Indignatevi - Asterios Editore
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Indignatevi - Asterios Editore
Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 1 Emiliano Bazzanella Indignatevi A cura di Marina Devescovi Asterios Editore Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 2 Prima edizione: gennaio 2011 Prima ristampa: febbraio 2011 Asterios Editore è un marchio editoriale della © Servizi Editoriali srl Via Donizetti, 3/a – 34133 Trieste tel: 0403403342 – fax: 0406702007 posta: [email protected] www.asterios.it © Servizi Editoriali srl, 2011 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati. Stampato in Italia ISBN: 978-88-95146-33-1 Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 3 Prefazione Questo breve testo nasce dalla suggestione di un libro appena uscito in Francia che si intitola appunto Indignez-vous! È certamente un’epoca “degna” di “indignazione”, ma bisogna ripensare l’indignazione stessa in modo che essa non diventi un risentimento fine a se stesso, tanto sterile quanto astratto, ma si trasformi in un elemento rivoluzionario, in qualcosa insomma che sia davvero in grado di cambiare le cose. In Italia, forse più che in Francia e nelle altre parti del mondo, la “misura è colma”, come si suol dire. Ma dobbiamo stare attenti a non accondiscendere troppo ai facili moralismi, peraltro obiettivamente spontanei alla luce dei sempre nuovi scandali che si stanno ormai sormontando l’uno sull’altro. Indignarsi non dev’essere inteso come un esercizio di elitarismo morale, ma deve diventare uno strumento efficace, una vera e propria pratica molto simile alla “cura di sé” degli antichi greci o all’ortopraxia del pensiero ortodosso. Il comportamento “degno” diviene in questo modo un comportamento “bello”, estetica ed etica si rinsaldano in un esercizio e in una serie di pratiche che però debbono essere sempre rinnovate. Marina Devescovi Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 4 Introduzione Il termine “indignazione” rimanda al latino dignus, degno, e proviene da una radice dec-, doc- che ritroviamo anche in “decoro” oppure in “decenza”. Il riflessivo del verbo “indignare” indica lo stato d’animo di colui che si trova di fronte a qualcosa che è indegno, cioè indecente e indecoroso, è il vivo risentimento, l’adirarsi che si prova per ciò che si ritiene moralmente riprovevole, ingiusto. La situazione dell’Italia oggi è indubbiamente motivo di indignazione: lavoro sempre più precario, continue bolle finanziarie, moralità pubblica in declino, corruzione diffusa, spettacolarizzazione della società, sono tutte cose che ci pongono innanzi agli occhi una realtà squallida, per non dire stanca. E anche noi, italiani, ci sentiamo un po’ rabbuiati, tristi, incapaci ormai di lottare. Ma l’indignazione non può limitarsi ad essere l’atteggiamento di chi, con una certa spocchia e dall’alto della sua presunta superiorità morale, guarda gli altri con disprezzo. Non è sufficiente adirarsi e poi però non far nulla. L’intento di questo pamphlet è tradurre l’indignazione in pratica effettiva, in un’azione che tutti possiamo compiere singolarmente. Vengono così riproposte dieci situazioni per certi aspetti tutte accomunate dalla loro indecenza: riguardano il nostro stile di vita, i nostri politici, il nostro atteggiamento nei confronti del mondo, la nostra coscienza. Per ogni situazione l’indignazione assumerà un connotato differente e talvolta assumerà anche le sembianze solo Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 5 INDIgNATEVI 5 in apparenza negative di un “non fare” o di un certo “rallentamento” come nel caso dei consumi spasmodici della nostra epoca; altre volte implicherà una vera e propria reazione come nel caso del diffuso senso di indifferenza che ci attanaglia, oppure diventerà paradossalmente una sorta di indignazione “riflessiva”, cioè rivolta a noi stessi, come nel caso di Berlusconi, specchio dei nostri tempi, ma anche proiezione di ciò che noi italiani in fondo realmente siamo. Vorremmo infine sottolineare l’angolatura dalla quale le dieci situazioni “degne di indignazione” vengono analizzate: si tratta del cosiddetto “paradigma immunitario” in base al quale gran parte dei dispositivi di potere e di sapere che hanno caratterizzato e caratterizzano ancora oggi il mondo occidentale assumono soprattutto un ruolo “difensivo”. Il consumismo, dunque, con tutti i suoi strani e ossessivi rituali non dev’essere semplicisticamente inteso come un’aberrazione immorale della nostra società opulenta ed egoista, ma esso disegna una precisa strategia auto-immunitaria, con tutti gli effetti di reazione ed ipereazione del caso. Soltanto comprendendo i meccanismi intrinseci di questi dispositivi doppio-vincolanti e solo quando non ci riterremo più esenti da colpe, come “anime belle” che si levano sopra il mondo terreno, potremo finalmente indignarci in modo efficace. 1. Indifferenza Se volessimo tentare una caratterizzazione esaustiva della nostra epoca, potremmo dire che essa è dominata dall’indifferenza. In-differenza significa letteralmente non-differenza, ossia appiattimento, omologazione, insensibilità morale. Per gli scettici greci rappresentava un preciso atteggiamento filosofico, quasi un metodo Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 6 6 EmIlIANo BAzzANEllA per difendersi dai rischi del mondo esterno e dalle intemperanze del mondo interiore. L’adiaforia doveva in questo modo condurre all’atarassia, cioè all’imperturbabilità del saggio che fa sì che ogni evento gli scorra sulla pelle sempre uguale, monotono, ininfluente. Per certi aspetti l’indifferenza è una forma di “difesa” o, se vogliamo, una reazione ad epoche passate in cui la “differenza” ha contato forse troppo. L’antisemitismo rimane nella nostra memoria come l’esempio paradigmatico di un eccesso di differenza, l’essere non solo diverso, ma pericoloso soltanto perché differente. La nostra epoca si è in parte immunizzata da questo eccesso. E ha fatto esattamente l’opposto: uniformare, abolire ogni forma di differenziazione. Abolendo tuttavia le distanze e le distinzioni (e assecondando così il concetto ormai usurato di “globalizzazione”) tutto fluisce in maniera monocorde e monotona, e la nostra vita diviene un puro flusso di accadimenti, indistinguibili l’uno dall’altro. Compriamo sempre più oggetti, li consumiamo, ci perdiamo nei meandri infiniti del mondo televisivo e di internet. Tutto è ridotto ad immagine, a qualcosa che “è-là”, che non ci può far male e che rimane a una distanza di sicurezza. Che il premier faccia festini a luci rosse (vedi ultra “Il caso Ruby”) o che “rubi“ davvero, che l’opposizione “inciuci” o si prodighi continuamente a negare se stessa e il proprio passato, oppure che venga violentata una ragazza minorenne in pieno giorno e innanzi alla folla, senza che nessuno intervenga: ecco tutto ciò è indifferente, scialbamente indifferente e uniforme. E intanto un bucaneve spunta a fatica in primavera al primo sciogliersi delle nevi... L’enciclopedia virtuale Wikipedia che al suo decimo compleanno nel 2011 si vanta d’aver superato in fatto di consultazioni la storica Enciclopedia Britannica, costituisce lo specchio amaro di questa condizione. Tra Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 7 INDIgNATEVI 7 le innumerevoli voci potete ad esempio trovare “Mariano Apicella” – ebbene sì proprio il menestrello di Berlusconi! – assieme ad Aristotele, Kant, Einstein, Mozart, in un continuum melassoso di pseudo-informazioni che i wikipediani hanno persino regolato con proprie regole e criteri stilistici, profeti addirittura di una nuova specie di “enciclopedicità“ capace in pochi anni di fare piazza pulita di secoli di tradizione enciclopedica. In tal modo le categorie con cui interpretiamo il mondo sono tutte intercambiabili e omogenee: bello e brutto, buono e cattivo, vero e falso. Tutto è indifferente e così possiamo ritenere bello ciò che è brutto, come in molta arte contemporanea, oppure possiamo dire e disdire, affermare una cosa e il suo contrario nello stesso tempo e senza alcun timore di incorrere nella reprimenda del nostro interlocutore. E ciò che un tempo veniva considerato moralmente poco opportuno, oggi è divenuto indifferente se non proprio positivo. Ecco, l‘indignazione è esattamente l’opposto dell’indifferenza, è reazione-azione, per certi aspetti ribellione. È farsi carico della differenza assumendone tutti i rischi. 2. Consumare, consumare, consumare Uno degli effetti dell’indifferenza è il consumo. Tutto, ma proprio tutto può essere oggetto di consumo. Anche la cultura è divenuta soggetta o assoggettata al mercato; e si consuma, come le patatine, i videogames, le vacanze tropicali, e come d’altronde si consumano emozioni, sensazioni, esperienze, idee, fedi e credenze. Il consumismo mette paradossalmente assieme Parmenide ed Eraclito: se l’indifferenza ci getta dentro un mondo uniforme e quasi “sferico“ in cui non pos- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 8 8 EmIlIANo BAzzANEllA sono esistere distinzioni e differenze, il consumo ci ficca in un flusso di eventi differenziati mirabolante ma quasi anestetizzante. Siamo indifferenti perché consumiamo indifferentemente ogni cosa, e consumiamo in continuazione perché ciò che consumiamo è indifferente. Ma il consumo in se stesso è anche un rito collettivo, è ahimé il tessuto connettivo che tiene assieme le società occidentali: tramontata l’antica communitas che ci legava e ci responsabilizzava l’uno nei confronti dell’altro, oggi tentiamo di recuperare uno “stare assieme” minimale all’interno dei centri commerciali o dei cosiddetti megastore. In essi, come all’interno di una chiesa o di un tempio, si compie una sorta di rito vittimario che ricorda molto da vicino il meccanismo del “capro espiatorio” descritto da R. Girard in La violenza e il sacro. Migliaia di persone fanno ressa ovunque nei diverticoli dei corridoi, dei negozi specializzati monomarca, dei fast-food dei vari Ikea, degli ascensori trasparenti che vanno sù e giù ritmicamente. In quest’affollamento smisurato aumenta necessariamente la tensione sociale: s’innesca cioè una “crisi mimetica” in cui tutti fanno le stesse cose e fanno a gara per accaparrarsi più prodotti possibile. È forse questo che intendeva Lacan quando diceva che il desiderio è sempre desiderio dell’Altro: si desidera ciò che desidera l’Altro per il fatto stesso che quello lo desidera; e l’oggetto del desiderio è assolutamente “indifferente”. Ma la “crisi mimetica” dev’essere in qualche modo risolta, poiché si corre il rischio d’una violenza diffusa e incontrollabile. Nelle popolazioni del passato la risoluzione passava attraverso il sacrificio umano e il capro espiatorio, successivamente ritualizzato con il sacrificio degli animali domestici o con la stessa eucaristia, ad esempio; oggi, il rito vittimario consiste nel consumo. In quest’ultimo il capro espiatorio con- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 9 INDIgNATEVI 9 siste negli oggetti infiniti da consumare, i quali sono appunto capri espiatori molteplici, infiniti e in sé indifferenti, perché non c’è alcuna ragione intrinseca e reale per consumarne alcuni al posto degli altri. Macchina da consumo, ogni uomo è divenuto l’ingranaggio di un meccanismo che è allo stesso tempo un rito antico portato all’eccesso, e un sistema autodifensivo per non pensare troppo e per distrarsi. Indignarsi significa dunque interrompere la macchina celibe del consumo. Ma significa anche assumersi il rischio di uscire dal coro e diventare, appunto, “diverso”. 3. Pil L’economia è un’invenzione, osserva S. Latouche; e oggi viviamo in un mondo “economico” che mostra sempre di più i suoi connotati fittizi. L’uomo non affronta mai direttamente la realtà (o, meglio, il “reale”, per dirla con Lacan): i processi di civilizzazione non consistono che nella costruzione collettiva di enormi sfere “climatiche” con le quali l’uomo si protegge dal “fuori” creando per sé un mondo confortevole e addomesticato. Noi ci illudiamo talvolta di avere esperienze “vere” e genuine, ma anche senza seguire rigorosamente Kant ci rendiamo conto che abbiamo a che fare con le nostre costruzioni di senso, con delle vere e proprie finzioni che ci aiutano senz’altro a vivere meglio e più sicuri, ma che parimenti ci ingannano. Il Pil (prodotto interno lordo) è il paradigma di questa illusione: si tratta di un indice che dovrebbe valutare la nostra ricchezza e soprattutto il nostro tasso di crescita. Ma rimane una stringa di numeri, qualcosa di simbolico che non è reale, ma rimanda a un qualcos’altro che sfugge. Attualmente siamo davvero tanto più ricchi di vent’anni fa? E in questi tempi di crisi possiamo veramente dire di stare meglio lo 0,5%- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 10 10 EmIlIANo BAzzANEllA 0,7% rispetto allo scorso anno? In che cosa consiste lo 0,1%? La matematizzazione dell’economia è da sempre uno dei miraggi dell’uomo: matematizzando si può controllare, misurare, si è insomma più vicini alla realtà. Ma in questo modo l’economia “sa” di essere essa stessa qualcosa di irreale, una sorta di “metafinzione”, finzione della finzione, sogno nel sogno. Purtuttavia la finzione economica ci condiziona e ci costringe alla fatica spossante dell’incremento e della crescita continua. Dobbiamo produrre e consumare sempre di più, economicizzare ogni cosa, fare business e business del business: se i consumi illimitati producono sempre più rifiuti, ecco l’industria del riciclo, dello smaltimento e del trattamento; se si crea all’interno della società l’esigenza di un consumo più naturale ed ecologico, ecco il business dell’ecologia, del biologico e del consumo critico; se il consumo degli idrocarburi sta accelerando i processi di riscaldamento del pianeta, ecco il nuovo mercato delle energie alternative o il riapparire dell’ipotesi nucleare. La fregatura – o la fortuna – è che in questo modo il mercato riesce in qualche maniera ad autoregolarsi. Esso è in parte in grado di autoimmunizzarsi e di controllare i propri eccessi, passando ad esempio da una tipologia di consumo materiale e dissipatorio, ad un consumo sempre più immateriale ed ecologicamente sostenibile. Da un lato ci conduce verso un parossismo assurdo dei consumi, dall’altro regola le stesse modalità di consumo in modo che quest’ultimo possa perpetuarsi all’infinito: se non possiamo incrementare l’introiezione del cibo, ecco che il consumo si sposta sul wellness, ossia su tutte quelle paradossali strategie che servono ad ovviare gli effetti dell’eccessivo consumo alimentare. Il Tapis Roulant costituisce l’esempio emblematico di questo paradosso: “macchina celibe” che serve per correre in salotto stando Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 11 INDIgNATEVI 11 immobili, essa utilizza l’energia motoria unicamente per bruciare calorie e, quindi, per consentire il mantenimento di uno standard di consumo alimentare comunque elevato. Ma a questo punto dobbiamo chiederci: che ne è dell’uomo? Non staremo vivendo – come diceva G. Deleuze – il dramma di trovarci all’interno del sogno di un altro? Costretti a faticare e sudare per poter consumare ancora, per poi ancora faticare e sudare, e così via all’infinito. L’indignazione prende a questo punto una nuova forma: se talvolta essa assume le fattezze di un disprezzo molto marcato, qui deve sposarsi con il “meno”, con la decrescita e con il rallentamento. Catturati dalla spirale del consumo rituale ed eccessivo, della finzione economica e della sua pervasività a tutti i livelli dell’esistenza, dobbiamo pensare ad un contromovimento o, meglio, ad una passività. L’indignazione è allora anche sobrietà versus eccesso; meno versus più; lentezza versus velocità. 4. Finanza creativa C’è uno strano meccanismo che regge il mercato. Esso non si fonda su basi reali, quanto sugli indici di fiducia dei consumatori, su aspettative, fedi e credenze. Entrati nel xxI° secolo la nostra visione del mondo, il nostro futuro insomma è radicato sull’irrazionalità, sulla scommessa finanziaria, sull’alea. Mentre la Fiat sta perdendo quote di mercato, rimane pericolosamente indebitata, ha appena concordato la cassa integrazione per i lavoratori di Mirafiori e non ha quasi alcun modello nuovo da presentare per il 2011, la divisione finanziaria tra una Fiat specializzata nell’auto e una Fiat industriale (l’ex Iveco per interderci) ha creato negli investitori l’illusione di un panorama nuovo, che porterà dei vantaggi in termini di fatturato e di utili. Cosicché i titoli in Borsa sono letteral- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 12 12 EmIlIANo BAzzANEllA mente – e irrazionalmente – “volati”. Da quando i Greci hanno tentato di far prevalere il lógos sul thymós (animo, temperamento, orgoglio), nella società contemporanea assistiamo ad uno straordinario capovolgimento per cui la razionalizzazione – cioè il tentativo di “misurare“ la vita dell’uomo in tutti i suoi aspetti e di economicizzare ogni cosa – ha conseguito esattamente il risultato contrario: il mercato. Esso è un serbatoio pulsionale ed emotivo, facilmente influenzabile come ogni pulsione e ogni emozione; ma non controllabile. Milioni e milioni di persone vivono oggi soggetti alla labilità o, come dicono i tecnici, alla “volatilità” dei mercati. Il dispositivo di potere che regge le società occidentali ci fa credere che ormai ogni aspetto dell’esistenza sia controllabile. L’economicizzazione sistematica di ogni aspetto della nostra vita lo conferma. Ma questo eccesso di controllo, questo eccesso di razionalizzazione devono essere compensati e riequilibrati. Se qualcosa come la fede o la credenza sono state relegate d’acchito ad aspetti marginali ed esotici del quotidiano, ecco che paradossalmente esse rientrano dalla porta principale, sorreggendo quello che è il cuore dell’economia. Il non-senso o, se vogliamo, il reale nella sua “impossibilità” (impadroneggiabilità) sospinto sempre in luoghi più remoti, ritorna in pompa magna e con tutta la sua potenza ineffabile ed imprevedibile. Il marchingeno con cui il mercato si manifesta e fa capolino è d’altra parte assai subdolo. L’uomo contemporaneo crede ormai di essere autonomo e vive ebbro della sua apparente libertà. Invero esso è “soggetto”, nel senso di “as-soggettato”. Ma non alle bizze del tempo o alle imprevedibili catastrofi naturali, bensì al rating, o meglio, a quelle agenzie che sono deputate a stimare la solvibilità degli stati e delle aziende. Basta un “+” in meno, o passare dalla AAA Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 13 INDIgNATEVI 13 alla AA nella scala di valutazione per incrementare i costi del debito e, quindi, per impoverirsi. Parliamo ancora di numeri e in qualche modo di “finzione” o, meglio, di tentativo di immunizzare e controllare la realtà. Eppure questi tentativi sovente maldestri hanno effetti “reali”, cioè possono davvero pesare sulle persone e sugli individui. Ci troviamo innanzi al paradosso che uno stratagemma creato dall’uomo per creare sicurezza e ricchezza – l’economia – alla fine possa trasformarsi in un’entità trascendente e rivolgerglisi contro, avendo degli “effetti reali”, che, propriamente, “fanno male“. L’Italia ad esempio è appesa al giudizio delle agenzie di rating in ogni istante e noi dobbiamo renderci conto che il rischio di default è dietro l’angolo, il che significa azzeramento completo delle pensioni, fallimento delle banche, svalutazione, deflazione, completa perdita del potere d’acquisto. L’idea creativa tremontiana sarebbe quella di far rifluire parte del risparmio privato, alacremente accumulato dagli italiani sin dal Dopoguerra, nelle casse pubbliche mediante uno stillicidio delle imposte e un recupero esasperato del credito che ha come avamposti l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia. L’altra idea tremontiana è quella di ridurre gli investimenti nella scuola, nelle politiche sociali e nella cultura, perché “tanto non ti danno da mangiare“! Indignarsi significa qui ritenere che le attuali politiche economiche italiane invece di ipotizzare scenari alternativi su grande scala e di lungo periodo, si limitino ad assolvere i compiti del più scontato dei ragionieri. 5. Comunismo Comunismo, ovvero la storia di come qualcosa di bello possa trasformarsi in qualcosa di veramente Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 14 14 EmIlIANo BAzzANEllA brutto. Lasciamo però, almeno per una volta, da parte Marx e i marxismi vari e chiediamoci: che cosa significa oggi comunismo, dopo il cosiddetto crollo delle ideologie? E che cosa vuol dire essere comunisti oggi, dove tale termine sembra piuttosto un’offesa o quantomeno un epiteto negativo? Nella parola “comunismo” risuonano il termine latino communis, “ciò che è in comune” e l’idea della communitas: l’uomo è nello stesso tempo un individuo con le proprie attitudini soggettive ed un essere sociale all’interno di un gruppo più ampio di consimili. Egli è “soggetto”, ma contemporaneamente rischia di perdersi nella comunità di cui fa parte. Se da un lato dunque quest’ultima lo protegge dai pericoli esterni, dall’altro lo minaccia nella sua identità sottraendogli ciò che gli è più proprio. L’uomo è costretto così a vivere questo paradosso, questa continua tensione tra la perdita di se stesso nell’Altro, e l’eccesso di individualismo che lo rende più debole e più vulnerabile. Lo stalinismo ha forse segnato l’acme del “comunitarismo”, mentre oggi stiamo vivendo l’eccesso opposto, l’ipertrofia del soggetto. Se vogliamo rileggere il senso del comunismo alla luce di queste osservazioni di fondo, ci accorgiamo allora come esso al di là di ogni ideologizzazione tocchi i nervi più profondi della nostra esistenza. La nostra condizione attuale si fonda sull’individualismo, sicché consumiamo e compriamo collettivamente, ma come se fossimo delle monadi leibniziane che non comunicano tra di loro. Ciascuno vive con mestizia la sua solitudine e cerca delle comuni-cazioni palliative come i Social Network (Twitter, Facebook, MySpace) o gli SMS: in questo modo ci illudiamo di sfuggire la solitudine immettendoci in una “comunità” virtuale, priva dei rischi e dei pericoli che si annidano invece nella communitas vera e propria. D’altronde l’ “essere comunista” è divenuta una condizione negativa e poco rac- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 15 INDIgNATEVI 15 comandabile, tantoché anche i “vecchi” comunisti, qualora appellati in tal modo, tendono quasi a schermirsi e a sottrarsi, colti da ingiustificata vergogna. Non possiamo negare la presenza nel “comunismo” di un’originaria tendenza alla communitas che possiamo ritrovare ancora nella vita dei piccoli paesi, dove la solidarietà non è appannaggio delle cosiddette hegeliane “anime belle” ma è un modo d’essere intrinseco a ciascuno, forse la migliore forma di sopravvivenza. Lungi dal ripercorrere gli errori madornali dei vari socialismi reali, si tratterebbe di fare dell’ “essere comunista“ una sorta di atteggiamento metodico, ossia uno “sforzo” costante nel considerarsi membri di una “comunità” in cui l’acqua, l’aria, la terra e i suoi frutti, la cultura stessa non possono essere privatizzabili ma sono un patrimonio collettivo, dei “doni” della natura. Indignarsi è in questo caso avere il coraggio, oggi, di definirsi “comunisti”, e ciò vale sia per coloro che si sentono di “destra”, sia per coloro che si sentono di “sinistra”. 6. Destra-sinistra, ovvero “meglio la partita di calcio” Certo è che a sentir parlare i cosiddetti leader della “supposta” sinistra vien proprio da piangere. L’idea che sovviene è che gli ex-comunisti siano in effetti del tutto “castizzati” e che la loro preoccupazione sia quella di trovare o escogitare qualche minima differenza – soprattutto formale – che li possa distinguere dai candidati di destra. Una sorta di conatus essendi spinoziano che non ha quale fine quello di progettare una società e uno stato migliore, bensì quello di giustificare la propria elezione, il proprio “essere-lì”: sulla poltrona insomma. Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 16 16 EmIlIANo BAzzANEllA Sulla questione di Mirafiori (vedi ultra) nella quale si sono giocate molte carte per creare un futuro migliore o quantomeno “stabile” per il lavoro in Italia, la posizione della sinistra è stata sorprendente: o “attendista” o addirittura “filo-confindustriale”, adducendo stomachevoli e cervellotiche giustificazioni che oscillavano da una presunta – invero abbastanza misteriosa – modernizzazione dei rapporti di lavoro alla necessità di temporeggiare e di mantenere comunque le posizioni in attesa di tempi migliori. Si dice, con una cantilena ormai stucchevole: dopo il crollo del muro di Berlino sono finite le ideologie e le parti politiche si confrontano sui “programmi”. Ma la politica si riduce solo ad una “lista per la spesa”? È possibile che una corrente di pensiero di origini ottocentesche e che si è rinvigorita durante la Resistenza, alla fin fine differisca dalla parte avversa soltanto perché ad una voce del suo “programma” dice di investire 500 e non 200? Non esistono più – non dico “utopie” – ma quantomeno “orizzonti”, spazi di senso che siano in grado di sorreggere la nostra vita quotidiana, di farci comprendere o perlomeno sconsigliare la fatica di andare sui nostri SUV ai Centri commerciali ogni santissima domenica? È possibile che la sinistra non abbia proprio niente da dire? L’indifferenza ha colpito anche queste suddivisioni ormai storicizzate, rendendole anacronistiche e portando a partigianerie svuotate d’ogni significato, molto più simili all’antagonismo delle opposte tifoserie d‘un campionato di calcio che a quello di movimenti contrapposti di pensiero. L’uomo per sua natura è “polemologico”, cioè è votato a Pólemos, alla guerra: gli antichi Greci avevano inventato svariate modalità per controllare e depotenziare questa innata tendenza: la tragedia greca, con i suoi effetti catartici e il suo carattere sacro; i riti simposiastici, nei quali i maschi bevevano “vino puro” e concludevano le loro Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 17 INDIgNATEVI 17 serate sovente accapigliandosi l’uno con altro, talvolta declamando però poesie e filosofeggiando sull’amore e sull’essere; le Olimpiadi, ove l’aggressività veniva virata nella bellezza e nella simmetria del gesto atletico e delle sue regole. Oggi possiamo dire che questi riti autoimmunitari sono il calcio...e appunto la politica. Io tifo per la Roma e sono di sinistra...io sono da sempre interista, però voto Bersani...io tifo il Livorno perché è la mia città ma voto Pdl. L’effetto di questo svuotamento di senso è evidente nello spettacolo spesso deprimente dei Talk Show politici: l’antagonismo è puramente “fisico”, oserei dire “belluino” e quasi primitivo, e prevale soltanto il tentativo di soverchiare l’avversario con qualsiasi mezzo. Non un contenuto, non un confronto sulle differenti visioni del mondo o sui diversi modi di dare speranza e un po’ di ottimismo a questa nostra società rattristata, vecchia e ingrigita. Indignarsi vuol dire allora riprendere la discussione politica nelle nostre case, iniziare a pensare che la democrazia rappresentativa non significa meramente una delega in bianco agli eletti, ma esige anche un pensiero individuale autonomo e un personale intendimento. 7. B&B: Berlusconi-Bossi Berlusconi non è l’opposto del comunismo, come forse lui vorrebbe. Egli è invece l’oggetto privilegiato della nostra massima indignazione innanzitutto perché ha fondato un -ismo, e poi perché di fatto costituisce una proiezione oscena di noi stessi. Uomo del successo ad ogni prezzo, grande venditore e televenditore, maestro della comunicazione e dell’affabulazione, generoso ed eccessivo, narciso e altruista, riconoscente e vendicativo, astuto e demagogo, egli ha di fatto cambiato radicalmente la politica portando Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 18 18 EmIlIANo BAzzANEllA alla sua “velinizzazione”, cioè allo show mediatico del Parlamento quale corollario di un’attività legislativa che invece viene decisa da poche persone nelle sue ville private. La magistratura tenta da lungo tempo di scardinare questo meccanismo cercando di dimostrare quanto in effetti il Berlusconi sia ladro, corruttore, truffatore, evasore, perverso, e così via. Ma il tutto invano, forse perché non vero, forse perché il premier può permettersi una difesa legale finora mai dispiegata da nessuno con siffatto potenziale, ma forse perché la cosa non interessa o, addirittura, infastidisce l’opinione pubblica. Perché ciò avviene? Com’è possibile? La risposta è abbastanza semplice, anche se non proprio scontata: Berlusconi, in fondo e a modo suo, è sincero! Anche se dice e disdice la medesima cosa nello spazio di pochi giorni, di poche ore o di pochi secondi, egli fa quello che fanno tanti di noi quando omettiamo le piccole verità della nostra vita quotidiana o quando cambiamo repentinamente parere per opportunismo. Il buon Pansa sembra averlo perfettamente capito. Berlusconi svolge così una funzione quasi terapeutica allorquando catalizza su di sé gran parte delle debolezze umane, per contrabilanciarle con qualità e successi incredibili; è lo specchio del nostro Altro perverso e osceno che possiamo vedere esibito e riscattato pubblicamente; è una fonte di speranza e di consolazione perché incarna un uomo come noi che nonostante le sue bassezze e i suoi palesi difetti rimane un granduomo. È insomma un oggetto di consumo e noi siamo tutti – destra e sinistra – suoi accaniti consumatori. Alle scuole di marketing già negli anni Sessanta si diceva che per vendere qualcosa bisogna innanzitutto vendere se stessi: ebbene, Berlusconi vende se stesso e lo si può notare sul suo volto sempre più segnato, Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 19 INDIgNATEVI 19 emaciato e “consumato” nonostante i costanti e ripetuti interventi di chirurgia estetica. E per certi aspetti il berlusconismo mostra in modo enfatico – e quasi sincero – il mondo finzionale in cui vive oggi la nostra società, poiché essa coincide con la stessa psicosi del presidente, viviamo un po’ tutti la sua vita fittizia, imbellettata ed eccessiva, indifferente e agonistica. Tutti compresa la fantomatica opposizione che non riesce a far di meglio che fargli il verso, con un’imitazione quasi scimmiesca. I programmi Drive-In e Striscia la notizia, nel lungo arco temporale che li separa, rappresentano i paradigmi del berlusconismo e di una mediacrazia così diffusa da fare della televisione l’unico vero “soggetto”. Cioè noi siamo la televisione e la televisione sottentra in continuazione nella nostra vita, nella politica, nel privato: è per questo che Berlusconi un po’ lo siamo tutti e talvolta ci fa schifo ed orrore, altre volte ci entusiama e galvanizza! Guy Lebord aveva per certi aspetti anticipato quest’epoca: la sua società dello spettacolo denunciò con grande anticipo come l’uomo moderno tenda a mettere in immagine qualsiasi cosa, in modo quasi animistico, per prenderne un po’ le distanze, oppure per averne maggiore controllo. Immaginificando ogni evento, Berlusconi alfine lo domina e lo padroneggia, ne diviene il signore proprio quando gli eventi sembrano avere il sopravvento. Il “caso Ruby” costituisce un’ottima cartina di tornasole. Primo movimento: sconcerto di tutti per l’enormità delle notizie diffuse; secondo movimento: consulto con l’apparato legale del premier che evidenzia alcune falle nelle ipotesi accusatorie, soprattutto dal punto di vista formale; terzo movimento: contrattacco mediatico personale del premier in cui sostiene pubblicamente la propria innocenza; quarto movimento: offensiva vera e propria del Pdl ricompattato che accusa il sistema giudizario per le inter- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 20 20 EmIlIANo BAzzANEllA cettazioni illecite e per l’abuso di autorità; quinto movimento: urgenza di un provvedimento legislativo che limiti le intercettazioni e punisca pecuniariamente gli abusi. Bella fiction, no? L’altra faccia del berlusconismo è il leghismo. Da una parte troviamo l‘inflazione dell’immaginario e della vita intesa come marketing; dall’altra quella componente dell’esistenza che P. Sloterdijk chiama thymós, animo, ira, orgoglio. La nostra civiltà inizia infatti proprio con un inno all’ira nell’Iliade omerica: “cantami o diva del pèlide Achille l’ira funesta che infiniti lutti addusse agli Achei”. Il berlusconismo cerca da parte sua di soffocare e controllare il leghismo, anestetizzando le coscienze e i moti dell’animo, distraendoci con la Tv, le fiction, i reality e le televendite. Ma la ruvidezza e trivialità del leghismo non possono essere compresse più di tanto, e spiccano qua e là con varie coloriture: xenofobia, omofobia, ignoranza. Anche la mitografia con cui il movimento leghista cerca di consolidare una propria fittizia storicità si rifà alla barbarie, ad un universo celtico di contadini e cacciatori che, in realtà, soltanto il contatto con il mondo latino rese più civile ed evoluto. Il leghista non vuole finzioni, schermi immaginari, orpelli culturali: egli è e vuole essere ignorante, è e vuole essere pulsionale perché gli uomini semplici sono così, perchè sono più veri e sinceri! Il leghista è vicino al popolo perché entrambi – il leghista e il popolo – sono ugualmente celti ignoranti, e invece di liberare il volgo da siffatta ignoranza, egli la vuole promulgare, diffondere, facendone il vessillo della propria politica. O come si dice nel linguaggio del manegement, facendone la propria mission. Ma come Berlusconi, anche Bossi incarna una parte di noi: se il primo enfatizza le nostre tendenze narcisistiche, edonistiche e istrioniche, il secondo mostra la nostra faccia più meschina, cioè quella d’un essere Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 21 INDIgNATEVI 21 egoista, che vive di sensazioni ed emozioni, pensando a se stesso, e senza alcuna mediazione del pensiero. La grande capacità di costoro, dei leghisti, è quella di sviscerare le nostre parti peggiori, e, anzi, di enfatizzarle: proprio il contrario di ciò che dovrebbero fare i politici. Berlusconi e Bossi sono indegni perché siamo noi tutti indegni...e se dobbiamo indignarci, dobbiamo farlo innanzitutto con noi stessi. 7a. “Il caso Ruby” Non poteva mancare, quasi ad esergo del capitolo precedente, un piccolo puntuale accenno al caso Ruby, scoppiato in Italia nel gennaio 2011; ma non ci si aspetti una posizione facilmente moralistica o perbenistica. Ancora una volta Berlusconi ci spiazza e finisce per incarnare la tipologia di “soggetto” che caratterizza la nostra epoca. Se seguiamo appena per qualche istante l’ultimo pensiero di Michel Foucault, scopriamo come il nostro “essere soggetti” dipenda a sua volta da un certo as-soggettamento. Il soggetto, insomma, nasce in quanto “assoggettato”. Il soggetto tipico dell’epoca per così dire cristiana e che si estende fino alla fine dell’Ottocento, era caratterizzato da un doppio movimento: da un lato emergeva la sua versione “pubblica” che doveva essere sottomessa alla Legge ed era quindi ossequiosa e ubbidiente; dall’altro lato serpeggiava un sé segreto, privato, peccaminoso e perverso, che ritualmente doveva affiorare soltanto nei contesti occultati e controllati della “confessione”. Da questo movimento nasce l’ipocrisia sociale, la totale divaricazione tra il privato e il pubblico, tra il sé segreto e il sé pubblico, socialmente degno e stimabile. L’età contemporanea è connotata invece da un radicale mutamento di questa doppiezza. Lo possiamo Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 22 22 EmIlIANo BAzzANEllA facilmente riscontrare nei vari reality, il Grande Fratello in primis: il sé segreto è emerso alla superficie, affiorato, “è-là” davanti a noi, che compie le sue perversioni più o meno normalizzate e legittimate. Per certi aspetti, c’è una linea di continuità. Non è più necessaria la “confessione”, cioè quel residuo ritualizzato di parresìa (o “veridizione”, “dire la verità”: vedi ultra) che equilibri le due facce del sé. Ora è lecito che il sé perverso si manifesti socialmente, a patto che lo faccia negli ambiti sempre più ampi della privacy (feste da 150 persone?). Nuovo Eliogabalo, Berlusconi non si scompone e anzi ci dice: io lo faccio e “posso” farlo. Ancora una volta non ha alcun orrore, vergogna e pudore perché “sa” che lui è come noi e le domande che susciterà non saranno del tipo: “com’è possibile che un uomo del suo livello e con le sue cariche pubbliche si comporti in tal modo?“, ma piuttosto: “come fa alla sua età ad essere così efficiente e performante?...beato lui!”. Berlusconi infila il coltello nella piaga, fa emergere il peggio che tutti noi siamo e in questo è il “migliore”. E per questo dobbiamo ripetere: Berlusconi e Bossi sono indegni perché siamo noi tutti indegni...e se dobbiamo indignarci, dobbiamo farlo innanzitutto con noi stessi. 8. Flessibilità e precarietà Secondo voi è meglio qualcosa di rigido o qualcosa di elastico e flessibile? Meglio una legge che non conceda sfumature e sia monolitica, oppure una norma aperta che consenta varie interpretazioni per adeguare l’astrattezza della sua enunciazione alla fattispecie? La comunicazione in effetti fa degli scherzi interessanti: utilizza una qualità – la flessibilità, in questo caso – che potrebbe essere positiva in astratto, Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 23 INDIgNATEVI 23 applicandola però ad un contesto completamente differente e concreto. E il termine “lavoro flessibile” rappresenta il classico eufemismo con cui i media cercano di addolcire un boccone amaro, oppure cercano letteralmente di “fregare”. Un altro concetto interessante è quello di “welfare”, parola molto diffusa e sulla bocca di tutti proprio quando ci accorgiamo di quanto lo Stato stia riducendo vieppiù la tutela nei confronti dei più deboli. In questo caso è in gioco un altro meccanismo di dissimulazione che suona pressapoco così: quando vuoi introdurre una norma spiacevole, inizia a parlare continuamente del suo contrario come se fosse ciò a cui tu veramente miri. Ecco allora che in un’epoca in cui lo Stato sta terzializzando sempre di più gli intereventi sociali con la scusa dei risanamenti di bilancio e sta riducendo i finanziamenti nel settore penalizzando anche in parte il volontariato e il terzo settore, assistiamo ad una moltiplicazione – che in effetti sa un pò di beffa – di discussioni, dibattiti, incontri, leggi su un “welfare” inesistente e appartenente al passato. Ma veniamo alla flessibilità o, meglio, alla precarizzazione del lavoro vista come una forma di progresso e di modernizzazione. A Mirafiori si è svolto un referendum piuttosto scandaloso perché fondato sul ricatto: “tu, lavoratore della Fiat, sei assolutamente libero di scegliere, ma se voti sì continui ad essere un lavoratore della Fiat appunto, se voti no sei fuori gioco. E se voti sì devi lavorare di più per meno!“ La situazione mi ricorda un aneddoto raccontato da Lacan nei suoi Scritti: la frase tantissime volte pronunciata dai banditi nei film western: “o la borsa o la vita” rappresenta il classico “doppio-vincolo”, per cui sia se consegni la borsa sia se non la consegni (e quindi vieni ucciso) sei comunque destinato a perdere quella dannata borsa...perché hai una canna da fucile puntata alla tempia! Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 24 24 EmIlIANo BAzzANEllA Tutto ciò viene venduto come un ineludibile processo di cambiamento e sviluppo delle relazioni sindacali e dei processi produttivi, per cui dovendo competere con l’industria asiatica, la cosa migliore è sposarne la filosofia e la metodologia, imitarla pedissequamente insomma. Ma siamo proprio convinti che la strategia migliore sia quella di seguire i nostri competitors sul loro terreno, cioè flessibilizzando il lavoro, diminuendo le retribuzioni, aumentando le ore lavorative e le pause intralavorative? Siamo convinti che una schiavizzazione simile a quella dei lavoratori cinesi o balcanici sia cosa auspicabile e giusta nell’ottica della “sacra” globalizzazione? C’è indubbiamente qualcosa che non va e che stona. E vengono in mente almeno due esempi abbastanza significativi per evidenziare come il modello-Marchionne sia invero un modello “stupido”, senza futuro. Oppure un modello che nasconde altri fini, ben dissimulati. Proprio mentre la Fiat annuncia l’ennesimo calo di vendite nel 2010, le grandi case produttrici tedesche aumentano le loro quote di mercato nonostante la crisi mondiale. Costoro inoltre non producono in Bangladesh o in India, ma fabbricano le loro automobili ancora in Germania: automobili vendute a prezzi superiori rispetto alla Fiat, e con operai remunerati di gran lunga meglio. È in gioco evidentemente un meccanismo diverso dove ciò che conta sono la qualità e la ricerca di nuovi prodotti...mentre la Fiat continua a fare la stessa Punto e la stessa Panda da anni perché nel 2008 il manegement prevedeva che avrebbe venduto poco fino al 2012 a causa della crisi: la classica previsione autorealizzantesi! L’altro esempio è quello della Apple di Steve Jobs: quando tutti gli analisti e tecnici non celavano il proprio scetticismo, veniva presentato quell’iPad – o tablet, come ormai si chiama più genericamente – che attualmente sta cambiando il nostro modo di comu- Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 25 INDIgNATEVI 25 nicare e di utilizzare il computer. Prodotto geniale che mette assieme bellezza estetica, manipolabilità e sensazioni tattili, semplicità d’uso, utilità. Steve Jobs non ha sfidato il mercato riducendo tutti i costi di produzione o risparmiando sulla ricerca, facendo cioè la corsa autodistruttiva del prezzo più basso, ma ha “inventato” qualcosa di nuovo che cambia il nostro modo di vivere! L’indignazione si traduce in questo caso ancora con un imperativo negativo: non consideriamo più Marchionne un bravo manager o, per l’amor d’Iddio, un “rivoluzionario”! 9. Wikileaks Nello stesso modo in cui noi non vogliamo saperne più di tanto di Berlusconi poiché è l’Altro che siamo noi stessi, il sistema non vuole conoscere i segreti che si nascondono dietro l’attività diplomatica degli stati e delle multinazionali. In altre parole è necessario che il “segreto” venga mantenuto affiché la finzione in cui viviamo “funzioni” per davvero. G. Bateson aveva così individuato nel mistero o nel buco di conoscenza il nucleo funzionale di ogni sistema informativo. La religione, ad esempio, funziona proprio perché al suo centro c’è un segreto, qualcosa che non si può sapere. Allo stesso modo, sembra che l’uomo sguazzi in questo non-sapere, trasformandosi così in un “non-volersapere”. Julien Assange ha avuto la grande colpa di aver smascherato un gioco che tutti noi conosciamo, ha cioè mostrato quel “trucco” che facevamo finta di non vedere. Un po’ come il bambino che nonostante l’età finge di credere in Babbo Natale per riceverne ancora i regali. Che gli Stati Uniti vedessero con sospetto la Cina è logico; che Berlusconi avesse una fama internazionale dubbia, ancora più ovvio. Che il Vaticano Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 26 26 EmIlIANo BAzzANEllA fosse intrallazzato in oscuri affari finanziari, è ancora ancora più ovvio. E allora? Perché Assange rischia, attraverso un gioco machiavellico di estradizioni e di pretesti (quando mai un buco nel preservativo più o meno intenzionale ha cagionato un mandato di cattura inernazionale?), d’essere accusato di spionaggio dagli Stati Uniti? Ha senso che una persona rischi la vita per aver reso noto ciò ch’era già bell’e acclarato? Stiamo vivendo in un mondo finzionale, fittizio, illusorio e psicotico, fatto di immagini virtuali e di sogni impossibili, e Assange ci ha mostrato proprio questo, la falsità della nostra condizione e il desiderio inconscio di mantenere questa falsità. Ancora Lacan: Assange ci ha mostrato il cosiddetto “attraversamento del fantasma”, cioè ci ha schiaffato davanti la pesante realtà di vivere una vita alienata, vissuta da altri, dove il primo “altro” siamo paradossalmente proprio noi stessi. Siamo continuamente presi in giro e, pur essendone consapevoli, non facciamo nulla poiché in fondo è ciò che vogliamo. Per paura di affrontare la realtà? Per pigrizia? E perché in fondo, nonostante le querule recriminazioni e le continue lagnaze, siamo contenti di vivere in questa maniera? In questo Assange incarna l’antica figura del “parresiasta”. Nell’antica Grecia la parresìa consisteva in una pratica socialmente codificata in cui il soggetto diceva la verità in faccia al tiranno anche a rischio della propria vita. Si trattava di una vera e propria autoregolazione della democrazia poiché attraverso la veridizione potevano scatenarsi dei cambiamenti in un regime sempre sull’orlo dell’oligarchia o nella dittatura. Ma la parresìa risultava tale soltanto s‘era in gioco la vita del parresiasta, cioè se la verità veniva in qualche modo garantita dalla buonafede dello stesso interlocutore. Oggi tutti noi potremmo essere dei parresiasti, ma tacciamo perché invece abbiamo paura di perdere qualcosa e, tutto sommato, il sistema Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 27 INDIgNATEVI 27 in cui viviamo ci va bene così. Assange non l’ha fatto e sta rischiando, anche se “dietrologicamente” e meschinamente pensiamo che lo stia facendo per qualche tornaconto personale: fama, notorietà, narcisismo, occulte trame internazionali, soldi. Iniziamo allora ad indignarci davvero diventando un po’ tutti parresiasti, iniziamo a dire la verità anche a scapito del nostro personale interesse! Perché l’indignazione, anzi, è soprattutto parresìa. 10. Quelli del calcio Il calcio – si dice – è forse il più bello sport del mondo. Mette assieme tutti gli elementi fondamentali del gioco: l’aleatorietà del movimento della palla, l’agonismo e il contatto fisico, la tecnica e l’invenzione, il gioco di squadra, la tattica e la strategia, lo scatto e la resistenza, la forza e la velocità. E non a caso Berlusconi, prima ancora del suo esordio in politica, ha acquistato il Milan riportandolo ai tempi di Nereo Rocco e di Gianni Rivera. Il calcio insomma è paradossalmente un “dispositivo”. Come qualsiasi gioco, il calcio implica una “cornice” che ci dice praticamente “questo è un gioco”. Due piccoli gattini s’azzuffano, soffiano, attaccano e si difendono, ma in qualche modo marcano uno spazio di finzione, segnalano al compagno di gioco che quei morsetti e quelle graffiatine non sono vere. Analogamente quando ci rechiamo allo stadio, entriamo di fatto in una “cornice” virtuale dove molte regole della società “esterna” vengono temporaneamente sospese. Vi siete mai chiesti perché nel campo da gioco entrare su un avversario a gamba tesa non è reato, mentre se voi faceste la stessa cosa nella via principale della vostra città vi ritrovereste in quattro e quattr’otto in questura? La risposta insiste proprio in questa “cornice” inesistente che sospende per qualche ora Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 28 28 EmIlIANo BAzzANEllA la nostra vita normale. È una cornice importante che riecheggia una ritualità antica che assolveva una precisa funzione immunitaria. Nell’indifferenza in cui stiamo vivendo, il calcio invero assolve una funzione non dissimile dalla tragedia greca. Nuovo rito pagano, essa sublima catarticamente il thymós, proietta in uno spectaculum tragico le contraddizioni della nostra esistenza quotidiana. Se la politica ha ormai abdicato alle proprie funzioni prioritarie, se sono ininfluenti la destra o la sinistra, il conservatorismo reazionario o il liberismo azzardato, il vetero-comunismo o il vetero-fascismo, ecco che il proscenio viene occupato da un nuovo rito, da un nuovo spectaculum. Luogo catartico della nostra esistenza e delle nostre contraddizioni, il calcio costituisce la nuova religione della società italiana. Mou, Ibracadabra, Leo, Digno...altro che Togliatti, De Gasperi, Nenni o Saragat! Le nostre coordinate di riferimento sono completamente cambiate. Il risultato è duplice e invita ad una seria riflessione sulla nostra epoca. Mentre a Mirafiori si contrattano i diritti fondamentali del lavoro, con una retrocessione alle condizioni di primi dell’Ottocento (quelle condizioni che ispirarono Il Capitale di Marx, ad esempio), gli stipendi dei calciatori superano il milione di euro. È giusto? Non pare un’assurda sperequazione che dei giovinetti guadagnino in un anno quanto un lavoratore della Fiat percepirebbe alla catena di montaggio in una vita di lavoro? È giusto, risponderei, fintantoché il calcio copre delle falle che la società non riesce a coprire. L’indignazione qui ci suggerisce che in tutte le cose della nostra vita sociale, non dobbiamo limitarci a guardare, ma dobbiamo agire e reagire. Il calcio non guardiamolo soltanto alla TV, ma finalmente e in prima persona GIOCHIAMOLO! Impaginato Indignatevi definitivo:Indignatevi 09/02/11 15.45 Pagina 29 Bibliografia di riferimento: BATESON, G. - BATESON, M.C., Angels Fear. Towards an Epistemology of the Sacred, Macmillan, New York 1987; tr. it. di G. Longo, Dove gli angeli esitano, Adelphi, Milano 1989. DELEUZE, G., Logique du sens, Minuit, Paris 1969; tr. it. di M. de Stefanis, Logica del senso, Feltrinelli, Milano 1997. ERACLITO, in Die Fragmente der Vorsokratiker (3 voll.), a cura di H. 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