Corte di giustizia CE, sent. 13 luglio 2000, in causa C

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Corte di giustizia CE, sent. 13 luglio 2000, in causa C
ALBORE
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
13 luglio 2000 *
Nel procedimento C-423/98,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a
norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dalla Corte d'appello
di Napoli nel procedimento promosso da
Alfredo Albore,
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 6, 52, 56 del Trattato CE
(divenuti, in seguito a modifica, artt. 12 CE, 43 CE e 46 CE) e 67 del Trattato CE
(abrogato dal Trattato di Amsterdam),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, C. Gulmann, J.-R Puissochet (relatore), V. Skouris e dalla signora F. Macken, giudici,
avvocato generale: G. Cosmas
cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale
* Lingua processuale: l'italiano.
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viste le osservazioni scritte presentate:
— per il signor Albore, da lui stesso;
— per il governo italiano dal professor U. Leanza, capo del servizio del
contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente,
assistito dal signor RG. Ferri, avvocato dello Stato;
— per il governo ellenico dalle signore K. Paraskevopoulou-Gregoriou, mandatario giudiziario presso l'Avvocatura dello Stato, e S. Vodina, uditore presso
il servizio giuridico speciale — sezione diritto comunitario del Ministero
degli Affari esteri, in qualità di agenti;
— per la Commissione delle Comunità europee dal signor Antonio Aresu e dalla
signora Maria Patakia, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali del governo italiano, rappresentato dall'avv.
P.G. Ferri, del governo ellenico, rappresentato dalla signora K. Paraskevopoulou-Gregoriou, e della Commissione, rappresentata dal signor E. Traversa,
consigliere giuridico, in qualità d'agente, all'udienza del 26 gennaio 2000,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 23 marzo
2000,
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ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Con ordinanza 29 ottobre 1998, pervenuta in cancelleria il 25 novembre
successivo, la Corte d'appello di Napoli ha sottoposto a questa Corte, ai sensi
dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), una questione pregiudiziale
vertente sull'interpretazione degli artt. 6, 52, 56 del Trattato CE (divenuti, in
seguito a modifica, artt. 12 CE, 43 CE e 46 CE) e 67 del Trattato CE (abrogato
dal Trattato di Amsterdam).
2
Tale questione è stata sollevata nell'ambito di un reclamo proposto dal signor
Albore, notaio, contro il decreto del Tribunale civile e penale di Napoli che ha
respinto il suo ricorso contro il rifiuto del Conservatore dei registri immobiliari di
Napoli di trascrivere la vendita di due immobili a favore di cittadini tedeschi per il
motivo che questi non avevano chiesto l'autorizzazione prefettizia prevista dalla
legge italiana quando gli immobili sono situati in zone del territorio dichiarate di
importanza militare.
Ambito normativo nazionale
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L'art. 1 della legge italiana 3 giugno 1935, n. 1095, recante norme per il trapasso
di proprietà dei beni immobili siti nelle province di confine terrestre (GU del
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Regno d'Italia n. 154 del 4 luglio 1935), nella versione modificata dalla legge
22 dicembre 1939, n. 2207 (GU del Regno d'Italia n. 53 del 2 marzo 1939),
dispone:
«Tutti gli atti di alienazione totale o parziale dei beni immobili siti nelle zone delle
provincie di confine terrestre devono essere sottoposti all'approvazione del
prefetto della provincia».
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Ai sensi dell'art. 2 della stessa legge, gli atti di alienazione non possono essere
trascritti nei pubblici registri da parte degli uffici competenti «se non sia esibita la
prova della intervenuta approvazione prefettizia».
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Ai sensi dell'art. 18 della legge 24 dicembre 1976, n. 898, recante nuova
regolamentazione delle servitù militari (GURI n. 8 dell'11 gennaio 1977), come
modificata dalla legge 2 maggio 1990, n. 104 (GURI n. 105 dell'8 maggio 1990;
in prosieguo: la «legge n. 898/76»):
«Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 della legge 3 giugno 1935, n. 1095,
modificata dalla legge 22 dicembre 1939, n. 2207, si applicano anche nelle zone
del territorio nazionale dichiarate di importanza militare con decreto del Ministro
della difesa, emanato di concerto con il Ministro dell'interno, da pubblicarsi nella
Gazzetta Ufficiale.
L'autorizzazione del prefetto e il parere dell'autorità militare previsti per gli atti di
alienazione totale o parziale di immobili dalla legge 3 giugno 1935, n. 1095,
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modificata dalla legge 22 dicembre 1939, n. 2207, non sono richiesti per gli atti
di alienazione totale o parziale a cittadini italiani o alle amministrazioni dello
Stato, ivi comprese le aziende autonome, ai comuni, alle provincie e agli altri enti
pubblici economici, nonché ad ogni altra persona giuridica, pubblica o privata, di
nazionalità italiana».
La causa principale
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Due immobili siti in Barano d'Ischia, in una zona del territorio italiano dichiarata
di importanza militare, venivano acquistati il 14 gennaio 1998 dai signori Uwe
Rudolf Heller e Rolf Adolf Kraas, cittadini tedeschi, che non avevano richiesto
l'autorizzazione prefettizia. Vista la mancanza di tale autorizzazione, il Conservatore dei registri immobiliari di Napoli si rifiutava di procedere alla trascrizione
della compravendita degli immobili.
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Il notaio dinanzi al quale l'operazione era stata conclusa, il signor Albore,
proponeva ricorso dinanzi al Tribunale di Napoli contro tale rifiuto chiedendo
che non fosse applicata alla vendita controversa, conclusa a favore di cittadini di
uno Stato membro della Comunità, della normativa nazionale che assoggettava a
procedimento di autorizzazione prefettizia i soli stranieri.
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In seguito al rigetto del ricorso da parte del Tribunale di Napoli, con decreto
20 maggio 1998, il signor Albore proponeva reclamo dinanzi alla Corte d'appello
di Napoli.
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Dopo aver ricordato che occorre disapplicare le norme di diritto interno
incompatibili con l'ordinamento giuridico comunitario, la Corte d'appello ha
ritenuto che la normativa nazionale contestata, applicata a cittadini di Stati
membri della Comunità, appare contraria alle disposizioni del Trattato relative al
divieto di ogni discriminazione fondata sulla nazionalità, alla libertà di
stabilimento e alla libertà dei movimenti di capitali e non sembra, per la sua
genericità ed estensione, rientrare nell'ambito dei motivi di ordine pubblico, di
pubblica sicurezza o di sanità pubblica tali da giustificare, in forza del Trattato,
una simile discriminazione.
10 Date le divergenze interpretative esistenti su tale punto tra i diversi organi
giurisdizionali italiani competenti, la Corte d'appello ha ritenuto necessario
sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale.
1 1 Pertanto ha sospeso il procedimento e ha chiesto alla Corte se gli artt. 6, 52, 56 e
67 del Trattato ostino a disposizioni come l'art. 18 della legge italiana n. 898/76,
che subordina ad autorizzazione prefettizia l'acquisto di immobili siti in una zona
del territorio nazionale dichiarata di interesse militare, ad eccezione dell'ipotesi in
cui l'acquirente sia un soggetto giuridico pubblico o privato di nazionalità
italiana.
La questione pregiudiziale
12 Con la sua questione il giudice a quo chiede sostanzialmente alla Corte se le
disposizioni del Trattato relative al divieto di discriminazioni fondate sulla
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nazionalità, alla libertà di stabilimento e alla libertà dei movimenti di capitali
ostino alla normativa nazionale di uno Stato membro che dispensa unicamente i
cittadini di tale Stato dall'obbligo di chiedere un'autorizzazione amministrativa
per l'acquisto di un bene immobile situato in una zona del territorio nazionale
dichiarata di importanza militare.
1 3 Il governo italiano sostiene che la questione pregiudiziale è irricevibile, posto che
la cittadinanza tedesca degli acquirenti degli immobili non è sufficiente a
comprovare che l'operazione oggetto della causa principale è stata posta in essere
nell'ambito dell'esercizio di una libertà garantita dal diritto comunitario e che
nessun altro dato di fatto consente di considerare che la controversia ricada
nell'ambito di applicazione del diritto comunitario.
14 L'osservazione del governo italiano relativa alla ricevibilità della questione
pregiudiziale non è fondata. Infatti, l'acquisto di un immobile sul territorio di uno
Stato membro da parte di un non residente, a prescindere dai motivi per cui è
effettuato, costituisce un investimento immobiliare che rientra nella categoria dei
movimenti di capitali tra gli Stati membri. La libertà di tali movimenti è garantita
dall'art. 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE) (v. sentenza 1 ° giugno 1999,
causa C-302/97, Konle, Racc. pag. I-3099, punto 22).
15 Occorre dunque risolvere la questione pregiudiziale.
16 L'art. 18 della legge n. 898/76, poiché esenta i soli cittadini italiani dall'obbligo di
ottenere un'autorizzazione per acquistare un immobile in determinate zone del
territorio nazionale, crea, nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri, una
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restrizione di natura discriminatoria dei movimenti di capitali fra gli Stati membri
(v., in questo senso, sentenza Konle, citata, punto 23).
17 Tale discriminazione è vietata dall'art. 73 B del Trattato qualora non sia
giustificata da uno dei motivi ammessi al riguardo dal Trattato.
18 Sebbene nell'ordinanza di rinvio non sia menzionata alcuna giustificazione, che
non è stata fornita nemmeno dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte,
dall'oggetto della normativa in causa emerge che la disposizione contestata può
considerarsi adottata per ragioni di pubblica sicurezza, nozione che, a norma del
Trattato, comprende la sicurezza esterna di uno Stato membro (v. sentenza
4 ottobre 1991, causa C-367/89, Richardt e «Les Accessoires Scientifiques»,
Racc. pag. I-4621, punto 22).
1 9 Tuttavia le esigenze di pubblica sicurezza possono giustificare deroghe alle norme
del Trattato, quale quella relativa alla libertà dei movimenti di capitali, soltanto
nel rispetto del principio di proporzionalità, vale a dire nei limiti di quanto è
idoneo e necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito (v. sentenza 15 maggio
1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 38).
20 Inoltre, ai sensi dell'art. 73 D, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 58, n. 3, CE),
siffatte esigenze non possono essere invocate per giustificare misure costituenti un
mezzo di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata della libera
circolazione dei capitali.
21 A questo titolo, il semplice richiamo agli imperativi di difesa del territorio
nazionale, quando la situazione dello Stato membro interessato non rientra
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nell'ambito dell'art. 224 del Trattato CE (divenuto art. 297 CE), non può essere
sufficiente a giustificare una discriminazione fondata sulla nazionalità nei
confronti dei cittadini degli altri Stati membri per l'accesso alla proprietà degli
immobili sulla totalità o su una parte del territorio nazionale del primo Stato.
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La soluzione sarebbe diversa soltanto se fosse dimostrato che, per ciascuna zona
alla quale si applica la restrizione, un trattamento non discriminatorio dei
cittadini di tutti gli Stati membri comporterebbe per gli interessi militari dello
Stato membro di cui trattasi rischi reali, concreti e gravi, ai quali non potrebbe
essere posto rimedio mediante misure meno restrittive.
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In mancanza di elementi a disposizione della Corte che consentano di valutare se
una simile dimostrazione sia possibile per quel che riguarda l'isola d'Ischia, spetta
al giudice a quo pronunciarsi, nella causa principale, sull'esistenza o meno di
giustificazioni sufficienti ai sensi del punto precedente.
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Si deve dunque risolvere la questione pregiudiziale nel senso che l'art. 73 B del
Trattato osta a una normativa nazionale di uno Stato membro che, per motivi
connessi alle esigenze di difesa del territorio nazionale, dispensa unicamente i
cittadini di tale Stato membro dall'obbligo di chiedere un'autorizzazione
amministrativa per l'acquisto di un bene immobile situato in una zona del
territorio nazionale dichiarata di importanza militare. La soluzione sarebbe
diversa soltanto se si potesse dimostrare, dinanzi al giudice nazionale competente,
che, in una zona determinata, un trattamento non discriminatorio dei cittadini di
tutti gli Stati membri comporterebbe per gli interessi militari dello Stato membro
di cui trattasi rischi reali, concreti e gravi, ai quali non potrebbe essere posto
rimedio mediante misure meno restrittive.
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In considerazione di quanto precede non è necessario esaminare le questioni di
interpretazione relative agli artt. 6 e 52 del Trattato.
Sulle spese
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Le spese sostenute dai governi italiano ed ellenico nonché dalla Commissione, che
hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle
spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione),
pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla Corte d'appello di Napoli con
ordinanza 29 ottobre 1998, dichiara:
L'art. 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE) osta a una normativa nazionale
di uno Stato membro che, per motivi connessi alle esigenze di difesa del territorio
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nazionale, dispensa unicamente i cittadini di tale Stato membro dall'obbligo di
chiedere un'autorizzazione amministrativa per l'acquisto di un bene immobile
situato in una zona del territorio nazionale dichiarata di importanza militare.
La soluzione sarebbe diversa soltanto se si potesse dimostrare, dinanzi al giudice
nazionale competente, che, in una zona determinata, un trattamento non
discriminatorio dei cittadini di tutti gli Stati membri comporterebbe per gli
interessi militari dello Stato membro di cui trattasi rischi reali, concreti e gravi, ai
quali non potrebbe essere posto rimedio mediante misure meno restrittive.
Moitinho de Almeida
Skouris
Gulmann
Puissochet
Macken
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2000.
Il cancelliere
R. Grass
Il presidente della Sesta Sezione
J.C. Moitinho de Almeida
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