1 INDICAZIONI ALLA TERAPIA DELL`EPATITE C

Transcript

1 INDICAZIONI ALLA TERAPIA DELL`EPATITE C
INDICAZIONI ALLA TERAPIA DELL’EPATITE C
Raffaele Cozzolongo
Struttura Complessa di Gastroenterologia Medica
Ospedale “S. de Bellis” IRCCS – Castellana Grotte (BA)
L’efficacia della terapia dell’epatite C è considerevolmente migliorata negli ultimi 10 anni
con una frequenza di risposta virologica sostenuta (HCV-RNA negativo sei mesi dopo la
sospensione della terapia) che è passata dal 6% con il solo interferone (IFN) alla dose di 3 MU tre
volte la settimana al 45% con la combinazione IFN + ribavirina (RBV) fino a sfiorare il 60%
quando l’IFN standard è stato sostituito dall’IFN peghilato (PEG-IFN).
Il considerevole miglioramento nell’efficacia pone la questione dell’indicazione alla terapia
tenendo in conto l’alta probabilità di risposta sostenuta in alcuni pazienti, specie in quelli infettati
con genotipo 2 o 3, e gli effetti collaterali del trattamento. A questo proposito c’è da sottolineare
che la terapia combinata PEG-IFN+RBV è molto meno tollerata della monoterapia con IFN per cui,
se è vero che raddoppia l’efficacia, raddoppia anche gli effetti collaterali e i drop-out per cui è non
si presta ad essere adottata come terapia universale.
Nell’ambito del sottoprogetto “Approccio dei medici di famiglia all’epatite C”, è stata anche
esplorata, mediante un questionario autosomministrato, l’attuale conoscenza dei colleghi in merito
alle indicazioni di massima alla terapia dell’epatite C.
Di fronte al paziente classico con transaminasi elevate, l’accordo sulla necessità di trattare è
stato pressoché unanime. Circa il tipo di trattamento, il 55% dei rispondenti indicava la terapia
combinata IFN +RBV mentre fortunatamente solo il 3% riteneva utile la RBV in monoterapia.
1
Linee guida per il trattamento
Il trattamento dell’epatite C deve essere riservato a pazi enti in cui esso è chiaramente
necessario. Se il rapporto rischio-beneficio è risultato favorevole (tab. 1), i pazienti viremici
dovrebbero essere sottoposti a biopsia epatica e, se c’è evidenza di un danno epatico significativo,
al trattamento antivirale.
Tab. 1 Benefici e rischi della terapia dell’epatite C
Benefici
Rischi
Causa di sintomi in alcuni pazienti
Progressione di malattia solo in alcuni
Sviluppo di cirrosi nel 20-30% dei casi
pazienti
Tra le indicazioni più comuni al trapianto di
Progressione di malattia lenta e variabile
fegato
Terapia costosa ed inefficace in oltre il 50%
Benefici della terapia certi a breve termine
Terapia con frequenti effetti collaterali,
Eliminazione contagiosità
spesso mal tollerata
Probabile miglioramento sopravvivenza
Durata prolungata della terapia
Miglioramento qualità di vita nei responder
Alto costo della terapia
Nelle analisi economiche, il trattamento è
Terapia in evoluzione e migliori trattamenti
“cost/effective”
potranno essere presto disponibili
L’epatite C infatti non sempre risulta in un danno epatico severo. Studi sulla storia naturale
della malattia hanno dimostrato che solo il 20-25% dei pazienti va incontro a cirrosi epatica durante
i primi 20-30 anni di infezione.
Sarebbe molto utile poter identificare i pazienti con epatite C che hanno maggiore
probabilità di sviluppare cirrosi e che quindi richiedono la terapia, ma purtroppo di solito ciò non è
2
possibile. Non ci sono caratteristiche cliniche, biochimiche o virologiche che aiutino a predire in
modo accurato quali pazienti svilupperanno una malattia progressiva.
Nel marzo 1997 la Conferenza di Consenso organizzata in USA sul trattamento dell’epatite
C ha definito le indicazioni standard per il trattamento. Tra i criteri figurano l’aumento prolungato
delle transaminasi, la presenza dell’HCV-RNA nel siero, il dato istologico di una epatite cronica ed
infine l’assenza di controindicazioni:
Tab. 2 Criteri “minimi” per il trattamento dell’epatite C
Transaminasi elevate da almeno sei mesi
Positività sierica per HCV-RNA
Fibrosi sia portale che a ponte o almeno flogosi e necrosi di
grado moderato alla biopsia epatica
Epatopatia non scompensata
Aderenza e accettabilità della terapia
Astinenza da alcol e droghe
Assenza di controindicazioni
Il gruppo di esperti stabiliva che il trattamento antivirale era chiaramente indicato negli
adulti di età compresa tra i 18 e i 60 anni che avevano evidenza istologica di malattia
moderata/severa. Meno chiara era l’indicazione per pazienti anziani, bambini, cirrotici e soggetti
con transaminasi normali o con epatite lieve (fibrosi assente o portale; necro-infiammazione
minima).
Questi criteri sono stati confermati nel 1999 in occasione della Conferenza Internazionale
organizzata dalla Associazione Europea per lo Studio del Fegato (EASL) a Parigi nel febbraio 1999,
sebbene sia emerso maggiore entusiasmo nel trattare i cirrotici ed i soggetti anziani (l’età fisiologica
3
è più importante di quella anagrafica!). In questa ultima situazione c’è da considerare lo stato
generale di salute ed in particolare le condizioni del sistema cardiovascolare in quanto è ben noto
che, se viene preso in considerazione il trattamento con RBV, esiste un potenziale rischio legato al
calo della emoglobina.
Le raccomandazioni EASL sono state in seguito adottate dalla Commissione Unica del
Farmaco (CUF) Italiana nell’ambito del progetto “IMPROVE”, e sono tuttora valide (nota CUF 32).
La presenza di sintomi, l’entità dell’incremento delle transaminasi, la carica virale ed il
genotipo possono aiutare nella decisione di trattare o meno ma questi fattori non dovrebbero esser
usati come criteri stretti a favore o a sfavore della decisione di trattare.
Se si decide di iniziare il trattamento, bisogna tener presente che soggetti con genotipo non-1
e/o con viremia bassa hanno una probabilità di eradicare in modo sostenuto l’HCV nettamente più
alta dei soggetti con genotipo 1 e/o carica virale alta.
Fino a poco tempo fa, per essere trattato il paziente doveva avere livelli di transaminasi
almeno 1,5 volte oltre la norma. Questo criterio era arbitrario e di difficile impiego se si
considerano le fluttuazioni delle transaminasi nel tempo. Nella pratica clinica, qualsiasi anomalia
delle transaminasi che sia presente da sei mesi o più è probabilmente adeguata a prendere in
considerazione l’eventuale terapia antivirale.
La terapia non dovrebbe di certo essere limitata ai pazienti sintomatici. I sintomi nell’epatite
C sono spesso aspecifici (astenia, sonnolenza, disturbi gastro-intestinali, dolenza addominale) e non
correlano con la severità o lo stadio istologico di malattia. Alcuni pazienti sono asintomatici fino a
quando non sviluppano le complicanze della cirrosi.
Ad oggi e con le attuali terapie, i pazienti con transaminasi normali non dovrebbero essere
trattati a meno che non siano inseriti in studi clinici controllati. Questi soggetti sono caratterizzati
dalla presenza di anticorpi anti-HCV, dalla positività per l’HCV-RNA e dalla persistente
4
normalizzazione delle ALT (ritestate ogni 3 mesi per almeno un anno). Vengono pertanto definiti
“portatori asintomatici di HCV” e possono avere un fegato normale.
Se trattati, possono presentare dei picchi epatitici, sia durante che subito dopo la fine della
terapia.
Per i pazienti “non responsivi” ad un precedente ciclo con antivirali, attualmente non
esistono evidenze scientifiche sull’efficacia del ritrattamento né, pertanto, linee guida o
raccomandazioni in proposito.
Tuttavia a questo quesito come a molti altri (terapia dell’epatite acuta C, dell’epati te lieve o
con ALT normali, ecc.) cercherà di dare una risposta la prossima conferenza di consenso dell’NIH
che si terrà negli USA nei giorni 10-12 giugno 2002 (http://consensus.nih.gov).
Controindicazioni al trattamento
Le principali controindicazioni alla terapia di combinazione IFN più RBV includono la
cirrosi scompensata, la tossicomania, malattie autoimmuni, storia di depressione maggiore e
soggetti trapiantati.
Il cirrotico scompensato (cioè con di ittero, ascite, storia di emorragia variceale,
encefalopatia epatica, sindrome epato-renale o epato-polmonare) va peggio se trattato. Molto
pericolose sono infatti le infezioni che spesso sono risultate letali. Le malattie psichiatriche
richiedono la massima attenzione perché possono essere riesacerbate dall’IFN. Lo stesso vale per la
malattie autoimmmuni tipo artrite reumatoide e LES. Pazienti invece con tireopatia o diabete tipo I
ben controllati possono essere trattati con sicurezza. Pazienti con psoriasi o rettocolite ulcerosa
possono andare incontro a peggioramenti. L’alcolismo e la tossicomania sono importanti cofattori
di danno epatico nei pazienti con epatite C e devono essere stati eliminati da almeno un anno prima
di proporre la terapia.
5
Altre controindicazioni includono anemia, emolisi o insufficienza renale se si usa la RBV. A
causa dell’esordio improvviso dell’anemia sotto trattamento con RBV, bisogna usare estrema
cautela nei pazienti con cardiopatia o vasculopatia cerebrale su base ischemica. La RBV può
provocare iperuricemia per cui andrebbe evitata nei pazienti con artropatia gottosa.
Infine è obbligatorio evitare gravidanze durante la combinazione e nei sei mesi successivi
alla sua interruzione. Pertanto i soggetti che non sono in grado di praticare la contraccezione non
devono essere trattati.
Effetti collaterali
Effetti avversi seri compaiono nell’1-2% dei pazienti. I più comuni sono la comparsa di
autoanticorpi con talora associata vera patologia autoimmune tipo la tiroidite. La funzione tiroidea
va monitorata rivalutando ogni 3 mesi gli ormoni tiroidei e gli anticorpi antitiroide. La disfunzione
tiroidea può anche essere transitoria ma talora porta anche alla terapia sostituiva. La psoriasi e il
lichen planus possono riacutizzarsi per effetto della terapia.
L’effetto mielosoppressivo è temporaneo. Si osserva un calo dei neutrofili e delle piastrine
nel 25-40% dei casi. Quando si aggiunge la RBV, il calo delle piastrine è inferiore mentre
aumentano i linfociti del sangue (10-20% dei casi). Queste modificazioni sono generalmente lievi e
richiedono di rado riduzioni di posologia.
Gli effetti psichiatrici possono essere anche molto pericolosi essendo stato riportato anche il
suicidio durante la terapia interferonica. Per questo motivo i pazienti con psicosi severa, sindrome
bipolare, ecc. dovrebbero essere trattati con estrema cautela.
Rispetto all’IFN standard, l’IFN-peghilato sembra indurre con maggiore frequenza reazioni
cutanee, specie nella sede dell’iniezione, e neutropenia talora severa. Il 40% dei pazienti è costretto
inoltre a ridurre la dose. La sindrome simil-influenzale si manifesta invece con minore frequenza.
6
Con la terapia combinata gli effetti collaterali non solo sono più frequenti ma anche più seri
e più difficili da trattare.
La RBV di per sé induce emolisi in modo dose-dipendente e può provocare sensazione di
naso chiuso, una tosse secca molto fastidiosa e rash cutanei. L’anemia emolitica si manifesta in
quasi tutti i pazienti trattati con RBV ma può diventare clinicamente importante nel 7-10% dei casi.
E’ stato stimato che esiste un 25% di probabilità che la dose di Hb venga ridotta di 4 gr/dl o più
durante la terapia. Questo effetto collaterale sconsiglia l’impiego della RBV in pazienti con
cardiopatia ischemica, con anemia emolitica tipo talassemia, con vasculopatia cerebrale. Anche
questo effetto collaterale è per fortuna transitorio scomparendo entro 4-8 settimane dalla fine della
terapia.
Analisi costo-efficacia della terapia dell’epatite C
Vari studi hanno dimostrato che il rapporto costo-efficacia è a favore del trattamento. I futuri
risparmi osservati per il trattamento dell’epatite C sono confrontabili o migliori di altri trattamenti
già accettati e da tempo nella pratica clinica (screening per l’ipertensione arteriosa, dialisi,
screening per il cancro colo-rettale, bypass aorto-coronarico). I pazienti che rispondono alla terapia
(anche quelli con sola normalizzazione delle transaminasi) mostrano un miglioramento significativo
dei parametri di misurazione della qualità di vita.
7
Bibliografia
− Poynard T, Leroy V, Cohard M, et al. Meta-analysis of interferon randomized trials in the
treatment of viral hepatitis C: effects of dose and duration. Hepatology 1996;24:778-789.
− Hoofnagle JH, and Di Bisceglie AM. The treatment of chronic viral hepatitis. N Eng J Med
1997;336;5: 347-356.
− Lindsay K. Therapy of Hepatitis C: Overview. Hepatology 1997;26(Supp. 1):71S-77S.
− Alberti A, Chemello L, Noventa F et al. Therapy of Hepatitis C: Re-Treatment with Alpha
Interferon. Hepatology 1997; 26(Suppl 1): 137S-142S.
8
− Di Bisceglie AM, Conjeevaram HS, Fried MW, et al. Ribavirin as therapy for chronic hepatitis
C. A randomized, double-blind, placebo-controlled trial. Ann Intern Med 1995; 123:897-903.
− Dusheiko G, Main J, Thomas H, et al. Ribavirin treatment for patients with chronic hepatitis C:
results of a placebo-controlled study. J Hepatol 1996;25:591-598.
− Bodenheimer HC, Lindsay KL, Davis GL, et al. Tolerance and Efficacy of Oral Ribavirin
Treatment of Chronic Hepatitis C: A Multicenter Trial. Hepatology 1997;26:473-477.
− Schalm SW, Hansen BE, Chemello L, et al. Ribavirin enhances the efficacy but not the adverse
effects of interferon in chronic hepatitis C. Meta-analysis of individual patient data from
European centres. J Hepatol 1997; 26: 961-966.
− McHutchison JG, Gordon SC, Schiff ER, et al. Interferon alfa-2b alone or in combination with
ribavirin as initial treatment for chronic hepatitis C. Hepatitis Interventional Therapy Group. N
Engl J Med 1998;339:1485-92.
− Poynard T, Marcellin P, Lee SS, et al. Randomised trial of interferon alpha2b plus ribavirin for
48 weeks or for 24 weeks versus interferon alpha2b plus placebo for 48 weeks for treatment of
chronic infection with hepatitis C virus. International Hepatitis Interventional Therapy Group.
Lancet 1998;352:1426-32.
− Puoti C, Castellacci R, Montagnese F. Hepatitis C virus carriers with persistently normal
aminotransferase levels: healthy people or true patients. Digest Liver Dis 2000;32:634-643.
− National Institutes of Health Consensus Development Conference Panel. Statement:
management of hepatitis C. Hepatology 1997;26(Suppl 1):2S-10S.
− EASL International Consensus Conference on Hepatitis C Panel. Consensus Statement. J
Hepatol 1999;30:956-961.
9