Invito al banchetto:

Transcript

Invito al banchetto:
Invito al banchetto:
il cibo e la maraviglia sulle tavole medievali e
rinascimentali
Proposte didattiche per le scuole secondarie di primo grado
a cura di Linda Silvia Zanandreis
Coordinamento didattico: Margherita Bolla
Settembre 2013
1
INDICE
Introduzione
Tra la civiltà classica e quella barbarica
- Il tesoro di Isola Rizza
L’alimento prediletto sulle tavole medievali: la carne
- Edicola con Madonna a Santi
Altri alimenti in tavola
Il condimento
Bere e mangiare per affermare il proprio potere
La cottura della carne
Il ruolo della Chiesa
I ricettari medievali
- Tacuinum sanitatis
Il vino
Le differenze tra ricchi e poveri
- Madonna della quaglia
Il passaggio al basso medioevo e al rinascimento
- Interno con cucina
- Concerto a tavola
- Natura morta con l’andata a Emmaus
La scoperta di nuovi territori e nuovi cibi
Il banchetto
La tavola e la disposizione dei posti
Il galateo
La “maraviglia” in tavola
Schede di consolidamento: leggi e rifletti
Scheda di verifica
Bibliografia
p. 4
p. 5
p.
p.
p.
p.
p.
p.
7
7
8
8
8
10
p. 11
p. 12
p. 13
p.
p.
p.
p.
p.
p.
p.
p.
16
17
18
19
19
20
24
25
2
INTRODUZIONE
Il percorso si propone, attraverso l’analisi di alcune opere, di offrire un sintetico
panorama dell’alimentazione medievale e rinascimentale, ponendo l’attenzione sia sul
contributo dato dall’arrivo delle popolazioni germaniche nel cambiamento di gusti e
stili rispetto alla precedente alimentazione romana, sia sugli usi e i costumi invalsi a
tavola nel Medioevo e nel Rinascimento, con relative note di galateo.
Seguirà un laboratorio in cui gli alunni avranno modo di vivere in prima persona un
momento conviviale ambientato nel medioevo.
Prerequisiti
Si richiede che la classe abbia presenti le nozioni fondamentali di storia per quanto
riguarda il medioevo e il primo rinascimento.
Obiettivi del percorso
L’attività didattica si propone di far conoscere i periodi storici presi in esame
attraverso il cibo e gli usi e i costumi a tavola. Si tratta di un modo alternativo e
sicuramente interessante per capire meglio la società, i modi di vivere, le abitudini e la
mentalità degli uomini che hanno vissuto nel medioevo e nella prima età moderna. È
quindi particolarmente indicato per l’insegnamento della storia, ma anche di
letteratura e convivenza civile.
Il percorso in Museo può essere proposto, con gli opportuni approfondimenti, anche
alle scuole secondarie di secondo grado, con la possibilità di ampliarlo con il
laboratorio in classe A tavola nel Medioevo.
3
La parola convivio viene dal latino cum vivere, cioè vivere insieme. Il fatto che indichi
il mangiare insieme, sottolinea l’accostamento importante tra l’atto del mangiare e
quello del vivere.
La cucina è come uno specchio della società. Ciò che viene cucinato, il modo in cui
viene mangiato e chi se ne nutre dice molto sul periodo storico, sul luogo, sui modi di
vivere delle persone. Ciò vale indubbiamente anche per il medioevo e il rinascimento,
momenti storici interessati da avvenimenti che hanno influenzato il modo di vivere e
di mangiare fino ai nostri giorni.
Tra la civiltà classica e quella barbarica
L’arrivo delle popolazioni barbariche nei nostri territori e la caduta dell’impero romano
hanno portato grandi cambiamenti nella società, innescando una sorta di scontroconfronto tra la cultura classica e quella barbarica. Si tratta indubbiamente di due
modi di vivere molto diversi tra loro, ma parlare di confronto è senza dubbio esatto,
perché oltre ad essere state esaltate le caratteristiche di ognuno c’è stato anche un
reciproco scambio.
La civiltà greco-romana era dedita alla cerealicoltura e all’arboricoltura. I prodotti
principali erano il grano, il vino e l’olio; veniva mangiata poca carne, mentre si
consumavano molti latticini e formaggi, derivati dall’allevamento ovino, il più
praticato. Ne risultava un’alimentazione equilibrata, in rapporto alla salute del corpo.
La civiltà barbarica, invece, era molto diversa, perché si trattava di popolazioni
seminomadi, con scarsa attenzione verso la coltivazione dei campi. Infatti i pochi
cereali prodotti servivano per la birra e gli ortaggi venivano coltivati solo per
autoconsumo in piccoli orti vicino
agli insediamenti. Una grande importanza
assunsero invece le attività che si svolgevano in spazi incolti quali la caccia, la pesca,
la raccolta di frutti spontanei e l’allevamento allo stato brado, soprattutto dei maiali.
Per le popolazioni barbariche era importante mangiare molto, soprattutto carne; ne
risultava un’alimentazione squilibrata.
Si è passati quindi da un’economia di tipo mercantile, dove il frumento e i cereali
prodotti venivano commercializzati e usati per il mercato, ad un’economia basata
sull’autoconsumo, con un’agricoltura di sussistenza.
Dall’incontro delle caratteristiche di queste due civiltà così diverse, nel periodo
medievale nasce un sistema produttivo misto agro-silvo-pastorale, dove la
coltivazione del frumento, dell’orzo, della vite e dell’olivo, si affianca alla raccolta di
frutti spontanei, all’allevamento suino e alla caccia.
Un esempio di come queste due culture hanno mantenuto la loro identità si ha con
l’Emilia Romagna nel periodo altomedievale, dove l’Emilia, di influenza maggiormente
longobarda, si dedicava all’allevamento suino; mentre in Romagna, legata più alla
cultura romana, veniva praticato quello ovino.
Proprio i longobardi hanno avuto nei nostri territori un ruolo importante nel periodo
altomedievale. Verona, anche se non si può parlare di vera e propria capitale
longobarda, è stata una città di rilievo.
4
Il tesoro di Isola Rizza
(sei cucchiai in argento, con “vaschetta” ovoidale)
Si tratta di un insieme di oggetti preziosi rinvenuti a Isola Rizza nel 1872, sepolti a
poca profondità, in una fossa delimitata da laterizi e coperta da una lastra in pietra.
Non si può parlare di corredo funebre, bensì di un tesoro, probabilmente sepolto in
quella zona per salvaguardarlo durante i
numerosi momenti di pericolo del VI
secolo d.C, tra cui la conquista
longobarda del 569 d.C. Tra questi
oggetti vi sono sei cucchiai, tutti
d’argento, ma di due tipologie diverse
perché appartenenti a due servizi. Un
gruppo
di
tre
cucchiai
ha la
terminazione a punta, teste di grifo
all’attacco del manico e l’iscrizione
VTERE FELIX (una sorta di augurio ad
usare felicemente questo oggetto); il
secondo gruppo invece non porta scritte e il manico è modanato con terminazione a
pinnacolo. I cucchiai hanno segni di usura, segno che erano in uso da tempo prima
che venissero nascosti. Dal confronto con altri reperti simili e da studi sulla tipologia
dell’iscrizione, emerge che potrebbero essere datati prima della fine del V secolo d.C.
L’alimento prediletto sulle tavole medievali: la carne
Il cibo per eccellenza che non poteva mancare sulle tavole medievali era sicuramente
la carne. La cacciagione era importantissima: venivano cacciati cervi, cinghiali,
caprioli, lepri, quaglie e uccelli vari, che però si trovavano più che altro sulle tavole dei
più ricchi. Andare a caccia e uccidere gli animali era infatti una manifestazione di forza
e potere.
Ma per quanto riguarda la carne sicuramente il maiale ricopriva un ruolo importante.
Allevato allo stato brado, era l’unico animale che serviva esclusivamente per la
macellazione (ovini e bovini fornivano anche lana e latte). Dal maiale inoltre si
ricavavano moltissimi prodotti.
Una cosa curiosa e interessante per capire l’importanza di questo animale è che in
determinati territori, soprattutto quelli di influenza germanica, i boschi venivano
misurati in maiali, cioè in base a quanti di questi animali potevano essere allevati in
una determinata ampiezza di terreno.
5
Ancora, nell’Editto di Rotari, re longobardo, si ordinava che venissero puniti tutti
coloro che recavano offesa ad un Mastro Porcaro, con la stessa pena riservata a chi
offendeva un servo istruito.
Il maiale è anche uno degli attributi di un santo molto importante nella cultura
medievale e non solo, cioè Sant’Antonio Abate. Lo troviamo rappresentato in un opera
scultorea che sicuramente tutti noi abbiamo visto passeggiando in città.
Edicola con Madonna e santi
(Antonio da Mestre, fine XIV – inizi XV secolo; marmo)
La scultura si trovava in piazza Bra, all’imbocco di via Mazzini, dove ora vi è una
copia. L’opera, che cronologicamente si colloca alla fine del XIV secolo, è attribuita
ad Antonio di Mestre. Raffigurati all’interno dell’edicola troviamo: la Madonna, San
Bartolomeo, San Giacomo e Sant’Antonio Abate. Sulle cuspidi sono invece
rappresentati i Santi Giorgio e Giovanni Battista, e si possono riconoscere anche
delle spighe. Infatti quest’edicola aveva la
funzione di proteggere il mercato, in particolar
modo del bestiame. Proprio ai piedi della figura
di Sant’Antonio è posto un maialino, che fa parte
degli attributi iconografici del santo.
Antonio era un eremita egiziano, vissuto nel III
secolo d.C., noto per aver combattuto le
tentazioni di molti demoni nel deserto.
Solitamente viene raffigurato con un maialino
perché, come vuole la leggenda, l’animale lo
seguiva ovunque dopo che il santo l’aveva
guarito da una grave malattia. A partire dall’XI
secolo, con la traslazione delle reliquie in
Francia, il Santo fu sempre più venerato e
divenne il patrono prima dei maiali, che avevano
una grande importanza, poi di tutti gli animali
domestici. Anche la macellazione del maiale era collegata alla sua festa, cioè il 17
gennaio. Proprio questo giorno era anche usanza far benedire sul sagrato delle
chiese cavalli, asini, cani, gatti e perfino uccellini. A Sant’Antonio è dedicato anche
un ordine religioso: gli Antoniani, nato nell’XI secolo. Da quel momento i papi
avevano persino accordato loro il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a
spese della comunità. Infatti questi potevano circolare liberamente per le vie e i
cortili dei paesi e avevano come segno di riconoscimento una campanella. Il loro
grasso era di fondamentale importanza per curare l’ergotismo, bruciore causato
dall’avvelenamento provocato da un fungo presente nella segale usata per fare il
pane, detto anche fuoco di Sant’Antonio, perché al Santo ci si rivolgeva appunto per
la guarigione.
6
Altri alimenti in tavola
Sulle tavole medievali e della prima età moderna si trovavano molti tipi di alimenti,
perché veniva mangiato un po’ di tutto, anche se il cibo per eccellenza, come già
detto, era la carne. Vediamo ora quali altre pietanze venivano consumate:
Il pesce: veniva mangiato soprattutto quello di acqua dolce perché si pescava
principalmente in paludi, stagni, laghi e fiumi.
I cereali: erano coltivati i cereali minori come miglio, spelta, orzo, avena, sorgo e
segale. Venivano utilizzati per preparare zuppe e polente, che erano molto apprezzate
all’epoca.
Le verdure e i legumi: rape, ravanelli, lattuga, sedano, spinaci, bietole, finocchi, porri,
cipolle, zucche (quelle lunghe perché le altre arriveranno dopo la scoperta
dell’America), asparagi, funghi, fave, piselli, ceci e lenticchie. Tutto ciò poteva essere
preparato in vari modi come a lesso o in umido. Ogni casa poteva avere anche un
orto privato, che non veniva tassato dai feudatari.
La frutta: fichi, mele, uva, pere, ciliegie, susine, pesche, mandorle, noci, more del
gelso. Poteva essere utilizzata per preparare anche salse e confetture e spesso era
abbinata ai cibi salati. Molto importante era anche la castagna, dalla quale si ricavava
pure la farina. Per questo il castagno era chiamato “albero del pane”, prezioso
soprattutto per i più poveri e nelle zone di montagna.
Il condimento
Per preparare i cibi venivano utilizzati anche dei condimenti. Questi erano soprattutto
di origine animale, come lardo e strutto. Però ciò avveniva più che altro nel nord
Italia, mentre nelle zone a sud erano più utilizzati i grassi vegetali e l’olio d’oliva (o di
noce per i più poveri).
Anche le spezie erano molto presenti (zenzero, cannella, noce moscata, curcuma,
pepe, chiodi di garofano) ma soprattutto per ceti abbienti, mentre i più poveri
utilizzavano erbe aromatiche come maggiorana, prezzemolo, salvia, rosmarino,
basilico, coriandolo e alloro.
Altro elemento di fondamentale importanza è il sale perché aveva diverse funzioni:
- rendere i cibi più gustosi e digeribili
- “chiarificare” il vino, cioè renderlo meno torbido
- conservare la carne
- proprietà curative (veniva utilizzato per unguenti, polveri, pozioni e supposte,
oppure per bagni tonificanti, massaggi e cosmesi)
7
Bere e mangiare per affermare il proprio potere
Per tutto il medioevo, in contrasto con la mentalità classica dell’equilibrio e della cura
del corpo, veniva ammirato e considerato forte “l’uomo ben in carne”.
Chi mangia molto è potente, quindi si distingue rispetto al povero. Il cibo diventa il
riflesso della condizione sociale e il potens non perde certo occasione per far vedere
la propria superiorità. Nelle case dei ceti più agiati venivano infatti organizzati molto
spesso dei banchetti, dove abbondava non solo la quantità ma anche la qualità dei
cibi.
La carne è la pietanza simbolo di potere per eccellenza, perché è segno di forza e di
violenza, entrambi atteggiamenti che servono a dimostrare la propria superiorità.
Mangiare molto era d’obbligo per il potens medievale, come ci ricordano alcune fonti:
Liutprando da Cremona racconta che Guido, duca di Spoleto, è stato rifiutato
come re dei Franchi proprio perché mangiava e beveva poco. Il vescovo di
Metz, che avrebbe dovuto sceglierlo come re, disse di lui “non è degno di
regnare su di noi un re che si prepara un umile pranzo da dieci dramme”. Così
al suo posto venne scelto Oddone.
(Liutprando di Cremona, Antapodosis, libro I)
Carlo Magno, quando vede che un commensale ha sminuzzato brutalmente una
grande quantità di ossa facendone un mucchio sotto la tavola, capisce che si
tratta di un grande e valoroso guerriero, riconoscendo così Adelchi, figlio del re
longobardo da lui sconfitto.
(cronaca redatta da un monaco franco dell’abbazia di Novalesa, poco dopo la
capitolazione da Pavia, nel 774 d.C.)
(Entrambi gli episodi sono trascritti in: M. Montanari, Convivio, Bari 1989)
La cottura della carne
La preparazione della carne era un procedimento piuttosto lungo perché veniva cotta
due volte. Prima di tutto veniva bollita per renderla più morbida e anche per
sterilizzarla; dalla bollitura si ricavava il brodo, poi conservato e usato come base per
cucinare oppure per la preparazione di salse. Successivamente veniva cotta sul fuoco,
in graticola o allo spiedo.
Chi non mangiava carne in genere aveva nella società un ruolo diverso, più
strettamente legato alla Chiesa, che ha anch’essa comunque avuto un’influenza
importantissima nella società medievale, quindi di riflesso anche nell’alimentazione.
Il ruolo della Chiesa
Se per il signore era importante mangiare in abbondanza per affermare il proprio
potere, per il monaco l’eccesso è portato al contrario. Infatti il digiuno monastico era
8
considerato un modello di vita pacifica, più attenta allo spirito che al corpo.
Soprattutto il digiuno dalla carne diventava un segno distintivo importante, perché
anche quando intesa come cibo, era comunque associata ai peccati della carne,
condannati dalla Chiesa.
Il monaco non avrebbe dovuto cibarsi di animali proprio per la violenza che
inevitabilmente ciò comporta.
In ogni caso il rifiuto del cibo in generale era considerato al primo posto tra i valori
spirituali, quindi il digiuno assumeva un significato importante e di purificazione.
Il digiuno dalla carne poteva essere obbligatorio o solo raccomandato, oppure
riguardare un solo tipo di animale.
Per la Chiesa l’astensione era richiesta ogni settimana il mercoledì, venerdì e sabato,
poi alla vigilia delle feste e nei quaranta giorni di Quaresima. Questo non solo per i
monaci e il clero, ma anche per i laici. In questi giorni la carne poteva essere
sostituita con il pesce, i grassi animali con quelli vegetali e il latte animale con quello
di mandorle.
Vediamo alcuni esempi di come la Chiesa prescriveva l’astensione dalla carne e non
solo, anche nel caso in cui venivano commessi reati. Molto utili in questo caso sono i
penitenziali, cioè libri dove venivano catalogati i singoli peccati con le rispettive
penitenze:
Penitenziale di Burcardo (inizi XI secolo)
Hai forse ucciso il tuo signore, o hai fatto parte di un complotto per la sua
eliminazione? Hai ucciso tua moglie, parte inscindibile di te stesso? Se lo hai fatto ti
diamo due alternative. O lascerai le vanità di questo mondo per rinchiuderti in
monastero; oppure deporrai le armi e abbandonerai ogni attività lucrativa,
astenendoti anche dalle carni e dal lardo ogni giorno della tua vita, eccetto Pasqua,
Pentecoste e Natale. In tutti gli altri periodi dell’anno farai penitenza a pane e acqua,
prendendo ogni tanto verdura fresca e legumi, ma in ogni momento digiunerai,
veglierai, pregherai e farai elemosina. Non berrai più vino, né bevanda aromatizzata o
birra, se non nelle festività predette. Non potrai più sposarti (…), non farai mai più un
bagno, né cavalcherai (…).
(M.G. Muzzarelli, Norme di comportamento alimentare nei libri penitenziali, in
“Quaderni medievali”, 13, 1982)
Penitenziale romano
Un anno di penitenza a pane e acqua deve svolgersi nel seguente modo: ogni
settimana si digiuni a pane e acqua per tre giorni: lunedì, mercoledì, venerdì; in altri
tre giorni, ossia martedì, giovedì e sabato, ci si astenga da vino, birra, carne, lardo,
formaggio e uova come pure da ogni pesce grasso: ci si ciberà di minuscoli pesci, se
possibile; diversamente ci si ciberà di un solo tipo di pesce, con verdura, legumi e
frutta: sarà consentito bere un po’ di birra.
9
Ma le domeniche e nelle festività i penitenti parteciperanno, insieme agli altri cristiani,
ai conviti, anche se in ogni momento eviteranno di ubriacarsi e rimpinzarsi a più non
posso.
(M.G. Muzzarelli, Norme di comportamento alimentare nei libri penitenziali, in
“Quaderni medievali”, 13, 1982)
Regola di San Benedetto
La misura del cibo
Dunque bastino ai fratelli due pietanze cotte; se poi vi fossero frutta o legumi teneri,
se ne aggiunga una terza. Una buona libbra di pane basti per una giornata, tanto se si
fa un pasto solo, quanto se vi è pranzo e cena.
La misura del bere
Tenendo conto della debolezza degli infermi, crediamo basti a ciascuna un’emina di
vino al giorno (antica unità di misura italica e romana pari a 0,273 litri).
Per quanto leggiamo che il vino non è assolutamente per i monaci, pure, siccome non
è possibile persuaderne i monaci, acconsentiamo che almeno non si beva fino a
sazietà, ma con moderazione.
(S. Benedetto, La regola, edizione S. Paolo 2009)
I ricettari medievali
Il ricettario di cucina manoscritto può essere a forma di rotolo o come un moderno
volume di cucina. Un esempio del primo caso è la più antica versione del libro
chiamato Viander, datato alla fine del Duecento e di provenienza francese.
Per quanto riguarda i manoscritti italiani, invece, compaiono alla fine del medioevo,
tra il XIV e il XV secolo.
Degli inizi del Trecento è il Liber de coquina, redatto probabilmente alla corte angioina
di Napoli, scritto in latino, da cui poi derivarono altre traduzioni in lingua volgare. E’
stato utilizzato non solo in Italia ma anche in Francia e Germania.
Della seconda metà del Quattrocento è invece l’opera del Maestro Martino: il Libro de
arte coquinaria, scritto in lingua volgare. Questo importante personaggio ha lavorato
a Milano alla corte di Francesco Sforza e a Roma alla corte pontificia dove è stato
“cuoco segreto”, cioè personale, dei papi Paolo II e Sisto IV. Questo libro è molto
chiaro, le ricette sono raccontate in tutte le fasi. Crea molte ricette nuove e con lui
nascono anche parole che poi saranno di largo uso, come polpetta e frittella.
Di diverso scopo ma comunque molto importanti sono invece i Tacuina sanitatis, dei
quali troviamo in museo la rappresentazione pittorica di tre episodi.
10
Tacuinum sanitatis:
(Verona, palazzo dei Tribunali; pitture murali staccate)
Erano trattati di argomento medico, molto diffusi. Si presentavano in forma di
manuali e, oltre a prendere in considerazione farmaci, indicavano prodotti alimentari
spiegandone le proprietà e l’utilità per la salute. I frammenti esposti nel Museo
provengono dal palazzo di Cansignorio e raffigurano tre episodi; essi sono simili ad
un libro, con le immagini e la spiegazione sottostante. Nel primo troviamo raffigurata
la bottega di un fornaio, in quanto si vuol parlare dell’amido di frumento e delle sue
virtù. Nel secondo episodio si parla del vino, infatti si vede un uomo che tiene in
mano una coppa. Nell’ultimo protagonisti sono una coppia che si bacia sotto un
albero e vengono trattate le proprietà dell’aneto (utilizzato per aiutare la digestione e
come rimedio contro l’alito cattivo).
Il vino
Bere molto vino era considerato un fattore positivo, in quanto era un simbolo di
prestigio sociale fin dal mondo romano (perché il lavoro dell’uomo riusciva a
trasformare un prodotto della natura in qualcosa di superiore). Per questo gli uomini
ne bevevano anche più di due litri al giorno. Il vino veniva poi allungato con acqua
(miscere significava versare e mescolare il vino), oppure condito con spezie e aromi o
temperato con miele e assenzio.
Ad esso venivano attribuite anche proprietà medicinali. Infatti era considerato un
antisettico per “disinfettare” l’acqua e ricostituente contro la debolezza.
Si distinguevano vari tipi di vini: i vini “fiore”, cioè quelli realizzati con la prima
spremitura delle uve; i “vinelli” prodotti con la spremitura dei rimasugli.
11
I bianchi e i chiaretti erano considerati più raffinati perché leggeri e delicati, quindi
destinati alle classi superiori, mentre per quelle inferiori erano più adatti i vini rossi.
Le differenze tra ricchi e poveri
Le persone di classe più elevata e quelle più umili mangiavano più o meno le stesse
cose, la differenza stava nella quantità. Infatti in periodo di carestia i più ricchi
avevano comunque a disposizione delle riserve alimentari, mentre i poveri si devono
accontentare di quello che trovavano, come ad esempio erbe selvatiche o radici.
Inoltre per i più abbienti erano numerose le occasioni di festa e i banchetti, per
festeggiare ricorrenze o avvenimenti famigliari, battaglie vinte ecc., mentre i più
poveri festeggiavano solo nelle festività legate al calendario liturgico, quindi Natale,
Pasqua e Carnevale.
Tuttavia, anche se a grandi linee gli alimenti erano gli stessi, alcune cose assumevano
un significato particolare perché simbolo della classe superiore, come ad esempio la
carne, soprattutto la cacciagione. Infatti tutti se la potevano procurare cacciando ma
la si trovava in grandi quantità sulle tavole delle classi più agiate perché era simbolo
di forza e superiorità.
Madonna della quaglia:
(Antonio di Puccio Pisano, detto Pisanello,
tempera su tavola)
Pisa? Ante 1395-Roma 1455 circa;
Questa tavola, dipinta intorno al 1420, è un’opera
giovanile di Pisanello, uno dei protagonisti dell’arte
italiana del Quattrocento. Si formò a Verona, luogo
di origine di sua madre, mentre il padre era un
mercante pisano; in città dipinse, nella chiesa di
Sant’Anastasia, il grande affresco San Giorgio e la
principessa.
La Madonna del dipinto di Castelvecchio è detta
“dell’umiltà” perché è seduta su un cuscino e non in
trono. In alto vi sono due angeli mentre sullo sfondo
vi è una siepe con le rose, simbolo di Maria, e due
cardellini, simbolo di Gesù. La quaglia in primo
piano è simbolo di salvezza, poiché Dio inviò come
cibo agli ebrei nel deserto la manna e le quaglie.
Nel medioevo e non solo, la quaglia fa parte della
cacciagione ed era un alimento spesso presente sulle tavole, soprattutto quelle
aristocratiche. Anche le sue uova erano considerate una raffinata prelibatezza.
12
Quaglie ripiene allo spiedo (ricetta medioevale)
Procedimento: salare e pepare le quaglie dall’interno, inserirvi una noce di burro e
farcire con tanto formaggio. Mettere una foglia d’alloro sul ventre e sul dorso, poi
avvolgerla in due fette di lardo e chiudere con uno stecchino. Una volta messe allo
spiedo devono cuocere per 20-25 minuti, sorvegliandole attentamente.
Il passaggio al basso medioevo e al rinascimento
Sul finire del medioevo e l’inizio del rinascimento la società cambia e con essa anche
l’alimentazione e il modo di mangiare. Se nei primi secoli del medioevo l’abbuffarsi e il
fatto di essere robusti erano una componente essenziale della figura del potens, col
passare del tempo questa idea si modifica. Tra le virtù positive dell’uomo non
rientrano più tanto la forza fisica, ma le capacità amministrative e diplomatiche; non il
mangiare e il bere molto ma la disponibilità di cibo da offrire e da mostrare. Quindi
prevale più che altro un carattere ostentatorio: sui banchetti si fa molta attenzione al
modo di presentare il cibo, a come viene servito, allo scopo di mettere in evidenza la
distinzione del livello sociale.
Nella società aristocratica si fa strada il modello di vita cortese, contrapposto alla
volgarità del popolo, con un’attenta definizione degli stili di vita. Spesso negli statuti
vengono inserite anche leggi suntuarie che servono appunto a controllare il lusso,
perché l’eccesso di ostentazione delle classi minori (con il rifiorire dei commerci molti
mercanti avevano grandi disponibilità di denaro anche se non erano nobili), non crei
squilibri nell’ordinamento sociale.
Il concetto principale di questa nuova mentalità è che si deve mangiare a seconda
della qualità della persona, intendendo con ciò le caratteristiche fisiche e la tipologia
di ognuno. Quindi rinasce in parte il pensiero medico antico: mangiare in maniera
equilibrata tenendo conto dell’età, del sesso, dello stato di salute e del tipo di attività
svolta.
Se distinguere la propria classe sociale attraverso il cibo è fondamentale, tra la fine
del medioevo e la prima età moderna è la qualità che la fa da padrona: ognuno deve
mangiare a seconda del proprio rango.
Nelle cronache e nei trattati medici del XIV e XV secolo viene riportato che chi non
mangia alimenti destinati al proprio rango è soggetto a dolori e malattie. A questo
proposito anche nel Bertoldo di Giulio Cesare Croce, scrittore italiano del XVI secolo
che spesso si riferisce al periodo medievale, si racconta che i medici fallirono nel
tentativo di curare un contadino con cibi rari e delicati, perché non adatti al suo
stomaco. Si sarebbe salvato solo mangiando cibi adatti alla sua condizione sociale.
13
Interno con cucina:
(Marten van Cleef, Anversa 1527-1581; olio su tavola)
Il dipinto, datato e firmato sul retro, è del 1565 e rappresenta un interno con cucina. La
composizione è affollata di personaggi e composta su piani paralleli. Vi sono persone
che cucinano in primo piano, altre sedute ai tavoli e altre che suonano.
Com’era strutturata una cucina?
La cucina delle dimore aristocratiche e delle case borghesi era un locale a parte, mentre
in quella dei contadini e degli artigiani si prepara e si mangia nello stesso locale.
L’elemento
fondamentale
della
cucina è il camino aperto (che si può
vedere bene anche nel dipinto), che
veniva usato per tutti i tipi di cottura,
perché il forno era destinato solo al
pane. Pentole, teglie, padelle e
spiedi erano sempre esposti alla
fiamma viva ed era il cuoco che
sapeva far diventare la fiamma dolce
o aggressiva a suo piacimento.
La figura del cuoco era quindi
fondamentale ma anche qui occorre
fare delle distinzioni a seconda del
livello sociale. In una casa signorile i
compiti erano divisi tra più persone:
vi era l’addetto allo spiedo, l’incaricato delle salse, lo specialista in brodetti. Nelle case
contadine e borghesi, invece, una sola persona cucinava, su scala ridotta e si occupava
di tutto.
14
Concerto a tavola:
(Ambrosius Benson, Lombardia ante 1500-Bruges 1550; olio su tavola)
In questo dipinto si respira sicuramente un’atmosfera cortese. Il pittore mette in
evidenza l’eleganza, sia nei costumi che nella composizione della tavola. La scena è
ambientata all’aperto, in un giardino, e si possono notare le dimore principesche sul
fondo.
Si tratta di un momento conviviale: stare
assieme attorno a una tavola svolgendo un
attività di un certo livello, come suonare
musica, per distinguersi dai ceti inferiori.
Volontà di distinzione che si vede anche
negli abiti eleganti, negli sguardi e negli
atteggiamenti dei protagonisti.
Il cibo, nei momenti lieti e nei
festeggiamenti, non può mai mancare
sulla tavola. In questo caso troviamo della
frutta, consumata in un momento di
“aristocratico relax”.
Interessante notare anche che il tema del concerto a tavola viene associato alla
parabola dei figliol prodigo, nel momento in cui il giovane spende tutti i beni del padre.
L’uomo che si toglie il berretto è stato infatti interpretato come un’allusione al saluto al
padre.
15
Natura morta con l’andata a Emmaus :
(Joachim Beuckelaer (?), Anversa 1530-1571; olio su tavola)
In questo dipinto troviamo un primo piano occupato interamente da cibi e stoviglie, dove
possiamo notare carne, cacciagione, frutta e verdura.
Sullo sfondo invece è presente un soggetto sacro: l’andata ad Emmaus, raccontata nel
Nuovo Testamento. Sul perché siano stati
associati questi due soggetti vi è un’ipotesi
interessante, che prevede un legame con la
religione. Il dipinto avrebbe la funzione di
insegnamento
morale,
mostrando
la
contrapposizione tra la vita mondana, con il
cibo, e la vita spirituale, rappresentata
dall’episodio religioso della vita di Cristo sullo
sfondo. Abbiamo già avuto modo di vedere
come il legame tra cibo e religione fosse
veramente molto profondo e come la Chiesa
impartisse insegnamenti morali anche
attraverso il cibo.
La scoperta di nuovi territori e di nuovi cibi
Con le nuove scoperte geografiche e le prime esplorazioni delle Americhe giunsero in
Europa prodotti e cibi nuovi: mais, patate, arachidi, pomodori, ananas, banane,
melanzane, peperoni, peperoncino, tapioca, cioccolato, caffè, vaniglia e tacchino.
Ma dal momento in cui questi prodotti vengono conosciuti a quello in cui vengono
effettivamente consumati e inseriti nel sistema alimentare, passa molto tempo, anche
secoli (ad esempio i contadini iniziarono a coltivare il mais solo tra Seicento e
Settecento per affrontare un periodo di carestia).
Quindi sulle tavole della prima età moderna i prodotti americani non erano molto
presenti perché, dopo la curiosità iniziale, si diffuse una sorta di diffidenza verso
queste novità.
16
Il banchetto
Il banchetto è un momento molto importante delle classi medio-alte, perché è lo
strumento per eccellenza per affermare il proprio potere.
Ha un valore fortemente simbolico perché sottolinea anche i rapporti di appartenenza
o di estraneità, infatti l’esclusione dalla mensa è di fatto l’esclusione dalla comunità.
E’ il luogo in cui si definiscono le dinamiche all’interno di un gruppo. Violenze,
tradimenti, scontri, hanno spesso come teatro la sala della mensa.
Come ogni pranzo al ristorante si compone di diverse portate, anche nel banchetto ci
sono molti “servizi” successivi, ognuno dei quali composto da cibi diversi posti
contemporaneamente sulla tavola. I commensali si servivano in genere del cibo loro
più vicino, perché sarebbe stato indice di maleducazione passare davanti a qualcuno
per prendere il cibo in un altro piatto. Quindi vi era una sorta di sistemazione
gerarchica non solo dei posti, ma anche del cibo stesso.
Molti dei menù giunti fino ai giorni nostri provengono dalla Francia, perché quelli
italiani giunti fino a noi sono pochissimi e poco comprensibili. Confrontando però altre
fonti gli studiosi hanno dedotto che in Italia la concezione del banchetto era simile a
quella francese.
I “servizi” (simili alle nostre “portate”) che si susseguivano nel banchetto erano i
seguenti:
1° servizio: per “aprire” la bocca veniva servita frutta fresca di stagione (melone,
ciliegie, fragole, uva) oppure insalate condite con sale, olio e aceto, quindi con una
componente acida.
2° servizio: si proseguiva con piatti che richiedevano una cottura più lunga, quindi i
piatti in salsa, detti in Italia “brodetti”.
3° servizio: venivano servite le carni arrosto, accompagnate da diverse salse.
Entremets: era una specie di pausa in cui venivano servite preparazioni dolci o
salate, accompagnate da intermezzi musicali, di danza e esibizioni acrobatiche per
intrattenere gli ospiti. Potevano essere anche serviti alimenti travestiti, come grossi
volatili riempiti all’ultimo minuto con uccellini vivi, pollo ricoperto da foglie d’oro, per
creare “maraviglia” e stupire gli invitati.
4° servizio: desserte, cioè venivano serviti vari dolciumi.
5° servizio: issue de table, cioè l’alzata da tavola, con la quale si concludeva il pasto
con formaggi, frutta candita, dolci leggeri accompagnati da ippocrasso (bevanda a
base di vino rosso e spezie) o malvasia. Questi alimenti erano destinati a chiudere lo
stomaco e attivare la digestione.
Per finire in un’altra stanza avveniva il boute-hors, letteralmente caccia-fuori, dove
venivano consumati coriandolo e zenzero canditi che favorivano la digestione e
purificavano l’alito.
17
La tavola e la disposizione dei posti
La tavola medievale era disposta ad U per vedere meglio gli spettacoli di
intrattenimento che si svolgevano nel mezzo; i tavoli erano coperti da tovaglie.
La parte corta, la base della U, era chiamata tavola alta, perché posta su una sorta
di palchetto e destinata al principe e agli ospiti più importanti, mentre mano a mano
che ci si allontanava dal signore erano sistemati gli ospiti di rango inferiore. In questo
modo veniva rispettata la gerarchia sociale.
A questo proposito è interessante raccontare un episodio accaduto a Dante. Arrivato
alla corte di re Roberto a Napoli, non era vestito in maniera elegante e a pranzo,
proprio a causa del suo abbigliamento, non fu riconosciuto e venne sistemato in coda
alla tavola. Mangiò lo stesso perché aveva fame, ma poi lasciò la città. Re Roberto lo
richiamò e stavolta Dante si presentò riccamente vestito, per cui sedette in capo alla
mensa. A pranzo appena iniziato, Dante si rovesciò intenzionalmente addosso cibo e
vino, perché fossero le vesti a godere del pranzo offerto, dato che il giorno prima era
stato messo in coda al tavolo a causa del suo abbigliamento (Giovanni Sercambi,
novella LXXI).
A tavola il coperto individuale non esisteva, neanche per i personaggi più importanti,
perché era importante il rito del mangiare insieme e della condivisione. Bisognava
dividere col vicino, anche se sconosciuto, scodella, bicchiere e tagliere. Quest’ultimo
era solitamente una fetta di pane su cui veniva appoggiato il cibo solido. Quindi
serviva attenzione e rispetto per il vicino di mensa, senza precipitarsi a prendere i
bocconi migliori. E’ buona educazione lavarsi le mani prima di mettersi a tavola, anche
per una questione di igiene, in quanto i cibi solidi andavano presi con le mani
direttamente. Solo il cucchiaio e il coltello erano individuali e spesso quest’ultimo
veniva portato anche da casa. La forchetta inizialmente non era conosciuta per
quest’uso e iniziò ad essere adoperata dalla fine del Trecento. Il cucchiaio serviva per
pescare dalla scodella condivisa i cibi liquidi e le salse, mentre il coltello serviva per
tagliare i cibi solidi dal tagliere, che poi venivano presi e portati alla bocca con le dita.
Solitamente si offriva anche al vicino di posto, soprattutto se si trattava di una donna,
perché non era padrona dell’arte del taglio. Saper trinciare, cioè tagliare la carne,
doveva essere una caratteristica di tutti i convitati maschi, perché faceva parte
dell’educazione aristocratica.
Al banchetto erano presenti un gran numero di servitori, ognuno con una funzione
particolare:
- i coppieri: provvedevano al servizio delle bevande
- il trinciante: presiedeva al taglio delle carni al tavolo d’onore. Poteva anche
essere di estrazione nobiliare.
- lo scalco: era il responsabile di tutti i servitori, incaricato del rifornimento dei
viveri, della scelta dei menù e del controllo della realizzazione dei piatti.
18
Il galateo
Di fondamentale importanza era anche il saper stare a tavola.
Oltre a lavarsi le mani e al rispetto del posto che viene assegnato, era necessario
seguire una serie di regole, alcune valide ancora oggi.
Dato che non c’erano salviette per le mani, le dita si asciugavano direttamente sulla
tovaglia e non andavano succhiate perché era un segno di grande maleducazione.
Non si poteva neanche rimettere nel piatto un pezzo di carne già portato alla bocca,
sputare di lato al tavolo oppure soffiarsi il naso con la tovaglia (anche perché serviva
già per pulirsi le mani!). Il bicchiere non poteva essere alzato davanti ad una persona
di rango superiore, né si poteva bere prima dell’invito del padrone di casa. Prima di
bere ci si deve pulire la bocca, lo si fa a piccoli sorsi e senza fare rumore o ruotare il
bicchiere di colpo.
La “maraviglia” in tavola
Anche l’occhio vuole la sua parte e l’importante era stupire gli invitati al banchetto.
Il ruolo dei colori era importantissimo e si usavano vari stratagemmi per colorare cibi
e salse. Anche la scelta gastronomica dei cibi da parte del cuoco teneva conto
dell’associazione cromatica. Le salse soprattutto erano spesso utilizzate con questa
funzione, oltre che per condire i cibi.
Per ottenere i colori venivano usati prodotti naturali come foglie di spinaci, erbe
(prezzemolo e basilico) per il verde; cannella e zafferano per le varie tonalità di giallo;
le salse scure erano ricavate con uva passa, prugne e fegatini. Venivano usati anche,
per la gamma di colore che va dal rosa al rosso, coloranti ricavati da vegetali non
commestibili, come il legno di sandalo (il colore ricavato era chiamato sangue di
drago), e alcuni tipi di radici e licheni.
Per stupire l’ospite i cibi potevano essere preparati e serviti anche in modo particolare.
Poteva capitare di trovarsi in tavola il cinghiale che buttava fuori fumo dalla bocca,
timballi da cui uscivano uccelli vivi che svolazzavano per la sala, gelatine molto liquide
con all’interno piccoli pesci vivi inseriti a fine preparazione. Anche torte e pasticci
potevano essere ripieni in modo da creare l’effetto sorpresa.
19
SCHEDE DI CONSOLIDAMENTO: LEGGI E RIFLETTI
Tutte le fonti utilizzate per queste schede sono tratte da: M. Montanari, Nuovo
convivio, Bari 1991.
I consigli di Leonardo
Nei testi di Leonardo da Vinci vi è una piccola raccolta di consigli igienico-alimentari,
scritti in forma di sonetto.
Se voi star sano osserva questa norma
non mangiar sanza voglia, e cena leve,
mastica bene, e quel che in te riceve
sia ben cotto e di semplice forma.
Chi medicina piglia mal s’informa.
Guarti dall’ira e fuggi l’aria grieve;
su dritto sta, quando da mensa leve;
di mezzogiorno fa che tu non dorma.
El vin sia temperato1, poco e spesso,
non for di pasto né a stomaco voto;
non aspectar né indugiare il cesso;
se fai esercizio sia di picciol moto.
Col ventre resuppino2 e col capo depresso
non star, e sta coperto ben di notte;
el capo ti posa e tien la mente lieta.
Fuggi lussuria e attienti alla dieta.
Riflessioni:
Quali consigli ti sembrano validi anche oggi?
1
Temperare il vino significa diluirlo
2
Significa stare disteso sulla schiena con il ventre rivolto verso l’alto
20
Come debba sedersi a tavola un assassino
Ancora Leonardo che, tra le varie cose, si applicò molto anche alla cucina e alla
tavola, scrive questa nota con un brillante senso dell’umorismo.
Se c’è un assassinio progettato per l’ora di pranzo, è auspicabile che l’assassino sieda
accanto a colui che sarà oggetto delle sue trame (se alla sua destra o alla sua sinistra
dipenderà dal metodo da lui adottato), in modo che, compiuta l’azione in uno spazio
ristretto, ciò sia di minor intralcio possibile alla conversazione. La fama di Ambroglio
Descarte, il più noto assassino a servizio del mio signore Cesare Borgia, è infatti per
gran parte dovuta alla sua abilità nel mettere in atto un progetto, senza che nessuno
dei convitati dia segno di essere importunato da quanto accade. Dopo che la servitù
ha rimosso il corpo (e le macchie di sangue, qualora ve ne siano), è buona usanza
che l’assassino se ne vada, in quanto la sua presenza potrebbe, in qualche caso,
disturbare la digestione di coloro che si trovino a sedere vicino a lui; a questo scopo,
un ospite accorto avrà sempre a disposizione un nuovo invitato, che, attendendo
fuori, sia pronto ad unirsi alla tavolata in questo critico frangente.
Riflessioni:
Perché si può affermare che nei banchetti si definiscono i rapporti sociali all’interno di
un gruppo?
Con un certo senso dell’umorismo, Leonardo ci fa capire quali erano le cose
importanti da fare a tavola, che dovevano essere rispettate a qualsiasi costo e
qualsiasi cosa succeda. Quali sono?
21
Lo sfarzo e l’appetito
Enrico Cornelio Agrippa racconta lo sfarzoso banchetto dell’incoronazione imperiale di
Carlo V, avvenuta a Bologna nel 1530.
L’eccesso di cibo non andò sprecato ma distribuito, o meglio gettato, al popolo.
In capo alla sala regia sotto un baldacchino d’oro era situata la mensa dell’imperatore,
e lì dappresso una seconda mensa dove si sarebbero assisi il magnificentissimo Duca
di Savoia e gli altri Principi che avevano recato le insegne dell’incoronazione. C’erano
pure stanze da pranzo per tutti gli altri Principi e Prelati e per i più ragguardevoli
funzionari, coperte di tappeti ed addobbate con drappi di porpora, splendidamente
fornite di tavoli da vivande e di mense. Imbandite ormai le mense e giunta l’ora del
banchetto, l’Imperatore si sedeva sul trono più alto, e quindi per ordine prendevano
posto alle loro mense tutti gli altri Principi. Veniva data acqua alle mani con solenne
preghiera e si benediva la mensa. Preceduti dai capi banchetto con i loro bastoni,
giungevano quindi i funzionari di grado più elevato, detti anche portatori di vivande,
recando, in cestelli d’argento, il pane e in vassoi dorati, salsicce di vario genere,
frittelle, torte e tutto quello che di più splendido potè escogitare l’arte di Apicio.
Quindi, alla seconda portata, su vassoi più ampi, arrecavano copiosamente e per
ordine vivande, le più ricercate, carni arrostite, lessate, con intingoli, fritte, vivande
ripiene, cibi piccanti, impastati, biscottati ed altri generi dei più lauti commestibili
impregnati dei più saporiti e molteplici condimenti; e molte vivande furono anche
offerte oltre il limite dell’appetito dei commensali a solo scopo di sfarzo. Infine, alla
terza imbandagione, che doveva chiudere la cena, venivano servite leccornie e
confetture di molte forme variate con artifici culinari; e non mancavano per tutto il
banchetto, vini generosissimi di vario tipo, e stavano dappresso dei coppieri che
empivano le coppe a ciascuno, secondo la sua volontà, e alle singole vivande c’erano
degli assaggiatori, che poi assaggiavano per primi anche le bevande. Spettacolo di
splendido lusso e di ammirazione per molti, fu anche quello che dopo le singole
portate, tolte le salviette e le tovaglie, insieme con i piatti e i vassoi d’argento e dorati
e insieme con i cibi avanzati, venivano gettati fuori dalle finestre sulla piazza in preda
alla plebe, mentre gli apparecchiatori ne mettevano su altri di nuovo.
Riflessioni:
Com’è strutturata la successione delle portate?
Quali sono gli elementi che indicano il lusso di questo banchetto?
Cosa si può dire sulla distinzione tra le classi sociali?
NOTA BENE:
La splendida Cavalcata che seguì l’incoronazione venne raffigurata da Ligozzi,
Brusasorzi e Farinati; una versione può essere ammirata in Palazzo Ridolfi in Stradone
Maffei, 3, a Verona.
22
Educare i fanciulli
L’umanista Erasmo da Rotterdam consiglia il modo di allevare i fanciulli affinché
imparino le buone maniere fin dall’infanzia.
Se ti vien dato un tovagliolo, devi appoggiarlo sull’omero o sul braccio sinistro.
Se siedi a tavola con gente di rango più elevato, togliti il copricapo, ma bada di essere
ben pettinato.
A destra siano porti il bicchiere e il coltello ben pulito, a sinistra il pane.
Alcuni, non appena seduti, allungano immediatamente le mani verso i piatti. Ma così
fanno i lupi…
Non essere il primo a prendere il cibo dal vassoio appena portato, non soltanto perché
appariresti avido ma anche perché questo può comportare un pericolo: infatti chi
maldestramente si mette in bocca qualcosa di bollente, deve o sputarlo o ustionarsi la
gola se lo inghiotte. In ogni caso è un uso ridicolo o biasimevole.
È bene aspettare per un po’, affinché il fanciullo si abitui a dominare i propri istinti.
È da contadini immergere le dita nelle salse; bisogna tirar su quello che si desidera
usando coltello e forchetta, né frugare per tutto il piatto come sogliono fare i
ghiottoni, ma la parte che ti sta proprio davanti.
Se qualcuno con il cucchiaio ti offre un po’ di pasticcio o di pasta, sporgi verso di lui il
tuo piatto oppure prendi il cucchiaio che ti è offerto, versa il contenuto sul tuo piatto e
poi restituisci il cucchiaio.
Leccarsi le dita unte o ripulirsele sulla veste è incivile. È meglio servirsi della tovaglia o
del tovagliolo.
Riflessioni:
Quali sono le principale regole del galateo che vengono insegnate ai fanciulli?
Anche qui c’è un passaggio dove si fa riferimento alle differenze tra le classi sociali.
Quale?
23
SCHEDA DI VERIFICA
1. Descrivi l’incontro fra cultura romana e barbarica riguardo all’alimentazione.
___________________________________________________________
___________________________________________________________
___________________________________________________________
___________________________________________________________
___________________________________________________________
2. Perché il ruolo della carne era così importante nell’alimentazione medievale?
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
____________________________________________________________________
3. Quali sono le principali differenze tra banchetto medievale e rinascimentale?
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
___________________________________________________________________
4. Che cosa significa “maraviglia” in un banchetto? Perché è importante?
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
_____________________________________________________________________
___________________________________________________________________
24
BIBLIOGRAFIA
Si segnalano qui alcuni testi utili per approfondimenti sul tema, reperibili a Verona in
Biblioteca Civica.
M. Montanari, Convivio, Bari 1989.
M. Montanari, Nuovo convivio, Bari 1991.
M. Montanari, Alimentazione e cultura nel Medioevo, Bari 1992.
M. Montanari, Gusti del Medioevo: i prodotti, la cucina, la tavola , Bari 2012.
A. Petrusi, G. Ortalli, I. Paccagnella, Civiltà della tavola dal medioevo al rinascimento,
Vicenza 1984.
O. Reddon, F. Sabban, S. Serventi, A tavola nel medioevo con 150 ricette dalla
Francia e dall’Italia, Bari 1994.
R. Tannahill, Storia del cibo, Milano 1987.
25