Sordi e religione - SGB-FSS

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Sordi e religione - SGB-FSS
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segni amo - febbraio/marzo 2016
Sordi e religione
Il mondo dei sordi, in Svizzera, è ormai da secoli strettamente legato alle chiese (cristiane).
Il rapporto è stato a lungo unidirezionale, perché i sordi dovevano adattarsi alla lingua
scritta e parlata delle chiese. Oggi, sempre più religioni si accorgono di poter trarre profitto dalla cultura dei sordi.
testo: Martina Raschle; foto: Thinkstock, Cronache della parrocchia per sordi di Zurigo; traduzione: Catia De Ronzis
«
Chi non è in grado di sentire bene, non può credere.»
Quest’asserzione del padre della
chiesa Agostino (354 – 429), ha gravi
conseguenze per i sordi in Europa. Fin
dentro al 20° secolo, i sordi non sono considerati dei cittadini a pieno titolo, perché
«non hanno una lingua». Dopo aver visto una persona sorda intenta a segnare,
Agostino cambia la sua dichiarazione.
Ammette che i sordi possono raggiungere
la fede tramite la lingua dei segni. Ma è
già troppo tardi, ormai si è diffusa la credenza che i sordi non hanno una lingua e
non possono credere in Dio.
I monaci inventano l’alfabeto manuale
Dal momento che l’educazione dei sordi
compete alla Chiesa, essa rimane a stretto
contatto col mondo dei sordi. Pur essendo vero che la maggior parte dei monaci ritengono che i sordi siano poco intelligenti, vengono comunque intrapresi
singoli tentativi d’istruzione. Tali lezioni
ottengono di tanto in tanto il successo
sperato, in particolare se i monaci utilizzano l’alfabeto manuale e qualche segno
come ausilio d’insegnamento. L’alfabeto
manuale è utilizzato anche tra i monaci,
perché spesso nei conventi vige l’obbligo
del silenzio. È una situazione paradossale:
da una parte, la religione cristiana discrimina i sordi, dall’altra è proprio nei monasteri che la comunicazione (silenziosa)
funziona piuttosto bene coi sordi.
Pedagogia dedicata ai sordi
Nel 1760, un uomo di chiesa francese
utilizza l’alfabeto manuale per istruire si-
vore del metodo orale. Questo congresso
segna dunque un momento fatale per i
sordi: i segni sono banditi dalle aule scolastiche e i bambini sordi devono leggere
il labiale e imparare a parlare.
L a noia in chiesa
I monaci hanno notato presto che i
sordi comunicano tramite segni.
stematicamente i bambini sordi. Si tratta
dell’Abbé de l’Epée. Attraverso l’alfabeto
manuale e singoli segni, i bambini imparano a conoscere le lettere dell’alfabeto e
a capire alcune nozioni. In questo modo,
i bambini ottengono un accesso alla scrittura. L’Abbé de l’Epée è convinto del
fatto che la lingua funzioni anche tramite i segni e che i sordi possano dunque
avere una loro lingua. Grazie al suo metodo, per la prima volta i bambini sordi
riescono a raggiungere un buon livello di
formazione. Essi sono in grado di leggere
la Bibbia. Ma questa modalità manuale
è oggetto di una controversia tra vari
esperti, perché i bambini non imparano a
parlare. La disputa che ha investito la pedagogia dedicata ai sordi viene risolta nel
1880 durante il congresso di Milano a fa-
Questa decisione ha ripercussioni anche
nell’educazione religiosa. I sordi devono
prendere posto nei banchi tra le persone
udenti e sono costrette ad annoiarsi, perché non riescono a capire assolutamente
nulla. Nel 1895, il sordo svizzero Eugenio
Sutermesiter, scrive: «Eravamo costretti
a trascorrere un’ora intera nella chiesa
del paese, benché non capissimo assolutamente nulla della predica, giacché il
prete era troppo lontano e troppo in alto
nel suo pulpito, parlando infine troppo
in fretta perché noi potessimo leggere il
labiale.» Anche i preti si accorgono che
i sordi vivono nella comunità in maniera
isolata, subendo un’emarginazione sociale e privati della possibilità di capire i
contenuti religiosi.
Molto più della mera
religione
A partire dal 1900, singole comunità ecclesiastiche iniziano a tenere delle ore di
studio biblico apposta per i sordi. Queste
lezioni sono di grande impatto. Da una
parte, i sordi riescono a capire meglio il
parroco, se quest’ultimo si situa davanti
a loro e parla in maniera chiara. Alcuni
preti, inoltre, distribuiscono la predica
anche sotto forma di testo scritto. Ma la
cosa più importante è l’aspetto sociale.
Durante lo studio biblico e dopo le messe,
i sordi possono incontrarsi e scambiarsi
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L‘Abbé de l’Epée ha istruito i bambini
sordi con molto successo grazie
all’utilizzo dei segni.
le loro impressioni. Si forma così una comunità al di fuori delle scuole per sordi e
vengono fondate sempre più associazioni
di sordi. D’altra parte, però, le chiese
esercitano una grande influenza sulla
vita dei sordi, anche al di fuori della religione. Esse fungono da intermediarie nel
mercato del lavoro, contrattato le condizioni con le autorità ed esercitano la loro
influenza persino nella vita di famiglia.
Questo stato di cose è assai delicato, perché molti preti sono contrari alla possibilità di unire in matrimonio due persone
sorde e lasciarle generare dei figli. I sordi
continuano a essere ritenuti incapaci di
autonomia e, dunque, socialmente dipendenti.
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preti dediti alle persone sorde. Alcuni
di loro pensavano: «I sordi devono comunque venire a messa, e allora tanto
vale che almeno capiscano qualcosa».
Oggi i bambini sordi non sono più istruiti dalle suore, i sordi possono scegliere
autonomamente la loro religione e la
comunità sorda si è organizzata da ormai molto tempo anche al di fuori del
mondo ecclesiastico. Le chiese devono
offrire delle prestazioni, affinché le persone sorde frequentino le loro messe. Ed
è proprio quello che fanno: Già dal 1954,
un coro dei mimi prende a lavorare a sostegno delle messe e sempre più persone
sorde assumono cariche di responsabilità
all’interno delle chiese, contribuendo alle
decisioni della comunità. Il canton Vaud
ha addirittura un prete sordo, ovvero il
vincitore del Prix VISIO, Jean Charles
Bichet.
Credere con gli occhi
Da molto tempo ormai, i mezzi ausiliari
tecnici (beamer, retroproiettori, etc.) o
umani (interpreti di lingua dei segni)
hanno fatto la loro entrata nelle chiese e
appartengono all’offerta standard delle
messe. I preti, per la maggior parte udenti,
si adeguano alle esigenze della loro clientela, mentre un tempo avveniva il contrario. Essi imparano la lingua dei segni
LE CHIESE HANNO A
LUNGO INFLUITO SULLA
VITA DEI SORDI – ANCHE
AL DI FUORI DELLA
RELIGIONE.
e prendono parte alla cultura dei sordi.
Anche altre offerte mostrano di come
oggi la clientela sorda sia presa sul serio:
In America e in Svizzera ci sono progetti
che mirano a rendere accessibile la Bibbia
su internet tramite una traduzione in lingua dei segni. Inoltre, alcune comunità
religiose parlano ai sordi utilizzando dei
messaggi visivi, nella speranza di acquisire nuovi membri. Ma oggi non sono
solo le messe a essere più visive. Molte
religioni hanno capito che la fede non
passa solo dalle orecchie. Esse riprendono
idee visive, come la griglia per indicare i
numeri dei canti o la proiezione scritta
della predica. A trarre profitto da queste
conquiste visive sono tutti i membri della
chiesa, non importa se sordi o udenti. ■
I sordi nel ruolo di clienti
L’emancipazione dei sordi e la maggiore separazione tra Stato e Chiesa in
Svizzera alla fine del 20o secolo cambiano la pedagogia dedicata ai sordi
e, di conseguenza, anche l’influenza
della Chiesa. L’adattamento delle funzioni religiose alle esigenze dei sordi per
lungo tempo è rimasto un merito da
attribuirsi all’atteggiamento di alcuni
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I sordi sono stati a lungo costretti a leggere le parole dalle labbra del prete.
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Coro dei mimi: rendere
visibile la religione
Dal 1954 il coro dei mimi di Zurigo rende indimenticabili le messe. Questo coro è composto unicamente da persone sorde e audiolese. Esse traducono la «parola di Dio» attraverso
la pantomima, così da permettere ai sordi di toccare con mano i contenuti delle messe.
testo e foto di Rolf Ruf: Martina Raschle; foto del coro dei mimi: tratte dal libro «Mimenchor»; traduzione di Catia De Ronzis
«
Recita natalizia del coro dei mimi nel 1960.
Voglio fare di voi dei pescatori di
uomini!» Nel 1943, il sacerdote
Jakob Stutz tenta disperatamente
di spiegare ai sordi in una messa consacrata a loro il significato di queste parole
di Gesù. Non ci riesce. I sordi leggono il
labiale, ma le parole non hanno senso. E
alcuni sordi sono seduti anche troppo
lontano per leggere dalle labbra. In effetti,
all’epoca nelle chiese non esisteva nessun
tipo di retroproiettore.
L a Bibbia nella propria
lingua
Per il giovane prete Eduard Kolb, quel
giorno rappresenta esattamente la prima
visita di una messa per sordi tenuta da
padre Stutz. Nota i vani tentativi di
quest’ultimo e tra sé e sé pensa che bisogna cambiare qualcosa. A quei tempi,
la chiesa protestante svizzera pretende
che la messa per i sordi debba costituirsi
da «preghiere e prediche». Ma a padre
Recita natalizia del coro dei mimi nel 2009.
Kolb viene in mente il riformatore tedesco Martin Luther, che tradusse la Bibbia
nella lingua del popolo, affinché esso potesse comprendere la parola di Dio. La
lingua dei sordi è visiva, si dice tra sé e sé
Eduard Kolb. Quindi per loro la Bibbia
dev’essere rappresentata in maniera visiva.
Nasce così l’idea del coro dei mimi. Nel
1945, Kolb viene ordinato sacerdote dei
sordi del canton Zurigo e fonda immediatamente un coro di mimi, che funge
da sostegno alla messa e da complemento
alla predica. Il gruppo fa molti esperimenti – segni, teatro, danza, costumi –
e nel 1954, il gruppo dei mimi diventa il
«coro dei mimi di Zurigo». Nei 17 anni
seguenti, questo coro lavora a stretto contatto con l’insegnante di balletto, Max
Lüem, sperimentando così un continuo
miglioramento. Più tardi, il presidente del
coro dei mimi, Rolf Ruf, dirà: «Eravamo
ambiziosi. Per la chiesa, solo il meglio
è buono abbastanza; esibirsi durante la
messa significa esibirsi dinanzi a Dio.»
Per tutti i sensi, per tutte
le persone
Le esibizioni del coro dei mimi rappresentano a tutt’oggi un’esperienza per tutti i
sensi; il prete elabora i testi e abbozza le
recite, il coreografo le trasforma in movimento, mentre un musicista accompagna
la pantomima. Attraverso la pantomima,
il coro dei sordi si differenzia da altre
forme artistiche visive dedicate alle persone sorde, ad esempio dai cori di lingua
dei segni. Questi ultimi traducono il testo
delle canzoni in determinati segni della
lingua dei segni, seguendo il ritmo ed
esprimendo il tenore della canzone. Per la
gente, ciò è molto bello a vedersi, ma non
tutti godono di pari accessibilità al contenuto, visto che non tutti padroneggiano la
lingua dei segni. Il linguaggio del coro dei
mimi, invece, è universale: movimento,
mimica e gioia. In questo modo, il coro dei
mimi realizza il sogno di Martin Luther:
ovvero, che la Bibbia sia accessibile a tutti.
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«Dio è invisibile – la gioia è visibile»
Rolf Ruf (80) è membro del coro dei mimi sin dalla sua fondazione e dal 1974 lo presidia. In
quest’intervista racconta di come anche dopo 62 anni, il coro dei mimi continui a svilupparsi.
Segni amo: Lei fa parte del coro dei
mimi da ormai oltre 60 anni. Da
dove prende la motivazione per andare avanti dopo tutti questi anni?
Rolf Ruf: Per me significa svago e gioia.
Nel mio lavoro di architetto dovevo sempre concentrarmi. In più praticavo anche
balletto, acrobazia e recitazione, tutto
questo insieme agli udenti. Nel coro dei
mimi potevo sfruttare le mie esperienze.
Il teatro e l’espressività mi affascinavano
già fin da bambino. Ad esempio, quando
mi trovano a fare il boy scout tra gli
udenti, loro cantavano intorno al falò, ma
io non sapevo cantare. Allora ravvivavo la
fiamma e all’ombra delle lingue di fuoco
mi dedicavo alla pantomima. Era uno
spettacolo che entusiasmava tutti!
Il coro dei mimi è stato fondato per
rappresentare racconti biblici. Un
fattore importante per lei?
Le sacre messe hanno senso solo se sono
adattate ai sordi e se offrono delle possibilità espressive e culturali anche per
la visività delle persone audiolese. Ciò
avviene con le canzoni gesticolate e con
le esibizioni di pantomima. Sono convinto che arricchire le messe con tante
idee rappresenti un sostegno ideale per il
pubblico, ad esempio una predica accompagnata da danza, canzoni gesticolate ed
esibizioni bibliche in pantomima. Credo
in Dio, ma lui è invisibile, mentre la gioia
è visibile. Secondo me, nel coro dei mimi
non si tratta solo di religione, bensì anche
di esibirsi con gioia.
Accanto alla pantomima, i sordi
hanno trovato anche altre forme
espressive in chiesa, come ad esempio le canzoni in lingua dei segni…
Sì, il coro di lingua dei segni di San Gallo
di Inge Scheiber. Sento però un’enorme
differenza tra la canzone in lingua dei segni e la pantomima. Durante la canzone
in lingua dei segni, il coro rimane statico,
si limita a tradurre in lingua dei segni il
testo e a seguire il ritmo della canzone. La
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Rolf Ruf mostra la sua gioia di recitare
pantomima, invece, è più libera. A Berna,
un tempo, c’era un altro coro dei mimi,
ma purtroppo quest’ultimo si è arreso.
Un coro dei mimi ha bisogno di persone
valide. I mimi sono tutti volontari, non
ricevono alcun compenso. Per questo bisogna rivolgersi a loro in maniera sensibile.
L’attuale recita di Natale è di padre
Matthias Müller. Qual è il suo ruolo?
Un rifugiato e un cameriere d’albergo.
Un rifugiato?
Sì. La storia di Natale è sempre uguale:
Maria, Giuseppe, i tre re magi, la mangiatoia. Matthias Müller ha sempre
nuove idee, risulta sempre attuale e moderno. Vogliamo rappresentare Maria e
Giuseppe nel contesto odierno, rendendoli persone normali come noi, ma nel
ruolo di rifugiati. Innumerevoli persone
fuggono dalla guerra e dalla fame. In questi giorni, anche nelle masse di persone
in fuga nascono bambini. Alcuni di loro
forse in una stalla sulla paglia!
Quindi recitate la storia natalizia
«normale», ma in versione moderna?
Sì, Matthias Müller ha tradotto la storia,
affinché le persone possano stupirsi e affinché possano ricordarsi che il Natale
simboleggia la pace. Questo mi piace.
C’è tensione, ci sono poli opposti. È
un bene che il coro dei mimi cambi in
continuazione. Così, anche a 80 anni
non smetto di imparare a rapportarmi
ai miei giovani colleghi per recitare insieme a loro.
Come vorrebbe veder cambiare il
coro dei mimi in futuro?
Le messe sono sostenute da un piccolo
gruppo di mimi che recitano con piacere. Ma il coro dei mimi stesso dovrebbe
esibirsi più spesso in pubblico, per esempio a teatro. È importante anche per gli
udenti! Essi si lasciano entusiasmare
dalla pantomima, dalla nostra combinazione tra gioia e teatro. Questo è quanto
possiamo tramandare, così sordi e udenti
potrebbero incontrarsi più spesso.■
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La Bibbia in LSF finalmente online!
Benché la Bibbia rappresenti il libro più diffuso al mondo perché tradotto in un numero
imprecisato di lingue e di dialetti, in lingua dei segni esistono stranamente solo delle traduzioni puntuali. Per fortuna che una di queste traduzioni è stata intrapresa nel 2007 in LSF
e l’immissione su internet nel settembre 2015 ne facilita ora la diffusione.
testo: Sandrine Burger; foto: www.bible-lsf.org; traduzione: Catia De Ronzis
Video: Il Vangelo di Luca
Video: Libro di Giona
G
razie all’instancabile lavoro di
due gruppi di volontari con base
a Ginevra e Vevey, una parte della
Bibbia è ora accessibile in lingua dei segni
francese (LSF) su internet dal settembre
2015. Un lavoro titanico che continua il
suo corso….
Un’origine internazionale
Originariamente, questo progetto di
traduzione della Bibbia in LSF era internazionale. Sotto l’impulso dell’Alleanza
biblica francese, nove gruppi di volontari
provenienti da quattro diversi Paesi francofoni (Francia, Svizzera, Belgio e Congo),
nel 2007 si sono lanciati nella traduzione
del Vangelo di Luca. Un lavoro titanico
che ha visto la formazione di due gruppi in
Romandia, uno a Ginevra e uno a Vevey,
entrambi costituiti da volontari sordi pratici della lingua dei segni, di esperti della
Bibbia, di cineasti per le riprese video e di
persone udenti implicate in vari modi nel
progetto, sia cattoliche che protestanti.
I romandi continuano
In occasione dell’uscita del cofanetto di
DVD (3 DVD di 9 ore) del Vangelo di
Luca in LSF, i due gruppi svizzeri implicati
in questa traduzione non hanno voluto
fermarsi nel bel mezzo del cammino intrapreso. Forti della loro esperienza e animati
dalla volontà di proseguire, si sono lanciati
nella traduzione del Libro di Giona, il cui
cofanetto è apparso alla fine del 2012 grazie al sostegno della Società biblica svizzera
e dell’Alleanza biblica francese.
Diffusione su internet
Ci sono state varie ragioni che hanno spinto
i responsabili del progetto a immettere queste traduzioni della Bibbia in rete. Il primo
motivo è molto banale : il formato DVD è
ormai semplicemente superato. Ma soprattutto, come sottolineato anche dalla sacerdotessa in pensione, Anne-Lise Nerfin,
co-responsabile del progetto: «Mettendo
queste traduzioni in rete, esse sono disponibili per chiunque e ciò gratuitamente.»
Il sito
Disponibile all’indirizzo www.bible-lsf.
org, il sito propone attualmente Il Vangelo
di Luca e Il Libro di Giona. Ogni racconto
è suddiviso in capitoli e ogni videofilmato
raggruppa 3-4 versetti, il che permette a
tutti di seguire il proprio ritmo, senza essere forzati a guardare tutto in un colpo
solo. I filmati non solo sono interpretati in
lingua dei segni francese, ma sono anche
sottotitolati in francese e completati da
una voce fuoricampo che in francese legge
ad alta voce i versetti in questione. Queste
modalità vengono applicate per garantire a
tutti un’autentica accessibilità ai medesimi
testi. Il tutto è completato da un lessico
(LSF con sottotitoli), creato non solo per
presentare taluni segni poco conosciuti
dai sordi stessi, bensì anche per spiegare il
significato dei termini non sempre così evidenti a prima vista.
Un seguito?
Ufficialmente inaugurato il 19 novembre
2015, il sito è uno strumento prezioso,
destinato a evolversi continuamente. In
effetti, i gruppi di traduzione romandi
continuano a riunirsi regolarmente e i
loro sforzi hanno permesso di venire a
capo della traduzione dei primi undici
capitoli della Genesi. La realizzazione dei
videofilmati è attualmente in corso e questo elemento supplementare della Bibbia
in LSF dovrebbe essere messo in linea già
nella primavera di quest’anno (2016). ■
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Quando la manipolazione è
dietro l’angolo
In Svizzera, il cattolicesimo e il protestantesimo hanno saputo aprirsi ai credenti sordi, proponendo loro messe e studi biblici in lingua dei segni. Ma che ne è delle altre religioni?
Non è forse vero che la mancanza d’informazioni religiose rappresenta un potenziale rischio di deriva verso organizzazioni ben strutturate, tipo le sette o i gruppi estremisti, in
grado di trarre vantaggio da questo punto debole?
testo: Sandrine Burger; disegno: Frédérik Vauthey, immagine: www.jw.org; traduzione: Catia De Ronzis
C
ome riferito nelle pagine precedenti, in Svizzera la religione
cristiana (cattolica e protestante)
ha saputo tener conto della comunità
dei sordi, offrendole studi biblici e messe
tradotte in lingua dei segni. Anche il
servizio pubblico reso dalla televisione
svizzera non manca mai di sottotitolare la
trasmissione delle messe domenicali.
Ma che ne è delle altre due religioni monoteiste presenti in Svizzera, ovvero l’islam e l’ebraismo? Le persone sorde e audiolese che crescono all’interno di queste
tradizioni religiose hanno anch’esse un
accesso ai corsi o alle cerimonie grazie alla
lingua dei segni? E in caso negativo, è un
problema tipicamente svizzero oppure è
più esteso? Queste sono le domande che
ci siamo posti.
Giudaismo
Stando al giro di telefonate da noi intrapreso, sembrerebbe che in Svizzera le
persone sorde di confessione ebraica non
beneficino di alcun sostegno e di nessuna
vita associativa che sia dedicata specificatamente a loro, né in generale, né tantomeno in lingua dei segni, che sarebbe
poi la forma di comunicazione più appropriata.
In Francia, invece, ci sono ben due associazioni (l’Associazione dei sordi ebraici
di Francia e l’Associazione culturale dei
sordi ebrei di Francia) che organizzano
scampagnate, cerimonie e corsi religiosi a
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far di tutto pur di offrire un insegnamento religioso e cerimonie in lingua dei
segni per il bene delle persone sorde.
favore delle stimate 200 famiglie sorde di
confessione ebraica in Francia. In molte
altre nazioni (Belgio, Germania, ecc.) e
naturalmente anche negli Stati Uniti, esistono associazioni simili che s’impegnano
a dare un’educazione religiosa ebraica in
lingua dei segni ai giovani, nonché a tradurre le cerimonie più importanti in lingua dei segni.
Islam
Come nel caso del giudaismo, in Svizzera
le persone sorde musulmane non beneficiano di alcuna struttura in grado di
accoglierli in lingua dei segni. Pertanto,
come sottolineato da Hafid Ouardidi,
ex portavoce della moschea di Ginevra,
il Corano dice che i musulmani hanno
la responsabilità di intraprendere tutte le
misure necessarie, affinché tutti possano
vivere una vita decente, ivi comprese le
persone disabili. Ciò sottintende che le
istanze musulmane dovrebbero dunque
Senza corsi e cerimonie tradotti in lingua
dei segni, i sordi musulmani in Svizzera
sono abbandonati a se stessi. Alcuni trovano aiuto nella propria famiglia, come
spiegato, per esempio, da Noha el Sadawy
nella trasmissione Signes andata in onda
nel gennaio 2011. Lei stessa musulmana,
ha regolarmente frequentato la moschea
di Ginevra e le feste legate alla sua religione fino ai 20 anni. Non godendo di
alcun sostegno istituzionale in lingua
dei segni, la giovane si basava principalmente sulle spiegazioni fornite in casa da
sua madre, poco prima di recarsi alla moschea e seguire più o meno l’andamento
delle cerimonie.
La situazione all’estero è diversa anche
in questo caso. In Francia, i musulmani
sordi hanno vissuto un lungo periodo
molto simile a quello riscontrabile in
Svizzera, ma da qualche anno a questa
parte, è in corso un cambiamento. Ciò è
dovuto principalmente all’associazione
Donne-moi un signe. Creata nel 2006,
quest’associazione aveva come obiettivo
iniziale quello di proporre dei corsi di
LSF, un insegnamento della lingua araba
e dei corsi di religione musulmana per
i sordi e gli audiolesi. Ma in seguito alle
richieste sempre più insistenti dei fedeli
sordi, esasperati di dover seguire la predica senza capire nulla, l’associazione si è
sempre più dedicata alla traduzione, in
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segni amo - febbraio/marzo 2016
padroneggiano la lingua dei segni pur di
trovare nuovi membri. E la cosa funziona!
«Sono stato piacevolmente sorpreso
d’incontrare degli udenti capaci di predicare in lingua dei segni, confida JeanJacques, un sordo divenuto servitore di
Geova al Nord. I cattolici o i protestanti
non lo fanno.» «All’inizio, i Testimoni
di Geova sono calorosi e servizievoli, racconta Patrick: per un sordo che si sente
solo e si annoia, si tratta di un atteggiamento molto seducente.» (L’Express)
lingua dei segni, delle cerimonie musulmane. Il tutto è cominciato nel 2012 alla
moschea du Bourget (Seine-St-Denis),
prima di estendersi poco a poco ad altri
luoghi. Il successo è stato tale da indurre
alcuni volontari all’apertura di strutture
simili, tuttavia indipendenti, a Lione e a
Montpellier.
si esprimevano in lingua dei segni mentre spiegavano il loro ruolo (regolazione
del traffico stradale a Mossul, in Iraq) in
seno all’organizzazione. Giocando col
sentimento di abbandono di taluni sordi,
lo Stato islamico ha strumentalizzato la
lingua dei segni nel tentativo di reclutare
nuovi combattenti.
Rischio di deriva?
Testimoni di Geova
Indipendentemente dalla religione acclamata dai sordi, è importante che siano
create delle strutture adatte, affinché
anch’essi possano praticare liberamente
la loro religione ed esprimere le loro credenze senza doversi sentire abbandonati.
Perché in quest’ultimo caso esiste il rischio di deriva. Basti pensare alle persone
malintenzionate, ma molto ben organizzate, capaci di approfittare effettivamente
di questo disorientamento per attirare le
persone sorde nelle sette o nei movimenti
estremisti, semplicemente utilizzando la
lingua dei segni.
Tra i gruppi religiosi che cercano di manipolare i sordi, i Testimoni di Geova
sono probabilmente i più strutturati.
Quest’organizzazione (classificata come
setta o religione a seconda dei Paesi) è presente in tutto il mondo e mira in modo
particolare alle persone disabili e, ovviamente, anche ai sordi. Infatti, alle persone
divenute sorde, essi promettevano in maniera molto persuasiva che aderendo alle
credenze dei Testimoni di Geova, sarebbero ben presto tornate a udire. Ancor
prima di rendersi conto della fregatura,
queste persone finivano con l’essere ineluttabilmente assorbite da un’organizzazione non più intenzionata a rendere loro
la libertà perduta.
Ciò corrisponde a quanto è notoriamente
avvenuto nel caso dello Stato islamico,
che lo scorso 8 marzo (2015) ha diffuso
tramite YouTube un filmato di propaganda indirizzato specialmente ai sordi.
Oltre alle tradizionali immagini di propaganda e messaggi anti-occidentali, si potevano vedere dei combattenti sordi che
Coscienti del fatto che molti sordi sono
vulnerabili perché versano in uno stato
d’isolamento a causa dei loro problemi
di comunicazione, i Testimoni di Geova
hanno creato dei gruppi di reclutatori che
Bisogna ammettere che per sedurre i
sordi, i Testimoni di Geova sono riusciti a infiocchettare bene il pacco! Sul
loro sito, il pulsante virtuale «lingua dei
segni» è presente già in prima pagina.
Premendolo, si scopre la possibilità di ottenere delle informazioni (di propaganda)
in molte lingue dei segni del mondo (il
loro elenco ne conta circa un centinaio!).
Esplorando la pagina consacrata alla LSF,
abbiamo potuto scoprire che non solo
vengono offerti dei corsi biblici in lingua
dei segni, ma che esistono addirittura
decine e decine di filmati di propaganda
in lingua dei segni («Obbedendo a Dio,
vivrete per sempre», «I Testimoni di
Geova: organizzati per proclamare la
buona novella», due esempi tratti dalle
tante decine). Gran parte della Bibbia
(nella versione dei Testimoni di Geova) è
stata tradotta e sono tuttora in corso delle
traduzioni in varie lingue dei segni, tra
cui ovviamente anche la lingua dei segni
americana (ASL).
Di fronte a quest’offensiva molto ben
organizzata da parte dei Testimoni di
Geova, ma anche di altre sette, molte
associazioni si battono per contrastarla. I fatti, però, illustrano soprattutto l’importanza di non lasciare
mai nessuno ai margini della strada.
Indipendentemente dalla religione, i relativi responsabili dovrebbero veramente
indirizzarsi a tutti i loro fedeli, e ciò in
maniera comprensibile (quindi in lingua
dei segni per i sordi), affinché essi non si
sentano abbandonati e, di conseguenza,
non cedano alla tentazione di lasciarsi
attirare da movimenti fondamentalisti
sempre molto pericolosi. ■
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La parola ai sacerdoti
In questa sede vi presentiamo le testimonianze dei sacerdoti dediti alle messe per le persone
sorde, alfine di capire insieme quali sono le loro maggiori difficoltà, ma anche le loro più
grandi gioie. testimonianze raccolte da Martina Raschle e Sandrine Burger; foto: per gentile concessione; traduzione: Catia De Ronzis
Matthias Müller-Kuhn
Sacerdote protestante della parrocchia per sordi di Zurigo
«Da quattro anni fungo da parroco per le persone sorde. Mi sembra però di essere attivo da
molto più tempo in questo campo, perché ogni ora e così intensa e preziosa, tanto da valere il
doppio. Nella comunità dei sordi ho sempre a che fare con persone, siano esse grandi o piccole,
veloci o lente. Al centro del lavoro ci sono i rapporti personali, esattamente come nelle comunità udenti. Naturalmente per i sordi la comunicazione rappresenta un tema molto particolare,
ma se si affronta la cosa dal lato creativo, può essere un’esperienza vincente, perché la comprensione reciproca richiede maggiore fantasia e tempo. Perciò mi capita spesso di vivere momenti di
pura felicità che poi brillano alte nel cielo come stelle cadenti. Negli ultimi anni siamo riusciti a
raggiungere sempre più persone della comunità sorda, e ciò è molto positivo. Avrei però ancora
un desiderio: mi piacerebbe se anche i giovani sordi si interessassero al lavoro della chiesa e della
comunità. Questo ci permetterebbe di percorrere insieme il nostro cammino, così da renderlo
talmente variopinto, creativo e piacevole da fare in modo che magari anche il mondo udente, ogni
tanto, ci guardi e prenda ad esempio lo scambio vivace tra i sordi con una punta d’invidia.»
Anita Kohler
Sacerdotessa protestante nei cantoni BS, BL, SO, AG e capellana della chiesa cattolica per la comunità
sorda nel canton AG
«Durante il mio studio di teologia ho fatto un praticantato presso Heinrich Beglinger, oggi sacerdote dei sordi in pensione di Basilea Città, Basilea Campagna e Soletta. Dopo tale praticantato
per me era chiara una cosa: semmai si fosse liberato questo posto di lavoro, lo avrei volentieri ripreso! Perciò, subito dopo la fine del praticantato, ho frequentato i corsi di lingua dei segni della
Federazione svizzera dei sordi. Dal 2008 svolgo il mio compito di sacerdotessa per la comunità dei
sordi. Qui, il radunarsi per le messe oppure per il caffè della parrocchia ha un valore aggregativo
maggiore che non presso le comunità udenti. Tuttavia, i testi biblici sono formulati in maniera
troppo complicata per le messe dedicate ai sordi. Per me è una vera sfida tradurre questi testi anticamente noti in un linguaggio semplice. I bisogni spirituali sono sempre gli stessi, perché le persone
sono sempre persone, non importa se con o senza problemi d’udito. La cosa più bella del mio lavoro è
poter accompagnare i membri della comunità per alcuni tratti della loro vita terrena, il che significa
accompagnarli emozionandosi insieme a loro, ridendo o piangendo a seconda dei casi! »
Dorothee Buschor-Brunner
Diacono della diocesi di San Gallo
«Da dieci anni svolgo il ruolo di diacono al servizio dei sordi. Prima di allora sono stata assistente
pastorale in una comunità udente. Le persone sorde sono – come tutte le altre persone – condizionate dalla loro cultura e dalla loro lingua. Perciò la dinamica riscontrabile in una comunità di sordi
è diversa da quella di una comunità udente. Ciononostante, non credo che le persone sorde e quelle
udenti si differenzino poi molto a livello di desideri. La maggior parte delle persone, infatti, desidera
appartenere a una comunità e ottenere riconoscimento in essa. Le persone vogliono riconoscere un
senso e poter intuire che la loro esistenza è supportata da qualcosa di più grande di loro.
Nel mio caso, la lingua dei segni è una lingua straniera, perché sono udente. Per me, la sfida più
grande è quella di utilizzare questa lingua straniera per raccontare di cose invisibili (e, talvolta, persino indicibili) di modo da essere capita dalle persone sorde. A maggior ragione è poi molto bello
sperimentare durante un colloquio spirituale il modo in cui il mio interlocutore scopre l’opera di
Dio nella sua vita e, grazie a questo, torna a guardare pieno di speranza al suo futuro. »
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segni amo - febbraio/marzo 2016
dossier
Felix Weder
Diacono „verstehen?!“ („capire?!“) , parrocchia cattolica-romana di Soletta, Berna e delle due Basilee
«Sono in cammino con i sordi da sei anni. Ho ottenuto la parrocchia come la vergine il bambinello.
I responsabili della curia sapevano che stavo cercando un nuovo posto di lavoro e perciò avevano bisogno di un nuovo diacono per le persone sorde. Ho iniziato al Lindehus di Münchenbuchsee, dove
celebravamo anche le messe per Berna. Anita Kohler mi è stata di grande aiuto durante la fase iniziale.
Tra i sordi sperimento uno spirito aperto ed ecumenico. L’importante non sono le differenze,
bensì le radici che ci accomunano. E dopo ogni messa ci vuole lo scambio interpersonale accompagnato da un caffè. La sfida più grande è rappresentata dal dire messa utilizzando un linguaggio
semplice ma non semplicistico. La cosa più bella è la fiducia delle persone sorde e il tempo dedicato al diaconato, ossia alla cura delle anime.»
Jean-Charles Bichet
Sacerdote sordo della Comunità dei sordi e audiolesi del Canton Vaud
«Sono membro della Comunità protestante vodese fin dalla mia infanzia. Quando compii 14
anni, ovvero l’età adatta per cominciare il catechismo (che comunque non mi entusiasmava granché), mia mamma m’informò che c’era un sacerdote per persone sorde a Losanna, ossia Charles
Kursner. Grazie a quest’informazione, ho iniziato a vivere la mia fede all’interno di questa
Comunità.
Sono un sacerdote perché ho una licenza in teologia e un certificato di consacrazione pastorale. Nel
mio ruolo di sacerdote, esercito un ministero di diaconato specializzato all’interno della comunità dei
sordi e audiolesi (dal 1989). In quest’ambito è importante ricorrere a tutti i mezzi visivi a disposizione
per assicurare una comunicazione ottimale: la qualità della luce, l’utilizzo della LSF, la lettura labiale
e l’ausilio del LPC, il supporto della scrittura, l’impiego delle illustrazioni. È altresì importante esprimersi in maniera semplice, accessibile, concreta, cercare di concentrarsi su un argomento solo, ecc.
Inoltre, occorre tempo, ossia il tempo di ascoltare la gente, dialogare con le persone, condividere cose
profonde, stringere legami. Nel caso degli udenti, tutto avviene a velocità triplicata; noi sordi invece
«funzioniamo» diversamente…»
Katharina Vollmer Mateus
Sacerdotessa udente della Comunità ecumenica dei sordi e audiolesi di Ginevra
«Dopo gli studi di teologia germanica, ho ricoperto vari incarichi in Germania (da dove provengo) e in Francia, prima di seguire mio marito in Brasile. Sono arrivata a Ginevra il 29 dicembre 1999, dove sono stata subito impiegata in seno alla chiesa luterana germanofona, prima d’integrare la chiesa protestante ginevrina nel 2010. Anche se all’epoca mi occupavo della parrocchia
udente, non perdevo neppure una funzione di Anne-Christine Menu, dalla quale ho ripreso l’incarico in seguito alla malattia che l’ha colpita nel 2015. A Ginevra la situazione è un po’ diversa
perché la Comunità dei sordi e audiolesi di Ginevra ora condivide le sue celebrazioni con altre
parrocchie, ossia con quelle delle persone disabili e dei relativi familiari, nonché la Parrocchia
protestante di Montbrillant. Però la mia priorità resta l’accessibilità dei sordi, ed è per questo che
ho dovuto imparare a lavorare in maniera molto più visiva, di evitare le frasi troppo lunghe e complesse e di andare subito al nocciolo della questione utilizzando delle parole chiave. Ammetto di
apprezzare molto la presenza degli interpreti di LSF, che grazie alla loro espressività molto fisica,
ai miei occhi rappresentano davvero un valore aggiunto, anche per gli udenti!»
Nota della redazione
In origine, in queste pagine avrebbe dovuto esserci un’intervista con Don Paolo Solari (attualmente operativo nella
parrocchia di Massagno). Purtroppo l’intervista non è più stata realizzata per cause di forza maggiore, ma la redazione di Segni amo desidera ugualmente ringraziare Don Paolo Solari per essersi inizialmente messo a disposizione.
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dossier
segni amo - febbraio/marzo 2016
L’ultimo saluto
Sono passati ormai dieci anni, da allora, ma la mia prima e unica funzione religiosa in lingua dei segni, dentro di me, ha lasciato il segno. Un segno importante e indelebile.
testo e foto: Catia De Ronzis
sone sorde che l’avevano
conosciuta e amata.
Il funerale in
chiesa…
Premessa
La mia migliore amica, Hedy Carra, era
nata udente, ma poi era diventata sorda
per via di una grave malattia. Dopo il
grande choc che la colse nel fiore degli
anni, decise di vivere al meglio, dando più
vita ai suoi giorni anziché aspettarsi più
giorni dalla vita. Fu così che s’innamorò
della lingua dei segni e ne divenne anche
una strenua difenditrice. Mi ricordo che
la prima volta che andai a trovarla, volle
farmi conoscere a tutti i costi i suoi amici
sordi, di cui andava molto fiera e con i
quali si sentiva a suo agio, proprio perché
la lingua dei segni le permetteva ormai
di comunicare senza barriere. Non fui
quindi affatto stupita di vedere che al suo
funerale erano presenti anche molte per-
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Il funerale si svolse proprio nel giorno dedicato all’amore, ovvero
San Valentino. Quel
giorno, anche il prete,
Don Paolo Solari, utilizzò spesso la parola
“amore”, sia in lingua
dei segni, sia in lingua
parlata. Tuttavia, non
lo fece subito, perché
durante la messa nella
chiesa di Sant’Antonio,
a Locarno, c’era anche
un altro parroco che
officiava la funzione dal
pulpito. Don Paolo si
trovava invece nell’ala
destra della navata, e attorno a lui si erano raccolte molte persone sorde per seguire da
vicino la sua traduzione in lingua dei segni italiana LIS. Non mi era mai capitato
di seguire una messa in questa modalità e
ne rimasi affascinata, trovandola una cosa
davvero buona e giusta e di cui anche la
mia amica sarebbe andata sicuramente
fiera.
… e al crematorio
Ricordo che fu mia madre a informarmi
che ci sarebbe stata una seconda parte
del funerale, ovvero al crematorio. Se
non fosse stato per lei, non lo avrei capito, né in lingua dei segni, né in lingua
italiana, perché per me non era facile
seguire la messa in quei frangenti. Potei
comunque contare sull’aiuto dei miei
genitori, e di questo sarò loro sempre
riconoscente, perché ebbi l’occasione di
raggiungere il crematorio in macchina
con loro. Una volta arrivati, realizzai che
la celebrazione dell’ultima parte delle
esequie sarebbe toccata unicamente a
Don Paolo. Al crematorio ebbi l’occasione di sedermi in uno dei banchi più
vicini all’altare e la cosa mi permise di
seguire meglio la funzione, ma questo
era in primo luogo un merito da attribuirsi a Don Paolo stesso. Dovendo lui
parlare e segnare contemporaneamente
in LIS, adottava un ritmo di parola più
semplice da seguire, molto solerte e rassicurante al tempo stesso, esattamente
come lo era anche il tono della sua voce.
Ma nella voce e nei segni era riconoscibile anche un altro, importantissimo elemento: la passione. E fu quella passione
a fungere da balsamo per la mia anima
in quei momenti ferita, quella passione
che mi parlava di speranza e di coraggio.
Di ricchezza interiore, anziché esteriore.
I concetti erano semplici, ma il loro impatto incommensurabile. E quella consolazione era lì, a disposizione di tutti:
sordi e udenti, parenti e amici, nessuno
escluso. Esattamente così, come dovrebbe sempre essere.
Il ringraziamento
Ricordo ancora che, una volta usciti fuori,
venni travolta dall’irrefrenabile impulso
di andare a ringraziare Don Paolo per
la sensibilità con cui aveva parlato e descritto la mia amica. Nel cuore, sapevo
che sarebbe piaciuto anche a lei. A lei, che
aveva tanto sognato di potersi sposare
con una messa officiata proprio da Don
Paolo, prima che la malattia le togliesse
anche quest’ultima, dolcissima illusione.
L’illusione di una vita vissuta comunque
in maniera molto toccante... ■