Assemblea Banchi di Solidarietà

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Assemblea Banchi di Solidarietà
Assemblea Banchi di Solidarietà – 21 marzo 2015
“Uno che capisce la domanda, che cos’è la domanda, sente subito quello che domanda l’altro, non può
stare fermo se l’altro ha bisogno, e lo aiuta gratuitamente: si chiama carità. Ma uno che non sente il
bisogno in sé, che non vive il dolore del bisogno, non può capire che l’altro ha bisogno, perché in quel caso,
anche se fa molta beneficenza, l’altro è strumento di un suo progetto, per esempio il progetto di stare con
l’anima in pace. Mentre il progetto vero dell’uomo non è l’anima in pace, ma è l’uomo felice". (Don
L.Giussani)
Branco: “Cercare ancora più vita e ancora più amore”. La traccia data per quest’assemblea mette a tema il
bisogno. Uno che non sente il bisogno in sé non può capire che l’altro ha bisogno.
Chi ci aiuta a guardare il nostro bisogno?
Ma è proprio necessario capire perché occorre cercare “ancora più vita e ancora più amore”?
Lettera: […] A caritativa ho incontrato un popolo che mi abbraccia. L’unico motivo che ho di andare a
caritativa è mendicare sempre più Lui.
Intervento 1: […] l’esperienza del Dona Cibo ha davvero generato un movimento di popolo. Ma alla bellezza
disarmante che ho visto durante il Dona Cibo contrasta l’esperienza difficile che faccio con la famiglia a cui
porto il pacco durante la settimana. Con questa famiglia capisco che il problema non è trovare il lavoro ma
far ripartire la persona. E probabilmente la negatività con cui guardo le persone di questa famiglia è una
negatività che io per primo ho sulla realtà.
Prosperi: tu quindi senti in contraddizione l’esperienza “di soddisfazione e pienezza” del Dona Cibo con il
senso di impotenza che avverti verso questa famiglia. Mi chiedo ma perché? Perché se sei sempre tu? La
positività di una cosa dipende allora dalla riuscita? La positività c’è pure nell’esperienza dell’impotenza.
Spesso noi leghiamo l’impotenza ad una insoddisfazione, come se noi fossimo dei medicinali e a caritativa
dovessimo andare per curare la malattia e sentirci contenti di averlo fatto. Quindi quello che io non posso
fare, che io non posso realizzare, non vale niente. È proprio vero che noi siamo figli del nostro tempo! Invece
quanto cambia la cosa quando ci accorgiamo che questa impotenza è segno di un bisogno e quindi che io non
posso fare, non posso realizzare etc. Ma non come una cosa negativa. Quando ci si rende conto di questo c’è
invece una fecondità!
Giussani diceva: “Noi Cristo lo invochiamo ma lo invochiamo spesso dentro una partita già vinta da noi. E
invece non ci rendiamo conto che è Cristo stesso il premio.”
Intervento 2: […] durante la settimana del Dona Cibo mi sono reso conto che ho studiato meglio, mi sono
allenato meglio, ho vissuto meglio.
Prosperi: Perché un gesto come il Dona Cibo ti aiuta meglio a studiare o ad allenarti meglio? Perché sei stato
guardato come uomo ed essere guardato come uomo vuol dire essere guardato per il tuo Destino. […] Cos’è
questo Bene che uno dona se non un Bene che già hai ricevuto? […]
Altro punto è fare fedelmente il gesto della caritativa. Giussani ha sempre dato importanza a questa fedeltà.
È un modo attraverso cui entra a poco a poco un orizzonte che spontaneamente non è nostro. Si inizia
guardando l’altro come “povero” e, a poco a poco, lo puoi guardare invece come Destino. […] attraverso la
circostanza della caritativa noi possiamo rispondere a Qualcuno già presente. E quando ti accorgi che tu sei
un destino di bene cambia a poco a poco lo sguardo su tutto (studio, rapporti, affetti, etc.).
Intervento 3: […] a volte a caritativa sono disposta a dare solo un tot, riscoprendo in questi casi di essere
tanto borghese. Poi sono andata dal Papa e mi hanno colpito due cose tra tutte. Innanzitutto come lui ha
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abbracciato i carcerati. E vedendo questo mi sono chiesta (rispetto ad una situazione che stavo vivendo a
caritativa) “ma chi sono io per poter giudicare questa persona?”.
Prosperi: ma vedere il Papa che abbraccia i carcerati ti basta per poter togliere il tuo borghesismo e guardare
il signore della caritativa?
Intervento 3: […] poi la seconda cosa che mi ha colpito è stata quando il Papa ha detto: “il luogo privilegiato
dell’incontro con Cristo è il mio peccato”.
Prosperi: Non accontentiamoci mai, perché solo capendo la radice di questo Bene che si può andare avanti
e guardare a tutto e tutti nello stesso modo con cui il Papa ha guardato i carcerati. Lo sguardo di misericordia
di cui ha parlato il Papa non è frutto di una morale etica, ma di uno sguardo che è entra dentro di te e ti
cambia. Quello che cambia è un ideale che diventa Presenza e ti rende libero. Una libertà che accade in un
incontro con una persona ben precisa. Affinché questa libertà sia vera deve essere giocata dentro le
circostanze e dentro i rapporti. Una libertà che ti scopri anche in circostanze non volute, anche ad esempio
la libertà di dire che tu da quel signore della caritativa non ci puoi più andare perché non gli fai del bene.
Intervento 4: ho delle difficoltà a caritativa. […]. Mi serve una compagnia per richiamarmi alla coscienza del
gesto, per guardare alle cose che succedono e di cui tante volte non mi accorgo, per dare una forma al gesto.
Io invidio chi invece guarda la caritativa così. […] Non voglio perdere tempo nella vita!
Prosperi: tu hai già tutte le risposte. Allora cosa ti manca? Qual è il tuo bisogno? Parliamo tanto di bisogno
ma non diciamo di cosa abbiamo bisogno. Tu dici ad esempio che con questo gesto vuoi poter vivere con
verità te stesso e non vuoi perdere tempo. Non è uno sforzo che risponde al bisogno, quello che risponde al
mio bisogno è semplicemente un incontro che cattura tutta la mia attrattiva, un’attrattiva che ci aiuta a vivere
fedelmente il gesto anche nella sua forma (lettura di un passo, preghiera, etc.). Non può essere il viceversa!
Noi non restiamo fedeli al gesto per la sua forma ma per l’attrattiva che ha su di noi! Quindi quello che ti dico
è semplicemente di seguire le persone che tu dici di invidiare per il modo che hanno di fare caritativa.
Branco: mi viene da dire che la caritativa è un gesto educativo che sfida la nostra libertà e che l’impotenza
è un dono di Dio perché è la possibilità di ridomandare tutto. Lo scopo della caritativa è che noi torniamo a
casa con la domanda che ci scoppia un po’ più dentro al cuore. Sempre più cosciente di noi stessi.
Prosperi: l’esperienza di impotenza quando non finisce in sé? Quando non fa chiudere e allontanare?
Quando uno chiede il significato della vita in una Presenza. Altrimenti ci si rassegna e non si va più avanti. Il
punto fondamentale è sempre la libertà.
Branco: […] ma cosa vuol dire volere bene? C’è la possibilità per uno che ha la fedina penale sporca di
ricominciare a vivere bene? Si! Ma la risposta teorica la sappiamo tutti, ma questa risposta in realtà è il
cammino di tutta la vita. Questa domanda (cosa vuol dire volere bene?) viene fuori solo quando io ho più
coscienza di me e degli altri che mi stanno accanto.
Prosperi: […] tu puoi accettare chi ti sta accanto, ma lo puoi fare veramente solo quando lui accetta te, cioè
quando c’è una domanda reciproca. Noi nei rapporti siamo completamente in gioco e può anche succedere
che la cosa non funzioni. Può succedere! Chiedersi cosa vuol dire volere bene all’altro vuol dire essere
anche disposti ultimamente ad accettare di non essere riconosciuto e voluto. Questo vuol dire amare
gratis! Se non si guarda cosa Gesù ha fatto in sé per noi (la croce), non si accetterà mai la negazione o il
riconoscimento. Si può guardare con libertà ad una persona solo guardando la croce di Gesù. Si afferma
così di più il suo Destino e non il fatto che la persona non ti riconosca. Questo vuol dire volere bene
gratuitamente, gratis.
[…]
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Prosperi: da questo pomeriggio si capisce che i giudizi che rodono la vita nascono sempre da qualcosa che
si sta vivendo. Noi vogliamo aiutarci a giudicare quello che viviamo (con le sue luci e le sue ombre). E così
abbiamo capito meglio cosa vuol dire bisogno. Nasce stupore davanti alla grandezza del bisogno che si
incontra ma il termine grandezza è ancora un termine piccolo in confronto al nostro bisogno che è infinito.
Noi spesso siamo così intenti a cercare di rispondere al bisogno dell’altro che non ci accorgiamo di come
siamo fatti. Lo scopo della caritativa non è esaurire il bisogno che emerge (il progetto di stare con l’anima
in pace). Veniamo completamente smascherati quando pensiamo che è la nostra fede il dono che dobbiamo
dare all’altro. Non è questo innanzitutto! Questo gesto è innanzitutto uno strumento che Dio ci dà per fare
crescere la nostra libertà, che è e sarà sempre una libertà imperfetta. Siamo in cammino, quindi anche i nostri
limiti (e la nostra libertà imperfetta) sono i gradini per conoscere sempre più Dio e il nostro Destino (se è Dio
quello che stiamo cercando). Il valore del gesto sta prima di tutto nel volere educare me. E questo gesto
impegna tutta la persona, perché non si può educare solo con la parola. Prendiamo sul serio, fino in fondo,
quello in cui siamo messi affinché la proposta che ci è stata fatta diventi sempre più il nostro cammino, per
non perdere mai tempo ed essere uomini felici.
[…]
Il vertice dell’esperienza del movimento è la Carità e il vertice della Carità è la Bellezza.
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