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DOSSIER
Lunedì, 14 novembre 2016
DOSSIER
Lunedì, 14 novembre 2016
Articoli
14/11/2016 Il Piccolo (ed. Gorizia) Pagina 20
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«Bene per tutti se la vita migliora»
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LAURA BLASICH
Mano tesa dei bengalesi «È anche la nostra città»
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Immigrazione al 20% Molti dalla Romania
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Incidenza nelle scuole più alta della regione
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«Massimiliano esca dal buio»
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Il Piccolo (ed. Gorizia)
Gorizia
«Bene per tutti se la vita migliora»
Il curdo diventato italiano Murat: «Il cambio? Rispetto le regole e non temo nulla»
Difficile che qualcuno, soprattutto tra gli studenti di
Monfalcone, non conosca Murat Alcu, titolare assieme alla sua
famiglia della rivendita di kebab di via Sant' Ambrogio e di via
Fratelli Rosselli (e di quattro altre attività simili in altri centri).
Solare, super­lavoratore e poliglotta, Murat, 23 anni, è arrivato
in Italia dalla Turchia nel 2009 per ricongiungersi ai familiari
già emigrati in Italia, per sfuggire al clima sempre più pesante
con cui i turchi di etnia curda si trovavano a fare i conti. Murat
è un imprenditore, innamorato del suo lavoro e che pensa
comunque a prendersi il diploma dell' Istituto tecnico
commerciale, abbandonato dopo essere stato inserito in
prima, nonostante l' età e gli anni già frequentati in Turchia, e
spinto dalla voglia di dare una mano nell' attività di famiglia.
Da un paio di settimane è cittadino italiano. In tempo per
votare al ballottaggio, in uno dei seggi della primaria di Largo
Isonzo, per l' elezione del sindaco della città, dove è anche
residente. «Se io rispetto le regole, se pago le tasse, come
faccio, perché dovrei preoccuparmi del cambio di
amministrazione?», si chiede Murat, mentre sta preparando
una delle tante consegne che lo portano nelle case dei
monfalconesi, italiani e stranieri, permettendogli di avere il
polso della situazione di quanto accade e di come la città si
modifichi. Più di molti altri. «Tanta gente si fa mille film, ma
siamo nel 2016», aggiunge, senza vedere, quindi, grandi
problemi in un' amministrazione di centrodestra e in un
sindaco espresso dalla Lega Nord per una città che ha il
20,5% di cittadini stranieri. «Se la città migliora ­ spiega ­, è
meglio per tutti». Anche per chi sta continuando a investire a
Monfalcone, come la famiglia di Murat.
Il Kebab di via Sant' Ambrogio, dirimpettaio del cantiere del
municipio da oltre due anni, si sta ampliando nello spazio
adiacente, fino a poco tempo fa occupato da una fioreria,
gestita da una commerciante monfalconese. Il cambiamento,
insomma, non sembra far affatto paura a Murat, che glissa
comunque sul suo voto. «Da parte mia ho sempre cercato di
lavorare con tutti i negozianti di Monfalcone, perché, ripeto, l'
importante è che la città migliori e sia frequentata», conclude,
guardando via Sant' Ambrogio, definita ormai una strada
"etnica" e da molti monfalconesi vissuta come un "corpo
estraneo". Sensazioni e percezioni che, comunque, non stanno penalizzando l' attività della rivendita di
kebab e pizza della famiglia di Murat. Il cambiamento non sembra aver spaventato e spaventare altri
stranieri, anche se l' angolatura da cui i croati, cattolici, e ora comunitari, residenti a Monfalcone, in
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alcuni casi da anni, guardano la città e i suoi problemi è senz' altro diversa. E i problemi non sono, in
media, né di lingua né di integrazione, propria e dei figli. Sono, se così si può definirli, quelli condivisi
con altre fette della popolazione: la scarsa pulizia della città e anche la non "riconoscibilità" di certe aree
del centro, la viabilità o le difficoltà di lavoro, l' impatto della presenza della centrale termoelettrica e del
cantiere navale. «Sì, ho votato al primo turno e al ballottaggio», dice una croata della regione istriana,
da anni abitante a Monfalcone, assieme alla famiglia. «Diciamo che ho votato a favore del
cambiamento, che ci voleva», aggiunge, lasciando capire come il voto sia andato ad Anna Cisint e non
al sindaco uscente Silvia Altran. Gli stranieri originari di Paesi comunitari, in larga parte con radici in
Romania, e non ancora cittadini italiani non sembrano comunque aver dimostrato interesse per la
competizione.
Pochissimi sono stati quelli che si sono iscritti alle liste elettorali riservate. Tra i romeni che si sono
recati alle urne c' è però don Valentino Aeanoei, sacerdote che opera nella parrocchia della Beata
vergine della Marcelliana. «Non saprei che dire di cosa pensi la comunità romena ­ afferma ­. Vedrò
però i parrocchiani e gli ortodossi romeni nel fine settimana». (la.bl.)
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Gorizia
Mano tesa dei bengalesi «È anche la nostra città»
di Laura Blasich Il gazebo del centrodestra, dei vincitori delle
elezioni comunali, ha abbandonato piazza della Repubblica,
uno spazio già vuotatosi nel corso dell' ultimo mese della
presenza dei bengalesi, che pure ne hanno sempre fatto uno
dei principali luoghi di ritrovo. Durante tutta la campagna
elettorale e le due settimane di ballottaggio i cittadini originari
del Paese asiatico hanno disertato la piazza, concentrandosi
in via Sant' Ambrogio o fermandosi in via Battisti e piazza
Cavour.
In centro si sono fatti vedere con molta più discrezione anche i
rappresentanti religiosi della comunità. Come pure i veli
integrali, moltiplicatisi nell' ultimo anno. La comunità
bengalese, quella in sostanza al centro del dibattito sulla
presenza degli stranieri in città, si è ritirata ai margini.
In attesa di comprendere cosa cambierà con la nuova
amministrazione comunale, dopo anni di dialogo, seppure
imperfetto, allacciato con la precedente, di centrosinistra. Le
dinamiche della politica italiana e di quella locale sono seguite
e, se non altro a grandi linee, ben comprese. Sul banco del
negozio di Rejaul Haq, portavoce del centro culturale islamico
di via Don Fanin, e della sua famiglia in via Garibaldi sono
accumulate le copie de Il Piccolo degli ultimi giorni. «La nostra
gente non è andata in piazza in questo periodo per una forma
di rispetto ­ spiega il portavoce del centro culturale Baitus
salat ­, perché di fatto le elezioni del sindaco sono una cosa
degli italiani. E poi il tempo è peggiorato in queste settimane».
Se non c' è preoccupazione «per la Lega Nord», che a più
riprese nel corso degli anni in Consiglio comunale ha posto
questioni legate al mondo islamico locale (dall' uso del velo
integrale all' utilizzo dell' ex supermercato Hard di via Primo
maggio e anche degli spazi di via Don Fanin), c' è quanto
meno cautela. Pur partendo dal presupposto che, come
osserva un cliente bengalese del negozio, «la comunità c' è,
gli stranieri ci sono a Monfalcone e non potranno ridursi più di
tanto».
Perlomeno fino a quando «utilizzare gli stranieri per il lavoro
nel cantiere navale sarà più conveniente». «Gli italiani non
lavorano per 900 euro al mese, che, comunque, bastano a chi
vive qua da solo anche per mandare attorno ai 5­600 euro al
Paese», aggiunge il cliente.
«Noi auguriamo al nuovo sindaco un buon lavoro ­ afferma Rejaul Haq ­ e speriamo di incontrarlo,
perché vogliamo avere un buon rapporto anche con il nuovo sindaco. Vogliamo continuare a collaborare
con l' amministrazione comunale, come facciamo con le forze dell' ordine. Entrambe trovano le porte
aperte al centro culturale». Un punto di riferimento religioso, ma anche un luogo in cui i referenti fanno
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informazione e formazione sociale.
«Sia noi sia il centro di via Duca d' Aosta cerchiamo di spiegare anche le regole non scritte, di far capire
come si cura un' abitazione», dice Haq, confermando come uno dei problemi per la comunità rimanga
quello della casa. «Non si trovano abitazioni in affitto per i bengalesi e quindi le persone che, lavorando,
pure avrebbero i soldi per prendere un appartamento, cercano ospitalità nelle case dei connazionali ­
spiega ­. Anche noi vogliamo che le regole siano rispettate, ma questa è la situazione per quel che
riguarda gli alloggi. Tanti non hanno l' auto, alcuni nemmeno la bici e quindi la ricerca si concentra
comunque su Monfalcone».
Alcuni «stanno approfittando delle aste giudiziarie per comprare», ma non molti hanno la disponibilità
finanziaria iniziale per farlo. «L' importante, comunque, è parlarsi e chiarirsi», conclude Haq, convinto
che «se faccio bene, mi viene bene, se faccio male, mi viene male».
Dell' importanza del confronto è convinto anche Jahangir Sarkar, dell' Associazione genitori bengalesi,
che in questi anni ha promosso i corsi di bengalese per i bambini e i ragazzi della comunità, ma anche l'
organizzazione di incontri, cercando inoltre di avviare un progetto per diffondere la pratica sportiva tra i
giovani bengalesi, coinvolgendo tutte le società cittadine assieme alla Consulta dello sport.
«Cercheremo di avere un incontro con il sindaco ­ afferma Sarkar ­ e di collaborare con l'
amministrazione, come abbiamo sempre fatto. Anche prima non conoscevamo l' amministrazione e poi
abbiamo cercato di farlo. Comunque se noi rispettiamo la legge e le regole, non crediamo ci saranno
problemi». Il portavoce del centro culturale islamico di via Duca d' Aosta, Jairul Islam, assume una
posizione attendista. «Vediamo come va ­ dice ­. Pensiamo di presentarci più avanti, se il sindaco ci
contatta». Anche Jairul Islam afferma di conoscere le posizioni della Lega Nord in materia di stranieri,
ma si dice fiducioso. Nessuno dei tre portavoce e referenti della comunità ha votato, non avendo ancora
la cittadinanza, ma chi ne ha avuto la possibilità lo ha fatto. E, a quanto pare, in diversi casi non
scegliendo il nome uscente.
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Immigrazione al 20% Molti dalla Romania
Presenti ufficialmente 5.800 in rappresentanza di 83 Paesi ma la fetta più consistente
con 4.200 arriva dal Bangladesh
In base agli ultimi dati ufficiali disponibili a
Monfalcone abitano poco meno di 5.800
cittadini stranieri, il 20,5% della popolazione
totale. Se le nazionalità presenti sono 83, sono
in realtà tre i Paesi e le aree geografiche da
cui proviene la maggior parte degli stranieri:
da Bangladesh, Romania ed ex Jugoslavia al
31 dicembre del 2015 arrivavano circa 4.200
persone (cifra che comprende comunque
anche i minori nati in Italia da genitori stranieri
e quindi senza cittadinanza). Presenze che in
larga misura rimangono legate al lavoro nel
cantiere navale, come dipendenti delle
imprese che operano in appalto per
Fincantieri. Il tema stranieri a Monfalcone,
però, alla fine ruota quasi esclusivamente
attorno alla presenza dei bengalesi, gli
stranieri più "visibili" e più diversi per cultura,
tradizioni, anche culinarie, e religione, quella
islamica, ampiamente praticata. Il primo
grande boom di arrivi si colloca tra 2001 e
2003, quando i bengalesi in città diventano
oltre 300. È forse lì, poco più di dieci anni fa,
che finisce l' atteggiamento dei vecchi
monfalconesi di curiosità verso l' immigrato e
inizia quello di fastidio verso usi, costumi e
religione diversa. Il dopo 11 settembre, alla
fine, si fa sentire anche a Monfalcone, e l' islamismo diventa un nodo, anche perché i capi velati, così
rari nel primo periodo, si moltiplicano, pure nelle scuole, già a iniziare dalle primarie. La comunità del
resto si ingrandisce, si dota di associazioni, anche di cultura islamica, e ha il suo peso nei
comportamenti dei singoli e anche nel rapporto con il Comune. Nel corso dell' ultimo anno sono
aumentate le donne che portano il velo integrale, mentre a complicare il clima sono intervenuti gli
attentati di Parigi, Bruxelles, Dacca e Nizza che hanno spinto la comunità bengalese assieme a
musulmani originari di altri Paesi a manifestare pubblicamente il proprio distacco dal ricorso alla
violenza nel nome della religione.
A Monfalcone, nella comunità si sono in ogni caso riprodotte le divisioni politiche esistenti in
Bangladesh, come le posizioni assunte nei giorni successivi all' attentato di Dacca hanno reso evidente.
Nello stesso tempo la comunità in questi ultimi anni ha potuto contare sul sostegno dell'
amministrazione comunale per essere protagonista di eventi come la Festa della lingua madre,
ottenendo l' utilizzo delle palestre comunali per la celebrazione della conclusione del Ramadan e della
festa del sacrificio. È rimasto invece al palo il progetto di favorire la pratica sportiva dei bambini
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bengalesi nelle società cittadine. Tra i nodi da sciogliere ci sono comunque ancora quelli legati alla casa
(la resistenza ad affittare ai bengalesi ritenuti poco attenti alla cura delle abitazioni) e alla conoscenza
dell' italiano, mentre la comunità, maschile, originaria dell' Europa dell' Est sembra esposta al rischio
dell' abuso di alcol. In questi ultimi cinque anni ha visto una crescita anche la presenza di persone
originarie della Cina, che in città hanno aperto tutta una serie di piccole attività artigianali e di servizi,
oltre che di ristorazione. In città le comunità in cui le donne superano gli uomini sono quelle originarie di
Ucraina e Moldova, Bulgaria e Polonia, chiaro segno di un' immigrazione legata a un impiego come
badante. (la. bl.)
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Gorizia
Incidenza nelle scuole più alta della regione
La popolazione straniera di Monfalcone è
giovane. Lo conferma la consistente presenza
di bambini con origini non italiane in tutte le
scuole. A Monfalcone due anni fa era straniero
il 22,8% degli alunni e studenti dall' infanzia
alle superiori: 736 tra bambini e ragazzi, di cui
373 nati in Italia e 93 in primo ingresso, su un
totale di 3.232 iscritti. Dati che pongono
Monfalcone, secondo il Rapporto Miur Ismu
relativo all' anno scolastico 2014­2015, tra i 30
comuni in Italia in cui l' incidenza di alunni con
origini straniere sull' insieme della popolazione
scolastica è più alta. E l' unico in Friuli Venezia
Giulia. Tra le scuole che per prime hanno
vissuto il fenomeno immigratorio e con la
maggiore presenza c' è la primaria Duca d'
Aosta. Nel 2015 si è formata una prima quasi
del tutto bengalese, quest' anno la nuova
prima ha avuto una composizione più
variegata, ma tra gli iscritti si contava un solo
bambino con genitori italiani. La classe è stata
alla fine sdoppiata in due. (la.bl.
)
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Gorizia
Cormons
«Massimiliano esca dal buio»
Il consigliere di minoranza Felcaro propone l' installazione di fari
CORMONS «Valorizziamo la statua di
Massimiliano». La proposta è del consigliere
di minoranza Roberto Felcaro, che evidenzia
come uno dei principali simboli di Cormons
non abbia la visibilità turistica che
meriterebbe.
«Prendo spunto dai suggerimenti pervenutimi
da alcuni cittadini ­ sottolinea ­ e invito l'
amministrazione comunale a rendere
maggiormente illuminato il monumento
dedicato all' Imperatore. Oggi arrivando a
Cormons da via Gorizia in orario serale non si
nota nemmeno, circondato di fatto dal buio:
non ci sono luci che valorizzino il manufatto,
non c' è alcuna cartellonistica che spieghi a chi
arriva da fuori città la storia e le peculiarità di
questa statua». Un rilievo, quello di Felcaro,
che vuole valorizzare il monumento da un
punto di vista turistico. «Ovviamente ­
sottolinea ­ stiamo parlando di una
illuminazione che non vada assolutamente a
creare disagio ai residenti, bensì qualcosa di
discreto ma allo stesso tempo in grado di
mettere in evidenza la bellezza del manufatto.
Non è francamente un bel biglietto da visita
per la città mantenere Massimiliano nel buio,
senza alcuna informazione turistica che ne
sottolinei il valore affettivo e storico per Cormons». Recentemente la statua è passata dalla proprietà
della Provincia a quella comunale, con la sottoscrizione di un accordo firmato in tal senso tra il
presidente dell' ente intermedio Enrico Gherghetta e il sindaco Luciano Patat. Il monumento è tornato in
largo Scrosoppi a Cormons nel 1981 dopo essere rimasto per decenni a Gorizia, esiliato ­ se così si
può dire ­ dai tempi del Fascismo, quando ogni riferimento a un simbolo non italico come appunto
Massimiliano d' Asburgo non era visto di buon occhio. Ma, al di là dei regimi e dei tempi, la statua è
sempre stata molto amata dai cittadini cormonesi.
Matteo Femia.
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