“Star bene nella propria pelle”: effetti del coming out sul benessere
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“Star bene nella propria pelle”: effetti del coming out sul benessere
“Star bene nella propria pelle”: effetti del coming out sul benessere individuale e sociale Marzano, F.M., Tonelli, G.A.M. e Serino, C. Università degli Studi di Bari, Dipartimento di Psicologia Obiettivi e ipotesi Questo progetto si prefigge come obiettivo principale quello esplorare il tema della discriminazione percepita e della salute dalla prospettiva di membri appartenenti ad una categoria socialmente stigmatizzata. In particolare, ci si è proposti di investigare l’eventuale relazione che intercorre tra l’esternazione di un sentimento (coming out) o di una propria realtà personale, lo stato generale di salute e la percezione del pregiudizio in un gruppo di omosessuali. Tale scopo nasce dalla volontà di riflettere sull’importanza del coming out, e sui discordanti risultati che la letteratura offre a proposito dei benefici e dei costi di una maggiore visibilità, e soprattutto, dal voler affrontare, per la prima volta in letteratura, la natura della relazione esistente tra coming out, nella specifica accezione della “visibilità” della propria omosessualità e lo stato di salute in senso più ampio: sia inteso come stato di salute fisica, sia in termini di percezione di pregiudizio da parte di altri. A tale scopo, attraverso l’utilizzo di un questionario (creato appositamente per tale scopo) che raccoglieva al suo interno una serie di scale di misura già utilizzate in letteratura, in particolare, si è voluto 1) confermare l’esistenza di una relazione tra coming out e salute; 2) valutare l’eventuale relazione tra coming out e pregiudizio. Nel presente studio, dunque, abbiamo ipotizzato l’esistenza di una correlazione positiva tra coming out, e stato di salute fisico percepito; inoltre, si è ipotizzato che la maggiore disclosure (ovvero l’essere “out of the closet”) in generale, sia associato ad uno stato di salute migliore, sia in termini di salute generale, che in termini di percezione del pregiudizio. Inoltre, al fine di interrogarsi sulle determinanti e sui possibili antecedenti del coming out, si è voluto valutare l’esistenza di una relazione tra uno stile di coping repressivo e due altre variabili considerate all’interno dello studio, ovvero la già menzionata salute generale del soggetto e la percezione della propria disclosure. Partecipanti e Procedura Hanno partecipato allo studio 40 omosessuali adulti, di cui 38 maschi (95%) e 2 donne (5%). L’età media del campione è di 24,85 anni con un range che varia da 19 a 41 anni1. Vista la difficoltà nel reperire un campione e la sensibilità dell’argomento trattato, abbiamo scelto un campione di comodo ed i partecipanti sono stati reclutati attraverso due modalità: la spedizione del questionario 1 Non potendo fare un’analisi comparativa tra maschi e femmine, ho analizzato il campione escludendo la possibilità di ottenere differenze significative nei risultati tra i due sessi. 1 via e-mail a membri di communities virtuali, quali Gay.tv e Gaydar.it ed attraverso il contatto diretto presso le sedi dell’ l’ArciGay “G.Forti” di Bari ed il circolo “Mario Mieli” di Roma2. Misure Ai partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario che raccoglieva una serie di misure. In particolare, sono state rilevate: - alcune misure socio-demografiche (età, sesso, livello di istruzione, regione di provenienza, etnia e stato sentimentale); - Identità sessuale: (Kinsey, 1948), nella quale si richiede al soggetto di collocare, su di un vettore, un segno che indichi la percezione che della propria sessualità. Tale vettore è suddiviso in tre parti: “Omosessuale” - “Bisessuale” - “Totale Eterosessuale” (vedi il Questionario in appendice). - “In the Closet”: si riferisce alla misura di quanto il soggetto ritiene di sentirsi “nascosto” nel mondo gay. A valore 1, quindi, corrisponderebbe una visibilità nulla e quindi il tenere nascosta la propria sessualità, mentre a valore 5 corrisponderebbe la visibilità massima; - la Desiderabilità Sociale (10 item, alpha=.79): misurata attraverso la “Marlowe Crown Social Desiderability Scale”, che consente di avere una valutazione relativamente precisa dell’inclinazione individuale a promuovere sé stesso o sé stessa come “socialmente desiderabile”3; - la Taylor Manifest Anxiety Scale (TMAS, 50 item, alpha=.81), che tende a misurare le differenze nella percezione dell’ansia cronica tra soggetti differenti, attraverso l’uso di un questionario standardizzato che possiede items dicotomici tipo “Mi imbarazzo facilmente” o “Ho spesso mal di testa”, ai quali le persone rispondono con dei vero o falso (Taylor, 1955); - Misura di Coping (Heppner, 18 item, alpha=.88): in particolare, è stata usata una short-form di del questionario di Heppner (1995). Gli items descrivono comportamenti con una base affettiva, cognitiva e comportamentale (Heppner, 1995). Le istruzioni contenevano affermazioni su possibili azioni o emozioni provate in situazioni specifiche, e al partecipante viene chiesto “Quanto ogni item lo descriva” (da 1=Mai, a 5=Sempre); - Check-list sullo Stato di Salute: ai partecipanti è stata sottoposta una lista di 17 problemi o malattie specifiche più o meno gravi, ed è stato chiesto loro di indicare se avessero contratto o meno tali patologie “negli ultimi quattro mesi”. La lista delle patologie è stata presa da uno studio che faceva riferimento al “Quality of Life Survey” del 2004, tenuto in California (Cochran, 2007); 2 Si ringrazia la segreteria del Circolo Mario Mieli per la preziosa collaborazione fornita in fase di raccolta dati. 3 Essa, inizialmente, fu concepita come una scala con 33 items, tuttavia ne è stata prodotta una più corta con solo 10 items. In questo studio specifico, è stata usata proprio la short-form a 10 Items (Strahan and Gerbasi, 1972) che tuttavia conserva lo scopo originario della scala, mantenendo alta la validità interna della scala stessa (Alpha = .92). 2 - Evento Discriminante: è stato chiesto ai partecipanti se avessero mai subito, in tutto l’arco della propria vita, esperienze di discriminazione nei riguardi del loro orientamento sessuale (Risposta dicotomica: SI/NO). - La “Everyday Discrimination Scale” (5 item, alpha=.79) di Hunte (2009): offre una misura della frequenza e del grado con i quali i rispondenti, durante le loro routine, hanno sperimentato delle esperienze minori in cui sono stati sottoposti al pregiudizio altrui. In particolare, i rispondenti avrebbero dovuto riportare la loro percezione di quanto spesso (1) sono stati trattati con minore cortesia rispetto agli altri, (2) se hanno ricevuto un servizio peggiore rispetto agli altri, (3) se hanno creduto che gli altri li stessero trattando come se loro fossero meno intelligenti degli altri, (4) se gli altri hanno agito come se avessero avuto paura di loro e se (5) si erano mai sentiti minacciati o molestati (Hunte, 2009). Le risposte si collocano su di una scala a 5 punti, dove con 1 si indica la più alta frequenza di almeno una volta per settimana e con 5 si indica il Mai; - La “PANAS”, o Positive and Negative Affective Schedule (Zevon and Tellegen, 1982, 20 item, alpha=.75), ovvero un insieme di items generati per misurare l’intensità delle emozioni negative e positive, entrambe viste come stati e tratti. Questa scala è stata usata per rilevare il peso delle emozioni relative alla percezione dell’eventuale evento discriminante al quale è stato sottoposto il soggetto rispondente (Zevon & Tellegen, 1982). Risultati Descrizione del Campione ed Analisi Preliminari Le analisi dei dati sono state svolte attraverso l’uso incrociato di SPSS 17.0 e Microsoft Excel. Sono state svolte analisi di tipo descrittivo, correlazionale e T-test. Per quanto riguarda nello specifico la composizione del campione, di seguito sono riportati i grafici contenenti i valori relativi ad alcune risposte sulle variabili socio-demografiche raccolte. Come si può osservare nel Grafico.1, per quanto riguarda il Livello di Istruzione, un numero di 28 soggetti (70%) aveva un Diploma di Maturità, 9 soggetti (22,5%) possedevano un titolo di Laurea Triennale, 2 soggetti avevano solo il Diploma di Scuola Media ed 1 solo soggetto aveva un titolo di Formazione Post Laurea. Per la maggior parte erano omosessuali provenienti dal sud Italia, infatti 34 soggetti (85%) si distribuivano tra Puglia e Campania, mentre solo 6 soggetti (15%) erano del centro Italia. Grafico.1 - Descrittive sul Livello di Istruzione Grafico.2 - Descrittive sulla Percezione della Sessualità 3 Tutti i 40 soggetti erano appartenenti all’etnia Europeo-Caucasica. Per quanto riguarda lo stato sentimentale, 29 soggetti (72,5%) hanno riportato il proprio stato come “Single”, 10 soggetti (25%) si sono classificati come “Fidanzati” e solo 1 soggetto (2,5%) si è definito come “Convivente”. Riguardo alla percezione della propria sessualità, riassunta nel Grafico.2, si è verificata una grande presenza di soggetti che si sono definiti come totalmente omosessuali. Ben 21 soggetti (52,5%) hanno apposto la propria crocetta sull’estremità sinistra del vettore che indicava la percezione della sessualità. Mentre 15 soggetti (37,5%) si sono percepiti come Non completamente omosessuali, 3 soggetti (7,5%) si sono definiti Bisessuali e solo 1 soggetto si è classificato come Non completamente eterosessuale. Ai soggetti è stato inoltre chiesto anche chiesto se sono mai stati soggetti a discriminazione di natura sessuale. Coloro che hanno risposto riportando la presenza di un evento discriminante della propria sessualità sono stati 18 (45%), mentre gli altri hanno risposto negativamente o specificando che l’evento discriminante non riguardava la propria sessualità. I dati sono presentati nel Grafico. 3. Grafico.3 – Grafico Descrittivo sulla presenza di un Evento Discriminante all’interno del campione Grafico 4 – Descrittive sulla percezione della “Disclosure” Infine, è stato chiesto ai partecipanti di dare un valore alla loro percezione di “Visibilità” all’interno del mondo gay. Sui 40 partecipanti, come riportato nel Grafico.4, è stato fatto un raggruppamento in 3 categorie, per rendere più agevoli i calcoli. In principio erano 5 categorie differenti, ma la distribuzione era simile ad una curva gaussiana. 14 partecipanti (35%) si sono collocati all’interno della fascia rappresentante la più bassa visibilità all’interno del mondo gay. 12 partecipanti (30%) si sono collocati né “in the closet”, né tantomeno “out of the closet”. I restanti partecipanti erano quelli che hanno indicato un’alta visibilità. Qui di seguito sono state riportate, invece, le medie e le deviazioni standard dei punteggi delle variabili considerate nello studio (Tabella.1). Media Ansia Deviazione std. 24,6750 8,32478 Desiderabilità Sociale 3,1883 ,47210 Coping Riflessivo 3,2750 ,88442 Coping Repressivo 2,1583 ,73375 Coping Reattivo 2,7150 ,82635 Numero Malattie (da 0 a 17) 2,0500 1,35779 Percezione Pregiudizio 4,3400 ,79897 Indice NA 2,9323 ,87760 Indice PA 2,5591 1,09877 Tabella.1 – Media e Deviazione Standard delle Variabili considerate. 4 Tutte le medie delle variabili indicano che il campione ha risposto in modo variegato, tuttavia, nella maggior parte dei casi, esso è stato propenso a riportare valori centrali delle dimensioni relative considerate. Una deviazione standard (ds= 8.32) significativa l’abbiamo ottenuta rispetto alla variabile riferita al grado d’ansia dei soggetti. Considerando la media e la deviazione standard di tale variabile, si può affermare che il campione, analizzato globalmente, era più propenso ad avere un basso profilo ansiogeno. Da notare è anche il valore riferito alla percezione del pregiudizio. Se si considera che il range riferito a quella scala e considerata la sua inversione nel momento del calcolo del punteggio, una media rilevata come quella di questo studio indica che la percezione del pregiudizio era alta e non c’è stata una considerevole deviazione standard (ds= .79). Ciò significa che il campione, in alcuni casi, ha subito rilevanti discriminazioni nell’arco della propria vita. Quanto all’indice sulla salute, si può vedere come il campione avesse in media un numero di 2 malattie o patologie ciascuno, ma da ulteriori analisi è stato verificato come queste malattie, nella media, non fossero quelle catalogate come “patologie gravi”. Per lo più, le 2 malattie più comuni erano “Mal di Schiena” ed “Emicrania Frequente”. All’interno della Tabella.2 c’è una esplicazione numerica dell’incidenza del numero di malattie all’interno delle tre categorie individuate per la variabile sul “Coming Out”. Patologie Gravi (Problemi Cardiaci, Ipertensione, Asma, Cancro, Diabete, Disfunzioni Epatiche ed Urinarie, Ulcera ed HIV) Patologie Minori (Emicrania, Artrite, Mal di Schiena, Dolore Cronico, Fibromialgia, M.S.T., Parassitosi) In the Closet 9 36 Half in the Closet 9 13 Out of the Closet 5 10 Tabella.2 - Incidenza del numero di malattie all’interno del campione suddiviso in base alle tre categorie individuate nella variabile “Coming Out” Analisi Correlazionali Le analisi correlazionali bivariate hanno consentito di esplorare le relazioni intercorrenti tra la percezione di “in the closet”, il livello d’ansia, le tre tipologie di coping che figuravano come tre fattori di una stessa scala (Repressivo, Riflessivo, Reattivo), lo stato di salute, la percezione del pregiudizio e le eventuali emozioni positive o negative provate in merito a quest’ultimo. Queste relazioni sono calcolate tenendo conto dei livelli di significatività del coefficiente, in modo da affermare se le correlazioni trovate sono frutto del caso o se dipendono effettivamente da una concreta relazione esistente tra le variabili prese in considerazione. Da quanto possiamo notare dalla matrice inserita nella Tabella.3, esiste una correlazione tra l’indice generale dell’ansia dei soggetti con, rispettivamente, il Coping Repressivo, il Coping Reattivo la Percezione del Pregiudizio e l’indice della presenza di emozioni negative. Tale correlazione era prevedibile, considerato che, sempre in base alla letteratura, uno stile di Coping Repressivo correla positivamente con l’ansia, aumentandone la percezione e la presenza stessa all’interno del soggetto che possiede tale stile di coping in questione. Rappresenta un elemento di novità, invece, la rilevazione di una correlazione con lo stile di Coping Reattivo. Si potrebbe supporre che una persona vigile possa essere soggetta ad una maggiore ansia, nonostante sia capace di reagire concretamente in modo pressoché celere ai problemi ambientali. 5 Anche la correlazione tra indice d’ansia e percezione del pregiudizio può essere considerato come un qualcosa di prevedibile, poiché si può supporre che coloro che hanno ricevuto di recente, o nell’arco della loro vita, un comportamento di schernimento possano avere una maggiore ansia all’interno della vita quotidiana o dei rapporti umani, proprio a causa della ricezione di un comportamento che ha influenzato la sensibilità della percezione del pregiudizio. Ancora, l’ansia correla anche con l’indice NA, ovvero l’indice riferito alle emozioni negative. Esattamente come da letteratura, è stata riconfermata la relazione che intercorre tra ansia e la probabilità di una manifestazione di stati umorali negativi. Per quanto riguarda, invece, lo scopo di questo lavoro di ricerca, c’è una correlazione positiva tra la percezione di quanto un omosessuale si senta “IN the closet” (Quindi, si percepisca come “nascosto” nella dimensione più generale dell’In & Out) e 1) la presenza di malattie. In linea con la letteratura di riferimento, questo dato conferma che all’aumentare della visibilità nel mondo gay, un omosessuale tende a manifestare un migliore stato di salute e quindi un numero inferiore di malattie. La minore visibilità, quindi è anche in relazione positiva con 2) la percezione del pregiudizio da parte dei rispondenti, e 3) con l’ansia percepita. 6 IN the closet IN the closet Ansia Ansia Des.Soc. Cop. Rif. Cop. Rep. Cop. Rea. Numero Perc.Preg. Indice NA Indice PA Malattie 1 ,452** 1 -,125 -,064 1 Coping Riflessivo ,069 ,052 -,070 1 Coping Repressivo ,080 ,377* -,115 -,095 1 Coping Reattivo ,106 ,462** -,149 ,271 ,609** 1 Numero Malattie ,671** ,094 ,021 -,356* ,223 ,132 1 Percezione del Pregiudizio ,818** ,481** ,097 -,013 -,147 -,089 -,167 1 Indice NA -,046 ,488* ,139 ,104 ,180 -,138 ,024 ,372 1 Indice PA -,014 ,209 ,171 -,029 ,039 -,220 ,268 ,083 ,703** Desiderabilità Sociale 1 Tabella.3 – Matrice delle Analisi Correlazionali Bivariate Note: ** significativo al livello p<0,01 (2-code), * significativo al livello p<0,05 (2-code) 7 Stato di salute e percezione del pregiudizio: differenze in funzione della “visibilità” Infine, è stato svolto un Test T tra le media dei punteggi relativi agli indici dello stato di salute (operazionalizzato attraverso al checklist delle malattie) e del pregiudizio percepito in funzione della visibilità (coming out). Questa analisi, detta anche Test di Student, è appropriata nel caso in cui si vogliano comparare due medie di due gruppi e per escludere l’ipotesi secondo cui la differenza è dovuta al caso. Nel mio caso, attraverso la procedura della median split, ho distinto due gruppi all’interno della variabile “Coming out” (In the Closet vs. Out of the closet). Per quanto riguarda lo stato di Salute percepito, come previsto dall’ipotesi di partenza dello studio, notiamo una differenza statisticamente significativa tra le medie relative ai punteggi tra i due gruppi di rispondenti considerati: i partecipanti che si sono dichiarati “in the closet” riportano anche un numero maggiore di malattie rispetto ai partecipanti che dichiarano invece, una maggiore visibilità all’esterno (F= 5,793, sig.= .02, t= -1,023, p< .05). Tale risultato lo si può osservare all’interno del Grafico.4. Grafico.4 – Grafico Descrittivo dei Risultati sul Test-T riferito alla relazione tra Numero di Malattie e variabile “Coming Out” Grafico.5 – Grafico Descrittivo dei Risultati sul Test-T riferito alla relazione tra la Percezione del Pregiudizio e variabile “Coming Out” Un altro T-Test (Grafico.5) è stato svolto tra le medie riferite all’indice di pregiudizio, in questo caso normalizzato per ottenere una standardizzazione delle misure, e la variabile del “Coming Out”. Come si può notare, coloro che si definiscono più “in the closet” hanno ottenuto un punteggio maggiore nella scala della percezione del pregiudizio, indicandoci come coloro che sono più “in the closet” sono anche più sensibili al pregiudizio stesso. (F= 23,832, sig.= .000, t= 8,773, p<.05). CONCLUSIONI Il tema dell’omosessualità è di natura complessa, non solo per le numerose variabili che influiscono sulla persona omosessuale, ma anche per tutti quei meccanismi sociali che sono permeati dalla condizione dell’essere un gruppo minoritario. Gli approcci che hanno indagato questo tema sono recenti e di natura ancora generica, poiché si può dire che la letteratura a riguardo è in una fase quasi “embrionale”, se paragonata a temi ampiamente più discussi all’interno della psicologia, in particolar modo nella psicologia sociale. Questa letteratura è in continua evoluzione ed è sospinta, di recente, da una innovazione culturale che promuove l’accettazione di questa minoranza 8 all’interno del gruppo più ampio degli eterosessuali, attraverso prove che dimostrano come i due gruppi siano alla pari e che gli omosessuali non possiedono alcun tipo di deficit mentale o genetico rispetto al gruppo di maggioranza. Una particolare importanza per la ricerca lo ha avuto il ruolo del “coming out”. La discordanza sulla visione di tale processo da parte dei ricercatori ha mostrato la necessità di ulteriori rilevazioni metodologiche volte a chiarire l’entità di questa particolare azione, per specificare se il “coming out” è un processo utile al soggetto ed alla comunità o se può avere effetti principalmente dannosi nel contesto sociale. Con questa ricerca abbiamo voluto approfondire la natura del “coming out”, correlandolo con una misura generale dello stato di salute per sviluppare un ulteriore contributo alla ricerca che promuova la positività dell’esternazione della propria sessualità. Inoltre, abbiamo svolto un’indagine sull’eventuale influenza che la percezione del pregiudizio avrebbe potuto avere su di un soggetto omosessuale. Questo studio di ricerca ci ha consentito di raggiungere alcuni obiettivi previsti in partenza. Infatti, è stato verificato come il tenere nascosta la propria sessualità fosse collegato anche alla presenza di un peggiore stato di salute generale, rispetto a coloro che si definivano in modo “out of the closet”. Per la relazione tra percezione del pregiudizio e disclosure, da questo studio è emerso che, all’aumentare della disclosure corrisponde il diminuire della percezione del pregiudizio. Premesso che uno dei motivi principali per cui un soggetto non affronta il coming out è la paura di un giudizio sociale negativo, la diminuzione della percezione del pregiudizio riferita alla disclosure, probabilmente, è dovuta al fatto che coloro che hanno avuto il coraggio di dichiararsi “out”, hanno fatto già appello ad una serie di processi capaci di consentire loro di avere una più realistica percezione del pregiudizio e di superare il blocco soggettivo che il pregiudizio potrebbe porre alla loro stessa disclosure. Ed in questo caso, si suggerisce di approfondire l’incidenza di altre variabili in merito a tale fattore. Invece, coloro che sono “in” possiedono non solo una percezione del pregiudizio più alta, ma anche dei punteggi più elevati nella scala di ansia e si può supporre che tali punteggi siano dovuti al fatto di dover nascondere la propria sessualità o di ritenere l’esito del proprio coming out un ulteriore motivo ansiogeno. Da notare è anche la correlazione positiva che vede l’aumento dell’ansia correlato all’aumento della percezione del pregiudizio. Ciò può significare che gli ansiosi hanno una maggiore sensibilità nella percezione di tale dimensione e potrebbero partire ulteriormente prevenuti o che coloro che hanno subito un evento pregiudicante, rimangono più vigili e permeabili all’emozione. Tuttavia, tale correlazione tra ansia e percezione del pregiudizio potrebbe essere imputata anche alle specifiche tipologie di coping che il soggetto possiede. Non ci sono state importanti correlazioni ai fini dello studio tra le variabili principali e le varie tipologie di coping affrontate, ma sarebbe utile andare ad indagare l’incidenza delle altre tipologie di coping intervenenti nel controllo dello stato ansiogeno. In definitiva si può dire che questo studio può contribuire alla ricerca, rafforzando l’idea che un maggiore “disclosure”, da parte dell’omosessuale, può aiutarlo comunque ad avere un migliore stato di salute generale, a patto che la società sia sensibilizzata ad accettare la categoria, senza aumentare in essa il numero di atti che verranno poi percepiti come pregiudicanti. 9 E’ opportuno specificare che questo studio non è esaustivo e che andrebbe approfondito con ulteriori ricerche che chiariscano maggiormente il tipo di relazioni individuate. L’uso di un campione di comodo e quindi la mancata reperibilità di soggetti campionabili in base a delle regole statistiche, ha limitato la generabilità e la validità esterna dei dati ottenuti. Il campionamento per convenienza potrebbe aver distorto alcune relazioni intercorrenti tra le variabili. E’ stato più semplice il trovare omosessuali maschi e ciò è verificato dalla visibile differenza nella distribuzione maschio-femmina all’interno del campione, come menzionato nelle statistiche descrittive. Da menzionare è stata anche la riluttanza con cui alcuni gruppi culturali omosessuali hanno offerto un aiuto concreto nella reperibilità del campione. Tra i più importanti motivi per cui molti soggetti si rifiutavano di compilare il questionario c’era la privacy, nonostante siano state usate sia l’Autosomministrazione Anonima che la Somministrazione Neutralizzata attraverso l’uso di email o PC, senza il diretto contatto con il somministratore. Alcune domande erano strettamente personali e rappresentavano un problema per il soggetto rispondente che era riluttante alla compilazione totale. Il motivo per cui è stata condotta questa analisi è stato quello di dimostrare che un clima più rilassato, nel quale l’omosessuale percepisce di non essere “nascosto” agli occhi del mondo, né tantomeno si reprime per risultare maggiormente accettabile all’interno della società, avrebbe potuto generare un miglioramento nello stato di salute. Il progetto è nato unito con la volontà di sensibilizzare la popolazione a questo tema, con il proposito pionieristico di indagare maggiormente una categoria che ha bisogno di attenzioni sensibili per ridurre i problemi legati all’omofobia, al pregiudizio al quale sono soggetti gli omosessuali ed alla percezione del pregiudizio che questi ultimi hanno nei confronti degli eterosessuali. Nello specifico ambito di questo studio, sensibilizzando gli ambienti socio-sanitari, oltremodo, si potrebbero ottenere numerosi vantaggi anche nella eventuale prevenzione di alcune malattie alle quali gli omosessuali sono maggiormente a rischio, come l’HIV o le M.S.T. più generiche, stimolando una migliore relazione operatorepaziente. Si può concludere affermando che l’obiettivo principale dello studio, ovvero quello di trovare una correlazione positiva tra disclosure e salute, è stato verificato come previsto e che in aggiunta è stata notata sia la relazione negativa tra percezione del pregiudizio ed aumento di visibilità, che la relazione negativa tra visibilità ed ansia, andando a ribadire che la disclosure può offrire all’omosessuale un miglioramento anche dal punto di vista psicologico. Bibliografia essenziale Cochran, Susan D.; Mays Vickie, M. 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