luglio-agosto - Caritas Palermo

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luglio-agosto - Caritas Palermo
SE OGNUNO
FA QUALCOSA
informa Caritas Palermo
LUGLIO/AGOSTO 2011
ANNO 11 - NUMERO 4
Spedizione in abbonamento postale - Legge 662/96 - CMP Palermo
www.caritaspalermo.it
Il monito lanciato dal card. Paolo Romeo in occasione del Festino
Facebook: amici per davvero?
All’Acquasanta fiaccolata silenziosa per gridare il diritto al lavoro
Il Progetto Policoro nella Diocesi di Palermo
SVE - Opportunità di crescita per tanti giovani stranieri
Arcidiocesi di Palermo
Caritas Diocesana
90134 Palermo - Via Matteo Bonello, 2
www.caritaspalermo.it
indice
luglio/agosto 2011
Direttore responsabile:
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Specificare la causale del versamento
Educare i giovani alla fede
con Padre Pino Puglisi sacerdote educatore
. . . . .
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Il monito lanciato dal card. Paolo Romeo in occasione del
Festino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Non giochiamo al ribasso sulla nostra vita . . . . . . .
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Commento al discorso del Cardinale . . . . . . . . . . .
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Per le strade di Carità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Esperienza al Cottolengo d'Alba . . . . . . . . . . . . . .
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Facebook: amici per davvero? . . . . . . . . . . . . . . . .
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All’Acquasanta fiaccolata silenziosa per gridare il diritto
al lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Una Carta dei valori per le cooperative sociali? . . . . 10
Il Progetto Policoro nella Diocesi di Palermo . . . . . . 12
La Biblioteca dei bambini e dei ragazzi Le Balate nel suo
quinto anno di attività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
Pantelleria: «La tragedia dei naufraghi, solidarietà e
amore anche dai bambini» . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
Servizio Volontario Europeo Opportunità di crescita per
tanti giovani stranieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
I cantieri della Solidarietà
di Caritas ambrosiana a Palermo . . . . . . . . . . . . . . 18
La Villa è «cosa nostra» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Il “Mandato di Madrid” La Giornata mondiale… si fa vita
di ogni giorno!! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
Sette ragazzi di Palermo al Giffoni Film Festival 2011
per raccontare il Sud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Cari animatori, facciamo «un salto di qualità!» .
Come accade spesso…. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Santa Flavia: Apre i battenti la “Casa di Alba” . .
Lampedusa...quando il vento decide devi andare
Lampedusa oltre il pregiudizio:
esperienza di accoglienza . . . . . . . . . . . . . . . .
La storia di Samira . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Libro: Il prezzo della verità, il dono, il denaro,
la filosofia di Marcel Hénaff . . . . . . . . . . . . . .
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Piano Infanzie e Adolescenza (Legge 285): nuovi progetti e
vecchie difficoltà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
Il Film: The Social Network . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
1971-2011: 40 anni di Caritas Italiana
"Un percorso tra memoria, fedeltà, speranza" . . . . . 32
editoriale
di Benedetto Genualdi
Educare i giovani alla fede con
Padre pino Puglisi sacerdote educatore
lcuni eventi ecclesiali di questa
estate appena trascorsa hanno
orientato la nostra attenzione su
alcune tematiche che la Chiesa e il
mondo ecclesiale hanno particolarmente privilegiato. Ha avuto certamente maggiore impatto mediatico a
livello internazionale la madrilena
Giornata Mondiale della Gioventù ispirata al testo paolino “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” con
l’annuncio della prossima Giornata
del 2013 in Brasile a Rio de Janeiro.
Ma non possiamo trascurare la XXXII
edizione del Meeting di Rimini di CL
con il titolo “E l’esistenza diventa una
immensa certezza”, che ormai è divenuto un appuntamento di rilevanza
sociale di primo ordine per gli argomenti di attualità che riesce ad
approfondire con evidente spessore
culturale. In un contesto più generale
e più di livello intraecclesiale si collocano la 60° Settimana liturgica nazionale di Barletta “Celebrare la misericordia. Lasciatevi riconciliare con
Dio.” e l’ormai incipiente XXV Congresso Eucaristico nazionale di Ancora-Osimo sul tema “Signore, da chi
andremo?L’Eucaristia per la vita quotidiana”, che accoglierà alla sua apertura la croce che arriva dalla Giornata
mondiale dei giovani di Madrid.
Anche il seminario estivo di Castengandolfo sulla nuova evangelizzazione
ha visto lo stesso papa Ratzinger
radunarsi come ogni anno con un
gruppo di teologi suoi ex alunni. Ciò
anche in previsione del Sinodo dei
Vescovi che si terrà in Vaticano il prossimo ottobre su “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede
cristiana”. Se volessimo provare a
fare una sintesi di questi eventi cercando di cogliere il filo conduttore che
li collega potremmo dire che sullo
sfondo della grande attenzione all’impegno della evangelizzazione nel
mondo contemporaneo, si colgono
alcuni orientamenti di fondo che
riguardano l’attenzione della Chiesa
alle nuove generazioni, la sensibilità
ad alcuni temi di impegno sociopolitico che inquietano il nostro tempo,
uno sguardo alla nostra Europa che
vive un evidente fenomeno di scristianizzazione, ma anche uno sguardo alle
nuove problematiche del Sud Ameri-
A
ca, che vive una frammentazione del
mondo religioso con il proliferare di
molteplici sette religiose. E in tutto
ciò la consapevolezza sempre più
profonda che c’è bisogno di nuova
evangelizzazione che metta sempre
più al centro Cristo e l’uomo, l’Eucaristia e la solidarietà che scaturisce
dalla sussidiarietà, le società del
nostro tempo che vivono le nuove sfide
della globalizzazione, ma dove il principio evangelico della fraternità rimane come pietra basilare sulla quale
costruire lo sviluppo di tutto l’uomo e
di tutti gli uomini.
Lo sguardo al contesto nazionale e
internazionale che gli eventi estivi
hanno evidenziato può gettare un
fascio di luce più ampio sugli impegni
che ci accingiamo a intraprendere nel
nostro contesto di Chiesa particolare e
nello specifico della programmazione
della nostra Caritas diocesana. Intanto emerge all’inizio del decennio degli
Orientamenti pastorali della Chiesa
Italiana “Educare alla vita buona del
Vangelo”, l’assunzione dello specifico
impegno per il nuovo anno pastorale
da parte della nostra Arcidiocesi
“Educare i giovani alla fede”, che
sarà oggetto di riflessione nel Convegno diocesano di apertura dell’anno
pastorale. Ma facciamo bene a cogliere il fatto che la nostra Chiesa ha ricevuto il dono di un eccellente educatore dei giovani alla fede, che è il Servo
di Dio P. Pino Puglisi. È questo un
anno nel quale siamo chiamati ad
approfondire la sua figura di sacerdote educatore dei giovani nella scuola,
nella parrocchia, nelle associazioni e
nei movimenti, nel seminario, nell’animazione vocazionale, a Godrano, a
Brancaccio, cioè in un contesto di piccola comunità extraurbana, ma anche
in un contesto di periferia fragile della
grande città. E ciò sempre dentro i
due slogan che hanno finito per connotare il suo impegno ecclesiale e
sociale “Sì, ma verso dove?” e “Se
ognuno fa qualcosa”. Anche la visita
che nostra Arcidiocesi si appresta a
fare al Santo Padre vuole essere un
segno di gratitudine a Benedetto XVI
per le parole a noi rivolte il 3 ottobre
2010, quando ha additato la figura di
P. Puglisi ai presbiteri e ai giovani di
Sicilia, ma anche a tutti gli uomini che
vogliono impegnarsi nella nostra città
e nella nostra Isola contro la mafia e
per la giustizia a favore dei poveri.
Quest’anno 2011 celebriamo il 18°
anniversario dell’uccisone di P.Puglisi,
e ci sentiamo particolarmente spinti a
cominciare a preparare il 20° anniversario della sua morte che celebreremo
il prossimo 2013. È lo stesso anno in
cui la Caritas di Palermo celebrerà il
40° anniversario della sua esistenza.
La coincidenza di questo doppio anniversario ci sollecita a trovare nell’amore per Cristo e per l’uomo la stessa
acqua sorgiva che dà ancora nuova
linfa vitale al nostro servizio di carità.
luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas
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arcidiocesi
di Pino Grasso
IL MONITO LANCIATO DAL CARD. PAOLO ROMEO IN OCCASIONE DEL FESTINO
“Occorre un maggiore dinamismo di tutte le componenti sociali, civiche e politiche”
ai come quest’anno la 387a
edizione del Festino di Santa
Rosalia, la festa più amata dai
palermitani è stato in forse. E i motivi
sono sempre gli stessi: la politica che
arranca e ha perso di vista il suo ruolo
precipuo di venire in aiuto delle fasce
deboli della società e le continue diatribe tra amministrazione e Consiglio
comunale. Fino all’ultimo momento, i
600.000 euro stanziati per l’organizzazione, finanziati per il 30 per cento
dalla Regione per il carro trionfale, il
corteo, le luminarie lungo corso Vittorio Emanuele, i fuochi d’artificio sul
mare al Foro Italico e tutte le altre
manifestazioni di contorno sono rimasti in bilico e alcuni come il concerto
di artisti siciliani è stato annullato.
In “Zona Cesarini” il Bilancio è stato
approvato e, secondo le stime degli
organizzatori, soltanto ventimila palermitani, o anche meno, hanno seguito il
carro con la Santa dalla Cattedrale fino
a Porta Felice. In prima fila non c’erano ne’ il sindaco Diego Cammarata, ne’
altri rappresentanti della Giunta comunale. Insomma, una festa celebrata in
tono minore. Il tradizionale grido “Viva
Palermo e Santa Rosalia” del sindaco è
stato lanciato, questa volta, vista l’assenza del primo cittadino, dalle popolane. A fare riflettere sul delicato
momento che attraversa la città, con la
crisi sempre più incipiente e migliaia
di lavoratori senza la certezza del
posto, ci ha pensato il cardinale Paolo
Romeo. “Faccio un appello a un maggiore dinamismo di tutte le componenti sociali, civiche e politiche: dobbiamo
adoperarci infaticabilmente perché
concretamente si aprano cammini di
speranza al futuro della città. Io mi
pongo nei panni di un padre di famiglia
o un giovane che deve vivere nell’incertezza e non riesce a programmare la
sua vita, allora penso che non possiamo
aspettare eternamente questa situazione, occorre un colpo d’ali da parte tutti,
mettere da un canto gli egoismi, gli
equilibri e le rivendicazioni personali e
sedersi per realizzare un futuro per la
città”. Il presule è tornato con parole
M
ancora più incisive a piazza Marina,
durante la processione del’Urna argentea dove sono conservate le spoglie
della Santa più amata dai palermitani.
“Cosa possiamo consegnare a Rosalia?
Non possiamo che consegnare, con
fede, la storia che stiamo vivendo, con
tutta la sua verità e le sue contraddizioni. Così come nel 1624 si presentò alla
Santuzza una città oppressa dalla
pestilenza, così oggi le presentiamo e le
consegniamo innanzitutto ciò che è
palpabile, maggiormente visibile: un
processo di degrado morale e religioso,
sociale ed economico, che avvertiamo a
diversi livelli. Da una parte viviamo un
momento storico segnato da una crisi
economica che attraversa non soltanto
la nostra Città, ma anche l’intero
Paese. Essa colpisce sempre più le
fasce di popolazione meno abbienti,
segnate drammaticamente dalla disoccupazione e dalla mancanza di alloggi.
Condizioni di incertezza che non consentono alle nuove generazioni uno
sguardo sereno e pieno di speranza sul
loro avvenire e sulla legittima realizzazione di una famiglia. Troppo spesso i
diritti fondamentali della persona e la
sua dignità, vengono negati da un sistema consumistico che è disposto a sviluppare le grandi economie e a sostenere forti poli finanziari, ma che non
scende a creare opportunità di occupazione e migliori condizioni di vita e di
futuro. Dall’altra parte, la crisi che
attraversiamo non è soltanto sociale ed
economica. Presentiamo a Rosalia una
Città segnata da un pestilenziale processo di progressiva scristianizzazione
e di pericolosa desacralizzazione della
vita. La fede che diciamo di professare, viene facilmente
tenuta lontana, addirittura eliminata, dalla concretezza della nostra
quotidianità. Dobbiamo aprire gli
occhi su questo, fratelli e sorelle! Dobbiamo riconoscere
che troppo spesso
releghiamo il Vangelo
4 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
nell’ambito del privato e del devozionale, credendo che non abbia niente da
dire al nostro pensare e al nostro agire!
Per poter cambiare il volto di Palermo
tutti dobbiamo fare la nostra parte. Ma
per farlo dobbiamo cambiarle prima di
tutto l’anima! E l’anima di Palermo è
fatta dei palermitani che ancora desiderano amarla, e vederla bella, onesta,
nobile, pulita, rispettosa, giusta! Ma è
altrettanto vero che questa ricchezza
della Città va bene amministrata da
coloro che sono posti al suo servizio nel
perseguire e garantire il bene comune.
Palermo attende molto! E non è più
tempo di rinviare oltre: ha bisogno di
un impegno straordinario e concorde
per essere meglio amministrata. La
situazione di Palermo riflette certo
quella regionale e nazionale. Ci sembra
di assistere solamente a un rincorrersi
di crisi, di frizioni e di scontri fra gruppi, che frammentano quell’unità politica e amministrativa che – in momenti
bui come questo – dovrebbe dare il
massimo esempio di compattezza e di
agilità, dovrebbe cioè saper rispondere
ai bisogni della gente. So bene quante
difficoltà si incontrano nell’ambito
politico-amministrativo di questa Città
in particolare, e so anche che, spesso,
non ci troviamo dotati di strutture efficienti per intervenire come si vorrebbe. Ma occorre che i vari livelli amministrativi non siano solo ingranaggi burocratici che generano lentezze e sprecano occasioni ed energie per la crescita.
Occorre che ci si adoperi per governare. E che lo si faccia sul serio. E che lo
si faccia subito, a tutti i
livelli.
arcidiocesi
di Gianfranco Matarazzo
Non giochiamo al ribasso sulla nostra vita
n queste note, potremmo commentare il recente discorso
alla città da parte del cardinal Romeo per evidenziare che
la Chiesa è presente, che è critica nei confronti di un
assetto politico-amministrativo che si mostra inadeguato nel
gestire la congiuntura del momento e che tutto questo finisce
col dar credito a chi, stando all’opposizione, spera di poter
subentrare nel governo alle attuali maggioranze. Siamo d’accordo su questa sintesi? In realtà, non è così.
Per strumentalizzare le parole dell’arcivescovo e ricondurle a
sostegno della propria tesi, qualunque essa sia, basterebbe un
capoverso di questo articolo. Disobbediamo a questa tentazione e a questo modo di fare non infrequente: non abbiamo
bisogno di aggiungere ulteriori strumentalizzazioni rispetto a
quelle già ampiamente diffuse nella vita di ogni giorno. Né
cerchiamo novità o svolte in questo discorso alla città: per chi
se ne sia voluto accorgere, esso si pone in continuità con il
magistero episcopale di questi anni e questo servizio ha ricevuto un’autorevole conferma nella recente visita papale. Il
tono costruttivo del nostro vescovo non denota certo un’assenza dal dibattito.
Nel suo intervento, l’arcivescovo mette insieme i dati statistici di pubblico dominio delle principali agenzie sociali, l’esperienza diretta che gli viene dalla conoscenza del territorio, la
prospettiva di sintesi che gli è propria in quanto responsabile
della Diocesi e la premura del Pastore.
Nelle parole del cardinale sembra delinearsi un doppio
sconforto: per la situazione politico-sociale in sé, che si presenta senza futuro in particolare per le nuove generazioni, e
per la risposta inadeguata non solo da parte dell’amministrazione in generale, ma in particolare da parte di quegli
“Amministratori che professano la loro identità cattolica”.
È a questo specifico livello che, da un lato, si avverte un’inadeguatezza che addolora e, dall’altro, si delineano tratti
di “pericolosa schizofrenia”. Questa parte di amministratori, quantitativamente significativa, non è un corpo separato e chiama in causa il mondo cattolico più ampio. È questo lo scenario in cui più vorremmo far tesoro delle parole
del cardinale: non limitarci a leggerle per trovare conferma
alle proprie tesi e per additare responsabilità altrui, ma
metterci in discussione come comunità dei credenti. Se
vogliamo fare la differenza, anche come approccio al dibattito, cominciamo da noi. L’autocritica ci aiuta ad assumerci la parte di responsabilità che ci tocca, soprattutto per
non aver saputo mettere a frutto quel prezioso patrimonio
che è rappresentato dall’insegnamento sociale della Chiesa, dalle buone pratiche di cui siamo capaci anche in tempi
difficili e dalla comunione dei carismi ecclesiali. La messa
in discussione si completa prendendo l’impegno di farci
carico, per la parte che ci compete, di avviare a soluzione i
problemi di “questa Palermo mortificata e forse sconfitta
dal suo immobilismo” e di saperlo fare in vista delle prossime scadenze elettorali. Sì, “Palermo sarà salvata con il contributo di tutti!”: come mondo cattolico, mettiamoci in con-
I
dizione di fare la nostra parte, soprattutto “facendo fruttificare l’eredità di una Palermo che mai si è arresa”. Il contributo
cattolico è nel suo insegnamento sociale, pensato per il dialogo con le diverse istanze presenti nel dibattito pubblico, nell’attenzione alla persona e alle fasce sociali deboli, nella cura
del bene comune, nell’unità nazionale e in una visione etica
di fondo. Si tratta di un contributo robusto e attuale, su alcune tematiche sociali, come ad esempio la famiglia, l’unico
disponibile e attrezzato a farsene carico. Impegniamoci, allora, a riscattare la polis, anche in vista delle prossime scadenze, tornando a dibattere, investendo sulla formazione politica, facendo fruttificare la complementarietà dei carismi,
come alcuni già stanno facendo nell’alta formazione. Sarà
importante investire non tanto su singoli, ma su equipe giovani capaci di assumersi responsabilità e di contribuire in
prima persona al futuro delle nuove generazioni. Bisognerà
mettere in conto tentativi di strumentalizzazione e menzioni
pretestuose della Dottrina Sociale della Chiesa. Anche per
questo, alle prossime leve che professeranno la loro identità
cattolica, chiederemo la coerenza di uno stile di vita radicato
nel Vangelo, mostrandone “la forza dirompente”. La domanda
che raccomandiamo è proprio questa: in che modo l’adesione
al Vangelo ci aiuta a “poter cambiare il volto di Palermo”? Qui
in discussione non è la conversione dei singoli: è piuttosto la
conversione dell’anima di Palermo, come dice il cardinale,
cioè la conversione dei rapporti sociali. E a questo specifico
livello c’è il vantaggio di poter partire da noi e di poter coinvolgere quei tanti palermitani che desiderano veder riscattata la nostra città. Sì, “Palermo attende molto!”
di Teresa Piccione
Commento al discorso del Cardinale
Ritrovare speranza, uscire dall’immobilismo,”ridare valore alla vita”, mettere al centro
giovani e lavoro, coniugare le risposte all’emergenza con un progetto politico strategico per la città. Questo mi pare il centro del messaggio che il cardinale di Palermo,
mons. Paolo Romeo ha rivolto ai Palermitani nel giorno della Santuzza. Impietose nell’analisi della crisi finanziaria e politica fino a parlare di “degrado morale e religioso,
sociale ed economico”, di “ città segnata da un pestilenziale processo di scristianizzazione e pericolosa desacralizzazione della vita”, le parole di Sua Eminenza diventano un appello ardito alla speranza, rivolto a tutti i cittadini palermitani, perché “ Palermo sarà salvata con il contributo di tutti”. E indicano la strada maestra: il cambiamento sarà possibile a partire dalla nostra anima! Basta alla “pericolosa schizofrenia” di
un cristianesimo di facciata, relegato nel privato e nel devozionale, basta al “doppio
binario” che tiene separata la vita dalla politica ! Che tornino ad incontrarsi il Palazzo e la Città, che trovino vie di dialogo le istituzioni preposte alla realizzazione del
bene comune. Che “cessi di navigare a vista la politica” per delineare un nuovo progetto per il futuro di Palermo, fondato sul lavoro produttivo, la valorizzazione delle
risorse umane e culturali, la capacità di cogliere le opportunità di sviluppo. Lasciamo
dunque la cultura del consumismo, dell’individualismo e della vacuità. Facciamo rete e
ritroviamo il coraggio di educare ai valori della condivisione, della giustizia, della
dignità della persona. Restituiamo ai giovani il diritto di fare progetti. Restituiamo
valore ai sogni e ritroviamo la forza per realizzarli. Per questo coraggioso messaggio
di speranza e per questo sostegno anche a chi, come me, proprio facendo politica,
sente talvolta il peso della responsabilità e lo scoraggiamento, grazie, Eminenza!
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas
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arcidiocesi
di Angelo Tomasello
PER
LE STRADE DI
on Tonino Bello, santo vescovo,
nell’omelia durante un’ordinazione diaconale disse: «Che
cosa significa diacono? Significa
servo. Servo di che? Servo di Dio,
servo dei malati, di Gesù Cristo e
servo del mondo. Il diacono è colui
che deve sollecitare, stimolare, provocare il servizio di tutta la Chiesa…
Lui è il segno provocatore, colui che
fa di sé una provocazione. Come quelle persone che disturbano i sogni
degli altri. Lui è il segno provocatore
del servizio di tutta la comunità».
Questo breve frammento di omelia riesce a delineare bene il carattere che
contraddistingue il ministero diaconale: il servizio, un servizio che deve
coinvolgere e impregnare ogni dimensione ecclesiale.
In questa ottica di servizio si inserisce
il percorso formativo per i sei diaconi
transeunti della nostra Arcidiocesi,
ordinati lo scorso 21 maggio dal Card.
Paolo Romeo, dal titolo «Avviene ogni
giorno in città… per le strade di
Carità… per condividere le vecchie e
nuove povertà», pensato e strutturato
dal direttore della Caritas diocesana,
mons. Benedetto Genualdi e da Mario
Sedia, in collaborazione con il rettore
D
del Seminario, mons. Raffaele Mangano, dal responsabile della Comunità
«P. Pino Puglisi», don Silvio Sgrò.
Il percorso, della durata di una settimana, ha previsto una sorta di full
immersion nella realtà della Caritas
diocesana e non solo. L’esperienza
aveva degli obiettivi chiari: permettere ai diaconi di fare esperienza alle
persone in situazione di fragilità; presentare la Caritas diocesana e le diverse realtà religiose e del terzo settore,
espressione della Carità nel territorio;
e fare esperienza di ascolto, di osservazione e di discernimento sulle situazioni di vecchia e nuova povertà.
Il primo giorno del percorso ha previsto un Focus dal titolo «Il servizio alle
persone fragili e senza fissa dimora»
vissuto tra il Centro «San Carlo e
Santa Rosalia», la mensa diocesana e
la Locanda del Samaritano. I diaconi,
durante l’arco dell’intero giorno
hanno potuto fare esperienza di ascolto di persone fragili e homeless.
Il secondo giorno del percorso ha previsto un Focus dal titolo «La Caritas
diocesana». I giovani hanno avuto la
possibilità di conoscere nel dettaglio
la Caritas, come organismo pastorale
di animazione della Carità, attraverso
6 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
CARITÀ
la presentazione fatta dal Direttore,
Mons. Genualdi, e dai responsabili
delle Aree Promozione Caritas, Promozione umana e Mondialità.
Il terzo giorno del percorso, i diaconi
hanno potuto vivere l’esperienza di
Grest al Centro «Santa Chiara» con i
ragazzi di Ballarò e dell’Albergheria e
i padri salesiani.
Il quarto giorno di esperienza ha fatto
fare ai diaconi alcuni incontri con le
famiglie religiose che sono, per carisma, a servizio degli ultimi. Il primo
incontro è stato con le Piccole suore
missionarie della Carità a Villagrazia,
il secondo con i Salesiani dell’Albergheria e il terzo con le Suore di Carità
dello ZEN. In questo caso i diaconi
hanno incontrato figure, visto luoghi,
fatto esperienze, conosciuto realtà
significative del servizio agli ultimi
nella nostra diocesi.
Il quinto giorno l’esperienza ha previsto l’incontro con le realtà del Terzo
settore a servizio degli ultimi. In questo caso gli incontri fatti dai ragazzi
sono stati con l’associazione «Lievito»
operante allo ZEN, l’associazione
«Apriti cuore» e l’associazione
«Kala», operanti all’Albergheria e a
Ballarò.
Ogni sera i diaconi hanno
anche vissuto l’esperienza del servizio notturno
alla Locanda del Samaritano, struttura della Caritas diocesana in cui trovano ospitalità ogni sera un
numero variabile di senza
fissa dimora.
Il percorso non ha avuto
la pretesa di far conoscere
ai diaconi tutta le realtà
che nel territorio della
diocesi esprimono la
Carità, ma ha permesso
loro di acquisire importanti dati che gli permetteranno una più corretta
osservazione e un giusto
discernimento sulle nuove
e vecchie povertà.
arcidiocesi
di Claudio Antonio Grasso
“Se comprendeste bene qual personaggio rappresentano i poveri,
di continuo li servireste in ginocchio” S. Giuseppe Benedetto Cottolengo
Esperienza al Cottolengo di Alba
’iniziativa cottolenghina si inaugura il 17 gennaio 1828, con l’accoglienza di due malati nelle
due camerette che il canonico Giuseppe Benedetto Cottolengo prende in
affitto nel popoloso centro di Torino di
fronte alla chiesa del Corpus Domini.
Sulla porta d’ingresso dell’appartamentino scrive il motto di S. Paolo:
Caritas Christi urget nos!… la regola
somma per ogni gesto
di amore che farà la
storia di questa casa.
Con gli occhi dello spirito egli intravede quest’opera capace di
rispondere alla sofferenza e alla miseria
del mondo. Per entrare
in questa casa è sufficiente essere poveri e
malati, abbandonati
dai familiari e respinti
dagli ospizi o dagli
ospedali. Per ogni
uomo emarginato che
bussa a questa porta,
la divina provvidenza
assicura il pane, un
letto e una persona capace di condividerne la povertà e la sofferenza. La
Carità è la prima cosa che mi ha colpito, perché l’ho vista realizzata e vissuta nel reparto dove ho svolto il mio servizio, dalle persone e dai religiosi che
donavano il loro tempo, la loro vita,
per i fratelli che lì erano ospitati per i
loro handicap, persone emarginate e
rifiutate dalla nostra società; inoltre
mi è stata di sostegno questa esperienza, come base per imparare a servire
ed amare chi servi. Sono stato mandato insieme con i miei compagni di
seminario: Alessandro Sardina, Piero
Misciuto e Francesco Durante, per
questa esperienza formativa proposta
dal seminario, al Cottolengo di Alba
(CN) e propriamente nel reparto
maschile, chiamato “fra Luigi”, dove
vivono proprio nello spirito di “famiglia”, i buoni figli, così li amava chiamare il Cottolengo, cioè persone con
L
handicap gravi, affette da ritardo mentale, molto spesso abbandonate, ma
felici ed amate, trattati con la loro
dignità di figli di Dio. In questa esperienza ho capito come sia necessario e
importante imparare ad amare questi
fratelli dai quali non ti devi aspettare
nessun ringraziamento o riconoscenza, anzi…, ma vivere il servizio ai fratelli come Cristo ci ha indicato, come
“servi inutili”, e come qualcuno ha
aggiunto “a tempo pieno”. Da questa
esperienza e grazie a questi fratelli
chiamati a vivere la vocazione della
sofferenza, il Signore mi ha concesso
la grazia di poterlo servire in loro ed
ho visto che la forza del servizio proviene dall’esperienza personale dell’amore di Dio, per la mia vita, da questo
scaturisce lo zelo, la passione, l’esigenza di annunciare l’amore di Dio
per l’uomo anche nelle situazioni più
difficili. Ho ancora davanti a me il
pianto di Mariolino, uno degli ospiti,
che racchiude in se quell’innocenza
tipica dei piccoli a cui il Regno dei
cieli sarà affidato, così come ha promesso Gesù; sono persone sensibili, di
estrema finezza, da trattarsi delicatamente per entrare nei loro cuori e
nelle loro vite. Prima di parlare di Dio,
di Paradiso, bisogna saper curare le
loro angosce, bisogna comprenderli,
bisogna soprattutto amarli. Soltanto
allora si potrà, si dovrà parlare di Dio.
Oggi ci sono tantissimi viaggiatori che
girano il mondo con l’obiettivo fotografico incollato all’occhio, per riprendere ogni cosa, e che ritornano senza
aver gustato e capito nulla delle loro
esplorazioni in orizzonti nuovi. Così
accade anche nella vita. Se hai l’occhio superficiale (ed è naturalmente
la vista della mente e del
cuore ad essere in causa),
trovi attorno a te solo
cose e fatti da possedere e
attraversare. Se invece,
sai penetrare con lo
sguardo in profondità,
ecco che si aprono davanti a te tanti segreti e
misteri, tante bellezze e
sorprese. Anzi talvolta
quella felicità che amorosamente cerchi e che consideri come impossibile,
alla fine è proprio a portata di mano, svoltato l’angolo, nella quotidianità,
negli eventi e nelle persone, che forse i tuoi occhi
superficiali non vedono. C’è una frase
di Gesù: “ Beati i vostri occhi perché
vedano, e i vostri orecchi perché sentano” (Mt 13,16). Saper vedere, e non
guardare soltanto, è un arte, anzi una
scelta della mente e della volontà ed è
questo che dà colore e senso alla vita.
Ringrazio il Signore per il tempo passato al Cottolengo di Alba, che ho vissuto con timore e tremore all’inizio,
ma che da subito mi ha riempito di
gioia grande. L’aver imparato come sia
bello servire Cristo, come sia impegnativo e faticoso, da’ senso alla tua esistenza, riscopri la tua vocazione primaria di cristiano: quella di amare Dio
e il tuo prossimo.
La mia volontà custodisce il desiderio
di ritornare in questo luogo, dove si
impara che le meraviglie del mondo
sono tante, ma solo la meraviglia dell’uomo, cioè la sua capacità di vedere
e di stupirsi, può scoprirle.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 7
attualità
di Fernanda Di Monte
FACEBOOK: AMICI PER DAVVERO?
Un fenomeno sempre più in crescita
n una prima media, 25 alunni, di
una scuola palermitana, ben 19 di
essi erano iscritti a facebook.
All’interrogativo del perché, la risposta comune: “per avere amici”. Ma si
può essere amici senza conoscersi?
Così, da questa domanda, abbiamo iniziato un dialogo che è
sfociato in un laboratorio della Settimana
della comunicazione,
organizzata da diversi
anni dalle Paoline
insieme alla Società
San Paolo, proprio per
sensibilizzare all’uso
corretto degli “strumenti di comunicazione”.
Facebook, il social
network nato nel 2004
dall’idea di alcuni studenti di Harvard, è uno
dei siti più visitati e utilizzati anche in Italia.
Milioni di persone di
tutte le età, dai più giovani ai più anziani ogni
giorno lo utilizzano. Lo
scopo principe di Facebook, dovrebbe essere
“socializzazione
a
distanza”: mettere in
contatto persone lontane, che si sono perse di
viste, che non hanno la
possibilità di poter riattivare le proprie amicizie “de visu”, ma solo
tramite un contatto virtuale.
Nel 2000 solo quattro
ragazzi su dieci dicevano di avere un computer e il 5% che vi navigava. Oggi, a
distanza di un decennio, ben il 97% ne
possiede uno e il 54% lo ha in camera
e più della metà si collega quotidianamente. Gli adolescenti conoscono
bene le nuove tecnologie e il problema
che si va evidenziando non riguarda
I
gli strumenti in sé ma il cambiamento
di mentalità che questi stanno apportando. È ormai documentato che gli
adolescenti, i giovani che passano più
di tre ore davanti alla tv o al computer
hanno comportamenti trasgressivi. Il
ritratto della “generazione dei social
network” è che preferiscono ascoltare
gli amici sulla rete, vivere nel mondo
virtuale piuttosto che confrontarsi coi
genitori, con gli educatori. Siamo in
presenza di una overdose mediatica:
dove i valori tradizionali di dignità e
rispetto degli altri vengono sostituiti
8 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
dall’accettazione del bullismo, del razzismo. Emerge che si vogliono emulare comportamenti negativi suggeriti
dagli spot (27%) e l’indifferenza verso
la violenza (51%). Così riguardo la
salute: il 43% fuma, il 40% beve vino e
il 50% birra. È un quadro desolante e
soprattutto preoccupante. La strada da
intraprendere è quella
del
conoscere
e
approfondire la realtà
della tv e dei social
network. Non il proibire.
Dalla propria camera i
ragazzi di oggi possono
andare in tutto il
mondo, ascoltare musica, contattare tanti
“amici”, con l’illusione
di sentirsi forti, liberi. E
così stanno in superficie, non approfondiscono né le relazioni interpersonali, né le idee.
Internet, diventa così
un luogo virtuale, un
luogo dove si può trasgredire più facilmente.
L’unica strada possibile
per la famiglia, per la
scuola, per la Chiesa, è
quella dell’educare alla
criticità a saper scegliere. È una strada difficile ma non impossibile.
È necessario ripartire
dalla lettura, dal dialogo, dal ragionamento,
dal rapporto interpersonale. Dare più tempo
ai propri figli, parlare di
ciò che accade, guardarsi negli occhi, raccontarsi e dire
loro dei sacrifici fatti, della fatica per
andare avanti. Uscire dalla spirale di
“dare tutto per non dare se stessi”.
Solo così la tv, internet, possono tornare ad essere strumenti di comunicazione e di comunione.
attualità
di Pino Grasso
All’Acquasanta fiaccolata silenziosa per gridare il diritto al lavoro
È stata organizzata dalle Parrocchie della zona
entinaia di persone hanno preso
parte alla fiaccolata di preghiera svoltasi la sera del 1° agosto
scorso all’Acquasanta, in segno di solidarietà alle tante famiglie che rischiano di perdere il lavoro per gli operai
del Cantiere Navale, per i tanti lavoratori messi in cassa integrazione, per i
negozianti che rischiano di chiudere,
per le tante famiglie messe in difficoltà
economiche e per tutte le povertà originate dalla mancanza di lavoro.
“Come la vedova molesta narrata dal
Vangelo che chiedeva ragione al giudice – ha affermato padre Giuseppe
Turco – anche noi dobbiamo chiedere
giustizia a chi deve rispondere alle
legittime richieste delle famiglie che
in questo periodo attraversano un
grave momento di crisi economica per
la mancanza del lavoro e di chi rischia
di perderlo. Con questa fiaccolata
vogliamo colpire al cuore coloro che
possono aiutare questa gente”.
“Questa fiaccolata silenziosa – ha
aggiunto don Rosario Francolino –
deve essere espressione della nostra
meditazione e segno che vogliamo
comunicare con coloro che non vogliono sentire per affermare quanta tristezza si annida nelle nostre famiglie
che stanno vivendo questo momento
difficile della loro vita”. Prima che la
fiaccolata muovesse da piazza Acqua-
C
santa, per raggiungere silenziosamente, gli stabilimenti del Cantiere navale,
Padre Turco ha portato il saluto del
cardinale Paolo Romeo che ha sentito
al telefono poco prima dell’inizio della
manifestazione. “L’Arcivescovo mi ha
detto che condivide questa iniziativa
delle parrocchie – ha aggiunto – e si
muoverà perché venga assicurata serenità a queste famiglie. Le invita altresì
a non lasciarsi prendere dalla disperazione e compiere gesti insani come
accaduto a Termini Imerese con l’immane tragedia che ha coinvolto la
famiglia di un ex operaio della Fiat”.
L’iniziativa è stata organizzata dalle
sette comunità parrocchiali della zona:
Nostra Signora della Consolazione,
Santa Margherita, Santa Susanna,
Maria Santissima della Lettera,
Sant’Antonio di Padova, Madonna
della divina Provvidenza, Maria Santissima Regina degli Apostoli con i rispettivi parroci Giuseppe Turco, Rosario
Francolino, Salvatore Cannizzaro,
Marco Lupo, Francesco Saglimbene,
Giuseppe Testa e Gioacchino Ardizzone del IV vicariato - quartiere pastorale monte Pellegrino dell’Arcidiocesi di
Palermo a cui si sono aggiunte anche
quella della Stella Maris e di Santa
Lucia guidate rispettivamente da
mons. Benedetto Genualdi e da Danilo
Volontè.
Anche Cgil, Cisl e Uil, insieme ai sindacati di categoria hanno partecipato
alla fiaccolata di solidarietà. “Esprimiamo tutto il nostro apprezzamento
per la sensibilità mostrata dalla chiesa
- spiegano Mimmo Milazzo, Maurizio
Calà e Antonio Ferro Segretari Generali Cisl, Cgil e Uil Palermo - nei confronti dei lavoratori dei cantieri navali di
Palermo e delle loro famiglie, che ogni
giorno vivono il timore della perdita
del posto di lavoro e delle continue
incertezze sul loro futuro. Il mondo
della chiesa e quello dei sindacati, non
intendono assistere in silenzio al
rischio di desertificazione industriale e
produttiva della città di Palermo”.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 9
lavoro e policoro
di Manfredi Sanfilippo
Una Carta dei valori per
l percorso impervio, i dubbi le incertezze e la gioia del
primo traguardo descritte da Alessandra Costa nell’articolo dello scorso numero di InformaCaritas che ha
dato notizia della costituzione di “Officina 22” aprono una
serie di buoni interrogativi a proposito del significato del
fare impresa sociale nel sud.
Se, in generale, è vero che l’azione imprenditoriale non è
frutto di improvvisazione, meno che mai lo è nel caso dell’impresa sociale, che richiede professionalità, motivazioni
e competenze superiori agli ordinari percorsi imprenditoriali in altri settori.
Mentre si va avanti nella fase di avvio di un’impresa tanti
problemi prendono il sopravvento. Chi saranno gli amministratori? Quali le loro responsabilità formali? Che rischi
correranno? Quante spese si dovranno sostenere in un
anno? Quante persone nel consiglio di amministrazione?
Chi sarà il consulente? e la partita Iva? la Camera di Commercio? ecc. ecc. Risolte queste questioni, i soci della cooperativa saranno presi da un altro tipo sollecitazioni. Vuoi
partecipare come partner a tal progetto? C’è un bando per
questo tipo di servizi: anche se non rientra tra le vostri
attuali programmi, è una buona opportunità! È questo che
oggi ci offre il mercato!
Certo, a volte, si tratterà di avere un buon intuito, in altri
casi saranno messe alla prova le nostre competenze di
amministrazione e politica aziendale, ma tutto ciò non deve
farci correre il rischio di perdere lo slancio e la carica etica
delle scelte iniziali. Un impresa sociale ha bisogno prima di
tutto un timone e di una rotta. Che senso ha infatti partire
senza saper dove andare? Che senso ha dare al Presidente
e al Consiglio di Amministrazione carta bianca su tutte le
scelte, pur di far marciare la macchina economica, senza
scommettere fin dall’inizio in un coinvolgimento paziente
ma fiducioso di tutti soci, anche di quelli cosiddetti svantaggiati? Significativa a questo proposito, ci è sembrata la
Carta dei valori elaborata dal Consorzio Goel nato a Locri
nel 2003. Questa carta costituirà il terreno su cui Officina
22 continuerà a confrontarsi. Questa scelta non ha per noi
un solo valore formale ma è anche un impegno, una sfida
che ci mette di fronte a un percorso di lavoro e di crescita
che come cooperativa dovremo affrontare. Il Consorzio
Sociale Goel nasce come frutto di un percorso di impegno
I
10 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
della Pastorale del Lavoro della Diocesi di Locri-Gerace,
promosso e accompagnato da Mons. Bregantini (oggi Vescovo di Campobasso) per promuovere l’occupazione e lo sviluppo dei quel territorio. Il nome GOEL ha radici bibliche e
sta a significare la funzione di liberazione e riscatto che
intende rivestire il consorzio nei confronti delle fasce sociali escluse ed emarginate della comunità locale.
Ecco di seguito sintetizzati i principi della carta dei valori
del consorzio Goel.
Preminenza dell’emarginazione sociale sul resto delle
problematiche sociali
Vogliamo occuparci delle problematiche sociali legate a
fenomeni più urgenti e gravi di emarginazione e disagio sia
dal punto di vista dell’offerta di servizi che da quello dell’integrazione lavorativa. […] Le persone emarginate non
sono la parte malata della nostra società, ma l’espressione
più evidente di una società malata.
Integrazione sociale Lo scopo di ogni attività deve essere
l’integrazione sociale. Un’assistenza o un servizio che, pur
potendo realizzare questo, mantiene la situazione di dipendenza e di bisogno è sostanzialmente sprecato e profondamente ingiusto, in quanto offende la dignità della persona.
Crediamo che molte persone che vengono assistite dai servizi socio-sanitari, sono in grado, con un opportuno supporto, di essere inserite in esperienze di lavoro. […] L’assistenza o, peggio, l’istituzionalizzazione non deve mai divenire il fine in sé del nostro agire, anche quando questo
dovesse comportare il superamento o il cambiamento delle
attività gestite [dalle nostre cooperative, ndr]
Motivazione e professionalità nel lavoro sociale Crediamo che lavorare con persone che hanno subito nella propria
vita pesanti vissuti di sofferenza e di emarginazione non può
essere considerato alla stregua di qualsiasi altra occupazione, né tantomeno può essere subordinato al bisogno di lavoro. Pertanto il primo e principale scopo di chi fa parte della
cooperativa deve essere l’esigenza di esprimere un’azione di
giustizia (difesa e promozione dei diritti) e solidarietà sociale […] Lavorare nell’impresa sociale richiede quindi una
robusta formazione tecnica ed umana accanto alla motivazione iniziale. Per questo non è possibile accettare la superficialità e l’irresponsabilità di chi propone l’impresa sociale
come sbocco occupazionale facile o di ripiego. […]
r le cooperative sociali?
Preminenza assoluta dei diritti delle persone svantaggiate La tutela, la promozione e la difesa delle persone
svantaggiate viene prima del mantenimento delle attività
delle nostre cooperative, ed hanno un’importanza assoluta
rispetto ad ogni altra considerazione. Pertanto, accanto
alla gestione dei servizi o delle attività di inserimento lavorativo vogliamo dare spazio anche a specifiche azioni per
promuovere o difendere questi diritti, quand’anche non
siano consequenziali ad alcuna attività gestita, anche se
dovessero pregiudicare o compromettere rapporti istituzionali o opportunità di vario tipo.[…]
Efficienza Nelle nostre cooperative il denaro che serve ad
erogare servizi o anche aiuti economici diretti alle persone
svantaggiate deve essere esclusivamente finalizzato alle
persone svantaggiate, e non alimentare strutture o personale in misura superiore alle necessità effettive o con costi
più alti di quanto necessario; è importante ribadire che per
chi opera e lavora con i soldi destinati ai poveri l’efficienza è un imperativo etico!
Ogni euro sprecato è infatti tolto a chi sta male ed attende
servizi e risposte efficaci.
Territorialità Crediamo debba esserci un forte legame tra
la cooperativa sociale e la comunità locale. Il legame organico con essa, per fronteggiare i bisogni dei cittadini
svantaggiati, comporta la necessità di sviluppare un’azione
di radicamento, di costruzione di rapporti con i cittadini,
con i gruppi sociali e con le istituzioni, finalizzata al perseguimento della promozione umana e dell’integrazione
sociale, opzioni queste inconciliabili con una politica volta
al solo sviluppo economico e commerciale di chi eroga servizi sociali e/o fa impresa sociale. […]
Rispetto della legalità e della correttezza formale Il
rispetto della legalità e della correttezza formale, valori
universalmente riconosciuti, assumono una particolare
importanza nel nostro territorio, dove il clientelismo diviene a volte condotta scontata e sistematica.
Trasparenza degli atti e delle relazioni. Rapporti con
le istituzioni. Massima trasparenza negli atti formali e
amministrativi. Il bilancio dovrà essere redatto in modo
da garantire la precisa individuazione di situazioni e percorsi contabili e sociali. Ancor più importante sarà la massima trasparenza […] che si traduce nella chiarezza di
obiettivi e percorsi, in un dialogo aperto e pubblico con i
propri interlocutori, nella distanza con imprese, personaggi ed amministratori ambigui, che richiedono impegni
elettorali, tangenti, comportamenti illegali, assunzioni su
richiesta, in cambio di affidamento di servizi, appalti,
finanziamenti, ecc. […]
Partecipazione democratica Le cooperative dovranno
avere dinamiche realmente partecipative e democratiche
orientandosi alla ricerca di una dimensione compatibile
con la possibilità di sviluppare tra i soci effettive e positive
relazioni di conoscenza e di collaborazione. I soci dovranno
poter esprimere la linea della cooperativa e sentirsi
imprenditori e non dipendenti. Troppe cooperative, infatti,
sono composte nel bene e nel male da dipendenti piuttosto
che da cooperatori, o hanno una vitalità degli organi associativi e della vita sociale vicina allo zero.
Equità tra i soci della cooperativa Non sono ammissibili decisioni che prevedano, a fronte di avvio di nuove attività, un trattamento economico differenziato in riduzione
per i soci lavoratori impiegati in tali attività. Allo stesso
modo non dovranno esserci esagerate differenze di retribuzione o di trattamento tra soci dirigenti o amministratori e gli altri soci.[…] La cooperativa deve saper
rispettare i diritti sindacali fondamentali ed utilizzare
tutte le forme di flessibilità che vadano incontro alle esigenze dei lavoratori […]
Imprenditorialità sana e competitività basata sulla
qualità
Lo sforzo di un impresa sociale è quello di
coniugare l’indispensabile presupposto dei
valori sopra esposti con una sana gestione
economica. La competizione diviene un valido strumento per il raggiungimento di tale
scopo se viene basata su una ricerca costante
della qualità delle proprie attività, degli strumenti adottati e degli obiettivi perseguiti.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 11
lavoro e policoro
di Tommaso Calamia
Il Progetto Policoro ne
ome si può uscire
dalla crisi per la
mancanza di lavoro
che offende la dignità della
persona umana, genera
esclusione sociale e toglie
la speranza di futuro per i
nostri giovani?
Non vi è dubbio che la strada maestra è quella del
creare impresa, che, oltre a
cause strutturali quali la
mancanza di infrastrutture, una burocrazia opprimente, l’onerosità e spesso
l’impossibilità di reperire
risorse finanziarie ed altro
ancora, nella nostra città
trova ostacoli:
• nella incapacità sia di
concepire l’impresa come
fattore di promozione
sociale in quanto strumento funzionale alla creazione ed alla distribuzione
della ricchezza, che nella mancanza
della cultura del rischio mettendo in
gioco la propria creatività e le proprie
capacità in funzione del proprio futuro.
• nelle dinamiche delinquenziali,
come la richiesta del pizzo, che sono
il cancro che non consente il corretto e
C
sano funzionamento del mercato.
In questo contesto la COMUNITA’ DIOCESANA può giocare un ruolo di promozione e sviluppo, soprattutto a favore
dei giovani, se matura l’impegno, che è
innanzitutto culturale, a vivere la
dimensione economica e i ruoli sociali
come luoghi dell’annuncio e
della profezia della Speranza cristiana e
delle Beatitudini;
facendo rete,
tessendo
relazioni di
cooperazione e
collaborazione,
costruendo progetti e programmi che
raccolgano e
radunino
le
forze migliori della
società, ma nella con-
12 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
sapevolezza che il principio comunitario è il “di più” che i credenti annunciano con il loro essere insieme, segno
della propria realtà di popolo convocato
dal Padre nel cammino della storia”.
Un impegno che per tradursi nel gesto
concreto della “creazione di nuove
imprese giovanili, femminili, cooperative sociali, spin off accademici, imprese
artigiane… che a vario livello e con
diversa matrice, insieme, raggiungano
l’obiettivo di incrementare la partecipazione al lavoro della popolazione, di
allargare la base produttiva e di incrementare i livelli di innovazione diffusa e
di produttività globale dei fattori economici, necessita di essere sostenuto dalla
Comunità Diocesana mettendo a disposizione competenze, professionalità,
“risorse e beni che sono patrimonio
della comunità ecclesiale”.
Ecco tracciate le linee guida dell’azione
delle strutture del Progetto Policoro
nella nostra Diocesi come auspicato nel
documento diocesano in preparazione
della 46° settimana sociale dei Cattolici
ella Diocesi di Palermo
Italiani, a cui si riferisce il testo tra virgolette, che le tre pastorali: Caritas Diocesana, Giovanile e Sociale e del lavoro
hanno seguito in questi primi mesi di
rilancio del Progetto.
Si è creata una equipe diocesana del
Progetto per dare maggior respiro alla
fase del discernimento e della progettazione; si è insediato, presso i locali
della Curia, il Centro di Animazione
Territoriale, gestito dall’Animatore di
Comunità del Progetto, per accogliere e
seguire i giovani che vogliono verificare
e realizzare una idea imprenditoriale; si
è dato vita ad un servizio di incubazione
di impresa, chiamato S.I.St.I. (Servizio
Incubazione e Start-up Imprese) – Policoro Palermo, che oltre alla funzione di
fornire servizi di accompagnamento
alla costituzione dell’impresa, quali formazione, consulenze normative, gestionali ed organizzative, di marketing e
finanziarie, ha la funzione, nel contesto
palermitano, di sollecitare e promuovere impresa non solo in quei settori di
mercato in cui la Comunità
diocesana può avere un ruolo
rendendo disponibili proprie
risorse, ma anche laddove una
domanda e dei bisogni, emersi
dall’azione di discernimento
sul territorio delle Comunità
parrocchiali, non trovano
rispondente soddisfacimento
in una offerta, come è già
emerso ad esempio in alcune
zone per asili nido e strutture
di attenzione all’infanzia ed
agli anziani. In questi primi
mesi con il supporto delle strutture diocesane del Progetto Policoro e con il
sostegno dato dal mettere a disposizione dei siti della Comunità Diocesana, si
è costituita la Cooperativa “Officina 22”
per la produzione di borse ed un gruppo
di giovani è stato avviato alla costituzione di imprese nel mercato dei servizi al
Turista (a breve ne nasceranno due).
Oltre 20 giovani hanno avviato presso il
CAT un cammino che si confida possa
portare alla nascita di nuove imprese.
Sono stati avviati contatti ed è in definizione un accordo con un Istituto di Credito perché giovani seguiti da PolicoroPalermo possano aver accesso a forme
di micro credito funzionali allo start-up
delle loro imprese. Tutto ciò ha accompagnato l’attività di formazione di Policoro, che è innanzitutto un progetto di
pastorale, con gli incontri che l’Animatore di Comunità ha avuto con le Comunità Parrocchiali e con Gruppi giovani.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 13
giovani e sfida educativa
di Donatella Natoli
LA BIBLIOTECA DEI BAMBINI E DEI RAGAZZI
Le Balate nel suo quinto anno di attività
opo quasi cinque anni
di attività è possibile
riflettere sull’esperienza della Biblioteca delle
Balate: su quali presupposti
si è basata, che cosa di fatto
è stata e che tipo di presidio
ha rappresentato per il quartiere, ed infine qual’ è la possibile proiezione ed evoluzione di questa esperienza.
I presupposti Le esperienze
americane ed inglesi, rispettivamente Reach out and
read e Book start, e poi la
nascita in Italia nel 2000 di
Nati per leggere, molto sentita a Palermo, sono stati i
riferimenti teorici su cui è
stata costruita la ricerca di
un luogo da offrire ai bambini e ai ragazzi della città di
Palermo per incontrarsi ed
usare il libro e le arti in
maniera creativa. Il gruppo
promotore, in buona parte
proveniente dal Distretto
socio-sanitario all’Albergheria, che si occupava fra l’altro anche del benessere del
binomio mamma-bambino,
ha abbracciato, fin dai primi
passi di Nati per leggere, l’idea che il libro e le modalità
di lettura ad alta voce potessero costituire per bambini anche piccolissimi e
D
per le loro famiglie un’esperienza rivitalizzante per le relazioni adulti-bambini, lavorando molto sull’accoglienza,
14 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
sul suono della voce, sull’attenzione e sull’osservazione. La disponibilità dell’Arcidiocesi di Palermo ha permesso che si costruisse questo luogo dentro la Chiesa
SS. Annunziata alle Balate.
Il luogo è bello e certamente idoneo per le attività che
il gruppo promotore, costituito dal Coordinamento del
progetto Albergheria e Capo
insieme, dall’Associazione
Ballarà, e dal Parroco di S.
Giuseppe Cafasso e dalla
Caritas Diocesana andava
prefigurando.
L’esperienza Il luogo, nel
cuore dell’Albergheria, ci ha
dato uno spunto in più per
realizzare una Biblioteca
che potesse essere luogo
privilegiato di intercultura
per bambini e ragazzi tenuti
ai margini della città e invisibili rispetto alle loro capacità ed ai loro possibili desideri. Fin dall’inizio abbiamo
pensato e l’esperienza ci ha
confermato che l’assetto
laboratoriale, a piccoli gruppi, fosse il più adatto per i
bambini e per i ragazzi sia
nel caso che la loro partecipazione riguardasse la lettura o la
musica, il teatro, la pittura, il canto,
perché ciascun bambino riesce ad
esprimersi meglio e perché l’attenzione e la cura dell’operatrice/ore può
essere modulata meglio sulla personalità di ogni bambino. Un altro punto
importante dell’esperienza è la qualità dell’offerta che ci siamo sforzati di
proporre, un’offerta alta che permettesse di fare conoscere scrittori ed
illustratori di grande livello ma che
fosse contemporaneamente accattivante, capace di parlare all’intimo del
bambino e, cosa ancora più difficile,
che muovesse le corde profonde dei
ragazzi.
È successo così che ragazzi “impossibili” ricevessero i complimenti della
Presidente di Commissione agli esami
di III media. È successo così che le
attività dei laboratori richiamassero
l’attenzione degli abitanti del quartiere, ma anche quella di una parte dell’élite intellettuale della città: spettacoli musicali, mostre-laboratori di
arte, teatro di strada. È successo ancora che una ragazzina del quartiere
partecipasse a spettacoli teatrali fuori
le mura, e che un ragazzino, con il
suono del suo strumento, facesse capire ai suoi insegnanti che potrebbe
essere guardato con occhi diversi da
quelli usati nella routine scolastica. È
successo che la mostra d’arte fosse
giudicata da molti degna di sede
museale. Quelle accennate sono le
gratificazioni che compensano un
lavoro assiduo, a volte duro e difficile,
ma sempre attento al “bambino”, al
“ragazzo”, alla sua famiglia, che ha i
suoi momenti di debolezza e le sue
frustrazioni ma che trova forza nel
gruppo delle operatrici e degli operatori, che, come sempre quando si lavora all’interno di percorsi educativi,
costituiscono il fulcro dell’efficacia
delle attività. I cardini per mantenere
il gruppo forte sono comunicazione e
formazione, mantenendo, pur nella
specificità delle competenze, uno spirito comune e un confronto continuo
su obiettivi e metodologia di azione.
Le attività svolte dall’autunno 2010
all’estate 2011, simili a quelle degli
anni precedenti, sono state all’interno di alcuni filoni:
1) Percorsi di 10-12 incontri con 16
classi di 5 scuole, consistenti nell’affrontare un argomento scelto con le
insegnanti, a partire da uno o più libri
e sviluppandolo con modalità diverse
ed originali, capaci di permettere la
partecipazione attiva di ogni bambino;
2) laboratori pomeridiani per 4 giorni
alla settimana di lettura a voce alta,
musica, canto, teatro, arte;
3) attività di biblioteca per 4 giorni
alla settimana, con prestito del libro,
4) attività di formazione rivolte a insegnanti, genitori, ragazzi, mamme in
gravidanza e mamme con bambini lattanti;
5) incontri con autori, presentazione
di libri, presentazione dell’agenda
antimafia;
6) eventi e spettacoli.
La Biblioteca viene vissuta sempre di
più nel quartiere come un Presidio
che offre “opportunità” ai bambini di
recupero di alcune capacità ed emozioni sopite ma anche di scoperta e
sviluppo di capacità che i bambini possiedono e che aspettano che venga
dato loro tempo e spazio per esprimerle con gioia e determinazione. Nello
stesso tempo anche genitori ed insegnanti scoprono che ci potrebbe esse-
re uno sguardo diverso sui bambini
che favorisce ascolto e scambio reciproci. Io personalmente sono contenta
del mio lavoro tutte le volte che scorgo
nel volto e nello sguardo del bambino
impegno, serietà e felicità insieme
nel tentativo di raggiungere un obiettivo anche piccolissimo.
Evoluzione La Biblioteca delle Balate
è ormai un riferimento stabile per
Scuole e insegnanti, per famiglie fin
dal periodo della gravidanza, ma
soprattutto i bambini e i ragazzi sentono sempre di più la Biblioteca come
un luogo loro. Un luogo aperto dove
trovano accoglienza incontri, formazione, espressioni artistiche e culturali. Questo aspetto può evolvere ulteriormente a patto che non si perda
tutto il patrimonio acquisito che permette oggi di riconoscerla come un
presidio di legalità, “uno spazio urbano pacificato” (P. Riboulet), “una piazza dei saperi” (A. Agnoli). Esperienze
simili costituiscono un importante
arricchimento per tutta la popolazione di riferimento e tutti noi crediamo
che la creazione di altri presidi con le
stesse caratteristiche avrebbero ricadute positive sul benessere dei bambini, sul livello culturale delle giovani
generazioni e sulla consapevolezza
delle scelte di vita.
luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas
15
giovani e sfida educativa
di Giuseppa Calò
Pantelleria:
«La tragedia dei naufraghi, solidarietà e amore anche dai bambini»
a aprile si sono susseguiti
anche a Pantelleria sbarchi di
naufraghi provenienti dalla
Libia o dai paesi sub-sahariani.
Sono uomini, donne e bambini in fuga
dalle guerre e dall’assoluta indigenza
dovuta a vari fattori non ultimo le speculazioni economiche globali in vasta
scala attuate con il tacito assenso dei
governi locali.
L’isola non offre attracchi facili e gli
scafisti di pochi scrupoli spingono gli
immigrati verso un destino incerto e
pericoloso indicando l’isola di Pantelleria come se fosse Lampedusa.
Così la tragedia ha colpito nella notte
tra il dodici e il tredici aprile scorso tre
persone, tra le quali una mamma di
cinque figli, annegate per le pessime
condizioni del mare. Le operazioni di
salvataggio sono state difficili e i naufraghi sono stati ospitati al centro di
accoglienza dell’ex Caserma Barone.
La generosità dei panteschi è stata
dell’Arenella dai rifiuti inevitabili
dovuti al passaggio dei naufraghi.
Pantelleria offre vacanze e privilegi ai
turisti ma anche soccorso e solidarietà
a chi non ha più niente ed è già fortunato ad essere sopravvissuto alla furia
delle onde.
I bambini hanno imparato a sorridere
allo straniero e a non guardarlo con
diffidenza. Hanno
imparato a condividere e a rendersi utili agli
altri.
Hanno
imparato che l’amore può renderci migliori e
capaci di includere l’altro. Così
la prima accoglienza
dopo
pochi mesi, per
alcuni si è trasformata in pos-
una possibile inculturazione ed integrazione all’interno del tessuto sociale dell’isola. L’occasione, così densa di dolore ed incertezze per il futuro, ha reso
tutti solidali e la capacità di immedesimazione ha fatto si che fossero superate le difficoltà contingenti. Di fronte
a tanta generosità resta comunque l’amarezza delle vittime dei continui
davvero esemplare. Moltissimi hanno
contribuito per i viveri, il vestiario e
l’occorrente per gli alloggi improvvisati. Anche i bambini sono stati dei grandi protagonisti di una bella esperienza
educativa. Hanno accolto i coetanei
con momenti di gioco, quando è stato
possibile e soprattutto si sono resi
disponibili per ripulire la spiaggetta
sibilità di residenza
dal
momento che gli
isolani hanno
adottato l’intera
famiglia di Leonia, la mamma
annegata.
Tante le iniziative in favore dei
naufraghi dopo
gli abbracci iniziali, il caffé
caldo e gli onori
resi alle salme.
Grande la partecipazione di volontari che si sono prestati per i primi soccorsi e che hanno svolto anche un’attività di accompagnamento. La rete solidale ha sostenuto gli
stranieri che i danteschi hanno considerato subito persone degne di essere
aiutati. Inoltre le attività di mediazione
culturale, sebbene non istituzionalizzate, si sono svolte nella prospettiva di
sbarchi e della crudeltà dei sistemi
politici che abbandonano l’uomo alla
propria disperazione che lo spinge a
preferire i pericoli certi di un viaggio,
a volte senza ritorno, piuttosto che
rimanere. L’accoglienza, per una
società umana è un valore imprescindibile, ma è dovuta anche la tutela di
ciascun uomo che non deve essere
costretto a fuggire dalla propria casa e
deve poter realizzare la propria esistenza lì dove ha costruito una rete di
affetti e di relazioni. In tal senso tutte
le nazioni sono responsabili poiché è
chiara la interdipendenza dei sistemi
politici e di quelli economici. Pertanto
non si può contare solo sulla capacità
degli interventi umanitari, ma si
dovrebbe poter contare in futuro sul
riequilibrio delle risorse e quindi sulla
soluzione dei conflitti. Nel frattempo,
fortunatamente, per Kamil, il papà
sopravvissuto insieme ai cinque figli, a
Pantelleria il dolore adesso può far
posto anche alla speranza.
D
16 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
volontariato e servizio Civile
di Tiiu Ounapuu
Servizio Volontario Europeo
Opportunità di crescita per tanti giovani stranieri
n progetto di SVE consente ai
giovani tra 18 e 30 anni di svolgere il volontariato in un Paese
straniero per un periodo di tempo limitato (tra 2 e 12 mesi). Il Servizio Volontario Europeo offre la possibilità per i
giovani di spostarsi in un paese diverso (o Europeo o extra Europeo) per
svolgere attività in vari settori: educazione, immigrazione, cultura, arte,
salute, sport, ambiente, interculturalità, servizi per la comunità ed altro
ancora. A livello personale il volontariato europeo offre la possibilità di
conoscere in profondità contesti socio
culturali diversi e di conoscere nuove
persone da diversi paesi del mondo,
ma anche imparare una lingua nuova.
Obiettivo principale comunque è quello di offrire un’esperienza di apprendimento interculturale in contesti non
formali e permettere ai giovani di
vivere l’interculturalità e la cittadinanza attivamente e in una prospettiva completamente nuova, contribuendo allo sviluppo della comunità locale,
ed acquisendo competenze nuove per
la propria crescita personale. Possono
partecipare tutti i giovani tra i 18 e 30
anni che sono legalmente residenti in
un paese partecipante al programma.
La nazionalità, il livello di formazione
e l’origine sociale non hanno alcuna
importanza.
Io vengo dall’Estonia, un paese piccolo, freddo e un po’ lontano. La gente di
Palermo qualche volta rimane sorpresa e mi chiede: “Estonia? Cosa è?” Il
caso più divertente è stato comunque
un incontro con le studentesse giovani
di Palermo. Loro mi hanno chiesto
diverse cose, tipo: “Hai mai sentito del
Natale?” o invece “A che età ti devi
sposare nel tuo paese e il marito te lo
scelgono i tuoi genitori?”
Ho deciso di fare un progetto SVE, perché mi è sempre piaciuto viaggiare e
conoscere nuova gente. Per alcuni
anni ho anche vissuto in Spagna per
studiare ed è stata un’esperienza bellissima. Anche se ho la famiglia e tanti
U
amici in Estonia, ogni tanto ho bisogno di fare la valigia e partire. Quindi
ho scelto un progetto che mi sembrava
interessante e ho fatto la richiesta. Un
mese dopo sono già arrivata in Sicilia.
L'inizio, a dire la verità, è stato difficile. Non parlavo ancora la lingua e
c’era pure un po’ di shock culturale.
La gente parla ad alta voce, e mi sembrava o gridare o litigare, il traffico
incredibilmente caotico, la spazzatura
per terra, il fatto che non ci sono i
marciapiedi nella zona dove abito; poi
anche condividere la casa con altre 5
persone era abbastanza problematico.
C’è chi è abituato a condividere la
stanza e chi non lo può sopportare ed
ha bisogno di più privacy e pace. Ma
ormai abbiamo risolto questi problemi
ed abitare insieme è diventato invece,
molto divertente. Il nostro progetto si
occupa di immigrazione, esclusione
sociale, combattere la xenofobia, ecc.
Il nostro gruppo di volontari è abbastanza grande: siamo 18 persone provenienti da diversi paesi d’Europa. Alcuni lavorano coi bambini, altri nei centri di accoglienza degli immigrati. Io
lavoro in diversi centri della Caritas.
La locanda, dove ci sono gli assistenti
sociali che fanno l’ascolto, accoglie
persone fragili che non hanno casa;
poi c’è la mensa, dove circa 50 persone
vengono per pranzare ogni giorno.
Al centro Agape faccio l’accoglienza
al poliambulatorio dove c’è anche l’ascolto di immigrati e lo sportello
legale. Ci sono tanti eventi interessanti che propone il CESIE - Centro
Studi ed Iniziative Europeo, che è la
nostra organizzazione, un’organizzazione non-governativa europea, no
profit e indipendente, quindi noi possiamo sempre dare una mano a loro. Il
lavoro è interessante e c’è sempre
molta diversità, come anche nella vita
sociale. Ma alla fine penso lo SVE sia
soprattutto uno scambio culturale ed
un’esperienza splendida per le persone che conoscerai e gli altri ambienti e modelli culturali che incontrerai.
All’inizio pensavo che sarebbe stato
difficile adattarmi qua, ma ormai
credo che invece sarà difficile abituarmi nuovamente all’Estonia.
Una mia amica e collega ha scritto
una carta prima di partire a casa: “a
mia famiglia siciliana” ed è vero.
Siamo come una famiglia!
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 17
volontariato
di Mario Sedia
I cantieri della Solidarietà di Caritas Ambrosiana a Palermo
Giovani volontari del nord a condividere il sud, il sole dell’estate e l’aria di carità
cantieri della solidarietà di Caritas Ambrosiana sono esperienze
estive di volontariato per i giovani
che si svolgono in diverse realtà locali
internazionali, europee, italiane. Uno
dei cantieri quest’anno ha visto 10 giovani di Caritas Ambrosiana impegnati
a Palermo per le strade della carità
del nostro territorio, accompagnati
dalla Caritas diocesana di Palermo.
Questi percorsi, accompagnati passo
dopo passo, dal colloquio iniziale fino
al rientro, vogliono favorire la conoscenza di altri contesti attraverso l’incontro con le comunità locali, le persone, le organizzazioni, i luoghi.
Si tratta di porsi in ASCOLTO del contesto locale nel quale si viene inseriti
per cercare di comprenderne le
dimensioni della vita sociale, civile,
politico-economica, ecclesiale; di proporre ai giovani un’esperienza di vita
comunitaria - il Cantiere è un’occasione speciale per sperimentare concretamente la dimensione della CONDIVISIONE e di gruppo insieme ad altri
giovani, offrendo ai volontari la possibilità di conoscere e collaborare in
progetti a favore di persone o gruppi
in situazione di disagio; di vivere il
SERVIZIO con minori, poveri e persone che si trovano in situazione di
povertà; di favorire lo scambio su temi
quali alterità, carità, gratuità, giustizia, pace. E’ l’incontro con l’altro
(spesso espressione di culture e/o religioni diverse) che diventa un’occasione preziosa di RIFLESSIONE e aiuta
ad interrogarsi.
Vogliamo raccontare l’esperienza in
alcuni servizi espressione della carità
della nostra chiesa di Palermo e l’incontro con alcune realtà significative,
attraverso le parole di due dei giovani
che per quindici giorni hanno fatto i
cantieri della solidarietà:
Il servizio con i bambini del giardino
di Madre Teresa (di Sara)
Quest’esperienza, con i cantieri della
solidarietà, mi ha coinvolto ed arricchito molto. La consiglierei, perché è
formativa dal punto di vista culturale ed umano, nel campo di lavoro,
ubicato nel Giardino di Madre Tere-
I
sa, mi sono confrontata con persone
di origini, tradizioni differenti, che
hanno suscitato in me emozioni e
commozione. Spesso ero spossata, ma
appagata, poiché lavorare con i bambini dà soddisfazione, sono convinta
che la nostra presenza dal punto di
vista emotivo ed educativo è stata
rilevante, in quanto giornalmente
potevamo vedere dei progressi, che ci
davano la carica per continuare a
fare meglio e sempre di più.
Rimanendo a contatto, tutti i giorni,
con i bambini, di diverse etnie mi
sono resa conto che da loro si può
imparare molto, ed il regalo più bello
è il loro sorriso che rimarrà indelebilmente nel nostro cuore.
I cantieri sono stati importanti
anche dal punto di vista dell’amicizia, infatti ho passato due settimane
in compagnia ed allegria, superando
i momenti più impegnativi con
costanza e tenacia, aiutata dal legame che si era creato in noi. Spero di
poter, il prossimo anno, avere la possibilità di aderire nuovamente ai
cantieri della solidarietà, modificando magari la destinazione, con lo
scopo di arricchire maggiormente la
mia esperienza, donando nel percorso ciò che fa parte del mio bagaglio di
conoscenza alle persone che avrò l’occasione di incontrare.
L’incontro con fratello Biagio Conte
e la Missione di Speranza e Carità
(di Lorenzo)
Fratel Biagio era un ragazzo nelle
nostre stesse condizioni. Infatti
anche lui, come
me e tanti miei
coetanei, pensava a uscire e
divertirsi oppure
ad essere vestito
alla moda. Eppure un giorno la
sua vita è cambiata. Ha sentito
la chiamata del
Signore e ha iniziato la sua attività. La cosa che
18 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
mi ha impressionato di più è stata la
gioia di vivere trasmessa da Fratel
Biagio. Egli aveva tutto, ma vi ha
rinunciato per seguire la sua “vocazione”. Dopo alcuni anni vissuti da
eremita, ha vissuto a stretto contatto
con i senza fissa dimora. Successivamente, senza l’aiuto di nessuna istituzione ma con l’appoggio di molta
“gente comune” e di persone che
aveva aiutato, ha trasformato prima
il vecchio disinfettatoio della città di
Palermo e poi una caserma abbandonata in due centri d’accoglienza per
le persone più bisognose e emarginate, sia italiane che straniere. Oggi
tutte queste persone, grazie al suo
aiuto, hanno un letto dove dormire e
un pasto caldo. A tanti di loro viene
inoltre offerta l’opportunità di
apprendere le tecniche di alcuni
mestieri manuali, come il panettiere,
il falegname, il saldatore, il sarto, in
modo da facilitarne un loro futuro
inserimento lavorativo.
Diverse sono le motivazioni che spingono un giovane a fare questa scelta; a
noi piace notare, in particolare, alcuni
elementi comuni che sono emersi nel
confronto con l’equipe volontariato di
Caritas Palermo, quali l’allegria e l’entusiasmo sprigionati nei racconti di
quanto vissuto, l’aspettativa di condividere con altri le domande e le sfide
incontrate, la voglia di capire come
poter continuare questo cammino.
Lo scambio diventa dialogo; il percorso diventa orientamento; il servizio la
chiave di accesso per i giovani alla
carità di una chiesa tutta ministeriale.
giovani
di Lucia Lauro
La Villa è «cosa nostra»
al 25 luglio al 5 agosto 20 giovani provenienti da Spagna,
Francia, Lituania e Italia si
sono ritrovati insieme per vivere
dieci giorni con l’obiettivo di migliorare la loro capacità di stare insieme,
socializzare con altre culture, comprendere meglio cosa significa antimafia e legalità.
L’idea nasce dalle esperienze di educazione dei giovani dell’Associazione
Apriti Cuore presso il bene confiscato
alla mafia sito a Torretta, assegnato
alla Congregazione delle Suore Collegine della Sacra Famiglia e dato in
comodato d’uso ad Apriti Cuore. Vivere ogni giorno esperienze di educazione in un luogo così carico di significato ci ha fatto riflettere sul bisogno di far sperimentare ai giovani
esperienze significative di servizio
che li aiutino a comprendere cos’è la
legalità. Lo scambio rientra nei progetti finanziati dal Programma Gioventù in azione per promuovere la
mobilità dei giovani e lo scambio culturale. L’obiettivo primario del progetto è quello di offrire ai giovani
coinvolti, molti dei quali provenivano
da condizioni di svantaggio, un percorso di crescita personale e collettiva nonché di educazione non formale
e sensibilizzazione sul tema della
legalità e del ruolo dei giovani come
D
soggetti attivi nella lotta al crimine.
In particolare ci siamo rivolti ai giovani provenienti da condizioni di
disagio, attraverso la partecipazione
attiva ad un percorso di sensibilizzazione e di conoscenza, anche tramite
degli incontri con esperti qualificati
e lo sviluppo di un percorso strutturato di apprendimento non formale partecipato. Allo stesso tempo, grazie
alla presenza di partecipanti con
profonde differenze culturali fra di
loro, abbiamo potuto lavorare sulla
consapevolezza di una sensibilità
europea e sulla percezione del proprio ruolo di cittadini attivi in un’ottica di confronto e di scambio internazionale e interculturale. La partecipazione al progetto ha rappresentato, per molti dei partecipanti, una
parte del percorso individuale di
recupero o di integrazione sociale già
avviati nei propri paesi di origine.
Tutto ciò è avvenuto attraverso dinamiche di scambio, condivisione,
gioco, riflessione, ma anche attività
di studio e manuali che sono servite
ad abbattere le barriere culturali, stimolare il senso di collaborazione e di
responsabilizzazione e a favorire la
socializzazione in ottica interculturale. Tra le attività previste, abbiamo
realizzato visite guidate a beni confiscati riutilizzati per attività sociali e
ambientali, incontri con esponenti di
Associazioni antimafia quali Libera
Sicilia e l’Ass. Jus Vitae. Particolarmente significativo è stato l’incontro
con Don Antonio Garau che ha raccontato ai giovani il senso profondo
della legalità nella società odierna e
l’importanza dell’essere cittadini
attivi nella lotta a tutte le forme di
ingiustizia. I giovani hanno vissuto
ogni giorno insieme, cucinando insieme i pasti, pensando alla pulizia dei
luoghi, realizzando cene tipiche dei
vari paesi di provenienza e condividendo l’organizzazione delle giornate. Sono stati realizzati un laboratorio per la realizzazione di due murales che sintetizzano l’esperienza dei
ragazzi nei dieci giorni di campo e
attività per la realizzazione di un
orto. È stato molto bello vedere come
le difficoltà linguistiche siano state
superate attraverso una comunicazione non verbale e la condivisione della
quotidianità. L’Associazione Apriti
Cuore sta implementando i suoi progetti in ambito europeo poiché è fondamentale aprirsi alle altre culture e
permettere anche ai nostri ragazzi di
conoscere l’Europa. L’educazione dei
giovani passa anche dalla trasmissione, attraverso la condivisione di
momenti comuni, che il sogno di un
mondo migliore è possibile.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 19
giovani
di Pietro Virgadamo
Il “Mandato di Madrid”
ivere un’esperienza come la Giornata mondiale della Gioventù
mette in difficoltà chiunque abbia
la grazia di poterlo raccontare, essendo
quanto mai vero, rispetto a quest’evento, l’evangelico “Venite e vedrete”.
La Giornata si inserisce, per noi giovani
di Palermo, all’interno di un cammino
di crescita umana e spirituale del quale
rappresenta il punto di arrivo e, al
tempo stesso, un significativo trampolino di lancio per i più inaspettati traguardi di amicizia, preghiera, condivisione, spirito di famiglia.
Un anno almeno è durata la preparazione a questo evento, vissuta all’interno
dei diversi gruppi diocesani, come ad
esempio quello degli universitari,
accompagnati dalla serena ed affettuosa presenza di Don Alberto Avi, guida
preziosa per i nostri incontri, che, già
proiettati nella festosa atmosfera spagnola, abbiamo voluto chiamare “Un
aperitivo con Benedetto”. Così anche i
locali della nostra Palermo si sono animati della presenza dei giovani della
“Generazione Gmg”, nati e vissuti nel
fuoco dell’amore che Giovanni Paolo II
sapeva e sa ancor oggi trasmetterci.
Vedere le vie della nostra città animate
in modo un po’ diverso rispetto al solito
sabato sera, con una voglia di discutere,
conoscersi e fare esperienza di comunità – e non solo di trascorrere, sia pur
piacevolmente, una parte del proprio
tempo – è stata la migliore anticamera
V
per quell’esplosione di gioia che da
Madrid ora si propaga in tutto il mondo.
E così, dal Falcone Borsellino, incredibilmente avvolto dalla luce e dal calore
dei giovani della Diocesi nella notte
della partenza, abbiamo spiccato il volo
alla volta di Barrajas, quella pista aeroportuale che, praticamente ogni minuto, ha visto arrivare giovani da ogni continente del mondo.
I primi due giorni a Madrid sono stati
contrassegnati dall’attesa e dalla preparazione all’incontro con il Santo Padre,
vivificati dalla reciproca conoscenza tra
le varie realtà parrocchiali e comunitarie che colorano la nostra Diocesi. In
questo movimento spirituale, preziosa è
stata la convivenza nella Palestra di
Getafe, che, privandoci delle nostre
ingombranti comodità, ha saputo insegnarci la gioia della condivisione.
L’amicizia, poi, ha conosciuto il collante
della preghiera comunitaria, che dalle
lodi in palestra si è snodata attraverso i
momenti di catechesi per gli italiani,
tenute dai Vescovi di Rimini, Parma e,
infine, da S.E. il nostro Cardinale Paolo
Romeo. In effetti, la presenza di Sua
Eminenza ha dato forza e forma al
nostro cammino sin dal suo inizio: sempre nel cuore conserveremo gli incontri
di formazione per i giovani della diocesi
culminati con la “pizziata” di Baida,
simbolico viatico verso l’avventura di
Madrid. Con la catechesi finale di
Madrid - che emozione rivederci e farci
20 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
le foto tutti insieme in Spagna! - il
nostro Vescovo ha saputo infonderci la
voglia di vivere ogni giorno il messaggio
evangelico della Gmg: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, significa
saper portare l’autenticità della vita cristiana in ogni ambiente ed in ogni contesto in cui ci troviamo a vivere, con
quella testimonianza che, gioiosamente, non si impone, ma si propone e, alla
fine, contagia, guarendo i cuori di molti
fratelli che solo di Cristo hanno realmente bisogno nella vita. I Vescovi
hanno saputo rispondere alle domande
di noi giovani con una capacità comunicativa che ha stupito tutti, almeno coloro i quali hanno sempre visto nel Pastore un personaggio più o meno lontano
dalla realtà delle parrocchie e dai problemi quotidiani.
Abbiamo tutti imparato davvero che
“ubi Episcopus, ibi Ecclesia”: la Chiesa
si costruisce attorno ai Pastori che, in
comunione con Pietro, insegnano,
ammaestrano, testimoniano. E lo si è
assaporato particolarmente quando
Mons. Romeo è giunto fino a Getafe,
nella periferia di Madrid, per celebrare
con noi, davanti alla palestra della
nostra scuola, la Santa Messa del giorno
della partenza!
Dalle catechesi alle strade di Madrid:
una liberatoria invasione di giovani che,
pur appartenenti alle più diverse culture, in una città “orante” si abbracciano,
condividono l’acqua, il pane, un buono
pasto, oppure semplicemente si scambiano con gli occhi un sorriso fraterno.
Il parco del Retiro, oasi in cui sgorga l’amore misericordioso di Dio, ha ospitato
la festa della Riconciliazione, in cui
migliaia di giovani hanno incontrato
l’abbraccio del Padre, ricevendo il perdono, perdonandosi a vicenda e, prima
ancora, sicuramente, sapendo perdonare se stessi delle proprie debolezze da
conoscere, superare, dalle quali mai,
comunque, farsi spaventare. Attraverso
le Stazioni di una via Crucis condotta
dal Papa con la Sua sobria profondità,
siamo finalmente arrivati a Cuatro
Vientos: un fiume in piena di giovani
che per un giorno intero non ha smesso
di invadere la spianata. Sembrava non
finissero mai…
E poi il sole cocente del sabato pomeriggio, fino al tremendo acquazzone
della Veglia, che ha messo nei cuori di
molti di noi una istintiva esigenza di
La Giornata mondiale… si fa vita di ogni giorno!!
sgranare il Rosario, quasi a testimoniare che “fondati in Cristo”, nemmeno
quella storica tormenta avrebbe potuto
sradicarci. Così ha ripreso la parola il
Santo Padre, in un boato che, come
quello di Tor Vergata, anche Madrid
ricorderà per sempre, davanti al Santissimo, esposto in quell’ostensorio che
pochi giorni prima i ragazzi della nostra
diocesi avevano ammirato nella meravigliosa Cattedrale di Toledo.
Ed infine, Alba a Cuatro Vientos: il
Santo Padre, nella riflessione sul Vangelo della missione di Pietro, ci ha confermati nella fede e, dandoci appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013, ci ha inviati a tutto il mondo per testimoniare Cristo fino ai confini della terra. Di ritorno
da una così forte esperienza di vita e di
fede sentiamo l’esigenza di non disperdere tanta energia spirituale.
Cosa vuol dire però testimoniare Cristo
nella nostra vita di ogni giorno? Cosa
rappresenta in particolare quella Croce
che il Papa ci ha donato – uguale per
tutti i giovani del mondo! – per i prossimi anni della nostra vita? Come intendiamo vivere il “mandato di Madrid”,
tenuto conto che chi ha non può tenere
per sé, che ciò che nostro non lo è veramente finchè non lo condividiamo?
Forse possono immaginarsi due dimensioni entro cui sviluppare i doni ricevuti: l’una personale, l’altra comunitaria.
Sul piano personale, il vivo desiderio di
tenere sempre accesa la fiamma dell’amore fraterno e della fede in Cristo può
condurci ad accostarci più frequentemente alla Santa Messa – perché no? –
anche, riuscendovi, nei giorni feriali; a
vivere momenti di adorazione eucaristica, dalla quale trarre il lievito delle
nostre giornate; a renderci più assidui
nella preghiera, magari proprio nei
momenti in cui la routine sembra avere
il sopravvento e il fuoco dell’amore sembra essersi intiepidito. Come si è scritto
saggiamente, infatti, “quando vogliamo
accendere un fuoco spento, soffiamo
sull’unico tizzone rimasto acceso” (Luigia Tincani). A livello comunitario, dobbiamo, credo, in primo luogo andare
incontro all’invito - che il Papa ci ha
rivolto nel metterci nello zainetto quella splendida sintesi di semplicità e saggezza che si chiama “Youcat”: “dovete
sapere che cosa credete; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di infor-
matica conosce il sistema operativo di
un computer; dovete conoscerla come
un musicista conosce il suo pezzo; sì,
dovete essere ben più profondamente
radicati nella fede della generazione
dei vostri genitori (…)”.
Da piccolo catechista, credo che sia
veramente profetico - nel senso vero di
limpida lettura del presente e delle sue
esigenze di proiezione verso il futuro –
questo invito: creare a livello diocesano
occasioni di incontro e confronto sul
Catechismo della Chiesa Cattolica
significa non solo consentire all’amore
di essere servito dalla conoscenza, ma
anche trasmettere a tutti la profondità,
la saggezza, l’autenticità della vita cristiana, spesso oggi malamente percepita come il frutto dello sterile operare di
una serie di precetti, e non, come realmente è, dell’Amore vivo e vero del
Risorto. Forse, di fronte al continuo
dibattere sul problema educativo, che
oggi è presentato sempre più come
un’emergenza, la cosa più saggia, e, al
tempo stesso, semplice da fare e riprendere in mano il Catechismo, secondo
l’invito del Papa: lì troveremo, più che
in una montagna di libri, quel balsamo
capace di guarirci e farci crescere insieme. Altro elemento fondamentale sarà
il supporto, la guida e l’insegnamento
del nostro Card. Romeo, che, siamo
certi, saprà accompagnarci in quest’anno di racconto della Giornata Mondiale,
di testimonianza e di crescita comuni-
taria. Mi auguro e sono certo che, con
Sua Eminenza, non mancheranno gli
incontri di formazione ed i momenti di
crescita, cominciando dalla visita che
già abbiamo in calendario a Roma in
ringraziamento per il dono che il Santo
Padre ci ha voluto fare con la sua presenza, lo scorso anno, a Palermo.
Dunque, se così può sintetizzarsi, il
sogno sarebbe quello di costituire un
gruppo forte all’interno della diocesi
che, di Gmg in Gmg, viva delle tappe nel
cammino di fede nel corso di tutto l’anno pastorale, coinvolgendo in unità le
diverse realtà parrocchiali e comunitarie e che sappia, in futuro, passare il
testimone ai giovani di domani, consapevoli che la Giornata mondiale della
gioventù è solo il momento di emersione di una vita d’amore vissuta nella
semplicità di ogni giorno. Allora, grazie
Gmg, per quello che ci hai dato, ma
soprattutto per quello che continuerai a
darci, perché, nella quotidianità di ogni
giorno, quando ci svegliamo, potremo
risentire la gioia del sole dell’alba che
batteva a Cuatro Vientos; quando mangiamo, potremo assaporare la bellezza
di aver condiviso un panino con un fratello mai visto prima; quando studiamo
o lavoriamo, e magari ci troviamo in difficoltà, potremo chiudere gli occhi e
sentire nel nostro cuore la forza irrefrenabile di quel “Padre nostro” che continua ad unire, in un unico abbraccio, in
ogni angolo del mondo, tutti i suoi figli.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 21
giovani
di Francesco Di Giovanni
SETTE RAGAZZI DI PALERMO AL GIFFONI FILM FESTIVAL 2011 PER RACCONTARE IL SUD
anno incontrato cantanti, attori e registi, ospiti del Festival
internazionale del Cinema per
ragazzi, organizzato a Giffoni, per parlare del futuro dei giovani del Sud.
Carmen, Miriana, Clara, Emilia, Ester,
Salvo, Vincenzo, adolescenti che da
anni frequentano il Centro giovanile
Tau nel quartiere della Zisa di Palermo, gestito dall’associazione Inventare Insieme, durante i giorni del festival, si sono organizzati come una vera
redazione giornalistica, per seguire il
ricco programma della manifestazione. Quello di Giffoni, infatti, è stato
per i ragazzi un vero e proprio laboratorio di mediaeducation, inserito nel
progetto “Restare in gioco” finanziato
da “Fondazione per il Sud”, di recente
trasformata in “Fondazione con il
Sud” che vede in organizzazioni del
quartiere Zisa di Palermo e del Rione
Sanità di Napoli. Con i giovani di
Palermo anche quattro ragazzi della
“Casa dei Cristallini” del Rione Sanità
di Napoli, oltre che alcuni operatori e
giornalisti delle due città. Insieme
hanno organizzato i lavori e prodotto
recensioni, commenti, approfondimenti
e numerose video interviste agli ospiti
del festival. Tra i vip intervistati, il trio
Aldo, Giovanni e Giacomo, le attrici
Barbara De Rossi e Valentina Lodovini,
il critico cinematografico Tonino Pinto ,
il video maker Wilwoosh, Maurizio
H
Capone con la
sua
band
Bungt&Bangt, il
Presidente di
Telefono Azzurro Caffo. Da sottolineare l’intervista fatta al
cantante Jovanotti, che, nella
giornata anniversario della
strage di Via
D’Amelio, ha
risposto così ad
una domanda
dei
ragazzi:
“Ricordare Falcone e Borsellino?
È importantissimissimo (…), ma è
più importante che lo fai te, sei Tu
che devi farlo”.
Tutto il materiale è stato pubblicato su
“Iammonline.it”, portale dei giovani dei
centri di aggregazione giovanile e delle
comunità educative del Sud Italia e
strumento dell’associazione Inventare
Insieme e del Centro Tau. Particolarmente interessante è stata la collaborazione con la redazione di Repubblica
Palermo che ha ospitato nel proprio
sito web le interviste dei ragazzi. La
sfida, senz’altro riuscita, è stata anche
quella di riuscire a raccontare un
importante evento come quello di
Giffoni Film Festival, giunto alla 41^
edizione,
attraverso gli
occhi di ragazzi che ogni
giorno vivono
sulla propria
pelle le difficoltà, i limiti,
ma anche la
forza di “crescere al Sud”.
Su
questo
tema e con le
riprese fatte a
Giffoni i giovani reporter
stanno realiz-
22 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
zando un videoreportage, che sarà presentato a Napoli il 30 settembre prossimo in occasione degli eventi organizzati per il quinto anniversario della costituzione di Fondazione con il Sud.
Il Giffoni Film Festival è per noi una
grande occasione di scambio e di crescita. Da oltre sei anni il Centro Tau
opera in partenariato con questa eccezionale esperienza nata nel Sud Italia e
divenuta una delle più importanti esperienze giovanili nel mondo. Il passaggio
da Giffoni rappresenta una tappa significativa per lo sviluppo di processi educativi e di integrazione finalizzati a promuovere processi di fascinazione culturali che, nel lungo periodo, possono
agire come volano per lo sviluppo della
comunità territoriale”.
Attraverso il portale web Iammonline.it
il Centro Tau intende promuovere
un’Officina Mediaeducativa a disposizione dei giovani del Sud Italia che
vogliono crescere, mettersi insieme,
trasformare la realtà, promuovere conoscenza, partecipazione, impegno, attenzione, solidarietà,... Sviluppo. Una
opportunità per collegare, “linkare” i
giovani del Sud che vogliono crescere,
che vogliono guardare positivamente al
futuro e costruirlo insieme”. Le interviste sono online sul sito web www.iammonline.it, su www.youtube.it (canale
iammonlinevideo) e sulla pagina Facebook Iammonline.it.
giovani
di Francesco Vizzini
CAri
AnimAtori, fACCiAmo «un sAlto di quAlità!»
ta proseguendo il percorso per
animatori “Yes…we can” che
quest’anno ha coinvolto trentacinque giovani tra i 15 ed i 28 anni, e
continua con “Un salto di qualità”,
prima tappa del percorso di secondo
livello, che da lunedì 18 a mercoledì
20 luglio ha coinvolto dodici animatori i quali per tre giorni si sono soffermati a riflettere su “Accogliere,
accompagnare, orientare”, ma
soprattutto a farne esperienza, ospitati presso l’Oasi dei Giovani padre
Pino Puglisi di Giacalone.
Non poteva mancare un appuntamento estivo e residenziale, attraverso il
quale i partecipanti potessero aumentare i legami ed approfondire relazioni e scambi d’esperienza.
Questo percorso di secondo livello è
stato rivolto ai giovani che hanno già
svolto il corso di primo livello ed è
stato anch’esso realizzato all’interno
del Progetto giovani “Con-te-sto
bene” e tenuto da Andrea Ballabio e
Giuseppe Tondelli, formatori della
Cooperativa Pepita.
Il percorso ha voluto dare ai giovani
impegnati come animatori la possibilità di andare più in profondità
rispetto ad alcuni temi specifici dell’essere animatori, attraverso un
modulo formativo incentrato sul
tema specifico dell’accoglienza, dell’accompagnamento e dell’orientamento, ed imperniato su tre temi tra-
S
sversali, la spiritualità dell’animatore, lo stile animativo e le tecniche di
animazione, che hanno fatto da filo
conduttore e da collegamento con il
corso di primo livello. Tutto questo
avendo come obiettivi principali l’accompagnamento e la formazione del
gruppo di animatori nel tempo.
Come già nel corso “Yes… we can” i
partecipanti sono stati coinvolti attraverso un metodo esperienziale, che
non insegna attraverso lezioni frontali ma che fa apprendere facendo esperienza. Così per confrontarsi su
“Accogliere, accompagnare, orientare” si è partiti proprio dal gruppo di
animatori creato con il corso
“Yes…we can”, soffermandosi su alcuni punti ed approfondendoli, avendo
come spunto di volta in volta testi di
canzoni, brani di letteratura e del
vangelo, citazioni di santi e pensatori,
ed utilizzando giochi, dinamiche e
tecniche d’animazione di diverse tipologie, che i partecipanti potranno successivamente utilizzare con i ragazzi
ed i gruppi che animano nelle proprie
realtà d’appartenenza (parrocchie,
associazioni, movimenti, oratori,…).
Ogni riflessione e confronto è stata
sempre supportata da brani della Bibbia, perché il fine ultimo di ogni animatore ecclesiale è educare alla fede,
facendone prima di tutto esperienza e
quindi trasmettendola ai ragazzi. Proprio per questo, ha fatto da filo con-
duttore al corso la frase di don Giussani “l’educazione avviene da persona a
persona, nella comunicazione di un’esperienza di vita, che provenga dal
cuore di un uomo e parli al cuore di
un altro uomo”. I partecipanti hanno
così imparato che “il vero viaggio
dello scoprire non consiste nel vedere
paesaggi nuovi, ma nell’avere occhi
nuovi” (M. Proust), che per educare è
necessario cercare il positivo dentro
di sé, tirare fuori e spendere i doni di
Dio, utilizzare strumenti adeguati
all’oggi, cercare la chiave giusta per
ogni ragazzo (come ricorda don
Bosco), divenendo infine consapevoli
che solo avendo fatto esperienza di
tutto ciò potranno adesso accogliere,
accompagnare, orientare i ragazzi
delle proprie realtà di appartenenza.
Questa tappa si è conclusa con la celebrazione eucaristica all’aperto nella
pineta dell’Oasi, presieduta da padre
Giovanni D’Andrea, durante la quale è
stato proclamato il brano di vangelo
della parabola del seminatore: il corso
per animatori non è stato altro che
preparare la terra e seminare, un continuo lavorare per far sì che un giorno
possano nascere piante e portare frutti. Al termine della celebrazione è
stato consegnato dai formatori un
segno: alcuni piccolissimi semi di
senape che, come ricorda una delle
parabole del regno, sono i più piccoli,
ma dai quali nascono grandi alberi.
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 23
giovani
di Gabriella Russo
Come accade spesso…
ome accade spesso nella storia
dell’Associazione Apriti Cuore,
quando si prospetta qualcosa
che è faticosa, difficile da comprendere al senso di molti, e naturalmente
che pochi realizzerebbero, quella è
proprio la cosa giusta da fare!!
Così anche quest’anno, nonostante
l’utenza totalmente diversificata per
età, abilità, obiettivi operativi e rieducativi, si è svolto presso l’Ostello Oasi
Don Bosco sulla Plaja di Catania, il
campo estivo residenziale che per 4
giorni ha riunito minori, utenti, operatori e volontari appartenenti a tutte le
strutture operative dell’associazione.
Ben 94 persone appartenenti alle
comunità alloggio per minori vittime
di abuso e maltrattamento, ai servizi
per i minori stranieri non accompagnati, ai centri aggregativi e residenziali per disabili giovani e adulti, sono
state ospiti presso la struttura dei
salesiani a Catania, condividendo
cibo, orari, attività d’animazione e
spazi ricreativi.
Possiamo definirle “le vacanze di Apriti Cuore”, se non fosse che di riposo
non se ne parla!! Ma nei commenti dei
ragazzini, delle persone con disabilità,
e dei giovani che hanno partecipato
all’esperienza, ricorre spesso la richiesta di ripeterla; c’è chi ne approfitta
per stare più tempo e ampliare così la
condivisione con l’amico del cuore,
incontrato troppo velocemente negli
spazi del centro aggregativo, chi abituato alle “coccole” di casa fa di tutto
per essere più autonomo e dimostrare
C
che, anche su una sedia a rotelle, si
può essere utile agli altri, chi si intrattiene fino a tarda sera a scambiare una
birra e quattro chiacchiere con l’operatore di fiducia, e chi infine non vede
l’ora che sia domani per aumentare il
24 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
proprio punteggio alla caccia al tesoro…e, perché no, c’è pure chi non
vede l’ora che tutto finisca per tornare
a casa tra le proprie rassicuranti abitudini e le proprie certezze!!
L’esperienza di quanto vissuto, come
operatori e come responsabili, in queste 4 lunghe giornate, colpisce la
nostra attenzione e stimola alcune
domande più che dare risposte! Come
in tutte le esperienze d’integrazione
c’è qualcosa a cui ciascuno di noi
“rinuncia” in funzione dello “stare
con…”, ma soprattutto qualcosa che
rimane e segna le nostre coscienze,
“in-segnandoci” le differenze (più
immediatamente visibili), ma anche
le similitudini che rendono “l’altro” un
nostro compagno di viaggio, riconoscendone gli stessi diritti, gli stessi
bisogni, e in fondo, lo stesso identico e
radicato desiderio di “essere amato”.
promozione umana
di Laura Ambra
S an ta Fl a vi a : A pre i b a tten ti l a “C a sa di A l ba ”
Servirà i soggetti disabili del comprensorio
l servizio è rivolto a tutti quei soggetti della società affetti da qualsivoglia forma di disabilità o di
disagio, nonché alle famiglie che di
tali soggetti si prendono cura. È stato
organizzato dall’associazione “Nuovo
sentiero onlus” che da anni è impegnata nei territori di Porticello e
Santa Flavia, nel settore degli aiuti a
particolari categorie di cittadini
svantaggiati (disabili, anziani, minori
con problematiche familiari). Tale
impegno si struttura in azioni dirette
alla persona e l’apporto del personale
volontario è finalizzato al potenziamento delle attività ad oggi espletate.
Il servizio è stato messo in atto in collaborazione con l’AISW Sicilia onlus,
l’Associazione “7 Note per la vita” e la
“Azzurra Nuova cooperativa sociale”.
La struttura è stata messa a disposizione gratuitamente da una socia dell’associazione “Nuovo sentiero
onlus”, la signora Silvia Bartolone
I
Greco in onore della figlia. L’obiettivo
degli organizzatori è di offrire al territorio dei paesi di Bagheria, Santa
Flavia, Casteldaccia, Altavilla Milicia
e Ficarazzi, la possibilità di usufruire
di una villa dove saranno svolte attività volte al miglioramento della qualità della vita dei soggetti diversamente abili, disagio sociale, normodotati con difficoltà nel proprio ciclo
di vita e dei loro familiari.
Il progetto che avrà durata illimitata
è stato finanziato dagli stessi genitori
delle associazioni proponenti. La
residenza dispone di una palestra,
una sala per le attività manuali e per
l’apprendimento, una stanza della
musica, una per il relax, ampi spazi di
verde ed una piscina e sarà a disposizione di persone 9 persone residenti
e di circa 20 ragazzi in regime di
semiconvitto. Previsto un servizio
giornaliero di accompagnamento,
assistenza e supervisione dell’utenza
in attività di balneazione presso litorali marittimi limitrofi al territorio di
riferimento, visite guidate presso
centri turistici e culturali limitrofi o
esterni al territorio di riferimento,
gite nei vari parchi giochi e acquatici
della Sicilia, escursioni all’aria aperta, servizio di mensa quotidiano, attività ricreative, ludico creative e laboratoriali presso le strutture delle
associazioni, Parco “Robinson” pomeridiano, attività di ippoterapia, piccola fattoria. Inoltre sono previsti pacchetti di assistenza full-time fine settimanali e infrasettimanali. Le attività proposte saranno effettuate dal
lunedì alla domenica, anche in regime giornaliero, semiresidenziale o
residenziale.
Il servizio si avvale delle seguenti
figure professionali: psicologo - educatore, insegnante di sostegno, pedagogista, operatori OSA, animatori e
volontari.
luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas
25
immigrazione
di Marta Bellingreri
L amped
. . . q ua n d o
Adesso puoi riprendere il volo! Dura
solo cinque minuti la cattura degli
uccelli migratori: quando si posano
sulla terra, vengono presi da piccole
reti, poi i ricercatori del progetto di
Legambiente li pesano, li “identificano”, mettono loro un anello di riconoscimento con un numero. In tal modo
verificano se ritornano nello stesso
punto, se al loro ritorno sono dimagriti, se da Lampedusa si spostano per
esempio a Ponza, dove saranno accolti
da altri ricercatori: si segue la loro
migrazione, da un posto all’altro in
“Europa”,si monitorano le condizioni
di salute per uccelli che volano da una
costa all’altra del Mediterraneo: si
lascia che riprendano a volare!
La presenza di questo progetto di
ricerca avviene in diverse piccole isole
in tutta Italia: anche all’isola di “frontiera” di Lampedusa dove uccelli
migratori di specie uniche dall’Africa
si posano. Peccato che la casetta dove
i ricercatori di Legambiente lavorano
ogni giorno stoni profondamente con
la base dell’Aeronautica militare dalla
quale bisogna passare per giungervi e
peccato che subito dopo vi sia un’altra
base, l’ex base Nato Loran, oggi centro
di primo soccorso e accoglienza per i
migranti, anch’essi transitanti nell’isola.
Transitanti da Lampedusa, migranti
dall’Africa e da altri continenti, uccelli migratori, con un destino di partenza e di arrivo, ma soprattutto di proseguimento del loro viaggio ben diverso:
con una serie di punti interrogativi e
iter che tra violazioni e trasferimenti,
come quelli avvenuti recentemente
per i rimpatri dei tunisini da Palermo,
potrebbero improvvisamente variare o
prolungarsi inutilmente. Oppure semplicemente lo Stato in base agli accordi stipulati con la Tunisia decide il
cambiamento di traiettoria dei “nostri
nuovi uccelli”.
Il 28, 29 e 30 aprile, dopo una decina
di giorni di maltempo, sono ripresi gli
sbarchi. Mi trovo nell’isola già da qualche giorno, il tempo necessario per
conoscerla bene e interrogarla: dal
centro abitato alla sua punta, dalla
Riserva Naturale ai Centri, dove però
l’accesso è impedito. Svolgo un’azione
di monitoraggio, reportage e assistenza agli sbarchi, mettendo a frutto la
conoscenza delle lingue per comunicare coi i nuovi arrivati. Degli 800 africani sbarcati dalla Libia, provenienti
da tutta l’Africa e non solo, un centinaio dorme alla stazione marittima
del porto perché al Centro di Accoglienza non c’è più posto. Chi vi è
rimasto dorme nel cortile, ossia sotto
la pioggia della notte. Dalla barca
dopo 48 ore di viaggio in mare erano
scesi coi vestiti bagnati, al molo hanno
ricevuto una coperta e il cambio se
possibile, ma ora al cortile del centro
l’acqua ritorna.
Non dal mare, ma dal cielo. Sono arrivate in quelle notti anche diverse
donne, diversi bambini.
Dada voleva assolutamente fare il test
di gravidanza. Lo diceva serenamente
tenendosi la mano sulla pancia che
sembra quella di una gravida. Le fa
male, ci dice che in effetti da tre mesi
non ha le mestruazioni. Vuole fare il
test di gravidanza. Le dico che può
fare questa richiesta domani quando
sarà nel centro. Ma data l’insistenza
chiamo un medico. Dopo qualche
domanda il medico le dice ufficialmente che sì è incinta. Le si disegna
un sorriso discreto, appena accennato,
subito le chiedo: are you happy? La
discrezione di un sorriso appena disegnato si allarga e si scolpisce nel volto
di Dada. Yes I am happy.
Victoire ha vissuto dieci anni in Libia,
viene dal Benin, viveva a Bengasi da
dove è scappata perché suo padre è
morto e non voleva restare più là. Ha
terribilmente bisogno di un paio di
scarpe perché ha dei sacchetti attaccati alle caviglie e non ce la fa più. Ha
evitato di inserirsi nella ressa appena
26 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
iL vento d
d usa ...
d e c i d e d e v i a n da r e
scoppiata per un paio di pantaloni
dalle scatole dei vestiti appena portati
dai compagni dell’Askavusa, l’associazione culturale di giovani lampedusani
che “dispiega le sue forze” all’occorrenza. Victoire si ferma un attimo a
raccontarci. Spera che questa volta
questa nuova vita sia davvero una
...victoire.
Ahmara insiste vivacemente con un
poliziotto perchè vuole andare a ripescare il suo trolly e la sua giacca al
molo dove le sono state tolti quando
hanno diviso donne e bambini dagli
uomini. Abbiamo distribuito the caldo
per un’ora ma adesso le donne cominciano ad attivarsi: “nella giacca c’era il
mio cellulare”! Miracolosamente
Ahmara accompagnata dalla mia compagna di viaggio Livia riesce a trovare
con un intuito magico la sua giacca ed
il suo trolly: erano sparsi al molo insieme a tante bottigliette d’acqua ormai
vuote, là dove sostavano gli uomini. Ci
chiediamo come abbia saputo muoversi in mezzo a tutte quelle giacche
bagnate e ormai abbandonate, in
mezzo a confezioni di fette biscottate
che volavano col vento della notte
verso il mare. Ahmara ha in mano il
suo cellulare, e sperimenta la sua
prima victoire in Italia, dopo aver
lasciato acconsentire il poliziotto per
correre a cercarlo. Intuito e determinazione, welcome in Italy Ahmara.
Sul molo gli uomini attendono i pullman che li porteranno al centro.
Abd el-Rahman vuole fare una chiamata, vuole chiamare suo padre che
vive da quattro anni in Italia. Ha
lasciato il Senegal ed è là con la
moglie e altri due fratelli. Gli dico che
una volta al centro può avere un colloquio individuale e fare presente questa esigenza. Gli chiedo allora in quale
città italiana si trova la famiglia. Mi
dice che non lo sa, non se lo ricorda,
sa che è in Italia e sa a memoria il suo
numero di telefono. Gli egiziani con
cui parlo invece sembrano minori: mi
chiedono se possono rimanere in Italia. Cominciamo una discussione sulle
difficoltà che incontreranno.
Ma che inshalla (se Dio vuole) resteranno. Inshalla su un’isola lunga 11
km da una punta all’altra, larga 3 km
nel punto massimo, 20 chilometri quadrati, geologicamente appartenente
all’Africa, ci saranno più cittadini e
cittadine del mondo che si sentono
appartenenti alla terra.”Chi è tua
madre? Perché non è la terra? Di unni
si’ allora?” di dove sei mi chiede
Pasquale, un lampedusano che ha
girato tutti i continenti in 15 anni di
viaggi in mare. Se ci si lamenta è perchè si ha “una arancia nella mandibola destra, una ciliegia in bocca, una
mela nella mandibola sinistra, e non
sanno più che hanno in bocca”. Come
si fa a essere felice nella vita se non si
distinguono più i sapori? Mi immergo
nell’ascolto di Pasquale che coinvolge
il mio udito, con la difficoltà di capire
il dialetto lampedusano tra i suoi
baffoni e la voce irrobbustita e
raschiata da decenni di fumo. Ma è un
ascolto che coinvolge soprattutto la
mia vista: le parole di Pasquale, i suoi
racconti sono già scritti nella pelle, le
rughe che si dipanano dagli occhi sembrano incise.
Aspetto che la geografia inventata
rispecchi più la geologia della terra.
Aspetto di sapere il bambino di Dada
cittadino del continente che lo ha partorito come cittadino della terra in cui
nascerà. L’isola accoglie anche me, in
una settimana di vento in cui nemmeno
le navi commerciali sono partite per
Lampedusa da Porto Empedocle non
portando frutta da Mazara o passeggeri.
Una settimana come tante in cui quando il vento ha riportato chi fa il liceo ad
Agrigento perché a Lampedusa c’è solo
lo scientifico e l’aereo ha riportato i
giornali, nella settimana come tante in
cui lo stesso vento in un’altra costa a
355 chilometri ha lasciato un barcone
partire. E sbarcare.
luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas
27
attualità
di Laura Compagno
lampedusa oltre il pregiudizio: esperienza di accoglienza
volte i media parlano di avvenimenti che sembrano talmente
fuori dal nostro vissuto quotidiano da reputarli troppo lontani dalla
nostra vita, anche se in realtà sono più
vicini di quanto non si pensi. Questo
sentirsi estranei, o comunque non coinvolti direttamente, favorisce la formazione di facili ed affrettati giudizi su
situazioni che in realtà non si conoscono davvero. Il fenomeno dell’immigrazione clandestina, o “degli sbarchi”
come è stata ribattezzata dai media, è
uno di questi casi. Troppo spesso sentiamo commenti e giudizi dispregiativi sui
migranti, a volte definiti “invasori”
arrivati in Italia “per levare quel lavoro
che già non c’è e fare aumentare la criminalità”, come se prima del loro arrivo andasse tutto bene e non ci fossero
problemi di disoccupazione e di delinquenza. Quello che queste persone
troppo abituate al (pre)giudizio ignorano totalmente è l’altro lato della medaglia, ovvero come i migranti vivono questa esperienza, dando per scontato e
reputando giuste ed inamovibili le proprie convinzioni, escludendo ogni altra
possibile alternativa. Grazie all’I.N.M.P.
Sicilia (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni
Migranti ed il contrasto delle malattie
della Povertà) e A.R.N.A.S. Palermo,
all’interno del progetto “Accoglienza
2011”, ho potuto vedere quale realtà
vivono i migranti che affrontano “il
A
viaggio della
speranza” per
arrivare fino in
Italia.
Il progetto prevede la presenza
di un team multidisciplinare di
23
operatori
(medici, infermieri, assistenti
sociali, mediatori culturali, psicologi ed O.S.S.)
sull’isola di Lampedusa per un
periodo di due mesi con lo scopo di
potenziare l’intervento degli operatori
del poliambulatorio dell’A.S.P. Palermo.
La “mission” è quella di accogliere e
restituire dignità ai migranti, garantendo il diritto alla salute a tutta la popolazione dell’isola.
Durante le due settimane ho potuto
raccogliere le dure testimonianze di
queste persone che, a costo della propria vita, con la speranza di trovare un
lavoro, di potersi costruire una famiglia, di integrarsi, qualcuno anche di
comprare una casa ed una macchina,
affrontano un viaggio che può durare
da pochi giorni a molti di più, a seconda delle condizioni meteorologiche,
delle condizioni della barca che usano
per il viaggio, senza bere, senza mangiare, senza potersi muovere per timore che la
barca possa
imbarcare
acqua
o
affondare.
Molti scappano dal loro
Paese per
motivi bellici
o per totale
assenza di
lavoro. La
maggior
parte vuole
semplice-
28 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
mente ricongiungersi con i loro familiari che si trovano in Europa. Alcune
delle persone che affrontano questo
faticoso viaggio sono anche minori o
donne incinta.
Queste sono persone con sogni e speranze non molto diversi dai nostri, con
la differenza che per loro sarà molto
più difficile, se non impossibile, riuscire a raggiungere i propri obiettivi e
desideri. Le condizioni in cui viaggiano
queste persone e le condizioni in cui
arrivano hanno poco di umano: persone stipate nelle barche come bestie,
arrivano con problemi sanitari per noi
impensabili come, per citarne un paio,
la disidratazione e la debolezza che
quasi impedisce loro di muoversi.
Scene del genere cancellano ogni sorte
di forma di razzismo perché in quel
momento ci si rende conto di avere
davanti delle persone, e non degli
“immigrati” intendendo il termine in
senso dispregiativo. Al contrario, è
stato invece, molto bello vedere come
chi arrivava al pronto soccorso in pessime condizioni, dopo qualche cura,
iniziasse a sentirsi nuovamente bene.
Si è trattata di un’esperienza molto
intensa e forte a livello emozionale
perché mi ha fatto impattare con una
realtà a me sconosciuta, totalmente
diversa da quella che viene trasmessa
dai media e mi ha permesso di crescere a livello personale e professionale.
immigrazione
Equipe Ufficio Immigrazione
la storia di samira
dopo 20 anni a palermo, ottiene la cittadinanza
amira Zalteni, di origine tunisina, da pochi giorni è finalmente
una cittadina palermitana. La
giovane da 14 anni si dedica con grande passione a seguire i casi di tanti
altri immigrati in qualità di mediatrice interculturale. Samira, infatti, oltre
a sapere scrivere e parlare la lingua
italiana molto bene, parla l’arabo, il
francese e i dialetti tunisini. Il padre è
stato uno dei primi immigrati a trasferirsi a Palermo negli anni settanta. A
tre anni Samira ha avuto il suo primo
contatto con la città di Palermo insieme alla madre per poi trasferirsi definitivamente all’età di 12 anni. Adesso,
finalmente a 32 anni, anche per lei è
finito “l’incubo” di dovere chiedere
periodicamente il permesso di soggiorno. La cerimonia, si è svolta ufficialmente negli uffici comunali di
piazza Giulio Cesare nei pressi della
stazione centrale dove la giovane, visibilmente commossa, ha prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica e
alla Costituzione. Samira, che oltre ad
essere mediatrice interculturale sta
per laurearsi in Lettere, adesso, grazie
alla cittadinanza italiana potrà partecipare ai concorsi pubblici e potrà
esprimere il suo voto alle future elezioni.
“Finalmente è arrivato il momento
in cui sono arrivati anche i miei
diritti. Da sempre, da quando ero
bambina, mi sono sentita italiana
S
ma solo sul piano dei doveri adesso
lo sono per legge e potrei perfino candidarmi alle elezioni. Dopo di me
adesso spero che anche altri miei
amici possano finalmente ottenerla”.
Il suo pensiero va, infatti, anche ai
numerosi ragazzi immigrati di seconda generazione che credono in un
futuro palermitano come lei.
“Palermo è una città particolare che,
nonostante tutti i suoi problemi, amo
molto. Per prima cosa la vorrei più
pulita, in tutti i sensi. Serve una rigenerazione. E spero che i giovani non
debbano più andare via da qui per
trovare un lavoro, spero di non doverlo fare mai anche io. Penso ai tanti
bambini che nascono qui e che sono il
futuro dell’Italia, non solo di Palermo. Piaccia o no, il futuro sarà colorato. Tutti insieme possiamo costruire una società diversa e di questo i
politici ne dovranno tenere conto”.
Un pensiero lo rivolge pure al suo
paese di origine la Tunisia per la situazione delicata che sta attraversando.
“Spero che in Tunisia vengano prese
le decisioni più giuste attraverso la
scelta responsabile di coloro che
dovranno governare il Paese. In
Tunisia si sta vivendo un momento
di confusione, disorientamento.
Adesso si è intrapreso un lungo percorso che spero davvero possa portare
al raggiungimento della democrazia
vera e propria”.
Centro Studi
e Documentazione
sulle Migrazioni
«Nel 2010
40 MILA NUOVI
ITALIANI»
Sono 40.223 (inclusi i
2.210 residenti all’estero) i
procedimenti di concessione
della cittadinanza italiana
che si sono conclusi positivamente nel 2010.
Le prime dieci province italiane con maggior numero di
procedimenti conclusi
favorevolmente sono:
Milano (3.109); Roma
(2.593); Torino (2.285);
Brescia (1.459); Vicenza
(1.153); Treviso (1.083);
Padova (854); Firenze (836);
Verona (778); Bologna
(763) per un totale di 14.913
nuove cittadini rispetto ai
40.223 in tutta Italia. Il 37
per cento.
Nella nostra provincia i procedimenti di concessione della
cittadinanza italiana sono
stati 225 (119 per matrimonio e 106 per residenza).
Un dato inquietante: rispetto
al 2009 i procedimenti che si
sono conclusi negativamente
sono in forte aumento: da
859 a 1.634. un incremento
del 90,22 per cento!
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 29
il libro
di Giuseppa Calò
I L L IBRO
Il prezzo della verità, il dono, il denaro,
la filosofia di Marcel Hénaff
arcel Hénaff compie un
interessante
lettura
antropologica del dono
cerimoniale nell’intento di recuperare capacità sociale dell’uomo
nel costruire relazioni.
Nel suo libro “Il prezzo della
verità” esso concorre in maniera
feconda ad arricchire la riflessione nell’ambito della redistribuzione e/o riconoscimento.
Al di là dei conflitti sociali e delle
disuguaglianze economiche e
parimenti della domanda di giustizia sociale, necessita una uguaglianza di stima, se così si può, ad
alcune situazioni particolari che
sarebbero altrimenti inesorabilmente esposte alla devalorizzazione sociale.
La categoria del dono, già valorizzata dai prestigiosi studi di Mauss
e qui rievocati dal nostro autore,
offre per la sua gratuità l’opportunità di leggere simbolicamente la
fiducia e la reciprocità.
Allearsi vuol dire mettere insieme
ciò che appartiene a sé e ciò che è
estraneo dell’altro attraverso un
terzo elemento che proviene da sé e,
al contempo, è desiderato dall’altro.
M
territorio
Non si tratta solo di una “moda”, filosofica che tenta di sfidare i sistemi
pretestuosamente razionali delle
scienze che hanno la pretesa di esercitare soltanto l’unica legittima
razionalità.
Davanti alla fragilità antropologica si invoca la capacità creativa
dell’uomo consapevole tuttavia
della propria vulnerabilità. Si tratta al contrario di prendere in
esame le testimonianze di pratiche sociali la cui intellegibilità
può apparirci migliore grazie alle
distanze fra le culture e alle diversità epocali, consentendoci di
comprendere ciò che nella nostra
epoca, nel momento in cui partecipiamo al dibattito è stato cancellato o spostato, mutato o ancora presentato come un nuovo problema.
La tematica del dono offre una lettura delle possibili relazioni politiche, della genesi dei conflitti,
della reciprocità delle relazioni
sociali, delle azioni condotte dalle
istituzioni e del dibattito all’interno dello spazio pubblico.
Oggi nelle grandi metropoli mancano codici di civiltà condivisi e
allora ognuno di noi rischia di
essere straniero per l’altro e per questo che diviene urgente costruire le
relazioni reinventando, dove possibile, la fiducia nell’altro, anche con il
dono che prescinda dalle logiche
dello scambio.
Piano Infanzie e Adolescenza (Legge 285):
nuovi progetti e vecchie difficoltà
servizi e i progetti per i bambini e gli adolescenti previsti dal Piano Infanzia e Adolescenza del Comune di Palermo e
finanziati dal Fondo Nazionale Politiche Sociali si rinnovano. È infatti in corso la valutazione dei progetti che dal gennaio 2011 saranno attivi. È prevista infatti l’assegnazione di 5 Centro aggregativi 6-13, di 5 centri aggregativi 6-12, di
un Centro aggregativo con una specificità per minori stranieri, di un Centro nel quartiere San Filippo Neri, del servizio di
Pronta accoglienza, del Servizio educativa domiciliare, del servizio Educatori di strada, di un centro diurno per adolescenti con disturbi della personalità, di uno Spazio 0/5 bambino e famiglia, del Centro di Giustizia Riparativa e di 4 spazi 0/5
per bambini.
Dal mese di gennaio i vari enti che gestiscono i centri aggregativi non ricevono i pagamenti dal Comune di Palermo, che
aspetta i riaccrediti delle somma da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che a sua volta attenda la
disponibilità da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Pur mantenendo i servizi attivi e garantendo un elevata qualità degli interventi gli enti oggi si trovano in enorme difficoltà a continuare ad anticipare le somme spettanti. A questo si è aggiunto anche un ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) sull’affidamento di alcuni servizi che ha
ulteriormente complicato la già fragile situazione.
Occorre, oltre alla gestione e all’attivazione dei servizi e dei progetti, promuovere con urgenza la costruzione di politiche
in cui i bambini, gli adolescenti e i giovani siano una priorità, dove i bambini, i ragazzi e i giovani di questa città possano
essere parte attiva e destinatari, insieme alle loro famiglie, di interventi educativi seri e programmati. Dove siano considerati a tutti gli effetti cittadini che stanno crescendo e che costruiscono il loro futuro.
I
30 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici
il film
di Salvo Grasso
The Social Network
acebook, il social network più
famoso al mondo, è riuscito a
varcare anche i confini della
rete arrivando nelle sale cinematografiche con il film “The Social Network”,
che ha vinto 4 Golden Globe, tra cui il
più importante, miglior film drammatico, e ha ottenuto 8 candidature agli
Oscar 2011, vincendone 3, per miglior
sceneggiatura non originale, miglior
colonna sonora e miglior montaggio. Il
film racconta com’è nato Facebook,
concentrandosi sulle vicende personali del suo creatore, Mark Zuckerberg.
Lo sapevate che l’idea iniziale da cui
si è sviluppato Facebook, era quella
di rimorchiare ragazze? A quanto
pare, Mark Zuckerberg, da buon secchione, era bravo con il computer, ma
aveva difficoltà nell’approcciarsi con
l’altro sesso, così, sviluppò un sistema
che conteneva tutti i contatti delle
ragazze di Harvard. Lo scopo per cui
nacque Facebook, è lo stesso che oggi
lo rende popolare, che non è quello,
come tanti dicono, delle amicizie
ritrovate, quanto appunto, quello di
rimorchiare/conquistare sul web.
Il film sulla nascita di Facebook
potrebbe sembrare un film dedicato
solo a teenager o a chi è “malato” dell’ormai leader dei social network. Si
tratta invece di un film di buona fattura, cominciando dal regista David Fincher, autore di produzioni del calibro
di Seven, The Game – Nessuna regola,
Fight Club o Il curioso caso di Benjamin Button; ma le note positive non
riguardano solo la regia. Innanzitutto
F
Mark Zuckerberg
The social network è una riadattazione del libro di Ben Mezrich “Miliardari
per caso – L’invenzione di Facebook:
una storia di soldi, sesso, genio e tradimento”; ma anche la lodevole colonna
sonora firmata Trent Reznor Atticus
Ross con brani di Bob Marley & The
Wailers, The White Stripes, The Beatles e Radiohead.
La stessa trama del film è molto interessante, ed il sottotitolo con cui viene
presentato The social network, “Non
arrivi a 500 milioni di amici senza farti
qualche nemico” è molto esplicativo.
Infatti, vedendo questo film, si capisce
che Mark Zuckerberg non è il vero ideatore di Facebook o quantomeno non
sarebbe mai arrivato a creare Facebook senza il suo socio Eduardo Save-
rin e l’idea dei gemelli Winklevoss, tanto
che questi ultimi gli faranno causa per
600 milioni di dollari.
“The social network” è uno di quei rari
film in cui tutti gli aspetti funzionano e
si incastrano alla perfezione: fotografia
curatissima, dialoghi eccellenti, una
storia che ricostruisce la nascita di
Facebook nell’università di Harvard
romanzata con una tensione costante,
quasi ci trovassimo in un thriller, musiche tese e inquietanti, il personaggio di
Mark Zuckerberg reso da Jesse Eisenberg in tutte le sue sfaccettature, da
genio nerd dotato di un’intelligenza
pazzesca a traditore del suo unico
amico, il co-fondatore, appunto, del
social network Eduardo Saverin, interpretato da un’eccellente Andrew Garfield. Un aspetto ben evidenziato dalla
pellicola è proprio il contrasto stridente tra l’uomo che ha creato il più grande fenomeno sociale del millennio e la
sua incapacità di socializzare. Punto di
forza del film è infatti proprio quello
di riuscire a essere non solo un film
biografia su uno dei più importanti
personaggi del presente, bensì una
storia su valori come l’amicizia, l’insicurezza e appunto la solitudine.
“The social network” è quindi una di
quelle storie che vanno conosciute per
capire meglio il mondo in cui viviamo,
uno di quei film in grado di parlare
della nostra epoca con tutte le sue contraddizioni e Mark Zuckerberg è il perfetto simbolo di come si possa essere
una superstar di Internet ma avere
zero richieste d’amicizia nella vita reale.
L’attore che interpreta Mark Zuckerberg
luglio/agosto duemilaundici
Informa Caritas 31
1971-2011: 40 anni di Caritas Italiana
"Un percorso tra memoria, fedeltà, speranza"
Far memoria per guardare avanti. Questo l’intendimento con cui Caritas Italiana ha
dato avvio ad una serie di incontri, che – partiti il 1° luglio – culmineranno a novembre con il Convegno nazionale delle Caritas diocesane e l’Udienza del Santo Padre.
“I temi di questi dieci avvenimenti – spiega il direttore, mons. Vittorio Nozza – li abbiamo tratti dallo Statuto: facciamo così emergere la natura della Caritas, la sua azione
pedagogica ed educativa, attraverso studio, ricerca, interventi e cura. Ai compagni di
viaggio che abbiamo chiamato a intervenire, chiediamo di «leggerci» e di darci qualche indicazione di prospettiva”. In questi 40 anni la Caritas ha conosciuto essenzialmente tre fasi: una prima – che Nozza riconduce ad un “volto profetico” – nella quale
il ruolo determinante è stato giocato da Caritas Italiana; una seconda, dove “la profezia si fa azione di accompagnamento”, che vede Caritas Italiana camminare insieme
alle Caritas diocesane in chiave di sviluppo sul territorio; infine, la fase attuale – “la
profezia si fa ordinarietà” – che vede un forte radicamento e protagonismo delle Caritas diocesane, dentro un ruolo di ordinamento di Caritas Italiana.
“Oggi è essenzialmente il territorio a prendere la parola – conclude il direttore – e il
nostro è diventato un ruolo di sintesi, di amalgama e di sostegno alle realtà più fragili,
perché maturino un’appartenenza ecclesiale profonda. Non siamo scomparsi come
Caritas Italiana, ma la nostra visibilità è fatta dai tanti volti delle Caritas diocesane che
innervano il territorio”. Venerdì 1° luglio, presso la sede (Roma, via Aurelia 796), mons.
Nozza ha illustrato le tappe di “Un percorso tra memoria, fedeltà e profezia” con cui
Caritas Italiana scandirà in questi mesi il proprio 40°: dieci momenti di confronto su
comunicazione, funzione pedagogica, poveri e opere, politiche sociali, studi e ricerche,
immigrati e Chiesa.
Caritas Diocesana
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