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n° 333 - gennaio 2008
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
La melodia muta in Caravaggio
Tra realismo e allegoria la sensibilità di un artista che
trasfonde nella pittura le proprie conoscenze musicali
Sono raccolte in un arco di
meno di dieci anni, le opere
di Michelangelo Merisi
(1571-1610), il Caravaggio, in cui a essere soggetto
è la musica.
Appena ventenne il pittore
si trasferisce dalla Lombardia, dove era nato, a Palazzo
Madama a Roma, sotto la
protezione del cardinale
Vincenzo Del Monte. È noto
come il cardinale fosse non
solo uomo legato ad ambienti ecclesiastici, ma anche amante della pittura e
della musica, tanto da dedicare a quest’ultima tempo
e spazio: nel palazzo una
stanza adibita solamente
alla musica conteneva una
vasta collezione di strumenti e spartiti musicali.
L’ambiente in cui si trova
il Caravaggio stimola ancora di più la sua ricerca del
‘vero’ nella raffigurazione
delle scene dipinte: per fare
ciò posizionava i soggetti
da dipingere, illuminandoli con lanterne, in uno
spazio che non era né definito, né limitato, ma luogo
di possibilità plastiche nei
giochi di luci ed ombre.
Si nota però una particolarità nella ripresa dei soggetti: sembra che l’artista
utilizzi gli stessi elementi
in diversi quadri. Tanto che
si potrebbe ipotizzare, avesse
a sua disposizione come una
sorta di ‘magazzino’ - per
dirla in maniera semplicistica - da cui prendeva ciò
che gli serviva per approntare e creare la scenografia
per la scena da rappresentare. Nei quadri a tema mu-
sicale ci sono casi di ‘ripetizione’: ad esempio, uno
dei primi commissionati
dal cardinale è il magnifico
dipinto che ha come titolo
Il Concertone o Concerto di
giovani (1595 ca). Il soggetto che suona il liuto a
14 corde sembra essere lo
stesso del Suonatore di liuto
(versione per Vincenzo Giustiniani, 1595, presso l’Ermitage a San Pietroburgo).
Il modello è stato poi riconosciuto come Mario Minniti, conoscente e discepolo
del maestro. Gli strumenti
su cui si sofferma Caravaggio sono tre: un liuto, un
violino e una cornetta. Il
liuto, che ritroviamo come
soggetto nelle due versioni
del Suonatore di liuto, è uno
strumento che durante tutto
il Rinascimento ha avuto
un’importanza paragonabile al pianoforte nell’Ottocento. Poteva essere suonato da solo, con altri strumenti, o per accompagnare
il canto. Caravaggio sceglie
di rappresentarlo con piena
conoscenza, per esperienza
sia visiva che uditiva. Inserisce accanto al suonatore
anche un giovane che guarda
verso lo spettatore tenendo
in mano una cornetta, forse
un autoritratto. A completare il quadro un altro soggetto di spalle che guarda
uno spartito. Come era consuetudine, lo spartito rappresentato non è casuale: si
tratta infatti del madrigale
O felici occhi miei, di Arcadelt, compositore fiammingo attivo a Roma dal
1539. Infine, una quarta fi-
gura sta staccando un grappolo d’uva da un tralcio di
vite; le ali e soprattutto le
frecce che si intravedono
alle sue spalle la denotano
come Cupido, la cui presenza dà un tono allegorico
alla situazione più che reale
dei musicisti. L’elemento
più evidente dell’allegoria
è l’accordatura del liuto,
che rimanda simbolicamente a una ricerca di armonia. L’amore e il vino,
il liuto e il canto, compongono nell’opera una sorta
di Arcadia: gli abiti usati
che coprono appena i giovinetti antichizzano la scena,
tranne per il giovane che
suona il liuto che invece indossa, come nelle due versioni de Il suonatore di liuto,
una camicia secondo il taglio dell’epoca, con spesse
pieghe. Il Vasari nelle sue
Vite, dichiara che quella del
pittore lombardo è una ‘musica picta’, ovvero una rappresentazione pittorica della
musica come arte: viene da
pensare che in realtà sia più
un tentativo di dipingere
l’atmosfera che regnava nei
saloni di Palazzo Madama,
proprio perchè Caravaggio
prende spunto da elementi
reali, di cui non solo gode
a livello estetico, ma che
prende a modello per raffigurare le scene. Per altro
non si può nemmeno pensare che si tratti di una rappresentazione totalmente
verosimile, dato che la presenza del Cupido rende
meno terrena la scena ma
soprattutto sembra smorzare le fattezze ambigue e
Caravaggio: Amore vittorioso - Berlino, Staatliche
Museen
Caravaggio: Suonatore di liuto - New York,
Collezione privata
Caravaggio: Suonatore di liuto - Leningrado,
Ermitage
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androgine dei musicisti imbellettati e truccati.
Uno strumento che ricorre
anche in altri dipinti è il
violino: Caravaggio fu il
primo a dingere con maestria gli strumenti che facevano parte della nuova
musica dell’epoca. A livello
iconografico, il violino è
uno strumento che ha fatto
la sua comparsa verso la fine
del XVI secolo e quindi si
può supporre che fosse presente nella sala da musica
del cardinale. Questo violino poggiato potrebbe far
pensare a una simbologia
legata alla vanitas, che fino
ad allora annoverava tra i
soggetti rappresentati piante,
libri, candele, teschi e tutto
ciò che poteva rimandare
al carattere transitorio della
vita: secondo questa interpretazione, il violino poggiato in primo piano perde
quindi la sua vera ragion
d’essere. Caravaggio può
essere considerato come uno
dei precursori dell’ arte di
dipingere gli strumenti
musicali in cui il Baschenis fu maestro. Lasciare lo
strumento inutilizzato, lo
rende vano per quella che
è la sua potenzialità creativa. Baschenis arrivò addirittura a ritrarre i liuti
impolverati per il non-uso
e capovolti in modo da non
far vedere le corde, unici
elementi produttori di musica. Nelle raffigurazioni a
tema musicale la musica
non suonata è musica vana:
tuttavia, il fatto di mettere
assieme spartiti in cui la
musica è a portata d’occhio,
fa vedere cosa nel dipinto
“muto” sta avvenendo, cosa
si sta o dovrebbe poter essere suonato. La musica è
in qualche modo ritratta,
ma mutilata della sua esecuzione, che ne fa percepire
anche se in maniera transitoria, la vera essenza.
Caravaggio rappresenta la
musica sentita nel suo ambiente a Roma, come testimoniano gli spartiti presenti nelle due versioni del
Suonatore di liuto. In questi
quadri le figure furono interpretate in un primo momento come femminili, sia
per la fascia che lega i capelli in entrambe e, nella
seconda versione, (per il cardinal Del Monte, 1596-7,
New York, collezione privata) per un largo sprone
sotto il petto che dà alla camicia un taglio femminile.
In un secondo momento il
modello raffigurato fu riconosciuto nel già citato
Minniti. Nei due dipinti
varia il piano d’appoggio:
nella prima versione un tavolo di marmo mentre nella
seconda un tavolo coperto
da un tappeto orientale (quel
particolare tappeto sembra
essere lo stesso usato sul tavolo de I bari, 1594). In entrambi è presente anche il
violino, strumento poggiato sulla pagina dello spartito, molto ricercato nella
fattura della prima versione,
con giochi superbi di luce
ed ombra e con un’attenzione ai particolari, ad esempio la corda, che è più lunga,
mentre nella seconda versione c’è maggiore attenzione alla decorazione dello
strumento. Inoltre, mentre nella prima versione intorno al suonatore ci sono
elementi legati alla natura
che si possono identificare
come nature morte, nella
seconda questa è associabile agli strumenti poggiati
e inutilizzati: un flauto e
una spinetta. Nelle due versioni la posizione del suonatore è la stessa e addirittura sembra essere la stessa
situazione, con il fascio di
luce al di sopra della testa
del suonatore.
Il soggetto rappresentato
sta evidentemente suonando
e sappiamo anche cosa. Gra-
zie ad un preciso gioco di
prospettiva, sulla superficie si vede un quaderno di
note aperto, posto sopra ad
un altro. Nella prima versione Caravaggio riprende
il Libro Primo di quell’Arcadelt già incontrato nel
gruppo del Concerto di giovani: interessante e sintomatico del tipo di ricerca
della realtà in Caravaggio
è la riproduzione in maniera precisa dei particolari, al punto che nell’esemplare di San Pietroburgo si
può riconoscere una versione romana di Valerio Dorico e nella seconda un’edizione veneziana di Antonio Gardane. La parte del
madrigale che inizia con la
V (che potrebbe essere vista come riferito a Vincenzo
Giustiniani) segue con ‘Voi sapete ch’... io v’amo’, quasi
un inno di affetto per il suo
committente.
Nella seconda versione addirittura c’è il numero delle
pagine in cui compare il sonetto 11 del Petrarca, ‘Lassar il velo’, nel quale la dama
viene pregata di svelarsi
(amore in maniera più pagana rispetto alla precedente): anche in questo caso
è possibile risalire al fiorentino Francesco de Layolle,
che musicò appunto il testo. Caravaggio è in questo
senso testimone storico di
ciò che avviene nel suo
tempo. Senza però scordarsi
di affrontare anche temi più
sacri. In questo contesto è
assolutamente impossibile
non tener conto del Riposo
durante la fuga in Egitto
(1595, Roma, galleria Doria). Rispetto alle versioni
del Tintoretto e di Tiziano,
Caravaggio pone al centro della scena la figura di
un angelo che imbracciando
un violino, esegue il mottetto indicato dallo spartito che Giuseppe regge in
mano. La lettura delle note
Caravaggio: Concerto di giovani - New York, The
Metropolitan Museum of Art
Caravaggio: Il riposo durante la fuga in Egitto Roma, Galleria Doria
sotto: particolare
pag. 3
ha consentito di individuare
il testo come parte del Cantico dei Cantici, omaggio alla
bellezza della Madonna:
‘quam pulchra es et quam decora carissima in deliciis. Statura tua assimilata est palmae et uba tua botris’ (‘come
sei bella e leggiadra, carissima, per le tue delizie.
La tua statura è quella della
palma e il tuo seno è come
un grappolo’). Per tornare
all’ipotesi di partenza della
ripetizione dei soggetti, la
Madonna in questo senso
sembra molto simile alla
fanciulla ritratta per la Maddalena, soprattutto nella
posizione della testa poggiata e del corpo adagiato.
Con la presenza dell’angelo
che onora la bellezza della
Madonna dormiente, il pittore riprende il motivo veneto della figurazione sacra nel paesaggio, affermando che non c’è differenza tra il sentimento del
reale e il sentimento del divino. Le figure sono presentate l’una accanto all’altra nel modo più semplice,
senza alcuno sfoggio d’invenzione o artificio compositivo. E, soprattutto,
senza alcun tentativo di renderle eroiche: la Madonna,
di una bellezza unica nel
colore fulvo dei capelli, cede
alla stanchezza e si addormenta; Giuseppe è un vecchio contadino impacciato,
seduto sul sacco con una
fiasca ai piedi e accanto il
somaro. Entrambe le figure
paiono incantate dalla musica, tanto che gli occhi sembrano brillare nel sentire.
Il motivo religioso è anche
sociale: il divino si rivela
agli umili. E si rivela con
la musica: che diviene motivo di lode rendendo omaggio alla Madonna e rendendo ancora più tranquillo
il riposo. La posizione dell’angelo sembra essere quella
stessa del personaggio che
legge la musica nel Concerto
di giovani. Si può azzardare
anche l’ipotesi che il violino raffigurato sia lo stesso:
compare, infatti sempre
quella corda più lunga. Ovviamente il tema cambia,
ma sembra comunque che
i soggetti che interpretano
e che coincidono in entrambe, siano, ad una lettura di superficie quasi gli
stessi. Anche in questo caso
l’angelo di spalle è coperto
in maniera ricercata da una
veste, mostrando la schiena
come nel soggetto dell’altro dipinto.
Al contrario dell’Amore vincitore (1601-2, Berlino, Staatliche Museen): in quest’opera il pittore sembra
riprendere un soggetto già
trattato nella Santa Cecilia
di Raffaello (1515), in cui
la santa calpesta strumenti
che rappresentano le vanità
terrene. Nel dipinto di Caravaggio gli strumenti musicali sono assieme ad armi
e a strumenti scientifici,
necessari all’evoluzione della
cultura umana. La bellezza
evidente e sfacciata, il corpo
completamente esposto allo
sguardo dello spettatore,
quel sorriso che è una novità nel panorama artistico,
portò colui che lo commissionò, il marchese Giustiniani, a coprire il quadro
con un telo e a mostrarlo
solamente a pochi intimi.
L’Amore, anche in questo
caso provvisto di frecce come
nel Concerto di giovani, si
mostra vittorioso fino quasi
all’impertinenza. Questa
maniera di rappresentarlo,
con ali che sono molto più
simili a quelle di un’aquila,
lo rendono figura molto terrena. È spogliato di tutte
le possibili vesti, che sono
cadute a coprire le armi.
Per quel che riguarda gli
strumenti musicali, di
nuovo, sono presenti un
violino, un liuto e uno spartito. In questo caso però
sono dipinti in maniera alquanto imprecisa: il liuto
sembra avere metà o comunque meno delle corde
usuali. Addirittura, per
quel che riguarda il violino
non solo questo è incastrato
tra due corde del liuto, ma
in maniera improbabile, la
corda dell’arco passa attraverso il manico. Si può ipotizzare quindi che siano
strumenti appena abbozzati anche dal punto di vista costruttivo. Notevole è
invece lo spartito, al quale
per altro è difficile risalire:
vi compare quella V già presente nella versione del Suonatore di liuto ed è quindi
possibile che ci sia nuovamente un riferimento al
Giustiniani.
L’Amore vince, l’Amore
trionfa mostrando le sue
frecce: ma l’arco ha la corda
spezzata, quasi che fosse
stato ritratto dopo aver dato
battaglia per imporsi ed
aver vinto sulle arti e le virtù
umane.
Ma rimane la musica, e ogni
sua rappresentazione è un
coglierla nella sua essenza
di espressione effimera, passeggera. Sebbene, pensandola alla maniera di Thomas Mann nel suo Doktor Faustus, “...forse il più
intimo desiderio della musica
è di non essere udita e nemmeno
veduta e neanche intuita, ma,
se fosse possibile, intesa e contemplata in un al di là dei
sensi, e persino dell’anima, in
una purità spirituale”.
andrea mello