Cava Muschioso Studio Agronomico e vegetazionale

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Cava Muschioso Studio Agronomico e vegetazionale
Agronomo Ciuffreda Giuseppe
40132 - BOLOGNA VIA DEL FAGGIOLO, 5
Partita IVA: 02847441207
Codice fiscale: CFFGPP71D24F631C
Tel/Fax, 051-56 51 29
335 7095182
e-mail: g.ciuffreda24libero.it
PROGETTO DI RECUPERO E SISTEMAZIONE
FINALE DELLA CAVA RIO MUSCHIOSO
Oggetto
Studio agronomico e vegetazionale finalizzato al
recupero naturalistico e sistemazione finale
Località Rio Muschioso
Comune Frassinoro Provincia Modena
SAFRA
Committente Via Radici 16/A
42010 Cerredolo di Toano (RE)
Rilievi Accademia- studio tecnico associato
topografici Vic. Della Corte 4/a-42010Cavola di Toano
Relazione ad uso RECUPERO E SISTEMAZIONE FINALE DELL’AREA
Febbraio 2010
IL TECNICO
INDICE
Premessa
pag. 3
1. STATO ATTUALE
pag. 4
2. ACCORGIMENTI DA ATTUARE NEL CORSO DELL’UTILIZZAZIONE
pag. 9
DELLA CAVA AI FINI DEL RECUPERO
3. SCELTA PROGETTUALE DELLA TIPOLOGIA DI RECUPERO SULLA
pag. 10
BASE DELLA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
3.1 Recupero dell’area a monte della cava
pag. 11
3.2 Regimazione idraulica
pag. 12
3.3 Riutilizzazione del materiale rimosso
pag.12
3.4 Recupero dell’area propriamente di cava e di quella al piede pag. 14
3.5 Utilizzo a fini ricreativi e sportivi
4. COMPUTO METRICO
ESTIMATIVO
5. CONCLUSIONI
pag. 15
pag. 16
pag. 18
ALLEGATI:
ALL.1: analisi fisico-chimiche del suolo
ALL.2: tavola illustrativa dell’intervento di recupero
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PREMESSA
Il presente piano di recupero ambientale e risistemazione, da effettuarsi a seguito
dell’intervento in oggetto, viene redatto in conformità alla vigente variante al P.A.E. del
Comune di Frassinoro in cui il sito di “Rio Muschioso” compare come ambito estrattivo
comunale (A.E.C.) con l’ obiettivo di estrazione di pietra da taglio e sulla base del proposto
Piano di Coltivazione e Sistemazione che prevede lo scavo, in un triennio, di circa mc
5.000 di materiale. Il suddetto piano di utilizzazione prevede peraltro la contemporanea
sistemazione morfologica del versante, dovuta alla particolare necessità di dover
procedere per gradoni successivi, dall’alto verso il basso, a fronte unico e con la
simultanea e costante verifica delle problematiche geotecniche legate alla stabilità e quindi
alla messa in sicurezza delle pareti di scavo, nell’ambito dell’area di cava. Oltre che della
pianificazione comunale, l’intervento di recupero e sistemazione finale tiene anche conto,
naturalmente, della vigente normativa sovraordinata di riferimento (Legge Regionale
n.17/91, PIAE, PTCP).
Gli elaborati relativi allo stato di fatto, al Piano di Coltivazione e Sistemazione, i rilievi
allegati e la documentazione fotografica fornita, così come lo Studio di Impatto
Ambientale, consentono una visione sufficientemente precisa della proposta di intervento
che, nell’insieme, appare contenuta, sia per quanto riguarda le quantità di materiale
asportate che per i riflessi sull’assetto complessivo della zona.
In ogni caso, alla fase estrattiva, che va comunque a modificare lo stato dei luoghi, deve
seguire necessariamente una fase altrettanto definita e circostanziata di sistemazione e
recupero con il ripristino, per quanto possibile, della situazione preesistente, dal punto di
vista morfologico, idraulico, pedologico e vegetazionale.
Premesso che,
attualmente, la massa litoide a parete unica sub verticale risulta già
intaccata da scavi iniziati negli anni ‘20 del secolo scorso (proseguiti con varia intensità
nei decenni successivi) e che le modificazioni morfologiche permanenti, dovute
all’intervento programmato nel triennio, porteranno ad una diversa percezione - non
necessariamente negativa - della massa rocciosa che risulterà articolata in gradoni, a
fronte uniforme, si ritiene di focalizzare l’attenzione sugli aspetti estetici, paesaggistici e
funzionali del sito, tenuto conto della sua destinazione finale, prevista dalla normativa,
quale “zona di interesse paesaggistico-ambientale”. Tale recupero e reinserimento
paesaggistico dovrà consentire, come evidenziato nel PAE, la creazione di un ambiente
che possa essere sfruttato per fini turistici, ricreativi e sportivi (palestra di roccia). Si ritiene
che una destinazione finale del genere, dato il contesto della zona, ben rappresentato
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nella documentazione dei Piani e di progetto, possa effettivamente valorizzare un ambito
particolarissimo che, seppure largamente antropizzato, presenta una valenza ambientale
articolata che può essere funzionale alla promozione complessiva del territorio la quale,
passa anche attraverso la creazione mirata di percorsi paesaggistici, naturalistici, storici e
culturali, proponibili pure a fini didattici.
Foto n.1
1- STATO ATTUALE
L’ambito di intervento è quello rappresentato dagli elaborati del PAE e da quelli di progetto
ai quali si fa espresso riferimento per la descrizione complessiva delle caratteristiche del
sito e per le valutazioni connesse alla misurazione delle quote plano-altimetriche. Esso è
stato oggetto di ripetuti sopralluoghi e rilievi.
Si tratta di una massa monolitica quasi uniforme, con evidente stratificazione posizionata
a reggipoggio ed esposta prevalentemente ad ovest, inserita in un versante ricoperto da
formazioni arbustive e boschive più o meno dense, variamente sviluppate su banchi di
arenaria e da piante erbacee anch’esse più o meno rade, a seconda del substrato e degli
altri fattori che regolano l’attecchimento e la crescita delle varie specie vegetali.
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La zona interessata si trova ad un’altitudine attorno ai 750-800 m s.l.m.e la fitocenosi è
riconducibile alla fascia climatica supramediterranea. In funzione dell’ esposizione e delle
diverse quote del versante si rileva, tuttavia, una discreta variazione che permette di
osservare formazioni vegetali tipiche della fascia, consociate con altre, caratteristiche di
quella propriamente montana o di quella collinare.
Del resto, fenomeni biologici complessi come le biocenosi forestali o formazioni vegetali
assimilabili, risultano difficilmente catalogabili in modo univoco e generalizzato soprattutto
in presenza di situazioni limite dal punto di vista pedologico, come quella del caso in
oggetto.
L’area immediatamente a monte della massa rocciosa (che è poi quella che più interessa
ai fini dell’intervento proposto, in quanto leggermente intaccata dall’attività di scavo)
presenta infatti caratteristiche tali da richiedere una descrizione particolarmente
circostanziata.
Nel caso specifico, indipendentemente dalle varie definizioni di “bosco”, più volte
rimaneggiate nell’ambito scientifico oppure in quello della normativa urbanistica ed
ambientale, ci troviamo di fronte ad una copertura vegetale rada e composita (alberi e
arbusti di modesto sviluppo, varie essenze erbacee) fortemente condizionata dalla
presenza di un substrato caratterizzato praticamente dalla roccia affiorante (arenaria) e da
detriti del medesimo materiale, accumulati sul versante dai movimenti gravitativi di varia
origine indotti probabilmente anche dall’azione antropica.
Si tratta di un ambiente pedologico limite, dove gli agenti atmosferici, unitamente a fattori
chimici e fisici, hanno contribuito alla disgregazione della roccia e dei detriti che, mediante
il concorso dell’attività biotica dei microrganismi, a loro volta condizionati dalle temperature
e dalle precipitazioni, hanno portato, attraverso varie fasi evolutive, alla formazione ed al
consolidamento di quel poco terreno
che ha reso possibile, nel corso del tempo,
l’insediamento precario e poi via via più stabile delle formazioni vegetali dotate di
straordinarie capacità di adattamento. Nel complesso, siamo quindi in presenza di un
suolo “scheletrico” originato da una coltre detritica che condiziona pesantemente lo
sviluppo delle piante, limitato particolarmente dalla profondità, la scarsa disponibilità di
acqua e di nutrienti.
La precarietà della situazione, dal punto di vista dell’insediamento vegetale, è
ulteriormente accentuata dalla forte pendenza del versante, dall’aridità estiva, dall’ampia
escursione termica, dall’esposizione non sempre vantaggiosa, dall’insistente ventosità.
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Nonostante tutte le controindicazioni, valutate dal punto di vista geomorfologico, climatico
ed ambientale, si riscontra una copertura vegetale sufficientemente stabile, seppur
disomogenea nella sua distribuzione; essa infatti presenta assembramenti e infoltimenti
nelle zone di maggior accumulo di terreno e più protette che, si alternano ad aree più rade
o di totale mancanza, in coincidenza con la presenza di roccia nuda. La documentazione
fotografica (durante il riposo vegetativo foto n.2 o a fine ciclo, foto n.3) illustra in modo
eloquente quanto enunciato: si noti, in particolare, l’addensamento della vegetazione in
prossimità di microambienti più favorevoli.
Foto n.2: fine inverno 2009
Foto n.3: autunno 2009
In adiacenza al fronte della cava attualmente inattiva e, per tutta la sua estensione, si
evidenzia peraltro una discontinuità rispetto alla copertura vegetale presente a quote
superiori. Oltre alle probabili cause sopra accennate, ciò e verosimilmente dovuto agli
effetti della ricolonizzazione dell’area già interessata allo scavo nel secolo scorso che è
caratterizzata da vegetazione spontanea capace di svilupparsi in condizioni di estrema
povertà del suolo. E’ questo un aspetto particolarmente interessante che consente di
prevedere, con sufficiente margine di probabilità, il possibile recupero della fascia di
superficie che verrà interessata dall’intervento e, nello stesso tempo, fornisce preziose
indicazioni sulle specie erbacee e legnose da privilegiare eventualmente nel ripristino.
Nel complesso, il versante che sovrasta la cava (percorribile da monte senza grandi
difficoltà fino all’ultimo traliccio) presenta una vegetazione boschiva discreta (Cerro,
Carpino nero, Acero, Frassino, Olmo e Castagno nella parte più alta, meno scoscesa); alle
quote via via più basse, dove la morfologia si fa più accidentata e prevalgono vaste aree di
roccia affiorante, si riscontrano ancora esemplari stentati (e spesso deformati nel
portamento dall’azione del vento dominante) di Carpino, Sorbo, Acero, Orniello, Roverella,
Salicone e Maggiociondolo che si alternano con arbusti quali Biancospino, Rosa Canina,
Ginepro, Ginestra e Rovo ed altri.
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Le essenze erbacee più diffuse sono le Graminacee (Festuca spp, Poa spp.,
Brachipodium spp. Bromus spp. Phleum spp.) seguite da Composite (Solidago
spp.,Cichorium spp., Senecio spp., Erigeron spp. Taraxacum officinale, Tussilago farfara,
Crepis biennis ), Crucifere ( Diplotaxis tuinifolia, Capsella bursa pastoris), Ombrellifere
(Daucus carota, Angelica spp.) e Chenopodiacee (Chenopodium spp.). In corrispondenza
del fronte della cava è particolarmente presente il Brachipodio. Sono inoltre presenti felci,
muschi e licheni; le ultime due forme vegetali sono facilmente riscontrabili anche sulle
pareti della roccia affiorante di arenaria.
Foto n.4: particolare roccia affiorante e detriti
Il presente elenco è probabilmente incompleto e l’analisi floristica richiederebbe ulteriori
approfondimenti da effettuare mediante rilevamento fitosociologico che, francamente,
appare eccessivo per l’ambito in oggetto e per le finalità del presente lavoro. In definitiva,
il quadro precedentemente esposto si ritiene sufficiente, al momento attuale, ai fini della
descrizione delle principali caratteristiche del sito in funzione del ripristino vegetazionale.
La particolare situazione pedologica (che rappresenta un’emergenza veramente notevole
nel quadro della salvaguardia degli equilibri naturali) e l’importanza della conservazione
della risorsa suolo, nell’ambito del bilancio complessivo della sostenibilità ambientale,
hanno invece suggerito di approfondire l’indagine sul terreno naturale presente nel sito, al
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fine di valutare, sulla base di taluni fondamentali parametri chimico-fisici determinati in
laboratorio, l’effettivo stato di evoluzione del sub strato, l’entità della sostanza organica
presente (e quindi dell’humus) nonché il suo grado di stabilità. Tali esami ed accertamenti
sono stati ritenuti necessari per avere un quadro il più possibile completo della situazione
anche al fine di poter eventualmente escludere sovradimensionamenti di interventi di
recupero che, seppure possibili dal punto di vista strettamente tecnico, appaiono
improponibili, in talune realtà ben circostanziate, sulla base di valutazioni ambientali
impostate sul rapporto tra costi e benefici. Oltre alle osservazioni effettuate direttamente
in loco, si è quindi provveduto ad effettuare il prelievo di campioni di suolo su una porzione
di area interessata, ritenuta uniforme e rappresentativa.
La metodologia utilizzata per il campionamento è stata messa a punto tenuto conto delle
finalità del lavoro, della natura del suolo e della sua origine seguendo uno schema di
percorso per quanto possibile di tipo “sistematico”; ciascun punto saggiato è stato
esplorato a due profondità: da 0 a 30 cm ed oltre 30 cm, previa verifica in sito delle
caratteristiche dei diversi profili pedologici. Dai singoli saggi (prelevati separatamente alle
due diverse profondità), sono stati confezionati due campioni etichettati conformemente al
prelievo (camp. n.1: 0-30 cm; camp. n.2: >30 cm) che sono stati consegnati per l’analisi ad
un laboratorio accreditato. Di seguito si allegano i certificati d’analisi contenenti tutti i
parametri indagati (Allegato n. 1).
Come si può notare, le determinazioni espressamente richieste sono quelle che, data
l’esperienza acquisita in zona, possono evidenziare maggiormente, in prima istanza, le
caratteristiche essenziali di un terreno naturale o forestale.
Tale tipologia di terreno (intesa in senso lato, accomunando nel giudizio entrambi i
campioni) risulta peraltro ben descritta in trattati, carte dei suoli, pubblicazioni datate e
recenti che si è provveduto a consultare. In sintesi, l’esame dei parametri analitici,
unitamente all’esame obiettivo delle caratteristiche del suolo, consente di effettuare le
seguenti considerazioni:
•
L’analisi granulometrica evidenzia una tessitura
sbilanciata per l’abbondante
presenza di scheletro e di componente grossolana sabbiosa (appena mitigata dalla
frazione limosa). Il dato relativo al tenore di carbonio organico totale, unitamente
alle altre determinazioni in qualche modo ad esso correlate, consente un giudizio
fondamentalmente positivo (date le circostanze) circa la consistenza in sostanza
organica e la sua evoluzione verso forme di humus stabile.
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•
Il pH, determinato sia in acqua che in cloruro di potassio, come raccomandato per
tali tipi di suolo, indica un ambiente da sub acido ad acido come è lecito attendersi,
data anche l’assenza totale di calcare.
Tali dati e considerazioni
possono pertanto spiegare la sopravvivenza e lo sviluppo,
seppur stentato, della vegetazione in questo microambiente particolare nonostante le
condizioni generali apparentemente proibitive. Ciò permette peraltro di confermare il
grande valore, in senso relativo, di questo materiale originatosi nel tempo che rappresenta
una risorsa preziosa che non deve andare dispersa.
2- ACCORGIMENTI DA ATTUARE NEL CORSO DELL’UTILIZZAZIONE DELLA CAVA AI FINI
DEL RECUPERO
L’area coperta da vegetazione, interessata all’asportazione preventiva e funzionale alla
predisposizione di una bancata di protezione dei sottostante gradone di utilizzo, sarà, tutto
sommato, di ampiezza limitata (dell’ordine di circa mq 2.000) corrispondente ad una
striscia larga m 13,5 circa ed estesa per l’intero fronte della cava (circa m 150).Tale
superficie, posta immediatamente a monte dell’attuale parete di roccia, coincide peraltro,
in larga parte, con la zona già interessata allo scavo precedente ed ora ricolonizzata da
parte della vegetazione spontanea, già approssimativamente descritta. L’area interessata
alla rimozione risulterà più estesa di quella strettamente necessaria per ricavare i gradoni
suddetti in quanto, per ragioni di sicurezza e per l’esigenza di predisporre adeguata rete di
scolo, appare indispensabile prevedere l’asportazione del materiale in sito anche dalla
parte sommitale della parete più a monte. E’ pertanto ragionevole prevedere un’ ulteriore
striscia di protezione di circa m 3,00 coincidente con la parte finale della scarpata.
Il terreno vegetale rimosso nel corso dell’intervento che interesserà l’area sommitale della
cava attuale, dato il suo valore biologico, potrà quindi essere momentaneamente
accantonato e adeguatamente conservato (come del resto previsto dalla normativa) per
poter poi essere riutilizzato (almeno in parte, in funzione dell’effettivo fabbisogno) per
ripristinare il sito, una volta terminati gli scavi previsti.
Premesso che esso dovrà essere appositamente stoccato in area adiacente al sito di
escavo e facilmente controllabile, si precisa che l’accorgimento iniziale da mettere in atto è
quello di coinvolgere il meno possibile la vegetazione al contorno, pur condividendo la
necessità di raccordare le superfici ed addolcire, per quanto possibile, le pendenze
eliminando tutte le situazioni che possono pregiudicare la stabilità sommitale della cava
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(pietre “mobili”, nicchie di distacco, piccoli smottamenti, fratture).
In estrema sintesi, al termine del triennio di utilizzazione, la parete si presenterà con un
fronte discontinuo ed un profilo verticale mediamente così articolato:
• un gradone di sicurezza largo circa m 3,50, impostato sulla parte superiore della
formazione rocciosa ripulito del materiale detritico (e della sovrastante formazione
vegetale); sulla sommità della parete a monte di tale struttura sarà ricavata una
ulteriore area di protezione, nell’ambito della quale sarà
realizzato il fosso di
guardia;
• un gradone intermedio sottostante con una larghezza di circa m 6 posto a circa m 6
di dislivello, come risultante dall’attività di scavo vero e proprio;
• una sottostante scarpata (invariata) che raggiunge il livello dell’area di servizio alla
cui base, durante l’attività estrattiva, sarà stato posizionato un rilevato, realizzato
con materiale di risulta (sterile), sul quale sarà stato impostata la pista di risalita
necessaria per l’asporto del materiale scavato, le operazioni di risagomatura del
fronte di cava e di drenaggio delle acque di ruscellamento.
3 - SCELTA
PROGETTUALE DELLA TIPOLOGIA DI RECUPERO SULLA BASE DELLA
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Il PAE, collocando il sito tra gli “ambiti rurali in riequilibrio”riconosce all’area una
connotazione già palesemente intaccata dall’azione antropica; si tratta quindi di intervenire
recuperandolo con un approccio pratico, tale da “accompagnare” il possibile naturale
reinserimento che, in condizioni analoghe, si è già potuto riscontrare.
Per ottenere una buona riuscita del recupero è opportuno valutare attentamente l’obiettivo
da raggiungere, sulla base della normativa (con relative linee guida) e delle condizioni di
partenza. Al fine di evitare clamorosi fallimenti degli interventi previsti per la
rinaturalizzazione, è opportuno progettare azioni realisticamente fattibili con lo scopo
prioritario di reinserire il sito nell’attuale contesto ambientale e paesaggistico, pur nella
consapevolezza che l’azione estrattiva, con il relativo profilo di abbandono atteso,
modificherà inevitabilmente la percezione visiva della parete che, d’altra parte, come si è
detto, è già il risultato di precedenti campagne di scavo.
La scelta è quella di definire un livello di complessità non troppo ricercata ma semplice ed
efficace nel perseguire l’obiettivo. A tal fine, tenuto conto dello stato attuale dei luoghi,
della storia del sito, del valore del suolo vegetale che verrà temporaneamente rimosso e
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del recupero naturale che è stato possibile verificare analizzando l’esito di precedenti
interventi antropici realizzati sia nella zona alta (ciglio) che in quella bassa, circostante
l’imposta della parete ed il torrente Rio Muschioso, si ritiene di individuare molto
sinteticamente una linea fondamentale di recupero, articolata in due azioni, da realizzare
al termine del triennio di coltivazione:
1) sistemazione nella zona alta di cava per tutto il fronte di scavo, previa regimazione
delle acque di ruscellamento superficiale del versante superiore;
2) sistemazione e ripristino dell’area di accesso alla cava e di quella circostante anche ai
fini della fruizione del sito dal punto di vista turistico, sportivo e ricreativo.
Tali interventi consentiranno di raggiungere gli obiettivi prefissati dal Piano e cioè un
recupero di natura estetico-paesaggistico-funzionale, da ottenere in tempi ragionevoli,
tenuto conto delle potenzialità e criticità dell’areale nel suo complesso.
3.1 - RECUPERO DELL’ AREA IMMEDIATAMENTE A MONTE DELLA CAVA
Innanzitutto si parte dal presupposto già enunciato che, sulla base delle prescrizioni del
PAE, il ciglio superiore dello scavo deve sempre essere raggiungibile con apposite piste o
rampe percorribili con mezzi meccanici cingolati o gommati; tale circostanza, regolarmente
prevista dal Piano di escavazione, consente di programmare adeguatamente anche i
lavori di recupero.
Del resto, il ripristino vegetazionale delle aree di cava è in genere un’operazione difficile e
spesso destinata all’insuccesso in quanto si tratta di operare in ambienti tendenzialmente
sterili o comunque poco adatti ad ospitare vita vegetale; nel caso in oggetto le difficoltà
aumentano considerevolmente per i motivi esposti finora e per i dati ampiamente riportati
negli elaborati progettuali e nei Piani e Programmi sovraordinati. Infine, la prevista
utilizzazione della parete residua, a fini sportivi e ricreativi, impone di evitare l’apporto di
qualsiasi materiale sul ciglio della cava, che deve rimanere libero ed accessibile per le
suddette esigenze di sicurezza. Si deve pertanto escludere il ripristino vegetazionale
nell’area immediatamente a ridosso della sommità e destinare invece la massima cura per
perseguire con determinazione gli obiettivi programmati nel progetto di coltivazione
utilizzando tutti gli accorgimenti possibili principalmente quelli scaturiti dalle esigenze
connesse alla sicurezza ed all’esperienza maturata in loco, in relazione a situazioni
similari. Il riutilizzo di terreno vegetale in tale ambito sarà quindi limitato al bordo di
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raccordo con il suolo rimasto in sito, a monte del previsto fosso di guardia, in modo da
favorire il più possibile la ricolonizzazione delle specie pioniere. Tale bordatura sarà
contenuta da apposita fascinata che contribuirà anche a stabilizzare il materiale.
3.2 Regimazione idraulica
Nella fase di sistemazione dovrà essere effettuata innanzitutto la regimazione idraulica
superficiale onde evitare il precipitoso ruscellamento delle acque del versante rese ancora
più veloci, nel loro scorrimento, dalla roccia messa a nudo sulla sommità della cava.Si
prevede quindi la realizzazione di una scolina di guardia immediatamente a monte della
zona di sicurezza e protezione, lunga come il fronte della cava ed adeguatamente
profonda, articolata in più tratti, al fine di ricavare le opportune pendenze atte a garantire il
deflusso idrico regolare fino al raggiungimento dell’alveo torrentizio sottostante utilizzando
anche le esistenti vie d’acqua preferenziali convenientemente verificate nella loro
regimazione. Il rallentamento del deflusso sarà ulteriormente favorito mediante la
sistemazione, sul fondo della scolina, di pietre di varie dimensioni, ben assestate onde
evitare qualsiasi controindicazione in ordine alle necessarie precauzioni in materia di
sicurezza. Tale reticolo idraulico, seppur superficiale, consentirà di regimare le acque che
attualmente scendono incontrollate dal versante e percorrono disordinatamente la parete
rocciosa.
A tale proposito si evidenzia che il piano di coltivazione e sistemazione della parete (a
scarpata gradonata) prevede già la realizzazione di opportuni fossi di guardia alla base dei
gradoni stessi; le superfici sommitali di questi ultimi, infatti, presenteranno una leggera
contropendenza verso monte, sufficiente a convogliare le acque di ruscellamento verso i
suddetti scoli che poi defluiranno verso il Rio Muschioso. Infine per quanto riguarda il
trasporto solido, il problema non si pone in quanto la situazione non differirà di molto dallo
stato attuale.
3.3 Riutilizzazione del materiale rimosso
Il terreno vegetale, rimosso e conservato adeguatamente su apposita area di stoccaggio,
dopo opportuno spietramento, sarà riutilizzato, al termine del triennio di coltivazione della
cava, per il ripristino vegetazionale di alcune aree e precisamente:
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• bordo di raccordo, posto a monte della predetta scolina in progetto, coincidente con
la linea di demarcazione tra l’area interessata allo scavo ed il cotico rimasto
inalterato in sito; tale riporto, dello spessore variabile dell’ordine di cm 25,
interesserà una striscia piuttosto ristretta e di ampiezza variabile (comunque non
oltre m 1, a seconda delle esigenze puntuali dello stato dei luoghi) e per tutta
l’ampiezza del fronte di cava;
• bordo (dell’ampiezza di circa m 2), a valle dell’area antistante la cava, per
raccordare la superficie di servizio con il sottostante versante che degrada verso
l’alveo del Rio Muschioso.
Il suolo recuperato sarà steso su tutta l’area da ripristinare, stimata complessivamente (per
i due bordi suddetti) in mq 300 circa; lo spessore sarà di almeno cm 25 (dato il calo
fisiologico previsto). Il materiale già conservato nel triennio potrà essere eventualmente
integrato con altro terreno vegetale e/o compost e/o altri materiali approvvigionati
dall’esterno. Tale integrazione, nonostante l’alto valore biologico del substrato (come
descritto in precedenza), appare opportuna al fine di velocizzare i fenomeni microbiologici
ed anticipare gli effetti del ripristino. L’apporto effettivo di materiali sarà valutato al termine
del triennio sulla base di un’altra analisi del suolo accantonato che, nel frattempo, sarà
stato sottoposto a rimaneggiamenti e dilavamenti. In altri termini, si cercherà di ricreare le
seppur minime condizioni necessarie a consentire la ricolonizzazione delle specie vegetali
partendo da un quadro conoscitivo sufficientemente completo.
Al fine di stabilizzare il terreno riportato sul bordo di raccordo, a monte della scolina di
guardia posta oltre la sommità della cava, si prevede di realizzare, in corrispondenza del
bordo stesso e tenuto conto della pendenza tutto sommato non proibitiva, un’opera
progettata applicando le tecniche di ingegneria naturalistica e precisamente una fascinata,
ossia una struttura di contenimento ricavata dal leggero interramento (mediante scavo di
trincea superficiale) di ramaglia secca affastellata deposta su linea continua. La previsione
in materiale secco anziché verde è dovuta alla prescrizione che fissa limiti nella distanza
delle alberature dai fronti di scavo. Tale struttura sarà lunga come il fronte di cava, avrà
un’altezza di circa 40 cm e sporgerà da terra circa 25 cm. Tali dimensioni consentono un
interramento sufficiente a ridurre i rischi di sottoerosione e scalzamento. Le verghe nel
tempo andranno incontro a marcescenza ma, a quel punto, il terreno di riporto dovrebbe
essersi adeguatamente consolidato. La fascinata ha il pregio di inserirsi senza problemi
nel contesto ambientale, soprattutto se viene posizionata seguendo, per quanto possibile,
l’andamento delle curve di livello. Non si prevede di seminare sul terreno riportato ma si fa
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affidamento, sulla base dei riscontri effettuati e precedentemente descritti, alla
ricolonizzazione del sub strato mediante la ricostituzione spontanea delle consociazioni
vegetali
presenti nella zona e ben inserite il sito nel contesto territoriale. Tale linea
tecnica, peraltro, è già stata collaudata in ambiti similari e può verosimilmente avere
possibilità di successo anche in condizioni estreme come quelle in oggetto. Per quanto
riguarda il bordo a valle del piazzale, il terreno vegetale verrà semplicemente steso e
rullato per favorirne l’assestamento e l’attecchimento della medesima flora spontanea.
Il materiale eventualmente non utilizzato in cava sarà destinato ad usi similari nell’ambito
del territorio comunale, compatibilmente con le prescrizioni normative.
3.4 Recupero dell’area propriamente di cava e di quella al piede
Per il recupero di tale area, successivamente allo smantellamento delle rampe di accesso,
a seguito della cessazione delle operazioni di scavo, asportazione e
trasporto del
materiale lapideo, si fa riferimento soprattutto alla prevista utilizzazione della cava a fini
turistici e sportivi (palestra di roccia fruibile sia dalla popolazione locale che dai
villeggianti). Data queste premessa, appare ragionevole ricercare innanzitutto una
collocazione del fronte cava (come risulterà dagli interventi programmati) quale elemento
caratterizzante di una riqualificazione del sito che consentirà una lettura spaziale di
valenza storico - testimoniale di un’attività che ha consentito la costruzione di edifici ed
infrastrutture che tuttora contraddistinguono questa parte del territorio. In tale ottica, si
rileva che una parete verticale e glabra assolve una funzione decorativa e sportiva se
viene mantenuta integra nella sua ruvidezza di pietra; è anche per questo che non si
prevedono interventi, pure possibili e diffusi in altre realtà, inerenti la ricostruzione di
cenosi vegetali alla base dei gradoni con l’apporto di terriccio. Per quanto riguarda la zona
ripale degradante verso l’alveo del Rio Muschioso, interessata peraltro da una esistente
capezzagna di servizio, si evidenzia innanzitutto che è solo in minima parte ricompresa
nell’A.E.C. e che non verrà attualmente coinvolta, se non in piccola estensione (mentre
manifesta segni evidenti di precedenti campagne di scavo, tra i quali lo stradello suddetto).
Nel complesso tale area risulta ben recuperata dalla ricolonizzazione di vegetazione
erbacea ed arborea spontanea come si può riscontrare dalla documentazione fotografica.
Il bordo descritto al punto precedente (largo circa un paio di metri per tutta la lunghezza
dell’area di accesso), avrà quindi la funzione di raccordare adeguatamente, dal punto di
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vista ambientale, l’area di accesso alla parete rocciosa con la riva del torrente Rio
Muschioso.
Si sottolinea invece che la zona immediatamente sottostante
la parete presenta già
caratteristiche assimilabili ad area di transito, sosta e parcheggio non evidenziando
particolari emergenze dal punto di vista ambientale, naturalistico o paesaggistico (Foto
n.5). Non appare quindi strettamente necessario prevedere per essa opere di
reinserimento paesaggistico
perché tale superficie dovrà continuare a svolgere una
funzione di servizio quale collegamento del sito con la viabilità di accesso. Del resto, la
vicinanza del ponte condiziona già la percezione dell’unità paesaggistica e comunque,
l’impatto visivo non sembra particolarmente evidente, soprattutto a distanza significativa.
Si precisa che la recinzione completa dell’area, sia nella fase di coltivazione che in quella
di ripristino e di destinazione finale, così come l’adeguata segnaletica, saranno effettuate a
cura della ditta utilizzatrice, in funzione delle necessarie condizioni di sicurezza.
Foto n.5: situazione attuale dell’area antistante la cava dismessa
Si ritiene pertanto sufficiente, in questo ambito, limitare l’intervento di recupero alla
raccolta delle acque di ruscellamento
provenienti dalla superficie della
parete e dal
versante mediante apposite cunette ed al loro convogliamento verso il torrente
consentendo l’agibilità dell’area che presenta peraltro un discreto fondo, data l’abbondante
presenza di roccia affiorante. Sarà cosi possibile utilizzare la zona come area di sosta,
parcheggio e preparazione dei singoli o dei gruppi per le scalate in parete.
Agronomo Ciuffreda Giuseppe
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3.5 Utilizzo a fini ricreativi e sportivi
Si fa presente che il sito fu teatro, in passato, oltre che di esercitazioni di singoli o gruppi,
di alcune competizioni di arrampicata sportiva, di rilevanza notevole. Quando ancora le
arrampicate artificiali non abbondavano come oggi, la parete richiamava appassionati da
varie parti e l’eco delle imprese è ancora presente tra i cultori di tale disciplina sportiva.
Tra l’altro, dall’estro di un dilettante locale, vennero aperte decine di vie, tutte di livello
abbastanza elevato. Si ritiene che l’intervento proposto con il Piano di Coltivazione
prevedendo innanzitutto l’asportazione del materiale detritico più superficiale ed
incoerente nonché la messa in sicurezza dell’intera parete e dell’area nel suo complesso,
raggiunga indirettamente anche lo scopo di rendere privo di pericoli il sito anche per lo
svolgimento dell’attività sportiva, per la fruizione turistica ed escursionistica in genere e
per quella didattica in particolare. Potrà quindi diventare un’ulteriore attrazione dell’alta
valle del Dolo richiamando ancora di più dilettanti sportivi, studiosi e turisti in genere.
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Agronomo Ciuffreda Giuseppe
4 – COMPUTO METRICO ESTIMATIVO
N°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
DESCRIZIONE
Profilo pedologico iniziale eseguito mediante l’apertura di più buche e
prelievi di suolo per l’analisi chimica (campioni n. 2)
Analisi chimiche (ante e post)
Spietramento (manuale) del materiale asportato (mc 800 circa)
Rimaneggiamento dei cumuli di suolo conservato, spietrato e che
verrà riutilizzato (2 volte all’anno per 3 anni)
Ulteriore prelievo campioni per analisi al termine dello stoccaggio in
cumulo del terreno vegetale
Risagomatura (con mezzo meccanico adeguato e personale ausiliario)
delle superfici da rinaturalizzare, tenuto conto delle particolari
condizioni operative e della necessità di mantenere un sottofondo
scabroso onde limitare fenomeni di scivolamento)
Scavo scoline di guardia eseguito con mezzi meccanici
( tenuto conto delle particolari condizioni di disagio operativo)
compresa ricollocazione di pietre sui bordi e sul fondo per
regimazione delle acque
Finiture a mano dei tratti di scolina dove è possibile intervenire a
macchina (tenuto conto delle particolari condizioni operative)
Ricollocazione (a mano) di pietre sui bordi e sul fondo delle scoline
per regimazione delle acque
Sistemazione vie d’acqua preferenziali esistenti
- mezzi meccanici
- intervento manuale
Ricollocazione in loco del terreno vegetale precedentemente stoccato
con mezzo meccanico adeguato (escluso carico e trasporto dall’area di
deposito), compreso ausilio manuale e tenuto conto delle particolari
condizioni di disagio operativo
- manodopera ausiliaria
12
Ulteriore spietramento manuale del materiale ricollocato
13
Stesura e modellazione manuale della terra di coltivo tenuto conto
delle particolari condizioni di disagio operativo
U.M
Q.tà
Importo
unitario €
Importo
totale (€)
h
4
56,81
227,24
n.
h
3
40
85,50
18
256,50
720,00
mc
600
3,50
2.100,00
h
2
56,81
113,62
h
20
123
2.460,00
m
150
3
450,00
mc
25
30
750,00
h
40
18
720,00
h
h
8
24
80
18
640,00
432,00
mc
35
30
1050,00
mc
35
23
805,00
h
30
23
690,00
H
16
18
288,00
mc
35
40
1.400,00
mc
35
23
805,00
14
Realizzazione di fascinata morta del diametro medio di circa cm 40 da
posizionare a monte della scolina di guardia a contenimento del
terreno riportato sul bordo di raccordo, posto a monte della predetta
scolina, coincidente con la linea di demarcazione tra l’area interessata
allo scavo ed il cotico rimasto inalterato in sito (tenuto conto delle
m
150
30
4.500,00
particolari situazioni di disagio operativo), compreso scavo di
solchetto profondo circa cm 15 in modo da lasciare un’altezza fuori
terra di 25 cm e legatura delle verghe mediante filo di ferro cotto di 23 mm; ricopertura del solco con il terreno di scavo e rincalzo monte.
La fascinata verra’ disposta seguendo le curve di livello per
aumentare la capacita' antierosiva.
mq
300
1.00
300,00
15 Manutenzione anni successivi
16 Drenaggio per raccolta acque al piede della parete rocciosa e loro
m
200*
3,00
600,00
convogliamento nel sottostante torrente
17 Sistemazione dell’area antistante la cava mediante pareggiamento
mq
1.000*
7
7.000,00
superficiale, compattamento, pulizia, manutenzione iniziale
8.000,00
18 Oneri aggiuntivi per trasporti mezzi, materiali, sicurezza ed imprevisti Forf.
34.307,36
TOTALE GENERALE (Salvo errori & omissioni) €
(*): circa
• taluni prezzi unitari sono stai incrementati del 30% per tenere conto del particolare disagio operativo;
N:B:
• alcune voci risultano sviluppate in modo approssimativo date le oggettive difficoltà di valutazione.
Agronomo Ciuffreda Giuseppe
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5 - CONCLUSIONI
Si ritiene in definitiva che la proposta di utilizzazione in oggetto consenta anche un riordino
generale di un’area che, di fatto, risulta un sito di scavo abbandonato che necessita
comunque di essere messo in sicurezza nonostante l’opera incessante della natura che
tende a rimarginare anche questo tipo di ferite. Gli accorgimenti operativi suggeriti nel
rispetto della normativa vigente e le azioni individuate, sia nella fase di scavo che in quella
di recupero, possono favorire la restituzione al territorio di un ambito di particolare valenza
naturalistica e testimoniale che può rappresentare una risorsa aggiuntiva in un contesto
sicuramente problematico ma di straordinario pregio ambientale. La tavola illustrativa
allegata riporta sinteticamente le azioni previste e sopra descritte.
Un’ultima annotazione merita la constatazione che il possibile riutilizzo (almeno parziale),
nell’ambito territoriale interprovinciale dei comuni dell’alta valle del Secchia, del materiale
lapideo escavato, da destinare ad opere complementari ed ornamentali degli edifici e
manufatti, dovrebbe costituire un elemento di rivalutazione culturale a forte connotazione
identitaria dell’intera zona.
Il rimodellamento morfologico previsto dal piano di coltivazione suggerisce gli interventi di
ripristino previsti che consistono essenzialmente nella razionalizzazione del reticolo
idrografico atta a salvaguardare le pareti rocciose e l’area antistante di accesso alla cava.
Si sottolinea che le soluzioni adottate tendono, da un lato al miglioramento dello stato di
sicurezza dei luoghi e, contemporaneamente, mirano al miglioramento della qualità
estetica attraverso l’integrazione, per quanto possibile, con gli ambiti paesaggistici
circostanti,
peraltro
già
condizionati
da
interventi
precedenti,
privilegiando
la
rinaturalizzazione dell’area mediante colonizzazione del suolo da parte della vegetazione
spontanea.
E’ evidente che, un’ effettiva utilizzazione sportiva come palestra di roccia, dovrà essere
oggetto di ulteriori approfondimenti dal punto di vista normativo: il presente progetto di
recupero si limita semplicemente a considerare tale destinazione verificando le condizioni
di sicurezza già peraltro valutate e previste ampiamente nel progetto di coltivazione anche
in funzione degli altri usi programmati.
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Agronomo Ciuffreda Giuseppe