Richiedei Mara MANETTE E TACCHI A SPILLO
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Richiedei Mara MANETTE E TACCHI A SPILLO
Richiedei Mara MANETTE E TACCHI A SPILLO Romanzo 5 Questo libro è frutto dell’immaginazione dell’Autrice. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi, o usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con fatti, località e persone reali, viventi o decedute, è puramente casuale. 6 Al mio passato, che si è sostituito alla mia ombra. Al mio presente, che mi cammina accanto. Al mio futuro, che ancora mi sfugge dalle dita. 7 Prologo L’uomo si accasciò su di lei, nascondendo il viso fra i cuscini del divano, coperto da un lenzuolo bianco. Sapeva ancora di nuovo. “ Dio…” sussurrò restando immobile sopra di lei. Il suo corpo nudo sopra quello della donna. Il contatto della sua pelle gli procurava ancora piacere. Era venuto troppo in fretta, per la prima volta, senza far raggiungere l’orgasmo a lei, che lo aveva portato dolcemente a incontrare quel brivido di piacere, a confondersi con lui, senza chiedere nulla in cambio. Senza pretendere nulla. Lei gli aveva chiesto solo una notte, solo loro due, insieme, l’uno dentro l’altra, e non aveva preteso di raggiungere il suo stesso piacere. A lei sarebbe servito altro tempo. Le era bastato vivere quei momenti, farli suoi, e il giorno dopo avrebbe ripensato a quegli istanti troppo intensi da scordare, troppo brevi da rivivere, ma solo suoi. E avrebbe trovato un posto anche per loro nel suo cuore, nella parte buia della sua anima, che nessuno conosceva, e immaginava che lei potesse avere. Nella parte più remota del suo cuore, dove era solita celare i segreti più impuri e le paure più oscure, dove lei stessa amava confondersi, quando, seduta a terra, la sigaretta stretta fra le dita, restava per ore a pensare, a riflettere su ciò che avrebbe perso se avesse deciso di mettere fine alla sua vita che non le aveva mai regalato nulla, se non ceffoni in pieno viso. “ Mi dispiace…” sussurrò lui, scivolando via da lei. 8 “ Va bene così…” rispose lei tornando a guardare i suoi occhi persi nell’oscurità della stanza. Amava quello sguardo serio e profondo, adorava sfiorargli i capelli lunghi fino alle spalle, spettinati. E l’unica cosa che aveva cercato ancora una volta, dopo averlo seguito con lo sguardo mentre girava per la stanza, nudo alla ricerca dell’interruttore della luce, era stato affondare i suoi occhi in quelli di lui, fermare il tempo, cancellare il suo passato e annullarsi ancora una volta sotto di lui. Lei rabbrividì. La stanza era fredda, con il riscaldamento spento e il camino non ancora acceso. Ma non voleva, non poteva rivestirsi. Restare accanto a lui, nuda, sentire il calore della sua pelle sotto le dita, le permetteva ancora una volta di tornare a sognare. Ancora una volta le regalava l’illusione che tutto nella sua vita avrebbe ancora potuto cambiare, anche se oramai sapeva, ne era certa, che la sua esistenza sarebbe finita quella notte stessa, con lui, dedicata anima e corpo a quell’uomo. “ Per me sbagli se scegli di cambiare la tua vita. Un giorno ti pentiresti. E io ora non posso darti nulla.” Disse lui guardandola in viso. “ Non ti ho chiesto nulla. Solo questo.” Ammise lei. “ Perché?” chiese lui. “ Perché l’ho voluto dalla prima volta che ti ho incontrato…” ammise la donna baciandolo sulla spalla. “ E che farai ora?” “ Nulla. Ricorderò questi momenti come li ho vissuti. Solo questo…” sussurrò la donna cercando di frenare le lacrime. Lui tornò a cercare il suo viso nella penombra. “ A Natale la casa sarà finita.” Cambiò discorso lui. “ Mi porterai a vederla?” chiese lei. Si era innamorata di quelle stanze ancora spoglie, nel momento in cui lui gliele aveva mostrate. E quando erano usciti sul terrazzo, all’ultimo piano, e aveva potuto scorgere il mondo reso scuro dalla notte, lei aveva lasciato che l’aria pungente le pizzicasse le guance 9 arrossate. Aveva avuto solo un istante per pensare a come sarebbe stato, se tutto fosse stato diverso. Loro due insieme, in quella casa. Lei senza il suo passato. Lui senza i suoi fantasmi e le sue paure. “ Sì. E la prossima volta accenderò il camino.” Il fuoco, quello che sentiva lei ora dentro. Quello che l’aveva obbligata ad annullarsi, a essere un’altra, a non pensare a nulla, se non a quella notte, stretta fra le sue braccia. La donna sorrise nell’oscurità, sfiorandogli ancora una volta il viso. Il suo sogno. Il suo incubo di notti intere, si era finalmente avverato, ma ora che tutto era finito, troppo in fretta, avrebbe voluto non essersi mai concessa a quel peccato. E non perché temesse i rimorsi della sua coscienza, o per paura del dopo. Ma solo perché avrebbe voluto rivivere ancora quelle sensazioni, quegli istanti. Avrebbe voluto ancora una volta sentire dentro l’eccitazione, l’emozione di quel momento, le stesse vissute come un brivido quando lui aveva abbandonato i fogli che stava leggendo sul divano e finalmente l’aveva presa fra le sue braccia, e si era abbandonato a lei. Cancellò il pensiero dalla sua mente, come aveva cancellato, per tutta la vita i suoi momenti. Aveva atteso quell’incontro per giorni, facendogli credere fosse solo per bisogno di sesso, di un momento di felicità, di fuga dalla realtà. E gli aveva impedito di leggere nel suo cuore, perché lì nessuno vi era mai veramente entrato. Aveva sperato non accedesse, ma ora che ne aveva avuto la conferma, lì, nuda accanto a lui, non poté fare altro che sperare che lui non riuscisse a scorgere nell’oscurità i suoi occhi troppo limpidi per nascondere i suoi veri sentimenti, il suo amore. Si era innamorata di quell’uomo, ma per lui non sarebbe stata altro che una delle tante donne che frequentava, che lo volevano. Una delle tante storie incontrate e vissute lungo la sua strada. E lei. Lei avrebbe dovuto ricominciare ancora una volta tutto dal principio. Avrebbe vissuto quella storia per ciò che era: una storia. 10 Come se fosse l’ultima, restando in silenzio, nascosta nella penombra della sua vita. Aspettandolo. Non avrebbe mai potuto essere la sua donna. Ma lei sarebbe sempre stata la puttana di uno sbirro. 1. La donna mosse l’alluce destro cercando di allontanare quell’improvviso senso di solletico che l’aveva obbligata a svegliarsi. Il fastidio cessò qualche istante per poi riprendere subito dopo. Questa volta interessava anche l’indice e il medio dello stesso piede. Aprì un occhio cercando di mettere a fuoco qualsiasi cosa presente nella stanza, che le permettesse di ricordare dove fosse, come fosse arrivata lì e soprattutto con chi. Tutto era avvolto nella penombra. Delle poche immagini che il suo occhio aperto riusciva a cogliere, riconobbe solo la sagoma squadrata del comodino, distante dal letto una decina di centimetri. Aprì anche il secondo ma un tremendo mal di testa la obbligò a serrarli entrambi cercando il conforto del buio più assoluto. Numerosi puntini luminosi, grandi come lucciole, cominciarono a danzare nell’oscurità. Aveva bevuto. Ricordava solo quello. Il resto era completamente svanito dalla sua mente. Di nuovo quel solletico alle dita dei piedi. Qualcosa di bagnato e di ruvido la stava infastidendo risalendo ora la caviglia fino ad arrivare al polpaccio rimasto scoperto e scivolato oltre il bordo del letto. Tornò ad aprire gli occhi. Prima uno, poi l’altro. A poco a poco si abituò alla penombra della stanza. La luce era tenue e filtrava solo in parte dalle persiane abbassate. Sollevò la testa, quel poco che l’era indispensabile per 11 osservare incuriosita cosa le provocasse quel fastidio alle dita dei piedi, ora divenuto quasi piacevole. Robby smise di leccare le estremità del piede della sua padrona, lasciando penzolare la lingua. La guardò alzando un orecchio. S’immobilizzò a fissare la donna per una frazione di secondo, prima di tornare a giocare con le dita penzoloni, indifferente. Robby era un Pitt Bull maschio di nove mesi, completamente nero con una sola macchia bianca sul petto che Alexandra aveva trovato per strada l’estate passata e colta da pietà l’aveva accolto in casa con la promessa di portarlo al canile dopo qualche giorno, il tempo necessario perché si riprendesse dallo shock di essere stato abbandonato lungo una strada di campagna, da qualche bastardo in procinto di andare in vacanza. Ma con il passare dei giorni non era più stata in grado di separarsi da lui a causa dei suoi dolci occhioni scuri che ogni mattina erano la prima cosa che scorgeva quando apriva i suoi, verdi. Ogni notte il cane si addormentava sul suo letto matrimoniale e solo quando le prime luci del pomeriggio filtravano dalle persiane abbassate, si muoveva svegliandola perché riprendesse il regolare e normale scorrere della vita. Quella era anche l’ora in cui Alexandra si dedicava a un po’ di coccole e dopo un’abbondante colazione li portava nel parco a sgranchirsi le zampe, mentre lei accendeva la prima sigaretta della giornata. Sì, al plurale. Li portava. Perché Alexandra non aveva solo Robby come compagno di vita. Prima di lui era arrivato Roy, un rabbioso Dobermann dal pelo corto e nero di un anno, sempre in conflitto con il mondo e con se stesso. Un regalo di suo marito che quando lei aveva deciso di lasciare, aveva pensato bene di portarsi dietro. Meglio con lei che con quel fottuto bastardo! All’inizio era stata una tragedia presentare Robby a Roy. Era stato come assistere a un combattimento all’ultimo sangue, tanto che la donna aveva dovuto dividerli a forza rinchiudendo il più adulto in camera da letto e cercare di convincere il più piccolo ad uscire da sotto il divano. Nascondiglio che a volte il Pitt Bull prediligeva ancora, 12 quando Roy abbaiava mostrando i denti pretendendo ciò che gli spettava oramai di diritto: il suo territorio. Non riuscendo a far accettare il nuovo arrivato dal cane più vecchio, Alexandra aveva pensato di far adottare Roy, anche perché con il passare del tempo o forse i continui cambiamenti che entrambi avevano subito, a volte mostrava degli improvvisi scatti rabbiosi verso chiunque si avvicinasse alla sua padrona e questo preoccupava non poco Alex che temeva potesse mordere improvvisamente chi gli capitasse sotto tiro. Era stata una scelta difficile, ci aveva riflettuto a lungo prima di affrontare quel passo. Era andata a visitare qualche canile della zona, aveva appeso qualche manifesto con la fotografia di Roy sui pali della luce. Poi con il passare del tempo, e notando che fra i due animali si era ristabilito un certo equilibrio, che comprendeva per la maggior parte la predominanza del più forte sul più debole, aveva imparato a comprendere che se Robby era un cane da compagnia tutto coccole e occhioni, Roy era la sua guardia del corpo. Quando uscivano in tre, lui procedeva lentamente scrutando l’orizzonte e se si fermava, stava a indicare che qualche cosa non andava. Odiava il guinzaglio e in cinque anni in cui lei era diventata la sua unica padrona, la donna non era mai riuscita a infilarglielo tanto che ora vi aveva rinunciato. ‘ Due cani e una casa: è tutto ciò che mi resta nella vita.’ Pensò la donna allontanando il muso dell’animale con un calcio inoffensivo. “ Che schifo Robby! Non hai niente da fare che leccare le mie dita questa mattina?” borbottò tornando a chiudere gli occhi, nascondendo la testa sotto il cuscino. Voleva dormire ancora un poco. Doveva dormire ancora un poco! se voleva che quel maledetto mal di testa se ne andasse prima di sera. Sbirciò l’orologio stretto al polso: un Breil da uomo che non si toglieva mai, neppure quando faceva la doccia. L’ultimo ricordo di un’esistenza che non c’era più. Controllò le lancette, sforzandosi di vincere la sonnolenza. L’una di pomeriggio. Ancora troppo presto per mettere piede fuori dal letto, ma già troppo tardi se appena pensava che per quella mattina aveva intenzione di portare fuori i cani e fare un giro in centro ad acquistare qualche cosa 13 di nuovo da indossare quella sera stessa. Sbadigliò tornando a offrire il piede nudo all’animale, lasciandolo ciondolare davanti al suo muso. Questo annusò la presa e cominciò a infliggerle dei leggeri morsi. Era ridicolo guardare un Pitt Bull giocare con così poco, ma Robby fin da cucciolo aveva dimostrato di essere un cane giocherellone e forse adatto solo alla compagnia. Era lei quella che lo difendeva dagli attacchi di Roy e lei quella che prendeva le sue difese contro gli altri cani del parco. Alexandra tornò ad alzare la testa, lasciando cadere il cuscino a terra, e cercò con lo sguardo Roy. Scorse la coda del cane muoversi in fondo al letto. Avrebbe potuto decidere di restare a lì l’intera giornata che mentre il cucciolo avrebbe cominciato a girare per casa facendo disastri fino a che non si sarebbe decisa a portarlo fuori, Roy non si sarebbe mosso da dove si era appisolato la sera prima. Non avrebbe chiesto di andare a fare i suoi bisogni, non avrebbe chiesto un pasto e tanto meno avrebbe desiderato delle coccole. Sarebbe solo rimasto lì ad attendere. Era questo che faceva ogni volta quando lei usciva verso mezzanotte e rientrava non prima delle quattro del mattino. Aspettava. Se Alexandra avesse deciso di dargli da mangiare, lui l’avrebbe seguita fino in cucina trascinando le zampe fino alla ciotola. Robby, al contrario, accettava sempre quell’invito, iniziando a saltellare per la casa. La donna tornò a sbirciare l’orologio. Doveva alzarsi. Socchiuse gli occhi restando per un istante a osservare le banconote abbandonate sul comodino della camera. Le prese fra le mani cercando di mettersi a sedere. Appoggiò la schiena alla testata del letto. La testa le pulsava maledettamente, neppure avesse un martello pneumatico al posto del cervello. Contò i soldi: duecento dollari. Sorrise. Tutti quei soldi solo per una notte. Con chi non se lo sarebbe ricordato neppure sotto tortura, ma tanto valeva dimenticare che ricordare. Per lei i clienti erano solo un numero. E quella sera di numeri ne aveva contati tre. Il resto delle banconote era rimasto nella borsetta davanti alla porta della camera. Si fece forza e lanciò le coperte di lato, appoggiando i piedi a 14 terra, sul pavimento freddo di piastrelle, proprio davanti al muso di Roy. Rimase a osservare la sua immagine nuda riflessa allo specchio. I capelli scuri che le cadevano lungo la schiena, sciolti e spettinati, il corpo esile e ben tornito, ancora abbronzato dall’ultima lampada a raggi ultravioletti. Si mise in piedi e con un solo passo scavalcò Roy che aprì un occhio, per richiuderlo subito dopo. “ Scusa eh…” disse la donna sorridendo. Riusciva ancora a reggersi in piedi. Questo era un buon segno, voleva dire che la sbornia non era stata una di quelle peggiori che avesse affrontato nella sua vita. Raccolse la borsetta di paillettes argento e aprendo la lampo, frugò al suo interno fra accendini, pacchettini di sigarette e varie monete sparse sul fondo. Finalmente trovò il pacco di soldi avvolti in un fazzoletto di carta. Li mise sul letto. Altri duecento dollari. Per un totale di quattrocento bigliettoni. Niente male, considerato che, aveva sì abbordato tre clienti in una sola notte, ma lavorato solo per due. Ricordava solo i primi due, adocchiati al locale di Pablo, uno all’interno del night, il secondo sul marciapiede. Del primo, forse un uomo sulla trentina, Alexandra rammentava solo la sua macchina troppo pulita, con i sedili di pelle nera, che odorava ancora di nuovo, neppure fosse uscita dalla concessionaria quello stesso giorno. Una BMW decapottabile. Aveva detto di chiamarsi Gerald o German? Beh, faceva lo stesso! In verità era stato un puro caso, una fortuna sfacciata incontrare subito quel tipo non appena aveva messo piede nel locale. La donna l’aveva visto solo al bancone del bar, giocherellare con il ghiaccio che si stava sciogliendo nel bicchiere. Si era avvicinata e mostrando il suo sorriso caldo e invitante gli aveva sfiorato una mano con la sua. “ Offrimi da bere.” Gli aveva sussurrato, avvicinandosi al suo orecchio. Era impossibile parlare con il tono della voce normale in quel night, fra la musica assordante che usciva dalle casse e il vociare dei clienti. 15 “ Ci conosciamo?” aveva risposto lui accennando un sorriso. Aveva sfiorato con un dito i bracciali d’argento che la donna aveva infilato al polso, facendoli tintinnare. “ Perché? Fa differenza?” aveva risposto lei. Avevano parlato un poco, tenendo il capo chino, l’uno vicino all’altra, come se fossero intimi amici o forse già qualche cosa di più. Lui le aveva offerto un Martini con ghiaccio, facendo segno al barista di portarne un altro anche a lui. Alex odiava il Martini, soprattutto se dentro vi era il ghiaccio che lo annacquava troppo, ma aveva accettato con un sorriso intrigante, quando lui le aveva chiesto se poteva andar bene. “ Per scaldarci un po’…” aveva risposto lei assaggiandone un po’ del suo, appoggiando le labbra al bicchiere. “ Un rum Pampero sarebbe andato meglio!” avrebbe voluto rispondere lei. Ma in quell’istante non si era ricordata il nome del liquore e quando l’uomo le aveva offerto il bicchiere riempito con il Martini, a lei non era rimasto altro da fare se non sorridere annuendo. Un paio di sigarette fumate insieme poi, Alex aveva stabilito il prezzo: cento in macchina, duecento nel suo appartamento. Del resto una volta lì, lei offriva al cliente tutti i confort che la situazione richiedeva: preservativi gratis, lenzuola pulite, un letto confortevole e una doccia prima di andarsene. Le spese erano aumentate per tutti e lei non faceva differenza sul mercato. L’uomo aveva accettato per la prima offerta e così avevano lasciato il locale. Lui l’aveva fatta salire sulla sua macchina e si erano appartati poco distante, nascondendosi fra le altre vetture, parcheggiate lontano dalla luce dei lampioni. o meglio il parcheggio del locale e si erano appartati poco distante. Avevano parlato ancora un poco, lei fumando una sigaretta, lui restando a fissare la strada deserta davanti a sé, ma poi Alex aveva dovuto accelerare i tempi se voleva ritornare sul marciapiede e cercare di finire la serata con un altro buon guadagno. Non poteva fermarsi a chiacchierare tre ore con ogni cliente. Così aveva rotto il ghiaccio iniziando a sbottonargli i pantaloni. 16 “ Hai qualche preferenza per il preservativo?” aveva chiesto lei armeggiando con il bottone. No, avrebbe lasciato fare a lei. Uno valeva l’altro. E lei aveva recuperato nella borsetta il primo che le era capitato fra le dita. A volte ne portava due o tre con sé, di marche differenti. Non voleva rischiare di perdere un cliente se questo non aveva pensato di portarsi le giuste precauzioni. E a volte accadeva che qualcuno uscisse con degli amici per una birra e finisse per strada alla ricerca di un’avventura. Lei voleva andare sul sicuro. Non baciava mai in bocca e faceva sesso orale solo dopo aver infilato il preservativo. Qualcuno protestava dicendo che era un padre di famiglia e che poteva stare tranquilla, ma quelle erano le sue condizioni. O così o niente. Con il primo ci aveva messo meno del previsto, forse venti minuti ed era venuto accasciandosi sul sedile. Rapida, veloce, soddisfacente, com’era solita definirsi lei. Il cliente era stato soddisfatto e lei lo aveva salutato scendendo dalla macchina e contando i soldi. Prima di lasciarla scivolare nuovamente nell’oscurità della notte, lui le aveva chiesto il numero di telefono ma Alexandra aveva risposto che non ne avrebbe avuto bisogno: se voleva incontrarla ancora, l’avrebbe trovata nel parcheggio del Night Club Casinò ogni notte. Con il secondo cliente era stato ancora più facile. L’aveva adocchiato ancora prima che entrasse nel locale, mentre se ne stava seduta sui gradini di una scala di ferro che portava ai magazzini sotterranei, e dopo aver sfoggiato uno dei suoi innocenti sorrisi, si era lasciata avvicinare accettando una sigaretta già accesa e fumata per metà, anche se appena aveva riconosciuto l’individuo, si era pentita della sua scelta. “ Quanto vuoi?” aveva chiesto l’uomo venendo subito al sodo e iniziando a slacciarsi i pantaloni. L’aveva riconosciuta non appena aveva fermato la macchina e spento i fari, e sapeva che quella puttana non avrebbe rifiutato una sveltina con lui. Non era una delle ragazze di Pablo e dunque non doveva chiedere il permesso a nessuno per scoparsela. La donna l’aveva guardato in viso. Non serviva che con lui si prodigasse in sorrisi e smancerie. Sapeva cosa voleva e lei stessa 17 sperava si risolvesse in una cosa rapida. Non aveva molti soldi da spendere e dunque si sarebbe accontentato di farsela lì sui gradini, solo per soddisfare le sue voglie da pervertito. Era ubriaco ma non del tutto. Irritato forse dalla situazione. Alex aveva lasciato correre e non aveva neppure tentato di instaurare un dialogo con lui. “ Cento in macchina, duecento a casa.” Aveva risposto lei mostrando un paio di cosce lunghe e abbronzate, lasciando trasparire da sotto la minigonna inguinale in microfibra un perizoma nero. Sapeva mostrare bene e al momento giusto, la sua merce, e soprattutto, con il passare del tempo, aveva imparato a non buttarla via per poco. “ E se volessi farlo qui?” aveva chiesto lui cercando i soldi nel taschino della giacca. “ Sempre cento. ” aveva giocato lei sbottonandosi la pelliccia. Se avesse accettato l’offerta, lei ci avrebbe guadagnato la metà dei soldi senza fare molto, e se la sarebbe cavata in pochi minuti. Se il cliente avesse rifiutato, non avrebbe perso nulla di speciale. Quello era il classico cliente che potevi trovare a ogni angolo della strada. Alla fine della serata, non avrebbe concluso altro che restare al bancone del bar a bere e sarebbe tornato comunque, più eccitato di prima. Lei lo avrebbe aspettato, anche fino all’alba, e la sua richiesta sarebbe aumentata. “ Ehi hai detto cento in macchina! ”aveva protestato l’uomo. “ Se ti sta bene, è così! Altrimenti di puttane ce ne sono altre!” aveva tagliato corto la donna. La serata era ancora lunga e fino alla fine cercava sempre di non abbassare troppo il prezzo. Sapeva che alla sua età poteva ancora giocarsela bene e dunque cercava sempre di lanciare alto. Arrivava a compromessi solo quando si rendeva conto che la nottata era stata fiacca e qualche cosa, in un modo o nell’altro, avrebbe dovuto pur portare a casa. “ Troia!” aveva ringhiato lui contando i soldi e infilandoglieli bruscamente nella maglietta scollata, fino a mostrare il seno sorretto dal reggiseno imbottito. 18 “ Grazie per il complimento!” aveva ringhiato lei di rimando recuperando il denaro e infilandolo nella borsetta, chiudendo la zip. Lui non aveva aspettato un attimo di più ed ancora prima che lei avesse il tempo di abbassarsi l’intimo aveva strappato con i denti la carta che conteneva il preservativo e infilandoselo rapidamente le aveva strappato il perizoma, spinta contro il gradino e penetrata senza tanti complimenti. Due gemiti ed era venuto. Aveva grugnito di piacere come un maiale e lasciandola lì, si era alzato da lei, sorridendo. Alexandra lo aveva guardato allontanarsi e gettare il preservativo usato per terra, mentre si abbottonava i pantaloni. Era entrato nel locale lasciando che la porta sbattesse dietro di sé. Quello era il classico animale che ogni tanto potevi incontrare per la strada, mentre battevi i marciapiedi dei quartieri più malfamati e solitari della città. Era uno dei tanto che per l’intera serata non riuscivano ad accaparrarsi una ragazza e si accontentavano di fare una sveltina sui marciapiedi solo per il gusto di buttare via i soldi e svuotarsi i testicoli. Il resto della nottata l’avrebbe trascorso al bar, a bere Vodka o Martini con ghiaccio, lasciandosi ipnotizzare dalle ragazze che ballavano nude sui tavoli. Per il terzo cliente, ci aveva pensato Pablo, il gestore del Night Club Casinò, e Alex non era dovuta neppure andare alla ricerca di un guadagno sicuro. Era uscito per una boccata d’aria e l’aveva vista seduta sul marciapiede mentre fumava una sigaretta, stretta nella sua eco-pelliccia viola scura e si era avvicinato offrendole una bottiglia di birra riempita a metà. La donna ne aveva bevuto prima un sorso breve, poi uno più lungo. “ Ecco qui la mia bambina! Che combini questa sera?” le aveva chiesto sedendosi accanto a lei e accendendosi un sigaro cubano. “ Sto aspettando compagnia.” aveva risposto lei bevendo dell’altra birra. Era fresca, appena tolta dal congelatore, proprio come piaceva a lei anche se doveva ammettere che non andava pazza per la birra. “ Come vanno gli affari?” le aveva chiesto scostandole i capelli biondi e lisci dal viso. Sapeva che indossava una parrucca quando 19 lavorava. I suoi capelli erano neri, scuri come la notte. Non avrebbe saputo dire se la preferisse bruna o bionda. Quella donna lo lasciava senza fiato ogni volta che la vedeva. Alex non era una puttana qualunque, era una donna di classe, non era tagliata per quel mestiere e soprattutto si stava buttando via per e con poco. Non ce l’aveva nel sangue. Aveva solo scelto quel lavoro per sopravvivere ma avrebbe dovuto abbandonare la strada e fare la prostituta da appartamento. Clienti fissi e facoltosi, uomini d’affari, non quell’immondizia che ogni tanto si scopava per recuperare cento dollari. “ Fiacchi! Come il solito! Il primo non è stato male, il secondo il classico animale affamato. E’ entrato poco fa. ” aveva risposto lei accennando al perizoma stracciato e abbandonato a terra. “ Sì, l’ho visto. Si chiama Michael. E’ un fallito, come lo è stato suo padre anni fa. Si diverte a spendere i soldi della moglie ai tavoli di Black Jack e con le puttane del mio locale, ma come uomo non vale un granché.” Aveva ammesso lui. “ Dire che è un porco, è fargli un complimento!” azzardò lei. “ Fa attenzione Alex, gente come quella, non dovrebbe neppure avvicinarsi a una come te.” “ Quello era solo il secondo cliente e cento dollari guadagnati in tre secondi netti Pablo! Fossero tutti così, diventerei ricca in una settimana!” aveva scherzato lei “ Non posso restare qui fuori al freddo tutta la notte e fare pure la selezione prima di scoparmeli!”. “ Lo sai che quando sei in difficoltà, dentro di compagnia ce n’è fin che vuoi. Lo sai vero? Non sei adatta per restare sulla strada. Tu sei una puttana di classe Alex! ”le aveva ricordato lui riprendendosi la birra e finendo l’ultimo sorso. “ Grazie Pablo ma sai che preferisco lavorare da sola. Non è per te, lo sai che ti sono grata per l’aiuto che mi dai ogni tanto con i clienti, ma io…” “ Vuoi decidere chi, come e quanto! Me lo hai ripetuto mille volte!” Aveva sbuffato lui inspirando dell’altro fumo. 20 Era questo che distingueva Alexandra dalle altre prostitute del posto. Lei era indipendente. Poteva decidere se uscire a notte fonda o restare in casa davanti alla televisione, dove andare, che zone bazzicare, chi farsi e chi mandare al diavolo. Le altre, quelle che ogni sera restavano con lei ferme su marciapiedi fino all’alba, ad aspettare un cliente, battendo i piedi per il freddo, strette nelle loro pellicce spelacchiate, erano le puttane di Pablo, sue proprietà, e lì non vi era nulla da discutere. Non che fosse un cattivo protettore, chi ne aveva avuti altri prima di lui, si riteneva fortunata di essere stata scelta per passeggiare sui marciapiedi che costeggiavano il locale. Tuttavia, nonostante non facesse mancare loro nulla, dal vitto all’alloggio, dai vestiti all’erba da fumare, erano sempre vincolate da un contratto non scritto, che le obbligava a lavorare ogni notte, senza una pausa fra un cliente e un altro se non per una sigaretta o una birra. Non si discuteva con Pablo chi fosse il cliente da accontentare, si faceva e basta. Lui decideva il prezzo, lui sceglieva chi mandare. E il settanta per cento entrava nelle sue tasche senza neppure muovere un dito. Alexandra sceglieva i suoi clienti da sola, decideva se era il caso di rischiare e di salire in macchina con uno di loro, stabiliva il prezzo, faceva scegliere a loro se volevano una sveltina in macchina o una vera serata nel suo appartamento e incassava i soldi. Tutti i soldi. Qualche volta Pablo l’aiutava facilmente a trovare compagnia, e quando le ragazze del night erano troppo impegnate ad accontentare tutti, presentava a lei qualche cliente lasciandole tutti i soldi guadagnati, alla condizione che prima di portarselo a letto lo facesse spendere fior di quattrini all’interno del locale in alcool, o giocando al casinò. A volte la donna riusciva a farli ubriacare a tal punto che era lei a doverli poi caricare in macchina per portarli al suo appartamento. Altre volte era lei quella ubriaca da non reggersi in piedi, ma spesso riusciva a intascare la sua parte e a far contento Pablo. Far perdere somme ingenti ai tavoli da gioco non era difficile. Tutto all’interno del casinò era truccato. Dalle slot machine alle roulette. Riuscire a portare un cliente lì dentro, prima di convincerlo a passare il resto della serata 21 fra le sue gambe, voleva dire regalare a Pablo quattro volte la cifra che lei guadagnava dopo esserselo portato a casa, per la maggior parte ubriaco a tal punto da non toccarla neppure con un dito. Anche la sera prima l’uomo le aveva presentato una vecchia conoscenza, un ciccione sulla sessantina, incontrato nel mondo della politica che era solito passare le sue serate al night spendendo il suo denaro con donne e carte da gioco, e prima di portarlo al suo appartamento, Alex era riuscita a fargli spendere sei volte la cifra che lei aveva guadagnato. Sonny, il buttafuori del locale e guardia del corpo personale di Pablo, l’aveva aiutata a caricarlo in macchina mentre lui cercava ancora da bere pregando ad alta voce che gli versassero dell’altro liquore. Durante il tragitto, aveva continuato a protestare che lo avevano strappato dal tavolo da gioco durante una mano vincente. Alex lo aveva lasciato borbottare, mentre guidava lentamente il fuoriserie del cliente, acconsentendo che infilasse le sue mani troppo lunghe sotto la minigonna in microfibra. Una volta lasciato sul letto in camera e intascati i duecento verdoni che le spettavano, Alexandra non aveva neppure avuto il tempo di sfilargli i pantaloni che già era crollato sopra al piumone bordato di rosso. Lei si era fatta una doccia, aveva fumato un paio di sigarette guardando un vecchio film in televisione e poi si era assopita accanto al cliente, lasciando Roy di guardia. All’alba il cane aveva abbaiato svegliandola. Alexandra aveva ridestato a sua volta l’uomo schiaffeggiandolo in viso e lo aveva fatto uscire da casa sua accompagnato dai ringhi protestanti del Dobermann. “ Ma è già tutto finito amore?”aveva chiesto lui massaggiandosi la testa dolorante. “ E’ l’alba…” aveva detto solo la donna. “ Ti è piaciuto vero?” si era informato lui cercando di baciarla. Sapeva ancora di alcool e fumo del locale di Pablo. “ Una favola…” aveva commentato lei spingendolo nel vialetto e chiudendogli la porta sul naso. Era tornata a letto senza neppure assicurarsi che il cliente riuscisse a raggiungere la sua vettura 22 parcheggiata di là dalla strada. Probabilmente non si sarebbe neppure ricordato di esserci salito sopra. Avrebbe chiamato un taxi per farsi accompagnare a casa e di lì ad un paio d’ore una pattuglia avrebbe prelevato la vettura per divieto di sosta. Alexandra si era addormentata quasi subito. Alla sua auto avrebbe pensato Sonny, facendogliela ritrovare sotto casa l’indomani come al solito. Un ringraziamento speciale da parte di Pablo. Naturalmente queste piccole fortune non capitavano tutte le sere. A dire la verità, molto raramente. A volte riusciva a procurasi uno o due clienti fuori dal night e poi restava per il resto della serata seduta sul marciapiede a fumare una sigaretta dietro l’altra guardandosi lo smalto rosso delle unghie per delle ore. Quelle erano le serate più fiacche in cui rincasava con soli due bigliettoni e troppo freddo infilato nelle ossa. Questo se le andava bene, perché verso le tre del mattino, quando il night di svuotava, era costretta a vendere la sua merce al più offerente, quello che per l’intera serata non aveva concluso granché se non niente del tutto. Dunque abbassava i prezzi come al centro commerciale quando arrivavano all’inizio dell’estate i saldi e accontentarsi della metà del suo guadagno. Altre volte invece trovava subito il cliente desideroso di passare l’intera nottata con lei nel suo appartamento e dunque doveva abbandonare il marciapiede per fare ritorno a casa e dedicarsi anima e corpo all’ospite fino a quando cominciava ad albeggiare. Quando lui se ne andava era troppo stanca per tornare a battere sulla strada. La tariffa aumentava da duecento a duecentocinquanta se il cliente richiedeva prestazioni o trattamenti speciali: massaggi, relax, quel poco di accoglienza che gli permetteva di non essere solo il cliente numero due o tre di una lista. E poi c’erano i classici malati psicologici, quelli che ti caricavano in macchina senza neppure chiederti quanto volessi, ti portavano in un parcheggio per non dare nell’occhio e appena fermi ti dichiaravano che non volevano fare sesso, ma solo parlare, confidarsi con te. E in quei casi per Alex, come per ogni altra prostituta, quella era la classica manna dal cielo. Un’ora 23 trascorsa al caldo sopra una vettura di lusso, seduta comodamente a fumare una sigaretta dietro l’altra e il solo gravoso compito di ascoltare e assecondare il cliente, dare consigli utili a persone sconosciute che non avevano uno straccio di amico che stesse ad ascoltarli gratis. La tariffa era sempre la stessa di un rapporto completo consumato in auto, ma se la chiacchierata si prolungava oltre l’ora Alex stabiliva un extra ogni mezz’ora che perdeva di lavoro. Alcuni accettavano pur di restare in sua compagnia. Lei riusciva a capirli, a differenza delle loro mogli sempre troppo impegnate fra fitness e shopping. Lei sapeva ascoltarli, parlare con loro, non come le loro donne che non appena il marito alzava il tono della voce, facevano i bagagli e tornavano a vivere dalla madre, lasciando figli e casa da far gestire a loro, sempre troppo impegnati con il lavoro. Qualcuno si fumava uno spinello, qualcun altro si faceva una striscia di coca usando il cruscotto come ripiano e una banconota da cento arrotolata. E lei stava lì, ascoltava, sorrideva annuiva, rifletteva. Ma quante volte avrebbe voluto scappare, uscire da quelle macchine guidate da ricchi schifosi pieni di soldi che stavano lì a parlare ad una puttana dei loro problemi, della loro vita, che non sapevano neppure dove stessero di casa la riconoscenza e la fortuna. E quante volte avrebbe voluto mandali tutti a farsi fottere, soprattutto quando guardandola sorridere le dicevano: “ Vi invidio voi puttane sai? Non avete pensieri. Non vi innamorate, scopate e basta. Non avete una moglie che vi aspetta a casa. Dei figli da mantenere un lavoro che odiate!” Lei, che tutte le sere, non sapeva neppure se avrebbe fatto ritorno al suo appartamento o se l’avrebbero trovata morta stecchita a un angolo di una strada. Lei che ogni sera si faceva sbattere da ubriachi schifosi per cento dollari e che ad aspettarla a casa c’erano solo due cani più soli di lei. Come avrebbe voluto andarsene, schiaffeggiare quei ricconi pieni di sé e con il portafoglio gonfio e scendere dalla macchina, mandarli al diavolo. E invece non poteva fare altro che restare lì, sorridere e far finta di condividere le loro sventure. Quello era il 24 lavoro che si era scelta e quando le capitavano delle notti così, ringraziava il cielo di potersi guadagnare i suoi soldi senza dover simulare un orgasmo che non aveva da tempo, senza dover sussurrare parole dolci a grassocci uomini appiccicosi che le mettevano le mani ovunque frugando dentro di lei, e soprattutto senza dover cercare il modo di annullare la sua mente, come la sua anima, in un bicchiere di alcool per ingoiare il vomito che le risaliva dalle viscere e che le ricordava ogni notte, che da cinque anni era solo una puttana di strada. La chiave nella serratura girò tre volte prima che la porta blindata si aprisse con un tonfo andando a sbattere contro il muro. Roy iniziò a ringhiare immobilizzando la coda a mezz’aria. Alexandra nascose il bottino della sera prima sotto il materasso, raggruppandolo tutto in un fazzolettino di carta. Poi avrebbe pensato a trovargli un posto migliore. Anche se non ne sarebbe rimasto poi molto. Doveva pagare le fatture arretrate e procurarsi una pelliccia più calda perché quella viola era strappata in due punti e la notte il freddo pungente riusciva a infilarsi sotto la fodera fino a solleticarle la pelle nuda. Roxana si catapultò in camera lasciando che la porta d’ingresso tornasse a sbattere, richiudendosi. Il cane si alzò in piedi e continuando a ringhiare fece un passo verso di lei. “ Basta Roy! E’ Roxana!” lo ammonì Alex dandogli un leggero colpetto sul posteriore. L’animale smise di ringhiare ma rimase immobile a osservare la donna sistemare due borse della spesa davanti al letto e abbandonarsi sul materasso. Robby le si avvicinò scodinzolando e iniziò a leccarle la gamba nuda. “ Ma ciao bel cagnone!”esordì lei accarezzando il pelo lucido del cane. Questo scodinzolò festosamente. “Ti sei svegliata finalmente.” disse rivolta alla donna. “Alle dieci eri ancora nel mondo dei sogni piccola mia!” frugò nella tasca del giaccone in pelle cercando il pacchetto di sigarette. Ne accese una offrendo l’ultima ad Alex che scosse la testa. Le doleva ancora e l’ultima cosa che avrebbe accettato in quello stato sarebbe stata una sigaretta. 25 “Il cliente se n’è andato alle sei.” disse lei tornando sotto le coperte. “Mi sono addormentata subito.” “ Sì, lo so. Pablo mi ha detto che ti ha scaricato ‘mani lunghe’, poco prima delle due. Concluso?” I clienti non avevano mai un nome per le prostitute, ma fra di loro venivano ricordati per le loro abitudini, per il loro carattere, la maggior parte delle volte per il loro aspetto, un particolare che era evidente a tutte e inconfondibile. “ Era ubriaco fatto. Non sono riuscita neppure a slacciargli i pantaloni. E’ crollato sul letto. Ma ha pagato in anticipo.” Si affrettò a dire la donna sorridendo. “ E brava la mia bambina!” Roxana inspirò dell’altro fumo lasciando cadere la cenere sul pavimento. Accarezzò con la mano sinistra il muso di Robby e questo cominciò a saltellare per la stanza. Aveva fame, e l’arrivo della prostituta gli aveva ridato la speranza che quella mattina non avrebbe saltato la colazione. Roy intanto si era nuovamente disteso sul pavimento ma non scodinzolava più e i suoi occhi erano fissi in direzione dello specchio nel quale scorgeva l’immagine riflessa di Roxana. Non le era mai andata a genio quella donna, dal primo istante che si erano incontrati, avevano subito stabilito un patto: lei sarebbe stata lontano da lui e dal suo territorio, e il cane non l’avrebbe morsa. E il territorio di Roy era Alexandra. Anche se trovare qualcuno che piacesse a Roy era un’impresa alla quale Alex aveva rinunciato da tempo oramai. A volte non era neppure convinta di andargli a genio lei stessa. Non di rado le aveva ringhiato contro quando lo rinchiudeva nell’altra camera all’arrivo di qualche cliente e quando ne usciva dopo un paio di ore, faceva l’offeso. Ma Alex non poteva rischiare che azzannasse qualcuno e tanto meno che spaventasse i suoi ospiti di una notte. Sapeva che la vita che conduceva non era sicura e che un cliente portato nel suo letto, poteva rivelarsi più pericoloso di uno dichiarato apertamente. Ma se voleva lavorare senza rischiare ogni notte il congelamento, ferma sul marciapiede a battere i piedi intirizziti, non 26 aveva altre scelte. E l’abbordare i clienti in macchina, non le permetteva di guadagnare abbastanza. Con l’apertura dei nuovi night club, che affittavano anche le camere alle prostitute, la vita di una da strada non era certamente facile. Rinchiudere Roy nell’altra stanza, quando rincasava accompagnata, era dunque una procedura obbligata e indispensabile, anche se non sicura per se stessa. Contava comunque sull’intervento di Robby che gironzolava continuamente per casa, anche se di lui si fidava un gran poco come cane da guardia. L’animale, era solito avvicinarsi al cliente, annusargli la mano e scodinzolare dandogli il benvenuto. Poi si fermava fuori dalla porta della camera in ascolto. A volte Alex lo sentiva mugolare, grattare il legno dello stipite, ma sapeva che lo faceva solo perché la sua richiesta era quella di rifugiarsi sul letto dove era solito dormire quando lei non c’era o dormiva sola. “ Ti preparo una buona colazione ok?” chiese Roxana alzandosi. “ Sei un tesoro Roxi…” rispose Alexandra sbadigliando. Roxana uscì dalla stanza seguita da Robby che come sempre sarebbe riuscito a guadagnarsi la colazione prima di tutti. Roy rimase fermò vicino al letto. Sbadigliò, socchiuse gli occhi, ma era vana la speranza che con un’altra persona in casa, oltre Alex, tornasse a dormire. 2. Roxana era entrata nella vita di Alex come Robby: per caso. L’aveva vista all’uscita di una discoteca, ferma sotto la pensilina di una fermata del pullman, in attesa che smettesse di piovere, stretta nella sua pelliccia nera, strizzata in una minigonna di pelle e in un top scollato sul davanti, di almeno una taglia in meno. Senza calze, 27 nonostante il freddo di quella notte, e con gli stivali alti fino al ginocchio. Al posto dei soliti tacchi a spillo, due zeppe mostruose di almeno dodici centimetri. Quella notte di cinque anni prima, aveva piovuto parecchie ore creando traffico e code per la città. Alexandra stava girando per le vie del centro, alla ricerca di un locale che avrebbero inaugurato quella stessa sera, offrendo da bere e da mangiare qualche cosa di più allettante dei soliti salatini e della solita birra annacquata che riusciva a farsi pagare in discoteca da qualche illuso che pensava di riuscire a portarsela a letto con così poco. Superato un semaforo lampeggiante e svoltato in direzione della stazione ferroviaria, aveva visto la donna ferma a pochi passi da lei, bagnata fradicia, con i capelli lunghi e di un rosso acceso appiccicati alla testa e il trucco troppo pesante per la sua età sciolto sul viso. Doveva aver camminato parecchio sotto la pioggia prima di riuscire a trovare quel riparo. Alex si era trasferita da poco in città, ma non era una stupida e sapeva che quella donna non stava certamente aspettando il fidanzato per concludere la serata in qualche locale del centro. Ne aveva viste tante come lei durante le sue uscite notturne e solitarie, ma si era fermata ugualmente, spinta forse dalla necessità di chiedere indicazioni per il locale che stava cercando da due ore, o forse solo per mettere a tacere la sua curiosità. Aveva accostato la macchina al marciapiede ed aveva fatto lampeggiare due volte gli abbaglianti, abbassando il finestrino. La prostituta si era avvicinata al vetro ancheggiando, a passo lento e aveva guardato dentro la vettura, sperando forse in un cliente. La macchina, un Porsche Boxster nero, ultimo modello, prometteva soldi sicuri. Quando aveva scorto la donna al volante, aveva alzato gli occhi al cielo e si era dovuta trattenere per non bestemmiare. Era la solita storia. A volte la scambiavano per una cartina geografica e le chiedevano informazioni come se lei fosse lì apposta, uscisse apposta di notte, sotto l’acqua, al freddo, mezza nuda, solo per aspettare i turisti ed indicare loro il locale più vicino, la strada più breve per la discoteca, la scorciatoia per 28 la stazione. Così aveva imparato con il tempo a dare un prezzo anche a quelle piccole cose. “ Che ti sei persa bambina?” aveva chiesto accennando un sorriso. “ Sto cercando il bar Holly…Dovrebbe essere da queste parti.” aveva ammesso Alex ricambiando il sorriso. Il fisico snello, la pelle olivastra e completamente rasata. Sicuramente non poteva essere la classica puttanella di strada che si faceva sbattere per una dose di cocaina o una pasticca. In lei c’era qualche cosa che le ricordava le prostitute del night, quelle che prima di riuscire a portartele a letto, dovevi mostrare i soldi, e parecchi. “ Dieci euro e ti indico la strada.” aveva risposto la prostituta accendendosi una sigaretta e facendo un tiro. “ Ma sei impazzita?” aveva reagito Alex. “ Ora siamo a quindici, bellezza!” aveva tagliato corto l’altra. Alex l’aveva guardata inspirare il fumo della sigaretta con quell’aria da sfida ed era scoppiata in una fragorosa risata, battendo la mano sul volante. Avrebbe voluto lasciarla lì al freddo, alzare il vetro e sgommando con il suo Porsche nuovo di una settimana, schizzarle addosso l’acqua di una pozzanghera. Invece non era riuscita a fare altro che ridere di quella battuta, di lei e della situazione stessa. La Rossa l’aveva osservata meglio. Top nero scollato fino a mostrare il seno certamente non abbondante come il suo ma ben sodo, jeans attillati e scoloriti in varie parti, sulle cosce, una cintura di pelle che le stringeva la vita. La fibbia portava la firma D&G. A quella stronzetta, i soldi non mancavano di certo e i tre bracciali a catena intrecciati fra di loro di oro bianco, giallo e rosso, parlavano chiaro. “ Allora la vuoi ‘sta indicazione o no? Piove se non te ne sei accorta!” aveva tagliato corto lei. Voleva solo mandarla a quel paese e tornare sotto la pensilina che aveva trovato come riparo, almeno fino a che non avrebbe smesso di piovere. Poi si sarebbe spostata davanti all’uscita della discoteca, lì qualche cliente lo trovava sempre. Doveva abbassare la cifra da cento a settanta ma comunque riusciva a tornare a casa con lo stretto necessario per andare avanti. Ogni tanto lasciava il 29 night, dove aveva lavorato per anni, prima come ballerina, poi come prostituta, e dove ora vi andava solo alla ricerca di clienti ricchi e promettenti, e s’incamminava sola lungo la strada, ancheggiando, mentre fumava una sigaretta dietro l’altra. Era come se sfidasse il mondo, se volesse ancora dimostrare che nonostante l’età non le serviva un locale per fare soldi. I suoi quarant’anni, non le impedivano ancora di fare bene il suo lavoro. “ Al diavolo! Ti va una birra?” aveva chiesto Alex a un tratto, aprendo la portiera del passeggero e spostando la borsa sul sedile dietro. “Ma stai dicendo a me?” aveva chiesto l’altra come per accertarsi di aver sentito bene la richiesta della donna. “ Ehi bella! Io di cose strane non ne faccio hai capito?” aveva risposto poi, gettando la sigaretta oramai consumata a terra, in una pozzanghera. Nella sua vita da prostituta aveva provato di tutto: sesso orale, orge di gruppo con altre prostitute, sesso con più di due uomini, spogliarelli. Ma non aveva mai avuto un rapporto con una donna. Detestava le lesbiche e non si sarebbe abbassata anche a quello, nonostante i soldi le servissero sempre. Aveva l’affitto di una topaia da pagare e doveva ancora saldare il suo debito a Pablo per la roba che le aveva passato la settimana prima. “ Ma che hai capito?” l’aveva guardata Alex. “ Che me ne frega se sei una…” Puttana? Alex si era morsa la lingua. Certo che come primo approccio non era stato dei migliori! “ Puttana?” aveva concluso la frase l’altra “ Puoi dirlo, non mi offendo… E’ quello che sono” “ Allora! La vuoi ‘sto birra?” aveva tagliato corto Alex. “ Paghi tu?” “ Pago io! Sali!” E così erano partite. Avevano girato per la città alla ricerca di un locale poco conosciuto, dove una come Roxana non desse troppo nell’occhio e soprattutto dove i buttafuori non facessero storie nel lasciarla entrare. Erano finite al Night Club Casinò di Pablo, in via Light Way, una stradina chiusa e 30 senza uscita, poco distante da dove Alex aveva acquistato una villetta a schiera che costeggiava la strada. “ Un buon amico…” le aveva detto la prostituta prima di entrare, ma dalla porta di servizio che Sonny teneva sempre aperta in caso di emergenza. “ Che emergenze?” si era informata Alex. “ Sai, i vari controlli…” e lei non aveva chiesto altro. Non le interessava cosa succedesse lì dentro, per lei era solo un locale come un altro. Il night era affollato di gente. Uomini ben vestiti, con le loro camicie bianche inamidate e le cravatte allentate, stavano seduti ai tavolini, poco distanti dal palco, a godersi lo spettacolo, uno strip-tease a tutti gli effetti, mentre applaudivano attirando l’attenzione di sei ballerine che, strette nei loro perizomi microscopici, si strusciavano l’una con l’altra mostrando i seni troppo sodi per essere del tutto naturali. La musica era al massimo, le luci abbassate. Solo alcune luci psichedeliche a intermittenza illuminavano il palco e il bancone del bar. Quattro baristi si davano il turno per accontentare le richieste dei clienti, riempiendo bicchieri e mischiando svariati cocktail pronti all’uso. L’aria era irrespirabile, sapeva di fumo di sigaretta e sudore. Faceva caldo lì dentro, tanto da obbligare Roxana a sfilarsi la pelliccia, abbandonandola sopra uno sgabello. Alex aveva preferito lasciare il giubbino di pelle in macchina. Non era un locale troppo ampio, al contrario, l’intera sala poteva raggiungere al massimo le dimensioni del suo appartamento, escluso il giardino all’esterno. E il casinò adiacente, che si raggiungeva svoltando a destra una volta superato il corridoio di accesso che dava sul tunnel dietro all’edificio, era ancora più piccolo del night stesso. Nulla di speciale, se si consideravano le dimensioni, ma dalla gente che quella notte l’aveva affollato, doveva essere considerato uno dei night più richiesti e frequentati della zona. Forse proprio per la sua posizione, lontano dalla strada principale, aperto dietro al parcheggio, sempre ingombro di autovetture. La zona che lo accoglieva era silenziosa e ben lontana 31 dal centro affollato. Solo chi lo frequentava conosceva la sua esatta ubicazione. Roxana aveva trovato posto vicino al bancone e si era accesa uno spinello offrendone uno anche alla nuova arrivata. Alex aveva scosso la testa. Non faceva uso di droga? Beata lei. Lei quasi non ne poteva più fare a meno. Ogni giorno si faceva parecchi tiri di marijuana per rilassarsi prima di stare con qualche cliente che non le avrebbe certamente lasciato dei bei ricordi da scrivere sul suo diario segreto. Rise gettando la testa all’indietro: lei un diario segreto non lo aveva! Così si erano conosciute lei e Roxi, davanti ad una birra mentre guardavano sei ragazze semi nude ballare sui tavoli, in un locale che Alex non avrebbe saputo ben definire, a metà fra il night e il casinò, anche se oltre a quelle nude sul palco non si vedevano altre prostitute in giro. “ Oh, le altre sono già al lavoro. Per la strada.” aveva precisato Roxi. “ Come te? Anche tu lavori qui?” aveva chiesto Alex ingoiando il primo sorso di birra. “ Ora non più. Ho smesso qualche anno fa. Lavoro per conto mio.” “ E come sei finita qui dentro?” “ Oh, è una storia lunga. Potrei scrivere un romanzo!” Roxana era scappata di casa all’età di diciotto anni, per inseguire il suo sogno: ballare. Suo padre era un vecchio ubriacone dalle mani troppo lunghe che più volte aveva cercato di soddisfare la sua libidine con lei quando la moglie era al lavoro come domestica. Suo fratello maggiore di due anni era sempre stato troppo impegnato a pensare a se stesso per accorgersi di qualche cosa e sua madre… Beh lei non aveva mai contato poi molto neppure come donna. E lei l’aveva odiata, oh quanto l’aveva detestata quando abbassava la testa. Una donna senza fegato e carattere. Tutto l’opposto di lei. E così una mattina, dopo l’ennesima visita del padre nella sua camera, si era svegliata all’alba come faceva sempre per andare a scuola, frequentava il terzo anno di magistrali avendo ripetuto per ben due volte lo stesso primo anno, aveva riempito lo zaino con dei vestiti di ricambio, rubato dalla 32 credenza qualche soldo e non aveva più fatto ritorno a casa. Non sapeva se la sua famiglia l’avesse cercata o se se ne fossero lavati semplicemente le mani come lei aveva fatto con loro. Al funerale di suo padre, informata dai necrologi sul giornale, non si era neppure presentata. A quello della madre suo fratello non l’aveva neppure avvertita. Per lei la sua famiglia era morta e sepolta, come la sua infanzia. Non aveva più voluto sapere nulla neppure del fratello Toby, uno smidollato alla ricerca della fortuna. Dopo due giorni di viaggio che l’avevano portata fino a lì, si era associata a un gruppo di ragazze anch’esse alla ricerca di una vita migliore purché lontano da genitori che le maltrattavano e che le facevano prostituire per qualche soldo in più che andava a pagare i troppi debiti. Per procurarsi il cibo aveva imparato a rubare ai centri commerciali, eludendo la sorveglianza. La notte dormivano nei parchi, dopo essersi fumate qualche canna che la più grande di loro, Cindy, procurava rubando qualche spicciolo, frugando nelle giacche e nelle borsette dei clienti di una discoteca in cui lavorava come addetto al guardaroba. Con una di queste, anch’essa pazza per l’hip- hop, teneva qualche spettacolo in strada per racimolare una piccola fortuna che speravano, un giorno le avrebbe portate lontano. Si erano presentate anche a qualche provino ma la fortuna non era mai girata dalla loro parte. Per l’intera giornata restavano sedute sui marciapiedi del centro a fantasticare, cantando qualche canzone, cercando di racimolare qualche soldo qua e là. A volte anche rubando i portafogli ai passanti. Di andare altrove per cercare fortuna non se ne parlava, soprattutto con i pochi soldi che riuscivano a trovare e la fortuna che girava loro le spalle in ogni momento. Quando proprio i soldi scarseggiavano da non poter mangiare per giorni interi, lei e le amiche scivolavano di notte per la strada e facendo attenzione alle prostitute che da anni battevano quelle zone, andavano in cerca di qualche cliente. Per lo più praticavano sesso orale, facendosi pagare una miseria, venti dollari quando andava bene e i ragazzi erano in due. Ma non avevano mai avuto un vero e proprio 33 rapporto completo e solitamente cercavano di restare in gruppo. Quella vita non piaceva a nessuno, ma tornare indietro troppa vergogna, cercarsi un lavoro, neppure a parlarne. Poi una notte Roxana si era allontanata dalle amiche che erano rimaste a guardare le vetrine in piazza ed aveva raggiunto un bar poco distante con la speranza di racimolare qualche bottiglia di birra mezza vuota abbandonata sul muretto fuori dal locale. Aveva voglia di ubriacarsi e di non pensare al suo stomaco che da ore continua a brontolare. Si era messa seduta cavalcioni del muro aspettando che le compagne la raggiungessero. Un uomo grassoccio che puzzava di alcol e sigaretta, si era avvicinato e le aveva offerto cinquanta dollari per una toccatina in mezzo alle gambe. All’inizio l’idea non le era piaciuta ma suo padre aveva fatto anche di peggio con lei e cinquanta bigliettoni le servivano proprio. Si era lasciata convincere a salire in macchina e dopo averle offerto una canna l’aveva spogliata completamente lasciandole solo gli slip. “ Ehi pervertito! Avevi detto che volevi solo toccare!” aveva reagito lei. L’uomo aveva estratto un coltello e glielo aveva puntato alla gola. “ Ho cambiato idea troietta!” E così aveva dovuto starci. Quell’ammasso di ciccia che ballonzolava a ogni movimento l’aveva montata come una cagna in calore, mentre lei cercava di dibattersi e di gridare. Le aveva strappato le mutandine continuando a penetrarla senza fermarsi. L’aveva schiaffeggiata più volte, costringendola a prenderglielo in bocca mentre le sue dita frugavano dentro di lei alla ricerca di chissà che cosa. Alla fine Roxana si era arresa sperando che quella tortura finisse in fretta. Quando ebbe finito, fra grugniti e mugolii, l’uomo le aveva ordinato di scendere, gettandogli in faccia i suoi soldi. “ Te li sei guadagnati puttana!” ed era ripartito sulla sua vettura che sapeva ancora di sesso e pelle. Così aveva avuto il suo primo rapporto completo, molto diverso da ciò che aveva sempre immaginato, e in quella stessa notte se ne erano andati anche i suoi troppi sogni da ragazzina che ancora teneva 34 nascosti dentro ad un cassetto. Aveva imparato presto a capire cosa volessero gli uomini e soprattutto come riuscire a soddisfare le loro perversioni per guadagnare più soldi. Doveva solo annullarsi, farsi cavalcare per una mezz’ora e poi dimenticare di averlo fatto. Non lo faceva sempre, e cercava più che altro di recuperare il denaro per sopravvivere continuando a rubare nei negozi o per la strada, ma quando la fame si faceva sentire, si allontanava dal gruppo e cercava la sua preda. Aveva solo diciannove anni e senza un protettore alle spalle, non poteva chiedere altro che cinquanta dollari alla volta. Per il cliente voleva dire una sveltina in macchina e poche complicazioni, oltre a soldi risparmiati. Per Roxana solo la sopravvivenza per i giorni a venire. Poi una sera, mentre passeggiava nei dintorni di una discoteca, un uomo ben vestito, con un fuoriserie rosso fiammeggiante, l’aveva fermata, offrendole un pezzo di pizza e una birra al chiosco lì accanto. Stava cercando gente nuova da portare al suo locale, ragazze giovani che sapessero ballare e avessero voglia di diventare qualcuno. Roxana era una bella ragazza, il corpo esile e il seno prominente, promettevano bene, doveva solo imparare a muoversi sui tacchi a spillo. Al resto avrebbe pensato lui. Poteva interessarle la sua offerta? “ Non ci devo neppure pensare!” aveva risposto lei ingurgitando un altro sorso di birra fredda. Il suo sogno si stava finalmente avverando, come lei aveva sempre sperato. Doveva solo presentarsi la sera dopo al locale, meglio se veniva da sola, lui l’avrebbe aspettata là. All’entrata doveva solo chiedere di Richy, tutti lo conoscevano. Le promise soldi a palate, un posto per dormire e qualche cosa da mettere sotto ai denti. Naturalmente prima doveva valutare il suo talento. La sera dopo Roxana era davanti alla porta del locale tre ore prima che aprisse i battenti. Il night mostrava la sua insegna fluorescente alla strada, restava a pochi isolati dai migliori hotel del centro, ed era il punto di ritrovo di numerosi turisti e non, alla ricerca di una serata diversa dal solito. Richy l’aveva presentata a una delle ragazze che l’aveva accompagnata in un camerino, l’aveva aiutata a farsi un bagno 35 caldo e a infilarsi un bichini di pailette e una parrucca bionda per nascondere i suoi capelli arricciati e rosso fuoco. Si era resa conto presto che il locale non era altro che un night club che non le avrebbe offerto alcun biglietto per il successo, né un posto in prima fila in qualche spettacolo. I clienti restavano a guardare le spogliarelliste muoversi sul palco strusciandosi lungo il palo mentre si toglievano pezzo per pezzo i loro già miseri indumenti, lanciando banconote fruscianti, comprandole per una notte di sesso. Il suo stipendio, per il lavoro di sei ore a notte per sei notti alla settimana era di cinquecento dollari al mese, neppure i soldi per mangiare e pagare l’affitto di una stanza di due metri per tre, in un quartiere malfamato del centro che il proprietario del locale le aveva trovato e che doveva condividere con un’altra prostituta per la maggior parte del tempo ubriaca o fatta di roba. E ogni notte, la solita vita: musica assordante, un bikini succinto come abbigliamento che alla fine spariva lasciandola completamente nuda e bavosi uomini grassocci che non avevano di meglio da fare se non passare le loro serate davanti al bancone del bar con una birra in mano a guardare un paio di tette muoversi davanti a loro. Più volte aveva provato ad andarsene, a tornare sulla strada, ma alla fine faceva sempre ritorno al night. Si spogliava nel suo camerino, imprecando sotto voce contro il suo poco coraggio, usciva sul palco, lasciava che le mani dei clienti scivolassero sul suo corpo nudo e in bella mostra e si annullava, non pensava a nulla se non al denaro che alla fine della serata Richy le avrebbe consegnato permettendole di farne quello che voleva. Diventare ballerina in un night, non era mai stato nei suoi sogni da bambina, non era stato il suo ultimo desiderio espresso la notte di San Lorenzo guardando le stelle, ma era comunque l’unico modo che aveva trovato per guadagnare qualche soldo e togliersi dalla strada. Vi era rimasta fino all’età di ventidue anni convinta che in fin dei conti un posto valeva l’altro. Raramente il titolare del night la obbligava a prostituirsi, e se lo faceva le permetteva di tenersi la metà della tariffa. Ma per lei aveva altri progetti. Sperava si convincesse a 36 diventare la sua sola puttana, e che decidesse di concedersi a lui soltanto. Poteva offrirle una vita migliore e toglierla dal night. In cambio sarebbe stata al suo fianco, non le avrebbe fatto mancare nulla ma sarebbe diventata di sua esclusiva proprietà. Roxana aveva rifiutato più volte la proposta decisa a continuare ad essere sì una prostituta, ma mai di un solo uomo. Poi una sera aveva incontrato Pablo fuori dal night dove lavorava, mentre era uscita per una boccata d’aria e una sigaretta. Anche lui le aveva offerto lo stesso lavoro ma con qualche extra in più. L’aveva guardata muoversi sul palco e voleva che lasciasse quel buco di fogna per andare a lavorare al suo night. L’extra comprendeva naturalmente, non solo lo spogliarello completo sui tavoli, ma anche accontentare qualche cliente particolare del locale. Il settanta per cento sarebbe andato a lui, lei avrebbe percepito uno stipendio fisso di almeno settecento dollari e il trenta per cento per ogni cliente che riusciva a far ubriacare prima al bancone, a far giocare ai tavoli da Blak Jack e poi ad accontentare fuori o dentro al locale. Stava a lei. Il Night Club Casinò si trovava in una zona isolata della città, in un complesso abbandonato e poco noto anche alle forze dell’ordine. E per Roxi, pochi controlli, volevano dire più possibilità di fare soldi. Durante i tre anni passati in quel buco, era stata arrestata un paio di volte durante due retate e oramai il suo nome era conosciuto alla polizia del posto. Decidere di restare lì avrebbe potuto voler anche dire rischiare un arresto per prostituzione. A quell’età, con una vita come la sua alle spalle, due volte segnalata alle forze dell’ordine le prospettive per una vita migliore parevano lontane, forse oramai irrealizzabili. Tanto valeva entrare definitivamente del giro e tentare almeno di fare fortuna, aveva pensato quella sera la donna mentre faceva ritorno a casa. Roxana aveva accettato, prendendo al volo l’occasione che si era presentata, certa che Pablo le avrebbe anche coperto le spalle se Richy si fosse presentato al night per riscuotere qualche diritto su di lei. E una volta lo aveva anche fatto, pretendendo di concludere la serata in sua compagnia. Ci aveva pensato Sonny a 37 lanciarlo fuori dal locale, proprio dalla porta del retro, quella sempre aperta per le emergenze. E così la sua vita da prostituta aveva avuto inizio. I soldi avevano cominciato a girare e con essi la fortuna. Certamente non era la vita da favola che aveva sempre sognato una volta lasciata la sua famiglia, e quei clienti ubriachi e dalle mani lunghe che le ricordavano ogni notte quel bastardo di suo padre non corrispondevano esattamente all’idea del principe azzurro che aveva in mente, ma era sempre meglio che restare a morire di fame per poco. Con il passare del tempo aveva imparato ad accontentare tre o quattro clienti per notte, portandosi a casa un gruzzolo non indifferente, senza contare le mance che guadagnava mentre si muoveva sul palco e che Pablo le lasciava. Crescendo era diventata una bella donna, asciutta, il seno della taglia terza, stretta in un reggiseno della prima, sempre strizzato come se dovesse esplodere da un momento all’altro, sodo, lucido e sempre in mostra. La pelle ricoperta di olio profumato luccicava sotto i faretti delle luci psichedeliche mentre le sue natiche strette in un perizoma di pizzo ondeggiavano attirando commenti e applausi dei clienti più vogliosi. Roxi era affascinante sia vestita che nuda, non vi era differenza e se non fosse stato per il locale in cui lavorava, la gente che incontrava ogni notte e il suo modo provocante di vestire, si sarebbe potuta scambiare per una donna di classe. A lei andavano i clienti migliori e con i portafogli gonfi di banconote fruscianti. Nessuno si azzardava a molestarla, anche quando intratteneva gli stranieri fuori dal locale perché tutti sapevano che era la prediletta di Pablo e come tale la rispettavano. Alcune voci parlavano anche di una loro relazione, una storia fra prostituta e protettore, ma Roxi lasciava dire. Non le importavano le chiacchiere di corridoio, soprattutto se a farle erano le altre ragazze del night, invidiose della sua fama e dei suoi guadagni. A lei interessava il denaro e ciò che questo le avrebbe portato. E fin dal primo istante che aveva visto quell’ometto alto un metro e trenta centimetri, stretto nel suo vestito all’ultima moda, aveva compreso che solo da lui poteva averne tanto e facilmente. 38 Aveva lavorato per lui fino all’età di trent’otto anni. Dopo essere diventata la prostituta più richiesta e ben pagata del locale, dopo aver insegnato il mestiere alle più giovani e aver messo da parte un bel gruzzoletto anche grazie a Pablo che si era sempre occupato di tutto il resto, e grazie anche all’arrivo delle giovani rumene meno pretenziose, sottopagate e disposte a tutto senza arricciare il naso, l’uomo le aveva permesso di lasciare il night e di lavorare per conto suo, ma nonostante questo erano sempre rimasti ottimi amici. Era lei ora che girava nei locali alla ricerca di nuove ragazze da portare al night. Le sceglieva con cura, selezionandole fra quelle che sarebbero finite per la strada ad incrementare i guadagni di Pablo, e quelle che potevano avere talento per intrattenere i clienti nel locale. Pablo le pagava la sua parte, le permetteva di scegliere ancora i clienti all’interno del locale, concedendole quelli più facoltosi e le lasciava tutto il guadagno. Roxana non aveva mai pensato di lasciare la vecchia strada, nonostante con il passare degli anni avesse accumulato del denaro sufficiente a garantirle una vita normale. Oramai era una prostituta, se lo sentiva dentro, quel lavoro le era entrato nell’anima oltre che nel corpo e sapeva di farlo bene. La sua sola richiesta era stata quella di gestirsi finalmente da sola, stabilendo lei il prezzo, decidendo chi, dove e quando, intascando l’intero ricavato del suo commercio senza doverlo dividere con nessuno. Lei batteva sul marciapiede davanti al night che per anni l’aveva ospitata come una seconda casa e forse come una prima famiglia, portava sempre nuovi clienti al locale, li faceva bere a più non posso facendo recuperare dei bei centoni a Pablo e poi se li portava via andando a concludere la serata in macchina o nel suo appartamento. La chiamavano ‘la Rossa’ per il colore dei suoi capelli che non aveva mai nascosto con una parrucca, neppure durante gli spettacoli. Ora all’età di quarantacinque anni non sognava più di diventare una ballerina, ma aveva imparato a vivere da sola, a guardarsi le spalle e soprattutto a non credere più nei sogni. Il suo sogno, l’unico che aveva 39 mai avuto, si era spento in quel locale, come una lampadina fulminata che ad un tratto aveva smesso di fare luce. “ E tu? Come hai detto che ti chiami?”- chiese la donna una volta finito il suo racconto. “Ah sì, Alexandra…Che mi racconti di te?” La prostituta aveva svuotato anche l’ultimo sorso di birra bevendo direttamente dalla bottiglia di vetro e si era sistemata i capelli ancora umidi passandovi una mano. Era seduta su uno sgabello girevole con le gambe aperte, come se fosse una posa naturale e offrisse la sua merce come quando al mercato i commercianti espongono la propria aspettando il miglior offerente. Alex aveva potuto intravedere sotto la minigonna di pelle, il pelo del pube. Quella notte non portava neppure il perizoma. Alex si era acceca una sigaretta soffiando fuori il fumo. Aveva inclinato la testa di lato, restando a guardare in direzione dei tavoli affollati di gente. L’aria era irrespirabile, la musica troppo alta. E i primi sorsi di birra, ingurgitati avidamente a stomaco vuoto, avevano già cominciato a farle effetto. “ Ordina qualche cosa di più forte della birra Roxi!” le aveva detto questa scoppiando in una risata. “Anche la mia vita non è stata tutta rose e fiori.” 3. Roxana aveva fatto un cenno con il capo al biondino che stava dietro al bancone, indicando la bottiglia di Vodka alla fragola dimenticata vicino alla cassa. Era sempre stato il suo alcolico preferito da quando lo aveva scoperto una sera con un cliente che Pablo le aveva chiesto di intrattenere tutta la notte, le aveva detto vuotandone il 40 contenuto in due bicchieri alti tre dita di cristallo spesso, e tornando a rievocare i tempi passati. “ Per te va bene o vuoi dell’altro?” le aveva chiesto la Rossa strizzandole l’occhio. Alexandra era scoppiata in una risata annuendo. “ Vada per la Vodka!” aveva detto svuotando il primo bicchierino e asciugandosi le labbra sul dorso della mano. Si sentiva già un po’ ubriaca o forse aveva già preso una bella sbronza, ma non le era importato un granché. Era forse la prima notte da quando aveva messo piede in quella città sconosciuta e misera di vita notturna che si stava veramente divertendo. Altro che discoteche e locali del centro frequentati solo da gente troppo ricca, in giacca e cravatta e universitarie all’ultimo anno di Giurisprudenza! Aveva desiderato tornare a vivere da troppo tempo e ora che il divertimento era arrivato all’improvviso, non voleva che finisse troppo in fretta. Roxana le aveva nuovamente riempito il bicchiere, non prima di aver seguito il suo esempio e svuotata la prima dose di veleno. “ Non sei di qui vero? Non ti ho mai visto in giro.” le aveva chiesto rubando qualche salatino da un piatto di portata che il barista aveva sistemato in tre ciotole di ceramica e che avrebbe poi portato a uno dei tavoli in fondo della sala. “ Sono arrivata da sei mesi, o poco più…”aveva ammesso lei. “ Sola?” si era informata la prostituta porgendo dei salatini ad Alex. La donna li aveva rigirati fra le dita prima di iniziare a mordicchiarli. Avevano la forma di un sole sorridente e di una mezza luna. Erano tutto ciò che quella sera aveva sperato di non mangiare andando all’inaugurazione del bar Holly, il locale che aveva cercato gironzolando per le vie del centro e che l’aveva portata a incontrare Roxana. E ora che si ritrovava fra le dita quei piccoli biscotti salati che tanto le ricordavano le crocchette di cui Robby andava pazzo, non sapeva se metterli in bocca o riporli nel vassoio. Aveva bisogno di una vera cena. Da quando era rimasta sola, non si era più messa ai fornelli, e aveva continuato a mangiare pizza riscaldata o sandwich al 41 formaggio. Non che fosse uno chef di prima classe, ma un paio di uova strapazzate e un piatto di pasta era sempre riuscita a prepararla. “Sì, bella mia…Sola!” disse alzando il tono della voce per sovrastare il ritmo assordante della musica. “Il bastardo l’ho mollato prima che mi spaccasse la faccia a forza di pugni!” la donna tornò a ridere trascinando nella sua risata anche la nuova compagna e ingoiando qualche salatino. Meglio che restare a stomaco vuoto. “ Il tuo ragazzo?” aveva chiesto Roxana guardando lo sguardo perso di Alexandra. “ No, mio marito…” Era bastata quella parola, marito, per convincere Alex a raccontare di sé, ma per farlo aveva avuto bisogno di bere, di annebbiarsi la mente, per non permettere al suo pensiero di raggiungere ancora il suo cuore e fare riaffiorare quei pochi sentimenti oramai sepolti, ma che ogni tanto tornavano in superficie come boe disperse in mare che non volevano affondare negli abissi, quanto bastava per ricordarle che aveva un passato dal quale ancora stava fuggendo. I ricordi la ferivano ancora, e quando facevano capolino nella sua mente non poteva fare altro che restare ad ascoltarli. La donna aveva svuotato in un sorso il secondo bicchiere di Vodka osservando la sua immagine riflessa dietro al bancone del bar. Aveva le pupille dilatate, i capelli spettinati e il trucco sciupato come se fosse stata lei quella a camminare per ore sotto l’acqua battente e non Roxana. L’alcool cominciava a farle effetto, ne sentiva il calore salirle alla testa e il rumore attorno a lei si era come ovattato. Anche la vita di Alexandra aveva avuto come sfondo un sogno, anche se meno ambizioso di quello di Roxana: incontrare un uomo, sposarsi, avere dei figli e una famiglia tutta sua. E aveva cercato in tutti i modi di realizzarlo, mentre riempiva pagine di diario segreto e sognava ad occhi aperti durante le ore di latino al liceo. Oh quanto aveva sognato! Non avendo mai conosciuto suo padre, morto quando lei ancora aveva pochi mesi di vita durante una rapina a un centro commerciale dove 42 lui era accorso dopo la chiamata dalla centrale (non avrebbe dovuto lavorare quella sera. Essendo il suo compleanno aveva chiesto a un collega di sostituirlo ma all’improvviso questo si era ammalato e il Capitano aveva richiesto la sua presenza al comando di polizia) Alex aveva sempre sentito la mancanza di una figura maschile e paterna nella sua vita, tanto da scambiare ogni sua storia d’amore per quella giusta, per la realizzazione del suo sogno. Questo fino a che non si rendeva conto che i ragazzi che incontrava, s’ innamoravano di lei solo perché era la ragazza più attraente della scuola o almeno fingevano bene la loro infatuazione. Alexandra aveva bisogno di qualcuno più grande di lei, che si occupasse dei suoi sogni, che l’aiutasse a realizzarli, che le tenesse compagnia e che le regalasse quegli attimi di intimità e di protezione che nessuno mai era riuscito a darle. Alex cercava nei ragazzi quell’amore e quegli abbracci che un padre non aveva mai potuto darle e che una madre troppo impegnata a lavorare giorno e notte per garantire alle figlie una vita normale non riusciva a trovare il tempo di regalarle. Lei era la più piccola di due figlie. Grace, la prima, aveva abbandonato presto la scuola per seguire un corso d’infermiera in un ospedale del centro dove le offrivano vitto e alloggio purchè fosse sempre reperibile in caso di bisogno. Questo le permetteva uno stipendio fisso e le evitava le spese del pullman per il viaggio di andata e di ritorno fino a casa. Tornava ogni due settimane, e ripartiva il lunedì all’alba. A volte avrebbe desiderato trascorrere anche il week-end all’ospedale e uscire con le compagne di corso, avere una sua vita, ma la sua coscienza la obbligava a tornare a casa, a occuparsi della madre e della sorella più piccola. Da quando il padre se ne era andato, Alex viveva nel mondo dei sogni e la madre era sempre troppo impegnata, tuffata nel lavoro per fare quadrare i conti a fine mese, per rendersi conto che le sue due figlie avevano anche bisogno di calore ed affetto, di qualunque cosa che ricordasse loro di avere ancora una famiglia. Grace non temeva che la sorella si ficcasse nei guai, del resto era una ragazza coscienziosa, andava a scuola regolarmente, anche se 43 non aveva voti eccellenti e s’impegnasse il minimo indispensabile, quanto bastava per non ripetere l’anno. Ma le sue continue avventure con i ragazzi a volte la facevano preoccupare. Solitamente gli uomini che frequentava erano più grandi di lei di otto o nove anni, ed era dunque più facile per loro prendersi gioco di lei e per Alex credere alle loro parole. Dopo qualche giorno che si frequentavano loro provavano a portarsela a letto, lei rifiutava e l’amore come era cominciato fra baci e promesse, finiva. E lei si ritrovava a odiare il mondo intero, se stessa per averci creduto e la solitudine che la circondava. La ragazza si chiudeva in camera a sognare ad occhi aperti le avventure dei personaggi dei romanzi rosa che una sua compagna di scuola le passava dopo averli rubati alla madre o restando per ore a guardare vecchi film in televisione quelli che aveva visto e rivisto un’infinità di volte fino a conoscere le battute a memoria ma che ancora riuscivano a strapparle qualche lacrima. Film in cui lui, il bello della situazione, s’ innamorava di lei e tornava sempre a prenderla, la difendeva dalle avversità di ogni giorno e alla fine le regalava una vita d’amore e da sogno. Il mondo reale per Alexandra non esisteva, l’unica cosa in cui credeva era nella certezza che prima o poi avrebbe trovato anche lei un uomo che sapesse amarla sopra ogni altra cosa. E finalmente un giorno anche i suoi sogni trovarono il modo di prendere il volo. Conobbe Jack al parco, dove con delle amiche Alex si ritrovava dopo l’orario di scuola a fumarsi in santa pace una sigaretta, lontano dagli occhi dei genitori. Non facevano uso di droga, non avevano mai provato e stavano il più lontano possibile dalle cattive compagnie. Vivevano di avventure loro e di amori impossibili, quelli che ti lasciano l’amaro in bocca ma che ti permettono sempre di sperare in un domani, che ti danno modo di continuare a guardare avanti e di credere nel giorno dopo. Alex lo vide scendere da una pattuglia della polizia e fermarsi vicino al laghetto poco distante dalla panchina dove loro si erano sedute, all’ombra di un grande cipresso. Era lì che ogni pomeriggio trascorrevano qualche ora prima di fare ritorno a casa in modo che 44 nessuno si accorgesse della loro assenza e della loro poca voglia di studiare. Il liceo era solo un passaggio, una via di mezzo che lei e le sue due amiche avevano accettato per non dover trovare lavoro come cameriere negli hotel del posto o peggio in qualche piccola fabbrica, con uno stipendio misero che sicuramente sarebbe andato a contribuire alle spese della famiglia. Di finire a lavorare all’ospedale come la sorella Alex non ci pensava neppure: non sopportava la vista del sangue e quell’odore di disinfettante le faceva venire il mal di testa. “ O studi o vai a lavorare signorina! Non ho intenzione di lasciarti vivere nella bambagia mentre io e tua sorella passiamo tutta la giornata a spaccarci la schiena!” Le aveva detto sua madre, quando era giunto il momento di decidere che fare dei suoi quindici anni, e lei aveva accettato di buon grado di iniziare a frequentare la scuola, anche se di studiare le importasse un gran poco. Era sempre stata una ragazza intelligente e sveglia e questo le aveva permesso di riuscire ogni anno a evitare la bocciatura anche se non con il massimo dei voti. Alexandra scorse il poliziotto mentre si accendeva una sigaretta e restando a osservare l’acqua immobile del laghetto artificiale pensava a come trascorrere il resto della giornata una volta fatto ritorno a casa. Era un agente di polizia e da solo un anno aveva superato l’esame di ammissione ed era entrato a far parte della squadra mobile. Ma il suo desiderio era quello di salire qualche altro gradino, diventare Ispettore magari, anche se sapeva che per riuscirci la strada davanti a lui era ancora lunga ed in salita. Quella mattina aveva appena finito il turno di lavoro e non voleva rovinarsi il resto della giornata chiudendosi in qualche bar del centro a bere. Non ancora almeno. La sera poi avrebbe deciso con chi e dove uscire per cercare di rimorchiare qualche ragazza e concludere la serata in bellezza. Le donne e l’alcool erano la sua unica passione qualche se la divisa che indossava lo obbligava a volte, a limitare i suoi divertimenti. La ragazza aveva lasciato le amiche a litigare su chi avrebbe comprato le sigarette l’indomani e sistemandosi i capelli lo aveva 45 raggiunto sorprendendolo da dietro. Quando l’uomo aveva percepito dei passi alle sue spalle, si era girato di scatto e si era trovato faccia a faccia con una ragazza poco più diciottenne, alta quasi come lui, i capelli neri sciolti sulle spalle gli occhi verdi e luccicanti. E lei dal canto suo era rimasta immobile a guadare quegli occhi azzurri perdendovisi dentro, come mai era accaduto. Erano rimasti a guardarsi per qualche secondo, lui irritato da quella presenza, lei già persa nel suo sguardo duro e da uomo. Per Alexandra era cominciato il sogno, l’ennesimo. Si era innamorata di lui così, per gioco e all’improvviso, il classico colpo di fulmine. O forse si era innamorata solo della sua divisa, del fatto che fosse un uomo che contava nella società, che avrebbe sempre potuto proteggerla e sostituire la figura di un padre mai esistito e di un amante che sempre aveva sperato e sognato di incontrare. “ Ehi ma i poliziotti mentre sono in servizio, non dovrebbero né bere né fumare?” aveva esordito lei sorridendo e inspirando a sua volta il fumo dalla sigaretta appena accesa. “ E questo chi te l’ha detto?” aveva chiesto lui seguendo con lo sguardo la giovane donna mentre si sedeva sulla staccionata intrecciando le gambe lunghe e strette in un paio di jeans a vita bassa. “ Un amico… Sei uno sbirro giusto? Uno di quelli veri?” le aveva chiesto lei godendosi l’immagine di lui stretto nella sua divisa blu. Aveva sempre sperato di poterne incontrare uno dal vivo, com’era solita dire lei. Sì, li aveva visti in azione giù al bar La Stiva, quando due avevano fatto a botte ed era stata chiamata la pattuglia. Ed anche quella volta che il suo vicino di casa era stato arrestato alle due di notte mentre spacciava nel vialetto. Anche quella sera erano arrivati con le sirene accese e i lampeggianti, erano scesi in due per macchina, lo avevano afferrato, gli avevano messo le manette ed avevano detto a tutti quelli che si erano affacciati alle finestre di rientrare in casa. Non c’era nulla da guardare. Ma trovarsene uno lì vicino, ancora vestito con la sua divisa blu, il cappello in testa, e la pistola nella fondina, questo le aveva messo i brividi addosso. In casa, sua madre aveva solo 46 due fotografie del marito e a volte Alex di era fermata ad osservare quell’immagine appesa in corridoio, ammirando la sua divisa ben inamidata, la sua arma , il sorriso fiero sulle labbra. “ Certamente non sono appena uscito dai cartoni animati!” aveva ribattuto lui gettando il mozzicone di sigaretta nei laghetto e accennando un sorriso. Gli mancava solo una ragazzina rompi palle quella mattina! “E tu che ci fai qui? Bigi la scuola?” “ L’ultima ora c’era attività fisica sai che noia! Sono qui con delle amiche a fumarmi una canna!” aveva esordito lei strizzandogli l’occhio. Poi non era riuscita a reggere il suo sguardo ed era scoppiata a ridere. “Eh dai, scherzavo! E’ una semplice sigaretta, niente di più!” aveva detto mostrando la scritta in piccolo che ogni sigaretta riportava in basso, vicino al filtro. “ Io non mi faccio le canne!” “ Non sei troppo piccola per fumare?” “ Ho compiuto due mesi fa i diciotto anni, sono all’ultimo anno di liceo. Tu invece non sei troppo grande per restare qui al laghetto a guardare le anatre passare?” “ Ah scusa… non avevo capito che alla tua età potessi essere già una donna vissuta” aveva riso lui restando a giocherellare con un sasso. “Hai voglia di una birra al bar o è meglio se ti offro un gelato?”le aveva chiesto a un tratto lui continuando a trattarla da ragazzina. Alex l’aveva guardato. Aveva sorriso a Frencis, la sua compagna di banco che da dietro le spalle dello sbirro, le faceva segno di andare, le avrebbe telefonato dopo appena rientrata a casa, e gettando la sigaretta consumata nell’acqua si era alzata avvicinandosi all’uomo in divisa. “ Vada per la birra.” aveva detto lei anche se non aveva mai bevuto in vita sua se non un po’ di spumante a Capodanno. “ Il gelato me lo offri la prossima volta!”Lei non era più una ragazzina, era una donna con dei sogni, una vita davanti e soprattutto desiderosa di iniziare a vivere. La storia fra Jack e Alex era iniziata per caso e per caso era continuata nonostante lui non avesse ancora deciso che farsene di un’adolescente di soli diciotto anni e non fosse ancora pronto, o deciso 47 ad abbandonare la sua vita notturna e le sue avventure di poco conto. E non aveva neppure intenzione di farlo! Alex aveva il coprifuoco alle ventidue, e dunque, quando non doveva lavorare di notte, s’incontravano al molo, restavano un po’ insieme e quando lei rientrava, lui ritornava al bar e continuava a vivere liberamente la sua vita di sempre. Aspirava a qualche cosa di più che un misero stipendio di agente e l’obbligo di eseguire degli ordini. Lui gli ordini un giorno li avrebbe dati! Ma sapeva anche che per poter salire la scala del successo, aveva bisogno delle giuste conoscenze, e di farsi un nome che contasse qualche cosa nel mondo reale, quello che stava al di là della divisa che indossava. All’inizio doveva ammettere di essere partito con il piede sbagliato con alcuni colleghi giù in centrale e che la sua fama non fosse delle migliori. Chi lo frequentava abitualmente sapeva che Jack era un picchiatore, che quando doveva arrestare qualcuno non si limitava a mettergli le manette e a portarlo al distretto per essere interrogato. Prima si divertiva a minacciarlo, a pestarlo per farsi passare delle informazioni che potevano sempre essergli utili per delle prossime indagini. Le prostitute della zona erano le sue migliori informatrici e più di una volta era stato sospeso dal servizio per rissa nei locali che frequentava di notte. Per lui il servizio non finiva quando si toglieva la divisa, ma cominciava proprio da lì. Quando girando per le strade deserte, poteva confondersi con il resto della gente e perseguire piccoli spacciati minacciandoli di un arresto se non gli fornivano il nome di chi procurava la roba da spacciare. Giravano voci che più volte avesse anche accettato bustarelle per chiudere un occhio, o tutti e due, quando i fatti erano troppo evidenti per non intervenire. E per poco, due mesi prima, non era stato sospeso definitivamente dal servizio, quando un cittadino aveva sporto querela contro di lui per aver dovuto pagare il doppio di una multa che Jack gli aveva contestato per non essersi fermato al semaforo rosso. Se avesse pagato quanto richiesto, avrebbe evitato il ritiro della vettura. Anche lì era riuscito a cavarsela, trovando il tipo in un locale la sera dopo e riuscendo a farlo ragionare. A modo 48 suo ovviamente. La denuncia era stata ritirata. Voci, solo voci, non appurate e che lui non voleva neppure prendere in considerazione. Aveva imparato presto che per farsi rispettare non bastava indossare una divisa e mostrare un distintivo. E soprattutto aveva compreso velocemente che la vita di tutti i giorni non rispettava la legge e tanto meno la temeva. Per mettere dietro le sbarre qualcuno, non serviva perdere tempo pedinandolo giorno o notte alla ricerca di prove, come continuava a sostenere il suo superiore. Bastava trovarle quelle prove. E se non c’erano fabbricarle. Serviva poco, continuava a ripetersi durante le ore di pattugliamento. Solo un po’ di astuzia e un po’ di coraggio. Tutto ciò che a Jack McCallinter non mancava. Con il tempo e iniziando a frequentare sempre più spesso Alexandra, che si dichiarava pazzamente innamorata, Jack si trovò combattuto fra due fuochi. Lasciar perdere la diciottenne romantica e continuare a divertirsi con gli amici e le prostitute del bar che era solito frequentare quando non lavorava, o decidere di trovare una sua stabilità e formare una coppia con lei. Del resto, all’età di trent’anni anche per lui era giunto il momento di pensare al suo domani e allo stesso tempo di mettere a tacere le voci che giravano su di lui, nei corridoio della centrale, voci che lo canzonavano per la sua poca capacità di essere in grado di tenersi stretta una donna per più di un paio di mesi a causa del suo carattere scontroso e della sua reputazione. Alex, dal canto suo, non era la classica ragazzina viziata e immatura. Sapeva già cosa voleva dalla vita e soprattutto non era quella che si lasciava andare a frivolezze. Aveva solo bisogno di crescere un po’, di diventare donna, ma accanto a lui avrebbe potuto imparare cosa volesse dire vivere nel mondo reale. Lui dal canto suo, aveva bisogno di un punto fermo, di una donna e di stabilità. Jack aveva deciso di lasciarle terminare l’anno di liceo e poi di chiederle di andare a vivere con lui nel suo piccolo appartamento in città, a Dothan, lontano dalla madre che non lo vedeva di buon occhio e che certamente conosceva dettagli sulla sua vita che fino a quel momento era riuscito a nascondere alla ragazza. L’improvvisa 49 bocciatura all’ultimo anno di scuola di Alex e la non ammissione agli esami di maturità, lo videro costretto ad accelerare i tempi e così, di punto in bianco, una mattina si era presentato a casa e se l’era portata via senza dare spiegazioni. Voleva vivere con lui? O adesso o mai più, queste erano le sue condizioni. Lui le avrebbe trovato un lavoro in un bar di un amico per qualche ora della giornata in modo che non si sentisse troppo sola quando lui era al lavoro e potesse contribuire alle spese della famiglia. Al resto ci avrebbe pensato in seguito. Dal canto suo Alexandra aspettava quel momento dal primo giorno che aveva incontrato Jack al parco. Abbandonare la casa che divideva con la madre e i fine settimana anche con la sorella, chiudere per sempre i libri di scuola e iniziare a creare ciò in cui aveva sempre sperato: una sua famiglia. “ Tutti gli uomini che vuoi Alex ma non quello!” le aveva detto la madre quando la ragazza aveva annunciato la sua decisione di non ripetere l’anno scolastico e di lasciare quella casa per rifugiarsi nel suo nido d’amore con Jack. “Lo conosci da forse un anno e non sei ancora pronta. E comunque le voci che girano su di lui non mi piacciono!” Come fare a dire a una figlia innamorata, che l’uomo che aveva iniziato a frequentare non era altro che un poliziotto corrotto e un poco di buono? Che non avrebbe neppure dovuto indossare la divisa che portava e che presto l’avrebbe fatta soffrire? “ Non puoi vietarmelo! Ora ho diciotto anni ed io e Jack vogliamo sposarci e fare una nostra famiglia. E’ la mia vita mamma! O l’accetti o me ne vado ugualmente!” E così era accaduto. Alex aveva lasciato la casa e si era trasferita a Dothan, rifugiata nel loro nido, in città, poco lontano da dove abitava la sua amica Frencis che nel frattempo aveva deciso di ripetere l’ultimo anno di liceo, terminato anche per lei con una bocciatura, per poi seguire la strada del padre iscrivendosi all’accademia per diventare anch’essa agente di polizia. Era così che le due ragazze si erano conosciute: i loro padri avevano lavorato per una decina d’anni nella stessa centrale operativa, prima che il padre di Alex venisse ucciso. 50 Con il passare degli anni, e notando in Alexandra il passaggio imminente da ragazza a donna a tutti gli effetti, Jack si rese conto che non si sarebbe fermata a quella vita, se solo si fosse accorta di aver buttato al vento la sua giovinezza per seguire un sogno che presto si sarebbe rivelato un incubo. La sua bellezza, diversa dal solito, con quegli occhi verdi sempre allegri e i capelli corvini ad incorniciale il viso fino a scendere lisci sulle spalle, la sua statura resa ancora più evidente dai sandaletti con il tacco a spillo che era solita indossare quando usciva ed il suo corpo esile e ben modellato stretto nei jeans attillati ed in un top aderente, fece aumentare la gelosia di Jack che le chiese di sposarlo, in una piccola chiesa sopra la collina, senza una vera cerimonia, senza gli invitati, solo loro due ed i testimoni per evitare che Alex subisse delle pressioni da parte della famiglia. Non era certo di amare quella donna, non come almeno aveva creduto di poter fare una volta convinta a vivere accanto a lui, ma era come se avesse bisogno di saperla sua per sempre, come se volesse, con il matrimonio, mettere a tacere la sua coscienza e le sue stesse paure. In un certo senso era come se si fosse convinto che Alexandra fosse cosa sua, e come tale dovesse restare. Troppi uomini le stavano addosso e troppe volte aveva visto i suoi stessi colleghi fermarsi per un caffè al bar dove lei aveva trovato lavoro, come cameriera. Lui aveva bisogno di sicurezze, certezze che vedeva ogni giorno sfumare davanti agli occhi. Alex aveva accettato di sposare l’uomo che amava, anche se non comprendeva quella fretta e soprattutto quel bisogno di nascondere al mondo intero il loro amore. Non aveva detto nulla né alla madre, né alla sorella e aveva deciso di seguire la volontà di Jack. Per quietare anche l’animo del marito, un paio di mesi dopo aveva accettato di lasciare il lavoro al bar e di restare a casa in compagnia di Roy, un Doberman antipatico e sempre arrabbiato con il mondo intero che Jack le aveva regalato per proteggerla quando lui usciva la notte per lavoro. Non potendo più contare sullo stipendio di Alex, anche se misero, Jack aveva dovuto accollarsi i doppi turni in centrale e per trovare 51 abbastanza denaro per garantire una vita agiata alla moglie e continuare a perseguire il suo desiderio di diventare qualche cosa di più che un semplice agente di pattuglia, aveva dovuto dedicare anche più tempo alla sua seconda vita, quella notturna, quella da strada, quella di cui Alexandra non conosceva l’esistenza. Quando smetteva la sua divisa, si rivedeva come in un vecchio film, colui che del buio e della malavita non aveva paura, forse perché a poco a poco, senza rendersene conto, cominciava a farne parte. Iniziò mettendo sotto pressione le prostitute del posto perché gli fornissero le informazioni necessarie sul giro di droga della zona e per poter estorcere del denaro a chi forniva la roba se voleva evitare un arresto. Accettò bustarelle gonfie per chiudere un occhio davanti a spacci di cocaina nei locali, non intervenne durante liti di bande alla periferia della città ricevendo così lauti compensi da gente che contava. Almeno per la malavita. Per reggere la tensione che il lavoro gli fomentava e per sostenere la sua continua gelosia verso la moglie, cominciò a far uso di droga, e ciò gli permetteva di restare sveglio notti intere e continuare a svolgere il suo lavoro durante il giorno. Cominciò a diventare irascibile, scontroso e troppo arrogante anche con i colleghi, che raramente lo sceglievano come patner. Alex, dal canto suo, cominciava da poco a rendersi conto che i suoi sogni non si erano poi realizzati del tutto. Jack era spesso fuori casa e quando vi faceva ritorno era per passarvi poco tempo. Aveva sempre troppo lavoro da sbrigare e per lei poco tempo da dedicarle. L’uomo dolce e romantico dei primi mesi era cambiato improvvisamente. L’accusava di sperperare il suo denaro ma non le permetteva di tornare al lavoro dove il pericolo di perdere la sua donna istigava la sua gelosia. “ Che cazzo vuoi capirne tu del mio lavoro? Credi che per me sia facile lavorare di giorno e uscire anche la notte? O forse credi che la notte vada a divertirmi?” 52 “ Non ho detto questo! Sto solo dicendo che sono stanca di restarmene qui da sola delle giornate intere a pulire o a cucinare! E a volte non torni neppure per cena! Non sono la tua serva Jack!” Il primo ceffone le era arrivato in pieno viso un pomeriggio di settembre, quando Jack aveva fatto ritorno a casa solo per cambiarsi d’abito. Avrebbe raggiunto il molo e atteso la notte: sapeva che sarebbe arrivato un carico di merce rubata, aveva avuto un’ottima soffiata tre giorni prima, e voleva essere il primo a informare la centrale. Non prima di aver recuperato la sua parte. E così era finito il grande amore di un uomo troppo impegnato nel suo lavoro e troppo egoista per rendersi conto che la donna che aveva sposato per evitare di perderla per colpa di un altro, la stava perdendo solo per colpa sua. E come in ogni storia, quando la freddezza di un rapporto s’insinua fra due persone, i dubbi e le paure rendono il gioco ancora più facile. Gli attimi d’intimità, i pochi ma intensi momenti vissuti insieme, scambiati le prime notti, lasciarono il posto alle botte gratuite quando lui rientrava ubriaco a casa o fatto di pasticche e qualche cosa era andato storto, un’informazione sbagliata che gli aveva fatto perdere tempo, una lite con il Capitano che da tempo si era reso conto che i continui arresti dell’agente derivavano solo da una sua ricerca personale del crimine, la maggior parte delle volte incrementati da prove false o non appurate, che fomentavano gli animi degli avvocati. La promozione tardava ad arrivare e tutti i suoi sogni cominciavano a frantumarsi come specchi. Alex non voleva dare retta alle voci che sentiva quando usciva da casa per qualche commissione ed allo stesso tempo non permetteva al suo orgoglio di chiedere aiuto a qualcuno quando a fatica la mattina riusciva ad alzarsi dal letto dopo che Jack la notte prima l’aveva riempita di botte o aveva chiesto che lei svolgesse il suo dovere coniugale. Per lui il loro amore si era ridotto a questo: a un dovere che lei doveva dargli e gratuitamente. Era la moglie, un oggetto, una sua proprietà, sulla quale deteneva tutti i diritti. L’amore se ne era andato come i suoi sogni. 53 Fu Frencis, la sua compagna di banco del liceo, che un giorno incontrò per strada, a rivelarle chi fosse veramente l’uomo che aveva sposato. Lei lo conosceva bene, viveva a stretto contatto con lui in centrale, da quando aveva superato gli esami di ammissione all’accademia di polizia e aveva ottenuto la possibilità di diventare agente al distretto capitanato dal padre. Ogni giorno si scontrava con Jack, e le voci che giravano come fantasmi nei corridoio, presto non gli avrebbero lasciato scampo. Jack non la stava passando troppo bene, le aveva detto, quando si erano sedute al tavolino di un bar, aspettando che il cameriere portasse le loro due birre. Su di lui pendevano delle condanne per corruzione, minacce, spaccio di cocaina e furto aggravato. Alla centrale si era pensato di tenerlo d’occhio per qualche tempo prima di intervenire. “ Sparisci Alex, ora che sei ancora in tempo.” Le aveva consigliato l’amica. “ E’ sempre mio marito Frencis, non posso lasciarlo proprio ora che…” “ Proprio ora che ha più bisogno di te?” aveva finito la frase l’amica. “Ma ti sei vista? Credi che non me ne sia accorta cosa nascondi dietro quegli occhiali scuri? Jack non ha mai perso il vizio di picchiare le sue donne, ma credevo che con te fosse cambiato! Tutte lo hanno sempre lasciato, tu te lo sei sposato cazzo! Ti sta facendo del male e tu che continui a difenderlo! Quanto tempo ancora credi che durerà questa storia? Quanto tempo credi che ci impieghino alla centrale prima di capire che Jack usa la sua divisa per i suoi scopi?” Alex si era sfiorata l’occhio tumefatto nascosto sotto la lente degli occhiali. Un altro regalo del marito che non aveva gradito il suo interessamento la sera prima quando lei lo aveva abbracciato appena fatto rientro a casa e gli aveva chiesto come era andata la giornata. Doveva uscire ancora quella sera ? O sarebbe rimasto con lei? Potevano andare a cena. Del resto era il loro secondo anniversario di matrimonio. 54 “ Credi che mi lasci scappare così facilmente?” aveva risposto lei cercando di sorridere. “ Vattene di qui Alex! Te lo dico per il tuo bene. Prima o poi Jack dovrà pagare per quello che ha fatto e tu appunto sei sua moglie! Sempre che prima non decida di ammazzarti di botte!” Alexandra scappò quella notte stessa senza neppure voltarsi indietro, dopo aver pianto tutta la sua sofferenza mentre infilava qualche abito nella valigia e restava a osservare per l’ultima volta la casa che aveva visto crescere con lei, con il suo amore, per morire poco dopo, com’erano morti i suoi sogni e le sue speranze di avere una vita diversa e una sua famiglia. Scappò inconscia di dove sarebbe andata, la stessa notte in cui Jack veniva arrestato davanti ad un locale del centro quando due suoi colleghi, che oramai lo pedinavano da giorni, lo videro scambiare qualche parola con il più noto trafficante di eroina del posto con il quale sapevano che lui aveva contatti, entrare nel suo locale ed uscirne pochi minuti dopo con qualche cosa sotto il braccio. Una volta perquisito lo trovarono in possesso di tre chili di roba e cinquantamila bigliettoni. Scattò immediatamente l’ordine di arresto e venne portato alla centrale di polizia. Lì, quella notte stessa, sarebbe finita la sua carriera da poliziotto e con essa anche il suo matrimonio. Nella fuga, la donna portò con sé solo qualche vestito, i suoi ricordi e una borsa da palestra piena di banconote che aveva trovato nella camera adiacente alla loro e che il marito usava come ufficio, nascosta sotto l’armadio e che le aveva confermato definitivamente che l’uomo che aveva sposato non era altro che un poliziotto corrotto. Fu costretta a portare con sé anche quell’odioso cagnaccio, Roy, che non appena l’aveva vista preparare le poche valigie si era piazzato davanti alla porta di casa cominciando ad abbaiarle contro. “ Oh, ci mancavi anche tu brutto bastardo di un cane! Levati dai piedi, non ho tempo da perdere!” aveva gridato ottenendo l’effetto contrario e il cane aveva cominciato a ringhiare. Alex gli aveva puntato contro una pistola scarica che aveva trovato nel cassetto della 55 scrivania di Jack e che lui lasciava lì per qualsiasi evenienza, ma questo era rimasto immobile davanti alla porta di casa. “ Vattene ho detto! Non ti porto con me brutta bestiaccia!” ma non aveva potuto fare altrimenti se non caricarselo in macchina e lasciare che ci accucciasse sul sedile posteriore, vicino alla borsa e alle sue poche cose. Una fuga verso un’altra vita, un altro sogno. Aveva preso la vettura del marito e se ne era andata, lasciandosi alle spalle tutto ciò che aveva costruito, ciò in cui aveva sperato e creduto. Si sarebbe fermata solo una volta che fosse stata abbastanza lontano da non tremare quando scorgeva una pattuglia della polizia sfrecciarle accanto, con le sirene accese ed i lampeggianti che gridavano nella notte. Se ne andò senza mai guardare lo specchietto retrovisore, senza guardarsi alle spalle, forse perché dietro di sé oramai non vi restava più nulla. Credeva forse così di riuscire a dimenticare anche il suo matrimonio, anche se dentro di sé sapeva che il suo passato prima o poi sarebbe tornato ad affrontarla e che le avrebbe chiesto una rivincita. Jack l’avrebbe cercata non appena fosse uscito dalla prigione e si fosse convinto che il denaro era nelle sue mani. Non le avrebbe permesso di ricostruirsi una seconda vita, di avere una seconda possibilità e soprattutto di lasciarlo. Non con i suoi soldi almeno. Era la sua donna, la sua puttana, come la chiamava quando la schiaffeggiava tornando a casa a notte fonda ubriaco o fumato dopo aver trascorso le ultime ore nei locali del centro. Non sarebbe mai stata libera da quell’uomo, questo Alex lo sapeva, ma in quel momento davanti a se, aveva visto solo la strada lunga e diritta che si perdeva nella notte. Davanti a sé in quel momento aveva scorto la sua libertà. “ Porca puttana bambina! Certamente non l’hai vista bene neanche tu! La moglie di uno sbirro corrotto! L’ ho sempre detto io che sono tutti dei bastardi! Almeno però tu ti sei trovata con un po’ di soldi!” aveva aggiunto Roxana quella sera che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio la storia della nuova amica bevendo Vodka e 56 mangiando salatini. Un mixer che alla donna non aveva fatto alcun effetto. Per Alex invece era stato micidiale, a tal punto da non ricordarsi neppure più in che bar fosse. “ Se non penso che manca poco e che presto il mio caro e dolce maritino sarà fuori di galera e farà di tutto per venirmi a cercare, sì…ho avuto almeno i soldi da quella carogna!” aveva aggiunto lei accendendosi una sigaretta e inspirando il fumo. Era ubriaca. Ora non aveva alcun dubbio. Le bruciavano gli occhi per il fumo che aleggiava nella sala del locale e la testa continuava a girarle come se fosse sopra una giostra. Le luci si muovevano davanti ai suoi occhi e l’immagine di sé che vedeva allo specchio le appariva sfuocata. Faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Scosse la testa. “ Credi che lo farà?” “ Chi? Quel bastardo?”da quanto tempo non pronunciava più il nome di suo marito? “ Stanne certa Roxana. Non gliene frega niente di me, ma dei suoi fottutissimi soldi si!” “ Che ne hai fatto di quei quattrocentomila piccola?” “ Mi sono comprata una casa in periferia e qualcosa ho messo da parte. Niente di speciale.” Aveva ammesso lei ricordandosi che prima o poi avrebbe dovuto anche decidersi a trovarsi un lavoro decente per evitare che i pochi soldi rimasti sul conto svanissero. Con parte di quelli rimasti si era voluta togliere uno sfizio e aveva comprato il Porsche parcheggiato fuori dal locale. Si era innamorata subito di quella macchina, non appena l’aveva vista in vetrina, e del resto, aveva pensato che se la fosse meritata. Erano passati solo pochi mesi da quando si era trasferita e in quel poco lasso di tempo aveva già cambiato tre lavori. Appena arrivata aveva lavorato in una piccola bettola del centro come cameriera, ma dopo due mesi si era licenziata stanca dei continui palpeggiamenti del proprietario del locale. In seguito aveva accettato di lavorare come barista in una discoteca ma, dopo essersi lasciata abbindolare dal proprietario dichiaratosi follemente innamorato di lei e aver ceduto alle sue avance, si era trovata coinvolta in una storia d’amore a tre che 57 comprendeva anche la moglie del gestore, senza parlare dei due figli di otto e nove anni. Stanca di sentirsi giurare amore eterno ogni notte e di essere poi trattata come una qualunque amante, si era fatta licenziare semplicemente non presentandosi più al posto di lavoro. Non erano passati tre mesi. E come ultimo, aveva accettato di lavorare in un calzificio vicino a casa. Dopo un paio di settimane aveva mandato al diavolo il datore di lavoro dandogli dello sporco bastardo e se ne era andata. Quella sera, seduta davanti a Roxi, non era stata in grado di ricordare per quale motivo. Ora, all’età di ventitré anni si ritrovava sposata a un poliziotto corrotto di cui ogni tanto parlavano ancora i giornali e la televisione, riprendendo immagini del suo arresto, e facendo riferimento ai numerosi appelli che l’avvocato aveva richiesto nel tentativo di ridurre la pena del detenuto. Fin’ora senza alcun esito positivo. Il denaro era sparito, la merce rubata venduta prima dell’arresto e Jack si rifiutava di rivelare chi avesse i soldi racimolati in tutti quegli anni di servizio. Da Jack non avrebbe mai neppure potuto chiedere il divorzio senza che lui venisse a sapere del suo nascondiglio. Non aveva un lavoro, possedeva solo una manciata di spiccioli in banca e due cani come compagni. Non era il sogno della sua vita, non era stato ciò che aveva sperato fin dall’inizio, ma per ora si era sempre accontentata. “ Hai già trovato lavoro?” aveva chiesto all’improvviso la donna. “ Ci sto provando, ma non è facile. Vogliono tutti quel dannato pezzo di carta come diploma!” aveva riso divertita lasciando cadere un salatino sul pavimento di marmo nero della sala. Il locale era gremito di gente, la musica troppo alta e il fumo rendeva l’aria irrespirabile. Aveva caldo e le guance arrossate, le scottavano come se avesse la febbre. Aveva bisogno di aria fresca. “ Pablo, il proprietario di questo posto, cerca sempre gente nuova sai?” aveva aggiunto l’altra accendendosi a sua volta una sigaretta. “ No Roxi, questo genere di lavoro non fa per me. Non saprei neppure da che parte cominciare.” Alex aveva osservato le due donne che ballavano sui tavoli, in fondo al locale vestite solo con un 58 perizoma nero. I capelli lunghi sciolti sulle spalle, la pelle spalmata di olio luccicante. “ Ci sono io a darti le dritte giuste cara!”aveva esordito l’altra sfiorandole il braccio con un dito. “ Lascia perdere. Come ti ho detto non fa per me.” Aveva sorriso lei ingoiando l’ultimo sorso di Vodka rimasto nel bicchiere. Aveva toccato il fondo. “Ma perché tu lo fai?” le aveva chiesto a un tratto. “ Fare cosa? Battere?”aveva chiesto Roxana ridendo. “Perché so fare solo questo e guadagno abbastanza per vivere come voglio!” Ad Alex era bastata questa come risposta e conoscere tutto il resto a un certo punto non le era più servito. Per denaro. Tutto ruotava attorno al denaro. Come la sua vita del resto. Non era scappata anche lei con i soldi di Jack? Non aveva lasciato suo marito con quella manciata di soldi? Denaro. Un mondo che girava seguendo l’odore del denaro, che fosse pulito o sporco poco importava, basta che portasse a qualche cosa. “ Bella che ne dici se ce ne andiamo?” aveva chiesto a un tratto Roxana. “ E credi che io riesca a guidare in questo stato? Sono ubriaca fradicia.”era scoppiata a ridere Alexandra. “ Questo lo avevo capito” aveva ribattuto l’altra accennando un sorriso. “ Mi sa che sarai tu questa volta a farmi da tassista fino a casa. La sai guidare una Porsche?” “ Non ha tre pedali e un volante come le altre?”aveva chiesto l’altra ridendo a sua volta. “ Per quel che mi ricordo sì. Ma credo che abbia il cambio automatico la mia!” “ In qualche modo me la caverò! Andiamo allora bellezza! Indicami la strada.” Le due donne si erano alzate barcollando, Alex completamente ubriaca, appoggiata al braccio di Roxi. Non si ricordava dove fosse e tanto meno come vi fosse arrivata. Si sarebbe dovuta affidare alla nuova compagna per trovare la strada di casa. La 59 testa le girava e le gambe erano molli, traballanti per reggerla in piedi da sole, senza aiuto. “ Resta ferma qui un minuto tesoro, saluto un amico e arrivo.”Le aveva detto la prostituta fecendole segno di reggersi allo sgabello e si era allontanata fra la folla. Alex aveva annuito perché oltre non avrebbe potuto fare se voleva a tutti i costi uscire dal locale prima di vomitare l’intera bottiglia di Vodka che si era scolata a stomaco vuoto, senza contare i salatini aggiunti come cena. Aveva scorto Roxi farsi largo fra i clienti del night, e lei era rimasta immobile, al bancone restando a osservare le due ballerine togliersi anche l’ultimo velo. Gli uomini ai tavoli applaudivano. Lo spettacolo era finito, almeno per quella sera. Lei lavorare come ballerina o peggio, come prostituta in quel locale? Mai! Si era detta annuendo fra sé. Qualche cosa di meglio avrebbe trovato un giorno. Lei non era la puttana di nessuno. Non lo era stata di suo marito, non lo avrebbe fatto per denaro. Roxana aveva raggiunto un individuo seduto al tavolo, in fondo alla sala e lo aveva baciato su una guancia. Da quello che Alex aveva potuto scorgere, era molto basso, tatuato sul collo e sul capo completamente rasato. Si erano scambiati qualche parola, guardando nella sua direzione. “ Chi è quella donna Roxi?” aveva chiesto Pablo ricambiando il bacio. “ Un’amica…appena conosciuta” aveva aggiunto lei restando a guardare Alex ferma al bancone che a mala pena riusciva a reggersi in piedi. “ E’ un bel bocconcino…” aveva annuito lui. “ Niente male…Hai qualche cosa per me” aveva tagliato corto lei. “ Non questa sera Roxi, ho da fare…”Pablo aveva alzato la mano come per scacciare una mosca. “ Ok, ci vediamo domani, magari porto anche quella…” 60 “ Tienitela ben stretta Rossa, ho sempre bisogno di gente nuova qui dentro. ” “ Stanne certo Pablo. Questa non me la lascio scappare.” Roxana aveva salutato Alex con la mano come per rassicurarla che stesse per tornare e che finalmente se ne sarebbero andate dal locale. Alex sarebbe diventata la sua gallinella dalle uova d’oro. Non tanto per i soldi che quella scema aveva già speso, quanto per quelli che le avrebbe fatto incassare una volta fosse riuscita a convincerla a lavorare al locale. Da quando lei aveva lasciato il night, Pablo le garantiva una percentuale su ogni nuova entrata, e che riusciva ad addestrare a dovere per quel genere di lavoro. I clienti erano sempre più affamati e richiedevano gente nuova ogni settimana. A causa dei controlli a tappeto delle forze dell’ordine, molti avevano abbandonato i night del centro, rivolgendosi al suo, meno controllato e poco in vista. Roxi aveva fatto ritorno da Alexandra e sorreggendola l’aveva aiutata a farsi largo fra la folla, uscendo all’aperto. “ Chi era quello?” aveva chiesto lei rabbrividendo. “ Oh, nessuno. Lascia stare bambina!” aveva risposto lei accennando un sorriso. Prima o poi Alex le avrebbe chiesto aiuto a trovare un lavoro non troppo faticoso e che rendesse bene. Non era facile la vita in quella città e prima o poi anche i sogni più puri e romantici lasciavano sempre il posto alla realtà ed alla vita vera. Lei forse non lo aveva imparato sulla sua pelle? 4. Alexandra si accese la prima sigaretta di quella mattina mentre scivolava giù dal letto, dopo aver scostato con una pedata le coperte e 61 aspettato che Roy si decidesse ad alzarsi, non prima di aver sbadigliato, abbaiato e scosso più volte il capo. “ E muoviti! Con l’età ti stai rincoglionendo!” aveva esclamato lei dandogli un leggero colpetto sul sedere. “ Una volta scattavi sull’attenti non appena mettevo piede a terra!” Il cane la guardò di traverso, sbadigliò ancora una volta e attese che la donna si avviasse verso la cucina prima di mettersi in moto e starle dietro. Il fumo le fece aumentare d’intensità il mal di testa, ma oramai era sveglia e la prima cosa di cui sentiva il bisogno una volta messo il piede a terra, era una dose di nicotina. Il fumo le sarebbe scivolato nei polmoni, le avrebbe graffiato la gola, ma alla fine, avrebbe ripreso a circolare nelle sue vene come una droga regalandole qualche istante di tregua. Roy s’immobilizzò sulla soglia e restò a guardare di traverso la sagoma della donna completamente nuda. Gettata sulle spalle una vestaglia che Alex aveva trovato ai piedi del letto. Sbadigliò nuovamente e mosse qualche passo seguendo la sua padrona. Non la perdeva mai di vista, neppure quando gironzolava per casa: se lei si spostava sul divano, lui si accucciava ai suoi piedi, se andava a stendersi in camera, lui si sistemava ai piedi del letto. Non cercava coccole o carezze e non le richiedeva. Guadava bene dal giocare con Robby o con chiunque altro. Alex aveva provato con ogni cosa: palline morbide, palline da tennis, peluche, fin da quando era entrato a far parte della sua vita. Niente e nessuno lo sfiorava e lo distoglieva dal suo compito, anche se quel compito non glielo aveva imposto alcuno e che dopo la loro fuga insieme era diventato qualcosa di serio per lui. Lui era un vero cane da guardia. Nessuno avrebbe mai potuto dire il contrario. Aveva accettato di sua scelta di seguire Alex quella notte e alla donna non era restato che trascinarselo dietro per millequattrocento chilometri, trovargli una casa e accettare la sua compagnia, anche se a volte diventava scomoda quando rientrando in casa con un cliente doveva farlo attendere davanti all’entrata, acciuffare Roy per il pelo e rinchiuderlo nella camera adibita ad armadio e magazzino, mentre questo si divincolava cercando di 62 liberarsi dalla sua stretta, mostrando i denti. E questo se andava tutto secondo i piani, perché alcune volte la donna doveva interrompere il lavoro già cominciato ed entrare nella camera per cercare di calmare i suo latrati o impedirgli di distruggere tutti gli scatoloni che trovava lungo il suo cammino. Era lì, infatti, che Alex, da cinque anni, conservava alcune scatole di cartone che contenevano gli oggetti del suo passato: vecchie fotografie, vecchi abiti smessi, ricordi di cui un giorno avrebbe dovuto sbarazzarsene. E lì c’era anche la pistola ancora scarica che la notte che era fuggita di tutta fretta da Jack si era portata dietro e nascosta nella sacca con il denaro. Un giorno avrebbe dovuto buttata in qualche bidone lontano di casa, o seppellirla in una buca. Sapeva che aveva i numeri di serie limati, non se ne intendeva molto di queste cose, non sapeva a cosa sarebbe andata incontro se gliel’avessero trovata lì, seppellita sotto numerose cianfrusaglie che ancora la legavano a suo marito, ma era uscita con parecchi poliziotti prima di scegliere la strada della prostituzione e qualche cosa le avevano spiegato. Cosa si dovesse fare per possedere un’arma legalmente e perché fosse vietato tenerne una non dichiarata in casa. Jack non le aveva mai detto nulla a proposito dell’arma, anzi aveva cercato di nasconderla sotto alcuni libri, nel cassetto della scrivania. Lei l’aveva trovata un pomeriggio, frugando fra le sue cose, mentre annoiata, cercava il modo di passare del tempo. L’aveva soppesata con le mani, rigirandola fra esse. Aveva vuotato il cassetto alla ricerca dei proiettili, ma non ne aveva trovato neppure uno. Alla fine l’aveva riposta, dove l’aveva trovata. Solo prima di fuggire, quella notte, si era ricordata della pistola, e senza neppure sapere il perché, se ne era impossessata. Alex trovò Roxana in cucina, impegnata ai fornelli. Cucinava uova e pancetta e aveva già scaldato qualche fetta di pane bianco ai cereali. “ Niente brioche questa mattina?” le chiese Alex addentando un pezzo di pane. Forse mangiando qualche cosa le sarebbe passato il mal di testa causato dal troppo alcol della sera prima o almeno avrebbe messo qualche cosa nello stomaco che pareva una pentola di fagioli 63 brontolante. Il terzo cliente l’aveva distrutta. Veramente. Non per l’atto sessuale in se, che in fin dei conti non c’era neppure stato, se non per qualche toccatina sotto la gonna in macchina mentre lei guidava verso casa e lui cercava di restare almeno sveglio se non del tutto efficiente, ma proprio per il fatto che per portarlo a quello stato di ubriachezza aveva dovuto anche lei bere la sua buona dose di rum, quanto bastava per restare sveglia e riuscire a guidare, ma altrettanto abbastanza per far credere al cliente di essere ubriaca e garantirgli una notte di puro spasso. Non riusciva ancora a capire perché tutti gli uomini quando si trattava di fare sesso dovevano sempre bere qualcosa prima. E quel qualcosa non si riferiva a una birra. Mai una volta che riuscisse a non ingurgitare due o tre Vodka per sentirsi poi stordita alla fine della serata. Certo, questo era un bene per il locale di Pablo che si diceva guadagnasse una fortuna, ma non per il suo stomaco che più volte si era poi ritrovato costretto a vomitare tutto il contenuto nella tazza del water terminato il mach. Ma consisteva proprio in quello il suo lavoro. Far divertire il cliente, farlo stordire con l’alcol a tal punto che fosse disposto a qualsiasi cosa pur di passare una notte con lei. E qualche cliente in quel locale, ci perdeva veramente tutto ciò che possedeva fra prostitute e carte da gioco. Il casinò era la certezza di un guadagno sicuro, con le slot e le carte truccate. Roxana le aveva insegnato a giocare a Blak Jack, il minimo indispensabile per tenere compagnia al cliente. Lei ci metteva del suo, rischiando una posta più alta, convincendo il cliente a scommettere più denaro. L’alcol era il contorno, per Pablo altri soldi che entravano nelle sue tasche, per lei la garanzia che la metà dei clienti che poi si portava a letto, a volte non riuscivano a reggersi in piedi, non concludevano nulla ma pagavano ugualmente la cifra richiesta. “ Non sono riuscita a fare in tempo tesoro. Sono rimasta con un cliente fino prima di venire qua con questa roba.”disse Roxi indicando con il capo la spesa rovesciata sul ripiano del tavolo e versando nel piatto di portata le uova e la pancetta. “ Qualcuno che conosco?” chiese Alex solo per fare conversazione. 64