IL DIBATTITO SULLA RAl-TV

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IL DIBATTITO SULLA RAl-TV
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Febbraio 1971
RAI-TV
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IL DIBATTITO SULLA RAl - TV
L'acquisita consapevolezza dell'importanza del mezzo televisivo e la
prossima scadenza, al 31 dicembre 1972, della ventermale Co1<venzione
d'appalto stipulata tra lo Stato e la società concessionaria, insiem e con alcune altre questiorti, hanno fornito, nei mesi scorsi, lo spunto per un vasto
dibattito, tuttora ÌTl corso. Queste note sono state redatte allo .çcopo di d elirteare, in base ai dati di pubblico dominio, la situazione attuale d ell'ente
radiotelevisivo, come struttura aziendale e come livello d el servizio informativo e culturale. In un prossimo articolo saranrto presentctti gli elementi
cardine d elle varie proposte di riforma, e, insieme, le soluzioni adottate
in altri Paesi per problemi anr1loghi a quelli che sono oggetto del nostro
studio. Infine, saranno prospettate alcune ipotesi di soluzione ch e possono
esser tenute presenti in fase di elaborazione delle nuove strutture d ell'ente
radiotelevisivo nel nostro Paese.
LA SITUAZIONE ATTUALE DELL'ENTE
Aspetti giuridici.
Per meglio comprendere le strutture organizzative attuali della Radiotelevisione (RAI-TV), giova innanzi tutto ricordare che i
legislatori dei vari Paesi hanno in genere plasmato la disciplina
del mezzo televisivo su quello radiofonico, così come, in precedenza, avevano costruito la disciplina del mezzo radiofonico s ulla
base di quella vigente per le trasmissioni su filo. « Questo tipo di
crescita, per ampliamenti successivi della normazione, ha prodot·
to una frattura sensibile fra la forza tipica del mezzo e il modo di
disciplina» (1).
Nel caso della RAI possiamo ricordare che, allorquando n el 1923 il
R.D. n. 1067 stabiliva che l'impianto e l'esercizio di comunicazioni per
mezzo dl onde elettromagnetichf' senza l'uso di fili erano riservati allo
Stato con fa coltà del governo di accordarli in concessione e in seguito
(nel 1924), in ottemperanza al decreto, si affidava il servizio in esclusiva
all'URI, Unione Radiofonica Italiana, diventata nel 1928 l'EIA R (Ente
Italiano Audizioni Radiofonich e), branca della SIP (Società Idroelettrica
Piemontese) (2), l'attenzione premin ente del legislatore era p er gli aspetti
tecnico-economici delle telecomunicazioni.
Solo in un secondo momento se n e scoprì l'efficacia ai fini propagan·
distici del r egime allora dominante e m entre la vigilanza e il controllo dei
servizi tecnici restavano affidati al ministero delle Poste, la vigilanza e il
controllo dei programmi passavano al ministe ro della Stampa e Propaganda.
Dopo la seconda guerra mondiale, due decreti sta bilirono la
nuova organizzazione della società per azioni (ora denominata
RAI) nella forma che attualmente ~ oggetto di riesa me. Con il
(l) E . CHELI, L ' organizzazione d ella r adiotelevision e: tendenze d i alcune legislazioni straniere, In Rassegna Parlamentare, n. 7/ 10 (1970),
p. 455.
(2) Vedasl Cronologia d elle radiodiffusioni in Italia, In Annuario
RAI 19611, p. 457.
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D.L. del 3-4-1947 n. 428 si istituirono una Commissione parlamentare
di vigilanza sull'indipendenza politica e l'obiettività informativa
delle radiodiffusioni e un Comitato per la determinazione delle direttive di massima, culturali, artistiche, educative dei programmi
con funzioni consultive nei confronti del ministero delle Poste e
Telecomunicazioni. Tale comitato de tta anche norme in materia
di controllo sugli impianti e sulla gestione finanziaria, di competenza dello stesso ministero e di quello delle Finanze e Tesoro.
Con il D.P. 26-1-1952 n. 180, il governo attuava una Convenzione con la RAI, alla q uale dava in esclusiva, fino a l 15-12-1972, i
servizi, oltre che delle radioaudizioni circolari, della televisione
circolare e della telediffusione su filo. La Convenzione prevedeva
a nche il trasferimento all'Is tituto p er la Ricostruzione Industriale (IRI) della maggioranza a ssoluta delle az ioni della RAI (3).
La l'isea·va a llo Stato dei servizi radiotelevisivi e l'affidamento degli
stessi in concessione esclusiva alla RAI, furono da alcuni considerati in
contrasto con l'art. 21 della Costituzione che garantisce la libertà di manifestazione del pensie a·o da parte di tutti, con ogni mezzo di diffusione,
e con il successivo art. 41, che garantisce la libe rtà di iniziativa economica
privata. La sentenza deJlu Corte Costituzionale del 13-7-1960, n. 59, stabi.
lisce la legittimità della riserva a llo Stato motivandola con ragioni di ca·
rallere tecnico (non disponibilità di gamme illimitate di lun ghezze d'onda
e frequ enze), culturale (preminente fun zione informativa delle tele comunicazioni) e politico (ma ggiore probabilità di obiettività-imparzialità di un servizio dello Stato) ( 4).
I modelli d i struttura del servizio radiotelevisivo, rilevabil i
nella realtà dei vari Paesi, tendono in genere ad oscillare fra due
poli fondamentali, costituiti, da un lato, da una situazione in cui
la disponibilità prevalente del mezzo appartiene allo Stato con il
corre ttivo di talune forme piì.t o meno intense d'accesso a favore
delle forze operanti nella comunità ; dall'altro, da una situazione in
cui tale di sponibilità risulta invece essenzialmente attribuita a lla
comunità, con il correttivo di taluni strumenti più o meno forti
di controllo sul mezzo da parte dello Stato (5). Nel nostro Paese,
in concreto, il servizio r adiotelevisivo sembra collocarsi « come
appendice dello Stato-apparato, strumento a disposizione degli organi titolari della funzione di indirizzo politico. Specchio del pluralism o sociale, ma specchio anche del consenso al potere» (6).
La configurazione giuridica della RAI-TV come azienda offre
(3) L'IRI e la STET sua attillata, attualmente detengono Infa tti Il
delle azioni. I privati, 34 , ne possiedono 1'1,65 % . Da ricordare
Inoltre che second o la Convenzione del '52 l componenti del Consigllo di
Amministrazione di nomina governativa erano 6 su 16 e nel 1965 sono
passati a 7 su 20. In pratica, poi, un congruo numero di componenti del
Conslgllo di Amministra zione, Il presidente, l'amministratore delegato e Il
direttore gen erale sono sempr e st ati scelti mediante accordi fra l partiti
di governo.
( 4) Per 11 testo della sentenza, sl veda E. BARAGLI, V erso una rifo rma
d ella RAI -TV, In La civiltà cattolica, 2 gennaio 1971, p . 11.
(5) Cfr . E. CHELI, cit., p. 45 8. Oli aspetti delle strutture radiotelevlslve
estere 8ar anno approfonditi In un prossimo a rticolo.
(6) E . 0HELI, cit., p . 463 .
98,35 %
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il destro a critiche: la s ua ambigua immagine d i organismo pubblico-privato sembra essere stata escogitata per porre a l riparo
da ogni pubblicità le decisioni aziendali e per favorire la tutela di
determinati interessi. << Si può fare appello alla "natura pubblica
dell'ente, quando si tmtta di gius tificare gli interventi governativi; si può sottolineare la natura privata dell'azienda, q uando si
vuoi sottrarre il servizio radiotelevisivo a ogni con trollo parlamentare, respingere le richieste dell'opposizione, impedire sgradite interfer enze nelle ristrutturazioni dell'ente, negli "avvicendamenti" dei dirigenti, nei bilanci » (7).
Res t a il fatto che la preoccupazione aziendalistica - far hmzionare la RAI-TV come una buona azienda: quindi politica di
sviluppo, quindi niente deficit - è stata la preoccupazione principale della gestione fino alla prima metà degli anni '60: si era nel
la fase di consolidam ento e di sviluppo del servizio.
Aspetti economici.
In che m isura lo sviluppo concorre a porre il problema della
riforma della RAI-TV? Lo sviluppo è in relazione a mo lti fa ttori,
ma soprattutto all'importanza che assume l'informazione giornalistica e culturale nel contesto dell'attuale società. E' forse proprio l'espansione dei servizi dell'ente che, mettendo in crisi la
precedente organizzazione e facendone esplodere le rigide s t r ut ture centralizzate, determina le analisi di questi ultimi tempi.
Ecco, attraverso un raffronto, le dimensioni di ques ta ascesa (8 ):
1954
1969
( primo anno di regolare servizio TV)
Teleahbonati
Ore di trasmission e TV
Popolazione servita
88.118
1.497
36%
] 1.213.021
5.404 (9)
98,6% (10)
Si può an che ricordare che il numero medio degli spettatori per sera,
che nel '54 era di 300.000 unità e nel '59 (ossia poco più di dieci anni fa)
non superiore ai 2 milioni, è passato, nel ' 69, a 16 mili oni, con punte
talvolta di 25-27 milioni. Analogamente, l'incremento delle dimen sioni d el.
l'azienda si può riassumere in questi due dati:
(7) G. CESAREO, Anatomia d el potere televisivo, F . Angelt, Milano 1970,
p. 24.
(B) Non sl considera In questa tabella l'incremento, in proporzione minore, della radio che, pure, grazie al transistor, acquista una diffusione
capillare. Fonte del dati sono gli Annuari RA.I, 1954 e 1969.
(9) Per rafforzare l'idea dell'ampiezza del servizio, giova annotare che
11 totale delle ore dl t rasmissione di radio più televisione ammontava, nel
1969, a 48.729.
(10 ) Nel 1954 l trasmettitori erano 8 e l r ipetitori 2 ; nel 1969 l trasmettitori della p r ima rete erano 36 e l ripetitori 717, l trasmettitori della
seconda rete erano 36 ·e i ripetitori 303. Come è noto, il segnale televisivo
(via h ertzlana) sl diffonde in line a retta. Di conseguenza, occorrono ripetitori ogni 100/ 150 Km.
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Personale in organico
Costo del personale
1954
1969
4.398
10.140
65,6 miliardi
19,5 miliardi
l
l
Articolata (1968) in S centri di produzione e 14 sedi regiona li
di corrispondenza, la RAI-TV, con il suo bilancio annuo di oltre
250 miliardi e un fatturato di 154 miliardi, si colloca al 21•
posto fra le ventotto maggiori industrie italiane, a una incollatura dall'Olivetti e dall'Alfa Romeo, in vantaggio suii'Eridania e
la Falck. Proprietaria di immobili per SO miliardi, la RAI-TV è
produttrice di film tramite la SACIS, inserita nel settore editoriale
con l'ERI, agenzia di pubblicità con la SIPRA, interessata a lle telecomunicazioni via satellite tramite la TELESPAZIO.
Tutto questo spiega come la RAI-TV, per la sua forza economica, oltre che per le sue particolari funzioni, sia divenuta un ambìto e conteso centro di potere.
FUNZIONI CARATTERISTICHE
DEL SERVIZIO RADIOTELEVISIVO
Quali sono allora queste particolari fun zioni? Occorre rileva·
re che negli anni '60, quando sembrava problema prevalente l'ampliamento del servizio, le principali ricer che sulla televisione insistettero sull'esame degli effetti (11), piuttos to che sullo studio
delle funzioni del nuovo mezzo.
Mentre si dilatava la preoccupazione che i mass-m edia, e
quindi la radio e la televisione, potessero pesantemente condizionare credenze, atteggiamenti e comportamenti, riscuoteva notevoli consensi, forse anche per certe vis tose disfunzioni di fa tto, la
tesi dei sociologi «apocalittici », secondo cui i mezzi della comunicazione sociale erano altrettanti strumenti della cultura di
massa e quindi strumenti massificanti e alienanti. La televisione
fu vista come veicolo d'integrazione, duttile m ezzo p er la conservazione del sistema, di cui da ultimo diventava corresponsabile.
A parte il valore che poteva avere, ai fini di una evoluzione intellet·
tuale, se non di una trasformazione sociale, il fatto che strati sempre più
vasti de lla collettività fo ssero compartcdpi di esperienze e avvenimenti
che si svolgevano anche molto lontano, si trasc urava, comunqu e, di porre
in risalto l'ipotesi che non i mass-media in sè, ma chi ne ha il controllo,
poteva, distorcendone l'impiego, esercitare inavvertibili violenze sulle
coscienze.
Le specifiche caratteristiche funzionali degli strumenti sono
state in seguito studiate soprattutto ad opera dei sociologi La( 11) Tali effetti furono Individuati: nelle capacità persuasive del messaggio. n ella va lorizzazlone del fattori emotivi, nella Induzion e a lla passività. Cfr. G . BRAGA, La comunicazione sociale, ed. RAI. Torino 1969.
pp. 69 ss.
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zarsfeld e Merton. Queste sono: la legittimazione di status, l'imposizione di norme sociali, la disfunzione narcotizzante (12).
Legittimazione di status si ha nel momento in cui i mass-media, con la
loro azione, conferiscono uno status ( o ragion d'esser e) alle questioni
pubbliche, alle persone, alle organizzazioni e ai movimenti sociali. Per il
fatto che se ne parla, si dà loro valore: implicitamente li si legittima
come n ecessari se non utili. In campo politico, se non si dà il d ov uto spazio alle posizioni antagoniste, si finisce con la cristalizzazione del sistema,
in quanto i suoi istituti sono rappresentati come gli unici possibili.
L'imposizione di norme sociali consiste n ella deviazione dalla norma·
tività pubblica che tutti i mass-media, e non solo la televisione, con la
loro azione favori scono. Riconoscere pubblicamente il valore di quanto
in precedenza era tollerato, pensato o desiderato solo privatamente, rende
la società più permissiva.
La disfunzione narcotizzante si verifica quando la comunicazion e, anzichè p reparare all'azione, la sostituisce. Ossia, al posto di fornire una
maggior conoscenza . del reale ·e indurre quindi a una ma ggiore partecipazione, abitua lo spettatore a confondere quella che dovrebbe essere la su a
presa di posizione riguardo a un problema, con l'esserne al corrente.
Era necessario porre in risalto queste caratteristiche di fondo, in quanto, anche nel nostro Paese, il servizio radiotelevisivo (13) si configura come un'inversione di prospettiva rispe tto a
quella che era stata l'evoluzione storica dei mezzi di comunicazione sociale anteriori come, ad esempio, la stampa. Mentre questa
ultima si manifesta e si afferma quale strumento a esercizio
pluralistico (più testate), la radiotelevisione, per ragioni di particolare convenienza connesse con la s ua struttura, si presenta
di fatto come strumento a esercizio monopolistico, per di più
svincolato dalle tradiziona li regole della nostra economia; e
questo, mentre privilegia il servizio, agevola lo sviluppo sia
delle sue funzioni sia delle su e disfunzioni. La radiotelevisione italiana è difatti una industria pubblica operante in regime di monopolio che può produrre indipendentemente dalle leggi di mercato, in quanto fornisce un prodotto già pagato in anticipo mediante il canone. Questa costatazione (14) è, tra le altre,
alla base delle attuali polemiche.
IL DIBATTITO IN CORSO
L'esasperazione degli effetti, veri o presunti, attribuiti al mezzo radiotelevisivo, la scoperta comunque dell'importanza della
comunicazione sociale, svolta per di più nelle condizioni particolari che si è visto, p er un verso ha determinato visto_si fenomeni
(12) Cfr. P. LAZIIRSFELD, R. K. MERTON, L 'industria della cultura, Bomplanl, Milano 1969, pp. 167 ss.
( 13) Può essere superfluo ricordare Il peso della radlotelevlslone nell'ambito della comunicazione. In Italia, un evento registrato da un giornale, raramente viene letto da un milione di lettori. La tesi di un volume
non sempre arriva a 50.000 lettori. Qualsiasi opinione o evento trasmesso
per television e entra In contatto Immediatamente con almeno i0/ 12 milioni di spettatori.
(14) Cfr. C.
ZIIPPULLI,
RAI - TV : un deficit che ha ragioni politiche,
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di politicizzazione (15) e di gestione centralizzata, per l'altro, ha
suscitato le diffuse polemiche sul prodotto e su chi lo produce.
Le caratteristiche del prodotto.
Che tipo di prodotto fornisce la RAI-TV? Premesso che il suo
prodotto non è una merce ben definibile e ad azione totalmente
controllabile (un discorso sulla sostanza può esser fatto solo avendo presenti le reazioni non sempre prevedibili di chi lo riceve), si può convenire dì ricercare un giudizio sul prodotto secondo la sua quantità e la sua qualità.
·Suppo rre che il quantitativo attuale della produzione sia alto, e abbia
magari quegli effetti assorbenti e paralizzanti, denunciati in passato, è vero
solo in parte. Il nostro Paese è ancora lontano dagli standard di altri Stati dove non una, ma più stazioni televisive magari, trasmettono 24 ore
su 24. Se questa è la linea di tendenza delle società altamente organizzate, sia in rapporto all'uso del tempo libero, sia per quanto riguarda la diversificazione dell'informazione, si sottovaluta spesso la concreta possibilità, anche per il nostro Paese, di un terzo canale (16), che potrebbe costituire uno sbocco, su. $Cala regionale, ad esempio, rrll'esigenzn di u.nn in-
formazione diversificata o riguardante soltanto una certa area (li utenti.
oppure rappresentare la sede, inizialmente a livello .çperimentrrle, di rrnn
organica politica scolastica televisiva.
Secondo la qualità, il projlotto televisivo è di fficilc da classificare. Se
l e prese di posizione di tipo politico nei confronti di una trasmissione
sono spesso così contrastanti, tanto che sulla scorta di esse la qualità del
prodotto risulta sempre per lo meno ambigua, i giudizi critici della pubblicistica corrente tendono a spostarsi d alle posizioni negative e quasi denigratorie, così frequenti negli anni '60, su linee di sostanziale adesione.
Si potrebbe anzi rimproverare alla critica, che in maggioranza propende
ormai a valutazioni positive, di impegnarsi a volte n ell'an alisi di aspetti
'econdari o complemenlari delle trasmissioni, lasciandosi sfuggire, magari, l'intento globcrle di un programma o la portata nascosta di un messaggio.
I criteri di produzione.
A questo punto ci si può piuttosto domandare in base a quale
criterio la RAI-TV produce e secondo quali bisogni. Senza dubbio
sono esa tti i rilievi di alcuni, secondo cui l'informazione sociopolitica non sempre è equilibrata: gli avvenimenti del mondo del
lavoro, ad esempio, erano in passato trascurati e tuttora sono
visti con un'ottica settoriale; l'enfasi sulle notizie di politica estera sembra sottintendere spesso un'intenzione diversiva rispetto
ai fatti di casa nostra (17). Ma pare altrettanto giusto far notare
In Corriere della Sera, 19 nov. 1970, p. l; I. CIPRIANI, La radiotelevisione
italiana, In Strumenti audiovisivi e pubblico, n. 2 (1968), pp. 9 ss.
(15) Cfr. C. ZAPPULLI, I funzionari di partito negli organici della RAITV, In Corriere della Sera, 20 nov. 1970, p. l.
( 16) Circa la possibilità tecnica di creare In Italia una rete di stazioni televisive sovrapposta a quella esistente, vedasl la Relazione esplicativa di O. P. LEPORE, In Rassegna Parlamentare, ctt., pp. 501 ss.
(17 ) Utili contributi statistici, a Illustrazione dl questo punto, si ritrovano nel Quaderni pubblicati dalla rivista bolognese Strumenti a1tdiovistvi e pubblico, In part icolare nel n. 3 ( 1970).
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che molti elementi non debitamente considerati in fase di produzione, sono realtà nuove: i destinatari di ogni trasmissione che
sono milioni, appartengono a classi sociali diverse; a differenza
poi della stampa che, richiedendo un minimo di acculturazione
per leggere e capire, stabilisce distinzioni e gerarchie, l'immagine
può esser vista da tutti, benchè i dislivelli culturali, in sede di
assorbimento e decodificazione, permangano (18).
Se, all'inizio, la televisione viene concepila semplicemente come un
servizio di trasferimento di comunicazioni per immagini a domicilio, in
seguito, per i contenuti di c:ui si dotano i messaggi, sembra portata a
esprimere la linea stessa di tendenza della società, E poichè coloro che
detengono il potere di controllare la p ubblica opinione paiono davvero
impegnati a eliminare la conflittualità, a sostituire con la stratificazione
ordinata, condivisa, integratri ce, il conflitto o la lotta di classe (19), ecco
che la televisione ad un osservatore superficiale si può delineare come un
mezzo di fatto efficace per l'organizzazione del consenso.
Anzichè insistere sull'ipotesi di una strumentalizzazione o meno della comunicazione televisiva, importa sottolineare, a livello
di produzione globale, come la nostra televisione non abbia ancora acquisito i caratteri totalitari propri dell'industria culturale.
Industria culturale significa deliberata manipolazione dei beni culturali, ossia loro mercificazione e quindi manierizzazione, per
il consumo su larga scala: si produce per un certo mercato, per
ute nti che diventano clienti. Gli interessi economici prevalgono
su quelli formativi della persona. Di conseguenza, si fa più attenzione a quel che piace, che non a quel che serve. Conta la cultura
che integra, piuttosto che la cultura che provoca. Si programmano
esperienze mediate, finte, narcotizzanti, allo scopo calcolato d i
conformizzare e asservire le intelligenze (20).
I programmi della RAI-TV, per quanto a volte alludano o
svelino intendimenti e interessi tipici dell'industria culturale (21 ),
sembrano situarsi, com e produzione media complessiva, a un livello senz'altro inferiore al potenziale espressivo e specifico del
mezzo, dispiegandosi per generi prevalentemente mutuati dal gior(18) Val la pen~ di rileggere, nell'ambito dell'articolo di U. Eco, Gli
italiani e la tv, apparso su L'Espresso-colore, 11 maggio 1969, Il paragrafo:
Telegiornale: quel che ne capisce la gente, dove si può rilevare quanto
sia alto !l grado di incomprensibllità dello stesso telegiornale della sera:
la percentuale delle persone che confondono la parola candidato con Ingenuo (23%) o Interpretano aggiornamento come Illuminazione (73 %).
fare apostolato come Ingiuriare (32%), e Il termine laico come persona
Immorale (51%). tanto per fare degli esempi, era stata ricavata intervistando persone con una preparazione scolastica non superiore alla licenza media. Ma queste sono forse la maggioranza del pubblico televisivo.
(19) Si vedano per queste considerazioni le note di M. LIVOLSI, introduttlve al volume Comunicazione e cultura di massa, Hoepl!, Milano 1969,
pp. 27 ss.
(20) sono ben note a questo riguardo le considerazioni formulate da
T. W. ADORNO e M. HORKHEIMER e rl!egglblll In Dialettica dell'Illuminismo,
Einaudi, Torino 1966, pp. 130 ss.
(21) Per citare un unico esempio, vedasl la denuncia del rapporti
sempre più complessi fra la RAI-TV e l'Industria del cinema, del teatro.
della canzone. Cfr. G. CESAREO, op. cit., pp. 24 ss.
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nalismo o dal cinema, ibridi sul plano linguistico, confor mistici
alle mode quanto ai contenuti.
Le modalità della produzione.
Vien dunque naturale, ora, chiedersi, che cosa sia, che cosa
possa fare la televisione. Secondo l'Apollonio, la televisione è la
info rmazione simultanea di tutto a tutti, contemporaneamente.
Questa straordinaria potenzialità risulta in pratica limitata da
una serie di fattori (orari , mezzi, volontà poli tica) che inducono
a selezionare, ordinare, camuffare anche.
Ques to implica, per la RAI-TV, una compromissoria politica
culturale che si risolve in pratica in una politica come quella odierna, soprattutto di presenza, interclassista, notarile, nel senso
che più che altro registra quel che succede, preoccupandosi di apparire imparziale, di non scontentare gli uni a favore di altri. La
RAI-TV procede per dosaggi ed equilibri: sia a livello di contenuti, acconten tando il maggior num ero di p ersone, categorie e
gruppi di pressione possibile, giocando sugli orari e sulla dislocazione dei programmi nei due canali per contemperare le diverse
posizioni; sia a livello forma le, dosando la produzione registrata
con la ripresa diretta non passibile di eventuale cens ura.
Certo, la te levisione (22) deve riflettere e rispettare il plura~
lismo ideologico, le policulture esistenti, le divergenti e molteplici
richieste delle classi o della persona. La difficoltà sta nel fat to
che nel riflettere i dati della realtà, li propone e, natura lmente,
non può proporre senza per ciò stesso orientare: m a il servizio
dovrebbe consistere nel presentare o indicare condizionando il
meno possibile.
Preme riconoscere che un servizio del genere, più che negato
da supposte in terferenze, è in gran parte da mettere a punto: la
sua invenzione si può trovare in una prassi quotidiana rigorosa e
coerente e in una sp erimentazione continua dei criteri per mantenere dinamica la struttura del servizio.
Un m i glioramento del ser vizio è, d 'altro canto, p r evedibile in con·
segu en za di due fenom eni. Man mano ch e si verificheranno, d a una parte
la scolarizzazio n e genernle, presupposto di una cultura generale tenden ·
zialmente u gua le per tutti, e dall' altra la d isponib ilità di tempo libero
(grazie alla progressi va riduzione delle ore lavorative), condizion e questa
ultima indisp en sabile perch è si sviluppi il bisogno d' una autentica p romozione culturale, la fa se della television e come strumento di ricreazio·
n e o d i acculturazione gen erica, con t utta probabilità si esaurirà. La stes·
(22) Si insiste nell'anaUsi soprattutto del mezzo televisivo In quanto
è quest'ultimo ch e attira più utenti. Cfr. Indici di ascolto delle trasmissio-
ni radiofoniche rapportate a quelle televisive, In Annuario RAI 1968, pp.
335 ss. Cert o, un capitolo a parte dovrebbe esser riservato alla radio e a l
suoi programmi che consistono par oltre U 50 % in trasmissioni muslcall.
SI vedano le tabelle dell'Annuario citato, p . 325. Ma la necessità di una
rlfondazlo n e del servizio d ella radio, per altro già richiesta da vari commentatori, si collega a una a uspicabile « rivoluzione orizzonta le » del suoi
programmi culturall e ricrea tivi, nel senso di una r iduzione della loro
letterarlf\ tà, d a un lato (occorre P.assare da lla cultura storico-verticale al -
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sa radiotelevisione, se vorrà conservare l'attuale predominio nelle comu·
nicazioni sociali, sarà indotta, auspici i politici che ne emanano le di·
rettive, a sp ecifica re e sintonizzare più marcatamente i programmi ai bi.
sogni e, inoltre, a procedere a forme precise di liberalizzazione e rwtono·
m izzazione. In caso contrario, la tentazione alternativa, sul piano ricreati·
vo-cultnrale, delle immim nti videocas.sette con i loro programmi individuali, e, sul piano informativo, della disponibilità quotidiana di trasmissioni esterne via satellite (che sarà interesse economico dci ma ggiori Stati
diffondere), farà scadere il futuro ente televisivo a un servizio pubblico
di second'ordine.
Se l'abuso, a fini di parte, del servizio televisivo resta un illecito sempre possibile, è altrettanto vero che, salvo una soppres·
sione del mezzo, il suo controllo nel senso di un deliberato imbo·
nimento dei cittadini non potrà mai esser completo. Non a caso
alcuni studiosi sostengono che proprio il mezzo televisivo abbia
notevolmente contribuito a su scitare la contestazione. Quale che
sia il controllo cui è sottoposto il messaggio, il mezzo fornisce
comunque informazione (23), conoscenza di even ti e di esperien·
ze che, anche quando sono travisati, permette, sia pure a fatica,
il recupero di a lcuni dati real i e determina pertanto prese di co·
scienza non circoscrivibili e reazioni non dominabili.
L'ottica di quanti in passato, o ricorrentemente, hanno cercato di
« controllare » la televisione, la si può in certo qual modo eguagliare al·
l'ottica dei miniaturisti e pittori dell'Ottocento, che pensavano di sfrutta·
re l'invenzione della macchina fotografica per consolidare, grazie ai plagi
facilmente forniti dall'apparecchio, il loro mestiere. Come la fotografia
nell'Ottocento r ivelando il suo potenziale si incaricò di smentire i suoi
<< controllori », così sembra si accinga a fare, ora, la televisione.
LE FINALITA' DEL SERVIZIO RADIOTELEVISIVO
Il
fanno
si dà
nanzi
profondo dibattito in corso, le polemiche in particolare,
s upporre una deviazione dell'ente RAI-TV da certi fini, che
p er scontato debbano essergli connaturali. Quali sono, in·
tutto, ques ti fini non rispettati?
A chi compete la determinazione del fini?
Nè la Convenzione 26 gennaio 1952, né lo Statuto sociale della
RAI-TV, aggiornato alla deliberazione dell'Assemblea straordina·
ria del 19 settembre 1966, si preoccupano di definire, analiticamente, le finalità del servizio radiotelevisivo, al di fuori dei suoi
obiettivi tecnici e finanziari. Si potrebbe arguire che la determi·
la cultura del presente), e della loro dimensione avanspettacollstlca ormai
superata, dal! 'altro.
(23) « L'informazione - si legge In U. Eco, Forma e indetermtnazione,
Bomplanl, Milano 1968 - è il frutto di una organizzazione di possibilità,
anzichè di una determinazione univoca ». Questa definizione, che si basa
sulla teoria dell'lntormazlone come misura della nostra libertà di scelta
nella selezione di un messaggio, permette di affermare che « Il valore d i
una informazione per ogni individuo sta nel ricercare informazione come
completamento delle esperienze soggettive », Il che comporta incontrollabilità della funzione del messaggio e possibilità, da parte del fruitore, di
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nazione dei fini sia demandata al Comitato istituito presso il ministero delle Poste e Telecomunicazioni col compito di fissare « le
direttive di massima culturali, artis tiche, educative, dei programmi di radiodiffusione ». Ma il quadro dei programmi trimestrali e
i relativi orari sono e laborati, prima di essere sottoposti a ll'approvazione del Comitato, dall'ente concessionario. E il Comitato, com ·
posto da un funziona rio dell'Ispettorato del traffico radiotelegrafico, da un rappresentante del ministero della Pubblica Istruzione,
da tre scrittori, da tre musicisti, da due drammaturghi, da un espe rto di problemi economico-sociali e così via, sembra più una
équipe di tecnici che una commissione dotata di forza politica.
Questa capacità decisiona le, secondo taluni settori politici, po·
trebbe essere assunla in via s perimentale dalla Commissione di
trenta parlamentari, designati pariteticamente dai presidenti delle
due Camere fra i r appresentanti di tutti i gruppi, incaricata sinora di vigilare « sull'indipendenza politica e l'obiettività informativa dell'ente», e che, in un eventuale ampliamento di compiti,
dovrebbe dettare indirizzi per «canalizzare il pluralismo politi·
co·CIJltura le del Paese » e a ssicurare << la libertà di espressione di
tutte le componenti politiche e culturali della società>> (24 ).
Qu esta proposta scaturisce dal fallo che, m entre non ci sono obiezioni
sui fini ultimi - informare e edrtcare - , abbozzati anth e in sed e istituzionale, la polemica si a cc~nd e intorno al grado di consonanza ch e è possibile istaurare t ra i fini immediati connessi al servizio (e da stabilirsi ) e
le finalità generali; scaturi sce inoltre dalla valutazione del r endimento ch e,
ri spetto a queste piit ampi e finalità , è dato aspettarsi dall'adozione di
un determinato modello organizzativo ( 25). In altri termini, il contrasto
è sulle modalità d i attuazion e (politica dell'informazione e culturale) dei
fini generali e sulle strutture per realizzarli (organizzazione dell'ente).
In attesa di una normativa appropriata, può essere utile una
nuova delineazione dei fini attraverso l'esame delle questioni che,
proprio per l'enfasi con cui sono s tate tratta te, denotano l'importanza dei bisogni sottesi.
Il problema dell'informazione e della sua obiettività.
E' orm ai acquisito che l'informazione, qualsiasi informazio·
ne, non può mai essere neutra le. Per il fa tto stesso che si dà una
notizia, piuttosto che un'altra, si dichia ra una scelta, si formula
un giudi zio di valore. Qualsiasi formula studiata per riferire con
obie tlività , d'altra pa rte, svela l'interpretazione del fatto: la tele·
visione fornisce un 'immagine della realtà, e l'immagine è sem pre
la rappresentazione di qualcosa secondo un punto di vist a .
Se il significato e l'importan za di ogni notizia ris ultano quin·
interpretazioni del m essaggio vari abili rispetto al p rogramma con cui so-
no state Impostate e correlate alle particolari sue esperienze o esigenze.
(24) Cfr . Documento della D irezione nazionale d el PRI , in La voce
repubblicana , 10 gennaio 1971. Inoltre, cfr. Avanti ! e l'Unità del 20 dicembre 1970.
(25) Cfr. E . CHELI, cit., p. 464.
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RAI-TV
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d i s ubord inati all'ideologia, all'interesse, a lla visione del mondo
dell 'individuo, in pratica, tuttavia, si possono elaborare parametri convergenti per dare una notizia in modo completo, cioè sufficientemente obiettivo.
Nella stampa, il problema è m eno risonante per due ragiont
almeno: l) esistono varie emittenti di informazione: il lettore è
libero di scegliere fra vari giornali; 2) ogni giornale possiede un
preciso orien tam ento politico, che offre a l lettore la chiave per
l'interpretazione delle notizie fornitegli.
Alla RAI-TV, dove il problema dell'informazione ha dimensioni macroscopichc, dato il numero degli uten t i, le soluzioni, nonos tan te gli sforzi di aprire s bocchi paralleli attraverso rubriche di
dibattiti, tribune aperte e resoconti, appaiono più difficili a causa
dell'unicità dell'ente emittente. Se ne sono accorti i partiti di governo, i quali hanno pertanto proceduto, p iù che alla lottizzazione della RAI-TV, alla creazione, secondo la su ggestiva immagine
di Cesare Zappulli (26), di un <<sistema a canne d 'organo "• per
cui, ad ogni livello, ogni partito ha un suo rappresen tante a salvaguardia dei propri interessi.
Ma poichè l'aumento della comunicazione che si con segue svolgendo
il servizio, si traduce in richiesta di maggior potere parteripazionale, ne
risulta paradossalmente che più si sviluppa l'informazione più si esclude
c più, di conseguenza, ci sono gruppi ch e si senton o esclusi dalla possibilità di fa rla o fornirla.
Poichè, d'altra parte, ogni informazione è interpretazione, si può approssimativam ente concordare, anti cipando un'indi cazione che sarà ripresa in un prossimo articolo, con quanto un critico h a scritto: << Preso
atto ch e la RAI-TV produce in gran parte opinioni, non produce /atti ma
testimonianze umane sui /atti ( e se si credesse che le testimonianze sono
dati obiettivi non esisterebbero i processi), il problema è eli accettare lo
idea che ln RAI-TV, più che produrre, riproduce opinioni circolanti e
perciò deve lasciarne circolare il più possibile » (271. Cercand o, a nostro
uvvi so, di ridurre il più possibile i me diatori delle notizi e (28).
La questione della promozione personale.
Appare ovvio che sia i programmi ricrea tivi, sia quelli culturali, dovrebbero favorire la promozione della persona. Ora, alcuni
negano vi sia una funzione di promozione della persona, poichè
fa nno coincidere le trasmissioni ricreative e culturali della RAI-TV
con il concetto di alienazione del tempo libero.
Se il lavoro umano, all'interno del sistema capitalista - come scrivono i critici marxisti - , ha l'arattere alienato, l'indu stria televisiva della
(26)
Cfr. C.
ZAPPULLI, RAI- TV : un deficit che ha ragioni politiche.
cit.
(27) U. Eco, I nchiesta sui censori della TV, In L ' Espresso, 15 febbraio
1970.
(28) Altre soluzioni suggerite sono: sviluppo della ripresa diretta per
ridurre l supposti interventi censori, notizie « firmate » In modo che dal
nome del redattore si risalga alla visione politica che le Ispira. Cfr. P.
B ARILE, Sui problemi della riorganizzazione legislativa della rad iotelevisio ne i taliana, ln Rassegna Pm·lamentare, cit., p. 469.
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cultura e dello spettacolo, in quanto strumento di organizzazione del si~ tema, volto a saldare gli interessi della classe dominante alle esigen ze naturali o artificiali delle classi subalterne, tende a completare l'alienazione individuale e collettiva •·iempi endo i vuoti del cosiddetto tempo libero, saldando quindi un anello della catena che è stata definita « il tempo
unico
alienato dell'uomo ».
Questo può valere, forse, per il settore dello spettacolo, genere che, quasi per sua natura, tanto più riesce apprezzato, quanto
più rinforza la « medietas , di chi ne è spettatore.
Per le trasmissioni culturali la critica è in parte vera e in
parte superata. E ' vero che certi programmi si configurano come
momento di evas ione e di p seudoinserimento culturale, ma questo può dipendere sia da una sorta di invadenza intellettuale per
cui alcuni vogliono sempre fare per gli altri, privandoli del loro
diritto ad una attiva partecipazione, sia dall'inabilità creativa dJ
certi gruppi realizzatori (non sempre certe tras missioni risultano
capolavori e, se sono scadenti, può dipendere a volte dalle capacità non superlative di chi le fa).
La critica è superata se si tien conto, programmi alla mano (29), della strategia dell'azione culturale implicita in ogni programma. Questo, prima di tutto, non va preso a sè, ma vis to inserito, per lo meno, in una serie di programmi tutti collocati all'interno dei canali delle comunicazioni di massa, e i primi dei
quali, per forza di cose, non possono essere se non programmi
che pongano i problemi e . sensibilizzino alle nuove realtà.
In linea di massima ci si può sol o rammaricare che, ai fini di una
maturazione sociale degli spettatori, non siano tenuti in debito conto due
validi principi p sicologici: - l ) se non si fa in modo che gli sp ettatori
partecipino (attivamente, alcuni, nel fare; emotivamente, la maggior parte, mediante adesione autentica e non emozione artificiale), i programmi
non li riguardano; - 2) se si affrontano problemi che non li riguardano.
gli spettatori non si interessano a quei problemi.
Criteri per la determinazione dei fini.
Certo, molti altri appunti potrebbero esser mossi al quadro
dei programmi della RAI-TV e quindi alla politica culturale che
ispira il servizio, dalla disorganicità al tono trionfalis tico con cui
certi argomenti vengono proposti, ma ci sembra più opportuno
dar risalto ad alcuni dati di fa tto complementari e a loro modo
esplicativi delle condizioni che interagiscono sulla situazione. Come è ingenuo far colpa all'attuale direzione dell'ente di tutto quel
che non va nei programmi (30), così, la politica culturale della
(29) S I vedano per esempio, tutte proposte nell'ambito di una settimana (10/ 16 gennaio 1971), le trasmissioni: La spinta dell' autunno, Giovane
Afri ca, Nord chi ama
Sud,
Sotto
processo, Turno
C,
La
t erza
età, Scuola aperta; trasmissioni non certo eccezionali se esaminate In sè
e per sè, ma valide se viste In una prospettiva di apertura e approfondimento.
(30) Molto potere si disperde a livello Int ermedio: cfr. R elazione F .
BoLLATI (ciclostilata), all'Incontro di Gazzada, 28/ 30 settembre 1970. Sullo
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RAI·TV 7
televisione, anche qualora fosse esplicitamente ispirata da una
commissione espressa da tutte le forze politiche, si scontrerebbe
di continuo con interessi e problemi di settori contigui che solo
con estrema ponderazione e sforzi di compromesso si possono
sciogliere ( 31).
Mette conto inoltre osservare che:
- Di fronte alla cultura prevalente del « sistema » non esiste, se
non in forma embrionale, una cultura alternativa. Occorre crearla. La te·
levisione, nelle circostanze attuali, può certo porsi in dialettica con .la
cultura corrente e diventare anzi forza traente.
- Esiste un rapporto che si è tentati di definire inversamente pro·
porzionale fra i bisogni oggettivi degli utenti e i loro desideri. Certi bisogni sociali oggettivi (l'istruzione, ad esempio) sono comunq ue prioritari.
- Le esigenze degli spettatori sono divergenti e di continuo in
evoluzione.
Nel determinare quindi in maniera analitica i fini, più che
istituzionalizzare obiettivi, può importare far salve tre regole:
a) Far concorrere alla realizzazione dei fini tutti coloro che
del mezzo sono utenti: nel '60 la sentenza della Cor te Costituzionale faceva preciso obbligo a llo Stato di stabilire le leggi che di·
sciplinassero tale possibilità potenziale.
b) Dare la prevalenza ai fini sociali. Il che significa più informazione e più scuola. Scuola significa moltiplicare il volume dei
dati di sponibili per la conoscenza critica della realtà, più che programmi scolastici.
c) Superare il concetto, come in alcune nuove trasmissioni si
sta facendo, di mediazione e di delega. Senza dubbio non c'è dif·
ficoltà alcuna ad ammettere che i problemi dei contadini possano
essere sviluppati meglio dai contadini stessi anzichè dagli intellettuali della città, e che i problemi del teatro, ad esempio, possano
essere trattati meglio dalla gente di teatro anzichè dal giornalista
che conduce un'inchiesta. Ma la gestione diretta delle notizie, per
cui la televisione dovrebbe essere una centrale di trasmissione
più che un centro di produzione a regime feudale, urta di fatto
con l'impreparazione tecnica delle associazioni che rivendicano il
diritto di partecipazione alla costruzione della cultura.
Quanti h anno a cuore il problema della partecipazione, dimenticano
sovente che la forza della televisione non sta negli impianti, ma nel diritto esclusivo di adoperare quegli impianti, la cui componente più essenziale e simbolica è rappresentata da un centinaio di telecamere. Ora,
la creazione di circuiti chiusi televisivi nelle scuole si può profilare come
iniziativa di preparazione per i gruppi o le unità di produzione che, in
stato di Irresponsabilità d1ffusa al vari livelli dell'ente (conseguenza, secondo a lcuni, dell'eccesso dirigenziale : l gradi superiori a caposervizio
(274) sono più numerosi del servizi (229): cfr. L 'Espresso, 8 novembre
1970, p. 10) Insiste pure G. CESAREO, op. cit., pp. 68 ss.
(31) Vedasl, pe1· t utte, la questione del film prodotti dalla TV e la
polemica, per ragioni commerciali, degli esercenti cinematografici (cfr. M.
NEGRI, Perchè la guerra sui film della TV, In Sette giorni in Italia e nel
mondo, 10 gennaio 1971, p. 32).
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un sistema televisivo più denso quanto a programmi- e più decentrato
quanto a gestione, potranno democraticamente, in futuro , accedere al
mezzo.
l PROBLEMI APERTI
In seguito alla scoperta che i fini, p ossibili e doverosi, della
televisione non coincidono con il servizio di fatto offerto dalla
RAI-TV, e ch e le sue strutture attuali sembrano inidonee a realizzarli, ecco che con sempre maggiore insistenza è s tato agitato
il p roblema della riforma.
Da· più parti e attraverso vari disegni di legge, sono state richieste, negli ultimi tempi, nuove strutture per l'ente atte a ridurre l'ingerenza partitica, garantire un'informazione il più possibile
obiettiva, assicurarne una gestione economica (32).
I problemi, intor no ai quali si possono confrontare e misurare le varie proposte, si possono riassumere nei quattro seguenti:
1) struttura dell'ente, sua configurazione giuridica e s ua gestione, con esplicita normativa dei condizionamenti esterni (ossia politici), sia in merito alle nomine dell'alta direzione, sia in
merito alle possibilità di autodeterminazione manageriale;
2 ) attribuzione del potere di emanare le direttive generali,
relativamente alle finalità e alla politica culturale che l'ente istituzionalmente deve perseguire;
3) controllo sul rispetto delle direttive e s ulla condotta della gestione ;
4) partecipazione, ovvero diritto di accesso al mezzo televisivo.
Subordinatamente, possono essere considerati il problem a de·
gli organismi (la commissione di vigilanza parlamentare? una
commissione governativa?) a cui affidare l'incarico di preparare
la riform a, e l'eventuale possibilità di u sare l'intervallo di tempo
che separa dalla scadenza della Convenzione per una loro sperimentazione.
Antonio Spiller
(32) I mall dell'ente sono riassunti nel rapporto del senatore TOGNI
(DC) all'VIII• Commissione permanente d el Senato: « I nflazione eU personale, anche a livello di1·igenziale, che contrasta con ogni sano criterio
organizzativo e di oculata gestione della cosa pubblica; eccessivi poteri
attribuiti al Comitato direttivo, con sostanziale svuotamento delle competenze spettanti al Consiglio d i amministrazione; non corretto distacco di
molti dipendenti presso ministeri e segreterie di partiti politici; anomala
utiltzzazione di consulenti vari; eccessiva riduzione, ne! quadro dei risultati di gestione, degli accantonamenti per r ammoàernare gli impianti [ . .. ] »; e nella risoluzione del senatore Cavalll (PCI), cui Il senatore
Tognl ha dato 11 su o assenso (cfr. Con-iere della Sera, 28 novembre 1970.
p. 5).
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