Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di

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Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di
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bollettino bimestrale
RIVISTA BIMESTRALE DI INFORMAZIONE MEDICA
anno XXV
numero 1-2
gennaio - aprile
2010
Poste Italiane S.p.A.
Spedizione in Abbonamento
Postale D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1 co. 1, DCB Trieste
Ordine
dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri
della Provincia di Trieste
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GLI EVENTI PATROCINATI DALL’ORDINE
IL VARIOPINTO PANORAMA DEI RECETTORI SENSITIVI DELLA MANO
Oratore Paolo FUSAROLI
Sala riunioni dell’Ordine, piazza Goldoni 10 - Trieste, 5 maggio 2010, ore 11,00
Conferenza organizzata dal Cenacolo Medico Triestino
MEDICINA, AMBIENTE, SALUTE: INQUINAMENTO E DANNO DA STRESS OSSIDATIVO.
DALLA SOFFERENZA CELLULARE ALL’IPOSSIA
Sala Conferenze MIB School of Management, Trieste, 8 maggio 2010 - ore 09.00
Responsabile scientifico: Roberto Cocchi
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Smile Tech srl, via Valdirivo 19, 34136 Trieste
ECM: no - Termine iscrizione: ad esaurimento posti
ORAL CANCER DAY 2010
Trieste, 15 maggio 2010 - Via S. Lazzaro angolo Via delle Torri (Gazebo per attività informativa)
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: ANDI Trieste, tel/fax: 040 7600190, Via S. Lazzaro 2, 34122 Trieste
LA GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE BARIATRICO
Trieste, 21-22 maggio 2010 - Hotel Maximilian Riviera
Organizzatori: Società Italiana dell’Obesità – Sezione Veneto - Friuli Venezia Giulia – Trentino Alto-Adige
Responsabili scientifici: Rocco Barazzoni e Luca Busetto
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Key Congress & Communication, via Makallé 75, 35138 Padova
Tel. 049-8729511; Fax 049-8729512; [email protected]; www.keycongress.com
ECM: punteggio richiesto - Termine iscrizione: ad esaurimento posti
MEETING ON LAPAROSCOPIC SURGERY
Sala Tergeste, Savoia Excelsior Palace, Riva del Mandracchio 4 - Trieste, 21 maggio 2010
Responsabile scientifico: Ezio Baraggino
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Quickline Traduzioni e Congressi S.a.S., via Santa Caterina 3, Trieste;
ECM: punteggio richiesto per Medici (Ginecologia ed Ostetricia) ed Infermieri - Termine iscrizione: non previsto
ARISTOFANE, CRITICO NON SOSPETTO DELLA MEDICINA TEURGICA
Oratore Claudio BEVILACQUA
Sala riunioni dell’Ordine, piazza Goldoni 10, Trieste - 9 giugno 2010, ore 11,00
Conferenza organizzata dal Cenacolo Medico Triestino
6° CONGRESSO ANNUALE S.I.G.L.A.
Centro Congressi Stazione Marittima - Trieste, 24-26 giugno 2010
Responsabile scientifico: Giuseppe Ravalico
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Jaka Congressi, via della Balduina 88, 000136 Roma;
ECM: punteggio richiesto - Termine iscrizione: 30 maggio 2010
INCONTRI IN CARDIOLOGIA 2010 SCOMPENSO CARDIACO E CARDIOMIOPATIE
Centro Congressi Stazione Marittima - Trieste, 8-9 ottobre 2010
Responsabili scientifici: Gianfranco Sinagra e Andrea Di Lenarda
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Key Congressi SrL, piazza della Borsa 7, 34121 Trieste
Tel. 040-660352/362727; Fax 040-660353; [email protected]; www.keycongressi.it
ECM: punteggio richiesto - Termine iscrizione: 17 settembre 2010
ANNUAL MEETING OF THE ACADEMY OF DENTAL MATERIALS
Savoia Excelsior Palace - Trieste, 7-9 ottobre 2010
Organizzatori: Società Italiana dell’Obesità - Sezione Veneto - Friuli Venezia Giulia – Trentino Alto-Adige
Responsabile scientifico: Lorenzo Breschi
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: Key Congressi SrL, piazza della Borsa 7, 34121 Trieste
Tel. 040-660352/362727; Fax 040-660353; [email protected]; www.keycongressi.it
ECM: punteggio richiesto - Termine iscrizione: pre-iscrizioni entro 10 settembre 2010
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bollettino bimestrale
anno XXV
numero 1-2
gennaio - aprile 2010
in questo numero...
Consiglio Direttivo
Presidente Claudio Pandullo
Vicepresidente Dino Trento
Segretario Ronald Tramarin
Tesoriere Andrea Vuga
Consiglieri Roberto Adovasio, Mario Balestra,
Biagio Borea, Fabrizio Briganti Piccoli, Gaetano
Castronovo (Odont.), Gabriella Clarich, Paolo
Gustini, Giorgio Longo, Mauro Melato, Euro
Ponte, Denis Pregarc (Odont.), Cosimo Quaranta,
Maurizio Spedicati
Revisori dei Conti Tiziana Cimolino (Presidente), Rinaldo Rolli. Fabio Ranieri, Laura Ukovich
(Supplente)
Commissione Odontoiatri Diego Paschina
(Presidente), Gaetano Castronovo, Antonella
Bonivento, Claudia Busecchian, Denis Pregarc
6
L’ARTICOLO DEL PRESIDENTE
8
ARTICOLO DEL PRESIDENTE CAO
9
LA VOCE DEI CONSIGLIERI
12
NOTIZIE DALLA FACOLTÀ MEDICA
14
DALLA AOU
15
DALLA COMMISSIONE MEDICINE NON
CONVENZIONALI
16
DALLA ASS 1
20
DALLA STAMPA INTERNAZIONALE
22
DAI COLLEGHI
25
RUBRICA DI BIOETICA
28
ED INFINE UN PO’ DELLA NOSTRA STORIA
29
DALLA ASSOCIAZIONE MOGLI MEDICI
ITALIANI (AMMI)
30
RUBRICA SINDACALE
Direttore Responsabile Mauro Melato
Videoimpaginazione e Pubblicità
Quickline sas
Via S. Caterina da Siena 3, 34122 Trieste
Autorizzazione del Tribunale
di Trieste n. 675
Registrazione del 24/07/1985
Stampa a cura di F&G Prontostampa - Trieste
Finito di stampare il 04/06/2010
Pubblicità inferiore
Direzione e Redazione del Bollettino
Piazza Goldoni, 10 - 34122 Trieste
tel 040636856 fax 040368998
e-mail: [email protected]
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34123 TRIESTE via Locchi, 19/A
p.i. 01172760322 - REA TS 130136 - RUI n.E000328187
tel. 040 312400 (5 linee) fax 040 312535 e-mail [email protected]
orario: da lunedì a giovedì 08.30/13.00 e 15.00/18.00 - venerdì no stop 08.30/18.00
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aumenta di anno un anno in occasione del singolo rinnovo
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Estensione all’attività accessoria di medico legale
RC dell’operatore sanitario NON medico
Tutela legale del medico
RC degli amministratori di società (D&O)
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intesi come personale dello Stato, Regioni, Provincie, Comuni, Comunità Montane, Aziende Speciali, Consorzi Pubblici, Istituti Scolastici,
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è soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti
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Lettere...
Lettere e brevi articoli di interesse ordinistico provinciale
vanno inviati in formato cartaceo a
OMCeO-TS
P.zza Goldoni 10 - 34122
Trieste
all’attenzione del
Direttore Mauro Melato
o, preferibilmente, in formato
elettronico
al seguente indirizzo:
[email protected]
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PRESENTAZIONE
Il primo numero del 2010, doppio, del nostro
Bollettino cambia colore di copertina ma non
l’impostazione editoriale che continua a puntare sulla più vasta comunicazione tra colleghi,
sia si tratti di argomenti tecnici, che di informazioni su eventi formativi, congressi, altre attività inerenti l’esercizio della professione, che di
lettere tese ad aprire momenti di dialogo e dibattito.
Per una professione che mantiene un ruolo
centrale nell’intera Società civile, d’altra parte, il
confronto critico intra - ed extracategoriale è
assolutamente necessario per affrontare preparati i mutamenti, spesso epocali, del mondo
che ci circonda ed in cui meccanismi comunicativi, visioni sociali ed il concetto stesso di cultura, anche tecnica, sono in attiva evoluzione.
Si tratta, infatti, di mutamenti fortemente incidenti sulla nostra professione, tanto nella fase formativa che in quella lavorativa, cui non
possiamo sottrarci dato che regolano la preparazione tecnico-professionale degli studenti, le
condizioni economico-lavorative di tutti noi e,
in ultima analisi, la gratificazione derivante dall’esercizio di una professione sempre più difficile ma ancora fonte di impareggiabili soddisfazioni.
Con tale premessa, il Bollettino continuerà
quindi ad indirizzare, lettori ed autori, per quanto riguarda gli articoli tecnico-scientifici all’infinita serie di riviste specialistiche esistenti e, per
quanto riguarda i comunicati ordinistici della
Federazione nazionale, al relativo sito web o al
nostro che, fa piacere ricordare, rappresenta
per tutti gli iscritti un’ulteriore opportunità di
conoscenza e comunicazione.
Buona lettura a tutti!
Mauro Melato
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L’ARTICOLO DEL PRESIDENTE ...
Il futuro della Professione
Carissime Colleghe, Carissimi Colleghi
mi rendo conto che il titolo del mio editoriale è
quanto mai impegnativo, è tuttavia innegabile che la
nostra Professione sta vivendo anni di profonda difficoltà. Di seguito vi propongo alcune mie riflessioni
su punti che reputo cruciali.
La futura carenza di medici
L’accesso alla facoltà di Medicina e Chirurgia è a
numero chiuso con test di ingresso come nella maggior parte degli stati europei, con esclusione della
Francia. Considerando che il livello di abbandono
dopo il primo anno si attesta poco sotto al 30%
(28.6% per l’esattezza) sorge spontanea l’osservazione che il con test di ingresso così come è strutturato in Italia, non è in grado di discriminare gli studenti effettivamente idonei, considerando che appunto poco più di 2/3 prosegue dopo il primo anno.
Tra il 2015 e il 2025, si assisterà ad una forte ondata di pensionamento tra i camici bianchi. Alcune
specializzazioni, come rianimazione, radiologia e
anatomia patologica sono quelle più ‘scoperte’ dove
mancano forze nuove. La politica del numero chiuso,
secondo molti, non favorirebbe un reale ricambio
generazione.
La carenza di “camici bianchi” è un problema che
la Federazione Nazionale degli Ordini ha già da tempo sollevato. La generazioni dei 50 enni andranno in
pensione proprio in questo periodo e ricordiamo che
l’età media dei medici del Servizio Nazionale era nel
2002 di 45 anni e sarà nel 2015 di 51 anni. I conti
sono presto fatti: mancheranno all’appello più di
43.000 medici nel 2025 secondo le previsioni più ottimistiche, i pessimisti parlano di 60.000 medici in
meno.
Se queste date possono sembrare lontane nel
tempo i dati della Federazione Nazionale ci fatto
comprendere come siamo già in una situazione critica. Dal 2002 al 2007 in Italia abbiamo avuto il dimezzamento dei numero di medici: siamo passati
da 616/100.000 abitanti a 363/100.000. Rispetto alla media europea siamo al di sotto del Belgio
(400/100.000) e dell’ Austria (370/100.000). Superiamo, è vero, la Romania e la Polonia
(220/100.000).
Un problema analogo l’ha già vissuto, e lo sta vi6
vendo il Regno Unito dove il National Health è andato a reclutare medici in tutta Europa e poi, avendone trovati pochi, in tutto il mondo. Lo stanno vivendo repubbliche a noi vicine quali la Slovenia che
da 5 anni è a corto di medici di medicina generale ed
ha interpellato la Regione confinante, il Friuli Venezia Giulia, offrendo condizioni vantaggiose ai medici che volevano trasferirsi e lavorare li.
Il problema è grave considerando che l’attuale ordinamento del sistema sanitario nazionale prevede
per l’accesso ai concorsi anche la specializzazione
nella materia.
La durata di un corso di specializzazione va dai 3 ai
5 anni, 3 per la medicina generale, 5 per le altre
specializzazioni, quindi un medico può essere assunto dopo 8-11 anni di studio. Da qui l’osservazione che anche abolendo il numero chiuso non sarà
possibile nel breve periodo far fronte alla carenza di
medici.
Il sistema del numero chiuso ha sicuramente dei
difetti, tuttavia è anche vero che bisogno attuare
una selezione. È a questo punto necessario un forte atto di programmazione dell’accesso alla Facoltà
di Medicina che tenga presente delle esigenze dettare appunto dal ricambio generazionale.
La formazione post laurea
Nella nostra Regione stiamo inoltre assistendo alla chiusura di molte scuole di specializzazione, trasferendo gli insegnamenti ad altre Università, Padova ad esempio, questo nonostante il coraggioso atto delle due Facoltà di Medicina di trovare un accordo su percorsi specialistici da gestire in comune.
Questo atto di “razionalizzazione” oltre a impoverire
l’offerta formativa locale e regionale, creerà nell’immediato un carenza di specialisti e quindi di rincalzi,
privando inoltre i reparti di forza lavoro.
Tutti sappiamo che attualmente molta attività assistenziale e la routine quotidiana è affidata proprio
agli specializzandi, di conseguenza molte strutture si
troveranno a dover fare in conti con organici funzionalmente insufficienti. Questo va contro la politica della riduzione al minimo delle giornate di degenza.
Quali le soluzioni? Essenzialmente attuare una
programmazione puntuale per garantire il turn over
degli specialisti necessari per il Servizio Sanitario
Nazionale ma anche per i Servizi sanitari regionali
tenendo conto dei pensionamenti, dei carichi di la-
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voro, delle esigenze future e della carenza cronica di
alcune specialisti quali gli anestesisti/rianimatori e di
radiologi.
Solo con una programmazione a lungo termine è
possibile far fronte alle esigenze specialistiche della
sanità. Purtroppo la programmazione sanitaria attuale pare mirare unicamente al contenimento della spesa evitando ogni forma di progettualità a medio e lungo termine.
liberi di avvalersi dei servizi di altri gestori, vi ricordo, unicamente di comunicare il vostro indirizzo PEC alla Segreteria dell’Ordine.
Claudio Pandullo
Non credo di essere lontano dal vero prevedendo
che come sempre i futuri ed inevitabili disagi che
verranno attribuiti alla classe medica.
Claudio Pandullo
Ed ancora due comunicati
Carissime Colleghe e Stimatissimi Colleghi,
come ricorderete la legge 2/2009 prevede che:
• i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il
proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC)
• le comunicazioni tra Pubblica Amministrazione ed i professionisti possono avvenire attraverso la posta elettronica certificata senza che il destinatario debba dichiarare la
propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo
• viene delegato agli ordini l'obbligo di controllare il rispetto della normativa da parte dei loro iscritti
L’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri per facilitare agli iscritti il rispetto della normativa ha stipulato una
convenzione con il provider Aruba, ritenendolo il più affidabile e conveniente. Il costo della PEC fornita da Aruba
è di 3.50 € più IVA.
E’ possibile accedere ed attivare la PEC cliccando sull’apposito riquadro presente a destra sulla home page del
sito dell’Ordine (omceotrieste.it): attiva posta elettronica
certificata @pec.omceotrieste.it. Da qui è sufficiente inserire il numero di iscrizione all’Ordine e nella successiva
schermata cliccare sul link che vi farà accedere al sito di
Aruba per la registrazione. Recuperare quindi il codice di
accesso, che viene cambiato periodicamente.
Stimatissime Colleghe, Stimatissimi Colleghi,
Come voi Tutti sapete, la sede dell’Ordine di Piazza Goldoni, 10, è di nostra proprietà grazie all’acquisto deliberato più di 20 anni orsono nell’intento di dotarci di
ambienti idonei allo svolgimento delle attività istituzionali
in atto e allo sviluppo di nuove.
Nel corso degli anni, la normativa in materia di adeguamenti strutturali, con particolare riferimento all’antinfortunistica, alle barriere architettoniche e all’antincendio,
è divenuta sempre più complessa e rende pertanto necessario un adeguamento della sede. Per queste incombenze l’Ordine deve provvedere con il suo bilancio perché
gli Ordini, seppur enti pubblici non economici sussidiari
dello Stato, sono tenuti alla gestione e al finanziamento
autonomi.
Pertanto il Consiglio Direttivo in data 10 maggio u.s,
preso atto della spesa preventivata e calcolata la sopportazione della medesima a carico di ogni iscritto, ha deliberato all’unanimità di integrare la quota di iscrizione
2010 con una quota, una tantum, di € 25,00 che dovrà
essere versata entro il 30 giugno 2010 secondo le modalità indicate nella lettera che a breve riceverete.
Il progetto di adeguamento della nostra sede ed il quadro economico sono visionabili presso la segreteria.
Certi del Vostro puntuale adempimento, Vi auguro buon
lavoro e Vi porgo cordiali saluti.
IL PRESIDENTE
Dott. Claudio Pandullo
Il codice di accesso consente di acquistare caselle pec
sul sito gigapec.it usufruendo della convenzione con
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
di Trieste.
Per ottenere i prezzi speciali riservati a questa convenzione è necessario inserire questo codice nella prima pagina del modulo di richiesta caselle e selezionare la convezione pec.omceotrieste.it. Gli iscritti sono ovviamente
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... E L’ARTICOLO DEL PRESIDENTE CAO
Art. 6 comma 9 – quater 1 bis
del decreto cosi detto “mille proroghe”
… “fino al coordinamento legislativo delle norme vigenti
in materia di esercizio della professione odontoiatrica, la
sanzione di cui al comma 1 non si applica ai medici che
abbiano consentito ai laureati in medicina e chirurgia, in
possesso dell’abilitazione professionale, l’esercizio dell’odontoiatria anche prima formale iscrizione all’albo degli
odontoiatri.”
Un puntuale ed utilissimo intervento su un problema
che attanagliava la classe odontoiatrica tutta e che con
lungimiranza encomiabile un senatore, agronomo e
quindi attento ai problemi sanitari, ha voluto sanare!!
Tutti i molteplici medici condannati da qualche Ordine “
cattivo” per prestanomismo nei confronti di medici non
iscritti all’Albo tirano un sospiro di sollievo. Scherzi a
parte, se non fosse più umiliante per chi lo ha proposto
(in senso lato) che per chi lo subisce ci sarebbe da arrabbiarsi. Ma così va il mondo, da anni tutta la categoria
richiede ed aspetta regole serie ma nessuno se ne fa carico, per altre necessità si trova rapidamente il volonteroso di turno.
fuoco molto basso gli asparagi. Nel frattempo, intanto che avete gettato la pasta (io me la faccio,
ma potete usare anche quella del supermercato),
sbattete con una forchetta un tuorlo e due uova
intere (per 2 persone) se siete amanti dell’originale (fin quando un comma specifico proposto da
un ingegnere elettronico non lo vieterà) usate
uova di quaglia (almeno 3 a persona), con parmigiano reggiano, sale e pepe nero a piacere. Scolate la pasta e saltatela nella padella a cui avete
aggiunto il guanciale. A fuoco spento aggiungete
le uova sbattute amalgamando con cura.
La pasta, data la mia carica, cotta al dente.
Buon appetito!
In attesa che tempi migliori mi ispirino a scritti più corposi , rimango in attesa di consigli, solo per la parte gastronomica ovviamente.
Diego Paschina
A questo punto ci siamo chiesti che senso può avere
mettere la propria faccia, che comunque la Commissione
tutta può continuare a vedere nello specchio ogni mattina, arrivando alla considerazione che questa trovata assevera il nostro comportamento. Si fa infatti riferimento
ad una non applicazione, per cui è evidente che il motivo
per sanzionare non è in discussione. Mi permetto però, a
mo’ di personale protesta, di spendere questo spazio per
parlare di arte culinaria. Potrò così trattare argomenti politicamente corretti che non irritano, che mi divertono di
più e che non costringeranno nessuno, al prossimo decreto, di proporre la mancata sanzione per chi non usa il
guanciale nella ricetta degli spaghetti (i bucatini solo a
Roma) alla Amatriciana. Vorrei proporvi le tagliatelle con
gli asparagi selvatici, piatto di stagione:
Procuratevi un mazzetto di asparagi selvatici
possibilmente senza riempirvi di zecche. Se qualcuno di voi ha un amico senatore si può pensare
di sancirne per legge la non pericolosità. In alternativa comprateli. Eliminate la parte più dura, fateli a pezzi, lavateli e sbollentateli brevemente per
due volte. Se vi piace l’amarotico solo una. Prendete una padella in ferro o, in sua assenza, in materiale inaderente. Tagliate a sottili listerelle del
buon guanciale, facendolo andare a fuoco basso
nella padella sin quando la parte grassa non si sia
sciolta e quella magra sia diventata croccante. Togliete scolandoli i pezzi di guanciale e teneteli in
caldo. Nel grasso del guanciale fate insaporire a
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Avviso...
A tutti gli iscritti:
ricordarsi di inviare all’OMCeO-TS
il proprio indirizzo elettronico
grazie!!
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LA VOCE DEI CONSIGLIERI
Il rappresentante della Sanità privata,
il collega Briganti Piccoli
Dal 1982, anno della mia laurea, svolgo l’attività di chirurgo. Ho cominciato come allievo interno presso la I Chirurgica dell’Ospedale Maggiore, diretta dal Primario Nevio
Puhali e, con tale funzione, sono giunto poi all’Istituto di
Semeiotica Chirurgica, diretta dal prof. Piero Pietri. Dal
1984 al 1999 ho lavorato presso l’Istituto di Patologia
Spec. Chirurgica, diretta dal Prof. Alfredo Nemeth, conseguendo in quegli anni le specialità in Chirurgia Vascolare ed in Chirurgia Generale.
Dal 2000 esercito la mia professione presso la Casa di
Cura Salus, fondata nel 1961 dal dott. Ottaviano Danelon,
recentemente scomparso, dove da quest’anno dirigo
l’U.O. di Chirurgia Generale ed il Servizio di Endoscopia
Digestiva. L’attività chirurgica che svolgo assieme ai miei
collaboratori, dott. Luca Calligaris, Tiziana Ciutto e Sandro
Gallucci, è la normale attività di un Reparto di Chirurgia
Generale. Porgo particolare attenzione a tutti quegli interventi che vengono eseguiti in regime di Day Surgery,
tipo le ernioplastiche e le safenectomie. Parallelamente
all’attività chirurgica, svolgo l’endoscopia digestiva.
Tutto il nostro lavoro è improntato alla massima collaborazione con l’A.S.S. 1 “Triestina”, con cui si condividono
le politiche di abbattimento delle liste di attesa e di riduzione delle fughe extra regionali. Le prenotazioni delle
prestazioni ambulatoriali e le liste di attesa vengono infatti gestite dai centri CUP, mentre si collabora con i di-
V IA C RISPI 35
stretti allo scopo di garantire la priorità a pazienti affetti
da patologie particolarmente urgenti, per l’esecuzione di
visite domiciliari e per assicurare ai dimessi dei nostri reparti la continuità terapeutica. E’ così evidente come la
nostra attività professionale corra parallela ed in piena
sintonia con quelli che sono i programmi e gli obiettivi
che l’Azienda Sanitaria Ospedaliera e quella Territoriale
Triestina fissano anno per anno, con una reciproca collaborazione che deve pur sempre rispettare i dettami pubblici e le nostre autonomie aziendali , per l’ottenimento di
una migliore sanità.
Il mio impegno ordinistico è rivolto, come tutti gli altri
colleghi appartenenti a questo nostro Ordine, al controllo
e alla tutela della professione sanitaria e, come rappresentante dell’Ospedalità privata, ho il compito di relazionare con e per le strutture da essa rappresentate quali il
Sanatorio Triestino, la Pineta del Carso e la Casa di Cura
Salus.
Considero oggigiorno importante, nell’economia della
gestione della Salute pubblica della nostra Regione, l’apporto dato dalle nostre strutture aderenti all’A.I.O.P., associazione di categoria diretta a livello regionale dal dott.
Guglielmo Danelon, che rappresenta sul territorio nazionale 600 case di Cura accreditate e 26 centri di Riabilitazione; esse assistono annualmente un milione e mezzo
di pazienti avvalendosi della professionalità di 12.000 medici, 26.000 infermieri e tecnici, 32.000 operatori di supporto e una dotazione di apparecchiature di ultima
generazione
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STUDIO DENTISTICO
IN ALTERNATIVA STUDIO MEDICO
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p.i. 01172760322 - REA 111180 - RUI n.E000328187
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orario: da lunedì a giovedì 08.30/13.00 e 15.00/18.00 - venerdì no stop 08.30/18.00
La Tua agenzia di assicurazioni
DOTT. FABRIZIO BRIGANTI PICCOLI nato a Trieste il 06/05/1956, laureato
presso l’Università degli Studi di Padova il 23/07/1982, specialista in Chirurgia
Generale presso l’Università degli Studi di Trieste e in Chirurgia Vascolare, consigliere dell’Ordine eletto per la prima volta nel 2006
Euro Ponte è andato in pensione
Euro Ponte, stimatissimo consigliere dell’Ordine è andato in pensione e, in occasione dell’ultima riunione del
Consiglio, ha festeggiato questa importante tappa di una
carriera in costante progressione.
Nato a Trieste,
si è laureato in
Medicina e Chirurgia
presso
l'Università di Padova nel 1966.
Dal maggio 1968
al novembre 2009
ha svolto la sua
attività di medico
a Trieste, come
professore universitario
nel
corso integrato di Malattie Cardiovascolari, proseguendo
anche dopo il pensionamento la relativa didattica. Dal
2003 insegna Storia della Medicina nei corsi di laurea in
Medicina e Chirurgia, Odontostomatologia e Ostetricia. Si
è specializzato in Medicina Interna presso l'Università di
Padova ed in Radiologia Diagnostica e Cardiologia a Trieste. E’ stato titolare della Cattedra di Angiologia. E’ stato
vice-presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli
Odontoiatri della Provincia di Trieste. Ha trovato pure la
maniera di conquistare un "suo" spazio nel mondo culturale di Trieste, anche in campo non medico; ha ricoperto
la carica di Presidente del Circolo Culturale "Il Carso" ed
è stato Presidente dell'Associazione fra i Laureati dell'Università di Trieste e Presidente del Rotary Club di Muggia.
10
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Ai Colleghi,
sulla scorta di un'indagine nazionale della FNOMCeO volta a conoscere il numero di iscritti che
esercitano le medicine non convenzionali in ogni provincia.
Ti prego di compilare il sottostante questionario ed inviarlo alla segreteria dell'Ordine a mezzo
posta o fax al numero 040 368 998.
MEDICO CHIRURGO
ODONTOIATRA
MEDICINA/E NON CONVENZIONALE/I ESERCITATA:
AGOPUNTURA
FITOTERAPIA
MEDICINA AYURVEDICA
MEDICINA ANTROPOSOFICA
MEDICINA OMEOPATICA
MEDICINA TRADIZIONALE CINESE
OMOTOSSICOLOGIA
OSTEOPATIA
CHIROPRATICA
ALTRO*
*SPECIFICARE
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NOTIZIE DALLA FACOLTA’ MEDICA
Facoltà di Medicina e Chirurgia:
numero chiuso o numero aperto?
Da qualche tempo, sta trovando sempre più spazio,
nella stampa e, soprattutto, nella rete un dibattito sulla
opportunità o meno di mantenere il numero chiuso per
l’accesso ad alcuni corsi di laurea, con particolare riferimento a Medicina. Questo dibattito, che, negli anni scorsi,
si accendeva in concomitanza con le date di esecuzione
dei test di ammissione, nelle ultime settimane, sembra
allargarsi sempre più. Se si digitano le parole: test di ingresso a Medicina, nel motore di ricerca Google, compaiono più di 2.700.000 citazioni. Esistono, poi, numerosi
blog e siti che portano avanti iniziative di vario genere ma
che, in molti casi, tendono a promuovere il libero accesso
alla facoltà, attualmente a numero chiuso, mediante la
raccolta di firme di personaggi illustri, inclusi premi Nobel,
attraverso la promozione di ricorsi alla Magistratura e la
presentazione di protocolli al Governo (vedi il recente articolo comparso su “La Stampa” il 26 ottobre scorso).
Il dibattito è particolarmente vivace. Ad animarlo sono
due argomenti estremi: da una parte la carenza di Medici,
che si prospetta nel medio-breve termine, dall’altra la cultura, figlia dell’ideologia, dell’università di massa. In
mezzo, si possono facilmente calare i contenuti del recentissimo documento Gelmini – Sacconi sul ruolo dell’Università e della formazione in generale nella
preparazione e nell’inserimento dei giovani nel mondo del
lavoro, nella società italiana, in crisi economica, demografica e di capacità di sviluppo di nuove conoscenze.
In sostanza, nei prossimi anni, la generazione dei laureati negli anni 1975 – 1990, anni del boom di iscrizioni,
senza restrizioni, a Medicina, andrà in pensione, pressoché in blocco. Secondo alcune stime, in un futuro prossimo, in assenza di una efficace programmazione,
potrebbe verificarsi anche in Italia una carenza di medici
e di specialisti. Nell’arco dei prossimi quindici anni, ai tassi
attuali di turnover (ingressi-uscite), gli Ordini dei medici
potrebbero vedere un calo di circa 70 mila iscritti agli Albi.
Tenendo conto di questa prospettiva e degli scandali, con
le successive polemiche, suscitate dalle azioni truffaldine,
messe in atto in alcune sedi, in corso di esecuzione dei
test di ammissione, non sorprende che molte voci si siano
levate e tengano, tutt’ora, desta l’attenzione per proporre
l’abolizione “tout court” del numero chiuso.
Un recente articolo, comparso il 19 ottobre sull’Unità,
prova a sostenere le ragioni della abolizione dei test d’ingresso, richiamando sostanzialmente tre punti: 1) l’alto
costo (per lo studente) della prova, 2) la corsa lungo il
Paese per sostenere i test, in sedi e giorni diversi, 3) l’inadeguatezza dei test ad esplorare la cultura dei ragazzi,
cultura, peraltro, dichiarata del tutto inadeguata, dall’Autore dell’articolo, sulla base della formazione, attualmente
fornita dalla Scuola Media superiore. Non credo, che, qui,
sia necessario spendere molto tempo per dibattere se i 10
12
120 Euro che i ragazzi pagano, per sostenere l’esame (a
Trieste sono 45 gli Euro necessari) rappresentino un alto
costo per le famiglie e un facile introito per gli Atenei. Gli
altri due punti sollevano alcune domande: come mai uno
studente sente il bisogno di partecipare sia al test di ingegneria, sia a quelli di odontoiatria e di psicologia.
Come mai è disposto ad iscriversi ad una qualsiasi Facoltà pur di entrare nell'Università?. Non ha delle preferenze? Delle ambizioni, dei progetti per il suo futuro? Non
si accorge di avere delle attitudini per un tipo di studio
piuttosto che per un altro? E a proposito del punto 3: i
test sono inadeguati perché sono preparati con superficialità o perché sono intrinsecamente incapaci di valutare
le attitudini dei ragazzi ad affrontare il corso di laurea,
prima, e la professione, poi? I test, in realtà, anche se
definiti attitudinali, mirano semplicemente a verificare la
conoscenza dello studente, relativamente ad alcune discipline specifiche e, sicuramente, non sono in grado di
stabilire la reale possibilità di frequentare con profitto il
corso di studi. Sono, dunque, i test semplicemente il
primo scoglio su cui si infrange una debole struttura costruita dalla scuola media superiore? Su queste domande,
probabilmente, ognuno di noi avrebbe una risposta diversa da dare e tutte conterrebbero, almeno, tracce di
verità.
Personalmente, mi limiterò ad alcune riflessioni. Il principio dell’accesso programmato che, annualmente, stabilisce, a livello nazionale, il numero dei medici chirurghi,
penso sia assolutamente condivisibile, almeno per chi,
come me, ha potuto fare la triplice esperienza del percorso formativo selettivo, da studente pre - sessantottino,
e quella, da Docente, dell’Università di massa, prima, e
dell’Università ad accesso regolamentato, poi. In questi
ultimi anni, noi Docenti di Medicina, stiamo assistendo ad
un fenomeno che lascia ben sperare: il progressivo aumento del numero di studenti in regola con gli esami, previsti dal piano degli studi, e del livello dei voti, riportati nel
corso di studio. Nella sessione di laurea autunnale, appena conclusa, si sono laureati 28 ragazzi, moltissimi dei
quali hanno ottenuto la lode, dopo aver totalizzato, somANNO
ACCADEMICO
DOMANDE
PRESENTATE
PRESENTI
ALLA PROVA
N. GRADUATORIA
ULTIMO ISCRITTO
2001/02
302
200
124
2002/03
368
264
128
2003/04
534
392
133
2004/05
555
422
129
2005/06
501
395
128
2006/07
809
530
129
2007/08
714
558
119
2008/09
749
657
120
2009/10
714
648
118
ma
Age
Ris
I no
pro
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mando il voto del curriculum di studi e quello dell’esame
di Laurea, ben più del 110 che è, notoriamente, il voto
massimo conseguibile ed avendo ricevuto, nel corso degli
anni di studio, numerose lodi. Questi risultati potrebbero
dipendere dal perfezionamento della didattica, che, si
cerca, a volte con qualche successo, di migliorare continuamente, ma, credo, dipenda, più probabilmente, in
larga parte, dalla qualità degli studenti, selezionati attraverso il test di ingresso. Se, infatti, guardiamo la tabella
allegata, si vede come la coorte dei ragazzi che si è laureata in questi giorni, provenga dal I anno (2003-04), in
cui la selezione è stata effettuata partendo da una base
larga. Infatti, contrariamente a quanto succedeva in precedenza, da quell’anno accademico, nel corso di Laurea
è entrato 1 candidato su tre. Sempre dalla tabella, si
evince, che negli anni successivi il rapporto aspiranti –
ammessi sia andato aumentando, fino ad arrivare a 5,5/1
degli ultimi due anni. Questa selezione, a mio avviso, giustifica l’alta qualità dei ragazzi che, oggi, frequentano i
corsi di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste.
Qualità e motivazione rendono, verosimilmente, ragione
anche dell’elevata frequenza alle lezioni e, ancor più, ai tirocini pratici.
E’ proprio la necessità di garantire il contatto con il paziente, che rende, ovviamente, indispensabile la, per
quanto dolorosa, selezione. Se la selezione è, dunque,
necessaria, ci possiamo chiedere in che modo sia migliorabile. Tutti, siamo consapevoli dei limiti dei quiz, ma, del
pari, siamo consci che essi costituiscono l’unico modo per
confrontare, contemporaneamente, un numero così elevato di ragazzi, che aspirano ad entrare nel corso di lau-
rea in Medicina (più di 60.000 quest’anno, per 8,000
posti, circa, disponibili, in Italia). Alle inadeguatezze dei
quiz, si potrebbe far fronte, in parte, dando maggior valore, nel computo del punteggio finale, al voto di diploma
di scuola media superiore. Ma, anche questa soluzione risulta insoddisfacente, per la disomogeneità delle commissioni, che giudicano i ragazzi, a fine corso di studi,
della scuola media superiore. Un correttivo, più efficace,
potrebbe essere la graduatoria nazionale degli aspiranti
studenti di Medicina, per evitare il rischio che chi totalizza, diciamo 50 punti, sia in testa in una sede e l’ultimo
in un’altra. La, conseguente, mobilità degli studenti
avrebbe, come ricaduta, qualche svantaggio (distanze
maggiori dalle famiglie ad es.), ma anche i vantaggi di
uno scambio ancora più ampio di esperienze.
C’è un ulteriore punto, delicato e non abbastanza dibattuto: l’accertamento delle attitudini dello studente ad
affrontare il percorso formativo e a praticare la professione medica. Su questo tema, credo, nessuno abbia difficoltà a condividere l’importanza di poter valutare,
preliminarmente, la capacità di lavoro, l’equilibrio psicofisico le motivazioni, che spingono lo studente sulla strada
della professione medica. Rimane il problema di come accertarlo, anche se esperienze in questo senso, per guidare l’ingresso in alcune professioni, nel nostro Paese e
all’estero, non mancano, pur tra luci ed ombre.
Pertanto, in attesa di trovare un sistema di selezione
giusto, accontentiamoci di quello disponibile, adoperandosi per migliorarlo e, soprattutto, perché sia equo.
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DALLA AOU
L’insufficienza renale cronica,
un’emergenza sanitaria da non sottovalutare.
Proposta di piano interaziendale per
la nefrologia, dialisi e trapianto.
L’avanzamento delle conoscenze mediche e quindi della
capacità di diagnosticare e curare le malattie renali non
ha, tuttavia, potuto impedire che il numero dei pazienti
affetti da insufficienza renale cronica (IRC) continui ad
aumentare in tutti i Paesi sviluppati. L’IRC costituisce
ormai un problema di Salute pubblica poiché a livello internazionale si calcola che almeno il 10% della popolazione di età adulta presenti una decurtazione della
funzione renale pari o superiore al 50% del normale.
In diverse Nazioni l’IRC è considerata con grande attenzione ed è divenuta oggetto di specifici programmi di
intervento (come in USA da parte del “Center for Disease
Control and Prevention”) per prevenire la malattia, fronteggiare le frequenti complicanze, ridurre l’elevata mortalità e, se possibile, ridurre i costi ingenti delle cure, che
per la sola dialisi rappresentano tra il 3% e il 5% dell’intera spesa sanitaria.
Mentre per le altre malattie renali l’incidenza si mantiene costante o è in regresso, per le malattie vascolari del
rene è emersa una situazione del tutto simile a quella già
documentata per le malattie vascolari di altri organi, come
il cuore e il cervello, che sono in aumento proprio grazie
all’allungamento della durata della vita concesso dai progressi della medicina ed in particolare dai farmaci “cardiovascolari” modernamente utilizzati. Le cure più
efficienti ed i farmaci hanno il grande merito di salvare
tante vite dalle complicanze vascolari acute, ma non possono completamente impedire che si realizzino i danni vascolari cronici negli organi, come avviene appunto a livello
del rene.
Le malattie vascolari del rene rendono conto dell’aumento esponenziale dell’insufficienza renale cronica, rappresentano la nefropatia principale tra i nuovi pazienti in
dialisi e costituiscono la causa di morte diretta o indiretta
di un grande numero di persone nella popolazione di età
adulta e avanzata, in modo del tutto sconosciuto o quanto
meno sottovalutato. E’ora ben noto che una insufficienza
renale cronica avanzata determina un aumento del rischio
di morte che va da 3 volte nel paziente molto anziano a
300 nel giovane (in media 30 volte) rispetto ai soggetti di
pari età con funzione renale normale.
Tuttavia, anche una decurtazione solo iniziale della funzione renale è gravata da tassi di mortalità almeno 2-3
volte superiori al normale.
Una creatininemia elevata rappresenta oggi l’indice prognostico più sfavorevole tra quelli modernamente utilizzati, poiché identifica il paziente con il maggior numero di
condizioni morbose associate, con l’incidenza più elevata
di eventi acuti, con invalidità e, in definitiva, con i maggiori bisogni assistenziali.
14
I Medici di Medicina Generale conoscono per esperienza
diretta che i pazienti che più frequentemente si rivolgono
al loro ambulatorio e di conseguenza al Servizio sanitario
sono i pazienti con creatininemia aumentata, anche se la
stretta interdipendenza tra l’IRC e i quadri clinici presentati di volta in volta dai pazienti non sempre appare immediatamente evidente.
Le prospettive
In linea di massima il problema dell’IRC è sconosciuto
o sottovalutato. Ciò che stimola l’interesse della Comunità è solo il numero dei pazienti in dialisi e se il costo per
la loro sopravvivenza non fosse molto rilevante, nemmeno questo richiamerebbe grande attenzione.
Nessuno ricorda, in realtà, che i pazienti affetti da IRC
sono nel nostro Paese almeno 2 milioni e mezzo e che
questa malattia moltiplica la mortalità di 5-6 volte rispetto
alla popolazione senza insufficienza renale, naturalmente
a parità di tutti gli altri fattori di rischio, altrimenti, come
riferito in precedenza, la mortalità non aggiustata sarebbe
30 volte superiore. Anzi, proprio l’elevata mortalità finisce
per sminuire il ruolo realmente svolto dall’IRC, visto che
la rilevanza della malattia si basa sul numero dei pazienti
che giungono alla dialisi.
Nonostante tutto ciò, in altre Nazioni e persino in Italia
a livello regionale cominciano ad emergere piani sanitari
per cercare di affrontare il problema dell’insufficienza renale in fase precoce, per limitare la perdita progressiva
della funzione renale, per frenare gli elevati tassi di complicanze, per meglio programmare una terapia complessa
e ad alto rischio come la dialisi e, se possibile, per controllare i costi sanitari.
La situazione a Trieste
IRC
Presso l’Ambulatorio della S.C. di Nefrologia e Dialisi
sono seguiti ormai 2500 pazienti con IRC ed il numero
dei nuovi pazienti che ogni anno si rivolgono all’Ambulatorio supera la cifra di 500 unità.
Stimando per Trieste una prevalenza dell’IRC non inferiore al 6-8% della popolazione generale (come nel resto
del Paese), il numero delle persone interessate dalla malattia si pone tra 14 e 19.000 unità nella Provincia, cioè ad
un livello simile o superiore a quello stimato per i diabetici. E’ noto dalla letteratura che negli uremici la probabilità di morire prima di giungere in dialisi è 20 volte
superiore alla probabilità stessa di giungere in dialisi e ciò
porta a stimare (sulla base del numero di pazienti che entrano in dialisi ogni anno) che nella nostra realtà la mortalità dei pazienti con IRC sia 6-8 volte superiore a quella
della popolazione generale e quindi superiore anche a
quella dei diabetici.
Dialisi extracorporea
Il numero dei pazienti in dialisi a Trieste è il più elevato
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non solo della nostra Regione, ma quasi dell’intero Paese:
216 pazienti in totale, pari a 907 per milione di popolazione contro una media nazionale di 760 pmp. I pazienti
che ogni anno entrano in dialisi vanno crescendo e sono
passati da 25 unità nel 1991 a 82 unità nel 2009; con 350
nuovi pazienti per milione di popolazione Trieste si pone
al livello più alto dell’intera Nazione, più che doppio rispetto al valore medio di 150 pmp. Negli ultimi due anni,
in particolare, il numero dei pazienti che hanno iniziato la
dialisi ha subito un ulteriore impennata portando ad un
guadagno di oltre 30 pazienti stabilmente in dialisi e conseguentemente alla saturazione di quasi tutti i posti dialisi disponibili.
Dialisi peritoneale
Questa modalità di dialisi è da preferire rispetto alla dialisi extracorporea soprattutto perché assicura ai pazienti
i vantaggi derivanti dall’autogestione della propria malattia e dalla libertà di curarsi a domicilio (non è più necessario passare tre giornate la settimana in Ospedale).
Inoltre, non è trascurabile il fatto che, dopo l’addestramento dei pazienti e il loro invio a domicilio, l’impiego di
personale sanitario si riduca significativamente. Tuttavia,
la dialisi peritoneale può essere eseguita solo da pazienti
autosufficienti o che godono dell’assistenza di un partner
idoneo, mentre a Trieste si verifica una crescente difficoltà a trovare pazienti adatti o con un partner disponibile.
Come affrontare le criticità
i trattamenti comincino prima possibile. E’evidente che
dovendo affrontare una malattia sostanzialmente endemica si debba iniziare dalla prevenzione dei fattori di rischio, ma altrettanto importante è ottenere la diagnosi
precoce e applicare tempestivamente le terapie. E’ pure
evidente che per raggiungere questi obiettivi non basti
l’Ambulatorio della Nefrologia, ma si debba agire con tutte
le forze in campo mediante un “Piano InterAziendale” che
veda attivamente coinvolti i Medici di Medicina Generale,
i Distretti Socio-sanitari e gli Specialisti ospedalieri.
Le finalità del piano dovrebbero essere:
attivare modalità di sensibilizzazione della popolazione
sulle malattie renali e sui fattori di rischio di IRC (prevenzione primaria)
- facilitare una diagnosi precoce e l’istituzione delle terapie dietetiche e farmacologiche per il rallentamento dell’IRC e per la prevenzione delle complicanze (prevenzione
secondaria)
- antagonizzare con terapie appropriate gli effetti delle
complicanze in atto (prevenzione terziaria)
- ridurre il numero dei pazienti che giungono alla dialisi
- assicurare una sollecita preparazione dei pazienti alla
dialisi per attenuare i disagi assistenziali e psichici dell’inizio di tale terapia
- aumentare la disponibilità dei posti dialisi (oggi carenti)
e l’umanizzazione delle cure dialitiche
- assicurare la continuità delle cure ai nefropatici con
maggiori bisogni clinici e soprattutto sociali
- razionalizzare per quanto possibile i costi di gestione
Sono oggi disponibili provvedimenti dietetici e farmacologici in grado di rallentare la velocità di peggioramento
della funzione renale e talora di stabilizzarla, a patto che
Oliviero Panzetta
DALLA COMMISSIONE MEDICINE NON CONVENZIONALI
All’ultima riunione della commissione sulle medicine
non convenzionali eravamo veramente in pochi: Rosenholtz, Burigana, Trivillin Cocchi, Monte. Nonostante lo
sparuto gruppo di partecipanti abbiamo lavorato ed esteso un piano d’azione.
I nuovi partecipanti sono stati messi al corrente sul lavoro fin qui prodotto mettendo a disposizione tutto il materiale raccolto. Si è ribadito l’importanza dell’utilizzo come “organizzazione” del Ceformed – Regione e non si è
escluso un certo interesse da parte dell’università per l’organizzazione di corsi di formazione pre- e post-laurea.
Burigana si è impegnato a di formulare in breve un progetto didattico da presentare agli enti sopracitati.
È stato deciso inoltre, in attesa di formulare una legge
regionale, di costituire un “registro provinciale per le medicine non convenzionali” con criteri di accesso estratti
dalla delibera 140 che la segreteria dell’ordine ha inviato.
Verrà richiesto al presidente ed al consiglio dell’ordine
stesso di nominare una commissione ad hoc, dopo che il
consiglio avrà deliberato sulla possibilità dell’istituzione
del suddetto registro. Le MNC prese in esame sono: agopuntura, ayurvedica, omotossicologia, fitoterapica omopatica, tradizionale cinese, antroposofica.
Attendo le vostre osservazioni aggiunte e correzioni.
Dino Trento
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DALLA ASS 1
Assistenza territoriale ai disabili gravi.
Istituzionalizzazione e
cure domiciliari a confronto.
Il sistema informativo attualmente in funzione nel Friuli
Venezia Giulia (SISR), finalizzato principalmente alla gestione amministrativa del sistema sanitario regionale,
offre una mole enorme di dati statistici che per le loro caratteristiche di completezza e uniformità consentono di
studiare, mediante riaggregazione e contestualizzazione
delle informazioni, gli aspetti non solamente sanitari ma
anche più prettamente sociali dello stato di salute della
popolazione triestina.
I dati relativi all’invalidità civile hanno offerto agli Autori
lo spunto per questo lavoro che si propone di approfondire e verificare quali sono gli effetti del progetto Microaree, con il quale l’ASS n.1 Triestina vuole sperimentare
interventi integrati di miglioramento delle condizioni
socio-sanitarie della popolazione residente in alcune zone
della città, nello specifico ambito dell'assistenza ai disabili gravi (non autosufficienti), con particolare riferimento
all'obiettivo di privilegiare l'assistenza domiciliare rispetto
al ricovero in strutture protette.
Si è preso in esame un campione di 98 invalidi con indennità di accompagnamento (incapaci di deambulare o
di svolgere gli atti della vita quotidiana autonomamente)
o cecità assoluta di 4 Microaree, due di abitazioni residenziali (Cittavecchia e Roiano) e due di abitazioni ATER
(S. Giacomo e Piazzale Giarizzole), per avere una visione
di situazioni sociali diverse. Si sono tratte le informazioni
dai fascicoli sanitari e da interviste telefoniche con gli interessati, o con i loro care givers, secondo lo schema
adottato dalla Regione Marche per la valutazione
dell’handicap mediante uso dell’ICF. Le percentuali riportate nelle tabelle si riferiscono, per quanto riguarda le abilità, alla perdita totale di autonomia, e per quanto
riguarda i supporti, alla indispensabilità dei medesimi.
TAB. 1 Non autosufficienza
tot MicroAree 05
tot ASS 05
n.Disabili
n.Disabili
gravi
‰ gravi
‰
tot MicroAree 08
tot ASS 08
n.Disabili
n.Disabili
gravi
‰ gravi
‰
3
2
108
3
5
3
108
3
36
4
495
3
62
8
629
5
33
17
467
15
54
27
566
17
80
50
1324
55
122
94
1679
74
97
193
1832
241
158
279
2973
293
249
17
4226
18
401
30
5955
25
16
Negli ultimi anni il numero delle indennità di accompagnamento per invalidi civili (indicatore del numero dei non
autosufficienti) ha visto un incremento, come pure il numero complessivo degli invalidi (tab.1), pur rimanendo in
linea con i dati regionali, come si vedrà più avanti. Nella
popolazione generale l’incremento è stato del 39%, nelle
microaree del 76%, il che è indicativo di una più intensiva
politica proattiva e di accompagnamento nel percorso del
riconoscimento dell'invalidità messa in atto dai distretti
nelle microaree. Più del 90% di questi invalidi sono ultrasessantacinquenni e pertanto in sostanza le tematiche dei
disabili gravi trattate in questo lavoro corrispondono a
quelle degli anziani non autosufficienti.
Sotto il profilo economico si può stimare che il budget
per le indennità di accompagnamento a livello di ASS è
stato incrementato del 41%, da 23 milioni a 33 milioni di
euro, con un guadagno di risorse potenzialmente a disposizione dell’assistenza domiciliare di oltre 10 milioni di
euro. Nelle microaree si passa da un finanziamento annuo
di 1.400.000 euro a 2.250.000 euro, con incremento percentuale del 61% e in termini assoluti di €.850.000.
Si tratta come si vede di un’entità cospicua di risorse
economiche destinate a finalità assistenziali che rappresenta ancora oggi l'intervento di maggior impegno economico delle istituzioni pubbliche in favore dei disabili
gravi.
TAB. 2 Residenti in casa di
riposo e a domicilio
già invalidi
al 31.12.2009
al momento
della visita 2000
disabili gravi
con IA
residenza
disabili gravi
con IA
116
57%
casa di riposo
33
34%
86
43%
domicilio
65
66%
202
100%
totale
98
100%
La percentuale dei disabili gravi non autosufficienti ricoverati in strutture protette al 31.12.2009, rispetto ai risultati di una precedente ricerca del 2000, appare
considerevolmente diminuita, dal 57% al 34% (tab.2).
Pur non potendo considerare i due dati perfettamente
comparabili a causa di alcune difformità nelle modalità di
campionamento (popolazione generale allora, solamente
4 microaree ora) e di rilevazione (al momento della visita
allora, in data prestabilita ora), la differenza constatata è
talmente ampia da rappresentare un indizio importante,
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anche se non conclusivo, di una significativa riduzione del
fenomeno di istituzionalizzazione dei disabili, a seguito
delle politiche aziendali finalizzate a tale scopo.
La permanenza a domicilio, aumentata nella sua dimensione quantitativa, non ha comunque prodotto effetti
negativi sulla prognosi quoad vitam dei disabili non autosufficienti, in quanto i tassi di mortalità tra soggetti istituzionalizzati e invalidi assistiti a domicilio sono
sostanzialmente simili (tab.3).
TAB. 3 mortalità
domicilio
casa riposo
20,00%
21,88%
morti
Ciò significa che anche i disabili non autosufficienti possono essere curati a domicilio in modo efficace, senza
cioè un aumento del rischio di morte (che è anche indicatore indiretto dello stato complessivo di salute). Anche
i dati relativi al tasso di ospedalizzazione sono sovrapponibili : 422%o per i domiciliari e 412%o per gli istituzionalizzati. Entrambi i valori sono comunque superiori al
tasso di ospedalizzazione degli ultrasettantacinquenni
nelle Microaree pari al 370%o, a riprova di una peggior
condizione di salute dei disabili gravi rispetto alla popolazione generale di riferimento, anche delle fasce più anziane. Negli ultrasettantacinquenni delle popolazione
generale triestina invece il tasso di ospedalizzazione è di
417%o, il che significa che in un territorio dove gli interventi socio-sanitari sono più intensivi (Microaree) si può
ridurre ulteriormente il ricorso a ricoveri ospedalieri non
sempre appropriati.
Se quindi non è la gravità del quadro clinico (sostanziale equivalenza del grado di invalidità, del ricorso a cure
ospedaliere e del rischio di mortalità) a condizionare la
scelta di istituzionalizzazione vediamo quali altre cause
sanitarie e sociali sono risultate essere significative.
TAB. 4 Patologie invalidanti
domicilio
Casa riposo
Popolazione
generale
dementi
21,05%
50,00%
24,74%
psicotici
7,02%
0,00%
11,68%
psicomotori
21,05%
33,34%
20,41%
Saubtotale
psichici
49,12%
83,34%
56,83%
neuromotori
8,77%
3,33%
9,21%
ostearticolari
19,30%
10,00%
22,34%
Subtotale
motulesi
28,07%
13,33%
31,55%
altro
totale
23,81%
100%
3,33%
100%
11,62%
100%
Dall'analisi delle patologie che hanno determinato la disabilità con non autosufficienza dei pazienti si nota come
nei soggetti istituzionalizzati le problematiche di ordine
psichico sono nettamente più numerose che nei soggetti
curati a domicilio, al contrario dei deficit di carattere motorio, che sono molto più frequenti nei pazienti domiciliari. La popolazione generale
dei disabili non
autosufficienti delle Microaree quanto a patologie invalidanti ha caratteristiche molto più simili ai domiciliari.
Se si vanno poi ad esplorare le abilità suddivise per aree
corrispondenti ai “domini” della classificazione ICF
emerge che oltre alla netta differenza tra rilevanza dei
deficit psichici e di quelli motori, nei due gruppi, anche gli
altri settori del funzionamento sociale del disabile mostrano differenze tanto più marcate quanto più le funzioni
stesse sono correlate con lo stato psichico del soggetto.
Nella tabella 5 sono riportate le percentuali di pazienti
che presentano una compromissione grave in ciascuna
area di attività.
TAB 5. Abilità nei Domini ICF
domicilio
Casa riposo
Mobilità d4
75,00%
57,58%
cura persona d5
78,33%
90,91%
compiti e richieste
generali d2
75,00%
96,97%
Apprendimento d1
48,33%
75,76%
Comunicazione d3
20,00%
45,45%
E' evidente, in estrema sintesi, una stretta correlazione
tra l'incapacità del paziente di gestire in modo coerente la
vita quotidiana, con conseguente bisogno di supervisione
continua, e il suo ricovero in casa di riposo. In altri termini
la sofferenza psichica, sia pure di carattere prevalentemente organico e propria di pazienti soprattutto anziani,
è fattore determinante per l'istituzionalizzazione, motivata, sia pure in modo non dichiarato e non apertamente
autoritario, da esigenze di custodia del soggetto. A 30
anni di distanza dalla L 180/78 nelle strutture per anziani,
in altre forme, più larvate ma non per questo meno discriminanti, una logica “manicomiale” continua a sopravvivere, con le sue tematiche legate alla contenzione, fisica
e farmacologica, alle porte chiuse e ad altre misure di segregazione dell'infermo di mente, assunte a titolo asseritamente precauzionale.
TAB. 6 Facilitatori ambientali nelle ADL per
la permanenza a domicilio
Famiglia e310
56,82%
Badante e340
56,82%
Presidi e115/e120
52,27%
17
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I fattori facilitanti che rendono possibile la permanenza
del disabile a domicilio sono riassunti nella tabella 6. Si
noti che ancora la famiglia è il supporto fondamentale
nella maggioranza dei casi, mentre, rispetto ad una precedente rilevazione fatta nell'anno 2000, l'aiuto delle badanti si è incrementato in modo sensibile, risultando
determinante in un 41% dei casi, rispetto al 21% di nove
anni fa. Spesso l'intervento delle badanti integra quello
dei familiari. I presidi sono importanti soprattutto per l'ausilio alla deambulazione e sono di norma prodotti tecnologicamente semplici e di costo contenuto.
Oltre che nella ADL, esplorate nella tabella, l'intervento
dei care givers interessa le IADL come riportato nella tabella 7, con percentuali indicative di un supporto indispensabile.
Il supporto fornito dai servizi distrettuali dell’ASS n.1
Triestina (attività ADI, CSM, MA con servizio civile) risulta
attivato nel 57,50% dei casi con presa in carico del paziente, e nel 12,50% dei casi, ove gli interventi sono costanti e più complessi, tale supporto può essere
considerato di importanza rilevante, sia pure di carattere
concausale rispetto all’assistenza della famiglia e/o delle
badanti, per quanto concerne alla permanenza a domicilio dell’invalido, in quanto garantisce le prestazioni sanitarie (del MMG, dello specialista, delle infermiere e delle
fisioterapiste) indispensabili per alcune patologie.
TAB 7. Facilitatori nelle IADL per la
permanenza a domicilio
Vita domestica d6
88,64%
vita economica d8
59,09%
vita sociale d9
70,45%
Nella rilevazione dei dati non è stato possibile però
avere oggettivi riscontri del grado di performance, ovvero
di quanto i facilitatori abbiano effettivamente portato le
condizioni di vita dei pazienti a livelli soddisfacenti, perché
nelle interviste telefoniche tali informazioni hanno un'attendibilità relativa. Nel caso dei pazienti istituzionalizzati
l'informazione non è stata nemmeno raccolta, perché sarebbe stata in ogni caso “filtrata” dal personale della casa
di riposo.
L'esperienza maturata nell'effettuazione di migliaia di
visite domiciliari per l'accertamento dell'invalidità civile
consente però a chi scrive di poter affermare attendibilmente che di norma per quanto attiene i bisogni elementari (pulizia personale, vestizione, alimentazione,
ecc.) le condizioni che si riscontrano sia a domicilio che in
casa di riposo sono decorose. Diverso, e molto più complesso da analizzare, perché correlato anche agli interessi
individuali, è il discorso per quanto attiene la vita di relazione e le attività di socializzazione.
Tra i fattori sociali il più importante nel determinare la
18
scelta tra cure domiciliari e ricovero in casa di riposo è
rappresentato dal reddito del disabile.
TAB. 8 Redditi 1
Over
Euro 26.000
7,69% Casa riposo
Over
12,12% domicilio
Euro 26.000
Under
Euro 13.000
19,23%
Under
Euro 13.000
39,39%
Come riportato nella tabella 8, tra i residenti a domicilio prevale la classe di reddito più bassa (inferiore a €
13.000 ovvero a 2 volte la pensione minima IPNS) mentre tra i ricoverati in casa di riposo prevale la fascia di reddito più alta (superiore a € 26.000). Nella fascia di reddito
intermedia, compresa tra € 13.000 e € 26.000, la preferenza va al ricovero (tab. 9).
TAB. 9 Redditi 2
Euro 13 - 26.000
73,08% Casa riposo
Euro 13 - 26.000
48,49% Domicilio
Euro 13 - 26.000
53,13% Tutti i pazienti
Se si considera che il costo medio per un ricovero annuale in casa di riposo polifunzionale ammonta a circa €
19.000 si può comprendere come una disponibilità economica (comprensiva di indennità di accompagnamento)
vicina a quel importo faciliti la scelta dell'istituzionalizzazione (la meno impegnativa per la famiglia o di chi comunque deve gestire l'anziano), mentre un reddito
sufficientemente elevato per poter stipendiare delle badanti per un congruo numero di ore al giorno rende più
agevole la scelta di far rimanere l'anziano a domicilio. Nel
caso dei redditi più bassi la scelta è di fatto obbligata,
perché l'alternativa della casa di riposo non è compatibile
con le disponibilità economiche del disabile.
Considerato che il reddito medio (comprensivo dell’indennità di accompagnamento) dei ricoverati in casa di riposo corrisponde a € 18.440, per raggiungere il limite di
€ 26.000, oltre il quale il rischio di istituzionalizzazione risulta ridotto, un’indennità aggiuntiva di circa € 7.500 (tipo
FAP) strettamente correlata però con l’effettiva permanenza a domicilio, potrebbe essere molto utile. Una proiezione di massima, limitando il beneficio ai soli disabili
totalmente non autosufficienti attualmente degenti in
strutture protette, porta ad una stima di oltre €
10.000.000 di spesa complessiva, che in parte però po-
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trebbe essere compensata dai risparmi derivanti dalla riduzione dei posti letto nelle strutture pubbliche e in parte
dai risparmi sui contributi per integrare le rette. Anche se
economicamente impegnativa una politica decisamente
orientata verso il potenziamento della domiciliarietà non
è pertanto necessariamente incompatibile con l’equilibrio
finanziario del Settore Pubblico.
Del resto già ora viene garantito un intervento assistenziale integrato, con contestuale erogazione di prestazioni, da parte dei vari Enti competenti (case ATER per
i problemi abitativi, presa in carico ADI per i problemi di
salute, indennità di accompagnamento per i problemi di
assistenza personale continuativa) nel 56% dei casi, che
assume caratteristiche di particolare complessità con
costo pro capite non trascurabile nel 12% dei casi.
Inoltre per una valutazione precisa della corretta allocazione delle risorse è necessario tener conto di tutte le
variabili di spesa.
Nel caso dei disabili, come si è visto, un beneficio economico come l’indennità di accompagnamento ha dichiarate finalità assistenziali (di rimborso forfettario per
l’assistenza personale continuativa) e quindi di fatto integra gli interventi a valenza sociosanitaria direttamente effettuati dalle Aziende Sanitarie e dai Comuni.
Dall’analisi dei dati degli invalidi residenti nella Regione
Friuli Venezia Giulia al 31.12.2008 (TAB. 1), relativamente
ai soggetti con indennità di accompagnamento risulta che
la quota proporzionale sulla totalità degli invalidi, è molto
simile nelle Aziende Sanitarie n.1 Triestina, n.2 Isontins,
n.3 Alto Figuli e n.6 Friuli Occidentale, mentre si discosta
sensibilmente nelle Aziende n. 4 Medio Friuli e n.5 Bassa
Friulana. In particolare il dato della n.4 non solo si scosta
in modo statisticamente significativo dalla media regionale, ma anche dal dato della n.5 che pure è notevolmente elevato.
TAB.10 numero invalidi
con accompagnamento
per Azienda Sanitaria della Regione
Azienda
n. invalidi
con accompagno
Percentuale sul
totale invalidi
ASS1 Triestina
5.044
29,70
ASS2 Isontina
2.141
26,33
ASS3 Alto friuli
1.135
26,98
10.006
42,24
ASS5 Bassa Friulana
2.584
35,61
ASS6 Friuli Occidentale
4.330
28,35
ASS4 Medio Friuli
La nostra Azienda invece, pur avendo una popolazione
più anziana, è del tutto in linea con il dato regionale complessivo.
Una semplice riflessione si impone: se anche a Trieste
ci fosse la proporzione di accompagnamenti di Udine ne
avremmo ben il 42% in più. In termini economici ciò significa che invece di 33 milioni di Euro verrebbero erogati
benefici economici per 47 milioni di Euro con una maggior
spesa di 14 milioni. In altri termini quando si parla di assistenza domiciliare ai non autosufficienti e si vogliono
paragonare la situazione triestina e quella udinese, oltre
alle risorse erogate tramite i servizi forniti da ASS e Comune e tramite interventi specifici della Regione (FAP,
contributi alle rette case di riposo, ecc.), bisognerebbe
tener conto anche di questo dato per avere un raffronto
corretto in termine di costi. E in tal caso ad un maggior
sviluppo dei servizi territoriali, con conseguenti maggiori
spese gestionali, non necessariamente corrisponde un
maggior costo complessivo.
In conclusione si sono identificati due principali fattori
di rischio per l’istituzionalizzazione dei disabili non autosufficienti, il primo di carattere sanitario (alterazione significativa delle funzioni psichiche) e l’altro di carattere
sociale (fascia di reddito intermedia) che aumentano entrambi il rischio del 50%. La contemporanea presenza dei
due fattori lo aumenta invece del 64%. Quindi fattori clinici e fattori sociali di contesto contribuiscono in modo sinergico nel ridurre le performances del soggetto quanto
a capacità di rimanere al proprio domicilio.
Famiglie e badanti sono risorse essenziali per il mantenimento a domicilio del disabile in quasi la totalità dei
casi, mentre in più della metà dei casi la presa in carico
dei pazienti da parte dei servizi sanitari dell’ASS, con interventi di particolare complessità in un caso su otto, assume importanza coadiuvante. Un maggior raccordo tra
il servizio delle badanti/ADEST e il servizio infermieristico
del Distretto, con gestione unica dell’assistenza integrata
potrebbe sicuramente portare a una risposta più aderente
ai bisogni effettivi delle persone disabili e il “progetto personalizzato” previsto dal PAL appare uno strumento adeguato per questo scopo.
Paolo Goliani
Maddalena Grella
Margherita Bono
BIBLIOGRAFIA
1. Paolo Goliani et al “I bisogni di salute a Trieste all’inizio del nuovo millennio”
ASS1 Triestina, Trieste 2000, stampato in proprio. 2. Paul McDonough et al
“Income Dynamics and adult mortality the U.S., 1972-1989.” Survey Res. Ctr.
Inst. for Soc. Res. An Arbor MI 1995. 3. David Black et al. “Inequalities in health
.The Black Report” Peguin Books. Harmondsworth. 1982. 4. Giuseppe Costa et al.
“Diseguaglianze di salute in Italia” Riv.Epidemiologia e Prevenzione,
Supplemento(3)maggio-giugno 2004 anno 28. 5. OMS “ICF: Classificazione
Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute” Erickson 2007. 6.
Giunta Regione Marche: Deliberazione n. 1839 del 15/12/2008: Approvazione delle
linee guida per la valutazione integrata del disabile in condizioni di handicap ai
sensi della legge 104/92 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate). 7. Nicolette Hart “The social and economic
enviroment and human health” Oxford Textbook of Public Health; third edition;
vol.1; pag.95-125; Oxford Medical Publication 1997. 8. Franco Rotelli “Nodi“ ASS1
Triestina edito in proprio nov.2004. 9. Gavino Maciocco “La salute nell'era della
globalizzazione: disuguaglianze e politiche di welfare.” Atti del Seminario
“Disuguaglianze e salute: un'occasione di riflessione all'interno del progetto
regionale Piani per la Salute" organizzato dalla Regione Emilia Romagna. 10. AA
VV “Qualità della vita 2005” Il Sole 24 ore. 11. Elenka Brenna “Variabili
socioeconomiche e salute: interpretazioni alternative e misure di politica sanitaria”
www.aiseweb.it/media/pdf/convegni/041104/brenna.pdf
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DALLA STAMPA INTERNAZIONALE
La vita del medico italiano è scandita dalla routine, dalla
tensione, più o meno alta, per raggiungere gli obiettivi e
di equipe, personali o prefissati. Ogni tanto compaiono i
piani regionali e nazionali che dovrebbero indicare i processi che regolano il sistema sanitario nazionale (SSN).
Da una parte prevedono un grande lavoro per l’elaborazione analitica delle criticità e delle possibili soluzioni. Dall’altra parte, talora, i medici si limitano a valutare, di
questi piani, gli effetti della chiusura ed apertura di strutture in previsione della loro attività e carriera professionale, abdicando in parte alla loro funzione di potenziali
leader del sistema. Il governo clinico viene sempre demandato alla fine dell’attuazione del piano, come un
aspetto secondario alla consistenza dell’impianto di tutto
il sistema. E tutto continua, lavorando per un miglioramento che non sembra facilmente raggiungibile.
In Inghilterra si pensa già da tempo che il sistema sanitario abbia raggiunto una fase di stabilità economica e
sanitaria tale da dover procedere in maniera diversa per
far fronte alla sfide del 21° secolo: l’aumento delle aspettative; la domanda stimolata dall’andamento demografico; il continuo sviluppo della nostra società informata e
informatizzata; il progresso dei trattamenti clinici; il cambiamento della natura delle malattie e il cambiamento
delle aspettative degli operatori della sanità. Si avverte la
necessità che il cambiamento non derivi da direttive dall’alto e dal centro del sistema, ma piuttosto dalla base e
localmente, dove sussiste l’esperienza e la professionalità per capire cosa va e cosa non va e come si debba procedere per il meglio, soprattutto per quanto riguarda
l’approccio al paziente, e con un lavoro di partnership del
gruppo. Si crea così quella condizione per la quale il clinico (operatore sanitario di vario tipo che opera a contatto con il paziente) risulta contemporaneamente
professionista clinico, partner e leader nel sistema sanitario inglese (NHS). Per tale motivo è stato dato mandato
nel 2007 a Lord Darzi, chirurgo e Sottosegretario di Stato
per la salute, di sviluppare una “vision” per il NHS per il
21° secolo. Questi ha coinvolto 2.000 clinici e 60.000 persone al fine di consentire al NHS di fornire cure della più
alta qualità a ognuno. È stato pubblicato nel 2008 un documento, “ High Qualità Care for All”(1), che comprende
un’analisi della situazione attuale e indica obiettivi e strumenti per raggiungerli.
In particolare, sono ritenuti necessari vari interventi, tra
cui:
• l’intervento di ogni gruppo primario di cure, in collaborazione con le autorità locali, il privato e il terzo settore,
sulla prevenzione, agendo sugli stili di vita a rischio e
negli ambienti di lavoro
• l’introduzione della costituzione della sanità con diritti e
doveri sia per i cittadini sia per gli operatori della sanità
• l’estensione della scelta del General Practioner (Medico
20
di Medicina Generale) ampliando l’orario di lavoro con accesso anche ai non iscritti
• la fornitura a tutte le persone con condizioni croniche
di un piano di cura personalizzato
• un budget di cura personale e di equipe, con finanziamento alle strutture proporzionale alla qualità delle cure
• la garanzia dell’accesso ai trattamenti costo/efficaci
• un facile accesso e trasparenza alle informazioni riguardo l’alta qualità delle cure
• vari modelli di formazione e coinvolgimento del personale per un miglioramento continuo
• la misura della qualità delle prestazioni, attraverso un
organismo indipendente, prevalentemente al fine di stimolare il miglioramento e non di penalizzare i professionisti e neanche di allarmare o illudere i pazienti,
• nuove strutture che diano indicazioni sui migliori trattamento basati sulle migliori evidenze scientifiche, costo/efficaci ( NICE ed altri)
• un adeguato finanziamento delle strutture in rapporto
alla qualità delle cure effettivamente prestate
• un accreditamento delle strutture attraverso una peer
review, cioè una valutazione fatta da esperti dello stesso
settore
• un sistema premiante per l’innovazione (che non è considerato l’uso di nuovo tecnologie ma la capacità di riconoscere e risolvere i problemi)
• una partnership tra NHS, Università e industria
• ed altro ancora.
Tutto questo viene reso possibile attraverso un processo ampio di rinnovamento culturale, stimolando il personale NHS a essere leader e manager dell’organizzazione
nella quale lavora, dando loro tale fiducia che non vengono posti target nazionali in quanto questi limitano l’intraprendenza dei clinici, che devono essere messi nella
condizione di condurre il processo di rinnovamento a
buon fine, anche attraverso degli incentivi.
I primi risultati sono stati valutati un anno dopo, nel
giugno 2009, con la pubblicazione di “High Quality Care
for All. Our journey so far”(2). Secondo Lord Darzi, i pazienti hanno notato già la differenza. Tre-quarti del GP
tengono aperto lo studio anche nelle ore di sera e nei
week-end, 50 centri sanitari gestiti dai GP sui 152 previsti sono aperti dalle 8 di mattina alle 8 di sera, con accesso anche ai non iscritti. Oltre 9 milioni di persone
affette da malattie croniche hanno un piano di cura personalizzato, organizzato in base alle loro esigenze e non
a quelle dell’organizzazione. È migliorata la cura dello
stroke con la trombolisi precoce. È migliorata la sicurezza
del paziente, in vari settori, ma soprattutto sono state ridotte le infezioni ospedaliere. Il sito gestito da NICE,
punto di riferimento per le migliori pratiche sanitarie, è
molto visitato. La qualità delle cure è sempre più misurata
e resa pubblica.
Consci dell’importanza del coinvolgimento del personale tutto del NHS, sono stati fatti sostanziali investimenti
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per consentire la leadership dei clinici, anche se viene riconosciuto come momento fondamentale un cambiamento culturale. Infatti l’alta qualità delle cure non è un
lusso, perché qualità e produttività sono legate e provocate dall’innovazione. Da sottolineare che tutto ciò avviene grazie a scelte della politica , in base al vivace e
interessante dibattito culturale inglese sulla sanità.
È possibile un confronto con l’attuale situazione italiana? Noi siamo lontani da questa “vision”. Non sarebbe
un problema,) se si vedesse una tendenza verso questa
direzione e che il ritardo è in parte fisiologico, considerando che il NHS, solidaristico e universale modello per
il nostro Sistema Sanitario Nazionale, nasce ben 30 anni
prima del nostro SSN (se ne comincia a discutere nel
1942, in piena guerra, da parte dei conservatori, in particolare di sir Beveridge). Ma prevale l’idea che sia sufficiente una guida centrale che indichi gli obiettivi ai
Direttori Generali che, obbligati a seguirli, pena la decadenza dall’incarico, li trasmettono a cascata ai vari professionisti della sanità. I vari dati segnalano un discreto
livello riguardo le prestazioni cliniche, rispetto agli altri
Paesi più industrializzati, ma appare lenta la progressione
verso il raggiungimento dei migliori standard riguardo le
sfide individuate dal NHS, sopra descritte. Speriamo che
vi sia un ripensamento prima che l’aumento progressivo
dei costi acceleri solamente una riduzione del livello di
qualità del nostro SSN, comunque sinora di buon livello.
Aureo Muzzi
Bibliografia
1. http://www.dh.gov.uk/en/publicationsandstatistics/publications/publicationspolicyandguidance/DH_085825 (ultimo accesso 13.1.2010)
2. http://www.dh.gov.uk/en/Publicationsandstatistics/Publications/PublicationsPolicyAndGuidance/DH_101670 (idem)
Lettere...
Carissime Colleghi, Carissimi Colleghi
A completamento dell’articolo comparso sull’ultimo numero del Bollettino intitolato “Un progetto sugli stati vegetativi” riporto l’elenco completo degli stimatissimi Colleghi che stanno collaborando allo studio. Mi scuso per le
omissioni rilevate nel suddetto articolo, dovute ad un problema di revisione di cui mi assumo la responsabilità.
Giorgio BERLOT
Direttore U.C.O. Anestesia, Rianimazione e
Terapia Antalgica, AOU Trieste
Paolo BOBICCHIO
SC Neurochirurgia, AOU Trieste
Fabrizio MONTI
Responsabile SS Neurofisiologia, AOU Trieste
Claudio PANDULLO
Presidente OMCeO di Trieste
Gilberto PIZZOLATO
Direttore SC Clinica Neurologica, AOU Trieste
Mario REALI
Direttore Sanitario ASS 1 Triestina
Marino SELEM
SC Neurochirurgia, AOU Trieste
Patrizia SFREDDO
Referente RSR Pineta del Carso
Ronald TRAMARIN
Segretario OMCeO di Trieste
Dino TRENTO
Vicepresidente OMCeO di Trieste
Andrea VUGA
Tesoriere OMCeO di Trieste
Antonietta ZADINI
Direttrice SC Riabilitazione, AOU Trieste
E’ evidente che il divenire del progetto potrà senz’altro
rendere necessaria la partecipazione di ulteriori Professionisti.
Auguro buon lavoro a tutti scusandomi ancora
Claudio Pandullo
DEGLI AVVISI UTILI:
Ricerca di personale medico
L’Istituto di Riabilitazione Santo Stefano, primario Gruppo che opera nel settore della riabilitazione, ricerca per la propria Unità Operativa Casa di Cura Villa San Giuseppe, sita in Lombardia in provincia di Como, medici specialisti in fisiatria o neurologia da inserire nell’organico. In
particolare si ricercano n.2 medici specialisti da assumere con contratto a tempo indeterminato e n.1 medico specialista per sostituzione di maternità. Si ricerca inoltre, per attività ambulatoriale in libera professione, medico chirurgo con qualifiche ed esperienza per attivare ambulatorio di vulnologia. Gli interessati possono inviare curriculum allo 0316340599 o via e-mail
a [email protected] Per eventuali informazioni contattare il n.
0316340534.
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DAI COLLEGHI
Parliamoci, raccontiamoci cose e fatti, informiamoci l’uno con l’altro così da condividere
la crescita dell’intera categoria!
Spedizione umanitaria in Burkina Faso
Nella prima settimana di novembre tre medici triestini
si sono recati in Burkina Faso al seguito di una spedizione
umanitaria organizzata dai Lions italiani sotto l’egida della
MK onlus organizzazione da anni in lotta contro le malattie killer dell’infanzia. La finalità di questa spedizione è
stata di sottoporre la popolazione africana a visite oculistiche di screening con l’intento di fornire loro occhiali per
risolvere i vizi della vista e segnalare agli organismi sanitari locali quelle patologie a risoluzione chirurgica. All’uopo erano stati raccolti in tutta Italia più di ventimila
occhiali usati che sono stati rimessi a nuovo e catalogati
secondo il loro diverso potere diottrico. Sono state realizzate 3000 visite oculistiche grazie all’ausilio di tecnici ortottisti e ottici e all’opera del dr Baccara e di due colleghi
oculisti.
Dalla MK onlus sono stati donati a due ospedali locali un
ecografo multifunzionale un colposcopio e apparecchiature per poter allestire un ambulatorio completo di oculistica. Il dr de Nicola, in qualità di radiologo, si è
adoperato presso le due strutture ospedaliere alla illustrazione dei dati tecnici dell’ecografo e alla formazione
del personale sanitario locale. Contemporaneamente la
dottoressa Cosimi prestava la sua opera sanitaria presso
strutture organizzate all’interno del paese, ambulatori ricavati all’interno di strutture organizzate quali CREN ossia
centri di educazione all’alimentazione e presso orfanotrofi
gestiti da religiosi. Sono stati visitati chiunque afferisse
alle strutture venuti a conoscenza della presenza di un
medico con un crescente passa parola. Negli ultimi giorni
del soggiorno in Burkina Faso si sono uniti alla dottoressa
Cosimi anche i due medici triestini che avevano terminato
le loro funzioni di competenza.
Il Burkina Faso è uno stato del centro Africa Occidentale
senza sbocchi sul mare che ha un clima particolarmente
infelice con solo due stagioni, una secca e molto calda da
Novembre a Maggio e l’altra estremamente piovosa con
piogge torrenziali che finiscono spesso per distruggere interi villaggi costituiti da capanne di argilla. Di conseguenza è un paese disperatamente povero, sembra il più
povero del mondo.
Da anni le attenzioni umanitarie si sono indirizzate ad
aiutare la popolazione di questo paese attraverso la costruzione di pozzi e di scuole e garantendo un minimo di
assistenza sanitaria in un paese dove l’AIDS è endemico,
la malaria coinvolge il 90% della popolazione e la mortalità neonatale e infantile è tra le più alte del mondo. I
Lions Italiani hanno una partecipazione attiva garantendo
aiuti logistici e sanitari già da diversi anni. C’è il pro22
gramma ambizioso di riuscire a garantire una copertura
sanitaria al paese per il semestre “secco” attraverso un
pool di medici in grado di “turnare” con soggiorni di duetre settimane ciascuno
Burkina Faso. Il cuore resta laggiù
Partecipare per la prima volta ad una missione umanitaria in Africa non è cosa da prendere alla leggera. Nonostante i consigli ed avvertimenti prodigati dal mio
amico medico Vice Governatore Stefano Camurri Piloni il
porsi di fronte a questa splendida terra resta un’incognita.
Ma nulla ti prepara all’abbraccio caldissimo con cui l’Africa
ti accoglie appena scesa dall’aereo.
Siamo arrivati a Ouagadougou, capitale del Burkina
Faso, uno degli stati più poveri al mondo e subito siamo
stati investiti da suoni, odori e lingue sconosciute. Ti
guardi attorno e vedi sorrisi come lampi di luce nel buio,
mani che si stendono a toccarti iniziando a chiedere qualcosa. E’ il viaggio che fa l’uomo e non viceversa. Lo
sperimentiamo il giorno dopo quando veniamo catapultati, assieme agli amici dell’M.K.Onlus, su di una terra per
me sconosciuta.
L’inaugurazione dei pozzi durante la prima settimana ci
ha per messo di iniziare a toccare con mano l’Africa, addentrandoci nella savana o meglio nella brusse, come
viene qui chiamata. Ci siamo incamminati sotto un sole
implacabile, che picchiava arroventato sulle nostre teste
di europei intestarditi a voler vedere il risultato di tante fatiche.
Ed il risultato c’é stato: ben 18 pozzi già costruiti ed altri
in fieri, grazie all’opera instancabile di Clelia ed Arnuldo
Fenzo, di Luciano Diversi, di Franco Marchesani, di Giuseppe Pajardi, di Piero Munuelli e tanti altri lions. Pozzi
che hanno permesso un miglioramento ed allungamento
di vita per questo popolo.
Dopo la prima settimana, in cui si sono succeduti incontri e colloqui con autorità locali volti a far sì che la nostra cooperazione potesse proseguire, e toccato a noi
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medici mettersi in gioco. Ed é stato un gioco durissimo sia
a livello psicologico che fisico. Soffia un vento caldissimo
che trasporta un’impalpabile polvere rossa, che giorno
dopo giorno diventa parte di te. La trovi su quello che
mangi, nell’aria che respiri, nei capelli, sui vestiti che diventano uniformemente rosati.
Si lavora e ci si sposta con temperature elevate per noi
europei (35-40 gradi). Africa. Terra di diseguaglianze sociali. Africa. Terra in cui ci addentriamo tra villaggi e baobab per cercare chi ha bisogno di noi.
Il nostro team medico si e diviso a seconda delle proprie specialità. I colleghi pugliesi, che con grande generosità hanno donato un colposcopio, si sono fermati a
lavorare in clinica, mentre noi ci siamo confrontati con il
territorio.
Il primo incontro con i bambini avviene all’Hotel Matemellef un orfanotrofio alla periferia di Ouaga. E’ un incontro che ci lascia parzialmente soddisfatti. I bambini
sono trattati con amore ed almeno un pasto al giorno e
assicurato. Fanno una grande festa ai giocattoli di peluche raccolti dal Leo club di Trieste. Ma le patologie sono
tante e tanto e il bisogno di affetto di chi stato abbandonato. Un episodio ci fa sorridere: alcuni bambini piangono terrorizzati a vedere la nostra pelle bianca. L’igiene
ci lascia a bocca aperta. Per puro caso vediamo lavare i
piatti accanto ai liquami del pozzo nero e tale è l’impatto
che ci procura decidiamo di provvedere immediatamente
a nostre spese facendo arrivare un camion ed operai
per lo spurgo del pozzo.
I bambini imparano a conoscerci, ma le patologie che
in Europa verrebbero trattate facilmente ed in fretta qui
si dilatano in un lunghissimo tempo africano.
Nei giorni seguenti l’itinerario medico ci porta a Nanoròo per la consegna di un ecografo. Nanoròo é un centro
medico, piccolo gioiello voluto dai Padri Camilliani, diretto
da Padre Pierre Sorgo affiancato dalla grande professionalità del collega chirurgo dr.Gino Capponi. Nel nostro
programma medico ci siamo fermati più volte al Cren
(Centro di Rieducazione Alimentare e Maternità) di Bousèe per inaugurare una parte di edifici donati dagli amici
lions sia per svolgere la nostra opera medica.
In mezzo a tanta desolazione abbiamo assistito a un
piccolo miracolo: la nascita, con parto cesareo, di una
bambina che è stata prontamente rianimata da Stefano.
Ma la rianimazione é avvenuta per terra, con la bambina
adagiata su di un vassoio coperto di ruggine. E il pensiero
é corso istantaneamente alle sale parto europee.
Più ci addentravamo all’interno del Paese più le condizioni di vita e di igiene diventavano terribili. A Ziniarè, orfanotrofio retto dalle suore dell’Immacolata Concezione,
siamo stati colpiti dallo sguardo tristissimo dei bambini
che sono sì amorevolmente assistiti, ma che portano dentro di loro l’abitudine alla sofferenza. Abbiamo medicato
di tutto senza che un lamento uscisse dalle loro bocche.
I racconti delle suore ci hanno fatto rabbrividire nella
lotta quotidiana per un pezzo di cibo è possibile che una
madre abbandoni il figlio nella savana costringendolo a
morire per inedia. Ma talvolta accade che fortunosamente
il piccolo venga salvato dopo essersi cibato di larve e di
mosche ed aver iniziato ad imitare i versi degli animali. E
che dire di quel piccolo bambino gettato vivo nel fuoco
dalla propria madre per eliminare una bocca in più, e le
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cui cicatrici abbiamo potuto sfiorare con le lacrime agli
occhi? Ed ancora un episodio che ci fa rabbrividire: una
bambina di cinque anni gettata da una macchina in corsa
in un canale per farla morire, ma che la Provvidenza ha
voluto salvare.
Quanti altri episodi si potrebbero raccontare con un
nodo in gola!
In Africa accade di partorire per strada ed abbandonare
la propria creatura a morire. Ma questa durezza e data da
questa terra che non concede nulla: o vita o morte.
L’Africa non é una terra passiva, l’Africa ti afferra prepotentemente. Ti prende con le sue disuguaglianze sociali,
con i suoi errori, con le sue disparita etniche ma anche
con il suo splendido popolo che altro non chiede che di
essere trattato con dignità.
Non è facile fare il medico in Africa. Ne abbiamo avuto
conferma nel bel centro di Saboù, retto da Suor Marie e
dalle sue consorelle francescane. Volevamo imporre i nostri ritmi di visita, di medicazioni, ma ci siamo scontrati
con la lentezza africana, con la lentezza che proviene da
secoli di ineluttabilità. E come non intenerirsi di fronte ad
una mamma che mormora un tenero "merci" dopo una
visita che probabilmente non aveva mai fatto?
Quando la voce della nostra venuta si e sparsa
tra i villaggi, il lavoro non ha avuto fine. La sala d’aspetto
continuava a riempirsi di donne, di bambini ed anche di
qualche uomo mentre il caldo aumentava fino a toccare
i 40 gradi. Tutto il popolo in cerca di aiuto e di sopravvivenza. Emergenze mediche e chirurgiche che hanno
messo alla prova i mezzi che avevamo con noi.
Ma abbiamo toccato con mano cosa significa aiutare,
cosa significa guardare negli occhi un piccolo prematuro
che si attacca con ferocia e determinazione al diritto di
vivere. In questa giostra di vita e di morte un episodio
ci ha toccato profondamente.
Due bambini sono morti di fame e Stefano ed io ci
siamo incamminati dietro alle suore che portavano i due
corpicini accompagnandoli all’ultimo riposo. Caldo, dolore,
situazione che aveva un che d’irreale. Camminavamo
nella savana accompagnati dal dolore composto delle due
famiglie fino a giungere alle tombe scavate nella nuda
terra. E lì un momento meraviglioso di solidarietà. Due
famiglie, l’una cristiana l’altra musulmana che dividevano
da fratelli il drappo funebre per avvolgere i loro piccoli.
Poi i giorni si sono rincorsi ed alla fine improvvisamente
ci siamo trovati, increduli, a dire: "domani partiamo?"
L’abbiamo detto tristemente, con la voglia di rimanere
ancora a lavorare li, a lottare con chi é un fratello sfortunato.
Siamo partiti con gli zaini pieni di speranza e siamo tornati con gli zaini vuoti, avendo donato tutto ciò che potevamo dare. Sicuramente poco in questa terra immensa
, ma abbiamo dato con amore. Una goccia nel mare del
bisogno. Ed allora adoperiamoci tutti, ognuno con le proprie specialità a far si che queste siano gocce vivificatrici
per questa terra martoriata.
Cinzia Cosimi
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Una maratona per la prevenzione
La Susan G. Komen Italia è un’organizzazione senza
scopo di lucro basata sul volontariato che opera dal 2000
nella lotta contro il carcinoma della mammella su tutto il
territorio nazionale. E’ il primo affiliato europeo della
“Susan G. Komen for the Cure” di Dallas, la più grande
istituzione internazionale impegnata da oltre 25 anni in
questo campo. La Susan G. Komen Italia agisce promuovendo la prevenzione secondaria, fornendo supporto alle
donne che si confrontano con la malattia, contribuendo al
miglioramento della qualità delle cure e generando risorse
economiche con l’obiettivo di rendere il carcinoma della
mammella una malattia sempre più curabile. L’evento
simbolo della Susan G. Komen Italia è la “Race for the
Cure”. E’ una mini-maratona di 5 km con passeggiata di
2 km che ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica
sull’importanza della prevenzione, raccogliere fondi ed
esprimere solidarietà a chi si sta confrontando con la malattia. Protagoniste della “Race” sono, infatti, le “Donne in
Rosa”, donne che hanno affrontato personalmente questo
problema e che, coraggiosamente, scelgono di rendere
pubblica questa loro esperienza indossando una speciale
maglietta rosa. Intorno alle “Donne in Rosa”, la “Race” ha
la capacità di coinvolgere davvero tutti: corridori professionisti, “sportivi della domenica”, tantissime famiglie,
scuole, aziende, associazioni e gruppi di amici. Il Comitato
Regionale Emilia Romagna della Susan G. Komen Italia è
stato istituito nel 2007 e conta su uno staff preparato guidato dal prof. Vincenzo Eusebi, Direttore della Sezione di
Anatomia, Istologia e Citologia Patologica, Università di
Bologna, Ospedale Bellaria, e su un gruppo di volontari
attivi e motivati. La IV edizione della “Race for the Cure”
di Bologna è in programma per domenica 26 settembre
2010, subito dopo il 5° Congresso Italiano di Anatomia
Patologica, con la partecipazione prevista di oltre 7.500
persone.
Clara Rizzardi
Per informazioni
Comitato Regionale Emilia Romagna Susan G. Komen
Italia c/o Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia
Patologica
Ospedale Bellaria, via Altura 3, 40139 Bologna.
Tel. 340-4537183/051-6225976; Fax 051-6225759;
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RUBRICA DI BIOETICA
Anche l’etica ha una storia
Nell’occasione di una recentissima conferenza ho avuto
modo di rivedere degli articoli di Dietrich von Engelhardt,
dell’ Università di Lubecca, pubblicati su Kos tra il 199193 e mi è sembrato giusto per questa rubrica ripercorrere un mutuo cammino di considerazioni sull’evolvere del
pensiero umano sull’etica medica. Desidero anche ricordare ai Colleghi due scritti pubblicati dal Circolo della Cultura e delle Arti, ambedue del 2000, il primo di monsignor
Eugenio Ravignani “Etica e medicina” ed il secondo di
Franco Panizon “La nascita dell’etica nel mondo vivente,
nella cultura umana, nell’essere in via di sviluppo”.
Diamo intanto una definizione di bioetica, in quanto
l’etica medica (non l’etica dei medici) ne è parte. Bioetica
è un’etica caratterizzata da assunzione, da parte dell’uomo, di responsabilità per il sistema complessivo della
vita. In senso più ristretto assume il significato dello studio della condotta umana nell’area delle scienze della vita
e della cura della salute.
Siamo qui per fare una rapida scorsa, nei secoli, delle
diverse interpretazioni su quanto è anche di palpitante
attualità ora. Il concetto di persona, la sacralità della vita,
in generale o dell’uomo, la qualità di vita come valore aggiunto, la vita come degna di essere vissuta, il rapporto
con la morale, con i credi religiosi, con la legislazione, e
le problematiche attuali ed in fieri, il testamento biologico, la “manipolazione” genetica, l’eutanasia, l’accanimento terapeutico, l’aborto, l’utilizzo degli embrioni, la
nutrizione artificiale e via enumerando. Inoltre è argomento della bioetica il modificarsi del rapporto medicopaziente, che assume ora un significato di patto tra
curante e curato. Inoltre è di attualità la definizione di
persona, con i sui diritti e doveri, che derivano semplicemente dal fatto di essere persona. L’etica è legata alla filosofia, teologia, psicologia, sociologia e giurisprudenza;
questa ultima, come si è visto molte volte nella storia,
viene sviluppata in tempi, anche se di poco, successivi a
fatti nuovi, spesso di rottura con la prassi.
Nelle diverse civiltà antiche mi riferirò prevalentemente
a quanto nasce e si sviluppa attorno al bacino del Mediterraneo; compaiono plurime concezioni della figura del
medico, guaritore o sacerdote, e delle malattie, spesso
derivanti dall’ira divina e quindi, in qualche modo, giuste
e non eludibili. Il potere politico, già nel Codice di Hammurabi, dà disposizioni che coinvolgono il comportamento
del medico ponendolo davanti all’errore. Compaiono con
chiara evidenza i diversi diritti dei liberi e degli schiavi,
dei nobili e dei popolari, nei riguardi dei curanti come se
si trattasse di persone di diversa caratura anche economica. il medico che danneggia il nobile pagherà una certa
somma, o sconterà sul suo corpo l’errore; se danneggia
lo schiavo pagherà una somma inferiore al padrone, come
se avesse danneggiato uno strumento di lavoro. Una considerazione, anche a significato cautelativo, è che nella
sua azione il medico deve servire la natura e giovare al
paziente, mai danneggiarlo.
Nell’antico Egitto vi è un codice comportamentale molto
interessante. Nei papiri medici più celebri vi sono brevi
descrizioni di malattie, spesso non facilmente da noi decifrabili, seguiti dalla cura consigliata ma la cosa interessante è che contengono, un giudizio prognostico di
curabilità o incurabilità così espresso “è una malattia che
curerò, una malattia che proverò a curare, è una malattia che non curerò”. Non è chiaro se in caso di prognosi
infausta si decidesse nel non far nulla, abbandonando il
malato al suo destino o già allora si ricorresse a terapie
palliative o comunque senza speranza.
In tal senso Erodoto racconta che a Babilonia, ma era
un costume comune in tale epoca, il malato venisse portato in luoghi affollati, come ad esempio i mercati, in
modo da concedere ai passanti di interrogarlo e dare,
eventualmente, consigli. Erodoto approva il comportamento dei Babilonesi affermando che anche la comunità
deve aiutare il malato. Già da questi tempi lontani compaiono i tre protagonisti, che seguiremo nei secoli e millenni successivi: il medico, il malato e l’ambiente
circostante. A questa triade si affianca un altro concetto,
vago e concreto insieme, la malattia.
Nell’antica Grecia si delineano chiaramente elementi
che ritroviamo nella nostra cultura, innanzitutto rispetto
morale verso ogni paziente, libero o schiavo (meno con
chiarezza tra greco o barbaro). Si ritrovano nell’esercizio
della medicina precetti morali di orientamento pitagorico
“santa e pura manterrò la mia vita e la mia arte”. Nell’ultracelebre Giuramento di Ippocrate si nega l’aborto e
l’omicidio del consenziente ma ciò non era all’epoca riconosciuto universalmente. L’infanticidio è ammesso in certi
casi (nati deformi, ecc.) l’abbandono del nato anche (se
il padre non lo riconosceva). Secondo la filosofia stoica al
medico è consentito di aiutare gli altri a morire, o secondarli nel suicidio quando la malattia fisica soverchia la coscienza razionale. Platone ammette la soppressione dei
malati inguaribili “.. se si tratta del corpo lascialo morire,
se si tratta della mente spingilo al suicidio”. Anche il rinunciare alla terapia è considerata un’azione legittima se
la terapia si dimostra vana, e il medico perderebbe la reputazione. Tentare di curare ad ogni costo è un segno di
petulanza e spavalderia; si può invece tentare di lenire il
dolore o di tentare una guarigione parziale; il medico, seguendo il malato incurabile, deve cercare anche di capire
perché la malattia non è guaribile. Il medico non deve essere un semplice empirico, dice Galeno, deve dominare la
filosofia in tutte le sue parti, nella logica, nella fisica e nell’etica. Il medico è un servitore dell’arte, ma è necessario
che il malato aiuti il medico collaborando, per quello che
può, a combattere la malattia e seguendo le prescrizioni
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del medico stesso Se il paziente non segue le indicazioni
del medico, questi deve sospendere la cura. Per gli Stoici
il saggio, medico, o soggetto, sano o malato che sia, deve
essere indifferente alla propria povertà, al male, al dolore. In un atteggiamento che ora ci pare poco comprensibile
La comparsa delle grandi religioni monoteistiche e la
valenza che assumono nella società (la cristiana prima,
l’Islam più tardi) fanno sì che medico, paziente e malattia vengono considerati secondo la prospettive religiose.
La scolastica tenta di conciliare la teologia cristiana con la
filosofia aristotelica. L’etica si fonde con la legge divina.
Cristo rappresenta per ogni malato la figura di sostegno
e conforto. Il procurato aborto, il suicidio e l’eutanasia
vengono condannati in quanto peccati. Le malattie sono
derivanti dal peccato originale, possono essere una prova
alla quale Dio ci sottopone o sono sotto l’influenza del demonio. In sé la malattia può definirsi come salutare e la
salute come dannosa, se quest’ultima distoglie l’uomo dal
fine ultimo, la vita eterna. Sant’Agostino dice che la terapia deve mirare alla salute dell’anima. L’assistenza e la
cura dei malati è un’opera di misericordia e in questo
senso nei diversi mondi bizantino, occidentale ed islamico, sorgono gli ospedali e le assistenze religiose e monastiche. La malattia e la morte vengono affrontate ben
tenendo conto delle tre virtù teologali (fede, speranza e
carità) delle quattro virtù cardinali (giustizia, prudenza,
forza e temperanza) così, per il significato negativo, dei
setti vizi capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, accidia, ira, gola). Il medico deve mantenersi “santo e
puro”. L’assistenza durante la malattia e al momento della
morte è un compito essenziale del medico. Origene richiede al medico un reale compatire, tacere la verità può
essere un segno di misericordia e venire per questo giustificato. Basilio il Grande dice: “Chi disprezza la medicina
rifiuta un dono di Dio. Chi dispone tutte le sue speranze
solo nella medicina non ha capito il messaggio divino: ci
sono della malattie che non devono essere guarite ma
sopportate in onore di Dio”. L’etica è quella della carità;
anche i sani e la comunità sono chiamati alla cura ed all’assistenza. La malattia è una prova non solo per il malato, ma anche per chi gli sta vicino. E’ vero che i lebbrosi
vengono allontanati, ma ciò viene giustificato dalla Bibbia.
Il taglio cesareo è giustificato (era sempre mortale per la
donna) dato che così il bambino, se estratto vivo, anche
se non sopravviveva molto, poteva essere battezzato.
Dopo le Costitutiones di Federico II (1241) il medico viene
sottoposto al controllo statale, deve giurare, ed impegnarsi a curare gratuitamente i poveri. Nell’Islam, pur
nella consapevolezza che alla fin fine è sempre Allah a
guarire, è corretto affidarsi alle cure farmacologiche ma
anche alla combinazione di queste con le cure “divine”
/invocazione, santi amuleti, ecc.). Appare naturale infatti
nell’Islam considerare la cura spirituale per eccellenza,
cioè la recitazione e la meditazione sui versetti del Corano. Il mondo islamico enfatizza il rapporto umano con
il paziente, e su ciò concordano anche i medici ebrei; infatti ritroviamo questo concetto negli scritti di Maimonide
e di Isaac Israeli. In una medicina a forte impatto teologico l’ars vivendi diventa anche ars moriendi. Come già
nel mondo pagano Seneca e Marco Aurelio così anche nel
mondo cristiano Agostino e Boezio enfatizzano questo in26
timo rapporto tra vita, morte e, per i cristiani, Dio. Ildegarda di Binden dice: “la virtù raggiunge la perfezione nel
dolore … ma se la forza esteriore dell’uomo scema, allora
cresce, con saggezza e sopportazione, quella interiore”
Il Rinascimento apre prospettive che iniziano a trascendere delle visioni medioevali. Passano in primo piano
la vita terrena e l’individuo. Idea nuova è che si deve tendere a mantenere la giovinezza e la salute attraverso le
scienze naturali e la medicina. Si comincia ad affrontare
con più chiarezza l’etica del medico, del paziente e dell’ambiente. L’etica nel rinascimento è un cardine della medicina e Paracelso afferma che deve accompagnare il
medico sino alla morte, come quarto pilastro della medicina, accanto alla filosofia, all’astronomia ed all’alchimia.
Il vero medico non ricava il suo sapere solo dai libri ma
misericordia e caritas devono essere i pilastri della sua
preparazione. Dove non c’è amore non c’è neanche arte
medica. Il medico deve però avere dei limiti, dove la natura fallisce non si deve tentare di forzarla. L’eutanasia
può essere rivista e in qualche caso concessa, mentre
l’aborto procurato continua ad essere considerato un crimine. Thomas Moore dice: “… se la malattia non è solo
inguaribile, ma anche dolorosa e straziante, … si consigli
il malato a non insistere nel voler nutrire più a lungo la
sua malattia”. Condizione determinante è quindi la volontarietà del malato “… non potete comunque uccidere
nessuno contro la volontà e lo curerete dunque premurosamente.” La ragione impone che la società si prenda
cura in modo benevolo, di coloro con i quali la natura è
stata matrigna.” Noto è l’episodio in cui è coinvolto il chirurgo militare Ambroise Paré che vide un soldato uccidere, con un rapido colpo di coltello alla gola, un
commilitone ferito a morte. Paré, anche se non concorda,
dirà successivamente: “prego Dio che in una situazione
analoga qualcuno mi aiuti in questo modo.” Una posizione
vicino agli stoici viene affermata da Michel de Montaigne
che auspica un’uscita dalla vita in solitudine, senza tormenti, in modo da poter colloquiare con Dio. Tale posizione si prolungherà sino ai secoli seguenti, quando la
morte auspicabile, in un ambiente barocco, è quella nel
proprio letto, con i propri cari, che però negli ultimi istanti,
sono invitati a lasciar solo il morente. Filippo II morirà
così, nel conforto prima dei suoi, poi di Dio.
Alla fine del seicento e nel settecento irrompono correnti filosofiche, pedagogiche e teologiche che si riversano sull’etica del medico, del paziente e dell’ambiente
circostante, culturale e politico che sia. Medicina e morale devono essere considerate insieme, come annota
Leibniz nel 1671. Le conoscenze empiriche e psicologiche
vengono ritenute sempre più importanti per la comprensione del comportamento umano e per la realizzazione
dei principi etici. Si discute molto intensamente della
virtù, dei doveri e dei diritti del medico, del paziente e
dell’ambiente. Si recupera la tradizione storica. Si ritengono importanti sia le virtù cardinale di Platone (Saggezza, Temperanza, Valore e Giustizia) che le tre cristiane
(Fede, Speranza e Carità). Le virtù borghesi prendono via
via il posto delle virtù aristocratiche del periodo barocco
(Generosità e Temperanza). All’inizio del secolo successivo, nel 1803, Thomas Percival parla del medico come di
un gentleman, per il quale tutti gli uomini devono essere
uguali. Guida rimane la visione kantiana della Virtù come
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forza, dovere da compiere. Il medico deve fondare il suo
sapere sulla teoria e sulla pratica, deve viaggiare, deve ricercare. Le terapie devono tenere il giusto mezzo, non
troppo blande e non troppo aggressive, e in questo senso
molti medici si trovano contrari alla vaccinazione antivaiolosa. I malati di mente devono essere capiti e, pur sempre membri della società, devono essere curati. Anche il
moribondo deve essere curato. L’eutanasia è contraria al
dovere più alto e nobile della medicina, la conservazione
della vita. La professione del medico deve essere vincolata dal segreto, il dovere del silenzio però viene meno
quando altre persone possano essere messe in pericolo,
quando lo richiede lo Stato o quando si tratta di denunciare azioni disoneste di colleghi. I malati devono lasciarsi
guidare in qualunque caso dall’aiuto terapeutico della
speranza e del rispetto, devono avere forza morale e pazienza. Il malato non può chiedere al medico l’impossibile
e deve rispettare i consigli. Deve tendere ad essere il medico di sé stesso, lo Stato deve impegnarsi per il rispetto
della virtù e dei doveri sia dei medici che dei malati.
Particolare fu l’influenza della cosiddetta epoca romantica soprattutto nell’ambiente tedesco che ne venne interessato ai primi dell’ottocento, sotto l’influenza di
interpretazioni metafisiche della salute, della malattia e
della terapia. L’individuo ha autonomia morale, la moralità è individuale e l’etica è sociale. La malattia in senso
natural-filosofico consiste in un dissidio dell’organismo,
una cattiva relazione delle funzioni organiche della sensibilità, irritabilità e riproduzione. La vita secondo Hegel è
“malattia primitiva” dalla nascita e porta dentro di sé il
seme della morte, sopra alla morte dell’individuo sta il
mondo senza fine. Nelle malattie psichiche una cura
“umana” è giusta. La malattia non è sempre negativa, comunque le malattie croniche possono rinforzare o modulare la personalità. La medicina deve unire le scienze
naturali a quelle spirituali. Natura e cultura devono essere associate. John Brown (1735-1788) afferma che le
malattie dipendono da una variazione dell’eccitabilità e
sono classificabili in steniche ed asteniche. Pericoli per
ogni medico sono l’egoismo e la mancanza di umanità, la
terapia deve operare contemporaneamente sul corpo e
sulla mente. Ogni malato è responsabile della sua salute
e della sua malattia, ogni medico si deve riferire all’uomo
come soggetto. La terapia spesso deve riconoscere al malato una libertà decisionale. Il malato deve ricevere dal
medico l’educazione alla guarigione. Il medico stesso
deve avere interesse per il paziente ma anche sentirsi impegnato dalla conoscenza scientifica. Il medico dell’età
romantica valorizza, come metodo di cura psichico, la musica. L’eutanasia viene rifiutata. Nel riguardo dei moribondi il medico non deve rinunciare ai sedativi, ai palliativi
ed all’assistenza spirituale. Il medico peraltro non deve
informare il malato inguaribile del suo stato e deve rimanere disponibile sino alla fine.
Nell’ottocento l’orientamento positivista, basato sulle
scienze naturali, supera di gran lungagli altri indirizzi. Vi
è necessità di obiettività, esperimenti e specializzazioni.
Entusiasmo scientifico e fiducia verso il progresso sono
le caratteristiche del secolo. Le scienza naturali sono “un
organo assoluto della cultura” e la storia delle scienze naturali è la storia dell’umanità. Vi è una contraddizione, i
successi teorico-diagnostici superano di gran lunga quelli
terapeutici e ciò è ben avvertibile come fattore limitante.
La medicina si pone ad “avvocato dei poveri” e deve ritenersi responsabile dell’igiene, della diffusione della salute
e del miglioramento delle condizioni generali di vita. Nella
sperimentazione e nell’obbedire alle scienze naturali l’interessarsi dell’uomo pone davanti all’umanità e la pietà
limiti non valicabili. L’etica vede predominante la funzione
del medico. 1. I doveri dei medici nei confronti dei loro
pazienti ed i doveri dei pazienti nei confronti dei loro medici; 2. I doveri dei medici tra di loro e nei confronti della
“classe” professionale; 3. I doveri della medicina nei confronti della società e viceversa. Nel 1845 Maximilien
Simon definisce il concetto di deontologia, come dottrina
dei doveri e dei diritti. Si parte dal presupposto che il medico ha il dovere di tutelare la propria moralità, presupponendo che questa debba esserci aprioristicamente.
Vanno tutelate l’autonomia morale e la dignità della vita.
Mentre il paziente possiede il diritto di scegliere il medico,
il medico ha comunque il dovere di assisterlo e curarlo,
nell’onorario il medico deve trovare la giusta via tra le
condizioni economiche del curato ma anche basandosi
sulle esigenze della sua famiglia (del medico). Vi è una
tendenza all’atteggiamento tecnico-autoritario, nuoce essere amico, il medico comunque è “di famiglia”, è un supporto benevolo, abile e volonteroso. Il diritto
all’informazione del paziente, ed anche, talora, ai congiunti, non deve essere assoluto in tanto in quanto una
informazione di prognosi infausta potrebbe di per sé nuocere, la speranza è “ ultima dea”. Fondamentale è la riservatezza del medico, egli ha il dovere di tacere.
L’eutanasia, anche a richiesta del malato, va sempre rifiutata. E’ ammessa e doverosa l’arte di alleggerire al morente l’uscita dalla vita. Il medico deve e non può far altro
che mantenere la vita, che sia una fortuna o una sfortuna, che abbia o meno un valore. Le conoscenze mediche devono essere divulgate il più possibile, l’educazione
è dovere, la divulgazione anche. Il progresso della medicina richiede l’esperimento sull’animale e qualsiasi crudeltà in tal senso è giustificata per il bene dell’umanità.
L’esperimento sull’uomo è proibito così come è proibito
un trattamento diverso tra gruppi simili di malati onde ottenere un confronto di efficacia. Sono leciti gli esperimenti
su sé stessi. Un’educazione morale degli studenti di medicina deve derivare dall’osservazione e dall’imitazione dei
loro docenti più che da regole codificate, il professore
deve dare esempio di probità, di disinteresse, di delicatezza. Nel medico i presupposti di un bravo guaritore devono essere innati ed intuitivi. Il progresso medico
prolunga la durata fisica della vita e nello stesso tempo la
società abbassa l’età durante la quale un individuo può
svolgere delle attività di rilievo.
Il novecento si apre con la consapevolezza che l’etica
trascende i fondamenti antropologici e cosmologici, rimane sempre legata alla concezione, mutevole e sfumata, della filosofia. Essa è in divenire e così giungiamo
a noi
Euro Ponte
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ED INFINE UN PO’ DELLA NOSTRA STORIA
In ricordo di... Piero PETRONIO (1906-1975)
Indubbiamente, Piero Petronio è stato un protagonista
della chirurgia, non solo giuliana. Uomo di forte personalità e di ottima cultura, fu un grande chirurgo. Di lui ebbe
a scrivere nel maggio 1997 un pregevole ricordo, su IL
LANTERNINO, trimestrale di storia della medicina e studi
sociali, il prof. Euro Ponte, docente di storia della medicina del nostro Ateneo. L’elaborato del prof. Ponte è stato
per me occasione per rivisitare questo interessante personaggio della classe medica passata e, nel contempo,
utile spunto per ricordarlo ai Colleghi dei giorni nostri,
non solo come chirurgo, ma anche come uomo.
Egli nacque a Trieste il 10 marzo 1906 e nella città natale conseguì la maturità classica, presso il glorioso Liceo
Ginnasio “Francesco Petrarca”. Iscrittosi alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Bologna, si
laureò a pieni voti nel 1930. La tesi di laurea la discusse
con Vincenzo Putti, il creatore della branca ortopedica italiana. Nel 1935 si specializzò, all’Università degli Studi di
Padova, in Chirurgia Generale, conseguendo nel 1970 la
Libera Docenza in Semeiotica Chirurgica.
Svolto il servizio militare in Sanità, iniziò nel 1933 la
sua attività ospedaliera come assistente volontario nella
seconda divisione chirurgica dell’Ospedale Maggiore di
Trieste, per divenire di ruolo nel 1935. Nel contempo si
impratichì nella chirurgia ortopedica ed osteoarticolare,
frequentando per alcuni mesi l’Ospizio Marino di Valdoltra.
Nel 1935 fu richiamato alle armi ed inviato in Somalia,
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nel settore del Giuba, sul fronte dell’Ogaden, per dirigere,
poi, in Etiopia, l’Ospedale Civile e Militare di Dire Daua.
Congedato, riprese nel gennaio del 1938 il servizio nella
prima divisione chirurgica, come assistente, divenendo
nella stessa, a fine anno, aiuto.
Nel giugno 1940 fu nuovamente richiamato alle armi ed
inviato sul fronte jugoslavo, per venir trasferito, nel maggio 1942, a Bengasi, quindi in Tunisia, dove fu fatto prigioniero dai francesi, che lo utilizzarono come chirurgo
nell’ospedale francese di Mascara, in provincia di Orano,
che finì per dirigere.
Rimpatriato, riprese servizio nella prima divisione chirurgica, collaborando, nel corso d’un quinquennio, con i
tre primari che si succedettero nella guida della divisione
e cioè Almerigo d’Este, Giancarlo Peracchia ed Emanuele
Tantini, frequentando periodicamente, appena possibile,
la clinica chirurgica, diretta dall’esimio chirurgo e nostro
concittadino Pietro Valdoni. Trasferitosi il Tantini a Verona,
sua città natale, Piero Petronio resse per incarico, per
circa un anno, dal 1952 al 1953, la divisione, per divenire, quindi, primario di ruolo, previo concorso, appunto,
della prima divisione chirurgica dell’Ospedale Maggiore di
Trieste. Tale ruolo il Petronio lo ricoprì ininterrottamente
sino alla morte, occorsa il 17 aprile1975 quando, sin dal
1961, era pure Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi
della Provincia di Trieste.
Colpito da una grave radiodermite alle mani, fu operato
nel 1959 subendo in seguito vari trapianti e mutilazioni
alle dita della mano, senza cessare, però, dall’impegno
chirurgico, portato avanti con grande sacrificio.
Con all’attivo una pregevole e vasta produzione scientifica, partecipava fattivamente all’attività di molte Società
della sua disciplina. Ebbe, pure, una ricca e pregevole casistica operatoria, che superava i 15.000 interventi.
Uomo attivo, molto impegnato nella professione, che
svolse sempre con competenza, alta qualità e particolari
doti umane, era persona riservata e tranquilla, però di carattere energico, che poteva sembrare duro, pur senza
esserlo. Amava, infatti, la musica operistica e sinfonica,
prediligeva la lettura di testi di storia e letteratura classica,
tenendosi, però, sempre aggiornato sui fatti del mondo,
tramite i comuni mezzi d’informazione.
Sportivo, praticò, in gioventù, attività sciatoria ed il canottaggio e, in età matura, la fioricultura, dedicandosi
quotidianamente ai fiori ed alle piante del suo bel giardino
d’Opicina.
Piero Petronio fu un valente medico che onorò la nostra
città.
Claudio Bevilacqua
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DALLA ASSOCIAZIONE MOGLI MEDICI ITALIANI
(AMMI)
PROGRAMMI di MAGGIO e GIUGNO
Martedì 4 maggio 2010
Gita naturalistica e culturale in Slovenia allo splendido parco dell’Arboretum di Volcji Potok con le fioriture primaverili.
Dopo la visita del parco pranzo nel paese di Zice
nella più antica trattoria della Slovenia, attiva dal
1600 e poi visiteremo l’antico Monastero Cartesiano
di San Giovanni Battista, dove nell’antica farmacia si
possono acquistare i prodotti dei monaci.
Per informazioni telefonare a
Cristina Longo (3497271734), entro il 30 aprile.
Mercoledì 19 maggio 2010 ore 15
Torneo di burraco a scopo benefico presso il Circolo
Marina Mercantile di viale Miramare (iscrizione a
coppie, 15 euro).
Il ricavato sarà devoluto alla Comunità di San Martino al Campo (Don Mario Vatta)
Martedì 8 giugno 2010
Presso il Circolo della Vela, Riva Grumula, ore 20
CENA e CONCLUSIONE dell’anno sociale
L’INVITO E’ ESTESO A TUTTE LE SOCIE CON I MARITI, I MEDICI AMICI CON LE CONSORTI, LE AMICHE CHE CONDIVIDONO IL NOSTRO IMPEGNO.
Il costo è di 45 euro a persona comprensivo di un
contributo per le nostre iniziative di solidarietà.(LILT)
Sarà un’occasione in più per dare sostanza al nostro
impegno, per far conoscere la nostra Associazione
e le nostre finalità.
Telefonare a
Emanuela Dobrina (3495259743)
Cristina Longo (3497271734)
entro il 30 maggio
Maria Cristina Longo
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RUBRICA SINDACALE
Rubrica aperta ai contributi di tutte le organizzazioni sindacali mediche compatibilmente
con lo spazio disponibile
….. DALLA CISL Medici
Il percorso del Centro trasfusionale dell’IRCCS
Burlo Garofolo e l’azione sindacale della CISL
Medici
Il rafforzamento della contrattazione decentrata, fortemente voluto dalla CISL in base all’accordo del 1993, accresce la possibilità di partecipazione sindacale in tema
di contratti integrativi, produttività, risorse aggiuntive,
orario di lavoro; l’applicazione é infatti arrivata anche nel
pubblico impiego e i recenti rinnovi contrattuali hanno
aperto una nuova stagione di impegno e preparazione
costruttiva da svolgersi in tutti i luoghi di lavoro (alias
aziende ospedaliere e territoriali). Viene ristrutturato il capitolo delle relazioni sindacali, che amplia il potere di trattativa del Sindacato anche con la regolamentazione del
tavolo di Coordinamento Regionale. Tale “nuova filosofia
contrattuale” della peculiarità e particolarità normativa ed
economica della Dirigenza Medica e Veterinaria, strettamente connessa all’urgente necessità di raggiungere
l’obiettivo di una organizzazione del lavoro più specifica
ed attinente al buon funzionamento del Servizio Sanitario,
viene infine integrata, con il CCNL 2008-2009, dalla gestione del rischio e della copertura assicurativa, dal codice disciplinare, dalla formazione e dalla verifica dei
dirigenti.
La CISL Medici rileva (come già scritto in un precedente
articolo sul “Bollettino” n. 5, settembre-ottobre 2009) che
molto spesso c’è impreparazione su questi temi e che il
“sindacalismo” al tavolo contrattuale viene spesso interpretato da alcuni come utile impegno più per ricevere che
per dare interpretazioni normative contrattuali, oppure
per contrapporre slogan che alla fine conducono ad accettare comunque una proposta aziendale con modifiche
poco significative. In questo contesto i nuovi modelli contrattuali prevedono invece per il Sindacato, una grande
responsabilità, che è quella di costruire i piani aziendali,
le prospettive di lavoro, di tutelare i propri iscritti, di accrescere la categoria. L’esempio della Medicina trasfusionale del Burlo (ex Centro trasfusionale secondo la vecchia
dizione tuttora imperante) è emblematico.
Nato con l’Istituto per l’Infanzia negli anni ’70 per l’inderogabile necessità di trasfondere neonati e seguire le
problematiche dei pazienti oncologici in maniera adeguata, nei temi specifici delle exanguino-trasfusioni per
immunizzazione materno-fetale, delle profilassi, del supporto trasfusionale piastrinico da aferesi, delle gestosi
gravidiche che necessitano di plasma-exchange terapeutici, ne viene affidata la consulenza/responsabilità (come
recitava l’atto, di dubbia legittimità), al primario del Ser-
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vizio trasfusionale degli Ospedali Riuniti di Trieste. Il successivo primario rigetta tale responsabilità che viene affidata “ad interim” al primario del Laboratorio dell’IRCCS
Burlo Garofolo, che istituisce all’interno del Centro trasfusionale un Modulo organizzativo di Aferesi e Produzione emoderivati. Le modifiche contrattuali del CCNL e la
“vacanza primariale” del Laboratorio analisi per successivo pensionamento dirigenziale, portano ad un suo inserimento nel Dipartimento trasfusionale strutturale degli
Ospedali Riuniti. Il decreto istitutivo non viene esposto
all’albo dell’IRCCS Burlo Garofolo, ma solo a quello dell’Ospedale Maggiore. Il ricorso sindacale della CISL Medici
al pretore del Lavoro per mancata informativa sindacale
in materia così importante, non conclude il percorso: il
giudizio diffida in sostanza il Burlo dal procedere a decretazioni senza informativa e consultazione sindacale,
ma in sostanza, pur compensando le spese tra le parti,
non sospende l’atto. Nel 2004 gli Ospedali Riuniti e
l’IRCCS procedono alla parte attuativa dell’inserimento del
Centro trasfusionale nel Dipartimento interaziendale e, su
indicazione del referente all’Agenzia Regionale alla Sanità,
che nel contempo è anche primario del Servizio Immunotrasfusionale degli Ospedali Riuniti e direttore del Dipartimento strutturale interaziendale, emanano un nuovo
decreto. L’atto viene nuovamente impugnato dalla CISL
Medici perché inserisce, in maniera indistinta, il Laboratorio Analisi (cui il Centro afferisce per personale e budget) nel Dipartimento Trasfusionale e non in quello di
Medicina di Laboratorio. Causa ferma al Tar da allora
(questi sono purtroppo i tempi della giustizia) e nuovo
atto deliberativo che inserisce nel 2007 una ipotetica SSD
(Struttura semplice dipartimentale, mai definita né assegnata) nell’Azienda mista Ospedaliero-Universitaria (alias
Ospedali Riuniti). Ma sostanzialmente l’unità non esiste
in quanto non definita per budget, organico, certificazione
di qualità, accreditamento e atti assicurativi del personale.
Le riflessioni che si possono trarre da queste brevi note
sono di due tipi.
La prima credo sia quello inerente le professionalità
coinvolte e la difficoltà di dividere una materia di complessità eccezionale, o come oggi si suol dire oggi di “eccellenza”, cui provvedevano con entusiasmo sia i laureati
del trasfusionale che quelli del laboratorio (antesignano
facs-simile del neo-costituito C.U.V.- Centro Unico di Validazione dell’ASS2 che esegue gli esami di laboratorio dei
donatori di sangue). Unitamente alle associazioni del volontariato che partecipavano all’attività con sostanziose
donazioni strumentali: citofluorimetri, separatori cellulari,
contaglobuli, cardiofrequenzimetri e pagamento di corsi
di aggiornamento in centri specializzati. Vanno ricordate
in particolare l’AGMEN, l’AVIS, la SWEET HEART. Le attività peculiari dell’Istituto per l’Infanzia riguardavano aferesi di cellule staminali in bambini di basso peso,
donazioni “multicomponent”, lo studio dell’incompatibilità
trasfusionale in bambini oncologici-trapiantati, la raccolta
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e la criopreservazione di sangue midollare placentare, i
plasmaexchange per malattie autoimmuni, la plasma-produzione. Tali argomenti andavano discussi con maggior
ponderatezza prima di affidarne la responsabilità ad
azienda che si dedicava prevalentemente alla raccolta di
sangue per trasfondere adulti-anziani e che in pratica ne
assorbiva l’attività (due sole sigle sindacali erano presenti al “tavolo” di consultazione sindacale). Compresa la
richiesta di sostituire con idonea e moderna apparecchiatura non radioattiva il vecchio ma ancor attuale irradiatore al Cesio, presente nel sottoscala del Burlo per
irradiare le sacche dei neonati e dei trapiantati, che vede
coinvolto il personale del Burlo.
La seconda riflessione, e la Cisl Medici se ne assume la
responsabilità, è che gli ospedali ad alta specializzazione
si fondano su servizi efficienti e consolidati. L’eccessivo
numero di sigle sindacali (ora ridotto ad otto dall’”effetto
Brunetta” (Dlgs 150/2009) vede spesso al tavolo sindacale la prevalenza di clinici, più esperti ed attenti alle problematiche loro ben note, che ai servizi di diagnosi. Pur
di raggiungere l’obiettivo della costituzione del dipartimento trasfusionale le direzioni derogano sulla pronta disponibilità, sull’orario di lavoro e sulla mobilità medica,
emanando alcuni provvedimenti di discutibile legittimità.
La materia è invece ben disciplinata dalla sottoscrizione di
accordi regionali condivisi dalle OO.SS e dal CCNL 20022005 (art. 17 e 18). Ricorsi e tentativi di conciliazione si
sprecano; ma il nuovo contratto sindacale 2008-2009, appena siglato, cercherà di mettere un po’ di ordine anche
sui fondi legati alle condizioni di lavoro, mentre il disegno
legislativo sul governo clinico, che attualmente si sta dibattendo nelle aule parlamentari, ridefinisce l’organizzazione delle attività mediche e delle strutture operative.
La responsabilizzazione sindacale verso le direzioni, che
ben conoscono le modalità di affrontare i problemi che
possono sorgere in sede extragiudiziale per obiettivi non
raggiunti e valutazioni errate, dovrebbe essere più impegnativa e “studiata” anche nella creazione dei dipartimenti: manca tutt’ora l’attuazione dei regolamenti per
farli funzionare (attualmente in discussione presso la XII
Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati).
L’auspicio che la CISL Medici vorrebbe fare a tutti ed
anche a se stessa, è di maggior impegno in un serrato
confronto con le direzioni non per non fare, ma per fare
bene, cioè secondo CCNL che è legge dello stato. Non si
ritiene ci possa essere altra maniera legittima per “costruire” un Dipartimento strutturale.
Sergio Parco
Riferimenti.
1.CCNL della dirigenza medica e veterinaria quadriennio
2002-2005 – parte normativa.
2.I contratti 2008-2009 per medici e dirigenti del Servizio
Sanitario – Il Sole 24 ORE Sanità, 16-22 febbraio 2010.
3.Reg. Decr. N. 104/2007 IRCCS Burlo Garofolo,
12.6.2007: Trasposizione ricorso TAR FVG
4.Linee guida e appendice normativa richiamata nei contratti – CCNL 2002-2005, CISL Medici
5.Linee generali di indirizzo per lo svolgimento della contrattazione integrativa aziendale – ARS – FVG, 6 maggio
2009
6.Linee generali di indirizzo sulle materie previste dall’art.
9 del CCNL – ARS – FVG, 3 novembre 2005
….. DALLA FIMMG
Nuovo certificato telematico per la richiesta
del riconoscimento dell'invalidità civile
Nell'ambito dell'innovazione informatica introdotta dalla
normativa sulla certificazione per il riconoscimento dell'invalidità civile, in data 12 febbraio 2010, si è svolto un
incontro presso l' Ordine dei Medici di Trieste con la presenza di Responsabili Medici ed Amministrativi dell'I.N.P.S. della sede di Trieste, di un Medico presidente di
commissione dell'A.S.S. n.1 “Triestina” e di Medici di Medicina Generale della F.I.M.M.G. operanti nella stessa
Azienda al fine di condividere le modalità operative per
la richiesta di visita collegiale domiciliare.
Si è infatti ravvisata la necessità di rinnovare l'accordo
operativo tra gli attori coinvolti, già concordato nella precedente riunione presso l'Ordine dei Medici in data 09 novembre 2005, in quanto la schematicità del certificato
redatto per via telematica ne ha reso necessaria una revisione operativa.
Pertanto, ribadita la centralità del Medico Curante, che è
il miglior conoscitore del Paziente nella sua interezza, ai
fini della richiesta di visita domiciliare, è stato condiviso il
seguente elenco di motivazioni:
1) Paziente permanentemente allettato.
2) Paziente permanentemente collegato ad apparecchiature salvavita.
3) Presenza di barriere architettoniche.
4) Altro (con questo termine s'intendono cause, da descrivere brevemente in anamnesi, che possono, a parere
del Medico Curante, rendere altamente difficoltoso o penoso il trasporto del Paziente presso la sede della Commissione Medica).
Qualora il Soggetto rientri nella definizione di cui al
punto 4 sarà cura dei Medici Legali delle Commissioni
contattare il Paziente per verificare la necessità della visita domiciliare.
Quindi in caso di effettiva intrasportabilità sarà sufficiente compilare l'apposito certificato e segnalare in calce all'anamnesi se trattasi di paziente permanentemente
allettato, se di paziente permanentemente collegato ad
apparecchiature salvavita, se vi sono barriere architettoniche o se il soggetto rientra nella tipologia definita da “altro”.
Si ribadisce che l' intrasportabilità non va mai certificata quando si abbia notizia od evidenza che il Paziente
esca di casa per svolgere gli atti quotidiani della vita ovvero per mera comodità di parenti o altri assistenti la persona.
Tiziano Catanzaro
Maurizio Spedicati
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