UNA SPECIALE BAMBOLA DI PEZZA SARNONICO: IL NATALE DI
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UNA SPECIALE BAMBOLA DI PEZZA SARNONICO: IL NATALE DI
SARNONICO: IL NATALE DI TANTI E POI TANTI ANNI FA Sono passati ottanta e più anni, ma il ricordo è ancora vivo, nostalgico, struggente. Allora in dicembre Sarnonico era regolarmente avvolto dentro una coperta bianchissima di neve: tetti, strade, prati, campi; alla fontana pendeva qualche ghiacciolo; ghiaccio trasparente anche tra i rami degli alberi: silenzio nel silenzio. Freddo. Per la strada quasi nessuno. In contrasto con questo mondo polare, la casa dei nonni materni, Bolego: così calda, così accogliente, così spaziosa: il tepore odoroso che sprigionava dalla legna resinosa che bruciava dentro alle monumentali stufe di maiolica e dal grande focolare in cucina sempre acceso. Accanto si era conservato il focolare aperto e sopra di esso una panca accostata alla parete di fondo a ricordo di anni prima, quando lì dopo cena era solita riunirsi l’inverno “l’intelligenza” del paese: mio nonno sindaco e avvocato, suo fratello medico condotto, il sarto Busetti, che era poliomielitico, ma intelligente e bravo. Quest’ultimo una sera, colto evidentemente da sonno improvviso scivolò dalla panca dentro al braciere. Mia madre mi raccontava l’episodio sorridendo, perché tutto era finito con poco danno. In questo “filò” tra uomini si parlava certamente di politica: si era alla vigilia della prima guerra mondiale e mio nonno e suo fratello speravano nell’Italia e deprecavano Francesco Giuseppe. Gli altri due non avevano certamente neppure loro nostalgie asburgiche. Accanto alla cucina sulla parete est c’era un vano senza porta, una specie di ripostiglio, dove su tre o quattro scaffali facevano bella mostra vari utensili da cucina in rame alcuni lavorati, lucidissimi: erano l’orgoglio di mia nonna, che considerava la cucina il suo regno assoluto. Così mia nonna Fanny allo scoppio della guerra del ‘15 per sottrarre questo suo tesoretto dalla requisizione per farne munizioni, pensò bene di far scomparire questo vano murandolo… senonchè la visita dei gendarmi arrivò ancora prima che l’intonaco della “pareana” fosse asciutto… Questo il racconto di mia madre, perché io venni al mondo in casa Bolego qualche anno dopo: quando la prima guerra mondiale stava per finire. Perciò io vidi quella cucina e il vano retrostante solo dopo la fine della guerra, ma gli scaffali dei “rami” erano pressoché vuoti. In questa casa così ricca di ricordi nostalgici e struggenti, un fascino particolare era rappresentato dal Natale e dalle giornate che lo precedevano. Per questa festa infatti si tornava a Sarnonico anche dopo che mio padre, giudice a Fondo, era stato trasferito in altre sedi giudiziarie più importanti. …L’attesa per il Santo Natale entrava nel vivo il pomeriggio della vigilia quando arrivavano due o anche tre ragazzetti del paese, vestiti da pastori: cantavano le nenie del Natale e quello in mezzo reggeva la capanna con i vari personaggi. Si fermavano nel salone d’ingresso, cantavano le nenie natalizie e poi se ne andavano soddisfatti di qualche biscotto e qualche arancia che mia nonna dava in regalo. Poi raggiungevano qualche altra casa del paese, di famiglie abbienti. Ma la nostra attesa (mia e di mia sorella) diventava via via più spasmodica all’avvicinarsi dell’ora di cena, quando dopo un pasto piuttosto frugale si sapeva che prima o poi si sarebbe percepito il tintinnio della carrozza del Bambingesù con i regali: l’ansia derivava anche dal fatto che il Bambingesù si sarebbe ricordato solo dei bambini meritevoli… Quando finalmente si percepiva questo magico tintinnio, noi bimbi potevamo salire al salone del piano di sopra (il cui accesso c’era stato interdetto per l’intero pomeriggio), dove nel buio emergevano le candeline multicolori appese ai rami di un grande abete. A terra il muschio con la capanna ed i pastori… Davanti i nostri regali, non granchè: per me l’immancabile cavalluccio per mia so- rella una bambola che, meraviglia, chiudeva anche gli occhi quando la si coricava. Regali in quegli anni non molto costosi ma forse proprio per questo erano più attesi ed apprezzati. Le leccornie arrivavano per il pranzo del Natale il giorno dopo con l’immancabile carne preparata su quel monumentale girarrosto a molla sopra alla brace del focolare aperto. Il pranzo di Natale si concludeva immancabilmente con il panforte di Siena e “mandorlato” veneto: omaggi natalizi degli amici ed ospiti estivi. Il Natale dei nonni aveva una simpatica “coda” tradizionale, il giorno di santo Stefano, quando nel primo pomeriggio veniva attaccato alla slitta il cavallo più docile e affidabile. Con mamma e papà, tempo permettendo, nel primo pomeriggio facevamo una gita da un amico che abitava a quattro o cinque chilometri di distanza e ci aspettava immancabilmente per un paio d’ore di chiacchiere innaffiate dal vino brulè ed insaporite da qualche fetta d’insaccato domestico con il pane di segala… il viaggio di andata e di ritorno tra i cumuli di neve, il trotto regolare del cavallo e tutta la neve attorno… il tintinnio dei campanelli del collare; il ritorno con le prime ombre della notte… eravamo noi stessi personaggi da favola… di quelle favole che la nonna e la mamma, allora sapevano raccontare così bene. È passato quasi un secolo. Livio Pifferi UNA SPECIALE BAMBOLA DI PEZZA In dialetto lombardo la Pigotta è la tradizionale bambola di pezza con cui hanno giocato molte generazioni di bambini. È fatta a mano con fantasia e creativi creatività da nonni, genitori e bambini, a casa, a scuola, presso associazioni e centri anziani di tutta Italia. Oggi la Pigotta dell’UNICEF (Fond (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia) è una bambola che contribuisce a salvare la vita di un bambino. Con un’offerta minima di 20 euro, infatti, puoi adottare una Pigotta e consentire all’UNICEF di fornire a un bambino di un paese africano interventi mir mirati che riducono il pericolo di mortalità nei suoi primi cinque anni di vita. Il kit salvavita dell’UNICEF è composto da vac vaccini, dosi di vitamina A, kit ostetrico per un parto sicuro, antibiotici e una zanzariera. L’iniziativa nasce nel 1988 e da allo allora ha avuto un crescente successo: soltanto negli ultimi 9 anni sono stati raccolti oltre 15 milioni di euro, che hanno per permesso all’UNICEF di salvare più di 770.000 bambini. Ogni Pigotta apre un cerchio di solidarietà che unisce chi ha realizO zzato la bambola, chi l’ha adottata e il bambino che, grazie all’UNIC CEF, verrà inserito in un programma di lotta alla mortalità infantile ddenominato, Strategia Accelerata per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’i dell’infanzia. “Avrà pure un cuore di pezza. Ma ogni anno salva migliaia di bambini” Confezionare una Bigotta è semplicissimo e possono farlo tutti, C ggrandi e piccoli: basta avere tanta fantasia e pochi avanzi di stofffa. Per chi desidera realizzarne una è possibile scaricare l’apposito cartamodello dal sito dell’UNICEF e seguire le istruzioni che vi sono car riportate. Una volta realizzata la bambola, si potrà contattare il Cori mitato UNICEF più vicino al quale consegnarla per poi essere data in adozione. Come molti comuni italiani anche quello di Sarnonico ha aderito all’iniziativa dell’UNICEF “Per ogni bambino nato, un bambino salall vato”. Le Pigotte acquistate avranno il compito di dare il benvenuto ad ogni bambino che nascerà a Sarnonico, un gesto che ricorda il concreto atto nuovo bamb di solidarietà che è stato compiuto. Per chi fosse invece interessato ad adottare una Pigotta anche on-line può andare sul sito www.unicef.it o rivolgersi al Comitato regionale Unicef per il Trentino Alto Adige Giusti a Trento, tel.0461/986793 o [email protected]. con sede in via Giu 5