UA Giornale n° 3 - 2008 - Universita` Adulti/Anziani

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UA Giornale n° 3 - 2008 - Universita` Adulti/Anziani
Anno 10 - N. 3 - novembre 2008
COLLEGAMENTO CON GLI ISCRITTI ALLE UNIVERSITÀ
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L’Italia fotografata dal Censis
L’ITALIA IN MARCIA VERSO LA SECONDA METAMORFOSI
l Censis è un prestigioso centro di
ricerca nazionale che annualmente
presenta un rapporto di studio sulla situazione del Paese. Riportiamo alcuni
flash.
Alla crisi ci crediamo e non ci crediamo.
Per alcuni si sfiammerà presto, per altri il
tracollo durerà a lungo. Questa diversa percezione riflette l’assenza di una consapevolezza
collettiva, a conferma del fatto che restiamo
una società «mucillagine». Come affermato
lo scorso anno, il contesto sociale è condizionato da una soggettività spinta dei singoli,
senza connessioni fra loro e senza tensione a
obiettivi e impegni comuni. Questa regressione
antropologica, con i suoi pericolosi effetti di
fragilità sociale, è visibile nel primato delle
emozioni, nella tendenza a ricercarne sempre
di nuove e più forti, al punto che «la violenza o
lo stravolgimento psichico si illudono di avere
un bagliore irripetibile di eternità, mentre nei
fatti sono solo passi nel nulla».
Il 2008 è stato l’anno delle paure. Su questa base si sono moltiplicate piccole e grandi
paure (i rom, le rapine, la microcriminalità di
strada, gli incidenti provocati da giovani alla
guida ubriachi o drogati, il bullismo, il lavoro
che manca o è precario, la perdita del potere
d’acquisto, la riduzione dei consumi, le rate
del mutuo). In un anno elettorale, la politica
ha trovato vantaggioso enfatizzare le paure
collettive e le promesse di securizzazione (dai
militari per le strade alla social card per i meno
abbienti), con ciò finendo per generare una più
profonda insicurezza, una ulteriore sensazione
di fragilità.
La crisi finanziaria internazionale: la
«segnatura» c’è stata. La crisi ci ha segnato,
ed è verosimile attendersi per il prossimo anno
ulteriori fasi di flessione. Ma ha determinato
un salutare allarme collettivo. Si tratta ora di
vedere se il corpo sociale coglierà la sfida, se
si produrrà una reazione vitale per recuperare
la spinta in avanti, sebbene siano in agguato
le «italiche tentazioni alla rimozione dei
fenomeni, alla derubricazione degli eventi,
all’indulgente e rassicurante conferma della
solidità di fondo del sistema».
Non basta una reazione puramente
adattiva. Rispetto a una crisi che ci segna
in profondità, sarebbe deleterio adagiarsi
sulla speranza che tutto si risolverà nella
dinamica della lunga durata, grazie alle
furbizie adattive che ci contraddistinguono
I
da decenni e secoli. Rischieremmo che «la
lunga durata diventi luogo del rattrappimento e della rinuncia ad un ulteriore sviluppo».
Rischieremmo: l’appiattimento su parole
d’ordine non più universalmente condivise
(il mercato, l’occidentalizzazione, la globalizzazione, l’Europa allargata); di continuare
a vivere individualisticamente; l’acutizzarsi
di un disagio sociale legato all’esaurimento
delle sicurezze di base garantite da un welfare oggi in crisi e dalle attuali prospettive o
paure di impoverimento; gli effetti ulteriori
degli squilibri antichi della nostra società
(il sottosviluppo meridionale, l’inefficienza
dell’amministrazione pubblica, il drammatico potere della criminalità organizzata). Rischieremmo forse un collasso per implosione
su noi stessi, per cui non possiamo lasciar
cadere la sfida, l’allarme, la paura che la
contingenza attuale ci propone.
Verso una seconda metamorfosi. Le difficoltà che abbiamo di fronte possono avviare
processi di complesso cambiamento. Attraverso un adattamento innovativo (exaptation,
per usare un termine mutuato dalla biologia),
cioè non automatico ma reso vitale e incisivo
da fattori esogeni e leve di trasformazione,
possiamo spingerci verso una seconda metamorfosi (dopo quella degli anni fra il ‘45 e il
‘75) che forse è già silenziosamente in marcia.
La nostra seconda metamorfosi sarà il risultato della combinazione dei «caratteri antichi
della società» con i processi che fanno da
induttori di cambiamento. Tra questi vi sono:
la presenza e il ruolo degli immigrati, con la
loro vitalità demografica e la moltiplicazione
emulativa di spiriti imprenditoriali; l’azione
delle minoranze vitali già indicate lo scorso
anno, specialmente dei player nell’economia
internazionale; la crescita ulteriore della
componente competitiva del territorio (dopo
e oltre i distretti e i borghi, con le nuove mega
conurbazioni urbane); la propensione a una
temperata gestione dei consumi e dei comportamenti; il passaggio dall’economia mista
pubblico-privata a un insieme oligarchico di
soggetti economici (fondazioni, gruppi bancari, utilities); l’innovazione degli orientamenti
geopolitici, con la minore dominanza occidentale e la crescente attenzione verso le direttrici
orientali e meridionali.
Mercato largo, economia aperta, policentrismo decisionale. Le classi dirigenti
(non solo quella politica) tendono invece ad
automatismi di segno opposto: accorciano i
raggi delle decisioni, le riservano a sfere di
responsabilità molto ristrette, le rattrappiscono
al breve termine, se non addirittura al presente.
«In poche stanze si possono prendere provvedimenti e iniziative planetarie, ma poi la realtà
segue opzioni, comportamenti, paure di tipo
diffuso, su cui sarebbe deleterio avviare una
rincorsa punto per punto (una Cig qua, una
rottamazione là) che non riuscirà mai a far
recuperare una dinamica fatta da tanti soggetti,
l’unica dimensione di cui abbiamo bisogno
per uscire collettivamente dalla crisi». Per la
società italiana resta l’imperativo: «mercato
largo, economia aperta, policentrismo decisionale».
Da immigrati a nuovi italiani. Uno dei
tratti principali della «seconda metamorfosi»
italiana è costituito dalla presenza numerosa e
attiva di nuovi cittadini che, pur nella diversità
di provenienze, culture e linguaggi, hanno
assunto ruoli, comportamenti e percorsi di
vita non dissimili da quelli degli italiani. Solo
vent’anni fa gli stranieri residenti erano appena
lo 0,8% della popolazione, nel 1998 erano 1
milione di persone, mentre oggi sono ben 3,4
milioni. Ci avviamo a raggiungere la soglia
del 6% della popolazione complessiva, ma
nel Centro-Nord siamo già oltre: a Milano,
ad esempio, a più del 13%, a Torino e Firenze
al 9%. Si affermano modalità di integrazione
tipiche del nostro modello di sviluppo: nella
dimensione familiare e in quella micro-imprenditoriale.
Oggi sono 1.367.000 le famiglie con
capofamiglia straniero (il 5,6% del totale);
aumentano i matrimoni con almeno uno sposo
straniero (oltre 34.000, pari al 14% del totale); cresce il numero delle nascite di figli di
stranieri (64.000, l’11,4% del totale dei nati
in Italia, erano 33.000 nel 2003); la fecondità
delle donne straniere (2,50 figli per donna) è
doppia di quella delle italiane (1,26) e si attesta
su valori simili a quelli dell’Italia del baby
boom. Il numero di alunni stranieri presenti
nelle scuole cresce al ritmo di 60/70.000 l’anno; appena dieci anni fa erano circa 60.000 (lo
0,7% del totale), oggi sono più di 500.000 (il
5,6% del totale, che sale al 6,8% nella scuola
primaria). Nel 2007 le micro-imprese gestite
da immigrati hanno raggiunto le 225.408 unità,
con 37.531 imprese di extra-comunitari avviate nel corso dell’anno (+8% rispetto all’anno
prima).
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Bimestre ricco di appuntamenti
PALLADIO A 500 ANNI DALLA NASCITA
on una conferenza stampa presso
le ferrotramvie FTV il 30 settembre è stata comunicata pubblicamente la collaborazione tra il Centro internazionale di studi di architettura Andrea
Palladio (CISA), le FTV e la Fondazione
Università adulti/anziani. Con l’accordo
esteso poi all’Istituto regionale Ville venete e alla Provincia di Vicenza, è stata
data la possibilità a tutti gli iscritti delle
Università adulti/anziani della provincia
di visitare la mostra “Palladio 500 anni”,
allestita a Palazzo Barbaran Da Porto, a
cura del CISA e della Royal Academy of
Arts. Il trasferimento a Vicenza, curato
per lo più dalle FTV in orari “fluidi”, ha
permesso ad oltre 1.200 persone di visitare
la mostra e di completare la conoscenza
dell’architetto, del tempo e delle opere,
con percorsi guidati alle ville dei dintorni,
alla Rotonda, al Teatro Olimpico, a villa
Pojana, secondo gli studi condotti nelle
singole sedi, prossimamente conclusi con
lo studio della monografia di Giacomo
Zanella La vita di Palladio, ristampata dall’Amministrazione provinciale di Vicenza
e l’esposizione fotografica sul “genio di
Palladio”, dove 31 corsisti presenteranno
95 scatti di “autore”.
La mostra ha entusiasmato tutti e ripaga il
consistente sforzo organizzativo e la disponi-
C
bilità offerta dalle guide.
I residenti a Vicenza, mortificati per
la Basilica “impacchettata” a causa dei
lavori, invitano i corsisti delle Università
a vedere “Palladio infinito”. Da un mese
e mezzo piazza dei Signori ha qualcosa di
diverso. Su un lato della Basilica, sopra
le impalcature del cantiere che restituirà
alla città il suo gioiello monumentale, c’è
un grande schermo. Ogni sera, alle 18, lo
schermo si accende, e la piazza entra in
una dimensione diversa. Le immagini e
le musiche di “Palladio infinito”, l’originale video-installazione voluta dall’Amministrazione comunale per celebrare
il cinquecentenario palladiano e curata
dall’artista vicentino Roberto Dal Bosco,
portano una luce nuova al cuore della
città. Non come i “son et lumière” dei Castelli della Loira o dei templi egizi, dove
la gente entra ad un certo orario, assiste
alla rappresentazione, esce. A Vicenza
l’Amministrazione comunale ha voluto
catturare l’attenzione di chi attraversa la
piazza, un’attenzione di solito fuggevole,
portando i passanti a fermarsi per qualche
minuto, o anche solo un momento, e dare
uno sguardo inusuale alla propria città.
Ma la vera particolarità di quest’opera
sta nel suo essere viva, non chiusa in un
museo o in una sala, ma calata nella città,
accessibile a chiunque. “Palladio infinito”
restituisce alla città una dimensione contemplativa, una dimensione che nella frenesia contemporanea si smarrisce sempre
più. Addirittura, è la città che contempla
se stessa, rileggendosi attraverso un’idea
provocatoria e insieme carica di rispetto
e amore: Vicenza come palcoscenico e
incarnazione del mistero di Palladio. È
proprio questa l’idea più forte dell’autore,
che l’arte del grande architetto abbia dato
alla città, grazie all’armonia delle sue
realizzazioni, una dimensione per certi
aspetti mistica, spirituale, che l’abbia
trasformata in un manifesto di pietra del
bello architettonico. È l’idea che si vuole
dare in questi anni per rilanciare Vicenza
come dice il sindaco Achille Variati.
Le foto riprendono due corsiste alla mostra; la conferenza stampa con mons. Dal Ferro, l’assessore provinciale Secco, l’on. Sartori presidente CISA
e il presidente FTV Baruchello; i mezzi delle Ferrotranvie che hanno assicurato i trasferimenti e gli universitari di Malo e Longare.
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Soggiorno e viaggi studio
CAMISANO A S.MARIA DI LEUCA
iamo stati in Puglia, località Torre
Pali, in un soggiorno di una settimana
trascorso in compagnia. Sul volto di
ognuno c’è un velo di malinconia: l’euforia del
giorno della partenza si è affievolita; si ritorna
a casa, lasciando dietro a noi il ricordo dei bei
momenti trascorsi insieme.
Eravamo un bel gruppo di 54 persone.
Nonostante le diversità di ognuno sapevamo
ammirare, a gustare con lo stesso sguardo
quanto di bello offriva la natura: l’azzurro
del cielo, la trasparenza del mare, il chiarore
dell’alba, il rosso del tramonto, la nobiltà
degli ulivi, l’aggressività dei fichi d’india, la
semplicità della gente. Le nostre riunioni serali
al “chiosco dei pini” nella spiaggia, messo a
disposizione per noi dall’albergatore, erano
dedicate ad ascoltare la musica, a ballare, a
raccontare storielle, a commentare le visite
culturali: seduti in cerchio ci guardavamo in
viso, sempre pronti al sorriso. Ciò che ha contribuito ad arricchire questo soggiorno sono
state le uscite programmate per le visite che
ci hanno permesso di conoscere quella terra.
S
Ricordo la visita ai frantoi: quello moderno ad
Andrano, quello in pietra a Ruggiano ed infine
quelli ipogei a Presicce. Ricca di particolari
è stata pure la giornata programmata per la
visita guidata alla città fortificata di Otranto,
in particolare alla sua basilica.
La giornata trascorsa nell’agriturismo
“Gli Ulivi” è stata particolarmente rilassante:
i laboratori di pasta, la lavorazione dei cesti,
la passeggiata al mare, nella scogliera a raccogliere il finocchietto marino, il pranzo e la
cena con prodotti locali all’aperto, hanno fatto
gustare una realtà completamente diversa dalla
nostra, il tutto accompagnato dal suono di un
mandolino (...).
Certamente questa vacanza ha consolidato
la nostra amicizia, cresciuta all’interno dell’Università, ha radicato come il delizioso e
profumato finocchietto marino che abbiamo
raccolto nelle fenditure della roccia, che cresce forte e spontaneo e non teme l’arsura del
sole; e dopo averlo gustato, ci lascia in bocca
un dolce sapore.
FESTA DEI GIUBILEI
Si è celebrata a Monte Berico, mercoledì 24 settembre, la festa dei Giubilei.
Dopo la solenne messa in Basilica e la
tradizionale cioccolata al “Pellegrino”, il
tempo clemente ci ha permesso un momento di svago animato dai colleghi di
Camisano Vicentino. Sono stati celebrati
così i Giubilei delle Università di Valdagno, Marostica e Vicenza. Queste sedi
non avevano potuto ricevere la medaglia
d’argento per i vent’anni di attività perché
la festa dei Giubilei (quindici e vent’anni
di attività) ha avuto inizio soltanto nel
2007. E’ stata pure consegnata una pergamena per i dieci anni dell’Università di
Dueville che ospiterà la prossima giornata
interUniversità. Le sedi festeggiate si sono
presentate attraverso un simpatico sketch
e testimonianze.
MARTA STIMAMIGLIO
INNO DELL’UNIVERSITÀ
SCHIO A ROMA
NOVENTA A FERRARA
li universitari di Schio hanno partecipato a due viaggi studio di più
giorni. Il primo appuntamento ad
aprile all’Isola d’Elba, il secondo ad ottobre
nella scoperta di Roma.
li universitari di Noventa Vicentina, nonostante la pioggia battente,
hanno scoperto la città estense con
le sue meraviglie medievali e rinascimentali,
ancora intatte.
G
G
Molte Università in questi anni si sono
date un inno proprio, a volte assumendo
melodie già note con parole nuove. Perché
non elaborare un vero e proprio inno delle
Università adulti/anziani del vicentino?
Inno è una composizione in versi di
celebrazione, di esultanza, di plauso, di
elogio che intende esaltare un avvenimento o un ideale. Proprio dell’antica
melica greca, è passato alla cultura latina
attraverso l’età alessandrina trattando temi
mitologici o filosofici. Fatto proprio dalla
liturgia cattolica, l’inno celebra anche
eventi storici e diventa sinonimo della
nazione nelle cerimonie solenni.
Proponiamo alle Università che lo credono di darsi quest’anno un proprio inno,
possibilmente con parole e musiche originali. Nell’anno successivo sceglieremo
l’inno originale migliore, nella musica e
nel testo, e di esso faremo l’inno ufficiale.
Ogni Università avrà così il proprio inno
e tutte quello comune da utilizzare nei
raduni interuniversità.
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Concorso letterario
L’ABBIGLIAMENTO DI IERI IN MOSTRA
INCONTRO
CON UNO SCONOSCIUTO I
l concorso letterario tra i corsisti
delle Università del Vicentino,
nono della serie, ha avuto la partecipazione di 60 iscritti che hanno espresso,
in forma di racconto, i propri ricordi riferiti
al tema generale. Si è concluso presso la
Banca Popolare di Vicenza. Larga la partecipazione dei corsisti delle varie sedi,
accompagnati dai coordinatori. Tutti sono
rimasti molto soddisfatti della relazione
introduttiva del prof. Giuseppe Milan su
“L’altro: nemico o fratello?”, presente nella
pubblicazione che raccoglie gli elaborati
migliori.
I
l requisito principale dei vestiti era
che durassero a lungo; erano neri per
le donne, di colori tenui per le più
giovani, ma quanti vestiti “buoni”, bianchi e di
colori vivaci si sono visti nelle esposizioni delle nostre Università! A conclusione dell’anno
erano esposti a Costabissara, Longare, Lonigo
e Breganze. A Torri di Quartesolo e Noventa
Vicentina la mostra ha concluso un convegno
tematico sulla ricerca dello scorso anno. Quelli
di ieri, presenti ancora nei cassettoni e nei bauli
delle nostre case, sono testimonianza di un
passato dove la vita di relazione e l’autentica
identità erano pregnanti.
Esposizioni di Longare e Torri di Quartesolo.
Tavolo dei relatori
Pubblico presente
L’AGRIFOGLIO
Pungitopo maggiore, pungisorci, pizzica topo, leccio spinoso, colostri, alloro spinoso.
Fam. Aquifoliacee. Ilex è il nome latino del leccio, le cui foglie sono simili a quelle
dell’agrifoglio. L’appellativo specifico, aquifolium, derivato anch’esso dal latino, vuoI dire
«a foglie acute» (spinose).
I premiati
La pubblicazione
raccoglie
i racconti
premiati
e segnalati
Uso medicinale e curiosità
Agrifoglio (Ilex aquifolium L.), vischio (Viscum album) e pungitopo (Ruscus aculeatus)
sono le tre piante tipiche del periodo natalizio, e compaiono sovente nelle decorazioni e
nelle composizioni floreali: tutte e tre, però, hanno anche virtù curative. L’agrifoglio, di cui
si impiegano le foglie e la corteccia, serve a combattere la bronchite, la diarrea e la febbre.
Nell’uso popolare, invece, i frutti erano usati come lassativo ma, ingeriti in grande quantità,
possono causare infiammazioni gastrointestinali mortali: è dunque meglio non mangiarne
mai. L’uso dell’agrifoglio (ma anche dell’edera) come decorazione natalizia si ricollega
all’antichissima superstizione secondo la quale, negli ultimi giorni dell’anno, folletti e altri
spiriti diventassero particolarmente pericolosi. Per tenerli lontani dalle case, allora, era sufficiente ornare di piante «scacciadiavoli» le porte e le canne dei camini. L’agrifoglio può
vivere fino a 300 anni, ed è impiegato sovente per formare siepi impenetrabili che sopportano
benissimo la potatura. Il suo legno è di color avorio, molto duro, e serve per lavori al tornio,
attrezzi e parti di macchine. Il genere Ilex conta circa 440 specie, che vivono per la maggior
parte nelle regioni tropicali dell’Asia e delle Americhe.