La solidarietà degli imprenditori e delle istituzioni all`Area Nord

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La solidarietà degli imprenditori e delle istituzioni all`Area Nord
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Dall’alto: Giorgio Squinzi,
presidente di Confindustria;
il comandante dell’Accademia
militare Massimiliano Del Casale
e il rettore dell’Università di Modena
e Reggio Emilia Aldo Tomasi;
Giovanni Arletti, Elena Salda,
Giorgio Squinzi, Roberta Caprari,
Pietro Ferrari e Vincenzo Cremonini
48 OUTLOOK
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Eventi | Assemblea
La relazione del presidente
Monsignor Francesco Cavina:
«L’importanza della fiducia»
Vogliamo
tutti tornare
a produrre
Il vescovo di Carpi ha portato agli imprenditori parole di conforto
In un periodo già molto difficile il terremoto ha infierito
pesantemente sulla nostra realtà economica.
Ora serve che le istituzioni diano il loro sostegno.
Perché vogliamo tornare come eravamo il prima possibile
Colpiti dalla tragedia
La nostra regione sta vivendo un’autentica tragedia: il sisma del 20 e del 29 maggio
ha devastato la nostra terra, ha ferito in maniera indelebile la nostra gente, ha distrutto le nostre case e le nostra fabbriche. Ma so prattutto ha fatto strage di vite umane. Ed è
alle troppe vittime di questa immane tragedia, sette nel ferrarese e 17 nella nostra provincia, che oggi, giornata di lutto nazionale,
rivolgiamo il nostro pensiero: ai cittadini comuni, agli operai, ai tecnici, agli imprenditori che hanno perso la vita. E qui permettetemi un pensiero speciale al nostro collega Mauro Mantovani, titolare della Aries,
un esempio di coraggio e di dedizione alla sua
azienda. Vorrei esprimere il mio più profondo cordoglio per la loro tragica scomparsa e
unirmi, a nome di tutti gli imprenditori, al
dolore dei familiari.
50 OUTLOOK
Ovviamente, il precipitare degli avvenimenti ci ha costretto a mutare radicalmente il programma della nostra assemblea. Ab biamo pensato che fosse importante lasciare spazio alle riflessioni di alcuni dei nostri
colleghi così duramente provati da una calamità che sta mettendo in ginocchio tutta
l’attività produttiva dell’Area Nord. Oggi saranno loro i protagonisti: Giuliana Gavioli
della B.Braun Avitum Italia, Nicoletta Razzaboni della Cima, Vainer Marchesini della
Wam Group e Roberto Fabbri dell’Abk. Saranno loro che, sollecitati da Dario di Vico,
editorialista del «Corriere della Sera», illustreranno la situazione del territorio, daran no conto dell’entità delle distruzioni, ma
soprattutto si faranno portavoce delle necessità urgenti e delle misure da prendere.
Prima del sisma avevamo pensato di a prire i lavori della nostra assemblea con un
In questo momento così difficile, ho ritenuto di concentrare l’attenzione del mio intervento su una parola
determinante, fiducia, e sull’importanza che noi si abbia
fiducia, che si sappia infondere in noi stessi e negli altri
la fiducia. Giorno dopo giorno, nel corso della vita avete
dimostrato in modo tangibile cosa significhi avere fiducia, pensare in modo positivo, adoperarsi per migliorare
le condizioni dell’uomo e costruire una società capace di
rispondere, almeno in parte, ai suoi bisogni. Come credente e come vescovo, in un momento di prova così difficile come quella che tutti stiamo vivendo, mi pongo
una domanda e la lascio a ciascuno di voi. È ragionevole
pensare di essere soli o di potere fare da soli proprio
ora che si aspettano cose grandi e importanti per la
nostra realtà e la nostra nazione? Non posso che ricordare, come vescovo, che il Signore ci è vicino. Credenti o
non credenti, abbiamo bisogno di sentircelo dire.
Benedetto XIV ha ricordato che, se anche uno non crede,
nel momento della prova e delle difficoltà rende meno
dura la vita il pensare che Dio esiste. Non sto parlando
di sollievo o sostegno psicologico: la presenza del
Signore rappresenta la chiave di lettura per interpretare
la realtà in cui ci troviamo a vivere.
Può essere d’aiuto anche avere un esempio che ci guidi.
Permettetemi di citare san Benedetto, una figura davvero interessante, la cui regola diversi saggi hanno posto
all’origine della cultura occidentale e della nostra
I
filmato che testimoniasse l’orgoglio del fare
impresa di cui è fortemente pervaso il nostro
territorio. Mentre lo realizzavamo si sono
verificate le prime scosse. Per questo avevamo deciso di riportare anche alcune immagini del terremoto per significare la voglia di ripartire. Poi è accaduto l’irreparabile. Morti e distruzioni ancora più gravi. Ebbene, nonostante l’infierire degli eventi, ho
pensato che valga la pena mostrare questo
filmato. Non per un moto di rimpianto o di
rassegnazione, ma invece proprio per dare
conto, senza spavalderia ma con orgoglio,
di come eravamo e di come torneremo il
prima possibile.
Il dopo emergenza
Tutti noi abbiamo impresse nella mente
le immagini delle persone sfollate, delle
tendopoli, delle macerie degli edifici storici
moderna imprenditoria. San Benedetto visse in anni
drammatici: con la
morte di Teodorico
e il fallimento del
suo sistema politico l’Italia cadde in
un lungo periodo di
totale desolazione,
Monsignor Francesco Cavina
caratterizzato da
carestie, saccheggi,
pestilenze. La grande tradizione culturale di Roma sembrava essere giunta al capolinea. La risposta di san
Benedetto fu straordinaria: non solo un nuovo modo
concreto di vivere, ma una nuova società improntata a
una visione diversa del mondo. Si impegnò, infatti, a rafforzare la comunità non solo con una regola del «fare le
cose» ma, ancora più importante, offrendo le ragioni
ultime che devono motivare l’agire dell’uomo.
Ecco, in definitiva, perché ho portato questo esempio.
Anche oggi è urgente generare una nuova forte motivazione verso il raggiungimento di obiettivi comuni in una
prospettiva che superi l’uomo. Una visione nuova dell’impresa avrà un impatto reale anche sulle generazioni
più giovani che, lo sappiamo bene, attendono con ansia
una nuova concreta sorgente di positività.
Il pensiero commosso
di tutti gli imprenditori è andato
a Mauro Mantovani, titolare della Aries,
morto sotto le macerie
del suo capannone il 29 maggio.
E per ricordare tutte le vittime
del terremoto, il presidente Pietro
Ferrari ha invitato tutti i partecipanti
all’assemblea di Confindustria Modena
a rispettare un minuto di silenzio
OUTLOOK 51
Eventi | Assemblea
Gian Carlo Muzzarelli: «Lavoriamo per la ripresa»
L’assessore regionale alle Attività produttive ha illustrato gli interventi
e gli impegni degli enti locali per le aree terremotate
entiquattro persone sono morte e
una intera comunità è stata colpita. Un lutto che deve fare riflettere
tutti e deve impegnarci a migliorare il
nostro agire, i nostri investimenti,
aumentando la nostra responsabilità,
per rialzarci presto. Per fare presto e
bene. E rimetterci a correre perché, è
ancora più vero oggi, «il mondo ci
ama ma non ci aspetta». Il sisma ha
avuto effetti devastanti, e ricordiamo
che siamo ancora «dentro» il terremoto, perché lo sciame sismico non
si è mai fermato dal 20 maggio, con
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L’assessore regionale Gian Carlo Muzzarelli
50-60 scosse al giorno, alcune ancora
di magnitudo elevata. E ogni volta si
deve ricominciare da capo, perché il
lavoro fatto fino ad allora deve essere
azzerato e si deve ripartire con i controlli e le verifiche. Questo rende più
difficile rispondere alla marea di
richieste di controlli.
Dobbiamo ricordare e ringraziare
tutte le forze dello Stato, i volontari, i
dipendenti comunali, i sindaci, gli
amministratori, che sono sul territorio
52 OUTLOOK
insieme alla comunità che sta cercando di reagire e di riprendersi. E dobbiamo ringraziare i tanti imprenditori:
tra coloro che ho incontrato in questi
giorni tutti, nessuno escluso, mi
hanno confermato che vogliono stare
qui e ripartire da qui. Questo credo
che debba essere il nostro impegno
maggiore. E lo ha confermato, fin dal
primo momento, il presidente della
Regione Emilia-Romagna Vasco
Errani, che nei prossimi giorni sarà
nominato commissario (anche se si è
deciso di fare una cabina di regia con
i sindaci e i presidenti
delle province). È
stato molto chiaro:
azioni di emergenza
collegati alla ripresa.
Vedete, ci sono 75
campi, 54 comuni colpiti, oltre 16.000 persone assistite dalla
Protezione civile sono
in Emilia. È stato colpito tutto: industrie,
case, servizi pubblici,
scuole, ospedali, servizi per anziani, i centri per lo sport e la
cultura, tutto lo straordinario patrimonio
culturale, religioso, storico. Interi centri storici sono stati messi in ginocchio e le infrastrutture di difesa idraulica e del territorio sono fuori uso.
Di fronte a questo, ci è stato dato atto
che ci siamo mossi con tempestività e
in modo efficace. D’altronde, tutti stiamo facendo il massimo e dobbiamo
continuare a fare il massimo. Ora il
governo ha già stanziato, con un
primo provvedimento, 2,5 miliardi: 500
milioni per il 2012, un miliardo per il
2013 e altrettanto per il 2014.
Ovviamente è solo un primo sforzo,
perché si tratta di cifre che non saranno sufficienti a coprire i danni, che
ancora non sono quantificabili, ma
ammontano sicuramente a diversi
miliardi di euro.
Come Regione, stiamo cercando di
rispondere con l’attenzione necessaria, provando a ridare certezze. Ho
ascoltato con molta attenzione il
dibattito degli imprenditori dell’Area
Nord. C’erano riflessioni e richiami
molto simili a quelli che mi hanno
riferito altri imprenditori in queste
settimane. Quello della ripresa produttiva è un problema che dobbiamo
affrontare tutti insieme. Noi stiamo
lavorando alacremente per accelerare
la ripresa delle attività produttive,
mettendo naturalmente al primo
posto l’obiettivo della sicurezza.
Bisogna, infatti, essere molto chiari.
Lo dico perché quello che è accaduto
non deve ripetersi. Dobbiamo lavorare
con la testa rivolta in avanti, consapevoli che quello che è avvenuto, d’ora
in poi, farà da spartiacque: lavorare
per ripristinare la «normalità» avendo
come riferimento il 19 maggio non è
più possibile, perché dobbiamo renderci tutti conto di cosa è successo e
di cosa sta ancora accadendo. Con
responsabilità. E grazie all’ordinanza
del dipartimento della Protezione civile del 2 giugno, si è voluta allargare la
platea dei professionisti abilitati ai
controlli per fare di più e soprattutto
in tempi più rapidi, accelerando i
tempi delle verifiche dei danni e di
tutto ciò che è necessario alle imprese per ripartire.
In queste ore, dopo un confronto
approfondito con i vertici degli ordini
professionali degli ingegneri, architetti, geometri, con i quali istituiremo nei
prossimi giorni un tavolo di lavoro per
la ricostruzione, la Regione e il governo stanno mettendo a punto una
norma per disposizioni straordinarie e
urgenti per la ricostruzione, proprio in
merito al rilascio del certificato provvisorio di agibilità sismica, alle misure di sicurezza da adottare, ai tempi
entro i quali si dovranno completare
le verifiche e gli adempimenti. La
nostra richiesta è di prevedere due
tempi: un primo tempo in cui mettere
in sicurezza gli stabilimenti industriali
con una visione «dopo 19 maggio»,
fissando tre elementi fondamentali
per il lavoro di ripristino rapido della
sicurezza degli stabilimenti, e poi un
secondo tempo, più lungo, per fare
ulteriori verifiche e consentire la
ripartenza delle imprese. Ovviamente,
la messa in sicurezza delle strutture
attraverso i collegamenti degli elementi strutturali, le tamponature, le
scaffalature (è la mancanza di queste
opere che durante il sisma ha creato
grandi problemi tecnici e danni) è la
parte che dovrà essere affrontata
subito, e le nuove disposizioni sono
state concepite per tenere conto sia
delle urgenze dell’economia e della
riapertura degli stabilimenti sia dell’imprescindibile esigenza di sicurezza delle strutture e delle persone.
Il lavoro del tavolo regionale con il
sistema economico e sociale è fondamentale, per unire gli sforzi e agire
nell’interesse dell’economia e delle
nostre comunità. Io vorrei assicurare
che stiamo lavorando con molta
responsabilità per trovare tutte le
soluzioni affinché dall’EmiliaRomagna parta un messaggio: noi
siamo una grande forza, il Paese lo
deve riconoscere, dobbiamo avere le
risposte che ci meritiamo per ciò che
abbiamo dato, perché vogliamo tutti
insieme dare il nostro contributo per
la crescita.
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e dei capannoni industriali crollati o gravemente danneggiati. Devo dire che abbiamo
potuto constatare una reazione esemplare:
pur nella tragedia, grande compostezza e
senso di responsabilità da parte dei cittadini ed enorme determinazione e voglia di ripartire subito da parte degli imprenditori.
Sono arrivati i primi aiuti per l’emergenza
da parte del governo. E le istituzioni, dalla
Regione alle Provincie e ai Comuni, dalla
Protezione civile ai Vigili del fuoco, stanno
facendo il massimo. La macchina della solidarietà, a tutti i livelli, è a pieni giri.
Tutto questo va benissimo. Ma dobbiamo guardare oltre. Al dopo emergenza. A
quando sui nostri territori si spegneranno i
riflettori dei media e la nostra gente dovrà
sopportare il peso di una tragedia che avrà
ripercussioni lunghissime. Dico subito che
noi non lasceremo nulla di intentato affinché l’attenzione dello Stato e di tutte le
altre istituzioni rimanga ai massimi livelli.
È stata colpita una zona che vale l’1 per cento del Pil nazionale. Pertanto, invito il governo a considerare come un investimento
utile per tutto il Paese le risorse economiche da destinare per ripartire. Il terremoto
ha fatto crollare le fabbriche. Ma se non vi
saranno risorse sufficienti, il rispetto dei
tempi e semplificazioni burocratiche, saran no le attività lavorative a crollare.
Per questo la strategia immediata da
mettere in atto si fonda su quattro elementi sostanziali: i capitali sufficienti per ripar-
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tire; il cuore, ovvero il coraggio di rimettere
in moto le attività. E per fortuna abbiamo
visto che questo non manca, sia da parte
degli imprenditori sia delle maestranze. E
ancora, i tempi, che devono essere certi e i
più rapidi possibile. Perché un fermo di mesi può significare perdite di quote di mercato considerevoli, con effetti sull’economia
più distruttivi del terremoto stesso. Infine,
la sicurezza: il principio della massima sicurezza sarà il cardine della ripresa. Ci tengo a sottolineare che prima del terremoto,
qui da noi, tutti gli attori dell’amministrazione, dell’economia, della società civile, hanno operato affinché si rispettassero le regole e lo sviluppo degli insediamenti industria-
• 1 Giovanni Messori,
direttore di Confindustria Modena
• 2 Luca e Laura Panini
• 3 Il vescovo di Carpi
monsignor Fancesco Cavina
e il presidente della Provincia
di Modena Emilio Sabattini
• 4 Mariangela Grosoli
• 5 Fermo Ferrari, Giuseppe Iadarola
e Gianfranco Levoni
• 6 Giorgio Squinzi e Sergio Sassi
6
Eventi | Assemblea
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• 7 Anna Zannoni, Alfonso Panzani
e Matteo Richetti, presidente
dell’Assemblea dell’Emilia-Romagna
• 8 Federico Corradini
e Ferdinando Giacinto
• 9 Vincenzo Cremonini
• 10 Marco Stella, Ilario Benetti,
Raffaele Cantile, Davide Malagoli
e Roberta Caprari
• 11 I parlamentari Giulio Santagata
e Giuliano Barbolini e Luigi Cremonini
• 12 Paolo Toselli e Umberto Bernardi
• 13 Claudio Giberti e Massimo Toschi
• 14 Claudio Lucchese
e Gian Luca Sghedoni
• 15 Giovanni Ferrari
• 16 Riccardo Bertolini
• 17 Franco Stefani
e Roberto Lancellotti
• 18 Giovanni e Marco Arletti
• 19 Marco Fusaro, ispettore
della Polizia stradale, Ettore Caselli
e le parlamentari Manuela Ghizzoni
e Mariangela Bastico
• 20 Ennio Cottafavi, Alberto Marri
e Leonello Guidetti
• 21 Elena e Luciano Salda
• 22 Roberto Fabbri, Franco
Manfredini, Armando Cafiero
e Franco Vantaggi
• 23 La presidente del consiglio
comunale di Modena Caterina Liotti,
Mara Bernardini, Luigi Verrini
e Tiziano Santini
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li avvenisse in maniera regolata, efficiente
e rispettosa del territorio circostante.
Tornare a produrre
Per questo siamo pronti a fare al più presto tutto il possibile per mettere in sicurezza le nostre imprese. Però abbiamo bisogno
di regole certe e chiare. Fin dalla prima scossa di domenica 20 maggio Confindustria Modena si è attivata per fornire informazioni
operative utili. Nelle settimane successive
abbiamo lavorato fianco a fianco con la Regione e la Protezione civile. Un primo risultato è costituito dall’ordinanza firmata sabato dal capo dipartimento della Protezione civile Franco Gabrielli sulle procedure
semplificate di agibilità. D’accordo con i sindacati, e con un protocollo a valenza regionale, sono già stati attivati gli ammortizzatori sociali a decorrere dal 20 maggio. Stiamo lavorando con la Regione affinché il Fondo centrale di garanzia copra fino all’80 per
cento dei mutui che il sistema bancario sta
mettendo a disposizione. Sul fronte della solidarietà è già attivo un conto corrente congiunto Confindustria e Cgil, Cisl, Uil. E ne
apriremo uno specifico di Confindustria Modena, al quale contribuiremo in maniera significativa, perché abbiamo tante associazioni territoriali che vogliono manifestare concretamente la loro solidarietà. Infine, nella
prossima giunta di Confindustria Modena
proporrò di deliberare la rinuncia al versa-
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mio caloroso ringraziamento per avermi
voluto per altri due anni alla guida di Confindustria Modena. L’ampio consenso espresso nei miei confronti mi lusinga e mi esorta
a rafforzare il senso di responsabilità e lo
spirito di servizio che hanno accompagnato
il mio precedente mandato. Quattro anni fa
avevo accettato la candidatura nella piena
consapevolezza che non ero solo: accanto a
me avevo imprenditori di ampia esperienza
e di forte creatività. Sono state le loro doti,
ancor più del mio impegno, a qualificare il
ruolo di Confindustria Modena.
mento dei contributi associativi 2012 per
tutte le aziende colpite.
Noi emiliani siamo fatti così. Siamo e saremo sempre uomini e donne del fare, dell’operare, dell’agire, del costruire e del trasformare. E vogliamo rimanere tali. Anzi,
abbiamo il dovere di rimanere tali. Per evitare che, in un contesto già così drammatico di crisi economica, altre persone restino
senza lavoro. Per questo vogliamo tornare
al più presto nelle nostre fabbriche. Per rimetterle in sesto e per ripartire, insieme alle persone che lavorano con noi, facendo sì
che la produzione si rimetta in marcia. Nel
nome di una missione che non ha solo a cuore il profitto ma nella piena consapevolezza
di come le nostre aziende dispongano anche
di una imprescindibile funzione sociale. Ne
usciremo, come sempre abbiamo fatto, rimboccandoci le maniche. È per questo che
tanti nostri colleghi giustamente scalpitano, insieme ai loro lavoratori. Ed è per questo che invitiamo le autorità e i poteri dello
Stato a non indugiare. Lo ha ribadito anche
il governatore Errani: «Vogliamo ripartire,
mentre gestiamo l’emergenza stiamo già lavorando alla ricostruzione».
L’economia modenese
Non vi è dubbio che l’economia modenese sia una realtà ancora forte. Ma è anch’essa sottoposta a prove continue di tenuta: il
compito di Confindustria Modena e del suo
vertice è di mettere le imprese nelle condizioni di rispondere in maniera appropriata
alla difficile congiuntura attuale. Ed è proprio da qui che prende avvio la mia riflessione. Dalla recessione che sta colpendo l’Italia, l’Europa e il mondo e di cui non si intravede ancora la fine. Vogliamo capire come reagire, come contrastare una domanda
che non vuole crescere, su quali asset dobbiamo fare leva, su quali punti di forza dobbiamo investire risorse intellettuali ed economiche. E per fare ciò credo sia indispensabile ragionare su alcuni concetti di fondo,
sui valori che costituiscono le fondamenta
Insieme agli imprenditori
associati
Vorrei ora voltare pagina e passare a
una parte un po’ più formale del mio discorso. Rivolgendo agli imprenditori associati il
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del nostro fare impresa e del nostro essere
imprenditori in uno dei momenti più difficili dall’ultimo dopoguerra.
L’orgoglio di fare impresa
Per questo voglio cominciare da un concetto che forse ad alcuni può sembrare retorico, ma che a mio avviso, oggi più che mai,
è un cardine imprescindibile su cui poggia
il nostro sistema: l’orgoglio di fare impresa.
I nostri colleghi dell’Area Nord ce ne stanno
dando una prova tangibile. Quando guardo
al mio essere imprenditore, e provo a pensarne il significato oltre l’attività produttiva, che
ovviamente rimane centrale, mi vengono alla mente esempi dal passato che indicano
una continuità profonda. E, allora, il fare impresa mi riporta alla mente tutta una tradizione storica di sapienza manifatturiera
nella quale il nostro Paese ha brillato lungo
i secoli, mostrando forza, intelligenza, lungimiranza e capacità di anticipare il futuro.
Ebbene, è venuto il tempo di ricostruire una
narrazione autentica del fare impresa. Il nostro sforzo deve essere rivolto a mostrare come l’industria sia una parte importante della cultura italiana, al pari di quelle risorse,
artistiche, culturali e ambientali, che tutto
il mondo ci invidia.
Non dimentichiamo che siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa, dopo la
Germania. E che l’Emilia-Romagna concentra un settimo dei 140 distretti industriali i-
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taliani. Ma noi sappiamo che un’economia
senza prodotti e beni da scambiare rischia
di essere come un albero senza radici, troppo esposta ai capricci del tempo e del vento.
Ed è questo il momento per ribadire che si
può fare industria in Italia e che la forza del
nostro Paese sta proprio nel suo saper produrre. La classe politica, anziché reagire con
arroccamenti, dovrebbe cogliere la sfida che
ci lancia questa pesante fase recessiva. Dovrebbe innovare e sciogliere i nodi e le arretratezze del sistema Paese.
Dovrebbe rendere la società meno ingessata e più aperta. Dovrebbe rimuovere gli
ostacoli alla competitività. E contrastare la
burocrazia davvero soffocante.
Il lavoro che vogliamo
Il secondo punto di riflessione riguarda
il lavoro che vogliamo. Noi imprenditori siamo i primi a ritenere il lavoro fondamentale. Sono rimasto molto colpito da una considerazione dell’arcivescovo di Modena monsignor Lanfranchi, che in occasione di una
visita da noi in Confindustria ha affermato:
«Voglio bene agli imprenditori perché danno lavoro».
Credo che esemplifichi in maniera perfetta il senso e la profondità della nostra
missione. Certo, il lavoro si è trasformato.
E una parte del nostro Occidente ha perso
di vista la importanza del lavorare. Lavorare e produrre beni e servizi è così diventa-
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Eventi | Assemblea
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• 24 Valerio Scianti, Rodolfo Vignocchi,
Marco Maletti, Benedetto Grossi
e Romano Maletti
• 25 Stefano Bonaccini
• 26 L’onorevole Carlo Giovanardi
ed Ettore Caselli
• 27 Maurizio Tironi e Giancarlo Vezzalini
• 28 Alberto Marri, Walter Caiumi,
monsignor Cavina, Giovanni Arletti
e Roberto Iseppi
• 29 Alessandro Rovinalti, Valentina
Agnani, Alessio Balestri ed Erika Dal Rio
• 30 Giovanni Ferrari e Pietro Ferrari
• 31 Lidia Cevolini, Alberto Bergamini
e Claudio Stefani
• 32 Danilo Montecchi
e Gianmarco Messori
• 33 Fausto Tarozzi, Gianandrea Raisi
e Giuseppe Zanardi
• 34 Marco Padovani
• 35 L’assessore provinciale Egidio Pagani
e l’assessore di Sassuolo Claudia Severi
• 36 Massimo Galassini
e Gian Luca Sghedoni
• 37 Giuseppe Molinari
• 38 Giordano Bruni e Paolo Ferrari
• 39 Carlo Borsari, Tiziano Neri
e Plinio Vanini
• 40 Antonio Panini
• 41 Il presidente della Camera
di Commercio Maurizio Torreggiani,
Gaetano Maccaferri e l’onorevole
Ivano Miglioli
• 42 Vainer Marchesini e Giorgio Squinzi
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ta un’attività secondaria. Invece, il lavoro
con i suoi valori intrinseci permette l’affermazione della dignità dell’individuo. E, dunque, la crisi può rappresentare un’occasione per sottolineare con forza la rilevanza
della manifattura e del lavoro di qualità.
Nel nostro Paese esiste una paradossale
discrepanza tra domanda e offerta di occupazione. Ovvero, esistono posti di lavoro
non ricoperti a fronte di tanti giovani inoccupati o disoccupati. È, dunque, così difficile trovare il modo per colmare questa differenza? Il nostro obiettivo è di salvaguardare e tutelare quanto più possibile l’occupazione delle nostre imprese. E ci augureremmo che le organizzazioni sindacali comprendessero, senza pregiudizi, il nostro impegno
al riguardo. Non mi sono ancora soffermato
sulla riforma del lavoro in corso. Sarò molto
franco. Così come si sta profilando non ci piace. Ha ragione il professor Boeri quando dice che dalla mediazione tra governo e partiti è uscito un risultato al ribasso. Il compromesso raggiunto ci consegna un mercato
del lavoro che non guarda sufficientemente
ai giovani e aumenta sia il cuneo fiscale sia
la complessità della procedura dei licenziamenti. Lo sforzo è stato notevole. I risultati
modesti.
La crescita possibile
E siamo giunti a un terzo concetto basilare: la crescita possibile. Perché si inneschi
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una spinta verso la crescita economica
occorre un’assunzione di responsabilità e
un lavoro comune da parte di tutti gli attori e le categorie che hanno a cuore il benessere generale. Il compito del pubblico è di
delineare un quadro chiaro di regole.
Di dotare il mondo economico degli asset
adeguati per competere.
E qui apro un capitolo che rimanda direttamente alla realtà locale. Il sistema delle nostre infrastrutture. Già all’inizio del
mio mandato avevo individuato nello Scalo
intermodale di Marzaglia uno degli elementi essenziali per la competitività del nostro
territorio. Ebbene, le cose sono andate avanti, ma non con la velocità che avremmo
voluto. Finalmente è arrivato l’ok per la
bretella Modena-Sassuolo, fondamentale
per gli assetti viari del nuovo scalo merci di
Marzaglia. Ora è venuto il momento di pensare seriamente anche alla direttrice Modena-Lucca. Lo sbocco al Tirreno non può
rimanere solo un’ipotesi. Tornando allo scalo, siamo ancora alle prese con pastoie burocratiche che non permettono di dare avvio alla progettazione esecutiva. Credo che
al riguardo la politica locale abbia un ruolo
decisivo. Ed è a voi assessori e amministratori che mi rivolgo: imprimete l’accelerazione necessaria per superare l’ultimo miglio.
Le imprese non possono più aspettare. La
maggior parte di noi imprenditori gira il
mondo. E abbiamo bene evidenti i tassi di
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sviluppo con cui stanno crescendo le economie dei Paesi emergenti. E considerato che
non vogliamo rassegnarci al declino, abbiamo ancor più ragione a invocare la definizione e il rafforzamento di un’opportuna cornice competitiva. Il sistema Paese deve cominciare a funzionare davvero. Le imprese debbono essere messe in condizione di competere alla pari con i concorrenti. Questa dovrebbe essere, a nostro avviso, la funzione
primaria del governo dei tecnici. Ma anche
uno dei compiti indispensabili di quella politica che ci auguriamo tornerà a svolgere
con rinnovato senso di responsabilità il proprio ruolo. La crescita possibile (altro che
farneticazioni sulla decrescita) è dunque il
perno di quella che consideriamo come una
autentica rivoluzione culturale che deve fare breccia sull’opinione pubblica.
Il rapporto tra imprese e istituti
di credito
Il quarto punto sostanziale per il nostro
sistema economico riguarda il rapporto con
il credito. Se il compito dell’imprenditore è
quello di produrre al meglio delle sue possibilità, allora deve tornare a trovare nel sistema del credito un alleato disponibile a
supportarlo nelle sue iniziative. Senza credito, l’economia muore, e con essa si sfalda
un’intera società. Le banche, come è stato per
lungo tempo, devono tornare a stare al fianco delle imprese e devono continuare a cre-
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dere nei loro progetti. Invece, le imprese si
trovano continuamente a fronteggiare un inasprimento delle condizioni creditizie. Diventa pertanto di importanza vitale la capacità degli istituti di credito di valutare attentamente il merito di credito, senza fare
mancare il sostegno finanziario ai clienti solvibili e degni di fiducia. Ed è su questo punto che chiediamo agli istituti di credito il
massimo sforzo. Noi dobbiamo essere ottimisti per mestiere. Quindi vogliamo continuare ad avere fiducia in un sistema bancario che sappia ascoltarci e accogliere le nostre richieste.
Il ruolo della politica
Veniamo ora a uno degli ultimi spunti di
riflessione: il ruolo della politica. Se la nostra mission è quella di produrre ricchezza
e valore per le comunità, qual è la mission
della politica? Credo che la politica debba
riappropriarsi delle sue ragioni originarie.
Democrazia, ovvero «potere del popolo» e
«bene comune»: sono queste i principi e le finalità che hanno legittimato l’esercizio della politica con l’idea di mettersi a disposizione della cittadinanza. Se osserviamo i
risultati delle recentissime elezioni amministrative, il messaggio appare lampante. I
cittadini non hanno rigettato la politica.
Hanno, invece, voluto censurare gli atteggiamenti e il modo di agire dei partiti tradizionali. La loro pervicacia nel lasciare tutto
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assolutamente immutabile e conforme agli
interessi dei gruppi che li dirigono ha alimentato quella categoria che ci siamo abituati a chiamare “antipolitica”. Ma che a
ben guardare corrisponde a una richiesta di
politica seria e rispettosa dei cittadini e del
senso delle istituzioni.
Quando pensiamo ai compiti della politica, nella sua accezione alta e responsabile,
dobbiamo pensare ai pilastri dell’interesse
nazionale: il benessere, la libertà, la sicurezza della popolazione. E possiamo convenire sul fatto che la politica buona e di qualità è quella di cui si ricordano, distintamente, le «imprese e le gesta». E allora coraggio,
a chi anche in questa sala rappresenta in
modo diretto la politica. Non vi è altra soluzione se non ritornare allo spirito di servizio che prevede la nostra Costituzione, dando a cittadini e imprese un obiettivo comune, un disegno in cui tutti insieme credere e
impegnarsi, riaccendendo il motore della
crescita e dello sviluppo.
Senza i quali non esiste possibilità autentica di fare ripartire una dinamica positiva di redistribuzione e di riduzione di quelle disuguaglianze sociali che spaventano
noi imprenditori per primi.
La Confindustria che vogliamo
Infine, consentitemi qualche parola sul
nostro sistema associativo. La crisi di rappresentatività che affligge la nostra demo-
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42
Eventi | Assemblea
crazia liberale ha investito tutte le sedi e
le articolazioni della società civile, e non
solo politica. E non ha risparmiato il nostro sistema associativo, che in effetti necessita di una «manutenzione innovativa».
E di qualche riforma. D’altra parte, il primo esempio lo si dà a partire dalla gestione della propria casa. Dobbiamo proseguire il lavoro di contenimento dei costi e di
migliore efficienza, per giungere a una semplificazione organizzativa che eviti inutili
sovrapposizioni e improduttivi doppioni di
funzioni. Dobbiamo applicare il concetto
di rete anche al nostro sistema. Soprattutto fra le associazioni territoriali. Si tratta
di un percorso che noi stiamo già sperimentando con l’Associazione Industriali di Reggio Emilia.
Da tutte le nostre componenti associative, dalle territoriali alle categorie, dalle piccole alle grandi, giunge la richiesta di rendere più incisiva l’azione di Confindustria.
In che modo? Aumentando la capacità di
coinvolgimento delle associazioni e delle imprese nell’elaborazione delle proposte e delle soluzioni ai problemi economici e di fornitura di servizi. Tenendo insieme il micro
e il macro, l’interesse peculiare del mondo
produttivo e quello generale del Paese. In
una parola, dobbiamo da un lato essere portatori del massimo di autorevolezza e dall’altro essere polo attrattivo delle migliori
professionalità del sistema Italia. Solo così potremo rispondere al meglio alle necessità delle nostre imprese.
Credo fermamente che questi siano i
punti su cui tutti, ognuno con il proprio
ruolo e con le proprie competenze, dobbiamo impegnarci con la massima determinazione. E qui prendo a prestito le parole del
nostro presidente Giorgio Squinzi: «Non
stiamo chiedendo e non chiederemo la luna. Vogliamo poter lavorare in un Paese meno difficile, più normale e più simile agli altri Paesi avanzati». Noi ci crediamo. E pensiamo sia possibile. La fiducia ci viene guardando l’esempio che stanno dando i nostri
colleghi imprenditori colpiti dal terremoto. Il nostro auspicio è che questa fiducia
non venga tradita. Per noi, per tutti, per il
bene del Paese.
•
La tavola rotonda
Gli imprenditori
raccontano
A una sala gremita di colleghi
Roberto Fabbri, Giuliana Gavioli, Vainer Marchesini
e Nicoletta Razzaboni, sollecitati dalle domande
di Dario Di Vico, editorialista del «Corriere della Sera»,
hanno portato la diretta testimonianza di una tragedia.
Ma con lo sguardo già rivolto al dopo terremoto
Vainer Marchesini, Wam
a situazione della mia azienda è questa: dopo il 20
maggio, il 50 per cento degli stabili aveva tenuto,
ma dopo la seconda scossa la resistenza delle strutture si è ridotta di circa il 70 per cento. Adesso la situazione è caotica, non sappiamo con certezza se e quando potremo ispezionare i nostri capannoni, per capire
L
qual è la situazione all’interno. Attraverso una veduta dall’alto
del nostro sito produttivo di Ponte Motta ci siamo resi conto che
sono da risistemare oltre 35.000 metri quadrati di capannoni. E
allargando il campo a considerazioni più generale, non vi è dubbio che siamo in un momento gravissimo: la crisi ha depauperato le aziende di capitali e adesso proprio di capitali abbiamo un
bisogno urgente e immediato. I costi continuano a correre ma i
fatturati sono al palo da 15 giorni e l’indebitamento delle aziende, inesorabilmente, si ingigantisce. I criteri di Basilea 2, senza le garanzie dei capannoni, sono carta
straccia. Lo Stato deve fare un intervento straordinario e concederci soldi a lungo termine e a fondo
perduto. Ma deve farlo subito: il fattore tempo è una
variabile fondamentale per il nostro riscatto. La Bassa, come ha ricordato il presidente Pietro Ferrari, ha
WAM, l’impresa di Ponte Motta di Cavezzo fondata da Vainer Marchesini nel 1969, è diventata un gruppo
internazionale da 1.800 dipendenti (di cui oltre 400 in Italia) e un fatturato da oltre 200 milioni di euro.
Controlla nove marchi ed è specializzata nella progettazione, nello sviluppo e nella produzione di filtri depolveratori
e di macchine sia per la separazione meccanica di solidi e liquidi, sia per il trattamento, lo stoccaggio, l’estrazione,
il dosaggio e la miscelazione di materiali in polvere e granuli. Conta oltre 50 brevetti internazionali e ogni anno
la holding investe oltre il 5 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo
OUTLOOK 59
Eventi | Assemblea
contribuito enormemente alle casse dello
Stato: con le nostre attività rappresentiamo l’1 per cento del Pil. Questa è un’area così densamente produttiva anche
grazie a maestranze dotate di notevoli conoscenze e di acutissime intelligenze. Il
primo patrimonio di questo territorio è la
nostra gente: non possiamo perderlo.
In questi giorni c’è un problema che si
pone con drammatica evidenza: la desertificazione della Bassa. C’è chi effettivamente predica lo spostamento temporaneo della produzione in altri luoghi, ma
possiamo avere la certezza che poi si tornerà indietro? Si dice che «per conquistare un cliente non basta una vita, per perderlo è sufficiente un attimo»: è la verità.
Il mercato è per sua stessa essenza volatile. In questo momento la concorrenza sta
cercando di strapparci clienti con le più
disparate offerte. Intanto noi, nostro malgrado, vediamo le commesse scemare e gli
ordini annullarsi. Oggi siamo unanimemente riconosciuti come vittime di un cataclisma naturale, mi auguro che non diventiamo anche le vittime del cataclisma
provocato dalla burocrazia.
Vorrei spendere due parole anche sul
tema della responsabilità. Siamo stati criminalizzati e additati come coloro che hanno imposto ai propri lavoratori di andare
a lavorare senza nessuna precauzione. È
falso. Posso dire che la mia azienda, dopo
la prima scossa, aveva certificati e documenti in ordine per riprendere a lavorare.
E poi, ci sono tanti dipendenti che sono i
primi a voler ricominciare. In fondo, così
come è stato finora, il nostro futuro è
insieme. Il problema è un altro. In Giappone, dove ho alcuni uffici, questo è un
terremoto ordinario, qui ha avuto effetti
devastanti. Vogliamo riconoscere con onestà che siamo di fronte a delle forti lacune
nella stesura della mappa sismica, che
hanno avuto ripercussioni nella legislazione vigente? Ci è sempre stato detto che
la nostra provincia non era sismica, perché siamo appoggiati sulla sabbia. Abbiamo scoperto che era tutto sbagliato. Il
punto vero, quindi, è che anche i capannoni sono stati costruiti con parametri erra-
ti. I fabbricati che accolgono le nostre attività hanno subìto una
forza d’urto cinque volte superiore a quella per cui erano stati
concepiti. Mi spiace dirlo, ma in questo disastro c’è una responsabilità macroscopica della burocrazia.
Giuliana Gavioli, B.Braun Avitum Italy
l distretto del biomedicale conta circa 150 aziende, di cui cinque sono multinazionali. Dopo il primo terremoto risultava
danneggiato il 70 per cento di queste imprese, con la seconda
scossa la percentuale è arrivata all’85 per cento. A Mirandola nascono i prodotti per la dialisi dei pazienti cronici. In Italia ci sono
45.000 pazienti in dialisi cronica, di cui 20.000 serviti proprio da
ciò che viene prodotto a Mirandola. Oltre a ciò Mirandola è il cuore anche dei prodotti per le malattie rare.
Il problema più grande, per il futuro del distretto, è che le
multinazionali rimangano in loco. Per le migliaia di dipendenti
che occupa, ma anche per tutti i lavoratori dell’indotto. Abbiamo
bisogno di un segnale chiaro e concreto da parte delle istituzioni.
Perdere 15 giorni per noi equivale a perdere fatturato, mercati e
forse la possibilità di trattenere a Mirandola il biomedicale. Personalmente sto lottando con la mia proprietà per evitare lo spostamento, cercando di arrivare, al massimo, a portare transitoriamente la produzione in aree attigue. Tra le misure urgenti e
necessarie per il nostro settore, c’è il recupero dei crediti che vantiamo dalle pubbliche amministrazioni: solo per il nostro distretto si parla di circa 500 milioni di euro.
Siamo ancora in uno stato di emergenza, quindi mi fa piacere
sentire parlare di ricostruzione, ma vorrei anche che si rimarcasse l’importanza della condivisione delle responsabilità. Prima di ricostruire tout court, occorre fare sopralluoghi minuziosi,
con tecnici e professionisti preparati che ci dicano se lo stabilimento è in grado di garantire l’incolumità e la sicurezza dei nostri dipendenti. Vorremmo avere delle risposte tecniche di supporto alle nostre decisioni, ma il punto è che nessuno, in questo
momento, vuole prendersi nessun tipo di
responsabilità. Un dirigente, quale io sono, ha il dovere di informare la proprietà
se valga la pena o no ricostruire nel medesimo luogo, come ricostruire e con quali criteri, come fortificare l’esistente, se necessario.
I
B. BRAUN AVITUM ITALY fa parte del gruppo tedesco
B. Braun, che vanta oltre 170 anni di esperienza nel mondo
della salute ed è presente in Italia come prima filiale
estera dal 1922. La sede di Mirandola, con 175 dipendenti,
è l’unica divisione della multinazionale a produrre attrezzature monouso per la nutrizione artificiale, con 49 milioni
di fatturato consolidato nel 2011. La quota export è del 57
per cento, soprattutto in Europa, Asia, Usa, Sud America
CIMA da 50 anni è al servizio delle banche
e delle più grandi imprese industriali italiane.
Costituita nel 1955 dal suo attuale presidente
Giuseppe Razzaboni, ha puntato il suo sviluppo
sulle tematiche della sicurezza, dai serramenti blindati
ai controlli degli accessi tramite bussole antirapina
agli attuali e più sofisticati sistemi di allontanamento
del denaro. Oggi annovera tra i propri 250 clienti bancari
i più grandi istituti di credito italiani ed esteri.
Nel 2010 ha fatturato 20 milioni di euro, con una quota
export del 55 per cento (Africa, Europa, America).
Conta un’ottantina di dipendenti.
Nicoletta Razzaboni, Cima
er quello che ci riguarda, di due stabilimenti uno è risultato inagibile e, sebbene non sia crollato, abbiamo iniziato la
demolizione. Il nostro lavoro è fermo, come
pure l’indotto e tutti i contoterzisti. I nostri clienti ci sono solidali
a parole, credono nella nostra ripresa, ma intanto fioccano le
disdette degli ordini. Ricordiamo che chi ha perso la propria casa
non può perdere anche il lavoro, sarebbe uno colpo mortale. E non
posso fare a meno di pensare al problema assicurazione: tantissime aziende non avevano un’assicurazione sul terremoto. Oggi, dopo i tragici eventi del 20 e 29 maggio, non c’è nemmeno un’assicurazione disposta a coprire il rischio. E se anche ci fosse, non voglio
pensare al premio che chiederebbe.
La mia sollecitazione è questa: se navigano nell’incertezza le
multinazionali, provate a immaginare in che situazione caotica
siano state lasciate le piccole e medie imprese, che notoriamente
hanno le spalle meno larghe e strutturate. In questo momento non
sappiamo neppure se hanno ancora valore o meno le certificazioni
che ci erano state rilasciate in prima battuta.
Chiediamo dunque tempestività, certezze e chiarezza nella catena di comando. Le istituzioni in questo momento non stanno facendo una bella figura: la Regione dice una cosa, la Protezione civile un’altra. Se è vero che per ripartire abbiamo bisogno di investimenti enormi, almeno cerchiamo di impiegare queste risorse
nella maniera migliore possibile, per ricostruire bene e in sicurezza. Si dice che nei provvedimenti del governo ci sarà la sospensione del pagamento delle tasse per le imprese fino a settembre.
Francamente, più che una banalità mi è sembrato quasi un affronto: non c’è un’azienda nei nostri comuni che possa prevedere quando si potrà tornare a produrre, come è possibile che in tre mesi si
possano ricreare le condizioni per avere tasse da pagare?
Per quanto riguarda l’applicazione della cassa integrazione, devo dire che abbiamo apprezzato i tempi rapidi con cui si è portato
a casa il risultato; Confindustria si è spesa subito e bene su questo
P
OUTLOOK 61
Eventi | Assemblea
Le conclusioni del presidente di Confindustria
Giorgio
Squinzi
Noi industriali continueremo a impegnarci finché non avremo recuperato
ciò che abbiamo perso. Lo dobbiamo anche alle vittime di questa tragedia
tema. Ma perché non pensare a fare rientrare le maestranze in azienda applicando loro la decontribuzione? Si tratterebbe di soldi che andrebbero ad alimentare investimenti in azienda, per la ricostruzione e l’acquisto di nuovi macchinari. Concordo con Marchesini, il rischio delocalizzazione esiste, è
reale, perché mentre noi siamo costretti all’immobilità, il mondo continua ad andare
avanti. C’è solo un modo per scacciare questo fantasma: ripartire immediatamente con
investimenti certi.
Roberto
Fabbri, Abk
l terremoto ha colpito, seppure in
modo marginale, anche il settore ceramico. Ha messo in ginocchio una decina di aziende, che rappresenta l’8 per cento della
produzione di tutto il distretto ceramico italiano. Perché Finale Emilia di fatto è una
appendice, territorialmente distante da Sassuolo ma produttivamente importante per
questo settore. Nel nostro stabilimento di
Finale, per fortuna, non ci sono stati danni
strutturali, però abbiamo avuto problemi ai
macchinari, il disallineamento dei forni, e
guasti al magazzino robotizzato. Dopo la prima scossa del 20 maggio eravamo stati in
grado di preventivare le consegne in 15-20
giorni e la ripresa della piena produzione
in un mese. Oggi purtroppo le carte in tavola sono state nuovamente scompigliate e
I
ABK nasce nel 1992 e si specializza
nel settore del rivestimento ceramico.
Grazie a una serie di acquisizioni
strategiche, arriva a distinguersi
anche nella produzione di pavimenti
in gres porcellanato. Oggi l’azienda
è una realtà riconosciuta a livello
internazionale, che conta
due importanti realtà industriali,
a Finale Emilia e a Solignano,
che operano in sinergia con il polo
logistico di Fiorano Modenese.
Nel 2010 ha fatturato oltre 87 milioni
di euro, ha una quota export
del 41 per cento in tutto il mondo,
e ha 250 dipendenti,
di cui 120 in provincia di Modena
brancoliamo nel buio. Che fare del certificato di staticità ottenuto dopo il primo terremoto? Abbiamo un disperato bisogno di
regole certe e concretezza di aiuti, per far sì
che da questa tragedia si possa uscire nella
maniera migliore che conosciamo: ricominciando a lavorare più forte di prima. Per farlo occorre che la burocrazia non ci tolga ossigeno. Il nostro Expo è adesso, qui in Emilia: rimbocchiamoci le maniche e tutti
insieme ripartiamo. Siamo una provincia culla del made in Italy che non può capitolare.
Dopo la crisi dell’euro il Paese non può reggere la crisi dell’Emilia: siamo uno dei motori di questa nazione. È interesse di tutti
che il nostro territorio riprenda a vivere, a
produrre, a lavorare.
•
Il presidente
di Confindustria
Giorgio Squinzi.
Nelle pagine
a fronte,
due immagini
del sisma
Il dramma dell’Emilia
ono profondamente colpito per ciò
che è successo, per il dramma che
ha scosso l’Emilia-Romagna. Sono
fortemente legato a questa terra e conosco
da sempre, la generosità di cuore, la tempra e il carattere della sua gente. Ma nonostante quello che è successo, questo terremoto ha rafforzato una mia convinzione: può tremare questa regione ma non
trema la sua gente. Perché vedo in tutti
voi quel coraggio che conosco, la voglia e
l’orgoglio di recuperare e di ricominciare.
S
E noi imprenditori ci siamo, crediamo in
quello che facciamo e vogliamo ripartire
il prima possibile, perché lo stare fermi, l’inoperosità e il piangersi addosso sono concetti che non ci appartengono. Noi industriali continueremo a impegnarci finché
non avremo recuperato ciò che abbiamo
perso, lo dobbiamo anche alle vittime di
questa tragedia. Perché l’Emilia è una zona di eccellenza per l’economia del nostro
Paese fatta di grandi distretti e di piccole
realtà produttive capaci di competere sul
mercato globale e di continuare un per-
OUTLOOK 63
Eventi | Assemblea
corso di crescita e di sviluppo. Ripartire in
fretta è la parola d’ordine, ma dando al contempo massima importanza alla sicurezza: nessuno vuole precipitare le cose, nessuno vuole prendersi rischi eccessivi, ma
bisogna andare avanti e garantire le condizioni ottimali per questa parte del Paese,
che è tra le più avanzate e produttive di
tutta Europa.
Sebbene i danni di questo terremoto
siano più alti di quello che si potesse immaginare, i duecento milioni di euro che
l’Unione europea ha annunciato di avere
messo a disposizione sono senz’altro un segnale importante. Ma certamente non sufficiente, e proprio per questo bisogna accelerare sulla crescita e affrontare i nodi che
frenano lo sviluppo. Quello che è successo,
tutte le difficoltà che stiamo affrontando,
devono portarci a un nuovo «Rinascimento
industriale», le imprese devono avere la possibilità di lavorare in un Paese normale,
che ci consenta di fare il nostro mestiere,
che è quello di promuovere l’innovazione,
produrre ricchezza, portare lavoro.
Anche le relazioni industriali sono un importante fattore di competitività per il nostro Paese, e la riforma del mercato del lavoro, così come strutturata dopo una lunghissima discussione e trattativa, non è assolutamente accettabile. Riduce la flessibilità in entrata senza aumentare in modo adeguato quella in uscita. Mi auguro che in
Parlamento sia modificata e resa più vicina
alle esigenze delle imprese, e per fare questo, credo molto che con il dialogo continuo
e costruttivo tra le parti sociali si possano
raggiungere risultati importanti.
Combattere per la crescita
Quelli che ho elencato sono problemi
gravi del Paese, problemi a cui chiediamo
siano date soluzioni. Ma per fare tutto que-
Risolvere i problemi
Vi riserva la miglior accoglienza e servizio
a condizioni competitive
Esistono poi alcun problemi urgenti su
cui bisogna agire in fretta, a partire dalla
semplificazione burocratica. Si potrebbe definire la madre di tutte le riforme, perché
abbiamo una burocrazia che soffoca le nostre aziende e ne limita la competitività.
Altro tema scottante è quello dei tempi di
pagamento della pubblica amministrazione verso le imprese: novanta miliardi di debito non sono da Paese civile. E ancora, l’accesso al credito per le aziende è ancora troppo limitato, deve essere facilitato e reso più
disponibile, e il carico fiscale è troppo pesante, con regole non uniformi, poco lineari e trasparenti. Il nostro Paese, poi, è ancora estremamente carente sul fronte delle infrastrutture materiali e immateriali: ci
sono ancora troppe grandi opere che stentano a partire e, per quanto riguarda le infrastrutture di rete, a oggi siamo ancora
lontanissimi dall’obiettivo della normativa europea, la quale prevede che entro il
2018 il 50 per cento della popolazione sia
collegato in banda larga.
sto è necessario che anche noi, come sistema Confindustria, realizziamo cambiamenti profondi. Dobbiamo portare avanti una
profonda riforma del nostro sistema associativo per ottimizzarne le performance e ridurne i costi. E la mia presidenza andrà in
questa direzione: ho incaricato una commissione, coordinata da Carlo Pesenti, per arrivare in un anno a concretizzare un reale
progetto di cambiamento della nostra associazione. Inoltre, come sistema associativo stiamo seguendo precise metodologie
di intervento e in particolare stiamo lavorando su quattro specifici dossier: energia,
credito, edilizia e meccanica. Sul fronte energia, è un dato di fatto che le imprese italiane pagano il trenta per cento in più rispetto a quelle europee, bisogna che produttori e consumatori si siedano attorno a
un tavolo e trovino presto soluzioni efficien-
ti per ridurre questo gap. È necessario, poi,
far ripartire il mondo dell’edilizia, un settore ad alta intensità di mano d’opera che
incide molto sul livello di disoccupazione del
nostro Paese e che ormai, da troppo tempo,
è drammaticamente in crisi. Infine, dobbiamo sostenere il settore della meccanica: indipendentemente dalle scelte della Fiat, non
possiamo dimenticare le migliaia di imprese che operano in questo settore e che devono essere supportate per restare competitive sul mercato.
Più in generale, dobbiamo andare avanti e
puntare tutto sulla crescita, altrimenti il
rischio è un declino lento e inesorabile del
nostro Paese. Oggi la disoccupazione giovanile supera il 35 per cento, se continua
così rischiamo la perdita di una intera generazione, se non addirittura due, e questo
come imprenditori non lo possiamo permettere. Perché a rimetterici è tutta la nazione. Penso però che si debba puntare a
una crescita virtuosa che spinga nella direzione di creare occupazione e, come affermava Carlo Azeglio Ciampi, che la competitività delle nostre imprese manifatturiere non sia un valore di per sé, fine a se
stesso, ma sia un fattore di crescita finanziaria, economica, civile e sociale per il
nostro Paese.
Sostenere l’Europa
Infine, non posso dimenticare, per le
implicazioni che riveste, il tema dell’Europa. Mi sono sempre dichiarato europeista convinto, e non sono l’unico a ritenere
che, se Atene dovesse uscire dall’Europa,
l’intero sistema che siamo riusciti a costruire in questi decenni salterebbe e la speculazione internazionale si accanirebbe contro gli altri Paesi più esposti, tra cui il nostro. L’euro ha già dimostrato di non essere una moneta artificiosa, ma ora occorre
uno sforzo ulteriore, trovando le sinergie
per costruire una politica economica comune che supporti le scelte finanziarie. Si
deve arrivare a realizzare gli «Stati Uniti
d’Europa» e per farlo occorrono politiche
serie e coordinate per welfare, fisco, energia e infrastrutture, oltre che una vera Banca centrale.
•
OUTLOOK 65
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