“Star bene nella propria pelle”: effetti del coming out sul benessere

Transcript

“Star bene nella propria pelle”: effetti del coming out sul benessere
“Star bene nella propria pelle”: effetti del coming out sul benessere individuale e sociale
Marzano, F.M., Tonelli, G.A.M. e Serino, C.
Università degli Studi di Bari, Dipartimento di Psicologia
Obiettivi e ipotesi
Questo progetto si prefigge come obiettivo principale quello esplorare il tema della discriminazione
percepita e della salute dalla prospettiva di membri appartenenti ad una categoria socialmente
stigmatizzata. In particolare, ci si è proposti di investigare l’eventuale relazione che intercorre tra
l’esternazione di un sentimento (coming out) o di una propria realtà personale, lo stato generale di
salute e la percezione del pregiudizio in un gruppo di omosessuali.
Tale scopo nasce dalla volontà di riflettere sull’importanza del coming out, e sui discordanti risultati
che la letteratura offre a proposito dei benefici e dei costi di una maggiore visibilità, e soprattutto,
dal voler affrontare, per la prima volta in letteratura, la natura della relazione esistente tra coming
out, nella specifica accezione della “visibilità” della propria omosessualità e lo stato di salute in
senso più ampio: sia inteso come stato di salute fisica, sia in termini di percezione di pregiudizio da
parte di altri.
A tale scopo, attraverso l’utilizzo di un questionario (creato appositamente per tale scopo) che
raccoglieva al suo interno una serie di scale di misura già utilizzate in letteratura, in particolare, si è
voluto 1) confermare l’esistenza di una relazione tra coming out e salute; 2) valutare l’eventuale
relazione tra coming out e pregiudizio.
Nel presente studio, dunque, abbiamo ipotizzato l’esistenza di una correlazione positiva tra coming
out, e stato di salute fisico percepito; inoltre, si è ipotizzato che la maggiore disclosure (ovvero
l’essere “out of the closet”) in generale, sia associato ad uno stato di salute migliore, sia in termini
di salute generale, che in termini di percezione del pregiudizio.
Inoltre, al fine di interrogarsi sulle determinanti e sui possibili antecedenti del coming out, si è
voluto valutare l’esistenza di una relazione tra uno stile di coping repressivo e due altre variabili
considerate all’interno dello studio, ovvero la già menzionata salute generale del soggetto e la
percezione della propria disclosure.
Partecipanti e Procedura
Hanno partecipato allo studio 40 omosessuali adulti, di cui 38 maschi (95%) e 2 donne (5%). L’età
media del campione è di 24,85 anni con un range che varia da 19 a 41 anni1. Vista la difficoltà nel
reperire un campione e la sensibilità dell’argomento trattato, abbiamo scelto un campione di
comodo ed i partecipanti sono stati reclutati attraverso due modalità: la spedizione del questionario
1
Non potendo fare un’analisi comparativa tra maschi e femmine, ho analizzato il campione escludendo la possibilità di
ottenere differenze significative nei risultati tra i due sessi.
1
via e-mail a membri di communities virtuali, quali Gay.tv e Gaydar.it ed attraverso il contatto
diretto presso le sedi dell’ l’ArciGay “G.Forti” di Bari ed il circolo “Mario Mieli” di Roma2.
Misure
Ai partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario che raccoglieva una serie di misure. In
particolare, sono state rilevate:
- alcune misure socio-demografiche (età, sesso, livello di istruzione, regione di provenienza, etnia e
stato sentimentale);
- Identità sessuale: (Kinsey, 1948), nella quale si richiede al soggetto di collocare, su di un vettore,
un segno che indichi la percezione che della propria sessualità. Tale vettore è suddiviso in tre parti:
“Omosessuale” - “Bisessuale” - “Totale Eterosessuale” (vedi il Questionario in appendice).
- “In the Closet”: si riferisce alla misura di quanto il soggetto ritiene di sentirsi “nascosto” nel
mondo gay. A valore 1, quindi, corrisponderebbe una visibilità nulla e quindi il tenere nascosta la
propria sessualità, mentre a valore 5 corrisponderebbe la visibilità massima;
- la Desiderabilità Sociale (10 item, alpha=.79): misurata attraverso la “Marlowe Crown Social
Desiderability Scale”, che consente di avere una valutazione relativamente precisa dell’inclinazione
individuale a promuovere sé stesso o sé stessa come “socialmente desiderabile”3;
- la Taylor Manifest Anxiety Scale (TMAS, 50 item, alpha=.81), che tende a misurare le differenze
nella percezione dell’ansia cronica tra soggetti differenti, attraverso l’uso di un questionario
standardizzato che possiede items dicotomici tipo “Mi imbarazzo facilmente” o “Ho spesso mal di
testa”, ai quali le persone rispondono con dei vero o falso (Taylor, 1955);
- Misura di Coping (Heppner, 18 item, alpha=.88): in particolare, è stata usata una short-form di del
questionario di Heppner (1995). Gli items descrivono comportamenti con una base affettiva,
cognitiva e comportamentale (Heppner, 1995). Le istruzioni contenevano affermazioni su possibili
azioni o emozioni provate in situazioni specifiche, e al partecipante viene chiesto “Quanto ogni item
lo descriva” (da 1=Mai, a 5=Sempre);
- Check-list sullo Stato di Salute: ai partecipanti è stata sottoposta una lista di 17 problemi o
malattie specifiche più o meno gravi, ed è stato chiesto loro di indicare se avessero contratto o meno
tali patologie “negli ultimi quattro mesi”. La lista delle patologie è stata presa da uno studio che
faceva riferimento al “Quality of Life Survey” del 2004, tenuto in California (Cochran, 2007);
2
Si ringrazia la segreteria del Circolo Mario Mieli per la preziosa collaborazione fornita in fase di raccolta dati.
3
Essa, inizialmente, fu concepita come una scala con 33 items, tuttavia ne è stata prodotta una più corta con solo 10
items. In questo studio specifico, è stata usata proprio la short-form a 10 Items (Strahan and Gerbasi, 1972) che tuttavia
conserva lo scopo originario della scala, mantenendo alta la validità interna della scala stessa (Alpha = .92).
2
- Evento Discriminante: è stato chiesto ai partecipanti se avessero mai subito, in tutto l’arco della
propria vita, esperienze di discriminazione nei riguardi del loro orientamento sessuale (Risposta
dicotomica: SI/NO).
- La “Everyday Discrimination Scale” (5 item, alpha=.79) di Hunte (2009): offre una misura della
frequenza e del grado con i quali i rispondenti, durante le loro routine, hanno sperimentato delle
esperienze minori in cui sono stati sottoposti al pregiudizio altrui. In particolare, i rispondenti
avrebbero dovuto riportare la loro percezione di quanto spesso (1) sono stati trattati con minore
cortesia rispetto agli altri, (2) se hanno ricevuto un servizio peggiore rispetto agli altri, (3) se hanno
creduto che gli altri li stessero trattando come se loro fossero meno intelligenti degli altri, (4) se gli
altri hanno agito come se avessero avuto paura di loro e se (5) si erano mai sentiti minacciati o
molestati (Hunte, 2009). Le risposte si collocano su di una scala a 5 punti, dove con 1 si indica la
più alta frequenza di almeno una volta per settimana e con 5 si indica il Mai;
- La “PANAS”, o Positive and Negative Affective Schedule (Zevon and Tellegen, 1982, 20 item,
alpha=.75), ovvero un insieme di items generati per misurare l’intensità delle emozioni negative e
positive, entrambe viste come stati e tratti. Questa scala è stata usata per rilevare il peso delle
emozioni relative alla percezione dell’eventuale evento discriminante al quale è stato sottoposto il
soggetto rispondente (Zevon & Tellegen, 1982).
Risultati
Descrizione del Campione ed Analisi Preliminari
Le analisi dei dati sono state svolte attraverso l’uso incrociato di SPSS 17.0 e Microsoft Excel.
Sono state svolte analisi di tipo descrittivo, correlazionale e T-test. Per quanto riguarda nello
specifico la composizione del campione, di seguito sono riportati i grafici contenenti i valori relativi
ad alcune risposte sulle variabili socio-demografiche raccolte. Come si può osservare nel Grafico.1,
per quanto riguarda il Livello di Istruzione, un numero di 28 soggetti (70%) aveva un Diploma di
Maturità, 9 soggetti (22,5%) possedevano un titolo di Laurea Triennale, 2 soggetti avevano solo il
Diploma di Scuola Media ed 1 solo soggetto aveva un titolo di Formazione Post Laurea. Per la
maggior parte erano omosessuali provenienti dal sud Italia, infatti 34 soggetti (85%) si distribuivano
tra Puglia e Campania, mentre solo 6 soggetti (15%) erano del centro Italia.
Grafico.1 - Descrittive sul Livello di Istruzione
Grafico.2 - Descrittive sulla Percezione della Sessualità
3
Tutti i 40 soggetti erano appartenenti all’etnia Europeo-Caucasica. Per quanto riguarda lo stato
sentimentale, 29 soggetti (72,5%) hanno riportato il proprio stato come “Single”, 10 soggetti (25%)
si sono classificati come “Fidanzati” e solo 1 soggetto (2,5%) si è definito come “Convivente”.
Riguardo alla percezione della propria sessualità, riassunta nel Grafico.2, si è verificata una grande
presenza di soggetti che si sono definiti come totalmente omosessuali. Ben 21 soggetti (52,5%)
hanno apposto la propria crocetta sull’estremità sinistra del vettore che indicava la percezione della
sessualità. Mentre 15 soggetti (37,5%) si sono percepiti come Non completamente omosessuali, 3
soggetti (7,5%) si sono definiti Bisessuali e solo 1 soggetto si è classificato come Non
completamente eterosessuale. Ai soggetti è stato inoltre chiesto anche chiesto se sono mai stati
soggetti a discriminazione di natura sessuale. Coloro che hanno risposto riportando la presenza di
un evento discriminante della propria sessualità sono stati 18 (45%), mentre gli altri hanno risposto
negativamente o specificando che l’evento discriminante non riguardava la propria sessualità. I dati
sono presentati nel Grafico. 3.
Grafico.3 – Grafico Descrittivo sulla presenza di un Evento
Discriminante all’interno del campione
Grafico 4 – Descrittive sulla percezione della “Disclosure”
Infine, è stato chiesto ai partecipanti di dare un valore alla loro percezione di “Visibilità” all’interno
del mondo gay. Sui 40 partecipanti, come riportato nel Grafico.4, è stato fatto un raggruppamento
in 3 categorie, per rendere più agevoli i calcoli. In principio erano 5 categorie differenti, ma la
distribuzione era simile ad una curva gaussiana. 14 partecipanti (35%) si sono collocati all’interno
della fascia rappresentante la più bassa visibilità all’interno del mondo gay. 12 partecipanti (30%) si
sono collocati né “in the closet”, né tantomeno “out of the closet”. I restanti partecipanti erano quelli
che hanno indicato un’alta visibilità. Qui di seguito sono state riportate, invece, le medie e le
deviazioni standard dei punteggi delle variabili considerate nello studio (Tabella.1).
Media
Ansia
Deviazione std.
24,6750
8,32478
Desiderabilità Sociale
3,1883
,47210
Coping Riflessivo
3,2750
,88442
Coping Repressivo
2,1583
,73375
Coping Reattivo
2,7150
,82635
Numero Malattie (da 0 a 17)
2,0500
1,35779
Percezione Pregiudizio
4,3400
,79897
Indice NA
2,9323
,87760
Indice PA
2,5591
1,09877
Tabella.1 – Media e Deviazione Standard delle Variabili considerate.
4
Tutte le medie delle variabili indicano che il campione ha risposto in modo variegato, tuttavia, nella
maggior parte dei casi, esso è stato propenso a riportare valori centrali delle dimensioni relative
considerate. Una deviazione standard (ds= 8.32) significativa l’abbiamo ottenuta rispetto alla
variabile riferita al grado d’ansia dei soggetti. Considerando la media e la deviazione standard di
tale variabile, si può affermare che il campione, analizzato globalmente, era più propenso ad avere
un basso profilo ansiogeno. Da notare è anche il valore riferito alla percezione del pregiudizio. Se si
considera che il range riferito a quella scala e considerata la sua inversione nel momento del calcolo
del punteggio, una media rilevata come quella di questo studio indica che la percezione del
pregiudizio era alta e non c’è stata una considerevole deviazione standard (ds= .79). Ciò significa
che il campione, in alcuni casi, ha subito rilevanti discriminazioni nell’arco della propria vita.
Quanto all’indice sulla salute, si può vedere come il campione avesse in media un numero di 2
malattie o patologie ciascuno, ma da ulteriori analisi è stato verificato come queste malattie, nella
media, non fossero quelle catalogate come “patologie gravi”. Per lo più, le 2 malattie più comuni
erano “Mal di Schiena” ed “Emicrania Frequente”. All’interno della Tabella.2 c’è una esplicazione
numerica dell’incidenza del numero di malattie all’interno delle tre categorie individuate per la
variabile sul “Coming Out”.
Patologie Gravi (Problemi Cardiaci,
Ipertensione, Asma, Cancro, Diabete,
Disfunzioni Epatiche ed Urinarie,
Ulcera ed HIV)
Patologie Minori (Emicrania,
Artrite, Mal di Schiena, Dolore Cronico,
Fibromialgia, M.S.T., Parassitosi)
In the Closet
9
36
Half in the Closet
9
13
Out of the Closet
5
10
Tabella.2 - Incidenza del numero di malattie all’interno del campione suddiviso in base alle tre categorie individuate nella variabile “Coming Out”
Analisi Correlazionali
Le analisi correlazionali bivariate hanno consentito di esplorare le relazioni intercorrenti tra la
percezione di “in the closet”, il livello d’ansia, le tre tipologie di coping che figuravano come tre
fattori di una stessa scala (Repressivo, Riflessivo, Reattivo), lo stato di salute, la percezione del
pregiudizio e le eventuali emozioni positive o negative provate in merito a quest’ultimo. Queste
relazioni sono calcolate tenendo conto dei livelli di significatività del coefficiente, in modo da
affermare se le correlazioni trovate sono frutto del caso o se dipendono effettivamente da una
concreta relazione esistente tra le variabili prese in considerazione.
Da quanto possiamo notare dalla matrice inserita nella Tabella.3, esiste una correlazione tra l’indice
generale dell’ansia dei soggetti con, rispettivamente, il Coping Repressivo, il Coping Reattivo la
Percezione del Pregiudizio e l’indice della presenza di emozioni negative. Tale correlazione era
prevedibile, considerato che, sempre in base alla letteratura, uno stile di Coping Repressivo correla
positivamente con l’ansia, aumentandone la percezione e la presenza stessa all’interno del soggetto
che possiede tale stile di coping in questione. Rappresenta un elemento di novità, invece, la
rilevazione di una correlazione con lo stile di Coping Reattivo. Si potrebbe supporre che una
persona vigile possa essere soggetta ad una maggiore ansia, nonostante sia capace di reagire
concretamente in modo pressoché celere ai problemi ambientali.
5
Anche la correlazione tra indice d’ansia e percezione del pregiudizio può essere considerato come
un qualcosa di prevedibile, poiché si può supporre che coloro che hanno ricevuto di recente, o
nell’arco della loro vita, un comportamento di schernimento possano avere una maggiore ansia
all’interno della vita quotidiana o dei rapporti umani, proprio a causa della ricezione di un
comportamento che ha influenzato la sensibilità della percezione del pregiudizio. Ancora, l’ansia
correla anche con l’indice NA, ovvero l’indice riferito alle emozioni negative. Esattamente come da
letteratura, è stata riconfermata la relazione che intercorre tra ansia e la probabilità di una
manifestazione di stati umorali negativi.
Per quanto riguarda, invece, lo scopo di questo lavoro di ricerca, c’è una correlazione positiva tra la
percezione di quanto un omosessuale si senta “IN the closet” (Quindi, si percepisca come
“nascosto” nella dimensione più generale dell’In & Out) e 1) la presenza di malattie. In linea con la
letteratura di riferimento, questo dato conferma che all’aumentare della visibilità nel mondo gay, un
omosessuale tende a manifestare un migliore stato di salute e quindi un numero inferiore di
malattie. La minore visibilità, quindi è anche in relazione positiva con 2) la percezione del
pregiudizio da parte dei rispondenti, e 3) con l’ansia percepita.
6
IN the
closet
IN the closet
Ansia
Ansia
Des.Soc. Cop. Rif.
Cop. Rep. Cop. Rea.
Numero Perc.Preg. Indice NA Indice PA
Malattie
1
,452**
1
-,125
-,064
1
Coping
Riflessivo
,069
,052
-,070
1
Coping
Repressivo
,080
,377*
-,115
-,095
1
Coping
Reattivo
,106
,462**
-,149
,271
,609**
1
Numero Malattie
,671**
,094
,021
-,356*
,223
,132
1
Percezione del
Pregiudizio
,818**
,481**
,097
-,013
-,147
-,089
-,167
1
Indice NA
-,046
,488*
,139
,104
,180
-,138
,024
,372
1
Indice PA
-,014
,209
,171
-,029
,039
-,220
,268
,083
,703**
Desiderabilità Sociale
1
Tabella.3 – Matrice delle Analisi Correlazionali Bivariate
Note: ** significativo al livello p<0,01 (2-code), * significativo al livello p<0,05 (2-code)
7
Stato di salute e percezione del pregiudizio: differenze in funzione della “visibilità”
Infine, è stato svolto un Test T tra le media dei punteggi relativi agli indici dello stato di salute
(operazionalizzato attraverso al checklist delle malattie) e del pregiudizio percepito in funzione
della visibilità (coming out). Questa analisi, detta anche Test di Student, è appropriata nel caso in
cui si vogliano comparare due medie di due gruppi e per escludere l’ipotesi secondo cui la
differenza è dovuta al caso.
Nel mio caso, attraverso la procedura della median split, ho distinto due gruppi all’interno della
variabile “Coming out” (In the Closet vs. Out of the closet). Per quanto riguarda lo stato di Salute
percepito, come previsto dall’ipotesi di partenza dello studio, notiamo una differenza
statisticamente significativa tra le medie relative ai punteggi tra i due gruppi di rispondenti
considerati: i partecipanti che si sono dichiarati “in the closet” riportano anche un numero maggiore
di malattie rispetto ai partecipanti che dichiarano invece, una maggiore visibilità all’esterno (F=
5,793, sig.= .02, t= -1,023, p< .05). Tale risultato lo si può osservare all’interno del Grafico.4.
Grafico.4 – Grafico Descrittivo dei Risultati sul Test-T riferito alla
relazione tra Numero di Malattie e variabile “Coming Out”
Grafico.5 – Grafico Descrittivo dei Risultati sul Test-T riferito alla
relazione tra la Percezione del Pregiudizio e variabile “Coming Out”
Un altro T-Test (Grafico.5) è stato svolto tra le medie riferite all’indice di pregiudizio, in questo
caso normalizzato per ottenere una standardizzazione delle misure, e la variabile del “Coming Out”.
Come si può notare, coloro che si definiscono più “in the closet” hanno ottenuto un punteggio
maggiore nella scala della percezione del pregiudizio, indicandoci come coloro che sono più “in the
closet” sono anche più sensibili al pregiudizio stesso. (F= 23,832, sig.= .000, t= 8,773, p<.05).
CONCLUSIONI
Il tema dell’omosessualità è di natura complessa, non solo per le numerose variabili che influiscono
sulla persona omosessuale, ma anche per tutti quei meccanismi sociali che sono permeati dalla
condizione dell’essere un gruppo minoritario. Gli approcci che hanno indagato questo tema sono
recenti e di natura ancora generica, poiché si può dire che la letteratura a riguardo è in una fase
quasi “embrionale”, se paragonata a temi ampiamente più discussi all’interno della psicologia, in
particolar modo nella psicologia sociale. Questa letteratura è in continua evoluzione ed è sospinta,
di recente, da una innovazione culturale che promuove l’accettazione di questa minoranza
8
all’interno del gruppo più ampio degli eterosessuali, attraverso prove che dimostrano come i due
gruppi siano alla pari e che gli omosessuali non possiedono alcun tipo di deficit mentale o genetico
rispetto al gruppo di maggioranza. Una particolare importanza per la ricerca lo ha avuto il ruolo del
“coming out”. La discordanza sulla visione di tale processo da parte dei ricercatori ha mostrato la
necessità di ulteriori rilevazioni metodologiche volte a chiarire l’entità di questa particolare azione,
per specificare se il “coming out” è un processo utile al soggetto ed alla comunità o se può avere
effetti principalmente dannosi nel contesto sociale.
Con questa ricerca abbiamo voluto approfondire la natura del “coming out”, correlandolo con una
misura generale dello stato di salute per sviluppare un ulteriore contributo alla ricerca che promuova
la positività dell’esternazione della propria sessualità. Inoltre, abbiamo svolto un’indagine
sull’eventuale influenza che la percezione del pregiudizio avrebbe potuto avere su di un soggetto
omosessuale. Questo studio di ricerca ci ha consentito di raggiungere alcuni obiettivi previsti in
partenza. Infatti, è stato verificato come il tenere nascosta la propria sessualità fosse collegato anche
alla presenza di un peggiore stato di salute generale, rispetto a coloro che si definivano in modo
“out of the closet”.
Per la relazione tra percezione del pregiudizio e disclosure, da questo studio è emerso che,
all’aumentare della disclosure corrisponde il diminuire della percezione del pregiudizio. Premesso
che uno dei motivi principali per cui un soggetto non affronta il coming out è la paura di un giudizio
sociale negativo, la diminuzione della percezione del pregiudizio riferita alla disclosure,
probabilmente, è dovuta al fatto che coloro che hanno avuto il coraggio di dichiararsi “out”, hanno
fatto già appello ad una serie di processi capaci di consentire loro di avere una più realistica
percezione del pregiudizio e di superare il blocco soggettivo che il pregiudizio potrebbe porre alla
loro stessa disclosure. Ed in questo caso, si suggerisce di approfondire l’incidenza di altre variabili
in merito a tale fattore. Invece, coloro che sono “in” possiedono non solo una percezione del
pregiudizio più alta, ma anche dei punteggi più elevati nella scala di ansia e si può supporre che tali
punteggi siano dovuti al fatto di dover nascondere la propria sessualità o di ritenere l’esito del
proprio coming out un ulteriore motivo ansiogeno.
Da notare è anche la correlazione positiva che vede l’aumento dell’ansia correlato all’aumento della
percezione del pregiudizio. Ciò può significare che gli ansiosi hanno una maggiore sensibilità nella
percezione di tale dimensione e potrebbero partire ulteriormente prevenuti o che coloro che hanno
subito un evento pregiudicante, rimangono più vigili e permeabili all’emozione. Tuttavia, tale
correlazione tra ansia e percezione del pregiudizio potrebbe essere imputata anche alle specifiche
tipologie di coping che il soggetto possiede. Non ci sono state importanti correlazioni ai fini dello
studio tra le variabili principali e le varie tipologie di coping affrontate, ma sarebbe utile andare ad
indagare l’incidenza delle altre tipologie di coping intervenenti nel controllo dello stato ansiogeno.
In definitiva si può dire che questo studio può contribuire alla ricerca, rafforzando l’idea che un
maggiore “disclosure”, da parte dell’omosessuale, può aiutarlo comunque ad avere un migliore
stato di salute generale, a patto che la società sia sensibilizzata ad accettare la categoria, senza
aumentare in essa il numero di atti che verranno poi percepiti come pregiudicanti.
9
E’ opportuno specificare che questo studio non è esaustivo e che andrebbe approfondito con
ulteriori ricerche che chiariscano maggiormente il tipo di relazioni individuate. L’uso di un
campione di comodo e quindi la mancata reperibilità di soggetti campionabili in base a delle regole
statistiche, ha limitato la generabilità e la validità esterna dei dati ottenuti. Il campionamento per
convenienza potrebbe aver distorto alcune relazioni intercorrenti tra le variabili. E’ stato più
semplice il trovare omosessuali maschi e ciò è verificato dalla visibile differenza nella distribuzione
maschio-femmina all’interno del campione, come menzionato nelle statistiche descrittive. Da
menzionare è stata anche la riluttanza con cui alcuni gruppi culturali omosessuali hanno offerto un
aiuto concreto nella reperibilità del campione. Tra i più importanti motivi per cui molti soggetti si
rifiutavano di compilare il questionario c’era la privacy, nonostante siano state usate sia
l’Autosomministrazione Anonima che la Somministrazione Neutralizzata attraverso l’uso di email o
PC, senza il diretto contatto con il somministratore. Alcune domande erano strettamente personali e
rappresentavano un problema per il soggetto rispondente che era riluttante alla compilazione totale.
Il motivo per cui è stata condotta questa analisi è stato quello di dimostrare che un clima più
rilassato, nel quale l’omosessuale percepisce di non essere “nascosto” agli occhi del mondo, né
tantomeno si reprime per risultare maggiormente accettabile all’interno della società, avrebbe
potuto generare un miglioramento nello stato di salute. Il progetto è nato unito con la volontà di
sensibilizzare la popolazione a questo tema, con il proposito pionieristico di indagare maggiormente
una categoria che ha bisogno di attenzioni sensibili per ridurre i problemi legati all’omofobia, al
pregiudizio al quale sono soggetti gli omosessuali ed alla percezione del pregiudizio che questi
ultimi hanno nei confronti degli eterosessuali. Nello specifico ambito di questo studio,
sensibilizzando gli ambienti socio-sanitari, oltremodo, si potrebbero ottenere numerosi vantaggi
anche nella eventuale prevenzione di alcune malattie alle quali gli omosessuali sono maggiormente
a rischio, come l’HIV o le M.S.T. più generiche, stimolando una migliore relazione operatorepaziente.
Si può concludere affermando che l’obiettivo principale dello studio, ovvero quello di trovare una
correlazione positiva tra disclosure e salute, è stato verificato come previsto e che in aggiunta è stata
notata sia la relazione negativa tra percezione del pregiudizio ed aumento di visibilità, che la
relazione negativa tra visibilità ed ansia, andando a ribadire che la disclosure può offrire
all’omosessuale un miglioramento anche dal punto di vista psicologico.
Bibliografia essenziale
Cochran, Susan D.; Mays Vickie, M. (2007) Physical health complaints among lesbians, gay men, and bisexual and homosexually
experienced heterosexual individuals: results from the California Quality of Life Survey, American journal of public health, 97(11):2048-55
Cole W., Kemeny E., Shelley E., Visscher B. (1996) Elevated Physical Health Risk Among Gay Men Who Conceal Their Homosexual
Identity, Health Psychology, 15
Crawford, J.; Henry, J. (2004) The Positive and Negative Affect Schedule (PANAS): Construct validity, measurement properties and
normative data in a large non-clinical sample, British Journal of Clinical Psychology, 43, 245–265
Heppner, P. (1995) Progress in Resolving Problems: A Problem-Focused Style of Coping, Journal of Counseling Psychology, Vol. 42, No. 3,
279-293
Hunte, H. (2009, Jun) The Association Between Perceived Discrimination and Obesity in a Population-Based Multiracial and Multiethnic
Adult Sample, American Journal of Public Health, 99, 7
Kinsey, A.C. (1948) Sexual Behavior in the Human Male, Indiana: W.B. Saunders Company
Silverman, Robert E. (1957) The Manifest Anxiety Scale as a measure of drive, The Journal of Abnormal and Social Psychology, Vol 55(1),
94-97
Strahan, R.; & Gerbasi, K. C. (1972) Short, homogeneous versions of the Marlowe-Crowne Social Desirability Scale. Journal of Clinical
Psychology, 28, 191-193
Zevon, M. A.; Tellegen, A. (1982) The structure of mood change: An idiographic/nomothetic analysis. Journal of Personality and Social
Psychology, 43, 111-122
10