L`EDITORIALE NOI E GLI ALTRI IL PUBBLICO MINISTERO FRA

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L`EDITORIALE NOI E GLI ALTRI IL PUBBLICO MINISTERO FRA
L'EDITORIALE
NOI E GLI ALTRI
IL PUBBLICO MINISTERO
FRA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE E GERARCHIA
Le vicende relative alla separazione della carriera di p.m. da quella di Giudice, nonché la
gerarchizzazione degli uffici del p.m., sono troppo note per essere qui ripercorse.
In questi giorni (marzo 2003) in sede parlamentare si dibatte il tema della separazione
delle funzioni nonché quello della gerarchizzazione degli uffici del p.m.
L'ANMI <<denuncia>> l'intenzione di sottomettere il p.m. all'esecutivo e di
compromettere così l'autonomia e l'indipendenza della magistratura da ogni altro potere
attraverso la proposta di separare la funzione di p.m. da quella di Giudice e di condizionare
l'eventuale passaggio dall'una all'altra a determinate filtranti condizioni.
In sede europea si sta affrontando la non facile necessità di armonizzare i vari sistemi
penali vigenti nei paesi dell'U.E. al fine di realizzare uno spazio giuridico europeo.
Fuori da consensi e dissensi urlati, abbassando i toni nel rispetto delle persone, delle
funzioni e delle pur diverse opinioni, conviene forse soffermarci anche solo su alcuni
aspetti concreti guardando a casa nostra, ma altresì oltre confine, almeno in parte.
Belgio. È stato recentemente introdotto il principio dell'indipendenza del pubblico
ministero nei limiti risultanti dal potere del ministro della Giustizia di ordinare l'esercizio
dell'azione penale; di emanare direttive obbligatorie di politica criminale, anche in materia
di indagine e di azione penale, su parere del collegio dei procuratori generali.
Tali direttive sono vincolanti per tutti i membri del pubblico ministero (art. 151 Cost.).
Il Re nomina e revoca i membri del pubblico ministero su proposta del ministro della
Giustizia (art. 153 Cost.).
Francia. Giudici e pubblici ministeri costituiscono un corpo unico di magistrati; nomina e
disciplina competono al CSM; il Presidente della Repubblica è garante dell'indipendenza
dell'autorità giudiziaria ed è assistito dal CSM.
I magistrati giudicanti sono inamovibili (art. 64 Cost.). I pubblici ministeri, invece, non
godono della intangibilità delle funzioni e sono gerarchicamente sottoposti al ministro della
Giustizia (art. 5 Ord. 22.12.1958).
L'ufficio del pubblico ministero è a sua volta gerarchizzato. Ogni membro è tenuto a
rispettare le direttive del superiore gerarchico relativamente all'esercizio dell'azione penale
ed alla conduzione delle indagini. Le istruzioni devono essere scritte e inserite nel fascicolo
del procedimento se riguardano casi specifici - (art. 36 c.p.p.).
Al vertice della gerarchia, il ministro ha autorità sul procuratore generale della cassazione
e su quelli delle corti di appello. Questi ultimi hanno autorità sui procuratori della
Repubblica i quali possono sostituirsi ai loro sostituti e possono in ogni momento affidare
ad altri sostituti l'esercizio di ogni funzione.
I magistrati, nel corso della loro carriera, possono occupare posti negli uffici giudicanti ed
in quelli requirenti a determinate condizioni
Germania. Il pubblico ministero non gode dell'indipendenza e della inamovibilità
(assicurata invece al Giudice di carriera); ha lo stesso status giuridico dei funzionari
ordinari; dipende dal potere esecutivo anche se tale subordinazione non è assoluta. Infatti il
ministro deve rispettare il diritto e la legge (art. 20 III G.G.); delle sanzioni disciplinari sono
competenti i tribunali della Repubblica, anche per i Giudici.
Il procuratore generale federale è subordinato al ministro federale della giustizia ed è il
superiore gerarchico dei procuratori generali, ma non dispone di alcuna autorità sui membri
dell'ufficio del pubblico ministero.
Tale ufficio è fortemente gerarchizzato.
I funzionari del pubblico ministero devono uniformarsi agli ordini dei propri superiori, i
quali possono agire direttamente in luogo del sostituto ovvero sostituire quest'ultimo con
altri sostituti (parag. 145 G.V.G.).
Inghilterra. Il pubblico ministero (Crown Prosecution Service, di recente istituzione) è
diretto dal Director of Public Prosecutions nominato dall'Attorney General, il quale
promuove e sovrintende all'azione penale nei procedimenti di gravità e complessità
eccezionali (ad esempio, per fatti che coinvolgono la sicurezza dello Stato). Determinati
reati (ad esempio quelli di terrorismo) non possono essere perseguiti senza il suo previo
consenso.
Le funzioni dei membri del pubblico ministero possono essere esercitate da avvocati
(barristers o solicitors).
L'azione penale non è obbligatoria. Compete alla polizia disporne discrezionalmente. Se
essa assume l'iniziativa, deve sottoporla al pubblico ministero il quale può disporre la
prosecuzione del procedimento oppure arrestarlo, ma non ha poteri di investigazione
Spagna. Alla carriera di pubblico ministero si accede attraverso un concorso. Nella sua
attività il pubblico ministero è definito indipendente, ma è gerarchicamente subordinato al
procuratore generale dello Stato, di nomina reale su proposta del governo.
Il luogo di destinazione è deciso dal governo previo rapporto informativo del procuratore
generale.
Il pubblico ministero non può accedere all'ufficio di giudice.
Vi è una particolare disciplina del sostituto del pubblico ministero, al quale viene affidato
un incarico temporaneo, previo superamento di un concorso.
Norvegia. Il pubblico ministero è di nomina governativa. È indipendente e decide
discrezionalmente se esercitare o meno l'azione penale in base ad un proprio giudizio di
idoneità o meno degli elementi di prova raccolti.
Non può essere revocato se non per decisione della corte nel cui ambito è posto il suo
ufficio.
Il pubblico ministero può delegare i propri poteri al capo della polizia (il quale è un
avvocato) ovvero, in casi minori, ad un ufficiale di polizia.
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A questo punto appare evidente la diversità dell'identità stessa del pubblico ministero in
quei paesi rispetto al pubblico ministero italiano.
Possiamo dire che in nessuno di essi esiste un pubblico ministero con i poteri e
l'autonomia di quello italiano.
Purtroppo, una pacata, obiettiva valutazione critica di tale diversità viene spesso sommersa
dal rumore assordante di accuse e contraccuse, dai colori lividi di una grave crisi
istituzionale nel rapporto fra politica e magistratura.
Nei paesi di cui si è trattato più sopra il collegamento fra il ministro della Giustizia e
pubblico ministero è normalmente previsto, ovviamente nei limiti di cui si è detto.
Eppure si tratta di paesi retti da sistemi demo-costituzionali omologhi al nostro. Anche per
questo motivo, ma non solo, la denuncia da parte della magistratura associata italiana non
sembra poter essere condivisa.
Fra i magistrati vi è chi, con toni di indubbio sincero rammarico, ritiene di interpretare la
proposta della separazione delle carriere quale preconcetta manifestazione di sfiducia nei
Giudici. A sua volta la magistratura associata insiste nel sostenere la necessità di assicurare
attraverso la unicità delle carriere la cultura della giurisdizione anche al pubblico ministero.
In realtà il problema deve porsi a ben altro livello.
Le ragioni della separazione risiedono (dovrebbero risiedere) nel dovere di garantire al
massimo livello umanamente possibile un percorso esclusivo di formazione della cultura
della giurisdizione a chi sceglie la carriera di Giudice. Quanto al pubblico ministero,
semmai, deve essere incentivata la cultura delle indagini, mentre la confusione fra le due
carriere non può che ingenerare confusione dei ruoli e fra le culture. è invece indispensabile
creare i presupposti di una naturale visione super partes da parte del Giudice in relazione al
controllo delle richieste del pubblico ministero nonché (nella parte centrale del
dibattimento), laddove al Giudice non compete (non dovrebbe competere) di intervenire
direttamente nella formazione della prova offerta dalle parti, bensì di valutarla per decidere
della congruità della stessa rispetto alla dichiarazione o meno della colpevolezza.
Insomma, a ciascuno il proprio mestiere e la propria corrispondente responsabilità.
Naturalmente occorre che la genericamente ipotizzata riforma globale del rito attuale, sia
preceduta da una scelta chiara di sistema, tale da eliminare le incongruenze e le inutilità di
cui è costellato l'attuale codice anche e non solo a proposito della prova.
Se la cultura della giurisdizione da parte del Giudice non sarà il prodotto di un percorso
esclusivo; se il magistrato potrà trasmigrare anche più volte nel corso della carriera da una
carriera all'altra (oltretutto senza alcun serio filtro di formazione, aggiornamento e idoneità
specifici), la figura del giudice terzo ed imparziale non sarà mai nettamente disegnata.
Significativa è la dichiarazione resa da un magistrato (Sebastiano Magnino sul Corriere
della Sera del 26 febbraio u.s.) ove, ritenendo di difendere l'esistente, si legge che <<nel
passaggio da una carriera all'altra, uno porta la propria esperienza>>. Appunto: è proprio
ciò che si deve evitare; è proprio quello che accade da noi allorché il Giudice si sente
<<naturalmente>> portato ad intervenire direttamente nella formazione della prova. Tale
condotta peraltro non merita né accuse di esorbitanza dai propri compiti né, ancor meno, di
malafede. Si tratta semplicemente di un fatto di cultura (quella delle indagini) propiziata sia
dalla unicità delle carriere, sia dalla stessa attuale disciplina processuale (art. 507 c.p.p.).
O si avrà il coraggio di uscire una volta per tutte da questo equivoco concettuale, oppure
continueremo a vivere _ anche nel mondo della giustizia _ nel paese delle <<convergenze
parallele>>, con l'immagine pubblica e pubblicizzata di un pubblico ministero che sovrasta,
assurdamente, la figura del Giudice.
Inoltre, se la cultura della giurisdizione continuerà a confondersi con l'esperienza delle
indagini, la garanzia della terzietà del giudice continuerà ad essere posta in discussione _
magari strumentalmente ad altri fini _ anche a causa di fattori concorrenti. Ci riferiamo al
principio, sul quale tutti a parole concordano, secondo il quale il Giudice non solo deve
essere ma altresì apparire equidistante dalle parti. Senonché il nostro Giudice è collega del
pubblico ministero; entrambi appartengono alla stessa associazione sindacale; sono soggetti
allo stesso Organo di autogoverno; godono fra essi di naturali rapporti confidenziali.
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Né maggiore condivisione merita la ripulsa della gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico
ministero. La gerarchizzazione ristabilirebbe semplicemente la logica elementare del
funzionamento di un ufficio retto da un responsabile procuratore della Repubblica,
coadiuvato da un certo numero di sostituti.
Da noi ciascun sostituto viene considerato autonomo e indipendente dal capo dell'ufficio
perché non sarebbe possibile ritenere che i singoli magistrati del pubblico ministero
ripetano i loro poteri dal capo dell'ufficio. Il punto di riferimento per essi, quali magistrati,
sarebbe sempre e soltanto la legge come proverebbe il principio della obbligatorietà
dell'azione penale, (di fatto, inesistente n.d.r.) onde è che le esigenze di coordinamento
organizzativo dell'ufficio debbono considerarsi di carattere interno e non possono incidere
sulla regolarità dell'iniziativa del singolo magistrato del pubblico ministero. Tutto ciò si
legge nella sentenza della Corte di Cassazione del 5 luglio 1979, Noto, richiamata in
<<Codice dell'Ordinamento Giudiziario>> Vol. I, seconda edizione, Giuffré Editore 1996
pag. 154.
Ciò conferma che quando le costruzioni giuridiche non nascono da un fenomeno reale,
rischiano di tradursi in schemi astratti inutili, e, come nel caso in esame, dannosi.
In sostanza il predetto principio, enunciato dal S. C., speculare a quanto accade da noi, è
che il sostituto può ignorare il sostituito pena _ si ritiene _ della perdita dell'autonomia e
indipendenza propria.
Eppure la Corte Costituzionale (ibidem pag. 153) in data 16 marzo 1976 Sent. n. 52 aveva
enunciato il seguente ovvio principio:
1. Non è fondata _ in riferimento agli artt. 101 comma 2 e 107 commi 3 e 4 Cost. _ la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 70 Ord. Giud. in quanto istituisce all'interno
degli uffici del pubblico ministero rapporti di dipendenza gerarchica.
Le garanzie di indipendenza del p.m. sancite a livello costituzionale dall'art. 107 Cost.
vengono rimesse per la determinazione del loro contenuto alla legge ordinaria
sull'ordinamento giudiziario le cui disposizioni non possono essere ritenute illegittime se,
per alcuni momenti processuali in cui è pronunciato il carattere impersonale della funzione,
atteggiano a criteri gerarchici l'attività dell'organo. Va tenuto presente, infatti, che la
differenza delle garanzie di indipendenza previste dall'art. 101 Cost. a presidio del singolo
giudice, quelle che riguardano il pubblico ministero si riferiscono all'ufficio unitariamente
inteso e non ai singoli componenti in esso.
In sostanza, una cosa è il p.m. in udienza _ ove possono mutare i presupposti dell'accusa _
e dunque è libero di determinarsi secondo legge e coscienza; altra cosa è la fase
preprocessuale contraddistinta dalla impersonalità dell'ufficio del p.m.
Come avevamo premesso, oggi vi è un progetto ministeriale basato sulla separazione delle
funzioni con l'accentuazione delle condizioni per il passaggio alla carriera di Giudice. Vi è
inoltre il progetto della Unione delle Camere Penali che prefigura la separazione delle
carriere pur proponendo _ ad evitare scogli di incostituzionalità _ condizioni per un
eventuale passaggio da una carriera all'altra. Viene sottolineata altresì l'esigenza di garantire
l'autonomia e l'indipendenza della magistratura (che è cosa diversa dall'autonomia e
indipendenza del sostituto del pubblico ministero rispetto al capo dell'ufficio).
La magistratura associata, rendendosi conto della impossibilità di perseverare in un rifiuto
radicale, ha prospettato un percorso di minore rigidezza, anzitutto riconoscendo che <<vi è
oggi giustamente, un'accentuata attenzione per l'imparzialità del giudice>>. Bruti Liberati,
(Presidente della A.M.N.I sul Corriere della Sera del 22 febbraio 2003) ha sostenuto che, a
tal fine, sarebbe sufficiente vietare il passaggio da una carriera all'altra nell'ambito dello
stesso tribunale. Si persiste pertanto nel voler ignorare che il problema, per il Giudice, non è
solo quello di spostarsi di qualche chilometro, ma di essere ed altresì apparire terzo ed
imparziale.
Per concludere, vogliamo ricordare che opinioni tutte favorevoli alla separazione delle
carriere sono state espresse, in tempi diversi, da autorevoli magistrati: Giovanni Falcone,
Rosario Priore, Salvatore Boemi, Massimo Procaccini.
Inoltre sulla G.U. della Comunità Europea del 28 aprile 1997 è stata pubblicata la
deliberazione del Parlamento europeo di approvazione di una risoluzione sul rispetto dei
diritti dell'uomo (relazione dell'on. Claudia Roth) ove al punto 58, fra l'altro, si legge:
<<ritiene altresì necessario assicurare la terzietà del magistrato giudicante attraverso la
separazione delle carriere di magistrati inquirenti e di magistrati giudicanti, al fine di
garantire un equo processo>>.
In data 12 dicembre 2002, su relazione dell'<<on. Joke Swiebel>>, la <<Commissione
europea per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni>>, ha approvato il
punto 131 ove si <<esortano gli stati membri a garantire l'effettiva applicazione del diritto
al giusto processo attraverso l'attuazione del principio del contraddittorio e della
ragionevole durata dei processi; della presunzione di innocenza dell'imputato fino a
emissione della sentenza; del diritto ad un tribunale indipendente ed imparziale anche
attraverso la separazione delle carriere della magistratura giudicante e di quella
requirente>>.
Giorgio Fredas