Non c`è solo Duisburg: ecco dove e come le cosche

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Non c`è solo Duisburg: ecco dove e come le cosche
Non c'è solo Duisburg: ecco dove e come le cosche di San Luca comandano in Germania
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Guadagnavano ufficialmente attorno ai mille marchi tedeschi al mese, almeno fino all'entrata in
vigore della moneta unica europea: oggi si aggirano sui mille e cento euro, ma la sostanza non
cambia. Sono camerieri, lavapiatti, nella migliore delle ipotesi chef o direttori di sala. Eppure
governano patrimoni ultra milionari, in molti casi li hanno creati: di certo ne sono responsabili.
Com'è possibile?
E com'è possibile che la gran parte provenga da un paesino dell'Aspromonte, San Luca, che a
malapena raggiunge i 4 mila abitanti, un centro lontano anni luce dal paradigma tipico della vita
in Germania? Pura coincidenza o c'è dell'altro? Ancora: com'è stato possibile che in pochi anni i
200 calabresi della
Locride
che si sono iscritti nel registro ufficiale degli stranieri in Germania (cioè il 5% della popolazione
di San Luca) abbiano in qualche modo "contagiato" 23 cittadine tedesche, impiantando 59
attività imprenditoriali, riconducibili a poco meno di otto/nove cognomi? La risposta è semplice,
quasi scontata: c'è dietro dell'altro, quel che tutti ormai sanno, specie dopo la strage del
Ferragosto del 2007 a
Duisburg
. Ciò che, al contrario, si conosce meno è cosa ci sia stato prima dell'ultimo episodio eclatante
di una faida tra famiglie di 'ndrangheta risalente a 18 anni prima; cosa abbiano creato sul posto
i
Pelle,
gli
Strangio, i Mammoliti, i Vottari, i Giampaolo, i Nirta, i Murdaca
,i
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Pizzata, i Romeo, i Rechichi
, gli
Alvaro
ed altri nuclei familiari minori; dove, cioè, queste famiglie si siano insediate nel corso del tempo,
facendo cosa, lavorando dove, guadagnando quanto. Della cosiddetta antropologia
'ndranghetista si conosce più o meno tutto: perché si ammazzano tra loro, quando, in nome di
cosa, che tipo di rito di affiliazione è previsto, quali codici seguono, che patrimoni controllano e
perfino una presunta religiosità degli adepti che culminerebbe nel ritrovo estivo annuale al
Santuario della Madonna di Polsi
in Calabria. Se si chiedesse in Italia cosa sia Duisburg, è facile sentirsi rispondere: «Ah sì, è il
paese tedesco dove un commando di due calabresi ne ha fatti secchi altri sei, roba di vendette
di mafia...». Vero. Ma quell'episodio di meno di quattro anni fa è solo una delle forme estreme
dell'eterna lotta tra famiglie di 'ndrangheta, l'unica differenza è che allora l'esecuzione fu
esportata su suolo straniero.
Ma non c'è solo Duisburg: ci sono in Germania altre 22 città dove la presenza delle 'drine è
radicata, così come non ce n'è solo uno di ristorante "Da Bruno", cioè quello dinanzi al quale
gli Strangio scrissero un altro capitolo della faida contro i
Pelle-Vottari.
Ce ne sono altri omonimi e molti ancora, con diverse ragioni sociali, sono sparpagliati nei
lander: soprattutto gelaterie, poi pizzerie e ristoranti, alcuni anche di livello alto. Si badi bene:
stiamo parlando solo delle cosche di San Luca, forse le più potenti in assoluto. Non stiamo
considerando il resto delle famiglie insediate in Germania provenienti da altre parti del territorio
della Calabria. Colpisce di sicuro l'impressionante capacità di penetrazione di queste ultime, al
punto da rappresentare anche per le autorità tedesche un problema nel problema.
Tempi
è venuto in possesso di un rapporto consegnato dall'Lka e dal Bka (
Landerskriminalamt
e
Bundeskriminalamt
, cioè la polizia criminale) alla Direzione investigativa antimafia italiana, nel quale con la
tradizionale precisione teutonica è narrata la composizione familiare dei sanluchesi, dove
abitano, quante volte sono usciti ed entrati dalla Germania, quanti viaggi hanno fatto da e per
l'Italia, da e per la
Colombia
, da e per l'
Australia
, quanti soldi hanno movimentato, cosa hanno comprato, quanto hanno guadagnato, che tipo di
imprese hanno messo in piedi, quali e quante attività illecite hanno consumato dentro e fuori la
Germania, quanti figli hanno, chi frequentano, quando e dove. Insomma, una radiografia
completa, aggiornata all'aprile del 2009.
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Dopo questa data qualcosa è cambiata, anche se non troppo: un padrino vero, Antonio Pelle
(alias
'Ntoni Gambazza
) è morto in un ospedale calabrese dove si curava durante la latitanza, uno degli Strangio (alias
"Iancu"
) della strage di Duisburg è stato preso, qualcuno è morto, qualcun altro è uscito di prigione,
qualche ristorante è stato chiuso e altri se ne sono aperti. Ma il quadro generale non è
cambiato, il grosso del problema è ancora sul tappeto. Dall'inizio degli anni 90 sono state
condotte numerose indagini in Germania (e in Italia) nei confronti di esponenti dei clan di San
Luca per «sospetta associazione a delinquere di stampo mafioso e sospetta violazione della
legge sugli stupefacenti e sulle armi» come recita correttamente il rapporto tedesco spedito alle
autorità italiane. Da quelle indagini è emerso, tra l'altro, che un consistente numero di
'ndranghetisti non risieda solo a Duisburg ma anche ad
Erfurt, Monaco, Lipsia, Neukirchen-Vluyn, Essen
, nel
Saarland,
a
Dresda
ea
Bochum
. Come già accennato, una delle prime cose rilevate dalle indagini è il fatto che molte delle
persone che lavoravano come camerieri nei ristoranti, dopo poco tempo erano finanziariamente
in grado di aprire un proprio locale. Tutti provengono da quel paesino dove fu organizzato e
consumato il rapimento del nipote del petroliere americano
Paul Getty
, anni '70, piena epoca dei sequestri di persona, la fonte di finanziamento iniziale della mafia
calabrese: cioè San Luca, che a sua volta confina con
Africo, Locri
e
Platì
. Un quadrilatero operativo i cui effetti la Germania ormai conosce bene. Il lavoro degli
investigatori tedeschi ha rilevato altre basi logistiche minori delle cosche, oltre che nei citati
centri, anche a
Gemering, Eisenach
,
Weimar
e
Volklingen/Bous
. Bisogna fare un veloce passo indietro, a molto tempo prima della strage di Ferragosto 2007
per ricostruire un certo radicamento dei clan a Duisburg.
Già nel 1992/93 la questura della città tedesca in collaborazione con quella di Bologna, riuscì a
radiografare la cabina di regia operante sul posto. C'erano i fratelli
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Mammoliti
al timone (Antonio, Michele, Aurelio e Domenico, tutti nati a San Luca, il capo era Antonio) che,
fra un traffico internazionale di cocaina ed eroina e l'altro, e grazie alle ramificazioni operative
con cognati e cugini (ad esempio
Sebastiano Giorgi
e
Stefano Romeo
) praticamente dettavano legge, entrando pian piano nell'economia legale. Antonio Mammoliti,
sfuggito alla retata del '93 della questura di Duisburg, venne preso in Italia solo ad ottobre del
1996: rimase agli arresti domiciliari soltanto un anno, poi fu liberato. Nel marzo del 1997
denunciò la propria residenza nuovamente a Duisburg, amministrando nel frattempo il ristorante
"Gazzetta" al n.1 di Giesereinstrasse. Non solo: dal 22 novembre 1999 fino alla fine del 2001 il
boss ha anche amministrato l'impresa "Hotel Romerwall Gmbh", domiciliata a Oberhausen:
un'attività che esisteva già dal giugno del '98, con una filiale a Geldern, Issumer Str. 72. A
questo indirizzo l'impresa gestiva un sontuoso hotel, i cui lavori di ristrutturazione nel 2000
-secondo la polizia tedesca- comportarono un esborso di ingentissime somme di danaro. Tra
gli oggetti sociali dell'azienda dei Mammoliti vi è anche la compravendita di specialità
gastronomiche. Unico socio risultava essere il figliastro del boss,
Claudio Sozio
, nato nel 1974 a Gelsenkirchen. Otto i collaboratori registrati.
L'hotel era invece gestito da Giuseppe Menga (un prestanome di origini pugliesi) e nel 1999 vi
aveva lavorato Giuseppe Murdaca, nato nel 1973 a Locri, il quale a sua volta ha gestito fino al
2000 la pizzeria
"Da Marcello" a Bochum.
Successivamente si è trasferito a Lipsia e forse ha ripreso -secondo gli inquirenti- a lavorare in
altri ristoranti della città. Mammoliti, intanto, a partire dal 10 maggio del 2000 è stato anche
amministratore dell'impresa "Pasta & Meer Gmbh" a Oberhausen, il cui titolare era ancora il
figliastro. Alla fine del 2001 Mammoliti chiede la dichiarazione di fallimento, fondando quasi
contemporaneamente una nuova impresa, la "Stella di Mare Gmbh i.G.". Non solo droga ed
armi, dunque ma anche truffe a banche e fornitori: risultano ancora procedimenti fallimentari ma
se ne ignorano i contenuti. Tutto questo solo per descrivere la minima parte di una frenetica
attività imprenditoriale delle cosche in Germania. Del ristorante " Da Bruno", teatro della strage
si è già detto e scritto tutto. O quasi. Questi pochi esempi tracciati rientrano in un più vasto e
complesso mosaico di attività ormai consolidatesi in territorio tedesco. Le famiglie mafiose
originarie di San Luca hanno qui creato basi logistiche delle quali si servono per altri scopi. Gli
stessi clan al momento più forti a San Luca (i Romeo, alias "Staccu", i Vottari, alias
"Frunzu"
e i Pelle, alias "Gambazza") replicano analogo dominio in Germania. Lipsia, Erfurt e Duisburg
risultano controllate dai Mammoliti, con uno della famiglia Giorgi e
Spartaco Pitanti
, quest'ultimo personaggio dalle mille sfaccettature, finanziatore di diverse imprese e
proprietario di immobili a Dresda e dintorni. Poiché circa 200 persone originarie di San Luca
sono residenti in Germania, si presume che costoro debbano anche versare tangenti agli
esponenti dei clan rimasti in Calabria.
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Basti pensare che nel luglio del 2000 una coppia di coniugi è stata assassinata davanti al figlio
poiché i due si erano rifiutati di pagar dazio ai clan. Sono soprattutto i più giovani delle famiglie,
spesso incensurati, ad essere adatti ad occupare le basi logistiche all'estero. Tra il 2008 e il
2009, 65 giovani (fino all'anno di nascita 1991) originari di San Luca si sono trasferiti in quelle
città per aprirvi attività commerciali. Gli accertamenti hanno consentito di appurare che nella
maggioranza dei casi erano tutti figli, nipoti, parenti dei vari capi e sottocapi che svolgevano il
"lavoro duro" sul suolo tedesco. Così come su quello italiano.
Peppe Rinaldi dal settimanale "Tempi"
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