribile” questa
cifra paragonandola ai circa 700 miliardi di dollari che dal 2003 fino a
Gennaio 2010 gli USA hanno speso per la guerra in Iraq (Reuters) . La
gente comunque si chiede se val la pena di spendere tanto denaro per
un simile “giocattolo”. Cito le parole di Robert R. Wilson (fisico americano,
1914-2000) che, per giustificare nel 1967 la costruzione del “Main Ring”
e del (Fermi) National Accelerator Laboratory (FNAL) a Batavia (Illinois),
a un generale che gli chiedeva se il suo acceleratore poteva servire a
difendere la patria, rispose: “No, ma contribuirà a renderla più degna di
essere difesa”. Non si tratta solo, parafrasando una nota rivista di
enigmistica, del “piacere di saperlo”: la ricerca scientifica ha anche ovvi
risvolti pratici. Senza la curiosità e l’ingegno degli scienziati nulla di ciò
che rende la nostra vita più confortevole di quella dei cavernicoli
esisterebbe. Spendere nella ricerca e nell’istruzione significa, in generale,
investire per il futuro. Questo è tanto più necessario in un paese povero
di materie prime come l’Italia.
Alcune applicazioni degli acceleratori
Gli acceleratori si sono rivelati molto utili e versatili. Mentre a causa dei
costi e del tipo di ricerca cui sono destinati, gli acceleratori alle frontiere
del fattibile, come LHC, diventano rari e necessitano sempre più dello
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sforzo congiunto di vari paesi, assistiamo al proliferare di acceleratori di
dimensioni modeste che trovano applicazioni pratiche immediate.
Alcuni acceleratori, principalmente circolari, accelerano elettroni per
produrre luce. Il fatto che gli elettroni su orbite circolari emanassero luce
(visibile), fu un’osservazione casuale resa possibile dal fatto che qualcuno
in Gran Bretagna ebbe l’idea di fare la camera da vuoto in vetro. Questa
scoperta si è rivelata molto fruttuosa. Le caratteristiche della luce
prodotta (lunghezza d’onda, brillanza ed intensità) possono essere
modificate usando magneti speciali detti “ondulatori” e “wiggler” che
altrimenti non fanno parte di un acceleratore. Le applicazioni sono varie:
dalla analisi di strutture biologiche, alla sterilizzazione di prodotti, alla
studio dei materiali e persino il restauro di opere d’arte. Ad esempio, l’uso
dei raggi X prodotti dalla sorgente di luce di sincrotrone (SSRL) di SLAC
ha riportato alla luce brani di Archimede di Siracusa (287-212 AC) copiati
su pergamena nel X secolo e poi coperti da testi biblici e dorature nel
corso dei secoli successivi. In medicina gli acceleratori sono usati per la
diagnosi e cura di tumori. Inizialmente si usavano i raggi X che non sono
molto efficaci perché assorbiti in gran parte dalla pelle. Successivamente
si sono usati fasci di neutroni. Nel 1946 Robert Wilson propose l’uso di
protoni che presentano il vantaggio di andare più in profondità dei raggi
X e degli elettroni e di cedere la loro energia in regioni meglio localizzate
rispetto ai neutroni. Nell’ospedale universitario di Loma Linda (California)
è in funzione dal 1990 il primo sinchrotrone a protoni, realizzato da FNAL,
completamente dedicato alla medicina. Si contano circa 7000 linacs nel
mondo per la cura di tumori. Rispetto ad altre terapie, quella con fasci di
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particelle è molto meno invasiva. Ci sono anche applicazioni industriali.
Ad esempio, la pellicola di plastica che si usa per avvolgere i cibi, se
trattata con un fascio di elettroni diventa molto resistente al calore. Fasci
di elettroni sono anche usati per rendere la superficie dei mobili
resistente a macchie e graffi, un’alternativa economica a metodi chimici
inquinanti. Infine, un’importante applicazione potrebbe in futuro
riguardare la produzione di energia. Con l’inquinamento prodotto dal
carbone e i rischi dell’olio (dipendenza dall’OPEC e disastri ambientali) e
tenendo conto del fatto che le energie rinnovabili non possono coprire
l’intero fabbisogno perché non ci sono batterie capaci di immagazzinare
l’energia in modo efficiente, la produzione di energia nucleare torna a
essere un’alternativa interessante. Con le dovute misure, una centrale
può essere resa sicura. Il problema vero sono le scorie, alcune delle quali
restano radioattive per milioni di anni. L’idea di sotterrarle è abberrante.
La loro transmutazione in elementi inerti o almeno di più rapido
decadimento potrebbe essere la soluzione. La trasmutazione dovrebbe
essere possibile usando i neutroni prodotti da una targhetta pesante
bombardata da intensi fasci di protoni di alcune centinaia di MeV. Un
impianto di trasmu- tazione (MYRRHA) è in preparazione in Belgio e
dovrebbe essere operativo nel 2023. Se però la scienza può cercare di
risolvere i problemi tecnici, gli amministratori devono provvedersi di
consulenti competenti (e onesti), per essere in grado di esecitare il
dovuto controllo (vedi il recente dramma della piattaforma BP esplosa
nel golfo del Messico). Spero di avervi convinto dell’ importanza degli
acceleratori di particelle!
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Alberto Conti
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Da otto mesi è presente sul mercato IT Consumer l'iPad della Apple. Tutti
spingendo i nomi più blasonati dell’industria IT a correre ai ripari,
lo desiderano, ma già si prospetta un aggiornamento del modello per
investendo su questi nuovi prodotti. A breve, gli scaffali della grande
fine novembre. Due nuove versioni: una da 9,7” come l’attuale e l’altra
distribuzione, saranno invasi da “tavolette”, slade e pads, tutti pronti a
da 7”. Monteranno processori con architettura ARM Cortex A9 dual core
contendersi la corona per il miglior “marchingegno” tecnologico.
Vediamo quali di questi più si avvicinano all’ iPad. Consideriamo solo
alcuni modelli che, per forma e caratteristiche, sono simili al prodotto
della Apple, con scherm touchscreen da 9 a 7 pollici e che non abbiano
in dotazione autentiche tastiere. Samsung Electronics GALAXY Tab
P1000. Presentato lo scorso 2 settembre all’IFA di Berlino, deriva dal
fortunato smartphone Galaxy S. Possiede un design simile al prodotto
della Apple anche il cavo USB di alimentazione ha l’identica forma e
colore di quello in dotazione sull’iPad. Il processore, un ARM Cortex A8
single core da 1.0GHz che raggiunge i 2000 MIPS (milioni di istruzioni per
secondo), si basa sull’architettura ARMv7, è ottimizzato per tutti i
dispositivi mobile che operano con tensioni al di sotto dei 300mW,
garandendo oltretutto un basso consumo di energia a tutto vantaggio
della durata della batteria. Il sistema operativo è Android 2.2 Froyo che
porta con sé il nuovo motore javascript V8, tre volte più veloce rispetto
al precedente, oltre ad una nuova libreria API che consente il backup ed
il ripristino delle applicazioni. Include funzionalità Wi-Fi HotSpot e USB
Tethering e supporta Adobe Flash 10.1 e successivo. Il GALAXY Tab ha
uno schermo da 7” con risoluzione 1024x600 WVGA, una fotocamera
e 512MB di RAM. Prima di Apple, nessun produttore di Personal
Computer "sentiva" il bisogno di creare un oggetto simile, utilizzabile
dall'utenza consumer. Nel 2002, la Microsoft realizzò il primo Tablet PC,
pensato per il mondo business, in seguito anche l'HP, nel 2007, con il
modello Pavilion serie tx1x00, scelse di presentare al grande pubblico
questo tipo di tecnologia. Negli States, in Inghilterra e in Germania, il
prodotto, fin dal suo esordio, soprattutto perché destinato a tutte le fasce
di mercato, riscosse un ottimo successo tant'è che viene tutt’ora
adoperato da studenti e professionisti, maggiormente in ambienti
medico-ospedalieri, militari e di soccorso. Diversamente nel nostro
Paese, la diffusione è stata minima e solo in settori tecnologici altamente
specializzati. Oltretutto il Tablet PC non era un prodotto estremamente
innovativo, poiché possedeva le caratteristiche hardware e software di
un normale PC con funzioni di controllo attivabili per mezzo dello
sfioramento dello schermo e la digitalizzazione della scrittura attraverso
una speciale penna. Si deve all'azienda californiana il "premio" per la vera
innovazione. Il touchscreen è forse l'uovo di Colombo? Tutti potevano
farlo, ma solo l'Apple l'ha realizzato, anticipando i tempi con idee e nuovi
brevetti, creando il modello che tutti, in un modo o nell'altro, si
apprestano a "copiare" o forse è meglio dire, ad arricchire con altre
soluzioni. E' già accaduto con l'iPod, con l'iPhone e con l'IOS4. In questi
ultimi due anni, la vendita dei netbook, ha registrato una forte flessione,
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posteriore da 3.2MP e una webcam frontale da 320x240. Ha il Bluetooth,
il GPS e la connessione 3G. Include inoltre, un sofisticato software della
Swype®: una particolare tastiera virtuale con un database di 65.000
parole e con più di 50 simboli. Ha una RAM interna di 16GB espandibile
attraverso microSDHC. BlackPad è il nuovo tablet della Research In
Motion (RIM). l’arrivo è previsto per la seconda metà del mese di
novembre. Prima dell’iPhone, lo smartphone della RIM era il simbolo
incontrastato del mercato business. Dopo è arrivato l’iPad che ha assunto
una posizione di rilievo all’interno di molte aziende, tagliando una grossa
fetta di mercato al telefonino per gli affari. La RIM è tornata all’attacco
proponendo un tablet innovativo e totalmente compatibile con la linea
più avanzata dei suoi BlackBerry. Fornito di touchscreen ad alta
risoluzione da 9,7”, due fotocamere separate di cui una da 16MP e
processore Armada 610 Marvell da 1Ghz. Possiede una memoria di
512MB di RAM, sulla versione più costosa, ed uno spazio per
l’archiviazione dati, applicazioni e quant’altro di 4GB, aumentabile
tramite scheda di memoria aggiuntiva. Il sistema operativo, che la RIM
ha ufficializzato con il nome di Blackberry 6 OS, si basa su Android.
Quest’ultimo OS è stato sviluppato dalla Google ed ormai viene utilizzato
da molti produttori di smartphone e tablet di nuova generazione.
l’Archos, che da sempre produce apparecchi per la visualizzazione di
immagini statiche e in movimento, tra cui diversi dispositivi video e hard
drive portatili, a fine agosto ha presentato la nuova linea di Tablet PC con
ben otto nuovi modelli (per tutte le tasche, a partire da 99 Euro). Ognuno
supporta il sistema operativo Android™, in ottobre verrà rilasciata la
versione Android™ 2.2 Froyo, sarà così possibile aggiornare l’OS di tutti i
Table “Android”. I tablet della Archos, condividono tutti le stesse
specifiche tecniche di base, quali la riproduzione e registrazione
Audio/Video, le interfacce USB 2.0, MSC, PTP, i protocolli di
comunicazione WiFi (802.11 b/g/n), Bluetooth 2.1 EDR, oltre al microfono
integrato e al G-sensor. La differenza principale, che ne detrmina il prezzo,
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è data dalla grandezza dello schermo LCD TFT, che varia dai 5 ai 10 pollici
sul mercato è prevista per fine ottobre, sarà WebTab progettato dalla
e dal microprocessore adottato. Il modello di punta è l’Archos 101
internet tablet con lo schermo Touchscreen LCD TFT da 10,1" ad alta
risoluzione, 1024x600 pixel (WXVGA). Processore ARM Cortex A8 1.0GHz
con DSP e acceleratore grafico 3D OpenGL ES 2.0. Può disporre di una
memoria interna da 8 o 16GB aumentabile tramite flash memory SD.
Possiede un’uscita Mini HDMI il cui cavo però, deve essere acquistato
separatamente. Lo si può connettere, tramite cavo USB 2.0, ad un
qualsiasi PC il cui sistema operativo sia Microsoft® Windows® XP, Vista, 7
o superiore, Mac OS X e Linux. In contro tendenza rispetto alla maggior
parte dei tablet pc e smartphone di ultima generazione che basano il
loro sistema operativo su Android™ realizzato da Google, la Nokia e la
Intel hanno unito le loro forze per sviluppare un SO open source, basato
su Linux. Si chiama MeeGo, il nome deriva dal progetto Maemo della
tedesca 4tiito. Nonostante il supporto per MeeGo, questo tablet potrà
Nokia e Moblin della Intel. MeeGo supporta sia app specifiche
far girare anche applicazioni base comuni ad Android™ come il runtime
proprietarie, sia app native scritte per Linux. Essendo un codice aperto,
di Adobe Air®, che comprende Java™, HTML 5 e Adobe Flash®. WebTab,
molti sviluppatori si sono messi già a lavoro per supportare il nuovo
nella configurazione base, è dotatao di schermo LCD touchscreen da 11,6
sistema operativo ed il primo tablet PC che lo implementerà, la cui uscita
pollici, processore Intel Atom N450 da 1.66GHz, 16GB di memoria flash,
webcam da 1.3 megapixel, due porte USB2, Bluetooth 2.1, WiFi e
acceleromtro. In più, la versione top, comprenderà 32GB di flash Ram,
comunicazione dati 3G, GPS, uscita HDMI e registrazione video FullHD.
Entrambe le versioni del tablet PC WebTab possiedono una versione
preinstallata della suite Open Office ed un browser web capace di
visualizzare Flash®.
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