l`egitto ei classici

Transcript

l`egitto ei classici
PERCORSO DIDATTICO
L’EGITTO E I CLASSICI
Daniela Leuzzi
PREMESSA
Il percorso passa in rassegna le fonti classiche relative all’antico Egitto, soffermandosi sia sulla
descrizione geografica di quest’area, sia sui monumenti, che suscitavano stupore e ammirazione.
MATERIE COINVOLTE
Greco, Latino, Storia dell’Arte.
INSERIMENTO NELLA PROGRAMMAZIONE
Il lavoro si colloca in I Liceo Classico, nel secondo quadrimestre. Si pensa a una cattedra congiunta
di Greco e Latino. Per quanto concerne l’approfondimento di Storia dell’Arte si programma invece
una compresenza.
STRATEGIE DIDATTICHE
Si prevede una lezione introduttiva per la presentazione dell’argomento, seguita da lezioni
partecipate.
TEMPI
14/16 ore





5 lezioni, di 1 o 2 ore, in base a quanto indicato nella descrizione della sequenza didattica,
per un totale di 9/10 ore, compresa la verifica dell’apprendimento in itinere, realizzata
tramite domande orali
1 ora per la verifica finale
1 ora per il commento alla verifica
1 ora per recupero e/o potenziamento, da calibrare in relazione al contesto e al feedback
fornito dalla prova in uscita
Si pensa infine di inserire 2 ore in compresenza con il docente di Storia dell’Arte, per
esaminare le immagini dei monumenti descritti dalle fonti classiche
2
SEQUENZA DIDATTICA
(brani, quantità, qualità, in lingua e/o in traduzione, in classe e/o a casa)
1) EGITTO IN OMERO - 2 ORE
Iliade
IX 381-384
Odissea
iii 301
iv 127, iv 227-230, iv 477, iv 483, iv 581
xiv 257-258, xiv 263
xvii 426, xvii 432
Passando in rassegna le opinioni degli autori greci sull’Egitto si leggono innanzitutto alcuni
passi omerici, consegnati in fotocopia in originale greco. Nel IX libro dell’Iliade Achille,
respingendo l’ambasceria che lo invita a tornare in battaglia, dice di non voler deporre la propria ira
nemmeno in cambio di un’immensa ricompensa e parla di Tebe egizia, “dove nelle case si trovano
ricchezze infinite” (Iliade IX 382: o3ti plei=sta do/moij e0n kth/mata kei=tai). La città di Tebe è
citata in modo identico anche nell’Odissea, in un passo in cui si ricorda un dono fatto a Elena, sposa
di Menelao, da una donna di questa città sfavillante di oro e argento (Odissea iv 127).
L’Egitto è poi menzionato nell’Odissea da Nestore che, quando Telemaco si reca da lui per
cercare notizie del padre Odisseo, dice che Menelao ha raccolto molto oro durante la sua
permanenza in Egitto (Odissea iii 301: w4j o9 me\n e1nqa bi/oton kai\ xruso\n a0gei/rwn).
Telemaco fa visita anche alla reggia di Menelao, a Sparta, dove viene accolto dal sovrano e
dalla sposa Elena, che ha appreso da una donna molti rimedi efficaci, noti in Egitto, terra fertile, che
produce farmaci ma anche veleni mortali (Odissea iv 229-230: th=| plei=sta fe/rei zei/dwroj
a1roura / fa/rmaka, polla\ me\n e0sqla\ memigme/na, polla\ de\ lugra/). Menelao stesso, ricevendo
Telemaco, ricorda di essersi fermato in Egitto, durante il ritorno in direzione di Sparta, dopo la fine
della guerra. Nelle parole di Menelao il termine “Egitto” designa sia il territorio sia il Nilo, fiume
caduto dal cielo, da Zeus (Odissea iv 477, iv 581: diipete/oj potamoi=o).
L’Egitto viene descritto poi da Odisseo che, tornato in patria, non vuole farsi riconoscere
subito dal suo fedele servo Eumeo e finge di essere un cretese, che nei suoi viaggi per mare ha
toccato anche il suolo egizio. Nelle sue parole, come in quelle di Menelao già citate, “Egitto” indica
il paese e il fiume (Odissea xiv 257-258: pemptai=oi Ai0gu/ptw| e0u+rrei/thn i9ko/meqa, / sth=sa d 0 e0n
Ai0gu/ptw| potamw=| ne/aj a0mfieli/ssaj - al quinto giorno arrivammo all’Egitto bella corrente, /
ancorai nel fiume Egitto le navi ben manovrabili). La fertilità del territorio è ribadita quando
Odisseo parla dei saccheggi compiuti dai suoi compagni nei “campi bellissimi degli Egizi” (Odissea
xiv 263: Ai0gupti/wn a0ndrw=n perikalle/aj a0rou/j).
Un racconto analogo si ritrova anche quando Odisseo si reca alla propria reggia, con vesti da
mendicante, e dice di essere cretese anche di fronte ai Proci, prìncipi che banchettano nella sua casa
e aspirano alla mano di sua moglie Penelope. Il discorso riprende quello fatto a Eumeo, con la
menzione del viaggio lungo e difficile per raggiungere l’Egitto (Odissea xvii 426: Ai1pto/nd 0 i0e/nai,
dolixh\n o9do/n - cfr. anche Odissea iv 483: Ai1pto/nd 0 i0e/nai, dolixh\n o9do/n a0rgale/hn te), del
fiume (Odissea xvii 427: sth=sa d 0e0n Ai0gu/ptw| potamw|= ne/aj a0mfieli/ssaj - cfr. Odissea xiv
258) e dei campi fertili (Odissea xvii 432: Ai0gupti/wn a0ndrw=n perikalle/aj a0rou/j - cfr. Odissea
xiv 263).
Al termine dell’analisi dei brani si ragiona con gli allievi, esortandoli a illustrare l’immagine
dell’Egitto che emerge dai poemi omerici e a stilare a casa un breve testo con riflessioni sul lavoro
- www.loescher.it/mediaclassica -
3
svolto. Si segnala inoltre la ripresa dei versi nei passi letti, collegandola con lo stile omerico, che,
come si è visto durante l’anno scolastico, è caratterizzato da segmenti testuali ricorsivi.
2) EGITTO, TRA MITO E STORIA - 2 ORE
Esiodo
Teogonia 337-338
Eschilo
Supplici 234-347
Erodoto
Storie II 2
Diodoro
Biblioteca storica I 9-10
Dopo la lettura dei lavori individuali degli allievi, si ribadisce la percezione dell’Egitto da
parte degli antichi come luogo remoto, che si può raggiungere con una navigazione lunga e difficile.
È una terra fertile e opulenta, bagnata dal fiume, che è un dono del cielo e che rende i campi
rigogliosi. L’Egitto suscita inoltre un’intensa curiosità poiché i suoi abitanti conoscono molte piante
medicinali e anche molti veleni, che possono essere mortali. A integrazione delle osservazioni
sull’alone di mistero che avvolge l'Egitto si propone il passo della Teogonia di Esiodo, nella quale è
attestato per la prima volta il nome “Nilo”, citato tra i figli di Teti e di Oceano (Teogonia 337-338:
Thqu\j d 0 0 W keanw| = potamou\ j te/ k e dinh/ e ntaj / Nei=lon t' 0A lfei/on te kai\ 0Hridano\n
baqudi/nhn).
Per narrare le origini dell’Egitto si fa riferimento al mito in base al quale la figlia di Nilo,
Menfi, sposò Epafo, figlio di Io e di Zeus, e generò Tebe, Lisianassa e Libia, che diede il suo nome
a una regione limitrofa all’Egitto. Sia Lisianassa sia Libia furono amate da Poseidone: la prima
generò Busiride, posto a capo dell’Egitto da Osiride quando era partito per una spedizione intorno
alla terra; la seconda diede alla luce due gemelli, Agenore e Belo, l’uno dei quali si stabilì in Siria,
regnando su Tiro e Sidone, l’altro fu sovrano dell’Egitto. Da Agenore e Telefassa nacquero Fenice,
Cilice, Cadmo ed Europa. Da Belo e Anchinoe nacquero invece Cefeo, Danao ed Egitto. Per volere
del padre, Danao fu sovrano di Libia, Egitto ebbe invece l’Arabia, ma conquistò poi il paese dei
Melampodi (“i piedi neri”), che chiamò Egitto dal proprio nome. Danao ed Egitto, unendosi con
donne diverse, generarono rispettivamente cinquanta figlie e cinquanta figli. Danao, temendo i
cinquanta figli di suo fratello, fuggì dall’Egitto con le figlie. Si legge a questo punto in traduzione
italiana il brano tratto dalle Supplici di Eschilo (vv. 234-347) nel quale compare in scena Pelasgo, il
re di Argo. Dal dialogo con il coro delle donne, che chiedono asilo, emergono le origini delle
Danaidi. Ad Argo, Danao venne poi raggiunto dai cinquanta figli di suo fratello Egitto, che gli
annunciarono la decisione di sposare le sue cinquanta figlie. Danao, pur non credendo alle
intenzioni pacifiche dei figli di suo fratello, acconsentì. Per le nozze, Danao regalò una daga a
ciascuna delle proprie figlie e fece promettere a ognuna di uccidere il marito durante la prima notte
di nozze. Tutte eseguirono l’ordine, tranne la maggiore, Ipermestra, che risparmiò Linceo, fatto però
poi arrestare da Danao, che in seguito riconobbe l’unione tra i due e, per superare le difficoltà legate
al matrimonio delle altre figlie, indisse dei giochi che avevano come premio le ragazze, che
sposarono perciò i giovani della regione argiva, generando la stirpe dei Danai, che sostituì quella
dei Pelasgi.
Passando dal mu/qoj al lo/goj e alla storia si prendono in esame brani tratti dal libro II delle
Storie di Erodoto, nel quale si trova l’excursus etnografico sugli Egizi. Introducendo la lettura, si
- www.loescher.it/mediaclassica -
4
ricorda agli allievi la struttura dell’opera erodotea, presa in esame nel corso dell’anno scolastico in
Storia della Letteratura Greca.
Si legge poi il passo relativo all’antichità degli Egizi:
Storie II 2, 1-2
oi9 de\ Ai0gu/ptioi, pri\n me\n h2 Yammh/tixon sfe/wn basileu=sai, e0no/mizon e9wutou\j
prw/touj gene/sqai pa/ntwn a0nqrw/pwn: e0peidh\ de\ Yammh/tixoj basileu/saj h0qe/lhse
ei0de/nai oi3tinej genoi/ato prw=toi, a0po\ tou/tou nomi/zousi Fru/gaj prote/rouj
gene/sqai e9wutw=n, tw=n de\ a1llwn e9wtou/j.
Gli Egizi, prima del regno di Psammetico, ritenevano di essere i primi (i più antichi) tra
tutti gli uomini, ma, dopo che Psammetico, salito al potere, volle sapere chi fossero gli
uomini più antichi, ritengono che i Frigi siano precedenti a loro, che sono però precedenti a
tutti gli altri.
Si commenta poi il passo successivo a quello letto in greco, proposto in traduzione italiana e
riguardante l’esperimento fatto da Psammetico per scoprire quale popolo fosse il più antico. Il
sovrano consegnò due neonati a un pastore e gli ordinò di allevarli senza far loro sentire alcuna
voce umana. Due anni dopo tornò per udire le prime parole dei piccoli, convinto che avrebbero
fornito informazioni sulle più antiche origini dell’umanità. I bambini lo accolsero pronunciando
“becòs”, il termine con il quale i Frigi designano il pane. Da questo Psammetico dedusse che i Frigi
fossero precedenti a tutti i popoli: una loro parola era pronunciata da bambini che non avevano mai
sentito il linguaggio umano.
In polemica con Erodoto si colloca Diodoro Siculo (primo quarto del I secolo a.C.), autore
della Biblioteca storica, che si oppone alla pretesa di individuare il popolo più antico in senso
assoluto.
Nei capitoli introduttivi della sua opera dichiara di iniziare la trattazione con la descrizione
degli Egizi non perché li consideri il popolo più remoto, ma soltanto per esigenze espositive, per
non dover in seguito interrompere il racconto relativo ai Greci con excursus su altre genti
(Biblioteca storica I 9, 5).
Dopo questa dichiarazione programmatica, Diodoro, per completezza, passa in rassegna le
motivazioni per le quali gli Egizi ritengono di essere i primi uomini comparsi sulla terra:
Biblioteca storica I 10, 1
fasi\ toi/nun Ai0gu/ptioi kata\ th\n e0c a0rxh=j tw=n o3lwn ge/nesin prw/touj a0nqrw/pouj
kata\ th\n Ai1gupton dia/ te th\n eu0krasi/an th=j xw/raj kai\ dia\ th\n fu/sin tou= Nei/lou.
Gli Egizi dicono che, al tempo della genesi originaria di tutto, i primi uomini nacquero in
Egitto a causa della mitezza del clima della regione e a causa della natura del Nilo.
Commentando il passo si segnalano le motivazioni fornite da Diodoro, sulle quali si tornerà
durante il percorso didattico, soffermandosi sia sulle peculiarità geografiche dell’Egitto sia sulle
fonti letterarie relative al fiume Nilo. Dai passi citati si nota che i Greci si accostano agli Egizi come
a un popolo molto antico, già antico per quelli che per noi sono i “classici”: l’Egitto è perciò già
“antico per gli antichi”, lontanissimo e affascinante.
- www.loescher.it/mediaclassica -
5
3) GLI EGIZI E LE “INVENZIONI” - 2 ORE
Platone
Timeo 22 a-b
Fedro 274 c-d
Isocrate
Elogio di Busiride XI 22
Aristotele
Meteorologica I 14, 352 b 20-21
Metafisica I 1 981 b 23-24
In questa sezione si esaminano in traduzione alcuni brani nei quali gli Egizi appaiono
“apportatori di civiltà” e “inventori”, in connessione con riferimenti alla loro maggiore antichità
rispetto agli altri popoli, opinione già analizzata nel punto precedente, rintracciabile anche in un
passo del Timeo di Platone (22 a-b) nel quale si parla di un viaggio di Solone in Egitto. Uno dei
personaggi del dialogo rievoca la permanenza del saggio Solone a Sais, un distretto egizio nel Delta
del Nilo, durante la quale il greco ebbe modo di ascoltare le testimonianze dei sacerdoti del luogo.
Solone, discorrendo con uno di questi anziani ministri di culto, si rese conto che né egli stesso né
alcun altro greco era informato dei fatti antichi tanto quanto gli Egizi (Timeo 22 a). Uno dei
sacerdoti, rivolgendosi a Solone, gli disse inoltre che tutti i Greci sono bambini, giovani nell’anima,
privi di opinioni antiche, provenienti da una primitiva tradizione (Timeo 22 b). La testimonianza
prosegue poi ricordando l’importanza del Nilo per la terra circostante e facendo menzione di fatti
precedenti a quelli che i Greci considerano i più antichi in assoluto. Il sacerdote mostra infatti di
essere a conoscenza di altri diluvi anteriori all’unico noto ai Greci. L’ammirazione con la quale
Solone ascolta il suo interlocutore è segno dell’atteggiamento dei Greci nei confronti degli Egizi,
depositari di un sapere remotissimo.
Si legge poi, in traduzione, un passo del Fedro (274 c-d), nel quale viene menzionato il dio
Theuth, che viveva presso Naucrati, città sul Delta del Nilo. Theuth si recò un giorno dal faraone di
Tebe egizia per mostrargli le sue invenzioni, i numeri, il calcolo, la geometria, l’astronomia, il gioco
degli scacchi e dei dadi e anche la scrittura. L’episodio è significativo poiché attribuisce a Theuth,
divinità identificata con l’Ermes dei Greci, il primato in molte arti e conoscenze utili agli uomini.
L’importanza degli Egizi come apportatori di civiltà, che è emersa dal Fedro di Platone, era
presente anche nell’Elogio di Busiride, opera composta intorno al 390 a.C. da Isocrate. Si tratta di
un encomio in cui si parla degli Egizi come degli uomini più longevi, che hanno introdotto la
riflessione filosofica, utile non soltanto per stabilire le leggi, ma anche per indagare la natura
dell’universo (Elogio di Busiride XI 22).
Ai passi di Platone, che abbiamo ripercorso nei punti salienti, si affiancano le affermazioni
di Aristotele che ribadisce l’antichità degli Egizi in un’opera dedicata ai fenomeni celesti
(Meteorologica I 14, 352 b 20-21). I riferimenti alla lontananza temporale degli Egizi sono
associati, in Aristotele come in Platone, a menzioni delle conoscenze da loro possedute. Nella
Metafisica, Aristotele considera infatti l’Egitto la culla della matematica (Metafisica I 1 981 b 2324).
- www.loescher.it/mediaclassica -
6
4) EGITTO IN GEOGRAFIA - 2 ORE
Erodoto
Storie II 5-34
Diodoro
Biblioteca storica I 30-41
Strabone
Geografia XVII 47-52
Plinio il Vecchio
Naturalis historia V 48, 51-58, 59, 64
Si leggono in traduzione italiana i passi relativi alla conformazione geografica dell’Egitto,
avvalendosi anche di una carta fisica e di un atlante storico.
Erodoto, dopo aver definito “dono del fiume” (dw=ron tou= potamou=) la parte dell’Egitto
verso la quale si dirigono i naviganti greci (Storie II 5), parla della conformazione del territorio e
delle piene del fiume che, ricoprendo di limo il territorio circostante, lo rendono particolarmente
fertile (Storie II 6-34). In polemica con Ecateo e con Anassagora, Erodoto affronta inoltre la
questione delle sorgenti del Nilo (Storie II 16), allargando poi il dibattito alla suddivisione
dell’oi0koume/nh e ai suoi confini. Riflettendo su tale brano si segnalano le implicazioni politiche
della digressione sull’Egitto, collegandola con la spedizione ateniese del 460-454 a.C. in quell’area
geografica.
Riprendendo il filone relativo alla ricerca delle sorgenti del Nilo e allo studio del suo corso
si inseriscono brani in traduzione da Diodoro Siculo (Biblioteca storica I 30-37) che parla del fiume
Nilo e del suo Delta “simile per forma alla Sicilia” (Biblioteca storica I 34) e si sofferma sugli
animali che lo popolano. Vengono poi passate in rassegna e confutate alcune spiegazioni delle piene
del Nilo (Biblioteca storica I 37-41). Le tesi di Talete e di Democrito di Abdera, che collegavano
l’innalzarsi del livello del fiume con i venti etesii, vengono respinte da Diodoro sia perché altri
fiumi che hanno il corso opposto a tali venti non si comportano in modo analogo al Nilo, sia perché
lo spirare degli etesii non coincide con il periodo delle piene in Egitto.
Erodoto era invece convinto che la portata naturale del Nilo fosse quella delle piene e che
d’inverno il regime delle acque calasse. Diodoro, riprendendo la precedente tecnica di confutazione,
dice che i fiumi limitrofi non si comportano in modo simile. La tesi di Euripide e di Anassagora,
che legava le piene del Nilo al disgelo delle nevi in Etiopia, viene invece rifiutata poiché non si
considera verosimile che la neve cada in un luogo caldo come l’Etiopia. Criticando l’ipotesi di
“alcuni filosofi di Memfi”, non meglio identificati, Diodoro si basa invece sul presupposto che la
terra sia sferica, concetto non estraneo ai Greci (sostenuto, per esempio da Pitagora). L’idea di
Enopide di Chio, convinto che la variazione di portata del fiume dipendesse dal cambiamento di
temperatura delle acque, viene criticata riutilizzando il procedimento di analogia: ad altri corsi
d’acqua non accade il medesimo fenomeno.
Secondo Diodoro, infine, Agatarchide di Cnido formula un’ipotesi molto vicina alla verità,
collegando l’innalzamento delle acque alle piogge estive, che cadono dal solstizio d’estate fino
all’equinozio d’autunno.
La riflessione sulle cause delle piene del Nilo è presente anche nell’opera di Strabone
(Geografia XVII 47-52), che menziona un nilometro, uno strumento per misurare l’innalzamento
delle acque: è un pozzo, costruito con pietre ben squadrate, si trova sulla riva del fiume e serve per
registrare la massima e la minima altezza delle acque.
È utile sia per i contadini, che lo osservano per uno sfruttamento razionale delle acque a
disposizione in ogni momento dell’anno, sia per i prefetti che si occupano delle imposte: a piene
maggiori corrisponde maggiore produttività dei campi e, di conseguenza, tasse più elevate.
Il percorso si conclude con la lettura in originale del passo di Plinio il Vecchio relativo alla
crescita periodica del Nilo (Naturalis historia V 55), nel quale l’autore combina diverse cause,
- www.loescher.it/mediaclassica -
7
considerando però più attendibili (maxime probabiles) le tesi che pensano ai venti etesii e alle
piogge estive collegate con il loro spirare. La seconda ora di lavoro è dedicata a una riflessione sulla
conformazione geografica attuale dell’Egitto, mirata a suggerire un confronto tra antico e moderno,
individuando analogie e differenze tra l’ambiente attuale e quello descritto nelle fonti classiche.
5) EGITTO: LABIRINTO - 1 ORA
Si avvia il lavoro, esaminando i seguenti testi, proposti in fotocopia con l’ausilio della traduzione a
fronte:
Erodoto
Storie II 147-150
Diodoro
Biblioteca storica I 61-66
Strabone
Geografia XVII 1, 37
Plinio il Vecchio
Naturalis historia XXXVI 84-89
Si riflette sul labirinto, leggendo il brano relativo al viaggio di Dedalo (figura leggendaria di
artefice del labirinto di Creta in cui era rinchiuso il Minotauro) in Egitto, attestato sia da Diodoro
Siculo (Biblioteca storica I 61, 3 / I 96, 2 / I 97, 5-6), sia da Plinio il Vecchio (Naturalis historia
XXXVI 85). In merito alla collocazione del labirinto egizio, Erodoto parla di un luogo “poco oltre il
lago Meride, circa all’altezza della cosiddetta città dei coccodrilli” (II 148, 1). La zona citata è la
depressione nel Fayoum, in cui si trova oggi la città di Medinet el-Fayoum, antica Chedyt o Shedet,
poi Crocodilopolis (in greco: “città dei coccodrilli”), infine dedicata da Tolomeo Filadelfo (309-246
a.C.) alla propria sorella Arsinoe. Diodoro ribadisce l’ingegnosità del labirinto anche quando parla
del viaggio di Dedalo in Egitto e designa l’opera con una parola (plokh/) che indica un intreccio,
simile a quello di un tessuto (I 97, 5).
Parlando del labirinto, Strabone (Geografia XVII 1, 37) mette invece in risalto l’identità tra
il numero delle sale del complesso architettonico e quello dei distretti amministrativi nei quali
l’Egitto era suddiviso. Si parla poi della struttura della costruzione con sale circondate da colonne
(au0lai\ peri/stuloi) e vicine le une alle altre (sunexei=j a0llh/laij), elementi già individuati da
Erodoto e da Diodoro. Il primo nelle sue Storie nota in modo identico a Strabone la contiguità dei
locali (II 148, 4: sunexei=j a0llh/laij - connesso con le sale). Il secondo nella Biblioteca storica
parla di un ambiente circondato da colonne (I 66, 4: peri/stuloj).
Il riferimento alla presenza di un peristilio si ritrova infine in Plinio il Vecchio, che ricorda
le colonne di marmo pario situate all’ingresso del labirinto (Naturalis historia XXXVI 86: introitu
lapidis e Paro columnis) e quelle di porfido nelle sezioni interne (Naturalis historia XXXVI 88:
intus columnae porphyrite lapide).
L’analisi delle strutture architettoniche significative individuate in Egitto dagli antichi si può
completare con approfondimenti sugli obelischi e sulle piramidi, per i quali si rimanda
rispettivamente ai testi "Le piramidi di Giza nelle fonti" e "Gli obelischi egizi ieri e oggi", presenti
in questa stessa rubrica.
A termine del percorso si pensa di collocare una lezione in compresenza con il docente di
Storia dell’Arte per confrontare le informazioni tratte dai testi antichi, inserite in tabelle riassuntive
durante il lavoro, con le immagini degli edifici monumentali.
- www.loescher.it/mediaclassica -
8
MODALITÀ DI VERIFICA
Si colloca alla fine del lavoro una verifica di 1 ora, con quesiti a risposta chiusa relativi ai testi
affrontati e domande a risposta aperta connesse con i nodi concettuali focalizzati. È prevista poi 1
ora dedicata al chiarimento di eventuali dubbi sorti durante la prova e alle considerazioni
conclusive.
RECUPERO E/O POTENZIAMENTO
In base all’andamento della prova in uscita si propone 1 ora di lavoro differenziato, durante il quale
la classe è divisa in due gruppi:
R ECUPERO : si riesaminano i passi letti durante il percorso per arrivare a elaborare uno schema
riassuntivo delle idee-chiave.
POTENZIAMENTO: si propone la lettura di un brano di Erodoto, scelto tra i passi riguardanti il
labirinto, già forniti con traduzione a fronte (Storie II 101, 147-150), e si esortano gli allievi a
ragionare sul testo greco, isolando le parole-chiave e elaborando una traduzione personale, da
confrontare con quella presente in fotocopia.
- www.loescher.it/mediaclassica -
9
BIBLIOGRAFIA PER LA PROGETTAZIONE DEL PERCORSO
EDIZIONI DEI TESTI ANTICHI E SAGGI
Althaus W.
Die Herodot-Zitate in Strabonis Geographie, Fribourg
1939.
Aristotele - Metafisica
Metafisica, a cura di G. Reale, Napoli 1968.
Aristotele - Meteorologica
Meteorologica, a cura di H.D.P. Lee, London 1952.
Bernal M.
Black Athena. The Afroasiatic Roots of Classical
Civilization, London 1987, trad. it. Atena nera. Le
radici afroasiatiche della civiltà classica, a cura di L.
Fontana, Milano 1997.
Carotenuto G.
Letteratura greca. Storia. Testi. Traduzioni, Treviso
1989.
Diodoro Siculo
Biblioteca storica, vol. I, Libri I-VII: Mitologia e
protostoria dei popoli orientali, dei greci e dei romani,
a cura di G. Cordiano e M. Zorat, Milano 1998.
Diodoro Siculo
Biblioteca storica: libri I-V, a cura di L. Canfora,
Palermo 1986.
Erodoto
Le Storie, libro II, L’Egitto, a cura di A.B. Lloyd, trad.
di A. Fraschetti, Milano 1989.
Esiodo
Teogonia, a cura di G. Arrighetti, Milano 1984.
Iliade - testo e apparato critico
Homeri Opera recognoverunt brevique adnotatione
critica instruxerunt D.B. Monro et T.W. Allen, Tomi I-II
Iliadis libros I-XXIV continentes, Oxford 1902, 19203
(testo greco e apparato critico).
Iliade - testo e traduzione a fronte
Omero, Iliade, prefazione di F. Codino, traduzione e
note di R. Calzecchi Onesti, Torino 1950, 19632 (testo a
fronte).
Isocrate
Opere, a cura di M. Marzi, Torino 1991.
Monaco G., Casertano M.,
Nuzzo G.
L’attività letteraria nell’antica Grecia. Storia della
letteratura greca, Palermo 1991.
Montanari F.
Storia della letteratura greca, Roma-Bari 1998.
Odissea - testo e apparato critico
Homeri Opera recognovit brevique adnotatione critica
instruxit T.W. Allen, Tomi III-IV Odysseae libros IXXIV continentes, Oxford 1908, 1917-19192 (testo
greco e apparato critico).
- www.loescher.it/mediaclassica -
10
Odissea - testo e traduzione a fronte Omero, Odissea, prefazione di F. Codino, trad. e note di
Rosa Calzecchi Onesti, Torino 1963 (testo a fronte).
Platone
Tutte le opere, a cura di E.V. Maltese, con un saggio di
F. Adorno, Roma 1997.
Plinio il Vecchio
Storia delle arti antiche. Naturalis Historia libri
XXXIV-XXXVI, a cura di S. Ferri, Roma 1946.
Plinio il Vecchio
Storia naturale; edizione diretta da G.B. Conte; con la
collaborazione di A. Barchiesi e G. Ranucci, Torino
1982-1988.
Pothecary S.
Strabo, the Tiberian author: past, present and silence in
Strabo’s Geography, «Mnemosyne» IV, LV fasc. 4,
2002, pp. 387-438.
Rossi L.E.
Letteratura greca, Firenze 1995.
Strabone
Geographika, libro XVII, London 19493.
Strabone
L’Africa, libro XVII della Geografia, a cura di N. Biffi,
Bari 1999.
- www.loescher.it/mediaclassica -