luglio-agosto - Caritas Palermo
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SE OGNUNO FA QUALCOSA informa Caritas Palermo LUGLIO/AGOSTO 2011 ANNO 11 - NUMERO 4 Spedizione in abbonamento postale - Legge 662/96 - CMP Palermo www.caritaspalermo.it Il monito lanciato dal card. Paolo Romeo in occasione del Festino Facebook: amici per davvero? All’Acquasanta fiaccolata silenziosa per gridare il diritto al lavoro Il Progetto Policoro nella Diocesi di Palermo SVE - Opportunità di crescita per tanti giovani stranieri Arcidiocesi di Palermo Caritas Diocesana 90134 Palermo - Via Matteo Bonello, 2 www.caritaspalermo.it indice luglio/agosto 2011 Direttore responsabile: diac. Pino Grasso Direttore editoriale: mons. Benedetto Genualdi Redazione: Tommaso Calamia Giuseppa Calò Fernanda Di Monte Sara Gallo Giuseppe Gianbusso Salvo Grasso Progetto grafico: Tony Aiello Impaginazione: Salvo Grasso [email protected] Redazione e Amministrazione: Via M. Bonello, 2 - 90134 Palermo Tel. 091.6077261 - Fax 091.335437 Stampa: Officine Tipografiche Aiello & Provenzano Bagheria (Palermo) Spedizione in Abbonamento Postale Registrazione Tribunale di Palermo, n. 12 del 2001, decreto 6/12-6-2001 Per dare un tuo contributo: c.c.p. 11297900 - Palermo oppure: C/C BANCARIO INTESA S. PAOLO AG.N.8 Via E. Restivo, 85 - 90041 Palermo Codice IBAN n. IT68G0306904623100000000961 Specificare la causale del versamento Educare i giovani alla fede con Padre Pino Puglisi sacerdote educatore . . . . . 3 Il monito lanciato dal card. Paolo Romeo in occasione del Festino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Non giochiamo al ribasso sulla nostra vita . . . . . . . 5 Commento al discorso del Cardinale . . . . . . . . . . . 5 Per le strade di Carità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Esperienza al Cottolengo d'Alba . . . . . . . . . . . . . . 7 Facebook: amici per davvero? . . . . . . . . . . . . . . . . 8 All’Acquasanta fiaccolata silenziosa per gridare il diritto al lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Una Carta dei valori per le cooperative sociali? . . . . 10 Il Progetto Policoro nella Diocesi di Palermo . . . . . . 12 La Biblioteca dei bambini e dei ragazzi Le Balate nel suo quinto anno di attività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Pantelleria: «La tragedia dei naufraghi, solidarietà e amore anche dai bambini» . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Servizio Volontario Europeo Opportunità di crescita per tanti giovani stranieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 I cantieri della Solidarietà di Caritas ambrosiana a Palermo . . . . . . . . . . . . . . 18 La Villa è «cosa nostra» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Il “Mandato di Madrid” La Giornata mondiale… si fa vita di ogni giorno!! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Sette ragazzi di Palermo al Giffoni Film Festival 2011 per raccontare il Sud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Cari animatori, facciamo «un salto di qualità!» . Come accade spesso…. . . . . . . . . . . . . . . . . . . Santa Flavia: Apre i battenti la “Casa di Alba” . . Lampedusa...quando il vento decide devi andare Lampedusa oltre il pregiudizio: esperienza di accoglienza . . . . . . . . . . . . . . . . La storia di Samira . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Libro: Il prezzo della verità, il dono, il denaro, la filosofia di Marcel Hénaff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 24 25 26 . . . 28 29 . . . 30 Piano Infanzie e Adolescenza (Legge 285): nuovi progetti e vecchie difficoltà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Il Film: The Social Network . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 1971-2011: 40 anni di Caritas Italiana "Un percorso tra memoria, fedeltà, speranza" . . . . . 32 editoriale di Benedetto Genualdi Educare i giovani alla fede con Padre pino Puglisi sacerdote educatore lcuni eventi ecclesiali di questa estate appena trascorsa hanno orientato la nostra attenzione su alcune tematiche che la Chiesa e il mondo ecclesiale hanno particolarmente privilegiato. Ha avuto certamente maggiore impatto mediatico a livello internazionale la madrilena Giornata Mondiale della Gioventù ispirata al testo paolino “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” con l’annuncio della prossima Giornata del 2013 in Brasile a Rio de Janeiro. Ma non possiamo trascurare la XXXII edizione del Meeting di Rimini di CL con il titolo “E l’esistenza diventa una immensa certezza”, che ormai è divenuto un appuntamento di rilevanza sociale di primo ordine per gli argomenti di attualità che riesce ad approfondire con evidente spessore culturale. In un contesto più generale e più di livello intraecclesiale si collocano la 60° Settimana liturgica nazionale di Barletta “Celebrare la misericordia. Lasciatevi riconciliare con Dio.” e l’ormai incipiente XXV Congresso Eucaristico nazionale di Ancora-Osimo sul tema “Signore, da chi andremo?L’Eucaristia per la vita quotidiana”, che accoglierà alla sua apertura la croce che arriva dalla Giornata mondiale dei giovani di Madrid. Anche il seminario estivo di Castengandolfo sulla nuova evangelizzazione ha visto lo stesso papa Ratzinger radunarsi come ogni anno con un gruppo di teologi suoi ex alunni. Ciò anche in previsione del Sinodo dei Vescovi che si terrà in Vaticano il prossimo ottobre su “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Se volessimo provare a fare una sintesi di questi eventi cercando di cogliere il filo conduttore che li collega potremmo dire che sullo sfondo della grande attenzione all’impegno della evangelizzazione nel mondo contemporaneo, si colgono alcuni orientamenti di fondo che riguardano l’attenzione della Chiesa alle nuove generazioni, la sensibilità ad alcuni temi di impegno sociopolitico che inquietano il nostro tempo, uno sguardo alla nostra Europa che vive un evidente fenomeno di scristianizzazione, ma anche uno sguardo alle nuove problematiche del Sud Ameri- A ca, che vive una frammentazione del mondo religioso con il proliferare di molteplici sette religiose. E in tutto ciò la consapevolezza sempre più profonda che c’è bisogno di nuova evangelizzazione che metta sempre più al centro Cristo e l’uomo, l’Eucaristia e la solidarietà che scaturisce dalla sussidiarietà, le società del nostro tempo che vivono le nuove sfide della globalizzazione, ma dove il principio evangelico della fraternità rimane come pietra basilare sulla quale costruire lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Lo sguardo al contesto nazionale e internazionale che gli eventi estivi hanno evidenziato può gettare un fascio di luce più ampio sugli impegni che ci accingiamo a intraprendere nel nostro contesto di Chiesa particolare e nello specifico della programmazione della nostra Caritas diocesana. Intanto emerge all’inizio del decennio degli Orientamenti pastorali della Chiesa Italiana “Educare alla vita buona del Vangelo”, l’assunzione dello specifico impegno per il nuovo anno pastorale da parte della nostra Arcidiocesi “Educare i giovani alla fede”, che sarà oggetto di riflessione nel Convegno diocesano di apertura dell’anno pastorale. Ma facciamo bene a cogliere il fatto che la nostra Chiesa ha ricevuto il dono di un eccellente educatore dei giovani alla fede, che è il Servo di Dio P. Pino Puglisi. È questo un anno nel quale siamo chiamati ad approfondire la sua figura di sacerdote educatore dei giovani nella scuola, nella parrocchia, nelle associazioni e nei movimenti, nel seminario, nell’animazione vocazionale, a Godrano, a Brancaccio, cioè in un contesto di piccola comunità extraurbana, ma anche in un contesto di periferia fragile della grande città. E ciò sempre dentro i due slogan che hanno finito per connotare il suo impegno ecclesiale e sociale “Sì, ma verso dove?” e “Se ognuno fa qualcosa”. Anche la visita che nostra Arcidiocesi si appresta a fare al Santo Padre vuole essere un segno di gratitudine a Benedetto XVI per le parole a noi rivolte il 3 ottobre 2010, quando ha additato la figura di P. Puglisi ai presbiteri e ai giovani di Sicilia, ma anche a tutti gli uomini che vogliono impegnarsi nella nostra città e nella nostra Isola contro la mafia e per la giustizia a favore dei poveri. Quest’anno 2011 celebriamo il 18° anniversario dell’uccisone di P.Puglisi, e ci sentiamo particolarmente spinti a cominciare a preparare il 20° anniversario della sua morte che celebreremo il prossimo 2013. È lo stesso anno in cui la Caritas di Palermo celebrerà il 40° anniversario della sua esistenza. La coincidenza di questo doppio anniversario ci sollecita a trovare nell’amore per Cristo e per l’uomo la stessa acqua sorgiva che dà ancora nuova linfa vitale al nostro servizio di carità. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 3 arcidiocesi di Pino Grasso IL MONITO LANCIATO DAL CARD. PAOLO ROMEO IN OCCASIONE DEL FESTINO “Occorre un maggiore dinamismo di tutte le componenti sociali, civiche e politiche” ai come quest’anno la 387a edizione del Festino di Santa Rosalia, la festa più amata dai palermitani è stato in forse. E i motivi sono sempre gli stessi: la politica che arranca e ha perso di vista il suo ruolo precipuo di venire in aiuto delle fasce deboli della società e le continue diatribe tra amministrazione e Consiglio comunale. Fino all’ultimo momento, i 600.000 euro stanziati per l’organizzazione, finanziati per il 30 per cento dalla Regione per il carro trionfale, il corteo, le luminarie lungo corso Vittorio Emanuele, i fuochi d’artificio sul mare al Foro Italico e tutte le altre manifestazioni di contorno sono rimasti in bilico e alcuni come il concerto di artisti siciliani è stato annullato. In “Zona Cesarini” il Bilancio è stato approvato e, secondo le stime degli organizzatori, soltanto ventimila palermitani, o anche meno, hanno seguito il carro con la Santa dalla Cattedrale fino a Porta Felice. In prima fila non c’erano ne’ il sindaco Diego Cammarata, ne’ altri rappresentanti della Giunta comunale. Insomma, una festa celebrata in tono minore. Il tradizionale grido “Viva Palermo e Santa Rosalia” del sindaco è stato lanciato, questa volta, vista l’assenza del primo cittadino, dalle popolane. A fare riflettere sul delicato momento che attraversa la città, con la crisi sempre più incipiente e migliaia di lavoratori senza la certezza del posto, ci ha pensato il cardinale Paolo Romeo. “Faccio un appello a un maggiore dinamismo di tutte le componenti sociali, civiche e politiche: dobbiamo adoperarci infaticabilmente perché concretamente si aprano cammini di speranza al futuro della città. Io mi pongo nei panni di un padre di famiglia o un giovane che deve vivere nell’incertezza e non riesce a programmare la sua vita, allora penso che non possiamo aspettare eternamente questa situazione, occorre un colpo d’ali da parte tutti, mettere da un canto gli egoismi, gli equilibri e le rivendicazioni personali e sedersi per realizzare un futuro per la città”. Il presule è tornato con parole M ancora più incisive a piazza Marina, durante la processione del’Urna argentea dove sono conservate le spoglie della Santa più amata dai palermitani. “Cosa possiamo consegnare a Rosalia? Non possiamo che consegnare, con fede, la storia che stiamo vivendo, con tutta la sua verità e le sue contraddizioni. Così come nel 1624 si presentò alla Santuzza una città oppressa dalla pestilenza, così oggi le presentiamo e le consegniamo innanzitutto ciò che è palpabile, maggiormente visibile: un processo di degrado morale e religioso, sociale ed economico, che avvertiamo a diversi livelli. Da una parte viviamo un momento storico segnato da una crisi economica che attraversa non soltanto la nostra Città, ma anche l’intero Paese. Essa colpisce sempre più le fasce di popolazione meno abbienti, segnate drammaticamente dalla disoccupazione e dalla mancanza di alloggi. Condizioni di incertezza che non consentono alle nuove generazioni uno sguardo sereno e pieno di speranza sul loro avvenire e sulla legittima realizzazione di una famiglia. Troppo spesso i diritti fondamentali della persona e la sua dignità, vengono negati da un sistema consumistico che è disposto a sviluppare le grandi economie e a sostenere forti poli finanziari, ma che non scende a creare opportunità di occupazione e migliori condizioni di vita e di futuro. Dall’altra parte, la crisi che attraversiamo non è soltanto sociale ed economica. Presentiamo a Rosalia una Città segnata da un pestilenziale processo di progressiva scristianizzazione e di pericolosa desacralizzazione della vita. La fede che diciamo di professare, viene facilmente tenuta lontana, addirittura eliminata, dalla concretezza della nostra quotidianità. Dobbiamo aprire gli occhi su questo, fratelli e sorelle! Dobbiamo riconoscere che troppo spesso releghiamo il Vangelo 4 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici nell’ambito del privato e del devozionale, credendo che non abbia niente da dire al nostro pensare e al nostro agire! Per poter cambiare il volto di Palermo tutti dobbiamo fare la nostra parte. Ma per farlo dobbiamo cambiarle prima di tutto l’anima! E l’anima di Palermo è fatta dei palermitani che ancora desiderano amarla, e vederla bella, onesta, nobile, pulita, rispettosa, giusta! Ma è altrettanto vero che questa ricchezza della Città va bene amministrata da coloro che sono posti al suo servizio nel perseguire e garantire il bene comune. Palermo attende molto! E non è più tempo di rinviare oltre: ha bisogno di un impegno straordinario e concorde per essere meglio amministrata. La situazione di Palermo riflette certo quella regionale e nazionale. Ci sembra di assistere solamente a un rincorrersi di crisi, di frizioni e di scontri fra gruppi, che frammentano quell’unità politica e amministrativa che – in momenti bui come questo – dovrebbe dare il massimo esempio di compattezza e di agilità, dovrebbe cioè saper rispondere ai bisogni della gente. So bene quante difficoltà si incontrano nell’ambito politico-amministrativo di questa Città in particolare, e so anche che, spesso, non ci troviamo dotati di strutture efficienti per intervenire come si vorrebbe. Ma occorre che i vari livelli amministrativi non siano solo ingranaggi burocratici che generano lentezze e sprecano occasioni ed energie per la crescita. Occorre che ci si adoperi per governare. E che lo si faccia sul serio. E che lo si faccia subito, a tutti i livelli. arcidiocesi di Gianfranco Matarazzo Non giochiamo al ribasso sulla nostra vita n queste note, potremmo commentare il recente discorso alla città da parte del cardinal Romeo per evidenziare che la Chiesa è presente, che è critica nei confronti di un assetto politico-amministrativo che si mostra inadeguato nel gestire la congiuntura del momento e che tutto questo finisce col dar credito a chi, stando all’opposizione, spera di poter subentrare nel governo alle attuali maggioranze. Siamo d’accordo su questa sintesi? In realtà, non è così. Per strumentalizzare le parole dell’arcivescovo e ricondurle a sostegno della propria tesi, qualunque essa sia, basterebbe un capoverso di questo articolo. Disobbediamo a questa tentazione e a questo modo di fare non infrequente: non abbiamo bisogno di aggiungere ulteriori strumentalizzazioni rispetto a quelle già ampiamente diffuse nella vita di ogni giorno. Né cerchiamo novità o svolte in questo discorso alla città: per chi se ne sia voluto accorgere, esso si pone in continuità con il magistero episcopale di questi anni e questo servizio ha ricevuto un’autorevole conferma nella recente visita papale. Il tono costruttivo del nostro vescovo non denota certo un’assenza dal dibattito. Nel suo intervento, l’arcivescovo mette insieme i dati statistici di pubblico dominio delle principali agenzie sociali, l’esperienza diretta che gli viene dalla conoscenza del territorio, la prospettiva di sintesi che gli è propria in quanto responsabile della Diocesi e la premura del Pastore. Nelle parole del cardinale sembra delinearsi un doppio sconforto: per la situazione politico-sociale in sé, che si presenta senza futuro in particolare per le nuove generazioni, e per la risposta inadeguata non solo da parte dell’amministrazione in generale, ma in particolare da parte di quegli “Amministratori che professano la loro identità cattolica”. È a questo specifico livello che, da un lato, si avverte un’inadeguatezza che addolora e, dall’altro, si delineano tratti di “pericolosa schizofrenia”. Questa parte di amministratori, quantitativamente significativa, non è un corpo separato e chiama in causa il mondo cattolico più ampio. È questo lo scenario in cui più vorremmo far tesoro delle parole del cardinale: non limitarci a leggerle per trovare conferma alle proprie tesi e per additare responsabilità altrui, ma metterci in discussione come comunità dei credenti. Se vogliamo fare la differenza, anche come approccio al dibattito, cominciamo da noi. L’autocritica ci aiuta ad assumerci la parte di responsabilità che ci tocca, soprattutto per non aver saputo mettere a frutto quel prezioso patrimonio che è rappresentato dall’insegnamento sociale della Chiesa, dalle buone pratiche di cui siamo capaci anche in tempi difficili e dalla comunione dei carismi ecclesiali. La messa in discussione si completa prendendo l’impegno di farci carico, per la parte che ci compete, di avviare a soluzione i problemi di “questa Palermo mortificata e forse sconfitta dal suo immobilismo” e di saperlo fare in vista delle prossime scadenze elettorali. Sì, “Palermo sarà salvata con il contributo di tutti!”: come mondo cattolico, mettiamoci in con- I dizione di fare la nostra parte, soprattutto “facendo fruttificare l’eredità di una Palermo che mai si è arresa”. Il contributo cattolico è nel suo insegnamento sociale, pensato per il dialogo con le diverse istanze presenti nel dibattito pubblico, nell’attenzione alla persona e alle fasce sociali deboli, nella cura del bene comune, nell’unità nazionale e in una visione etica di fondo. Si tratta di un contributo robusto e attuale, su alcune tematiche sociali, come ad esempio la famiglia, l’unico disponibile e attrezzato a farsene carico. Impegniamoci, allora, a riscattare la polis, anche in vista delle prossime scadenze, tornando a dibattere, investendo sulla formazione politica, facendo fruttificare la complementarietà dei carismi, come alcuni già stanno facendo nell’alta formazione. Sarà importante investire non tanto su singoli, ma su equipe giovani capaci di assumersi responsabilità e di contribuire in prima persona al futuro delle nuove generazioni. Bisognerà mettere in conto tentativi di strumentalizzazione e menzioni pretestuose della Dottrina Sociale della Chiesa. Anche per questo, alle prossime leve che professeranno la loro identità cattolica, chiederemo la coerenza di uno stile di vita radicato nel Vangelo, mostrandone “la forza dirompente”. La domanda che raccomandiamo è proprio questa: in che modo l’adesione al Vangelo ci aiuta a “poter cambiare il volto di Palermo”? Qui in discussione non è la conversione dei singoli: è piuttosto la conversione dell’anima di Palermo, come dice il cardinale, cioè la conversione dei rapporti sociali. E a questo specifico livello c’è il vantaggio di poter partire da noi e di poter coinvolgere quei tanti palermitani che desiderano veder riscattata la nostra città. Sì, “Palermo attende molto!” di Teresa Piccione Commento al discorso del Cardinale Ritrovare speranza, uscire dall’immobilismo,”ridare valore alla vita”, mettere al centro giovani e lavoro, coniugare le risposte all’emergenza con un progetto politico strategico per la città. Questo mi pare il centro del messaggio che il cardinale di Palermo, mons. Paolo Romeo ha rivolto ai Palermitani nel giorno della Santuzza. Impietose nell’analisi della crisi finanziaria e politica fino a parlare di “degrado morale e religioso, sociale ed economico”, di “ città segnata da un pestilenziale processo di scristianizzazione e pericolosa desacralizzazione della vita”, le parole di Sua Eminenza diventano un appello ardito alla speranza, rivolto a tutti i cittadini palermitani, perché “ Palermo sarà salvata con il contributo di tutti”. E indicano la strada maestra: il cambiamento sarà possibile a partire dalla nostra anima! Basta alla “pericolosa schizofrenia” di un cristianesimo di facciata, relegato nel privato e nel devozionale, basta al “doppio binario” che tiene separata la vita dalla politica ! Che tornino ad incontrarsi il Palazzo e la Città, che trovino vie di dialogo le istituzioni preposte alla realizzazione del bene comune. Che “cessi di navigare a vista la politica” per delineare un nuovo progetto per il futuro di Palermo, fondato sul lavoro produttivo, la valorizzazione delle risorse umane e culturali, la capacità di cogliere le opportunità di sviluppo. Lasciamo dunque la cultura del consumismo, dell’individualismo e della vacuità. Facciamo rete e ritroviamo il coraggio di educare ai valori della condivisione, della giustizia, della dignità della persona. Restituiamo ai giovani il diritto di fare progetti. Restituiamo valore ai sogni e ritroviamo la forza per realizzarli. Per questo coraggioso messaggio di speranza e per questo sostegno anche a chi, come me, proprio facendo politica, sente talvolta il peso della responsabilità e lo scoraggiamento, grazie, Eminenza! luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 5 arcidiocesi di Angelo Tomasello PER LE STRADE DI on Tonino Bello, santo vescovo, nell’omelia durante un’ordinazione diaconale disse: «Che cosa significa diacono? Significa servo. Servo di che? Servo di Dio, servo dei malati, di Gesù Cristo e servo del mondo. Il diacono è colui che deve sollecitare, stimolare, provocare il servizio di tutta la Chiesa… Lui è il segno provocatore, colui che fa di sé una provocazione. Come quelle persone che disturbano i sogni degli altri. Lui è il segno provocatore del servizio di tutta la comunità». Questo breve frammento di omelia riesce a delineare bene il carattere che contraddistingue il ministero diaconale: il servizio, un servizio che deve coinvolgere e impregnare ogni dimensione ecclesiale. In questa ottica di servizio si inserisce il percorso formativo per i sei diaconi transeunti della nostra Arcidiocesi, ordinati lo scorso 21 maggio dal Card. Paolo Romeo, dal titolo «Avviene ogni giorno in città… per le strade di Carità… per condividere le vecchie e nuove povertà», pensato e strutturato dal direttore della Caritas diocesana, mons. Benedetto Genualdi e da Mario Sedia, in collaborazione con il rettore D del Seminario, mons. Raffaele Mangano, dal responsabile della Comunità «P. Pino Puglisi», don Silvio Sgrò. Il percorso, della durata di una settimana, ha previsto una sorta di full immersion nella realtà della Caritas diocesana e non solo. L’esperienza aveva degli obiettivi chiari: permettere ai diaconi di fare esperienza alle persone in situazione di fragilità; presentare la Caritas diocesana e le diverse realtà religiose e del terzo settore, espressione della Carità nel territorio; e fare esperienza di ascolto, di osservazione e di discernimento sulle situazioni di vecchia e nuova povertà. Il primo giorno del percorso ha previsto un Focus dal titolo «Il servizio alle persone fragili e senza fissa dimora» vissuto tra il Centro «San Carlo e Santa Rosalia», la mensa diocesana e la Locanda del Samaritano. I diaconi, durante l’arco dell’intero giorno hanno potuto fare esperienza di ascolto di persone fragili e homeless. Il secondo giorno del percorso ha previsto un Focus dal titolo «La Caritas diocesana». I giovani hanno avuto la possibilità di conoscere nel dettaglio la Caritas, come organismo pastorale di animazione della Carità, attraverso 6 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici CARITÀ la presentazione fatta dal Direttore, Mons. Genualdi, e dai responsabili delle Aree Promozione Caritas, Promozione umana e Mondialità. Il terzo giorno del percorso, i diaconi hanno potuto vivere l’esperienza di Grest al Centro «Santa Chiara» con i ragazzi di Ballarò e dell’Albergheria e i padri salesiani. Il quarto giorno di esperienza ha fatto fare ai diaconi alcuni incontri con le famiglie religiose che sono, per carisma, a servizio degli ultimi. Il primo incontro è stato con le Piccole suore missionarie della Carità a Villagrazia, il secondo con i Salesiani dell’Albergheria e il terzo con le Suore di Carità dello ZEN. In questo caso i diaconi hanno incontrato figure, visto luoghi, fatto esperienze, conosciuto realtà significative del servizio agli ultimi nella nostra diocesi. Il quinto giorno l’esperienza ha previsto l’incontro con le realtà del Terzo settore a servizio degli ultimi. In questo caso gli incontri fatti dai ragazzi sono stati con l’associazione «Lievito» operante allo ZEN, l’associazione «Apriti cuore» e l’associazione «Kala», operanti all’Albergheria e a Ballarò. Ogni sera i diaconi hanno anche vissuto l’esperienza del servizio notturno alla Locanda del Samaritano, struttura della Caritas diocesana in cui trovano ospitalità ogni sera un numero variabile di senza fissa dimora. Il percorso non ha avuto la pretesa di far conoscere ai diaconi tutta le realtà che nel territorio della diocesi esprimono la Carità, ma ha permesso loro di acquisire importanti dati che gli permetteranno una più corretta osservazione e un giusto discernimento sulle nuove e vecchie povertà. arcidiocesi di Claudio Antonio Grasso “Se comprendeste bene qual personaggio rappresentano i poveri, di continuo li servireste in ginocchio” S. Giuseppe Benedetto Cottolengo Esperienza al Cottolengo di Alba ’iniziativa cottolenghina si inaugura il 17 gennaio 1828, con l’accoglienza di due malati nelle due camerette che il canonico Giuseppe Benedetto Cottolengo prende in affitto nel popoloso centro di Torino di fronte alla chiesa del Corpus Domini. Sulla porta d’ingresso dell’appartamentino scrive il motto di S. Paolo: Caritas Christi urget nos!… la regola somma per ogni gesto di amore che farà la storia di questa casa. Con gli occhi dello spirito egli intravede quest’opera capace di rispondere alla sofferenza e alla miseria del mondo. Per entrare in questa casa è sufficiente essere poveri e malati, abbandonati dai familiari e respinti dagli ospizi o dagli ospedali. Per ogni uomo emarginato che bussa a questa porta, la divina provvidenza assicura il pane, un letto e una persona capace di condividerne la povertà e la sofferenza. La Carità è la prima cosa che mi ha colpito, perché l’ho vista realizzata e vissuta nel reparto dove ho svolto il mio servizio, dalle persone e dai religiosi che donavano il loro tempo, la loro vita, per i fratelli che lì erano ospitati per i loro handicap, persone emarginate e rifiutate dalla nostra società; inoltre mi è stata di sostegno questa esperienza, come base per imparare a servire ed amare chi servi. Sono stato mandato insieme con i miei compagni di seminario: Alessandro Sardina, Piero Misciuto e Francesco Durante, per questa esperienza formativa proposta dal seminario, al Cottolengo di Alba (CN) e propriamente nel reparto maschile, chiamato “fra Luigi”, dove vivono proprio nello spirito di “famiglia”, i buoni figli, così li amava chiamare il Cottolengo, cioè persone con L handicap gravi, affette da ritardo mentale, molto spesso abbandonate, ma felici ed amate, trattati con la loro dignità di figli di Dio. In questa esperienza ho capito come sia necessario e importante imparare ad amare questi fratelli dai quali non ti devi aspettare nessun ringraziamento o riconoscenza, anzi…, ma vivere il servizio ai fratelli come Cristo ci ha indicato, come “servi inutili”, e come qualcuno ha aggiunto “a tempo pieno”. Da questa esperienza e grazie a questi fratelli chiamati a vivere la vocazione della sofferenza, il Signore mi ha concesso la grazia di poterlo servire in loro ed ho visto che la forza del servizio proviene dall’esperienza personale dell’amore di Dio, per la mia vita, da questo scaturisce lo zelo, la passione, l’esigenza di annunciare l’amore di Dio per l’uomo anche nelle situazioni più difficili. Ho ancora davanti a me il pianto di Mariolino, uno degli ospiti, che racchiude in se quell’innocenza tipica dei piccoli a cui il Regno dei cieli sarà affidato, così come ha promesso Gesù; sono persone sensibili, di estrema finezza, da trattarsi delicatamente per entrare nei loro cuori e nelle loro vite. Prima di parlare di Dio, di Paradiso, bisogna saper curare le loro angosce, bisogna comprenderli, bisogna soprattutto amarli. Soltanto allora si potrà, si dovrà parlare di Dio. Oggi ci sono tantissimi viaggiatori che girano il mondo con l’obiettivo fotografico incollato all’occhio, per riprendere ogni cosa, e che ritornano senza aver gustato e capito nulla delle loro esplorazioni in orizzonti nuovi. Così accade anche nella vita. Se hai l’occhio superficiale (ed è naturalmente la vista della mente e del cuore ad essere in causa), trovi attorno a te solo cose e fatti da possedere e attraversare. Se invece, sai penetrare con lo sguardo in profondità, ecco che si aprono davanti a te tanti segreti e misteri, tante bellezze e sorprese. Anzi talvolta quella felicità che amorosamente cerchi e che consideri come impossibile, alla fine è proprio a portata di mano, svoltato l’angolo, nella quotidianità, negli eventi e nelle persone, che forse i tuoi occhi superficiali non vedono. C’è una frase di Gesù: “ Beati i vostri occhi perché vedano, e i vostri orecchi perché sentano” (Mt 13,16). Saper vedere, e non guardare soltanto, è un arte, anzi una scelta della mente e della volontà ed è questo che dà colore e senso alla vita. Ringrazio il Signore per il tempo passato al Cottolengo di Alba, che ho vissuto con timore e tremore all’inizio, ma che da subito mi ha riempito di gioia grande. L’aver imparato come sia bello servire Cristo, come sia impegnativo e faticoso, da’ senso alla tua esistenza, riscopri la tua vocazione primaria di cristiano: quella di amare Dio e il tuo prossimo. La mia volontà custodisce il desiderio di ritornare in questo luogo, dove si impara che le meraviglie del mondo sono tante, ma solo la meraviglia dell’uomo, cioè la sua capacità di vedere e di stupirsi, può scoprirle. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 7 attualità di Fernanda Di Monte FACEBOOK: AMICI PER DAVVERO? Un fenomeno sempre più in crescita n una prima media, 25 alunni, di una scuola palermitana, ben 19 di essi erano iscritti a facebook. All’interrogativo del perché, la risposta comune: “per avere amici”. Ma si può essere amici senza conoscersi? Così, da questa domanda, abbiamo iniziato un dialogo che è sfociato in un laboratorio della Settimana della comunicazione, organizzata da diversi anni dalle Paoline insieme alla Società San Paolo, proprio per sensibilizzare all’uso corretto degli “strumenti di comunicazione”. Facebook, il social network nato nel 2004 dall’idea di alcuni studenti di Harvard, è uno dei siti più visitati e utilizzati anche in Italia. Milioni di persone di tutte le età, dai più giovani ai più anziani ogni giorno lo utilizzano. Lo scopo principe di Facebook, dovrebbe essere “socializzazione a distanza”: mettere in contatto persone lontane, che si sono perse di viste, che non hanno la possibilità di poter riattivare le proprie amicizie “de visu”, ma solo tramite un contatto virtuale. Nel 2000 solo quattro ragazzi su dieci dicevano di avere un computer e il 5% che vi navigava. Oggi, a distanza di un decennio, ben il 97% ne possiede uno e il 54% lo ha in camera e più della metà si collega quotidianamente. Gli adolescenti conoscono bene le nuove tecnologie e il problema che si va evidenziando non riguarda I gli strumenti in sé ma il cambiamento di mentalità che questi stanno apportando. È ormai documentato che gli adolescenti, i giovani che passano più di tre ore davanti alla tv o al computer hanno comportamenti trasgressivi. Il ritratto della “generazione dei social network” è che preferiscono ascoltare gli amici sulla rete, vivere nel mondo virtuale piuttosto che confrontarsi coi genitori, con gli educatori. Siamo in presenza di una overdose mediatica: dove i valori tradizionali di dignità e rispetto degli altri vengono sostituiti 8 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici dall’accettazione del bullismo, del razzismo. Emerge che si vogliono emulare comportamenti negativi suggeriti dagli spot (27%) e l’indifferenza verso la violenza (51%). Così riguardo la salute: il 43% fuma, il 40% beve vino e il 50% birra. È un quadro desolante e soprattutto preoccupante. La strada da intraprendere è quella del conoscere e approfondire la realtà della tv e dei social network. Non il proibire. Dalla propria camera i ragazzi di oggi possono andare in tutto il mondo, ascoltare musica, contattare tanti “amici”, con l’illusione di sentirsi forti, liberi. E così stanno in superficie, non approfondiscono né le relazioni interpersonali, né le idee. Internet, diventa così un luogo virtuale, un luogo dove si può trasgredire più facilmente. L’unica strada possibile per la famiglia, per la scuola, per la Chiesa, è quella dell’educare alla criticità a saper scegliere. È una strada difficile ma non impossibile. È necessario ripartire dalla lettura, dal dialogo, dal ragionamento, dal rapporto interpersonale. Dare più tempo ai propri figli, parlare di ciò che accade, guardarsi negli occhi, raccontarsi e dire loro dei sacrifici fatti, della fatica per andare avanti. Uscire dalla spirale di “dare tutto per non dare se stessi”. Solo così la tv, internet, possono tornare ad essere strumenti di comunicazione e di comunione. attualità di Pino Grasso All’Acquasanta fiaccolata silenziosa per gridare il diritto al lavoro È stata organizzata dalle Parrocchie della zona entinaia di persone hanno preso parte alla fiaccolata di preghiera svoltasi la sera del 1° agosto scorso all’Acquasanta, in segno di solidarietà alle tante famiglie che rischiano di perdere il lavoro per gli operai del Cantiere Navale, per i tanti lavoratori messi in cassa integrazione, per i negozianti che rischiano di chiudere, per le tante famiglie messe in difficoltà economiche e per tutte le povertà originate dalla mancanza di lavoro. “Come la vedova molesta narrata dal Vangelo che chiedeva ragione al giudice – ha affermato padre Giuseppe Turco – anche noi dobbiamo chiedere giustizia a chi deve rispondere alle legittime richieste delle famiglie che in questo periodo attraversano un grave momento di crisi economica per la mancanza del lavoro e di chi rischia di perderlo. Con questa fiaccolata vogliamo colpire al cuore coloro che possono aiutare questa gente”. “Questa fiaccolata silenziosa – ha aggiunto don Rosario Francolino – deve essere espressione della nostra meditazione e segno che vogliamo comunicare con coloro che non vogliono sentire per affermare quanta tristezza si annida nelle nostre famiglie che stanno vivendo questo momento difficile della loro vita”. Prima che la fiaccolata muovesse da piazza Acqua- C santa, per raggiungere silenziosamente, gli stabilimenti del Cantiere navale, Padre Turco ha portato il saluto del cardinale Paolo Romeo che ha sentito al telefono poco prima dell’inizio della manifestazione. “L’Arcivescovo mi ha detto che condivide questa iniziativa delle parrocchie – ha aggiunto – e si muoverà perché venga assicurata serenità a queste famiglie. Le invita altresì a non lasciarsi prendere dalla disperazione e compiere gesti insani come accaduto a Termini Imerese con l’immane tragedia che ha coinvolto la famiglia di un ex operaio della Fiat”. L’iniziativa è stata organizzata dalle sette comunità parrocchiali della zona: Nostra Signora della Consolazione, Santa Margherita, Santa Susanna, Maria Santissima della Lettera, Sant’Antonio di Padova, Madonna della divina Provvidenza, Maria Santissima Regina degli Apostoli con i rispettivi parroci Giuseppe Turco, Rosario Francolino, Salvatore Cannizzaro, Marco Lupo, Francesco Saglimbene, Giuseppe Testa e Gioacchino Ardizzone del IV vicariato - quartiere pastorale monte Pellegrino dell’Arcidiocesi di Palermo a cui si sono aggiunte anche quella della Stella Maris e di Santa Lucia guidate rispettivamente da mons. Benedetto Genualdi e da Danilo Volontè. Anche Cgil, Cisl e Uil, insieme ai sindacati di categoria hanno partecipato alla fiaccolata di solidarietà. “Esprimiamo tutto il nostro apprezzamento per la sensibilità mostrata dalla chiesa - spiegano Mimmo Milazzo, Maurizio Calà e Antonio Ferro Segretari Generali Cisl, Cgil e Uil Palermo - nei confronti dei lavoratori dei cantieri navali di Palermo e delle loro famiglie, che ogni giorno vivono il timore della perdita del posto di lavoro e delle continue incertezze sul loro futuro. Il mondo della chiesa e quello dei sindacati, non intendono assistere in silenzio al rischio di desertificazione industriale e produttiva della città di Palermo”. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 9 lavoro e policoro di Manfredi Sanfilippo Una Carta dei valori per l percorso impervio, i dubbi le incertezze e la gioia del primo traguardo descritte da Alessandra Costa nell’articolo dello scorso numero di InformaCaritas che ha dato notizia della costituzione di “Officina 22” aprono una serie di buoni interrogativi a proposito del significato del fare impresa sociale nel sud. Se, in generale, è vero che l’azione imprenditoriale non è frutto di improvvisazione, meno che mai lo è nel caso dell’impresa sociale, che richiede professionalità, motivazioni e competenze superiori agli ordinari percorsi imprenditoriali in altri settori. Mentre si va avanti nella fase di avvio di un’impresa tanti problemi prendono il sopravvento. Chi saranno gli amministratori? Quali le loro responsabilità formali? Che rischi correranno? Quante spese si dovranno sostenere in un anno? Quante persone nel consiglio di amministrazione? Chi sarà il consulente? e la partita Iva? la Camera di Commercio? ecc. ecc. Risolte queste questioni, i soci della cooperativa saranno presi da un altro tipo sollecitazioni. Vuoi partecipare come partner a tal progetto? C’è un bando per questo tipo di servizi: anche se non rientra tra le vostri attuali programmi, è una buona opportunità! È questo che oggi ci offre il mercato! Certo, a volte, si tratterà di avere un buon intuito, in altri casi saranno messe alla prova le nostre competenze di amministrazione e politica aziendale, ma tutto ciò non deve farci correre il rischio di perdere lo slancio e la carica etica delle scelte iniziali. Un impresa sociale ha bisogno prima di tutto un timone e di una rotta. Che senso ha infatti partire senza saper dove andare? Che senso ha dare al Presidente e al Consiglio di Amministrazione carta bianca su tutte le scelte, pur di far marciare la macchina economica, senza scommettere fin dall’inizio in un coinvolgimento paziente ma fiducioso di tutti soci, anche di quelli cosiddetti svantaggiati? Significativa a questo proposito, ci è sembrata la Carta dei valori elaborata dal Consorzio Goel nato a Locri nel 2003. Questa carta costituirà il terreno su cui Officina 22 continuerà a confrontarsi. Questa scelta non ha per noi un solo valore formale ma è anche un impegno, una sfida che ci mette di fronte a un percorso di lavoro e di crescita che come cooperativa dovremo affrontare. Il Consorzio Sociale Goel nasce come frutto di un percorso di impegno I 10 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici della Pastorale del Lavoro della Diocesi di Locri-Gerace, promosso e accompagnato da Mons. Bregantini (oggi Vescovo di Campobasso) per promuovere l’occupazione e lo sviluppo dei quel territorio. Il nome GOEL ha radici bibliche e sta a significare la funzione di liberazione e riscatto che intende rivestire il consorzio nei confronti delle fasce sociali escluse ed emarginate della comunità locale. Ecco di seguito sintetizzati i principi della carta dei valori del consorzio Goel. Preminenza dell’emarginazione sociale sul resto delle problematiche sociali Vogliamo occuparci delle problematiche sociali legate a fenomeni più urgenti e gravi di emarginazione e disagio sia dal punto di vista dell’offerta di servizi che da quello dell’integrazione lavorativa. […] Le persone emarginate non sono la parte malata della nostra società, ma l’espressione più evidente di una società malata. Integrazione sociale Lo scopo di ogni attività deve essere l’integrazione sociale. Un’assistenza o un servizio che, pur potendo realizzare questo, mantiene la situazione di dipendenza e di bisogno è sostanzialmente sprecato e profondamente ingiusto, in quanto offende la dignità della persona. Crediamo che molte persone che vengono assistite dai servizi socio-sanitari, sono in grado, con un opportuno supporto, di essere inserite in esperienze di lavoro. […] L’assistenza o, peggio, l’istituzionalizzazione non deve mai divenire il fine in sé del nostro agire, anche quando questo dovesse comportare il superamento o il cambiamento delle attività gestite [dalle nostre cooperative, ndr] Motivazione e professionalità nel lavoro sociale Crediamo che lavorare con persone che hanno subito nella propria vita pesanti vissuti di sofferenza e di emarginazione non può essere considerato alla stregua di qualsiasi altra occupazione, né tantomeno può essere subordinato al bisogno di lavoro. Pertanto il primo e principale scopo di chi fa parte della cooperativa deve essere l’esigenza di esprimere un’azione di giustizia (difesa e promozione dei diritti) e solidarietà sociale […] Lavorare nell’impresa sociale richiede quindi una robusta formazione tecnica ed umana accanto alla motivazione iniziale. Per questo non è possibile accettare la superficialità e l’irresponsabilità di chi propone l’impresa sociale come sbocco occupazionale facile o di ripiego. […] r le cooperative sociali? Preminenza assoluta dei diritti delle persone svantaggiate La tutela, la promozione e la difesa delle persone svantaggiate viene prima del mantenimento delle attività delle nostre cooperative, ed hanno un’importanza assoluta rispetto ad ogni altra considerazione. Pertanto, accanto alla gestione dei servizi o delle attività di inserimento lavorativo vogliamo dare spazio anche a specifiche azioni per promuovere o difendere questi diritti, quand’anche non siano consequenziali ad alcuna attività gestita, anche se dovessero pregiudicare o compromettere rapporti istituzionali o opportunità di vario tipo.[…] Efficienza Nelle nostre cooperative il denaro che serve ad erogare servizi o anche aiuti economici diretti alle persone svantaggiate deve essere esclusivamente finalizzato alle persone svantaggiate, e non alimentare strutture o personale in misura superiore alle necessità effettive o con costi più alti di quanto necessario; è importante ribadire che per chi opera e lavora con i soldi destinati ai poveri l’efficienza è un imperativo etico! Ogni euro sprecato è infatti tolto a chi sta male ed attende servizi e risposte efficaci. Territorialità Crediamo debba esserci un forte legame tra la cooperativa sociale e la comunità locale. Il legame organico con essa, per fronteggiare i bisogni dei cittadini svantaggiati, comporta la necessità di sviluppare un’azione di radicamento, di costruzione di rapporti con i cittadini, con i gruppi sociali e con le istituzioni, finalizzata al perseguimento della promozione umana e dell’integrazione sociale, opzioni queste inconciliabili con una politica volta al solo sviluppo economico e commerciale di chi eroga servizi sociali e/o fa impresa sociale. […] Rispetto della legalità e della correttezza formale Il rispetto della legalità e della correttezza formale, valori universalmente riconosciuti, assumono una particolare importanza nel nostro territorio, dove il clientelismo diviene a volte condotta scontata e sistematica. Trasparenza degli atti e delle relazioni. Rapporti con le istituzioni. Massima trasparenza negli atti formali e amministrativi. Il bilancio dovrà essere redatto in modo da garantire la precisa individuazione di situazioni e percorsi contabili e sociali. Ancor più importante sarà la massima trasparenza […] che si traduce nella chiarezza di obiettivi e percorsi, in un dialogo aperto e pubblico con i propri interlocutori, nella distanza con imprese, personaggi ed amministratori ambigui, che richiedono impegni elettorali, tangenti, comportamenti illegali, assunzioni su richiesta, in cambio di affidamento di servizi, appalti, finanziamenti, ecc. […] Partecipazione democratica Le cooperative dovranno avere dinamiche realmente partecipative e democratiche orientandosi alla ricerca di una dimensione compatibile con la possibilità di sviluppare tra i soci effettive e positive relazioni di conoscenza e di collaborazione. I soci dovranno poter esprimere la linea della cooperativa e sentirsi imprenditori e non dipendenti. Troppe cooperative, infatti, sono composte nel bene e nel male da dipendenti piuttosto che da cooperatori, o hanno una vitalità degli organi associativi e della vita sociale vicina allo zero. Equità tra i soci della cooperativa Non sono ammissibili decisioni che prevedano, a fronte di avvio di nuove attività, un trattamento economico differenziato in riduzione per i soci lavoratori impiegati in tali attività. Allo stesso modo non dovranno esserci esagerate differenze di retribuzione o di trattamento tra soci dirigenti o amministratori e gli altri soci.[…] La cooperativa deve saper rispettare i diritti sindacali fondamentali ed utilizzare tutte le forme di flessibilità che vadano incontro alle esigenze dei lavoratori […] Imprenditorialità sana e competitività basata sulla qualità Lo sforzo di un impresa sociale è quello di coniugare l’indispensabile presupposto dei valori sopra esposti con una sana gestione economica. La competizione diviene un valido strumento per il raggiungimento di tale scopo se viene basata su una ricerca costante della qualità delle proprie attività, degli strumenti adottati e degli obiettivi perseguiti. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 11 lavoro e policoro di Tommaso Calamia Il Progetto Policoro ne ome si può uscire dalla crisi per la mancanza di lavoro che offende la dignità della persona umana, genera esclusione sociale e toglie la speranza di futuro per i nostri giovani? Non vi è dubbio che la strada maestra è quella del creare impresa, che, oltre a cause strutturali quali la mancanza di infrastrutture, una burocrazia opprimente, l’onerosità e spesso l’impossibilità di reperire risorse finanziarie ed altro ancora, nella nostra città trova ostacoli: • nella incapacità sia di concepire l’impresa come fattore di promozione sociale in quanto strumento funzionale alla creazione ed alla distribuzione della ricchezza, che nella mancanza della cultura del rischio mettendo in gioco la propria creatività e le proprie capacità in funzione del proprio futuro. • nelle dinamiche delinquenziali, come la richiesta del pizzo, che sono il cancro che non consente il corretto e C sano funzionamento del mercato. In questo contesto la COMUNITA’ DIOCESANA può giocare un ruolo di promozione e sviluppo, soprattutto a favore dei giovani, se matura l’impegno, che è innanzitutto culturale, a vivere la dimensione economica e i ruoli sociali come luoghi dell’annuncio e della profezia della Speranza cristiana e delle Beatitudini; facendo rete, tessendo relazioni di cooperazione e collaborazione, costruendo progetti e programmi che raccolgano e radunino le forze migliori della società, ma nella con- 12 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici sapevolezza che il principio comunitario è il “di più” che i credenti annunciano con il loro essere insieme, segno della propria realtà di popolo convocato dal Padre nel cammino della storia”. Un impegno che per tradursi nel gesto concreto della “creazione di nuove imprese giovanili, femminili, cooperative sociali, spin off accademici, imprese artigiane… che a vario livello e con diversa matrice, insieme, raggiungano l’obiettivo di incrementare la partecipazione al lavoro della popolazione, di allargare la base produttiva e di incrementare i livelli di innovazione diffusa e di produttività globale dei fattori economici, necessita di essere sostenuto dalla Comunità Diocesana mettendo a disposizione competenze, professionalità, “risorse e beni che sono patrimonio della comunità ecclesiale”. Ecco tracciate le linee guida dell’azione delle strutture del Progetto Policoro nella nostra Diocesi come auspicato nel documento diocesano in preparazione della 46° settimana sociale dei Cattolici ella Diocesi di Palermo Italiani, a cui si riferisce il testo tra virgolette, che le tre pastorali: Caritas Diocesana, Giovanile e Sociale e del lavoro hanno seguito in questi primi mesi di rilancio del Progetto. Si è creata una equipe diocesana del Progetto per dare maggior respiro alla fase del discernimento e della progettazione; si è insediato, presso i locali della Curia, il Centro di Animazione Territoriale, gestito dall’Animatore di Comunità del Progetto, per accogliere e seguire i giovani che vogliono verificare e realizzare una idea imprenditoriale; si è dato vita ad un servizio di incubazione di impresa, chiamato S.I.St.I. (Servizio Incubazione e Start-up Imprese) – Policoro Palermo, che oltre alla funzione di fornire servizi di accompagnamento alla costituzione dell’impresa, quali formazione, consulenze normative, gestionali ed organizzative, di marketing e finanziarie, ha la funzione, nel contesto palermitano, di sollecitare e promuovere impresa non solo in quei settori di mercato in cui la Comunità diocesana può avere un ruolo rendendo disponibili proprie risorse, ma anche laddove una domanda e dei bisogni, emersi dall’azione di discernimento sul territorio delle Comunità parrocchiali, non trovano rispondente soddisfacimento in una offerta, come è già emerso ad esempio in alcune zone per asili nido e strutture di attenzione all’infanzia ed agli anziani. In questi primi mesi con il supporto delle strutture diocesane del Progetto Policoro e con il sostegno dato dal mettere a disposizione dei siti della Comunità Diocesana, si è costituita la Cooperativa “Officina 22” per la produzione di borse ed un gruppo di giovani è stato avviato alla costituzione di imprese nel mercato dei servizi al Turista (a breve ne nasceranno due). Oltre 20 giovani hanno avviato presso il CAT un cammino che si confida possa portare alla nascita di nuove imprese. Sono stati avviati contatti ed è in definizione un accordo con un Istituto di Credito perché giovani seguiti da PolicoroPalermo possano aver accesso a forme di micro credito funzionali allo start-up delle loro imprese. Tutto ciò ha accompagnato l’attività di formazione di Policoro, che è innanzitutto un progetto di pastorale, con gli incontri che l’Animatore di Comunità ha avuto con le Comunità Parrocchiali e con Gruppi giovani. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 13 giovani e sfida educativa di Donatella Natoli LA BIBLIOTECA DEI BAMBINI E DEI RAGAZZI Le Balate nel suo quinto anno di attività opo quasi cinque anni di attività è possibile riflettere sull’esperienza della Biblioteca delle Balate: su quali presupposti si è basata, che cosa di fatto è stata e che tipo di presidio ha rappresentato per il quartiere, ed infine qual’ è la possibile proiezione ed evoluzione di questa esperienza. I presupposti Le esperienze americane ed inglesi, rispettivamente Reach out and read e Book start, e poi la nascita in Italia nel 2000 di Nati per leggere, molto sentita a Palermo, sono stati i riferimenti teorici su cui è stata costruita la ricerca di un luogo da offrire ai bambini e ai ragazzi della città di Palermo per incontrarsi ed usare il libro e le arti in maniera creativa. Il gruppo promotore, in buona parte proveniente dal Distretto socio-sanitario all’Albergheria, che si occupava fra l’altro anche del benessere del binomio mamma-bambino, ha abbracciato, fin dai primi passi di Nati per leggere, l’idea che il libro e le modalità di lettura ad alta voce potessero costituire per bambini anche piccolissimi e D per le loro famiglie un’esperienza rivitalizzante per le relazioni adulti-bambini, lavorando molto sull’accoglienza, 14 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici sul suono della voce, sull’attenzione e sull’osservazione. La disponibilità dell’Arcidiocesi di Palermo ha permesso che si costruisse questo luogo dentro la Chiesa SS. Annunziata alle Balate. Il luogo è bello e certamente idoneo per le attività che il gruppo promotore, costituito dal Coordinamento del progetto Albergheria e Capo insieme, dall’Associazione Ballarà, e dal Parroco di S. Giuseppe Cafasso e dalla Caritas Diocesana andava prefigurando. L’esperienza Il luogo, nel cuore dell’Albergheria, ci ha dato uno spunto in più per realizzare una Biblioteca che potesse essere luogo privilegiato di intercultura per bambini e ragazzi tenuti ai margini della città e invisibili rispetto alle loro capacità ed ai loro possibili desideri. Fin dall’inizio abbiamo pensato e l’esperienza ci ha confermato che l’assetto laboratoriale, a piccoli gruppi, fosse il più adatto per i bambini e per i ragazzi sia nel caso che la loro partecipazione riguardasse la lettura o la musica, il teatro, la pittura, il canto, perché ciascun bambino riesce ad esprimersi meglio e perché l’attenzione e la cura dell’operatrice/ore può essere modulata meglio sulla personalità di ogni bambino. Un altro punto importante dell’esperienza è la qualità dell’offerta che ci siamo sforzati di proporre, un’offerta alta che permettesse di fare conoscere scrittori ed illustratori di grande livello ma che fosse contemporaneamente accattivante, capace di parlare all’intimo del bambino e, cosa ancora più difficile, che muovesse le corde profonde dei ragazzi. È successo così che ragazzi “impossibili” ricevessero i complimenti della Presidente di Commissione agli esami di III media. È successo così che le attività dei laboratori richiamassero l’attenzione degli abitanti del quartiere, ma anche quella di una parte dell’élite intellettuale della città: spettacoli musicali, mostre-laboratori di arte, teatro di strada. È successo ancora che una ragazzina del quartiere partecipasse a spettacoli teatrali fuori le mura, e che un ragazzino, con il suono del suo strumento, facesse capire ai suoi insegnanti che potrebbe essere guardato con occhi diversi da quelli usati nella routine scolastica. È successo che la mostra d’arte fosse giudicata da molti degna di sede museale. Quelle accennate sono le gratificazioni che compensano un lavoro assiduo, a volte duro e difficile, ma sempre attento al “bambino”, al “ragazzo”, alla sua famiglia, che ha i suoi momenti di debolezza e le sue frustrazioni ma che trova forza nel gruppo delle operatrici e degli operatori, che, come sempre quando si lavora all’interno di percorsi educativi, costituiscono il fulcro dell’efficacia delle attività. I cardini per mantenere il gruppo forte sono comunicazione e formazione, mantenendo, pur nella specificità delle competenze, uno spirito comune e un confronto continuo su obiettivi e metodologia di azione. Le attività svolte dall’autunno 2010 all’estate 2011, simili a quelle degli anni precedenti, sono state all’interno di alcuni filoni: 1) Percorsi di 10-12 incontri con 16 classi di 5 scuole, consistenti nell’affrontare un argomento scelto con le insegnanti, a partire da uno o più libri e sviluppandolo con modalità diverse ed originali, capaci di permettere la partecipazione attiva di ogni bambino; 2) laboratori pomeridiani per 4 giorni alla settimana di lettura a voce alta, musica, canto, teatro, arte; 3) attività di biblioteca per 4 giorni alla settimana, con prestito del libro, 4) attività di formazione rivolte a insegnanti, genitori, ragazzi, mamme in gravidanza e mamme con bambini lattanti; 5) incontri con autori, presentazione di libri, presentazione dell’agenda antimafia; 6) eventi e spettacoli. La Biblioteca viene vissuta sempre di più nel quartiere come un Presidio che offre “opportunità” ai bambini di recupero di alcune capacità ed emozioni sopite ma anche di scoperta e sviluppo di capacità che i bambini possiedono e che aspettano che venga dato loro tempo e spazio per esprimerle con gioia e determinazione. Nello stesso tempo anche genitori ed insegnanti scoprono che ci potrebbe esse- re uno sguardo diverso sui bambini che favorisce ascolto e scambio reciproci. Io personalmente sono contenta del mio lavoro tutte le volte che scorgo nel volto e nello sguardo del bambino impegno, serietà e felicità insieme nel tentativo di raggiungere un obiettivo anche piccolissimo. Evoluzione La Biblioteca delle Balate è ormai un riferimento stabile per Scuole e insegnanti, per famiglie fin dal periodo della gravidanza, ma soprattutto i bambini e i ragazzi sentono sempre di più la Biblioteca come un luogo loro. Un luogo aperto dove trovano accoglienza incontri, formazione, espressioni artistiche e culturali. Questo aspetto può evolvere ulteriormente a patto che non si perda tutto il patrimonio acquisito che permette oggi di riconoscerla come un presidio di legalità, “uno spazio urbano pacificato” (P. Riboulet), “una piazza dei saperi” (A. Agnoli). Esperienze simili costituiscono un importante arricchimento per tutta la popolazione di riferimento e tutti noi crediamo che la creazione di altri presidi con le stesse caratteristiche avrebbero ricadute positive sul benessere dei bambini, sul livello culturale delle giovani generazioni e sulla consapevolezza delle scelte di vita. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 15 giovani e sfida educativa di Giuseppa Calò Pantelleria: «La tragedia dei naufraghi, solidarietà e amore anche dai bambini» a aprile si sono susseguiti anche a Pantelleria sbarchi di naufraghi provenienti dalla Libia o dai paesi sub-sahariani. Sono uomini, donne e bambini in fuga dalle guerre e dall’assoluta indigenza dovuta a vari fattori non ultimo le speculazioni economiche globali in vasta scala attuate con il tacito assenso dei governi locali. L’isola non offre attracchi facili e gli scafisti di pochi scrupoli spingono gli immigrati verso un destino incerto e pericoloso indicando l’isola di Pantelleria come se fosse Lampedusa. Così la tragedia ha colpito nella notte tra il dodici e il tredici aprile scorso tre persone, tra le quali una mamma di cinque figli, annegate per le pessime condizioni del mare. Le operazioni di salvataggio sono state difficili e i naufraghi sono stati ospitati al centro di accoglienza dell’ex Caserma Barone. La generosità dei panteschi è stata dell’Arenella dai rifiuti inevitabili dovuti al passaggio dei naufraghi. Pantelleria offre vacanze e privilegi ai turisti ma anche soccorso e solidarietà a chi non ha più niente ed è già fortunato ad essere sopravvissuto alla furia delle onde. I bambini hanno imparato a sorridere allo straniero e a non guardarlo con diffidenza. Hanno imparato a condividere e a rendersi utili agli altri. Hanno imparato che l’amore può renderci migliori e capaci di includere l’altro. Così la prima accoglienza dopo pochi mesi, per alcuni si è trasformata in pos- una possibile inculturazione ed integrazione all’interno del tessuto sociale dell’isola. L’occasione, così densa di dolore ed incertezze per il futuro, ha reso tutti solidali e la capacità di immedesimazione ha fatto si che fossero superate le difficoltà contingenti. Di fronte a tanta generosità resta comunque l’amarezza delle vittime dei continui davvero esemplare. Moltissimi hanno contribuito per i viveri, il vestiario e l’occorrente per gli alloggi improvvisati. Anche i bambini sono stati dei grandi protagonisti di una bella esperienza educativa. Hanno accolto i coetanei con momenti di gioco, quando è stato possibile e soprattutto si sono resi disponibili per ripulire la spiaggetta sibilità di residenza dal momento che gli isolani hanno adottato l’intera famiglia di Leonia, la mamma annegata. Tante le iniziative in favore dei naufraghi dopo gli abbracci iniziali, il caffé caldo e gli onori resi alle salme. Grande la partecipazione di volontari che si sono prestati per i primi soccorsi e che hanno svolto anche un’attività di accompagnamento. La rete solidale ha sostenuto gli stranieri che i danteschi hanno considerato subito persone degne di essere aiutati. Inoltre le attività di mediazione culturale, sebbene non istituzionalizzate, si sono svolte nella prospettiva di sbarchi e della crudeltà dei sistemi politici che abbandonano l’uomo alla propria disperazione che lo spinge a preferire i pericoli certi di un viaggio, a volte senza ritorno, piuttosto che rimanere. L’accoglienza, per una società umana è un valore imprescindibile, ma è dovuta anche la tutela di ciascun uomo che non deve essere costretto a fuggire dalla propria casa e deve poter realizzare la propria esistenza lì dove ha costruito una rete di affetti e di relazioni. In tal senso tutte le nazioni sono responsabili poiché è chiara la interdipendenza dei sistemi politici e di quelli economici. Pertanto non si può contare solo sulla capacità degli interventi umanitari, ma si dovrebbe poter contare in futuro sul riequilibrio delle risorse e quindi sulla soluzione dei conflitti. Nel frattempo, fortunatamente, per Kamil, il papà sopravvissuto insieme ai cinque figli, a Pantelleria il dolore adesso può far posto anche alla speranza. D 16 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici volontariato e servizio Civile di Tiiu Ounapuu Servizio Volontario Europeo Opportunità di crescita per tanti giovani stranieri n progetto di SVE consente ai giovani tra 18 e 30 anni di svolgere il volontariato in un Paese straniero per un periodo di tempo limitato (tra 2 e 12 mesi). Il Servizio Volontario Europeo offre la possibilità per i giovani di spostarsi in un paese diverso (o Europeo o extra Europeo) per svolgere attività in vari settori: educazione, immigrazione, cultura, arte, salute, sport, ambiente, interculturalità, servizi per la comunità ed altro ancora. A livello personale il volontariato europeo offre la possibilità di conoscere in profondità contesti socio culturali diversi e di conoscere nuove persone da diversi paesi del mondo, ma anche imparare una lingua nuova. Obiettivo principale comunque è quello di offrire un’esperienza di apprendimento interculturale in contesti non formali e permettere ai giovani di vivere l’interculturalità e la cittadinanza attivamente e in una prospettiva completamente nuova, contribuendo allo sviluppo della comunità locale, ed acquisendo competenze nuove per la propria crescita personale. Possono partecipare tutti i giovani tra i 18 e 30 anni che sono legalmente residenti in un paese partecipante al programma. La nazionalità, il livello di formazione e l’origine sociale non hanno alcuna importanza. Io vengo dall’Estonia, un paese piccolo, freddo e un po’ lontano. La gente di Palermo qualche volta rimane sorpresa e mi chiede: “Estonia? Cosa è?” Il caso più divertente è stato comunque un incontro con le studentesse giovani di Palermo. Loro mi hanno chiesto diverse cose, tipo: “Hai mai sentito del Natale?” o invece “A che età ti devi sposare nel tuo paese e il marito te lo scelgono i tuoi genitori?” Ho deciso di fare un progetto SVE, perché mi è sempre piaciuto viaggiare e conoscere nuova gente. Per alcuni anni ho anche vissuto in Spagna per studiare ed è stata un’esperienza bellissima. Anche se ho la famiglia e tanti U amici in Estonia, ogni tanto ho bisogno di fare la valigia e partire. Quindi ho scelto un progetto che mi sembrava interessante e ho fatto la richiesta. Un mese dopo sono già arrivata in Sicilia. L'inizio, a dire la verità, è stato difficile. Non parlavo ancora la lingua e c’era pure un po’ di shock culturale. La gente parla ad alta voce, e mi sembrava o gridare o litigare, il traffico incredibilmente caotico, la spazzatura per terra, il fatto che non ci sono i marciapiedi nella zona dove abito; poi anche condividere la casa con altre 5 persone era abbastanza problematico. C’è chi è abituato a condividere la stanza e chi non lo può sopportare ed ha bisogno di più privacy e pace. Ma ormai abbiamo risolto questi problemi ed abitare insieme è diventato invece, molto divertente. Il nostro progetto si occupa di immigrazione, esclusione sociale, combattere la xenofobia, ecc. Il nostro gruppo di volontari è abbastanza grande: siamo 18 persone provenienti da diversi paesi d’Europa. Alcuni lavorano coi bambini, altri nei centri di accoglienza degli immigrati. Io lavoro in diversi centri della Caritas. La locanda, dove ci sono gli assistenti sociali che fanno l’ascolto, accoglie persone fragili che non hanno casa; poi c’è la mensa, dove circa 50 persone vengono per pranzare ogni giorno. Al centro Agape faccio l’accoglienza al poliambulatorio dove c’è anche l’ascolto di immigrati e lo sportello legale. Ci sono tanti eventi interessanti che propone il CESIE - Centro Studi ed Iniziative Europeo, che è la nostra organizzazione, un’organizzazione non-governativa europea, no profit e indipendente, quindi noi possiamo sempre dare una mano a loro. Il lavoro è interessante e c’è sempre molta diversità, come anche nella vita sociale. Ma alla fine penso lo SVE sia soprattutto uno scambio culturale ed un’esperienza splendida per le persone che conoscerai e gli altri ambienti e modelli culturali che incontrerai. All’inizio pensavo che sarebbe stato difficile adattarmi qua, ma ormai credo che invece sarà difficile abituarmi nuovamente all’Estonia. Una mia amica e collega ha scritto una carta prima di partire a casa: “a mia famiglia siciliana” ed è vero. Siamo come una famiglia! luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 17 volontariato di Mario Sedia I cantieri della Solidarietà di Caritas Ambrosiana a Palermo Giovani volontari del nord a condividere il sud, il sole dell’estate e l’aria di carità cantieri della solidarietà di Caritas Ambrosiana sono esperienze estive di volontariato per i giovani che si svolgono in diverse realtà locali internazionali, europee, italiane. Uno dei cantieri quest’anno ha visto 10 giovani di Caritas Ambrosiana impegnati a Palermo per le strade della carità del nostro territorio, accompagnati dalla Caritas diocesana di Palermo. Questi percorsi, accompagnati passo dopo passo, dal colloquio iniziale fino al rientro, vogliono favorire la conoscenza di altri contesti attraverso l’incontro con le comunità locali, le persone, le organizzazioni, i luoghi. Si tratta di porsi in ASCOLTO del contesto locale nel quale si viene inseriti per cercare di comprenderne le dimensioni della vita sociale, civile, politico-economica, ecclesiale; di proporre ai giovani un’esperienza di vita comunitaria - il Cantiere è un’occasione speciale per sperimentare concretamente la dimensione della CONDIVISIONE e di gruppo insieme ad altri giovani, offrendo ai volontari la possibilità di conoscere e collaborare in progetti a favore di persone o gruppi in situazione di disagio; di vivere il SERVIZIO con minori, poveri e persone che si trovano in situazione di povertà; di favorire lo scambio su temi quali alterità, carità, gratuità, giustizia, pace. E’ l’incontro con l’altro (spesso espressione di culture e/o religioni diverse) che diventa un’occasione preziosa di RIFLESSIONE e aiuta ad interrogarsi. Vogliamo raccontare l’esperienza in alcuni servizi espressione della carità della nostra chiesa di Palermo e l’incontro con alcune realtà significative, attraverso le parole di due dei giovani che per quindici giorni hanno fatto i cantieri della solidarietà: Il servizio con i bambini del giardino di Madre Teresa (di Sara) Quest’esperienza, con i cantieri della solidarietà, mi ha coinvolto ed arricchito molto. La consiglierei, perché è formativa dal punto di vista culturale ed umano, nel campo di lavoro, ubicato nel Giardino di Madre Tere- I sa, mi sono confrontata con persone di origini, tradizioni differenti, che hanno suscitato in me emozioni e commozione. Spesso ero spossata, ma appagata, poiché lavorare con i bambini dà soddisfazione, sono convinta che la nostra presenza dal punto di vista emotivo ed educativo è stata rilevante, in quanto giornalmente potevamo vedere dei progressi, che ci davano la carica per continuare a fare meglio e sempre di più. Rimanendo a contatto, tutti i giorni, con i bambini, di diverse etnie mi sono resa conto che da loro si può imparare molto, ed il regalo più bello è il loro sorriso che rimarrà indelebilmente nel nostro cuore. I cantieri sono stati importanti anche dal punto di vista dell’amicizia, infatti ho passato due settimane in compagnia ed allegria, superando i momenti più impegnativi con costanza e tenacia, aiutata dal legame che si era creato in noi. Spero di poter, il prossimo anno, avere la possibilità di aderire nuovamente ai cantieri della solidarietà, modificando magari la destinazione, con lo scopo di arricchire maggiormente la mia esperienza, donando nel percorso ciò che fa parte del mio bagaglio di conoscenza alle persone che avrò l’occasione di incontrare. L’incontro con fratello Biagio Conte e la Missione di Speranza e Carità (di Lorenzo) Fratel Biagio era un ragazzo nelle nostre stesse condizioni. Infatti anche lui, come me e tanti miei coetanei, pensava a uscire e divertirsi oppure ad essere vestito alla moda. Eppure un giorno la sua vita è cambiata. Ha sentito la chiamata del Signore e ha iniziato la sua attività. La cosa che 18 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici mi ha impressionato di più è stata la gioia di vivere trasmessa da Fratel Biagio. Egli aveva tutto, ma vi ha rinunciato per seguire la sua “vocazione”. Dopo alcuni anni vissuti da eremita, ha vissuto a stretto contatto con i senza fissa dimora. Successivamente, senza l’aiuto di nessuna istituzione ma con l’appoggio di molta “gente comune” e di persone che aveva aiutato, ha trasformato prima il vecchio disinfettatoio della città di Palermo e poi una caserma abbandonata in due centri d’accoglienza per le persone più bisognose e emarginate, sia italiane che straniere. Oggi tutte queste persone, grazie al suo aiuto, hanno un letto dove dormire e un pasto caldo. A tanti di loro viene inoltre offerta l’opportunità di apprendere le tecniche di alcuni mestieri manuali, come il panettiere, il falegname, il saldatore, il sarto, in modo da facilitarne un loro futuro inserimento lavorativo. Diverse sono le motivazioni che spingono un giovane a fare questa scelta; a noi piace notare, in particolare, alcuni elementi comuni che sono emersi nel confronto con l’equipe volontariato di Caritas Palermo, quali l’allegria e l’entusiasmo sprigionati nei racconti di quanto vissuto, l’aspettativa di condividere con altri le domande e le sfide incontrate, la voglia di capire come poter continuare questo cammino. Lo scambio diventa dialogo; il percorso diventa orientamento; il servizio la chiave di accesso per i giovani alla carità di una chiesa tutta ministeriale. giovani di Lucia Lauro La Villa è «cosa nostra» al 25 luglio al 5 agosto 20 giovani provenienti da Spagna, Francia, Lituania e Italia si sono ritrovati insieme per vivere dieci giorni con l’obiettivo di migliorare la loro capacità di stare insieme, socializzare con altre culture, comprendere meglio cosa significa antimafia e legalità. L’idea nasce dalle esperienze di educazione dei giovani dell’Associazione Apriti Cuore presso il bene confiscato alla mafia sito a Torretta, assegnato alla Congregazione delle Suore Collegine della Sacra Famiglia e dato in comodato d’uso ad Apriti Cuore. Vivere ogni giorno esperienze di educazione in un luogo così carico di significato ci ha fatto riflettere sul bisogno di far sperimentare ai giovani esperienze significative di servizio che li aiutino a comprendere cos’è la legalità. Lo scambio rientra nei progetti finanziati dal Programma Gioventù in azione per promuovere la mobilità dei giovani e lo scambio culturale. L’obiettivo primario del progetto è quello di offrire ai giovani coinvolti, molti dei quali provenivano da condizioni di svantaggio, un percorso di crescita personale e collettiva nonché di educazione non formale e sensibilizzazione sul tema della legalità e del ruolo dei giovani come D soggetti attivi nella lotta al crimine. In particolare ci siamo rivolti ai giovani provenienti da condizioni di disagio, attraverso la partecipazione attiva ad un percorso di sensibilizzazione e di conoscenza, anche tramite degli incontri con esperti qualificati e lo sviluppo di un percorso strutturato di apprendimento non formale partecipato. Allo stesso tempo, grazie alla presenza di partecipanti con profonde differenze culturali fra di loro, abbiamo potuto lavorare sulla consapevolezza di una sensibilità europea e sulla percezione del proprio ruolo di cittadini attivi in un’ottica di confronto e di scambio internazionale e interculturale. La partecipazione al progetto ha rappresentato, per molti dei partecipanti, una parte del percorso individuale di recupero o di integrazione sociale già avviati nei propri paesi di origine. Tutto ciò è avvenuto attraverso dinamiche di scambio, condivisione, gioco, riflessione, ma anche attività di studio e manuali che sono servite ad abbattere le barriere culturali, stimolare il senso di collaborazione e di responsabilizzazione e a favorire la socializzazione in ottica interculturale. Tra le attività previste, abbiamo realizzato visite guidate a beni confiscati riutilizzati per attività sociali e ambientali, incontri con esponenti di Associazioni antimafia quali Libera Sicilia e l’Ass. Jus Vitae. Particolarmente significativo è stato l’incontro con Don Antonio Garau che ha raccontato ai giovani il senso profondo della legalità nella società odierna e l’importanza dell’essere cittadini attivi nella lotta a tutte le forme di ingiustizia. I giovani hanno vissuto ogni giorno insieme, cucinando insieme i pasti, pensando alla pulizia dei luoghi, realizzando cene tipiche dei vari paesi di provenienza e condividendo l’organizzazione delle giornate. Sono stati realizzati un laboratorio per la realizzazione di due murales che sintetizzano l’esperienza dei ragazzi nei dieci giorni di campo e attività per la realizzazione di un orto. È stato molto bello vedere come le difficoltà linguistiche siano state superate attraverso una comunicazione non verbale e la condivisione della quotidianità. L’Associazione Apriti Cuore sta implementando i suoi progetti in ambito europeo poiché è fondamentale aprirsi alle altre culture e permettere anche ai nostri ragazzi di conoscere l’Europa. L’educazione dei giovani passa anche dalla trasmissione, attraverso la condivisione di momenti comuni, che il sogno di un mondo migliore è possibile. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 19 giovani di Pietro Virgadamo Il “Mandato di Madrid” ivere un’esperienza come la Giornata mondiale della Gioventù mette in difficoltà chiunque abbia la grazia di poterlo raccontare, essendo quanto mai vero, rispetto a quest’evento, l’evangelico “Venite e vedrete”. La Giornata si inserisce, per noi giovani di Palermo, all’interno di un cammino di crescita umana e spirituale del quale rappresenta il punto di arrivo e, al tempo stesso, un significativo trampolino di lancio per i più inaspettati traguardi di amicizia, preghiera, condivisione, spirito di famiglia. Un anno almeno è durata la preparazione a questo evento, vissuta all’interno dei diversi gruppi diocesani, come ad esempio quello degli universitari, accompagnati dalla serena ed affettuosa presenza di Don Alberto Avi, guida preziosa per i nostri incontri, che, già proiettati nella festosa atmosfera spagnola, abbiamo voluto chiamare “Un aperitivo con Benedetto”. Così anche i locali della nostra Palermo si sono animati della presenza dei giovani della “Generazione Gmg”, nati e vissuti nel fuoco dell’amore che Giovanni Paolo II sapeva e sa ancor oggi trasmetterci. Vedere le vie della nostra città animate in modo un po’ diverso rispetto al solito sabato sera, con una voglia di discutere, conoscersi e fare esperienza di comunità – e non solo di trascorrere, sia pur piacevolmente, una parte del proprio tempo – è stata la migliore anticamera V per quell’esplosione di gioia che da Madrid ora si propaga in tutto il mondo. E così, dal Falcone Borsellino, incredibilmente avvolto dalla luce e dal calore dei giovani della Diocesi nella notte della partenza, abbiamo spiccato il volo alla volta di Barrajas, quella pista aeroportuale che, praticamente ogni minuto, ha visto arrivare giovani da ogni continente del mondo. I primi due giorni a Madrid sono stati contrassegnati dall’attesa e dalla preparazione all’incontro con il Santo Padre, vivificati dalla reciproca conoscenza tra le varie realtà parrocchiali e comunitarie che colorano la nostra Diocesi. In questo movimento spirituale, preziosa è stata la convivenza nella Palestra di Getafe, che, privandoci delle nostre ingombranti comodità, ha saputo insegnarci la gioia della condivisione. L’amicizia, poi, ha conosciuto il collante della preghiera comunitaria, che dalle lodi in palestra si è snodata attraverso i momenti di catechesi per gli italiani, tenute dai Vescovi di Rimini, Parma e, infine, da S.E. il nostro Cardinale Paolo Romeo. In effetti, la presenza di Sua Eminenza ha dato forza e forma al nostro cammino sin dal suo inizio: sempre nel cuore conserveremo gli incontri di formazione per i giovani della diocesi culminati con la “pizziata” di Baida, simbolico viatico verso l’avventura di Madrid. Con la catechesi finale di Madrid - che emozione rivederci e farci 20 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici le foto tutti insieme in Spagna! - il nostro Vescovo ha saputo infonderci la voglia di vivere ogni giorno il messaggio evangelico della Gmg: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, significa saper portare l’autenticità della vita cristiana in ogni ambiente ed in ogni contesto in cui ci troviamo a vivere, con quella testimonianza che, gioiosamente, non si impone, ma si propone e, alla fine, contagia, guarendo i cuori di molti fratelli che solo di Cristo hanno realmente bisogno nella vita. I Vescovi hanno saputo rispondere alle domande di noi giovani con una capacità comunicativa che ha stupito tutti, almeno coloro i quali hanno sempre visto nel Pastore un personaggio più o meno lontano dalla realtà delle parrocchie e dai problemi quotidiani. Abbiamo tutti imparato davvero che “ubi Episcopus, ibi Ecclesia”: la Chiesa si costruisce attorno ai Pastori che, in comunione con Pietro, insegnano, ammaestrano, testimoniano. E lo si è assaporato particolarmente quando Mons. Romeo è giunto fino a Getafe, nella periferia di Madrid, per celebrare con noi, davanti alla palestra della nostra scuola, la Santa Messa del giorno della partenza! Dalle catechesi alle strade di Madrid: una liberatoria invasione di giovani che, pur appartenenti alle più diverse culture, in una città “orante” si abbracciano, condividono l’acqua, il pane, un buono pasto, oppure semplicemente si scambiano con gli occhi un sorriso fraterno. Il parco del Retiro, oasi in cui sgorga l’amore misericordioso di Dio, ha ospitato la festa della Riconciliazione, in cui migliaia di giovani hanno incontrato l’abbraccio del Padre, ricevendo il perdono, perdonandosi a vicenda e, prima ancora, sicuramente, sapendo perdonare se stessi delle proprie debolezze da conoscere, superare, dalle quali mai, comunque, farsi spaventare. Attraverso le Stazioni di una via Crucis condotta dal Papa con la Sua sobria profondità, siamo finalmente arrivati a Cuatro Vientos: un fiume in piena di giovani che per un giorno intero non ha smesso di invadere la spianata. Sembrava non finissero mai… E poi il sole cocente del sabato pomeriggio, fino al tremendo acquazzone della Veglia, che ha messo nei cuori di molti di noi una istintiva esigenza di La Giornata mondiale… si fa vita di ogni giorno!! sgranare il Rosario, quasi a testimoniare che “fondati in Cristo”, nemmeno quella storica tormenta avrebbe potuto sradicarci. Così ha ripreso la parola il Santo Padre, in un boato che, come quello di Tor Vergata, anche Madrid ricorderà per sempre, davanti al Santissimo, esposto in quell’ostensorio che pochi giorni prima i ragazzi della nostra diocesi avevano ammirato nella meravigliosa Cattedrale di Toledo. Ed infine, Alba a Cuatro Vientos: il Santo Padre, nella riflessione sul Vangelo della missione di Pietro, ci ha confermati nella fede e, dandoci appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013, ci ha inviati a tutto il mondo per testimoniare Cristo fino ai confini della terra. Di ritorno da una così forte esperienza di vita e di fede sentiamo l’esigenza di non disperdere tanta energia spirituale. Cosa vuol dire però testimoniare Cristo nella nostra vita di ogni giorno? Cosa rappresenta in particolare quella Croce che il Papa ci ha donato – uguale per tutti i giovani del mondo! – per i prossimi anni della nostra vita? Come intendiamo vivere il “mandato di Madrid”, tenuto conto che chi ha non può tenere per sé, che ciò che nostro non lo è veramente finchè non lo condividiamo? Forse possono immaginarsi due dimensioni entro cui sviluppare i doni ricevuti: l’una personale, l’altra comunitaria. Sul piano personale, il vivo desiderio di tenere sempre accesa la fiamma dell’amore fraterno e della fede in Cristo può condurci ad accostarci più frequentemente alla Santa Messa – perché no? – anche, riuscendovi, nei giorni feriali; a vivere momenti di adorazione eucaristica, dalla quale trarre il lievito delle nostre giornate; a renderci più assidui nella preghiera, magari proprio nei momenti in cui la routine sembra avere il sopravvento e il fuoco dell’amore sembra essersi intiepidito. Come si è scritto saggiamente, infatti, “quando vogliamo accendere un fuoco spento, soffiamo sull’unico tizzone rimasto acceso” (Luigia Tincani). A livello comunitario, dobbiamo, credo, in primo luogo andare incontro all’invito - che il Papa ci ha rivolto nel metterci nello zainetto quella splendida sintesi di semplicità e saggezza che si chiama “Youcat”: “dovete sapere che cosa credete; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di infor- matica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come un musicista conosce il suo pezzo; sì, dovete essere ben più profondamente radicati nella fede della generazione dei vostri genitori (…)”. Da piccolo catechista, credo che sia veramente profetico - nel senso vero di limpida lettura del presente e delle sue esigenze di proiezione verso il futuro – questo invito: creare a livello diocesano occasioni di incontro e confronto sul Catechismo della Chiesa Cattolica significa non solo consentire all’amore di essere servito dalla conoscenza, ma anche trasmettere a tutti la profondità, la saggezza, l’autenticità della vita cristiana, spesso oggi malamente percepita come il frutto dello sterile operare di una serie di precetti, e non, come realmente è, dell’Amore vivo e vero del Risorto. Forse, di fronte al continuo dibattere sul problema educativo, che oggi è presentato sempre più come un’emergenza, la cosa più saggia, e, al tempo stesso, semplice da fare e riprendere in mano il Catechismo, secondo l’invito del Papa: lì troveremo, più che in una montagna di libri, quel balsamo capace di guarirci e farci crescere insieme. Altro elemento fondamentale sarà il supporto, la guida e l’insegnamento del nostro Card. Romeo, che, siamo certi, saprà accompagnarci in quest’anno di racconto della Giornata Mondiale, di testimonianza e di crescita comuni- taria. Mi auguro e sono certo che, con Sua Eminenza, non mancheranno gli incontri di formazione ed i momenti di crescita, cominciando dalla visita che già abbiamo in calendario a Roma in ringraziamento per il dono che il Santo Padre ci ha voluto fare con la sua presenza, lo scorso anno, a Palermo. Dunque, se così può sintetizzarsi, il sogno sarebbe quello di costituire un gruppo forte all’interno della diocesi che, di Gmg in Gmg, viva delle tappe nel cammino di fede nel corso di tutto l’anno pastorale, coinvolgendo in unità le diverse realtà parrocchiali e comunitarie e che sappia, in futuro, passare il testimone ai giovani di domani, consapevoli che la Giornata mondiale della gioventù è solo il momento di emersione di una vita d’amore vissuta nella semplicità di ogni giorno. Allora, grazie Gmg, per quello che ci hai dato, ma soprattutto per quello che continuerai a darci, perché, nella quotidianità di ogni giorno, quando ci svegliamo, potremo risentire la gioia del sole dell’alba che batteva a Cuatro Vientos; quando mangiamo, potremo assaporare la bellezza di aver condiviso un panino con un fratello mai visto prima; quando studiamo o lavoriamo, e magari ci troviamo in difficoltà, potremo chiudere gli occhi e sentire nel nostro cuore la forza irrefrenabile di quel “Padre nostro” che continua ad unire, in un unico abbraccio, in ogni angolo del mondo, tutti i suoi figli. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 21 giovani di Francesco Di Giovanni SETTE RAGAZZI DI PALERMO AL GIFFONI FILM FESTIVAL 2011 PER RACCONTARE IL SUD anno incontrato cantanti, attori e registi, ospiti del Festival internazionale del Cinema per ragazzi, organizzato a Giffoni, per parlare del futuro dei giovani del Sud. Carmen, Miriana, Clara, Emilia, Ester, Salvo, Vincenzo, adolescenti che da anni frequentano il Centro giovanile Tau nel quartiere della Zisa di Palermo, gestito dall’associazione Inventare Insieme, durante i giorni del festival, si sono organizzati come una vera redazione giornalistica, per seguire il ricco programma della manifestazione. Quello di Giffoni, infatti, è stato per i ragazzi un vero e proprio laboratorio di mediaeducation, inserito nel progetto “Restare in gioco” finanziato da “Fondazione per il Sud”, di recente trasformata in “Fondazione con il Sud” che vede in organizzazioni del quartiere Zisa di Palermo e del Rione Sanità di Napoli. Con i giovani di Palermo anche quattro ragazzi della “Casa dei Cristallini” del Rione Sanità di Napoli, oltre che alcuni operatori e giornalisti delle due città. Insieme hanno organizzato i lavori e prodotto recensioni, commenti, approfondimenti e numerose video interviste agli ospiti del festival. Tra i vip intervistati, il trio Aldo, Giovanni e Giacomo, le attrici Barbara De Rossi e Valentina Lodovini, il critico cinematografico Tonino Pinto , il video maker Wilwoosh, Maurizio H Capone con la sua band Bungt&Bangt, il Presidente di Telefono Azzurro Caffo. Da sottolineare l’intervista fatta al cantante Jovanotti, che, nella giornata anniversario della strage di Via D’Amelio, ha risposto così ad una domanda dei ragazzi: “Ricordare Falcone e Borsellino? È importantissimissimo (…), ma è più importante che lo fai te, sei Tu che devi farlo”. Tutto il materiale è stato pubblicato su “Iammonline.it”, portale dei giovani dei centri di aggregazione giovanile e delle comunità educative del Sud Italia e strumento dell’associazione Inventare Insieme e del Centro Tau. Particolarmente interessante è stata la collaborazione con la redazione di Repubblica Palermo che ha ospitato nel proprio sito web le interviste dei ragazzi. La sfida, senz’altro riuscita, è stata anche quella di riuscire a raccontare un importante evento come quello di Giffoni Film Festival, giunto alla 41^ edizione, attraverso gli occhi di ragazzi che ogni giorno vivono sulla propria pelle le difficoltà, i limiti, ma anche la forza di “crescere al Sud”. Su questo tema e con le riprese fatte a Giffoni i giovani reporter stanno realiz- 22 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici zando un videoreportage, che sarà presentato a Napoli il 30 settembre prossimo in occasione degli eventi organizzati per il quinto anniversario della costituzione di Fondazione con il Sud. Il Giffoni Film Festival è per noi una grande occasione di scambio e di crescita. Da oltre sei anni il Centro Tau opera in partenariato con questa eccezionale esperienza nata nel Sud Italia e divenuta una delle più importanti esperienze giovanili nel mondo. Il passaggio da Giffoni rappresenta una tappa significativa per lo sviluppo di processi educativi e di integrazione finalizzati a promuovere processi di fascinazione culturali che, nel lungo periodo, possono agire come volano per lo sviluppo della comunità territoriale”. Attraverso il portale web Iammonline.it il Centro Tau intende promuovere un’Officina Mediaeducativa a disposizione dei giovani del Sud Italia che vogliono crescere, mettersi insieme, trasformare la realtà, promuovere conoscenza, partecipazione, impegno, attenzione, solidarietà,... Sviluppo. Una opportunità per collegare, “linkare” i giovani del Sud che vogliono crescere, che vogliono guardare positivamente al futuro e costruirlo insieme”. Le interviste sono online sul sito web www.iammonline.it, su www.youtube.it (canale iammonlinevideo) e sulla pagina Facebook Iammonline.it. giovani di Francesco Vizzini CAri AnimAtori, fACCiAmo «un sAlto di quAlità!» ta proseguendo il percorso per animatori “Yes…we can” che quest’anno ha coinvolto trentacinque giovani tra i 15 ed i 28 anni, e continua con “Un salto di qualità”, prima tappa del percorso di secondo livello, che da lunedì 18 a mercoledì 20 luglio ha coinvolto dodici animatori i quali per tre giorni si sono soffermati a riflettere su “Accogliere, accompagnare, orientare”, ma soprattutto a farne esperienza, ospitati presso l’Oasi dei Giovani padre Pino Puglisi di Giacalone. Non poteva mancare un appuntamento estivo e residenziale, attraverso il quale i partecipanti potessero aumentare i legami ed approfondire relazioni e scambi d’esperienza. Questo percorso di secondo livello è stato rivolto ai giovani che hanno già svolto il corso di primo livello ed è stato anch’esso realizzato all’interno del Progetto giovani “Con-te-sto bene” e tenuto da Andrea Ballabio e Giuseppe Tondelli, formatori della Cooperativa Pepita. Il percorso ha voluto dare ai giovani impegnati come animatori la possibilità di andare più in profondità rispetto ad alcuni temi specifici dell’essere animatori, attraverso un modulo formativo incentrato sul tema specifico dell’accoglienza, dell’accompagnamento e dell’orientamento, ed imperniato su tre temi tra- S sversali, la spiritualità dell’animatore, lo stile animativo e le tecniche di animazione, che hanno fatto da filo conduttore e da collegamento con il corso di primo livello. Tutto questo avendo come obiettivi principali l’accompagnamento e la formazione del gruppo di animatori nel tempo. Come già nel corso “Yes… we can” i partecipanti sono stati coinvolti attraverso un metodo esperienziale, che non insegna attraverso lezioni frontali ma che fa apprendere facendo esperienza. Così per confrontarsi su “Accogliere, accompagnare, orientare” si è partiti proprio dal gruppo di animatori creato con il corso “Yes…we can”, soffermandosi su alcuni punti ed approfondendoli, avendo come spunto di volta in volta testi di canzoni, brani di letteratura e del vangelo, citazioni di santi e pensatori, ed utilizzando giochi, dinamiche e tecniche d’animazione di diverse tipologie, che i partecipanti potranno successivamente utilizzare con i ragazzi ed i gruppi che animano nelle proprie realtà d’appartenenza (parrocchie, associazioni, movimenti, oratori,…). Ogni riflessione e confronto è stata sempre supportata da brani della Bibbia, perché il fine ultimo di ogni animatore ecclesiale è educare alla fede, facendone prima di tutto esperienza e quindi trasmettendola ai ragazzi. Proprio per questo, ha fatto da filo con- duttore al corso la frase di don Giussani “l’educazione avviene da persona a persona, nella comunicazione di un’esperienza di vita, che provenga dal cuore di un uomo e parli al cuore di un altro uomo”. I partecipanti hanno così imparato che “il vero viaggio dello scoprire non consiste nel vedere paesaggi nuovi, ma nell’avere occhi nuovi” (M. Proust), che per educare è necessario cercare il positivo dentro di sé, tirare fuori e spendere i doni di Dio, utilizzare strumenti adeguati all’oggi, cercare la chiave giusta per ogni ragazzo (come ricorda don Bosco), divenendo infine consapevoli che solo avendo fatto esperienza di tutto ciò potranno adesso accogliere, accompagnare, orientare i ragazzi delle proprie realtà di appartenenza. Questa tappa si è conclusa con la celebrazione eucaristica all’aperto nella pineta dell’Oasi, presieduta da padre Giovanni D’Andrea, durante la quale è stato proclamato il brano di vangelo della parabola del seminatore: il corso per animatori non è stato altro che preparare la terra e seminare, un continuo lavorare per far sì che un giorno possano nascere piante e portare frutti. Al termine della celebrazione è stato consegnato dai formatori un segno: alcuni piccolissimi semi di senape che, come ricorda una delle parabole del regno, sono i più piccoli, ma dai quali nascono grandi alberi. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 23 giovani di Gabriella Russo Come accade spesso… ome accade spesso nella storia dell’Associazione Apriti Cuore, quando si prospetta qualcosa che è faticosa, difficile da comprendere al senso di molti, e naturalmente che pochi realizzerebbero, quella è proprio la cosa giusta da fare!! Così anche quest’anno, nonostante l’utenza totalmente diversificata per età, abilità, obiettivi operativi e rieducativi, si è svolto presso l’Ostello Oasi Don Bosco sulla Plaja di Catania, il campo estivo residenziale che per 4 giorni ha riunito minori, utenti, operatori e volontari appartenenti a tutte le strutture operative dell’associazione. Ben 94 persone appartenenti alle comunità alloggio per minori vittime di abuso e maltrattamento, ai servizi per i minori stranieri non accompagnati, ai centri aggregativi e residenziali per disabili giovani e adulti, sono state ospiti presso la struttura dei salesiani a Catania, condividendo cibo, orari, attività d’animazione e spazi ricreativi. Possiamo definirle “le vacanze di Apriti Cuore”, se non fosse che di riposo non se ne parla!! Ma nei commenti dei ragazzini, delle persone con disabilità, e dei giovani che hanno partecipato all’esperienza, ricorre spesso la richiesta di ripeterla; c’è chi ne approfitta per stare più tempo e ampliare così la condivisione con l’amico del cuore, incontrato troppo velocemente negli spazi del centro aggregativo, chi abituato alle “coccole” di casa fa di tutto per essere più autonomo e dimostrare C che, anche su una sedia a rotelle, si può essere utile agli altri, chi si intrattiene fino a tarda sera a scambiare una birra e quattro chiacchiere con l’operatore di fiducia, e chi infine non vede l’ora che sia domani per aumentare il 24 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici proprio punteggio alla caccia al tesoro…e, perché no, c’è pure chi non vede l’ora che tutto finisca per tornare a casa tra le proprie rassicuranti abitudini e le proprie certezze!! L’esperienza di quanto vissuto, come operatori e come responsabili, in queste 4 lunghe giornate, colpisce la nostra attenzione e stimola alcune domande più che dare risposte! Come in tutte le esperienze d’integrazione c’è qualcosa a cui ciascuno di noi “rinuncia” in funzione dello “stare con…”, ma soprattutto qualcosa che rimane e segna le nostre coscienze, “in-segnandoci” le differenze (più immediatamente visibili), ma anche le similitudini che rendono “l’altro” un nostro compagno di viaggio, riconoscendone gli stessi diritti, gli stessi bisogni, e in fondo, lo stesso identico e radicato desiderio di “essere amato”. promozione umana di Laura Ambra S an ta Fl a vi a : A pre i b a tten ti l a “C a sa di A l ba ” Servirà i soggetti disabili del comprensorio l servizio è rivolto a tutti quei soggetti della società affetti da qualsivoglia forma di disabilità o di disagio, nonché alle famiglie che di tali soggetti si prendono cura. È stato organizzato dall’associazione “Nuovo sentiero onlus” che da anni è impegnata nei territori di Porticello e Santa Flavia, nel settore degli aiuti a particolari categorie di cittadini svantaggiati (disabili, anziani, minori con problematiche familiari). Tale impegno si struttura in azioni dirette alla persona e l’apporto del personale volontario è finalizzato al potenziamento delle attività ad oggi espletate. Il servizio è stato messo in atto in collaborazione con l’AISW Sicilia onlus, l’Associazione “7 Note per la vita” e la “Azzurra Nuova cooperativa sociale”. La struttura è stata messa a disposizione gratuitamente da una socia dell’associazione “Nuovo sentiero onlus”, la signora Silvia Bartolone I Greco in onore della figlia. L’obiettivo degli organizzatori è di offrire al territorio dei paesi di Bagheria, Santa Flavia, Casteldaccia, Altavilla Milicia e Ficarazzi, la possibilità di usufruire di una villa dove saranno svolte attività volte al miglioramento della qualità della vita dei soggetti diversamente abili, disagio sociale, normodotati con difficoltà nel proprio ciclo di vita e dei loro familiari. Il progetto che avrà durata illimitata è stato finanziato dagli stessi genitori delle associazioni proponenti. La residenza dispone di una palestra, una sala per le attività manuali e per l’apprendimento, una stanza della musica, una per il relax, ampi spazi di verde ed una piscina e sarà a disposizione di persone 9 persone residenti e di circa 20 ragazzi in regime di semiconvitto. Previsto un servizio giornaliero di accompagnamento, assistenza e supervisione dell’utenza in attività di balneazione presso litorali marittimi limitrofi al territorio di riferimento, visite guidate presso centri turistici e culturali limitrofi o esterni al territorio di riferimento, gite nei vari parchi giochi e acquatici della Sicilia, escursioni all’aria aperta, servizio di mensa quotidiano, attività ricreative, ludico creative e laboratoriali presso le strutture delle associazioni, Parco “Robinson” pomeridiano, attività di ippoterapia, piccola fattoria. Inoltre sono previsti pacchetti di assistenza full-time fine settimanali e infrasettimanali. Le attività proposte saranno effettuate dal lunedì alla domenica, anche in regime giornaliero, semiresidenziale o residenziale. Il servizio si avvale delle seguenti figure professionali: psicologo - educatore, insegnante di sostegno, pedagogista, operatori OSA, animatori e volontari. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 25 immigrazione di Marta Bellingreri L amped . . . q ua n d o Adesso puoi riprendere il volo! Dura solo cinque minuti la cattura degli uccelli migratori: quando si posano sulla terra, vengono presi da piccole reti, poi i ricercatori del progetto di Legambiente li pesano, li “identificano”, mettono loro un anello di riconoscimento con un numero. In tal modo verificano se ritornano nello stesso punto, se al loro ritorno sono dimagriti, se da Lampedusa si spostano per esempio a Ponza, dove saranno accolti da altri ricercatori: si segue la loro migrazione, da un posto all’altro in “Europa”,si monitorano le condizioni di salute per uccelli che volano da una costa all’altra del Mediterraneo: si lascia che riprendano a volare! La presenza di questo progetto di ricerca avviene in diverse piccole isole in tutta Italia: anche all’isola di “frontiera” di Lampedusa dove uccelli migratori di specie uniche dall’Africa si posano. Peccato che la casetta dove i ricercatori di Legambiente lavorano ogni giorno stoni profondamente con la base dell’Aeronautica militare dalla quale bisogna passare per giungervi e peccato che subito dopo vi sia un’altra base, l’ex base Nato Loran, oggi centro di primo soccorso e accoglienza per i migranti, anch’essi transitanti nell’isola. Transitanti da Lampedusa, migranti dall’Africa e da altri continenti, uccelli migratori, con un destino di partenza e di arrivo, ma soprattutto di proseguimento del loro viaggio ben diverso: con una serie di punti interrogativi e iter che tra violazioni e trasferimenti, come quelli avvenuti recentemente per i rimpatri dei tunisini da Palermo, potrebbero improvvisamente variare o prolungarsi inutilmente. Oppure semplicemente lo Stato in base agli accordi stipulati con la Tunisia decide il cambiamento di traiettoria dei “nostri nuovi uccelli”. Il 28, 29 e 30 aprile, dopo una decina di giorni di maltempo, sono ripresi gli sbarchi. Mi trovo nell’isola già da qualche giorno, il tempo necessario per conoscerla bene e interrogarla: dal centro abitato alla sua punta, dalla Riserva Naturale ai Centri, dove però l’accesso è impedito. Svolgo un’azione di monitoraggio, reportage e assistenza agli sbarchi, mettendo a frutto la conoscenza delle lingue per comunicare coi i nuovi arrivati. Degli 800 africani sbarcati dalla Libia, provenienti da tutta l’Africa e non solo, un centinaio dorme alla stazione marittima del porto perché al Centro di Accoglienza non c’è più posto. Chi vi è rimasto dorme nel cortile, ossia sotto la pioggia della notte. Dalla barca dopo 48 ore di viaggio in mare erano scesi coi vestiti bagnati, al molo hanno ricevuto una coperta e il cambio se possibile, ma ora al cortile del centro l’acqua ritorna. Non dal mare, ma dal cielo. Sono arrivate in quelle notti anche diverse donne, diversi bambini. Dada voleva assolutamente fare il test di gravidanza. Lo diceva serenamente tenendosi la mano sulla pancia che sembra quella di una gravida. Le fa male, ci dice che in effetti da tre mesi non ha le mestruazioni. Vuole fare il test di gravidanza. Le dico che può fare questa richiesta domani quando sarà nel centro. Ma data l’insistenza chiamo un medico. Dopo qualche domanda il medico le dice ufficialmente che sì è incinta. Le si disegna un sorriso discreto, appena accennato, subito le chiedo: are you happy? La discrezione di un sorriso appena disegnato si allarga e si scolpisce nel volto di Dada. Yes I am happy. Victoire ha vissuto dieci anni in Libia, viene dal Benin, viveva a Bengasi da dove è scappata perché suo padre è morto e non voleva restare più là. Ha terribilmente bisogno di un paio di scarpe perché ha dei sacchetti attaccati alle caviglie e non ce la fa più. Ha evitato di inserirsi nella ressa appena 26 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici iL vento d d usa ... d e c i d e d e v i a n da r e scoppiata per un paio di pantaloni dalle scatole dei vestiti appena portati dai compagni dell’Askavusa, l’associazione culturale di giovani lampedusani che “dispiega le sue forze” all’occorrenza. Victoire si ferma un attimo a raccontarci. Spera che questa volta questa nuova vita sia davvero una ...victoire. Ahmara insiste vivacemente con un poliziotto perchè vuole andare a ripescare il suo trolly e la sua giacca al molo dove le sono state tolti quando hanno diviso donne e bambini dagli uomini. Abbiamo distribuito the caldo per un’ora ma adesso le donne cominciano ad attivarsi: “nella giacca c’era il mio cellulare”! Miracolosamente Ahmara accompagnata dalla mia compagna di viaggio Livia riesce a trovare con un intuito magico la sua giacca ed il suo trolly: erano sparsi al molo insieme a tante bottigliette d’acqua ormai vuote, là dove sostavano gli uomini. Ci chiediamo come abbia saputo muoversi in mezzo a tutte quelle giacche bagnate e ormai abbandonate, in mezzo a confezioni di fette biscottate che volavano col vento della notte verso il mare. Ahmara ha in mano il suo cellulare, e sperimenta la sua prima victoire in Italia, dopo aver lasciato acconsentire il poliziotto per correre a cercarlo. Intuito e determinazione, welcome in Italy Ahmara. Sul molo gli uomini attendono i pullman che li porteranno al centro. Abd el-Rahman vuole fare una chiamata, vuole chiamare suo padre che vive da quattro anni in Italia. Ha lasciato il Senegal ed è là con la moglie e altri due fratelli. Gli dico che una volta al centro può avere un colloquio individuale e fare presente questa esigenza. Gli chiedo allora in quale città italiana si trova la famiglia. Mi dice che non lo sa, non se lo ricorda, sa che è in Italia e sa a memoria il suo numero di telefono. Gli egiziani con cui parlo invece sembrano minori: mi chiedono se possono rimanere in Italia. Cominciamo una discussione sulle difficoltà che incontreranno. Ma che inshalla (se Dio vuole) resteranno. Inshalla su un’isola lunga 11 km da una punta all’altra, larga 3 km nel punto massimo, 20 chilometri quadrati, geologicamente appartenente all’Africa, ci saranno più cittadini e cittadine del mondo che si sentono appartenenti alla terra.”Chi è tua madre? Perché non è la terra? Di unni si’ allora?” di dove sei mi chiede Pasquale, un lampedusano che ha girato tutti i continenti in 15 anni di viaggi in mare. Se ci si lamenta è perchè si ha “una arancia nella mandibola destra, una ciliegia in bocca, una mela nella mandibola sinistra, e non sanno più che hanno in bocca”. Come si fa a essere felice nella vita se non si distinguono più i sapori? Mi immergo nell’ascolto di Pasquale che coinvolge il mio udito, con la difficoltà di capire il dialetto lampedusano tra i suoi baffoni e la voce irrobbustita e raschiata da decenni di fumo. Ma è un ascolto che coinvolge soprattutto la mia vista: le parole di Pasquale, i suoi racconti sono già scritti nella pelle, le rughe che si dipanano dagli occhi sembrano incise. Aspetto che la geografia inventata rispecchi più la geologia della terra. Aspetto di sapere il bambino di Dada cittadino del continente che lo ha partorito come cittadino della terra in cui nascerà. L’isola accoglie anche me, in una settimana di vento in cui nemmeno le navi commerciali sono partite per Lampedusa da Porto Empedocle non portando frutta da Mazara o passeggeri. Una settimana come tante in cui quando il vento ha riportato chi fa il liceo ad Agrigento perché a Lampedusa c’è solo lo scientifico e l’aereo ha riportato i giornali, nella settimana come tante in cui lo stesso vento in un’altra costa a 355 chilometri ha lasciato un barcone partire. E sbarcare. luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 27 attualità di Laura Compagno lampedusa oltre il pregiudizio: esperienza di accoglienza volte i media parlano di avvenimenti che sembrano talmente fuori dal nostro vissuto quotidiano da reputarli troppo lontani dalla nostra vita, anche se in realtà sono più vicini di quanto non si pensi. Questo sentirsi estranei, o comunque non coinvolti direttamente, favorisce la formazione di facili ed affrettati giudizi su situazioni che in realtà non si conoscono davvero. Il fenomeno dell’immigrazione clandestina, o “degli sbarchi” come è stata ribattezzata dai media, è uno di questi casi. Troppo spesso sentiamo commenti e giudizi dispregiativi sui migranti, a volte definiti “invasori” arrivati in Italia “per levare quel lavoro che già non c’è e fare aumentare la criminalità”, come se prima del loro arrivo andasse tutto bene e non ci fossero problemi di disoccupazione e di delinquenza. Quello che queste persone troppo abituate al (pre)giudizio ignorano totalmente è l’altro lato della medaglia, ovvero come i migranti vivono questa esperienza, dando per scontato e reputando giuste ed inamovibili le proprie convinzioni, escludendo ogni altra possibile alternativa. Grazie all’I.N.M.P. Sicilia (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà) e A.R.N.A.S. Palermo, all’interno del progetto “Accoglienza 2011”, ho potuto vedere quale realtà vivono i migranti che affrontano “il A viaggio della speranza” per arrivare fino in Italia. Il progetto prevede la presenza di un team multidisciplinare di 23 operatori (medici, infermieri, assistenti sociali, mediatori culturali, psicologi ed O.S.S.) sull’isola di Lampedusa per un periodo di due mesi con lo scopo di potenziare l’intervento degli operatori del poliambulatorio dell’A.S.P. Palermo. La “mission” è quella di accogliere e restituire dignità ai migranti, garantendo il diritto alla salute a tutta la popolazione dell’isola. Durante le due settimane ho potuto raccogliere le dure testimonianze di queste persone che, a costo della propria vita, con la speranza di trovare un lavoro, di potersi costruire una famiglia, di integrarsi, qualcuno anche di comprare una casa ed una macchina, affrontano un viaggio che può durare da pochi giorni a molti di più, a seconda delle condizioni meteorologiche, delle condizioni della barca che usano per il viaggio, senza bere, senza mangiare, senza potersi muovere per timore che la barca possa imbarcare acqua o affondare. Molti scappano dal loro Paese per motivi bellici o per totale assenza di lavoro. La maggior parte vuole semplice- 28 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici mente ricongiungersi con i loro familiari che si trovano in Europa. Alcune delle persone che affrontano questo faticoso viaggio sono anche minori o donne incinta. Queste sono persone con sogni e speranze non molto diversi dai nostri, con la differenza che per loro sarà molto più difficile, se non impossibile, riuscire a raggiungere i propri obiettivi e desideri. Le condizioni in cui viaggiano queste persone e le condizioni in cui arrivano hanno poco di umano: persone stipate nelle barche come bestie, arrivano con problemi sanitari per noi impensabili come, per citarne un paio, la disidratazione e la debolezza che quasi impedisce loro di muoversi. Scene del genere cancellano ogni sorte di forma di razzismo perché in quel momento ci si rende conto di avere davanti delle persone, e non degli “immigrati” intendendo il termine in senso dispregiativo. Al contrario, è stato invece, molto bello vedere come chi arrivava al pronto soccorso in pessime condizioni, dopo qualche cura, iniziasse a sentirsi nuovamente bene. Si è trattata di un’esperienza molto intensa e forte a livello emozionale perché mi ha fatto impattare con una realtà a me sconosciuta, totalmente diversa da quella che viene trasmessa dai media e mi ha permesso di crescere a livello personale e professionale. immigrazione Equipe Ufficio Immigrazione la storia di samira dopo 20 anni a palermo, ottiene la cittadinanza amira Zalteni, di origine tunisina, da pochi giorni è finalmente una cittadina palermitana. La giovane da 14 anni si dedica con grande passione a seguire i casi di tanti altri immigrati in qualità di mediatrice interculturale. Samira, infatti, oltre a sapere scrivere e parlare la lingua italiana molto bene, parla l’arabo, il francese e i dialetti tunisini. Il padre è stato uno dei primi immigrati a trasferirsi a Palermo negli anni settanta. A tre anni Samira ha avuto il suo primo contatto con la città di Palermo insieme alla madre per poi trasferirsi definitivamente all’età di 12 anni. Adesso, finalmente a 32 anni, anche per lei è finito “l’incubo” di dovere chiedere periodicamente il permesso di soggiorno. La cerimonia, si è svolta ufficialmente negli uffici comunali di piazza Giulio Cesare nei pressi della stazione centrale dove la giovane, visibilmente commossa, ha prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Samira, che oltre ad essere mediatrice interculturale sta per laurearsi in Lettere, adesso, grazie alla cittadinanza italiana potrà partecipare ai concorsi pubblici e potrà esprimere il suo voto alle future elezioni. “Finalmente è arrivato il momento in cui sono arrivati anche i miei diritti. Da sempre, da quando ero bambina, mi sono sentita italiana S ma solo sul piano dei doveri adesso lo sono per legge e potrei perfino candidarmi alle elezioni. Dopo di me adesso spero che anche altri miei amici possano finalmente ottenerla”. Il suo pensiero va, infatti, anche ai numerosi ragazzi immigrati di seconda generazione che credono in un futuro palermitano come lei. “Palermo è una città particolare che, nonostante tutti i suoi problemi, amo molto. Per prima cosa la vorrei più pulita, in tutti i sensi. Serve una rigenerazione. E spero che i giovani non debbano più andare via da qui per trovare un lavoro, spero di non doverlo fare mai anche io. Penso ai tanti bambini che nascono qui e che sono il futuro dell’Italia, non solo di Palermo. Piaccia o no, il futuro sarà colorato. Tutti insieme possiamo costruire una società diversa e di questo i politici ne dovranno tenere conto”. Un pensiero lo rivolge pure al suo paese di origine la Tunisia per la situazione delicata che sta attraversando. “Spero che in Tunisia vengano prese le decisioni più giuste attraverso la scelta responsabile di coloro che dovranno governare il Paese. In Tunisia si sta vivendo un momento di confusione, disorientamento. Adesso si è intrapreso un lungo percorso che spero davvero possa portare al raggiungimento della democrazia vera e propria”. Centro Studi e Documentazione sulle Migrazioni «Nel 2010 40 MILA NUOVI ITALIANI» Sono 40.223 (inclusi i 2.210 residenti all’estero) i procedimenti di concessione della cittadinanza italiana che si sono conclusi positivamente nel 2010. Le prime dieci province italiane con maggior numero di procedimenti conclusi favorevolmente sono: Milano (3.109); Roma (2.593); Torino (2.285); Brescia (1.459); Vicenza (1.153); Treviso (1.083); Padova (854); Firenze (836); Verona (778); Bologna (763) per un totale di 14.913 nuove cittadini rispetto ai 40.223 in tutta Italia. Il 37 per cento. Nella nostra provincia i procedimenti di concessione della cittadinanza italiana sono stati 225 (119 per matrimonio e 106 per residenza). Un dato inquietante: rispetto al 2009 i procedimenti che si sono conclusi negativamente sono in forte aumento: da 859 a 1.634. un incremento del 90,22 per cento! luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 29 il libro di Giuseppa Calò I L L IBRO Il prezzo della verità, il dono, il denaro, la filosofia di Marcel Hénaff arcel Hénaff compie un interessante lettura antropologica del dono cerimoniale nell’intento di recuperare capacità sociale dell’uomo nel costruire relazioni. Nel suo libro “Il prezzo della verità” esso concorre in maniera feconda ad arricchire la riflessione nell’ambito della redistribuzione e/o riconoscimento. Al di là dei conflitti sociali e delle disuguaglianze economiche e parimenti della domanda di giustizia sociale, necessita una uguaglianza di stima, se così si può, ad alcune situazioni particolari che sarebbero altrimenti inesorabilmente esposte alla devalorizzazione sociale. La categoria del dono, già valorizzata dai prestigiosi studi di Mauss e qui rievocati dal nostro autore, offre per la sua gratuità l’opportunità di leggere simbolicamente la fiducia e la reciprocità. Allearsi vuol dire mettere insieme ciò che appartiene a sé e ciò che è estraneo dell’altro attraverso un terzo elemento che proviene da sé e, al contempo, è desiderato dall’altro. M territorio Non si tratta solo di una “moda”, filosofica che tenta di sfidare i sistemi pretestuosamente razionali delle scienze che hanno la pretesa di esercitare soltanto l’unica legittima razionalità. Davanti alla fragilità antropologica si invoca la capacità creativa dell’uomo consapevole tuttavia della propria vulnerabilità. Si tratta al contrario di prendere in esame le testimonianze di pratiche sociali la cui intellegibilità può apparirci migliore grazie alle distanze fra le culture e alle diversità epocali, consentendoci di comprendere ciò che nella nostra epoca, nel momento in cui partecipiamo al dibattito è stato cancellato o spostato, mutato o ancora presentato come un nuovo problema. La tematica del dono offre una lettura delle possibili relazioni politiche, della genesi dei conflitti, della reciprocità delle relazioni sociali, delle azioni condotte dalle istituzioni e del dibattito all’interno dello spazio pubblico. Oggi nelle grandi metropoli mancano codici di civiltà condivisi e allora ognuno di noi rischia di essere straniero per l’altro e per questo che diviene urgente costruire le relazioni reinventando, dove possibile, la fiducia nell’altro, anche con il dono che prescinda dalle logiche dello scambio. Piano Infanzie e Adolescenza (Legge 285): nuovi progetti e vecchie difficoltà servizi e i progetti per i bambini e gli adolescenti previsti dal Piano Infanzia e Adolescenza del Comune di Palermo e finanziati dal Fondo Nazionale Politiche Sociali si rinnovano. È infatti in corso la valutazione dei progetti che dal gennaio 2011 saranno attivi. È prevista infatti l’assegnazione di 5 Centro aggregativi 6-13, di 5 centri aggregativi 6-12, di un Centro aggregativo con una specificità per minori stranieri, di un Centro nel quartiere San Filippo Neri, del servizio di Pronta accoglienza, del Servizio educativa domiciliare, del servizio Educatori di strada, di un centro diurno per adolescenti con disturbi della personalità, di uno Spazio 0/5 bambino e famiglia, del Centro di Giustizia Riparativa e di 4 spazi 0/5 per bambini. Dal mese di gennaio i vari enti che gestiscono i centri aggregativi non ricevono i pagamenti dal Comune di Palermo, che aspetta i riaccrediti delle somma da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che a sua volta attenda la disponibilità da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Pur mantenendo i servizi attivi e garantendo un elevata qualità degli interventi gli enti oggi si trovano in enorme difficoltà a continuare ad anticipare le somme spettanti. A questo si è aggiunto anche un ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) sull’affidamento di alcuni servizi che ha ulteriormente complicato la già fragile situazione. Occorre, oltre alla gestione e all’attivazione dei servizi e dei progetti, promuovere con urgenza la costruzione di politiche in cui i bambini, gli adolescenti e i giovani siano una priorità, dove i bambini, i ragazzi e i giovani di questa città possano essere parte attiva e destinatari, insieme alle loro famiglie, di interventi educativi seri e programmati. Dove siano considerati a tutti gli effetti cittadini che stanno crescendo e che costruiscono il loro futuro. I 30 Informa Caritas luglio/agosto duemilaundici il film di Salvo Grasso The Social Network acebook, il social network più famoso al mondo, è riuscito a varcare anche i confini della rete arrivando nelle sale cinematografiche con il film “The Social Network”, che ha vinto 4 Golden Globe, tra cui il più importante, miglior film drammatico, e ha ottenuto 8 candidature agli Oscar 2011, vincendone 3, per miglior sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora e miglior montaggio. Il film racconta com’è nato Facebook, concentrandosi sulle vicende personali del suo creatore, Mark Zuckerberg. Lo sapevate che l’idea iniziale da cui si è sviluppato Facebook, era quella di rimorchiare ragazze? A quanto pare, Mark Zuckerberg, da buon secchione, era bravo con il computer, ma aveva difficoltà nell’approcciarsi con l’altro sesso, così, sviluppò un sistema che conteneva tutti i contatti delle ragazze di Harvard. Lo scopo per cui nacque Facebook, è lo stesso che oggi lo rende popolare, che non è quello, come tanti dicono, delle amicizie ritrovate, quanto appunto, quello di rimorchiare/conquistare sul web. Il film sulla nascita di Facebook potrebbe sembrare un film dedicato solo a teenager o a chi è “malato” dell’ormai leader dei social network. Si tratta invece di un film di buona fattura, cominciando dal regista David Fincher, autore di produzioni del calibro di Seven, The Game – Nessuna regola, Fight Club o Il curioso caso di Benjamin Button; ma le note positive non riguardano solo la regia. Innanzitutto F Mark Zuckerberg The social network è una riadattazione del libro di Ben Mezrich “Miliardari per caso – L’invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento”; ma anche la lodevole colonna sonora firmata Trent Reznor Atticus Ross con brani di Bob Marley & The Wailers, The White Stripes, The Beatles e Radiohead. La stessa trama del film è molto interessante, ed il sottotitolo con cui viene presentato The social network, “Non arrivi a 500 milioni di amici senza farti qualche nemico” è molto esplicativo. Infatti, vedendo questo film, si capisce che Mark Zuckerberg non è il vero ideatore di Facebook o quantomeno non sarebbe mai arrivato a creare Facebook senza il suo socio Eduardo Save- rin e l’idea dei gemelli Winklevoss, tanto che questi ultimi gli faranno causa per 600 milioni di dollari. “The social network” è uno di quei rari film in cui tutti gli aspetti funzionano e si incastrano alla perfezione: fotografia curatissima, dialoghi eccellenti, una storia che ricostruisce la nascita di Facebook nell’università di Harvard romanzata con una tensione costante, quasi ci trovassimo in un thriller, musiche tese e inquietanti, il personaggio di Mark Zuckerberg reso da Jesse Eisenberg in tutte le sue sfaccettature, da genio nerd dotato di un’intelligenza pazzesca a traditore del suo unico amico, il co-fondatore, appunto, del social network Eduardo Saverin, interpretato da un’eccellente Andrew Garfield. Un aspetto ben evidenziato dalla pellicola è proprio il contrasto stridente tra l’uomo che ha creato il più grande fenomeno sociale del millennio e la sua incapacità di socializzare. Punto di forza del film è infatti proprio quello di riuscire a essere non solo un film biografia su uno dei più importanti personaggi del presente, bensì una storia su valori come l’amicizia, l’insicurezza e appunto la solitudine. “The social network” è quindi una di quelle storie che vanno conosciute per capire meglio il mondo in cui viviamo, uno di quei film in grado di parlare della nostra epoca con tutte le sue contraddizioni e Mark Zuckerberg è il perfetto simbolo di come si possa essere una superstar di Internet ma avere zero richieste d’amicizia nella vita reale. L’attore che interpreta Mark Zuckerberg luglio/agosto duemilaundici Informa Caritas 31 1971-2011: 40 anni di Caritas Italiana "Un percorso tra memoria, fedeltà, speranza" Far memoria per guardare avanti. Questo l’intendimento con cui Caritas Italiana ha dato avvio ad una serie di incontri, che – partiti il 1° luglio – culmineranno a novembre con il Convegno nazionale delle Caritas diocesane e l’Udienza del Santo Padre. “I temi di questi dieci avvenimenti – spiega il direttore, mons. Vittorio Nozza – li abbiamo tratti dallo Statuto: facciamo così emergere la natura della Caritas, la sua azione pedagogica ed educativa, attraverso studio, ricerca, interventi e cura. Ai compagni di viaggio che abbiamo chiamato a intervenire, chiediamo di «leggerci» e di darci qualche indicazione di prospettiva”. In questi 40 anni la Caritas ha conosciuto essenzialmente tre fasi: una prima – che Nozza riconduce ad un “volto profetico” – nella quale il ruolo determinante è stato giocato da Caritas Italiana; una seconda, dove “la profezia si fa azione di accompagnamento”, che vede Caritas Italiana camminare insieme alle Caritas diocesane in chiave di sviluppo sul territorio; infine, la fase attuale – “la profezia si fa ordinarietà” – che vede un forte radicamento e protagonismo delle Caritas diocesane, dentro un ruolo di ordinamento di Caritas Italiana. “Oggi è essenzialmente il territorio a prendere la parola – conclude il direttore – e il nostro è diventato un ruolo di sintesi, di amalgama e di sostegno alle realtà più fragili, perché maturino un’appartenenza ecclesiale profonda. Non siamo scomparsi come Caritas Italiana, ma la nostra visibilità è fatta dai tanti volti delle Caritas diocesane che innervano il territorio”. Venerdì 1° luglio, presso la sede (Roma, via Aurelia 796), mons. Nozza ha illustrato le tappe di “Un percorso tra memoria, fedeltà e profezia” con cui Caritas Italiana scandirà in questi mesi il proprio 40°: dieci momenti di confronto su comunicazione, funzione pedagogica, poveri e opere, politiche sociali, studi e ricerche, immigrati e Chiesa. Caritas Diocesana www.caritaspalermo.it o t n e m a n o b b a o u t l e d o n g o s i b o m a i b Ab INVIA LA QUOTA DEL TUO ABBONAMENTO A: Caritas Diocesana Palermo - c.c.p. 11297900 Causale: Abbonamento a “Se ognuno fa qualcosa - InformaCaritas Palermo” QUOTE: Ordinario e 10,00 Straordinario e 20,00 Sostenitore e 50,00 Benefattore e 100,00 OPPURE: C/C BANCARIO INTESA S. PAOLO - AG.N.8 Via E. Restivo, 85 - 90041 Palermo Codice IBAN n. IT68G0306904623100000000961