SCUOLE PER IL LAVORO: L`ITALIA SI CONFRONTA CON IL

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SCUOLE PER IL LAVORO: L`ITALIA SI CONFRONTA CON IL
SCUOLE PER IL LAVORO: L’ITALIA SI CONFRONTA CON IL MODELLO
ANGLOSASSONE
Fra sperimentazione del sistema duale, possibili scenari normativi post
referendum, legge delega sull’IF, qual è il futuro della Formazione
Professionale in Italia? Una nuova prospettiva di sviluppo è stata presentata
nell’ambito del seminario “Le scuole per il Lavoro. Modello italiano e modello
anglosassone a confronto”, svoltosi il 16 novembre presso l’Istituto del Sacro
Cuore a Roma. L’evento, promosso da ENDO-FAP E CNOS-FAP, in
collaborazione con CONFAP e FORMA, è stato organizzato per fornire diverse
visioni per la FP, prendendo come spunto l’esperienza britannica delle Studio
School.
L’incontro è stato aperto dai saluti di Don Enrico Peretti, Direttore Generale
CNOS-FAP, e di Don Massimiliano Sabbatini, Presidente CONFAP. Secondo Don
Peretti le Studio School costituiscono un sistema articolato che ben potrebbe
adattarsi alle strutture dei nostri CFP, considerate le problematiche in comune:
dispersione scolastica, studenti con difficoltà di vario genere, necessità di
trasmettere le giuste competenze per l’inserimento lavorativo. Sul modello
anglosassone, CNOS-FAP ed ENDO-FAP stanno dando vita ad un progetto di
rilancio della FP, un’iniziativa che è però aperta anche agli altri Enti di
Formazione aderenti a CONFAP e FORMA. Di stesso avviso Don Sabbatini, il
quale ha sottolineato come il confronto con l’esempio delle Studio School sia
fondamentale per la sfida con l’innovazione, al fine di rendere i ragazzi
protagonisti, nella prospettiva del lavoro. La metodologia educativo-pedagogica
adottata è adeguata a tale scopo e non è così distante da quel metodo
preventivo ideato da Don Bosco. “Il Ministro Rattazzi – ha concluso il
Presidente di CONFAP – rimase strabiliato dalla disciplina degli studenti
salesiani. La risposta stava proprio nel metodo pedagogico. Come diceva il
nostro Fondatore “cerchiamo di volergli bene e di farglielo sapere”. Per Don
Peretti la sperimentazione duale in Italia ha il merito di promuovere il dialogo
fra IeFP e mondo aziendale. In tale ottica, le Studio School in Gran Bretagna
hanno avviato un’esperienza analoga, pur con specifiche caratteristiche.
La Dott.ssa Anna Maria Ajello, Presidente di INVALSI, ha manifestato
attenzione per questo diverso modo di apprendimento, riscoperto negli anni
’90 con la teoria socio-costruttivista: apprendere in tutte le situazioni. Si
supera la dicotomia teoria/pratica e si valorizza l’aspetto relazionale
nell’acquisizione di conoscenze e competenze. “L’alternanza Scuola-Lavoro
posta dalla L.107/2015 – ha affermato la Dott.ssa Ajello – rappresenta un
argomento spinoso, data la difficoltà di mettere in collegamento scuola e
impresa. L’approccio dell’imparare facendo in altri Paesi è molto più evoluto
che in Italia”. La Presidente di INVALSI ha concluso evidenziando il ruolo che
acquisisce lo studente in questo differente metodo didattico. I ragazzi che
imparano dalla pratica, acquisiscono un’identità, si sentono protagonisti di ciò
che fanno, prendono coscienza del proprio percorso formativo.
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Ma in concreto cosa sono le Studio School? Lo ha spiegato nel suo intervento il
Presidente ENDO-FAP Roberto Franchini. L’idea viene alla luce nel 2006 ad
opera della Young Foundation. L’obiettivo era quello di proporre un modello di
scuola in grado di contrastare le problematiche sociali giovanili e le
disuguaglianze sociali. Lo scopo perseguito è quello di motivare i giovani ad
apprendere ed aiutarli ad inserirsi nel mondo del lavoro. Per tale obiettivo si
rivelano basilari le Soft Skill, le competenze per la vita o competenze personali.
Il contesto nascono le Studio School è costituito dai seguenti elementi:
principio di quota capitaria; sul piano economico, possibilità di aggiungere
extra (Department for Education); sul piano organizzativo, ampia autonomia,
fatti salvi gli standard di esito nazionali. Di conseguenza – ha sottolineato il
Prof.Franchini - si è costituita una sorta di concorrenza fra college in un ambito
di “quasi mercato”. Le stesse quotazioni immobiliari e le scelte delle famiglie
sono condizionate dalla presenza o meno di buone scuole sul territorio”.
Le Studio School sono scuole autonome (in Gran Bretagna non esiste
distinzione fra scuole pubbliche e private) finanziate dal Governo. Si è passati
dalle due unità iniziali nel 2010 alle 48 nel 2015-2016. Ogni singola Studio
School è legata alle altre da un Trust, che ha il compito di riunire le varie
esperienze mediante la diffusione di riferimenti comuni, in termini di
metodologia, curriculum, supporto esterno e rappresentanza unica nei rapporti
con mondo lavorativo. Requisito per aderire al Trust è l’adozione del metodo
educativo proposto. Le esigenze a cui le Studio School intendono rispondere
sono: la dispersione scolastica, il fenomeno dei persistent truants (gli studenti
con assenze ingiustificate persistenti), il non soddisfacente livello di
apprendimenti nelle discipline del National Curriculum, la carenza dei giovani
nelle employability skills (competenze necessarie per l’assunzione) riscontrata
da parte delle imprese.
Il target di destinatari è rappresentato da studenti che apprendono meglio
facendo, non da studenti “difficili”. Nei percorsi scolastici offerti si dà risalto
alle intelligenze multiple (Gardner), con le cosiddette competenze CREATE:
 Communication (comunicazione)
 Relating to People (relazionarsi con gli altri)
 Enterprise (impresa e iniziativa)
 Apply (applicazione delle conoscenze)
 Thinking (pensiero)
 Emotional Intelligence (Intelligenza Emotiva).
L’idea di base è semplice: la scuola bottega/impresa (Studio School),
traducibile in italiano come Scuola per il Lavoro. Può altresì definirsi come vera
e propria “impresa giovanile”. La prima realizzata è stata la Creative and Media
Studio School ed il modello cui ogni istituto si ispira è quello fissato nello
Studio School Concept Model del 2006.
Le caratteristiche di questo nuovo modello educativo sono: le piccole
dimensioni
delle
organizzazioni
(3/400
studenti),
l’apprendimento
personalizzato, l’apprendimento basato su problemi/progetti (PBL), il profondo
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partenariato con il mondo delle imprese, il forte tutoraggio, la varietà delle
figure di supporto, l’ancoraggio agli standard nazionali relativi alle qualifiche, la
figura dello studente come lavoratore, le competenze per l’occupabilità,
l’adozione della divisa di lavoro, gli spazi (salotti, google cafè, centro
documentazione, aule), i tempi (giornata uguale a quella lavorativa: 9/17).
Nelle Studio School gli insegnanti sono più dei tutor ed i ragazzi godono di una
forte autonomia, che non significa però assenza di regole. Per realizzare ciò è
necessaria una competenza educativa. Nelle scuole del Trust: lo studente è
lavoratore, si organizzano occasioni di impresa (bar e centro culturale), si
fanno esperienze lavorative in azienda.
I risultati quantitativi parlano di: ottime prestazioni degli studenti negli esami
finali GCSE (inglese, matematica e scienze); aumento della frequenza
scolastica; forte impatto sull’occupabilità.
I risultati qualitativi ottenuti dicono che: gli studenti risolvono positivamente i
PBL, sono orgogliosi di essere trattati da adulti; il tutorato è un valore
aggiunto.
Le sfide politiche con cui ci si è dovuti scontrare per realizzare le Scuole per il
Lavoro anglosassoni sono prevalentemente: burocratiche, ideologiche, di
confronto coi sindacati. Le sfide educative, invece, riguardano: il personale di
“qualità”, l’implementazione del PBL, la necessità di dimostrare il successo.
Ma come trasferire il modello delle Studio School nel nostro Paese? Secondo il
Presidente ENDO-FAP, in Italia gli enti di Formazione Professionale hanno già
caratteristiche molto simili al modello anglosassone proposto: piccole
dimensioni, rapporti con le imprese, filone pedagogico del PBL già presente. Gli
aspetti critici che possono riscontrarsi sono i seguenti: impostazione scolastica
“tradizionale”; assenza di flessibilità di tempi e spazi; normativa stringente in
materia di sicurezza e lavoro giovanile; difficoltà a concepire la scuola come
impresa; stili di vigilanza degli organi ispettivi; incertezza dei finanziamenti.
L’obiettivo finale con cui si muove da sempre la Formazione Professionale,
ossia i giovani, deve spingere il sistema ad innovarsi ed a trovare metodologie
educative di valore, perché “se si perde loro, la scuola non è più scuola, ma un
ospedale che cura i sani e respinge i malati” (Don Milani).
Il Preside dello IUSVE (Istituto Universitario Salesiano di Venezia), Arduino
Salatin, ha proseguito il discorso sulla trasferibilità del modello in Italia, con
una previa panoramica sul contesto nazionale (normativa, sperimentazione del
duale, ruolo della IeFP) ed ha poi illustrato il progetto sulla sperimentazione sul
duale avviato di recente. “Il modello delle Scuole del Lavoro proposto da
CONFAP e FORMA – sostiene il Prof. Salatin - parte dall’idea di una ricercaazione a supporto della sperimentazione del sistema duale”. Gli enti aderenti
alle due Federazioni, infatti, hanno avviato la creazione di una “rete nazionale”
di CFP capaci di: rispondere alla nuova domanda proveniente dai giovani e dal
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mondo lavorativi; condividere modelli e pratiche coerenti con l’identità e la
mission degli Enti, mediante una strada alternativa al modello scolastico
tradizionale. Il progetto mira a costruire un modello comune per il duale (e non
solo), in grado di: modernizzare l’assetto pedagogico e organizzativo attuale
dei CFP; influire sul paradigma culturale e pedagogico del rapporto fra
educazione e lavoro giovanile.
La sfida culturale è quella di intendere l’ambito dell’impresa e del lavoro come
bacino umano, culturale ed esperienziale carico di opportunità e potenzialità
educative. Ma ciò necessita di una regia formativa non più esclusiva dei CFP
ma cogestita tra essi e le imprese/organizzazioni partner.
Il progetto prevede 6 azioni chiave:
 ideare un modello formativo unitario, fondato su un percorso triquadriennale e allo stesso tempo flessibile, che comprende sia alternanza
lunga che apprendistato, con un primo anno anche in impresa simulata;
 predisporre e validare sul campo Linee Guida di settore e di figure
professionali;
 far evolvere il modello organizzativo dei CFP verso un modello a matrice,
nel quale i diversi servizi siano focalizzati sulla valorizzazione delle
risorse umane nella collaborazione fra Centri formativi ed imprese
presenti sul territorio;
 favorire la crescita professionale dei formatori per la presa in carico del
presidio multiplo (docenza, laboratorio, accompagnamento individuale,
orientamento etc.);
 sviluppare un dispositivo permanente di monitoraggio e valutazione della
sperimentazione;
 diffondere una campagna nazionale di comunicazione.
Per la realizzazione del progetto sono stati individuati dei centri pilota: si tratta
di circa 50 CFP che hanno il compito di fare da punto di riferimento e da traino
nella sperimentazione. L’accompagnamento alla sperimentazione è supportato
da un gruppo di esperti che hanno il compito di: formare i referenti dei CFP
pilota; definire il modello e gli strumenti base; seguire l’attuazione della
sperimentazione e monitorarla a livello regionale e nazionale; formalizzare i
risultati, i materiali, gli strumenti e farne un modello per la diffusione.
Come prospettiva per il futuro, il CNOS-FAP e l’ENDO-FAP hanno elaborato un
progetto comune per la realizzazione di Scuole per il Lavoro. Si tratta di
un’istituzione educativa ispirata al modello delle Studio School inglesi, con lo
scopo di mettere in luce i talenti di ciascun allievo e renderli proficui per sé e
per la società. Le Scuole per il Lavoro si fondano sul percorso del “noviziato
professionale” in cui lo studente assume la decisione di vita e di lavoro e viene
coinvolto entro una relazione allievo-maestro nell’ambito di una comunità
educativa, la quale opera tramite compiti reali simili a quelli del lavoro.
La proposta formativa si fonda su una metodologia peculiare, che sostituisce il
concetto di corso (basato su una struttura rigida ed omogenea) con quello di
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percorso (fondato su una struttura dinamica e complessa, che attribuisce
rilevanza ai fattori soggettivi).
L’offerta formativa così concepita prevede una diversificazione dell’offerta
formativa, in grado di rispondere alle diverse esigenze dell’utenza potenziale,
comprendente sette linee di servizio:
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il percorso tri-quadriennale rinnovato, rivolto adolescenti e giovani in
possesso di diploma di scuola secondaria di I grado;
il percorso duale, per giovani adulti in condizione di sospensione
sociale;
il progetto Chance per i giovani più in difficoltà, per giovani in
particolari condizioni di difficoltà;
la Fabbrica Laboratorio (Fab.Lab) o Laboratorio di intrapresa formativa,
rivolto ad allievi dei corsi, studenti di altre istituzioni, giovani adulti ed
adulti dotati di idee progettuali;
l’orientamento attivo, dedicato a studenti in difficoltà, allievi, giovani
adulti, adulti;
i servizi per il lavoro, per giovani, giovani adulti ed adulti;
la formazione continua e permanente per gli adulti e le imprese,
ossia la formazione individuale e formazione per le imprese.
Il progetto è proposto da CNOS-FAP ed ENDO-FAP a tutte le associazioni del
mondo della Formazione Professionale (CONFAP e FORMA) ed a tutti gli Enti
affinché se ne facciano co-promotori, con l’obiettivo di:
 intraprendere una mobilitazione sul tema delle scuole per il lavoro;
 predisporre il modello di Scuola per il lavoro con linee guida sulla base di
una piattaforma tecnologica comune;
 iniziare i progetti di rinnovamento della FP (sistema duale, LabInFo,
progetto aree interne) articolati nelle tre macroaree geografiche: Nord,
Centro e Sud.
Al seminario di studio non è mancato l’intervento delle istituzioni politiche,
grazie alla partecipazione dell’On.Luigi Bobba, sottosegretario del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali. L’On.Bobba ha evidenziato l’importanza di un
confronto con altri Paesi per valorizzare la sperimentazione dell’imparare
facendo. “Il modo di apprendere delle Studio School – ha detto il
sottosegretario del Ministero – richiede un disegno di luoghi, tempi, regole,
prove finali e figure messe in campo, in modo da realizzare un qualcosa di non
eccezionale ma di strutturale”.
“Lo scopo del sistema duale – ha proseguito il rappresentante del Governo – è
quello di: ampliare l’offerta formativa per fornire ai ragazzi opportunità ed
includerli nel diritto alla formazione; riuscire a trovare tra i soggetti della
formazione/istruzione ed i soggetti del mondo del lavoro degli idonei strumenti
di collegamento”. La sperimentazione del duale nasce dall’avvicinamento tra
formazione ed impresa.
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Tre i punti fondamentali sottolineati dall’On.Bobba:


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la figura del tutor aziendale appare indispensabile, ed a tal fine sono utili
anche gli incentivi economici alle aziende;
dato che in Italia vi sono prevalentemente PMI, il consulente del lavoro
svolge un ruolo fondamentale per convincere gli imprenditori e per
mediare scuola e impresa. A tal fine sono in corso iniziative rivolte ai
consulenti del lavoro per promuovere la sperimentazione sul duale;
sul fronte legislativo, sono previste due norme: una sul prolungamento
della sperimentazione per un altro anno ed una relativa ad un premio di
decontribuzione che mira a stabilire modalità di inserimento lavorativo
dopo l’alternanza o l’apprendistato.
“L’impegno del Governo – ha concluso Bobba – è quello di proseguire la strada
iniziata ma anche di confrontarsi col mondo della IeFP anche per realizzare
percorsi innovativi”.
L’incontro ha dato modo di presentare ai presenti nuove metodologie educative
e didattiche, confrontando il modello italiano con quello proposto dalle Studio
School inglesi. L’auspicio degli organizzatori è quello di lanciare in Italia un
nuovo modello di Formazione professionale, che tenga conto delle esigenze dei
giovani e del mondo occupazionale, con lo scopo di valorizzare le capacità degli
studenti e di favorire un crescente dialogo fra IeFP ed aziende.
A CURA DI ALEXIA AMARICCI – REDAZIONE ENDO-FAP NAZIONALE
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