Rosetta, "danzando" con una cometa
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Rosetta, "danzando" con una cometa
fisica e… ©ESA/ATG medialab Rosetta, “danzando” con una cometa Lo straordinario viaggio nello Spazio e nel Tempo della sonda ESA, e del suo lander Philae roberto battiston DIpartimento di Fisica, Università di Trento, Italia Agenzia Spaziale Italiana -ASI, Roma Poco dopo le cinque del pomeriggio dello scorso 12 novembre, dal centro ESOCESA di Darmstadt è stato ufficialmente annunciato che Philae era “atterrato” sulla sua cometa: terminava così, in quel momento, un’attesa durata venti anni mentre tutta la tensione si scioglieva in un lungo applauso che in una manciata di minuti è “rimbalzato” su ogni media, attraversando il mondo da un capo all’altro. Io ero lì, ad aspettare come tutti la conferma del contatto con la cometa, il primo della storia. Sette ore prima, Rosetta aveva rilasciato il lander per cominciare a scrivere una nuova pagina nella storia dell’esplorazione del Sistema Solare. E appena è arrivata la conferma, ho ripensato alle parole pronunciate da Neil Armstrong dopo l’allunaggio del 20 aprile 1969, riadattandole all’occasione: “un piccolo salto per un robot, un grande balzo in avanti per tutta l’umanità”. Da parte sua, il direttore generale dell’ESA Jean-Jacques Dordain, emozionato come tutti, ha voluto sottolineare che “il grande problema dei successi è che sembrano facili, dopo. Mentre invece non cascano affatto dal cielo, ma vengono dal duro lavoro, dall’esperienza, dalla professionalità. Dietro il successo di Rosetta c’è la cooperazione di 20 paesi del Vecchio Continente. Noi europei siamo i primi ad aver fatto questo. E lo saremo per sempre”. In un attimo ho visualizzato i volti delle tantissime persone che hanno creduto in questa missione, lavorando senza risparmio perché divenisse una realtà. E proprio nel nostro Paese, che con l’ ASI è in prima fila fin dall’inizio di questa appassionante avventura, assieme a DLR e CNES – le agenzie spaziali di Germania e Francia. Ed è stato inevitabile ricordare, sopra tutti, una persona che non era lì a Darmstadt, non aveva potuto assistere a quello storico evento: Angioletta Coradini, scomparsa prematuramente meno di quattro anni fa e senza cui, probabilmente, Philae oggi non sarebbe sulla cometa 67/P. vol31 / no3-4 / anno2015 > 33 fisica e… Giotto: Adorazione dei Magi S. Lubieniecki, “Theatrum Cometicum”, 1668, © Linda Hall Library. 1 Giotto e la cometa di Halley La “premessa” di Rosetta è un altro successo europeo – anch’esso molto italiano. Nel 1986 la sonda dell’ESA Giotto compiva un’impresa che resta leggendaria: “attraversare” la coda di una cometa a meno di 600 km dal suo nucleo. Il nome era un tributo al grande pittore che, nell’”Adorazione dei Magi” affrescata alla Cappella degli Scrovegni di Padova aveva ritratto proprio quella stessa cometa, quasi sette secoli prima, come voleva la tradizione sulla capanna di Betlemme. Cometa che aveva 34 < il nuovo saggiatore potuto vedere ma di cui, naturalmente, non conosceva il nome che avrebbe preso, ben più tardi, a seguito delle osservazioni dell’astronomo Halley nel 1700. Per inciso, si trattava senza dubbio della cometa più “avvistata” della storia dell’umanità. Che da millenni, ogni 76 anni, si ripresenta puntualmente dalla nostre parti. L’ESA approvò la missione nel 1980, adattando per l’occasione la tecnologia di lancio dei satelliti geostazionari dell’epoca e ben sapendo che il rischio di mancare l’appuntamento sarebbe stato altissimo. Tanto che la NASA finì per rinunciare, mentre Giappone e Unione Sovietica mandarono una vera e propria flotta di sonde. Ma quella notte del 13 marzo 1986 fu solo Giotto ad avvicinarsi tanto quanto nessuno era mai riuscito a fare prima. Aprendo di fatto una strada che poi la NASA batté “in rincorsa” con altre tre missioni (Contour, Stardust e Deep Impact). Ma una strada che, con Rosetta, resta saldamente a guida “europea”. r. battiston: rosetta, “danzando” con una cometa Tempio di Philae Stele di Rosetta 2 Perché le comete L’astronomo americano Fred Whipple le chiamava le “grandi impostore” perché non ci mostrano – dalla Terra – il loro grigio nucleo di rocce e ghiaccio, ma solo le spettacolari code (o meglio: chiome) di gas e polvere che si formano quando si avvicinano al Sole. Veri e propri “serbatoi” di materia primordiale, sono tra gli oggetti più antichi del nostro sistema solare e, studiandoli da vicino, potrebbero svelare molti segreti sulla sua nascita, nonché, forse, anche sull’origine della vita sulla Terra. C’è chi pensa, infatti, che le comete potrebbero aver rilasciato a suo tempo molecole organiche prebiotiche durante il cosiddetto “grande bombardamento cometario” – un periodo di instabilità gravitazionale verificatosi tra 4,1 e 3,8 miliardi di anni fa e i cui effetti sconvolsero anche il nostro giovanissimo pianeta. è infatti proprio circa 3.6 miliardi di anni fa, come suggerisce lo studio dei fossili, che sulla Terra comparvero le prime forme di vita elementare: protocarioti e cianobatteri. Ma sono comunque ancora tantissime le cose da spiegare intorno ai cosiddetti “corpi minori” del Sistema Solare, tra cui – appunto – i miliardi di asteroidi e comete tra la nube di Oort e la cintura di Kuipert. E c’è da scommettere che molte delle certezze su questo argomento, così come sono riportate sui nostri manuali di astronomia, andranno probabilmente riscritte anche grazie a Rosetta e a Philae. vol31 / no3-4 / anno2015 > 35 fisica e… Orbita di Rosetta attorno alla Cometa. © ESA- C. Carreau 3 La missione L’onomastica delle imprese spaziali è sempre evocativa; a volte forse un po’ avventata, ma mai banale. I nomi scelti per l’orbiter e il lander che compongono questa missione, “Cornerstone” del programma ESA Horizon 2000 – e dedicata all’esplorazione dei corpi minori del Sistema Solare – esibiscono un’ambizione molto grande, ma altrettanto precisa: Rosetta e Philae sono infatti i luoghi in cui più di due secoli fa furono ritrovate la celebre stele e l’obelisco che hanno poi permesso di decifrare i geroglifici egizi. Allo stesso modo, passando dall’archeologia e dalla filologia alla scienza planetaria, l’ambizione della missione è quella di trovare una chiave per decifrare l’origine del sistema solare (e, forse, pure qualcosa di più). Peraltro il nome del lander (Philae) è stato scelto con un concorso internazionale tra studenti delle medie e delle superiori e fu proposto da una studentessa italiana. Allo stesso modo, anche il primo sito in cui ha toccato la superficie il lander ha un nome in tema: è stato battezato Agilkia, anche qui dopo un contest internazionale, come l’isola del Nilo dove fu spostato il Tempio di 36 < il nuovo saggiatore Iside (che era sull’isola di Philae, ora perennemente sommersa). L’idea di base della missione è semplice e ambiziosa. Raggiungere con una sonda per la prima volta nella storia una cometa molto prima dell’insorgere della sua chioma, quindi accompagnarla nel suo viaggio dallo Spazio profondo verso il Sole restandole vicinissimi e rilasciando sulla sua superficie un modulo di atterraggio munito di una strumentazione in grado di prelevare materiali al di sotto della crosta, per effettuare analisi fisicochimiche e inviare i relativi dati a Terra. Una scommessa, finora, per la gran parte vinta. La “sonda-madre”, Rosetta, pesa circa 3mila kg e ha l’ingombro di una piccola utilitaria (2,8×2,1×2 m3). Il lander Philae, invece – che tra le altre cose all’inizio si chiamava “Roland” (ROsetta-LANDer), poi si decise opportunamente per un nuovo battesimo – pesa circa 100 kg. Il lancio è avvenuto la mattina del 2 marzo 2004 da Kourou, nella Guiana Francese, con un anno di ritardo rispetto a quanto era stato pianificato a causa di un problema al vettore Ariane 5. Un rinvio che rese naturalmente necessario cambiare la cometa destino ultimo della missione. Quella scelta inizialmente, la P/ Virtanen, sulla base della quale era stato anche progettato il lander, era molto più piccola di 67P/ChuryumovGerasimenko (il nome quasi impronunciabile è un omaggio dovuto alla coppia di ucraini che la scoprì nel ’69) e avrebbe comportato dinamiche di avvicinamento ed atterraggio sicuramente più semplici. Per inciso, 67/P – così comunemente si abbrevia il nome della cometa di Rosetta – ha più o meno le dimensioni del centro di una città come Milano o Torino: un grumo di polveri e ghiaccio di poco più di 4 kmq. Dopo il lancio, Rosetta ha percorso più di 6 miliardi di chilometri verso la sua meta sfruttando ripetutamente l’effetto “fionda gravitazionale” una volta attorno a Marte e tre volte attorno alla Terra; ed effettuando anche due fly-by – sorvoli ravvicinati – con gli asteroidi Steins e Lutetia, rispettivamente nel 2008 e nel 2010. Quando i suoi pannelli solari non hanno più potuto garantire sufficiente energia per gli strumenti e apparati di bordo, mentre viaggiava verso l’orbita di Giove, Rosetta è entrata in stato di r. battiston: rosetta, “danzando” con una cometa Philae touchdown. © ESA/ATG medialab “ibernazione” ed è rimasta così per ben 31 mesi. Il 20 gennaio dello scorso anno si è poi svegliata automaticamente, comandata da un suo orologio interno, senza segnali provenienti dalla Terra: un evento che non era affatto scontato avvenisse con la precisione con cui si è verificato. Nel corso dei mesi successivi sono stati poi svegliati uno ad uno tutti gli strumenti scientifici di bordo, inclusi quelli del lander. Rosetta ha quindi proseguito il viaggio verso la sua cometa, che ha finalmente raggiunto il 6 agosto scorso: dopo il risveglio, l’attesissimo “rendezvous” con 67/P è stato il secondo momento “magico’” e mediaticamente potente della missione. Ricordo che pensai che era stato come lanciare un granello di sabbia da Darmstadt a Roma e centrare in pieno un atomo. La piccola-grande sonda ESA dal cuore italiano finalmente “agganciava” la cometa che per 10 lunghi anni aveva corteggiato e inseguito fin nello Spazio profondo. Entrando nella sua “orbita”, prendendola, per così dire, “sotto braccio” a 100 km dalla sua superficie. Chilometri che sono presto scesi a 30 e poi a 10 per poi risalire gradualmente, dopo il rilascio del lander, a 100. è stato da quel momento, mentre si trovavano a circa 405 milioni di km dalla Terra – più o meno a metà strada tra le orbite di Giove e di Marte – che Rosetta e 67/P hanno incominciato la loro corsa insieme verso il Sole, lanciate a 55mila km orari. L’atterraggio del lander, poco più di tre mesi dopo, è cronaca recente. I sistemi di ancoraggio di Philae non hanno funzionato a dovere e il lander, pur toccando “terra” esattamente nel luogo previsto, ha rimbalzato tre volte sulla superficie della cometa prima di incastrarsi in una cavità, finendo in un cono d’ombra insufficientemente irradiato dalla luce solare. Dobbiamo ricordarci che la cometa, nonostante le sue dimensioni, è un corpo piccolo e costituito da materiali di bassa densità, per questi motivi la sua attrazione gravitazionale è quasi nulla e i 100 kg di peso del lander sulla Terra diventano lassù pochi grammi appena. Come un grande foglio di carta che, se non ancorato, rimbalza facilmente alla minima reazione elastica. Esattamente quella che hanno avuto le gambe di Philae al primo contatto con 67/P. Il lander si è così fermato proprio in un crepaccio di cui si vede – è quello che ci mostrano le camere di bordo della missione – solo il bordo. Nonostante l’anomala posizione, per usare un eufemismo, nel corso delle prime 72 ore i vari strumenti di Philae si sono attivati ed hanno funzionato in maniera nominale. E così ha fatto, in particolare, lo strumento SD2: il trapano e l’apparato di distribuzione dei campioni prelevati. Subito dopo, tutto il lander è entrato in modalità “stand-by” in attesa che l’avvicinarsi al Sole consenta alle batterie di ricaricarsi e dunque al sistema di comunicazione e agli strumenti di rimettersi in funzione1. In ogni caso, la cometa raggiungerà il suo perielio (la distanza minima dal Sole) ad agosto di quest’anno e Rosetta continuerà a starle a fianco, mandandoci dati e informazioni almeno fino alla fine di dicembre. E forse anche dopo, allontanandosi di nuovo dal Sole. 1 14 giugno 2015, il Lander stupisce il mondo risveglianosi e comunicando i primi dati con un contatto radio durato 85 secondi. Il suo alias twitta: Hello Earth! Can you hear me? vol31 / no3-4 / anno2015 > 37 fisica e… Gli strumenti di bordo dell’Orbiter Rosetta. © ESA/ATG medialab 4 Il contributo Italiano La missione è costata in tutto circa 1,3 miliardi di euro, con un importante contributo dell’ASI che ha, tra le altre cose, finanziato la produzione e la fornitura ad ESA di quattro strumenti scientifici: tre nell’orbiter e uno nel lander. Oltre ad aver co-progettato, guidando con DLR e CNES un consorzio europeo, la realizzazione di Philae. Nel dettaglio si tratta di: VIRTIS (Visual InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer) il cui PI è Fabrizio Capaccioni dell’IAPS (INAF Roma); GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) il cui PI è Alessandra Rotundi dell’Università “Parthenope” di Napoli; infine della WAC (Wide Angle Camera) di OSIRIS, di Cesare Barbieri dell’Università di Padova (PI dell’intero strumento è invece Holger Sierks, MP Institute für Sonnensystem). A bordo del lander, sono poi italiani: 38 < il nuovo saggiatore il sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni (SD2), realizzato da Galileo Avionica – ed il cui PI è Amalia Ercoli Finzi del Politecnico di Milano – e il sottosistema dei pannelli solari (Politecnico di Milano). L’Italia ha anche fornito personale qualificato all’interno del Lander Project Team. 5 Schede degli strumenti VIRTIS (Visible and InfraRed Thermal Imaging Spectrometer), combina 2 canali di osservazione in un unico strumento: uno utilizzato nella ricostruzione della mappa spettrale del nucleo, l’altro dedicato alla spettroscopia ad alta risoluzione. L’obbiettivo è risalire alla natura delle parti solide che compongono il nucleo della cometa e tracciare le sue caratteristiche termiche. I dati ottenuti, combinati con quelli acquisiti da altri strumenti, sono stati utilizzati per selezionare la zona sulla quale far atterrare il lander. GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) è uno strumento in grado di analizzare le polveri e i piccoli grani di materiale presente nella chioma della cometa. è in grado di misurane le proprietà fisiche e dinamiche, tra le quali la dimensione, il rapporto tra materiale granuloso e quello gassoso, la velocità delle particelle. OSIRIS (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System) è lo strumento principale della missione Rosetta per la raccolta delle immagini della cometa. È composto da due canali: NAC (Narrow Angle Camera), ottimizzato per ottenere mappe ad alta risoluzione del nucleo della cometa, fino a 2 cm per pixel, con una capacità di messa a fuoco da 2 km a infinito e da 1 a 2 km; WAC (Wide Angle Camera), ottimizzato r. battiston: rosetta, “danzando” con una cometa Proprietà e caratteristiche della cometa rilevate dagli strumenti di bordo di Rosetta, @ESA per ottenere una mappa panoramica ad alta risoluzione del materiale gassoso e delle polveri nei dintorni del nucleo della cometa. Il canale WAC di OSIRIS è di responsabilità italiana ed è progettato per lo studio accurato delle emissioni gassose della cometa sia nel visibile che nella banda UV. Le immagini acquisite da questo canale, sono state utilizzate per selezionare la zona in cui è atterrato il lander. A bordo di Philae sono inoltre presenti i seguenti sistemi italiani: SD2 (Sample Drill&Distribution) rappresenta un elemento di elevata miniaturizzazione, condensando in appena 4 kg tecnologie ad altissime prestazioni. SD2 è in grado di resistere a condizioni ambientali proibitive, per penetrare il nucleo della cometa sino a 20 cm di profondità. Un meccanismo sofisticato consente di distribuire i campioni prelevati (diametro di circa 2,5 mm) in appositi contenitori in modo da rendere possibile lo studio delle proprietà mediante alcuni degli strumenti a bordo del lander. Il funzionamento del sistema SD2 è regolato da un software sofisticato, installato nel computer di bordo del lander. Un altro elemento “made in Italy” è il Solar Array (SA) costituito da celle solari ad alta efficienza in grado di garantire la potenza elettrica necessaria anche a distanze dal Sole superiori a 2 AU. Committee, che ha guidato con suo personale per sei anni, e fornisce supporto per le attività sul lander a livello di sistema e di sottosistemi. A complemento dell’ articolo scientifico allego anche due miei interventi tratti dal mio blog su Le Scienze “Astri e Particlle” che ho scritto per Rosetta e Philae e che possono essere riprodotte sul Nuovo Saggiatore in quanto danno una buona impressione di quello che si provava in quei momenti. Accordi Internazionali Ringraziamenti Per quanto concerne il lander Philae, è stato costituito un Consorzio Internazionale per costruirlo di cui l’ASI fa parte; oltre alla realizzazione di SD2 e dei Solar Array, l’ASI ha cogestito il progetto attraverso un Project Manager Deputy, ha partecipato allo Steering Si ringrazia Massimo Bongiorno per la collaborazione e Enrico Flamini per la revisione delle bozze. vol31 / no3-4 / anno2015 > 39 A complemento dell’articolo scientifico, riproduciamo qui di seguito due post dell’Autore pubblicati sul Blog online Astri e Particelle. di “Le Scienze”, LA NASCITA DEL MITO Mi sono sempre chiesto come nasce un mito, una leggenda. Omero, forse non è mai esistito, ma innumerevoli uomini intorno ad altrettanti fuochi hanno ascoltato, stanchi di una giornata spesa a lavorare, cacciare o combattere, i racconti della guerra di Troia o le avventure di Ulisse, ripetuti a memoria, talvolta arricchiti di qualche dettaglio. Li vedo quegli uomini, quelle donne, quei bambini. Mi immagino i loro occhi, spalancati mentre la parola di altri uomini suscita immagini, sentimenti, emozioni di fatti lontanissimi ma vividi e presenti, parole in grado di trasmettere e rendere vivo qualcosa di comune a tutti noi, sola specie in grado di vincere con la memoria e con i simboli l’oblio e lo scempio del tempo che passa. Mi sarebbe piaciuto essere presente ai fatti che piano piano hanno dato nascita al mito, assistere alla nascita delle strofe del poema che avrebbe tramandato le gesta degli eroi, seguire l’indicibile sequenza di eventi che tessono la trama del racconto che poi fa risuonare il nostro spirito e il suo miscuglio di pensieri a cui solo la parola riesce a dare soddisfazione e senso. Era però per me insospettabile che nell’era spaziale, nel moderno, velocissimo mondo di internet ci fosse spazio per questo tipo di cose. Il 6 agosto 2014, in occasione dell’incontro tra il satellite Rosetta e il suo anelatissimo pezzettino di roccia ghiacciata, la comet(in)a 67P/Churyumov-Gerasimenko, ho scoperto che mi stavo sbagliando. A Darmstadt, in ESOC, il centro di controllo dell’ ESA, non mi trovavo esattamente attorno ad un fuoco di un accampamento notturno. Eravamo in mondovisione ed il pubblico era formato da distinti signori (molti) e signore (poche) vestiti in modo vagamente elegante. Si trattava di un contesto in cui la tecnologia regnava sovrana e non vi era praticamente spazio per 40 < il nuovo saggiatore l’imprevisto, sia a terra che a 200 milioni di km di distanza, nel punto dove avveniva l’incontro dopo un inseguimento durato più di un miliardo di km. Ma evidentemente stava accadendo qualcosa di straordinario, di epico, qualcosa di cui si sarebbe sentito parlare a lungo. All’improvviso, guardando le facce dei presenti, che fossero ministri, capi di agenzia, giornalisti o scienziati, mi sono reso conto che ero finito dritto dritto in quel tipo di crogiolo della storia dove nascono i miti. Come in tutte le mitologie che si rispettino c’è un’aspetto rituale. Il programma Rosetta va avanti da più di vent’ anni ed è stato finanziato dall’Europa tramite l’Esa. Per cui la rappresentazione prevedeva una serie di discorsi rituali, che ricordavano in modo formale le origini dell’ idea di intercettare la cometa e inneggiavano alla grandezza dell’ESA, degli scienziati e dell’industria europea. Per cui sono intervenuti, introdotti dal Gran Ciambellano (il direttore ESA per l’esplorazione), il capo delle tribù del Regno Europeo (il Direttore Generale dell’ESA), il capo degli Alemanni (la DLR tedesca), il relativo tesoriere (il Ministro dello Spazio), i capi delle tribù dei Franchi e dei Romani (i capi delle Agenzie Spaziali Francese ed Italiana), ciascuno descrivendo con parole vibranti ed immaginifiche, seguendo stili consolidati e tipici delle loro regioni di provenienza, le ragioni di quella adunata. A questo punto entra in scena la grande profetessa (una simpatica, brava giornalista inglese), sola ammessa all’ interno della cella sacra del tempio (la sala di controllo dell’ ESOC) dove officiano i grandi sacerdoti, appartenenti da una casta di iniziati ai misteri di Rosetta, di Philae e di Chury-Gera. Dopo avere posto le domande di rito ai grandi sacerdoti e avendone ricevuto risposte nel linguaggio ieratico tipico degli iniziati ai misteri di Chury-Gera, la grande sacerdotessa introduce gli astanti ad un atto iniziatico, l’invio di un messaggio alla dea Rosetta, implorandola di rispondere dando a noi mortali evidenza di r. battiston: rosetta, “danzando” con una cometa Sala di controllo principale del Centro Operativo di ESA-ESOC: conferma dell’avvenuto distacco di Philae da Rosetta. © ESA-J. Mai sé. La richiesta è inviata dal grande sacerdote unico ammesso a porre le mani su una tavoletta incisa con misteriosi caratteri (tastiera QWERTY), atto necessario, ma non sufficiente, per entrare in comunicazione con la dea. E infatti nulla accade, ma la profetessa annuncia che nulla accadrà per esattamente un terzo di un ventiquattresimo di giornata, numero magico legato al contatto dell’uomo con la dea Rosetta. Nell’ attesa, altri dignitari intervengono a tessere le lodi della grandezza dell’ ESA e della scienza europea. Venti minuti dopo, la profezia sia avvera e la dea risponde tracciando su una tavoletta posta sopra a quella QWERTY dei segni che interpretati dal grande sacerdote confermano che la dea è ben disposta nei confronti dei mortali riuniti in assemblea. Allora accade una prima cosa straordinaria. Tutti i membri dell’ assemblea si alzano in piedi e si mettono a eseguire una serie di gesti rituali, accennano a movimenti di danza, si abbracciano, alzano le braccia, puntano i pollici verso l’alto, bevono da calici pieni di nettare d’uva. Il tutto però avviene in modo non prevedibile, quasi casuale. La risposta della dea ha scatenato una gioiosa confusione, un inizio di un ballo orfico in cui si mescolano i ruoli, i comportamenti, le parole. Ma il bello deve ancora venire. La profetessa annuncia che qualche ora dopo la dea Rosetta mostrerà segni mai visti prima, immagini di alta precisione relative alla misteriosa cometa Chury-Gera. Ci spostiamo nella sala degli aedi (sala stampa), dove su un palco si alternano sacerdoti e grandi sacerdoti, circondati da un pubblico inebriato e da messaggeri (giornalisti) provenienti da tutti gli angoli della terra. Ad un certo punto si materializzano i segni della dea, appaiono le prime immagini di Chury-Gera, immagini di una nitidezza incredibile che mostrano come il doppio nome della cometa fosse un segno profetico: il nocciolo della cometa assomiglia infatti ad una nocciolina americana, una struttura a due teste collegate assieme da un corpo pieno di cicatrici, di crepacci, di pianure che si spingono fino al bordo della piccola cometa per terminare nell’abisso dello spazio infinito. è in quel preciso momento che capisco che sta nascendo un mito e che anche io ne faccio parte. Nella sala siamo tutti pervasi da una sensazione incredibile. Ricordiamo che Rosetta ha inseguito per 10 anni la sua cometa, una cometa di una bellezza straordinaria nella sua assoluta normalità, un pezzo di roccia ghiacciata come ce ne sono miliardi nel nostro sistema solare, reso però assolutamente unico dal fatto che quello e soltanto quello è stato l’obbiettivo di un gruppo di audaci che sfidando le difficoltà più incredibili per più di vent’anni hanno dedicato la loro vita a quest’impresa. Era Elena veramente la più bella di tutte le donne del tempo? C’è da dubitare, ma una volta deciso che Elena era la più bella era giustificata la decisione dei greci di intraprendere una sanguinosa, lunghissima guerra per permettere ad Agamennone, Achille e Menelao di riprenderla. In quel momento, di fronte a quelle immagini strepitose, viste per la prima volta da occhi umani, in una sala percorsa da un fremito primitivo di stupore, meraviglia, da una grande gioia quasi infantile, il calvo Mark McCaughrean (senior scientist dell’ESA) mi sembra abbia il profilo di Achille, Paolo Ferri (capo delle operazioni di Rosetta) con i suoi capelli bianchi mi sembra Platone mentre spiega la bellezza delle orbite triangolari di Rosetta ad un giornalista inglese, Andrea Accomazzo (capo della divisione delle missioni planetarie dell’ ESA) è l’astuto Ulisse, intento a pianificare la prossima mossa di un viaggio ventennale che vede solo ora, in vista dell’ amata Itaca, l’inizio della parte più avventurosa, Fabrizio Capaccioni (dello IAPS di Roma, impegnato nello strumento Virtis) mi sembra un gigante proveniente dall’isola di Polifemo. Nella sala aleggia, proveniente dall’ Ade, lo spirito di Angioletta Coradini, madre di Rosetta e sua protettrice….. vol31 / no3-4 / anno2015 > 41 BUONA NOTTE DA PHILAE Mezzanotte. Squilla il telefono. Amalia Finzi, la “mamma” del driller di Philae mi chiama emozionatissima da Darmstadt per dirmi che il trapano cometario di marca italiana ha appena terminato la sequenza prevista per il sondaggio della cometa 67P/ChuryumovGerasimenko. La testa trapanante, dopo essere uscita su un braccio di supporto dalla struttura di Philae ha fatto scendere la lunga punta di trapano per 470 mm per poi farla risalire. Sperabilmente dopo avere perforato il terreno (o forse dovrei dire il comeno) e avere caricato sul sistema di distribuzione del materiale cometario smistato automaticamente ai vari sensori, incluso un piccolo forno che scaldandolo lo fa evaporare per meglio analizzarlo. Sperabilmente, perchè i dati arrivano con il contagocce e non è ancora possibile capire l’andamento e il risultato delle operazioni svolte dal trapano italiano. Ma presto capiremo se il trapano ha toccato il terreno. Improvvisamente, nella penombra della stanza, mi rendo conto che sta accadendo qualcosa di straordinario: attraverso la voce di Amalia, Philae mi sta parlando da 510 milioni di km, aggrappata come un piccolo insetto ad un grande elefante, esposta al gelo del cosmo, con le sue zampe incastrate in qualche fessura della cometa, dopo essere finita mezza dentro un crepaccio, con solo un pannello che riceve di tanto in tanto luce solare. Mi racconta, con le batterie che si stanno inesorabilmente scaricando, di come stia pazientemente eseguendo le azioni per cui è stata programmata più di dieci anni fa, di come stia cercando di farci capire di cosa sia fatto l’oggetto inseguito a cavallo di Rosetta e che ora cavalcherà per i millenni a venire. Ho ricevuto svariate volte telefonate dagli astronauti sulla Stazione Spaziale. Ma non avevo mai ricevuto una telefonata da una cometa, una telefonata senza prefisso, una telefonata che non posso restituire. Se Philae non fosse un robot, penserei che abbia freddo o che abbia paura, avendo capito che non tornerà più a casa. Mi sembra essere lì, di fianco a Philae, su questa piccola roccia oggi così famosa, per farle coraggio e sostenerla affinchè riesca nell’arduo compito che le è stato assegnato analizzando i campioni planetari. Grazie Philae, da noi che siamo rimasti sulla terra e siamo diventati tutti philaefili, buona notte piccolo robot, impavido e coraggioso! Grazie per tutte le emozioni che ci hai fatto vivere nella manciata di ore della tua incredibile vita sulla cometa. Buon lavoro Philae, buona notte. Roberto Battiston Roberto Battiston è nato nel 1956, a Trento. Laureato in Fisica alla Scuola Normale di Pisa nel 1979, ha conseguito il Diploma di Dottorato all’Università di Parigi IX, Orsay. Dal 1993 cattedra di Fisica Generale a Perugia, dal 2012 cattedra di Fisica Sperimentale a Trento. Laurea Honoris Causa Università di Bucarest (2000). Attivo per oltre 30 anni in collaborazioni scientifiche internazionali nel campo della fisica sperimentale delle interazioni fondamentali agli acceleratori e nello spazio: Fisica delle Interazioni Forti, Fisica delle Interazioni Deboli ed Elettromagnetiche, Studio dei raggi cosmici dallo spazio. Co-fondatore e deputy spokesperson dell’esperimento AMS, lo spettrometro per la ricerca dell’antimateria nello spazio installato sulla stazione spaziale ISS nel maggio del 2011. Autore di oltre 450 lavori pubblicati su riviste internazionali. Autore di tre brevetti. Organizzatore di numerosi congressi dedicati alla scienza spaziale (Trento 1999, Elba 2002, Washington 2003, Pechino 2006, CERN 2012). Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. 42 < il nuovo saggiatore © ESA/Rosetta/Philae/CIVA