S. RACHMANINOV “VESPRI” op. 37

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S. RACHMANINOV “VESPRI” op. 37
CONCERTO DI NATALE
S. RACHMANINOV
“VESPRI” op. 37
Cori della Cappella Musicale della Cattedrale
Direttore don Piero Panzetti
Cattedrale di Lodi
Lunedì 22 Dicembre 2003 - ore 21
Un’intensa preghiera corale canta l’amore di Dio
E' ormai uno degli appuntamenti più significativi della tradizione lodigiana, il concerto natalizio che la Cappella
Musicale della Cattedrale di Lodi offre al pubblico della città e del territorio, pubblico di anno in anno sempre più
numeroso, segno questo di apprezzamento e al tempo stesso di interesse per la proposta musicale. Il Concerto di Natale
di quest'anno rappresenta una novità senza dubbio felice, sia per la rarità che per l’intensità della pagina in programma,
che non può lasciare indifferente anche l’ascoltatore più distratto.
In un'occasione come questa, non si tratta semplicemente di eseguire canti natalizi tradizionali, adatti alla circostanza,
ma di “fare musica”, possibilmente ad alto livello, proponendo autori ed opere che solo raramente capita di ascoltare
perfino nelle capitali della musica. E’ un cammino arduo, impervio, ma animato da grande passione e solida
determinazione, che molti ancora si ostinano a non capire. Il vero merito della Cappella Musicale della Cattedrale e del
suo direttore sta nel fatto di concorrere, con questa operazione che a buon diritto deve essere detta “culturale”, a quella
autentica educazione musicale che molti si illudono di trovare in tante effimere proposte.
Il concerto è dedicato ad un’opera in russo forse ai più poco nota, perché raramente eseguita, per le ovvie difficoltà
che la lingua originale comporta. Si tratta dei Vespri (Vsenošnaja) op. 37 per coro misto “a cappella”, cioè senza
accompagnamento strumentale, di Sergej Rachmaninov (1873-1943). In realtà si tratta di un titolo improprio, con il
quale è noto il ciclo dei 15 cori
che compongono la cosiddetta liturgia dei «Grandi Vespri», comprendente i tre uffici dei Vespri propriamente detti
(celebrati nelle ultime ore del giorno), del Mattutino e dell’Ora Prima, in uso presso la Chiesa russa ortodossa alla sera
del sabato e alla vigilia delle grandi feste e più precisamente raggruppati sotto la denominazione di «Veglia dell’intera
Notte» (Vsenoščnoe Bdenie).
Composti a Mosca fra il gennaio e il febbraio del 1915 e dedicati alla memoria di Stepan Vasil’evič Smolenskij,
musicologo, maestro di coro e direttore della Scuola sinodale di Canto sacro, furono eseguiti il 10 Marzo dello stesso
anno. Rachmaninov compose questo maestoso affresco corale (che egli chiamava «Messa») in un periodo cruciale della
sua vita e del suo paese, quando cioè la Russia attraversava quelle non poche difficili prove che da lì a breve
l’avrebbero condotta all’Ottobre del '17.
In quest'opera, l'Autore utilizza in nove casi melodie proprie della liturgia russa (znamenny, un genere di canto in uso
fra i secc. XII e XVII, così chiamato dal tipo di notazione [znamja significa «segno, neuma»], che era l’equivalente
ortodosso del gregoriano occidentale), della liturgia ucraina (Kiev) o di quella greco-ortodossa; negli altri sei casi le
melodie sono di propria creazione, ma improntate al canto liturgico tradizionale.
I cori sono tutti a quattro voci miste, suscettibili per altro di essere suddivise in due o tre parti; in quattro casi si hanno
interventi solistici (Alto e Tenore).
Della musica del grande maestro russo, che si spense a Beverly Hills in California nel 1943, si è evidenziata
l’ampollosità più che la qualità. Quasi un’accusa, che fa coppia con quella riguardante il virtuosismo esteriore dei suoi
concerti per pianoforte. Eppure - l’ascoltatore lo potrà facilmente constatare - in questi Vespri, vera e propria
meditazione sacra, c’è qualcosa di magico, di unico.
Scritti nel 1915, tempo in cui Rachmaninov è già un artista conosciuto e venerato in Russia, essi raccolgono le emozioni
dell’infanzia, provate durante l’ascolto dei canti di chiesa. Sono emozioni che qui vengono meditate, elaborate, riscritte
con un’arte che diventava giorno dopo giorno qualcosa di unico. Non possiamo non pensare che il musicista lesse con
estrema attenzione i testi canonici della liturgia del vespro; egli rimase ghermito dal vero miracolo che si cela in quelle
parole.
Non è questa la sede per riportare le sue impressioni, i frammenti di confessione o altro, testimoniati dal suo
epistolario. Tuttavia ognuno potrà immaginarsi quello che, dei Vespri, colpì il Rachmaninov adulto, ovvero il fatto che
essi rappresentano la dimensione che consente a ogni uomo di mettersi in contatto con Dio. Si potrebbe dire che è come
riporre nei secoli, nei gesti e nelle speranze quel desiderio che ogni creatura ha in sé.
La soluzione del maestro russo è presto spiegata. Egli compose quindici parti che contengono tutti i momenti
essenziali dell’ufficio divino. Ascoltando - anche se non si è mai entrati in una chiesa ortodossa - si assiste, anzi si
partecipa al Mistero. E questo perché la particolare intonazione dell’opera introduce in un mondo che si perde nel
tempo, anche se Rachmaninov concepì tali Vespri come una preghiera degna di essere rivestita con le tecniche del
concerto.
Ma c’è di più. I Vespri sono un vero lavoro “sinfonico”, sono cioè voci che “insieme” modulano e plasmano un
materiale antico, inusuale, creando, come ha scritto Ivan Gardner - lo storico del canto religioso ortodosso “l’atmosfera delle antiche cattedrali del Cremlino”. L'evoluzione dinamica dei momenti, l'equilibrio delle parti, i
contrasti, i cambiamenti di ritmo e di tempo, la lingua stessa armoniosa che si direbbe in armonia con lo spirito divino,
fanno di essi anche e soprattutto un’opera antica e al tempo stesso moderna. I suoni, in tal caso, vengono prestati dalla
storia, dalla preghiera.
C’è anche un bisogno di purificazione in questa partitura, anzi è proprio questo il suo vero scopo. Le esclamazioni che
il coro ripete all’inizio dei Vespri a quattro riprese: “Venite, adoriamo e prostriamoci a Cristo”, non possono che essere
considerate la sintesi spirituale dell’intera opera, in cui energia e tenerezza si intrecciano con straordinaria armonia.
Anche se Rachmaninov è autore che solitamente privilegia i suoni «scuri» - del resto particolarmente consoni alla
scuola vocale russa che è una scuola di bassi profondi - ciò non toglie che, pur fra queste sonorità, vengano distillati
momenti di assoluto incanto e rara bellezza. Scrisse lo stesso Rachmaninov: «Lo scopo della musica è creare la
bellezza; oggi i nuovi talenti lavorano più con la testa che con il cuore». E ancora, a proposito dei suoi Vespri, scriverà:
«Il mio brano preferito di questa composizione è il quinto numero “Ora lascia, o Signore”. Vorrei che lo si cantasse ai
miei funerali».
I Vespri di Rachmaninov rapresentano senza dubbio uno dei più impressionanti e rari affreschi musicali della storia
della musica. Lo stesso autore li riteneva la sua opera più cara. Utilizzando, non a caso, esclusivamente la voce umana
ed immedesimandosi compiutamente con il testo liturgico, il compositore ci ha offerto un esempio mirabile di coralità
pacificata e rasserenata dalla certezza della fede.
Ettore Garioni
Rachmaninov in Russo - extraneità?
Quest’anno la mia visita in Italia mi ha dato l’opportunità di ascoltare l’intero Coro della Cappella Musicale della
Cattedrale di Lodi mentre studiava alcuni dei 15 cori dei “Vespri, op. 37” del compositore russo Sergey Rachmaninov.
Dopo l’Oratorio Bassianus in latino, tre anni fa, e la Cantata 21 di J.S. Bach in tedesco, l’anno scorso, quest’anno ho
potuto vivere l'esperienza di sentire il Coro mentre, durante le prove, affrontava "Rachmaninov" in Russo. Seduto su
una panca della Cattedrale, uno straniero proveniente da un altro paese, un estraneo che parla un'altra lingua, avevo
avuto almeno una possibilità di capire le parole del "Bassianus" e di Bach, ma questa volta mi sono sentito in qualche
modo sopraffatto dai Vespri di Rachmaninov in Russo.
Ho l'impressione che la lingua russa sia altrettanto misteriosa per i membri del Coro della Cappella Musicale di
quanto lo sia per me. Dunque, la questione da considerare riguardo al Concerto di Natale di quest’anno è la stessa per
me e per il Coro e si può esprimere in due modi: si deve permettere che le parole straniere del canto creino una
extraneità linguistica, come nella biblica Torre di Babele, o vogliamo lasciare che il messaggio Pentecostale di San
Pietro simbolizzi il suono e il potere unificante di questa musica? Durante la mia visita, ho cercato di esprimere in
forma poetica la mia esperienza di ascolto dei Vespri di Rachmaninov in Russo:
Cercando
cerco la fuorità
ed i suoi limiti
mi sento strano
sono uno straniero
mi si mostra paura
imparo la lingua
del silenzio
della meditazione
i miei limiti
sto cercando
Secondo il pensiero del Medioevo, le Scritture Sacre avevano quattro sensi: il senso letterale o storico, il senso
allegorico, il senso morale o tropologico, e quello anagogico. Attraverso il Medioevo, questa dottrina ermeneutica ha
fornito a generazioni di commentatori, poeti e compositori una varietà di metafore e immagini per le loro omelie, poesie
e canti. Laddove i primi tre sensi sembrano rilevanti nell'interpretazione della poesia moderna, della musica, e anche
dell'arte, il senso anagogico in questo modello si applica solitamente soltanto ai testi medievali. Ma è mia opinione che
potrebbe essere in qualche misura applicato anche all’interpretazione della musica, dell'arte e dei testi moderni, per
apprezzare e capire a pieno le potenzialità del contenuto e delle intenzioni artistiche, qualora le loro finalità o i loro
obiettivi vadano al di là dell’opera stessa.
Questo è ovviamente il caso dei Vespri di Rachmaninov. Benché espressi foneticamente in Russo, questi canti possono
essere sperimentati come un’espressione religiosa profonda, paragonabile a quella formulata dai monaci medievali in
Nonantola: "Lingua cor simul clamitet ad te, pie Christe" (“Che lingua e cuore cantino insieme a te, pio Cristo”).
Aprite le orecchie, gli occhi e la mente, e prendete parte all'espressione musicale che loda Dio nei Vespri di
Rachmaninov in Russo!
Brian Møller Jensen